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EMANUELE SEVERINO
LA STRUTTURA DELL'ESSERE
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EMANUELE SEVERINO
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LA STRUTTURA DELL'ESSERE
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EMANUELE SEVERINO
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LA STRUTTURA DELL'ESSERE
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EMANUELE SEVERINO
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I. A STRUTTURA DELL'ESSERE
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EMANUELE SEVERINO
PASSAGGIO
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LA STRUTTURA DELL'ESSERE
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EMANUELE SEVERINO
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LA STRUTTURA DELL'ESSERE
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EMANUELE SEVERINO
6. Deduzione e determinazione.
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LA STRUTTURA DELL'ESSERE
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EMANUELE SEVERINO
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LA STRUTTURA DELL'ESSERE
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EMANUELE SEVERINO
preme chiarire, come apparirà da quel che segue, quelle due condizion
del dato che esigono di essere esaminate prima di affermare senz'altr
la trascendenza (alterità) del fondamento al dato. Tali condizioni sa
ranno a loro volta dimostrate trascendenti il dato come tale, ma, nell
stesso tempo, immanenti a questo come costitutive di questo stesso. Ac
certata l'infondatezza di queste condizioni, la sollecitazione al fondamen
to trascendente non potrà aver più ostacoli.
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LA STRUTTURA DELL'ESSERE
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EMANUELE SEVERINO
il. Corollari.
40?.
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LA STRUTTURA DELL'ESSERE
può nulla sul manifestato in quanto ente), ma alla struttura stessa dell'atto di
essere dell'ente.
Ciò posto, il rapporto che intercorre tra dato e totalità è determinato dalla
misura eccedente che costituisce la differenza tra totalità e dato. Infatti il dato
è presenza del presente, e quindi anche dell'assente per quel tanto che l'assente
è presente (cioè nel suo concetto). La differenza tra dato e totalità è data
dalla misura che eccede la presenza dell'assente. Il fondamento ontico costitui-
sce la prima determinazione della misura eccedente. Se il dato non è il fon-
damento, e se nemmeno il fondamento ontico del dato è il fondamento, è
evidente come il fondamento ontico del dato non esaurisca la misura ecce-
dente che deve contenere necessariamente il fondamento. D'altra parte, se per
fondamento ontico intendiamo l'atto di essere di ogni ente determinato, pre-
scindendo dal suo manifestarsi, è evidente che il fondamento ontico si estende
a tutta la sua misura eccedente e quindi al fondamento in questa compreso.
Ciò vuol dire che la totalità ha il suo fondamento ontico strutturato secondo
l'essenza dell'ente ad esso costituito.
Ora, se il fondamento ontico del dato è lo stesso contenuto manifesto
del dato, considerato a prescindere dal suo esser così manifesto, potrà essere
posta la seguente proporzione: il dato sta alla totalità come il fondamento
ontico del dato sta al fondamento ontico della totalità. E cioè: se nel dato
rientra il concetto di assente (di « altro » dal dato), il concetto di assente è pre-
sente in quanto nel dato l'assente è presente soltanto come concetto; e se il
fondameno ontico di tale concetto è questo stesso concetto considerato a pre-
scindere dal suo essere manifesto (e ciò è possibile in quanto l'atto che forma il
concetto è diverso dall'atto che lo manifesta), la differenza tra fondamento
ontico del dato e fondamento ontico della totalità consiste nella misura che
eccede la semplice logicità del concetto di assente, che la eccede per quel tanto
necessario al costituirsi del fondamento come fondamento della totalità. A chi
poi obbiettasse che il concetto di assente, di fondamento, di totalità, di fonda-
mento ontico, come pensati rientrano nel dato, è da rispondere che rientrano,
appunto, come concetti, mentre è necessario inferire il loro contenuto come rea-
le. Questa inferenza inferisce la misura eccedente, presente anch'essa come con-
cetto, ma eccedente la concettualità in forza del suo stesso contenuto (se non la
eccedesse - naturalmente dimostrata la necessità di eccederla - si toglierebbe
lo stesso contenuto del concetto, in quanto una misura eccedente che si risol-
vesse integralmente nella presenza sarebbe priva di ogni significato).
Il compito dell'indagine è quello di chiarire ora la struttura del fonda-
mento ontico del fondato, in relazione a quel modo di fondazione che essen-
zialmente si relaziona al fondamento ontico.
4°3
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EMANUELE SEVERINO
sente (non è presente ciò che può esser presentato e che quindi n
attualmente presente), per quanto sia presente nel suo concetto. Se il f
damento ontico del dato è l'ente stesso originariamente presente c
derato a prescindere dalla presenza, e se la presenza originaria de
non è il presentarsi dell'ente come ciò che da sè si manifesta, segu
il fondamento ontico non è la ragion sufficiente della presenza di
l'ente che nel suo atto di essere ha la capacità di essere presentato
nifestato). D'altra parte l'ente è di fatto manifesto: segue da ciò
diritto deve esserci una capacità di manifestare quell'ente che da sè no
manifesta: deve esserci cioè una possibilizzazione del manifestare
Questa capacità di manifestare è, in un primo senso generale, il
siero, che è esso pure dato come ciò che manifesta l'ente. Il pensiero è
considerato come logicità universale astratta dal reale concreto e
viduo. Intenzionalità significa appunto l'intenzionarsi della logici
l'ente reale manifestandolo come quell'ente che esso è. Il conoscer
tal modo è interpretato entro i limiti della pura attualità (fenome
gická) del dato. E tale indagine è pienamente valida. (Per l'indagin
nomenologica sul conoscere cfr. : G. Bontadini, Saggio di una met
dell'esperienza, cap. quarto, II). Anzi, rispetto al conoscere come
l'unica indagine possibile. Senonchè il nostro problema, come
che deve portare alla luce la capacità come tale di manifestare, non
fermarsi a questa soluzione. Infatti il problema si ripone osservand
la stessa logicità è sempre un aver presente l'essere, anche se in mo
verso (astrattamente cioè) dal come è presente nella sua concreta i
dualità (la presenza dell'astratto sta alla presenza del concreto così
la presenza dell'assente sta alla presenza del presente : l'ente del dat
essere presente secondo tutte e due le presenze; non così l'ente che
tuisce la misura eccedente, che può essere presente soltanto seco
presenza dell'assente). Da ciò si vede che se il pensiero è sì il f
mento immanente della presenza dell'ente, d'altra parte non si pone, a
ra, come tale, come la radice della presenza; infatti il pensiero è sempr
me logicità. Se si obbiettasse che tale radice (capacità di manifestar
essere nel pensamento della logicità si risponde che anche tale pensame
si pone come presenza di qualcosa, e così pure il pensamenta del
mento, e così all'infinito. Per questa strada si otterrà una serie ind
di presenze che avranno tutte la medesima struttura della presenz
quale si sta ora cercando il fondamento.
Oltre al fatto che il pensiero si presenta sempre come strutt
secondo la presenza che è sempre presenza di qualcosa, ammetter
la logicità, come fondamento immanente del manifestare, sia la
capacità di manifestare (radice della presenza: tale capacità deve e
necessariamente in quanto l'ente è manifesto di fatto) significa im
lizzare il divenire del conoscere entro l'orizzonte della logicità qu
attualmente strutturata, significa cioè affermare che si è capaci di
scere soltanto ciò che attualmente (di fatto) si conosce. Se fosse vero c
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LA STRUTTURA DELL'ESSERE
può conoscere solo ciò che è conosciuto di fatto, ogni conoscenza nuova
rispetto a ciò che è conosciuto di fatto, non sarebbe una conoscenza; il
che urta contro l'evidenza del dato che si dà come un'indefinita proces-
suali di conoscenze impreviste.
Si dovrà dire allora: la capacità di manifestare è necessariamente,
perchè l'ente è di fatto manifesto; d'altra parte tale capacità non ha il
suo fondamento nel manifesto di fatto per i motivi sopra visti : all'oppo-
sto il manifestare di fatto può presentarsi come indefinita processualità
solo sul fondamento di quella capacità di manifestare.
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EMANUELE SEVERINO
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LA STRUTTURA DELL'ESSERE
tico del dato è ciò che determina la differenza tra fondamento ontolo-
logico e fondamento metodologico.
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LA STRUTTURA DELL'ESSERE
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LA STRUTTURA DELL'ESSERE
20. Conclusione.
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