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Chopin, Preludio n.6 op.

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La caratteristica più evidente del brano è data dalla presenza della linea melodica prevalente al
grave. Tale presenza è ancor più rimarcata da un ruolo d'accompagnamento affidato alla parte
superiore. Dietro questo schema, che apparentemente è di semplice inversione di ruoli delle due
mani in realtà si celano alcuni elementi complessi. Per esempio, il profilo melodico della linea
grave, per come è spaziato e ampio, presuppone una polifonia latente. Con questo termine si indica
una linea melodica che allude alla presenza (non esplicita) di più voci. Ciò in base a particolari
effetti tra cui il più frequente è proprio lo sbalzo di registro. E' dunque possibile vedere all'interno di
quella linea una voce grave con ruolo armonico ed una linea superiore con ruolo puramente
melodico. Allo stesso modo anche le parti superiori accordali celano nella parte superiore estrema
una sottile linea melodica che infatti emergerà distintamente nella mis. 6 e seguenti.

La figura tematica prevalente è data nelle prime due misure: un arco melodico che ha un'insorgenza
slanciata dai sedicesimi, un breve ed espressivo "sussulto" al vertice dell'arco e una dissolvenza
negli ottavi. Questi ultimi, con una caduta della tensione cinetica, riportano, come il ciclo di un
pendolo, alla riproposizione di una nuova figura. Lo stesso arco melodico è ripetuto e ampliato su
una più larga campata a mis. 5-8 dove la quartina di sedicesimi, presente questa volta alla mano
destra e sul tempo debole della misura crea, sul versante ritmico, un senso di caduta che prepara e
preannuncia la sospensione armonica della cadenza al V grado, costituendosi quindi come
contributo ritmico pulsivo al processo armonico che riporta alla ripresa della frase iniziale.

Il momento centrale del preludio (simmetricamente centrale), in mis. 13, rappresenta forse il
momento culminante. Tale culmine coincide con una virata armonica sulla armonia di sesta
napoletana. Questa tonicizzazione avviene per tramite del VI grado della tonalità di impianto che, a
mis. 11, tramite la presenza del fa naturale, diviene appunto (V)7IIn.

Al raggiungimento del culmine di mis. 13 vi è anche una forte contrazione ritmica rappresentata
dall' emiolia: un'improvvisa rottura della regolarità del respiro di quelle ampie fasi ad arco
e dunque un effetto di concitazione e "slancio". Slancio che è enfatizzato dallo spalancarsi al modo
maggiore e poi subito soffocato nella settima diminuita di mis. 15.

Il ciclo "pendolare", espresso paradigmaticamente dalle prime due misure, va spazialmente


ampliandosi: il primo arco tocca al suo vertice il Re3, il secondo (mis.3,4) il Fa#3 e il terzo, il più
lungo (mis. 5, 8), giunge al massimo culmine melodico sul sol3.

L'apertura spaziale, che deve giungere al suo massimo in mis. 13 sull'accordo di do maggiore, va
ampliandosi ed estendendosi non più all'acuto ma al grave. L'ampliamento al grave del campo
spaziale è ottenuto con un effetto di maggiore profondità e prospettiva e, in un certo senso, esso
inganna l'attesa di una progressione ascendente che si stava producendo dall'innalzarsi
graduale della nota culminante. La mis.13 si evidenzia così come la più cruciale; essa in sintesi
rappresenta il culmine di un processo di espansione e, insieme, l'avvio di un nuovo processo.
Il nuovo processo a cui ci si riferisce è dato dal senso di caduta cinetica delle quartine poste sul
levare della misura ma anche dal profilo melodico che ora, anziché essere configurato come un arco
ascendente/discendente, si configura come una linea discendente che si esaurisce gradualmente da
un punto iniziale acuto ad uno grave. La discesa avviene nonostante i tentativi di ripresa della linea
manifestati in mis. 16 (qui sottolineato dalla legatura) e soprattutto in mis. 18 dove sembrerebbe
ineluttabile la cadenza che invece giunge solo a mis. 22. La cadenza perfetta finale sfoga il senso di
una sottile tensione che andava accumulandosi proprio per lo "strenuo" tentativo di mantenere la
linea melodica ad una certa altezza (per lo più il mi2).

Le prima quattro misure sono distese su di un'unica armonia: il ritmo armonico fermo suggerisce
così un'idea di fissità temporale che permette alla melodia di stagliarsi assolutamente sospesa (si
provi ad "armonizzare" il do#3 di mis1 con un VII6 e si vedrà come il senso sospensivo venga
subito a mancare). Un senso diverso è invece prodotto da una contrazione del ritmo armonico a
mis. 15-16; abbiamo qui due armonie per battuta di cui la prima, che occupa due movimenti, è una
settima diminuita (con il si3 di appoggiatura) e la seconda, sul terzo movimento, è la sua
risoluzione. La risoluzione che avviene in tonica sul terzo tempo crea un senso di affanno prodotto
dalla risoluzione in levare anziché in battere; ad intensificare ciò, questo episodio viene ripetuto due
volte.

Quando viene dunque ripreso il tema iniziale, a mis. 23, esso è soltanto una coda ad un processo
armonico ormai conclusosi alla mis. 22, ma se si è già notata in questo tema la sospensione
temporale prodotta dal ritmo armonico, l'enfasi data dalla posizione in appendice è come
un'ulteriore "struggente" amplificazione e un definitivo allontanamento.

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