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Lia - De Marco
La Riforma del Diritto Societario, che ha ridisegnato il contenuto dello Stato Patrimoniale, del Conto
Economico e della Nota Integrativa ed ha introdotto nuovi criteri di valutazione delle poste di bilancio.
Il processo europeo di armonizzazione contabile ha imposto alle società quotate l'obbligo di redigere i
bilanci consolidati secondo gli IAS a partire dal 2005, riconoscendo alle altre imprese la facoltà di
adeguarsi alla normativa internazionale. A seguito dell'emanazione del regolamento (Ce) n. 1606/2002,
la normativa prevede che: "Per ogni esercizio finanziario avente inizio il 1° gennaio 2005, o in data
successiva, le società soggette al diritto di uno Stato membro redigono i loro conti consolidati
conformemente ai principi contabili internazionali...".
Le società italiane chiamate ad applicare gli Ifrs (International Financial Reporting Standards) dal 2005
risultano:
le società quotate nella redazione del bilancio d'esercizio;
le società emittenti strumenti finanziari diffusi tra il pubblico (articolo 116 del Tuf) nella redazione
del bilancio d'esercizio e consolidato;
le banche e gli intermediari finanziari nella redazione del bilancio d'esercizio e consolidato;
le imprese assicurative nella redazione del bilancio consolidato e nella redazione del bilancio
d'esercizio solo qualora siano quotate e non redigano il bilancio consolidato.
Viene data, inoltre, facoltà (e non obbligo) di fare uso degli Ifrs alle società non quotate diverse dalle
imprese assicurative e le società di capitali che non raggiungono i parametri di cui all'articolo 2435-bis
del Codice civile (tipicamente le Srl senza collegio sindacale).
I principi contabili dello IASB prevedono l’obbligo di redigere il rendiconto finanziario. Lo IAS 1
stabilisce che i documenti che fanno parte del bilancio (financial statement) comprendono:
Stato patrimoniale (balance scheet)
Conto economico (income statement)
Documento che evidenzi le variazioni di patrimonio netto
Rendiconto finanziario (cash flow statement)
Note al bilancio
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• Tuttavia, le imprese “sono incoraggiate a presentare i flussi finanziari utilizzando il metodo diretto in
quanto fornisce informazioni che possono essere utili nella stima dei futuri flussi finanziari che non
sono disponibili con il metodo indiretto”
Il limite dello SP
Se si volesse fare un’analisi che consenta di evidenziare come si è pervenuti, nel corso dell’esercizio,
ad una particolare struttura del patrimonio, ciò non sarebbero possibile sulla base delle informazioni
presenti nello SP. L’uso di uno SP a stati comparati, che mette a confronto i valori conseguiti in due
esercizi consecutivi, presenta soltanto alle variazioni nette intervenute nel patrimonio aziendale nel
corso dell’esercizio, ma non consente di risalire alle variazioni in aumento e in diminuzione.
Nello SP, ad esempio, confluiscono i valori delle immobilizzazioni presenti in un’azienda al termine
dell’esercizio, ma non è possibile risalire alle acquisizioni e cessioni di immobilizzazioni intervenute
nel corso dell’esercizio e che, a partire dal valore iniziale, hanno prodotto il valore finale delle stesse
immobilizzazioni.
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Consideriamo un esempio di mastro delle immobilizzazioni al termine dell’anno n:
Immobilizzazioni
Sostanzialmente, il limite dello SP consiste nella presentazione di un sistema di valori che si riferisce
ad un istante invece che all’esercizio trascorso (come invece accade per il CE). Gli importi dello SP
non sono altro che consistenze (dette anche fondi) di valori presenti in un dato momento che non
evidenziano le variazioni, cioè i flussi di valori, intervenute nel periodo.
Per giungere alla redazione di un documento che presenti i flussi di valori che hanno modificato il
patrimonio aziendale nel corso di un esercizio e per evidenziarne il legame con i valori presenti nello
SP, è utile partire da uno SP riclassificato a stati comparati e considerare le relative equazioni di
bilancio.
Equazioni di bilancio
(Acn - Acn-1) + (Imn - Imn-1) = (Pbn - Pbn-1) + (Pcn - Pcn-1) + (Cpn - Cpn-1) + (Rnn - Rnn-1)
Quindi
∆Ac = Acn - Acn-1 = Incrementi Ac – Riduzioni Ac
Possiamo quindi riscrivere il prospetto delle variazioni considerato sopra nel modo seguente:
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Variazioni degli IMPIEGHI Anno n Variazioni delle FONTI Anno n
(Utile d’esercizio n –
Utile d’esercizio n – 1)
Totale variazioni degli impieghi Totale variazioni delle fonti
Per costruire un prospetto che superi i limiti dello SP è ora sufficiente riportare tutti i flussi intervenuti
nel sistema dei valori patrimoniali, mantenendo distinte tutte le variazioni in aumento e in diminuzione.
Una schematizzazione possibile è la seguente:
La redazione di questo prospetto è facilmente realizzabile facendo uso dei mastri relativi a ciascun
raggruppamento. Per gli analisti esterni, che non possono fare riferimento ai documenti della
contabilità generale delle aziende, è tuttavia possibile fare ricorso alla informazioni contenute nella
Nota Integrativa che è parte integrante, obbligatoria, dei bilanci.
Nella prassi contabile il prospetto delle variazioni integrali viene utilizzato soprattutto come base di
riferimento per approfondire l’analisi delle risorse finanziarie dell’azienda. Vengono individuate
sostanzialmente due diverse nozioni di risorsa finanziaria, una è riferita al Capitale circolante netto e
l’altra alla liquidità (Cassa, Banche c/c e Posta c/c). Si sono così diffuse due forme particolari di
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rendiconto, il Rendiconto finanziario delle variazioni del Capitale circolante netto ed il
Rendiconto finanziario delle variazioni della liquidità. Il primo ha lo scopo di evidenziare in
particolare i flussi di risorse patrimoniali che hanno concorso alle variazioni del Capitale circolante
netto (Attivo circolante – Passività a breve), il secondo è rivolto all’esame della situazione finanziaria a
brevissimo termine e quindi della liquidità aziendale (Cassa, Banche c/c e Posta c/c).
Per redigere il prospetto che mette in evidenza la composizione delle variazioni intervenute nel CCN e
la composizione delle variazioni degli altri elementi del patrimonio aziendale che hanno assorbito o
generato risorse finanziarie (cioè variazioni del CCN) , è opportuno partire dallo SP riclassificato a
stati comparati, per evidenziare anche la relazione che lega le variazioni del CCN alle variazioni degli
altri elementi del patrimonio aziendale.
Determiniamo le variazioni intervenute nel capitale circolante netto (∆CCN) a partire dalle equazioni
di bilancio di due esercizi consecutivi:
∆Ac - ∆Pb = ∆Pc + ∆Cp + ∆Rn - ∆Im
∆CCN = Totale fonti di risorse finanziarie – Impieghi di risorse finanziarie
Il lato sinistro della precedente relazione consente la determinazione delle variazioni intervenute (nel
corso dell’anno n) all’interno del capitale circolante netto; gli elementi che sono inseriti a destra
spiegano invece come la variazione complessiva del capitale circolante netto sia stata finanziata (fonti,
nel caso di un incremento del CCN) o utilizzata (impieghi, nel caso di una riduzione del CCN).
Esempi
Una variazione positiva del CCN potrebbe essere costituita:
o da un incremento nell’attivo circolante ed essere spiegata da una diminuzione delle
immobilizzazioni a seguito di una vendita (fonte);
o da una diminuzione delle passività a breve ed essere spiegata da un aumento delle
passività consolidate (fonte) che hanno consentito di reperire la liquidità necessaria per
il rimborso di debiti a breve termine;
Una variazione negativa del CCN potrebbe essere costituita:
o da una riduzione dell’attivo circolante ed essere spiegata da un incremento delle
immobilizzazioni a seguito di un acquisto (impiego);
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o da un aumento delle passività a breve ed essere spiegata da una riduzione delle passività
consolidate (impiego) dovuta alla quota di debito a medio e lungo termine in scadenza.
Ovviamente, di solito, non è possibile individuare un legame così diretto tra ciascuna fonte e gli
incrementi del CCN, così come non è possibile stabilire un legame diretto tra ciascun impiego e le
riduzioni del CCN. Le operazioni di gestione sono numerose e complesse, così che, ad esempio, la
variazione dell’attivo circolante è di fatto generata da più di una causa. Un incremento dell’attivo
circolante normalmente è generato da più fonti al netto di più impieghi. Cionostante, è molto utile
disporre di una informazione relativa agli impieghi ed alle fonti che complessivamente hanno generato
una variazione del CCN.
La forma che può assumere il rendiconto dellle variazioni del CCN può essere strutturata in modi
diversi. La forma di Rendiconto finanziario delle variazioni del Capitale circolante netto suggerita
dal Consiglio Nazionale dei Dottori Commercialisti e dal Consiglio Nazionale dei Ragionieri è la
seguente:
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Rivalutazioni e svalutazioni di immobilizzazioni
Conversione di obbligazioni convertibili in azioni
Acquisizioni di immobilizzazioni in seguito a fusioni
Acquisizione di partecipazioni mediante conversione di obbligazioni o altre azioni
Diminuzione di capitale con assegnazione ai soci di immobilizzazioni
Se si confrontano la Parte I e la Parte II con il Prospetto delle variazioni integrali visto in precedenza,
si può constatare facilmente che i due prospetti sono sostanzialmente equivalenti, ciò che li differenzia
è la forma in cui vengono presentati i flussi di valori (le variazioni di impieghi e fonti) e la
considerazione delle sole variazioni nette per quanto riguarda l’attivo circolante e le passività a breve.
La Parte III, ha un rilievo particolare perché considera quelle variazioni intervenute nel patrimonio
aziendale che hanno rappresentato uno spostamento di valori tra gruppi e che quindi non hanno avuto
alcun effetto sul CCN. Ad esempio, la conversione di una quota in scadenza di un prestito
obbligazionario convertibile in nuove azioni porta ad un incremento del capitale proprio ed una
corrispondente riduzione delle passività consolidate, senza che questo comporti né un impiego e né
tantomeno una fonte di nuove risorse finanziarie. E’ evidente che questa informazione è molto
rilevante, perché altrimenti si finirebbe per includere tra le variazioni che hanno modificato il CCN
anche quelle che in realtà hanno avuto un impatto nullo.
Nel redigere quindi il rendiconto del CCN, occorre non solo valutare le variazioni integrali intervenute
nei componenti del patrimonio aziendale ma anche individuare quella parte di queste variazioni che
non ha avuto alcun impatto sul CCN. Il secondo aspetto che è importante notare riguarda il posto di
rilievo assegnato nella Parte I alle Risorse generate (o assorbite) dalla gestione reddituale. Invece
di considerare il risultato dell’esercizio n, giustamente si osserva che esso è il risultato netto di un
flusso di componenti negativi e positivi del reddito. E’ molto più informativo considerare come questi
componenti hanno influito sulle variazioni del CCN, piuttosto che limitarsi alla considerazione del loro
impatto netto. Quindi non è l’utile (o la perdita) d’esercizio che deve essere preso in considerazione,
ma piuttosto i costi ed i ricavi d’esercizio che hanno influito sulle variazioni del CCN.
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Ammortamenti ▄
Minusvalenze da realizzo (vendita) ▄
Costruzioni interne ▄
▄
Rivalutazioni e svalutazioni
▄
Apporti per aumenti di capitale
▄
Assegnazione ai soci
▄
Acquisizione in seguito a fusioni
▄
Acquisizioni di partecipazioni mediante
conversione di obbligazioni o altre azioni
Pc Accensioni di nuovi prestiti ▄
Rimborso quote di prestiti ▄
La colonna delle Variazioni nette ha una funzione di controllo, infatti la somma algebrica delle
Variazioni integrali deve sempre essere uguale al valore delle Variazioni nette. Lo SP riclassificato a
stati comparati consente di determinare facilmente le Variazioni nette.
Il segno da attribuire agli importi delle Variazioni integrali è positivo per variazioni in aumento e
negativo per variazioni in diminuzione. Per gli analisti esterni, le informazioni necessarie per
determinare queste variazioni sono reperibili nella Nota Integrativa che presenta, tra l’altro, il prospetto
delle Variazioni intervenute nelle immobilizzazioni materiali e immateriali ed il prospetto delle
Variazioni intervenute nel patrimonio netto.
Nella colonna delle Variazioni da escludere devono essere inserite quelle variazioni che non riguardano
il CCN, come per esempio l’apporto di immobilizzazioni da parte di soci per aumenti di capitale che
modifica le immobilizzazioni (impiego) ed il capitale proprio (fonte) senza modificare il CCN. Inoltre,
fanno parte delle Variazioni da escludere tutte quelle che hanno una loro origine nella formazione del
reddito dell’esercizio n. E’ questo il caso, per esempio, delle Plusvalenze (o delle Minusvalenze) da
realizzo, che vengono conseguite nel caso di vendita di immobilizzazioni materiali o immateriali a
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valori superiori (o inferiori) a quelli contabili. E’ chiaro che il maggiore (o minore) ricavo conseguito
nella vendita, e quindi il maggiore (o minore) credito conseguito, è già compreso nella variazione
rilevata con la vendita delle immobilizzazioni, mentre l’incremento (la diminuzione) di valore delle
immobilizzazioni registrato dalle Plusvalenze (Minusvalenze) non assorbe (genera) risorse per il CCN.
Altro esempio significativo è rappresentato dagli ammortamenti che, pur indicando una diminuzione di
valore delle immobilizzazioni, non producono alcun incremento del CCN, come invece avviene per le
diminuzioni delle immobilizzazioni dovute a vendite. Infine, gli accantonamenti a medio/lungo
termine, come quelli che si riferiscono alle quote maturate a favore dei lavoratori nei Debiti TFR,
incrementano le passività consolidate ma ad essi non corrisponde un incremento delle liquidità.
Completati gli inserimenti nella colonna delle Variazioni da escludere, il prospetto richiede
l’inserimento tra le fonti e gli impieghi degli importi che non sono stati esclusi.
Nel prospetto non viene considerato il contributo della gestione reddituale dell’esercizio n alle
variazioni del CCN, infatti è presente solo il reddito dell’esercizio n – 1. Mentre l’analisi relativa
all’impatto del reddito dell’esercizio n – 1 si riduce alla determinazione della quota di utile che è stata
distribuita ai soci ed alla parte rimanente che è stata accantonata alle riserva o utilizzata per aumenti
gratuiti del capitale sociale, l’analisi della relazione che sussiste tra il reddito dell’esercizio n e le
variazioni del CCN è meno semplice. Occorre infatti individuare i componenti del reddito che hanno
generato risorse finanziarie (aumenti del CCN) e i componenti che hanno assorbito risorse finanziarie
(diminuzioni del CCN). Per fare ciò si fa riferimento alla nozione di costi e ricavi monetari. Sono
considerati monetari tutti quei costi e ricavi che hanno comportato variazioni del CCC. Esempi tipici di
costi e ricavi monetari sono gli acquisti e le vendite di merci, mentre esempi tipici di costi e ricavi non
monetari sono gli ammortamenti e gli incrementi delle immobilizzazioni per lavori interni.
Nel prospetto precedente non viene considerato il contributo apportato al CCN della gestione reddituale
dell’esercizio. I componenti del reddito che hanno generato risorse finanziarie (aumenti del CCN) e i
componenti che hanno assorbito risorse finanziarie (diminuzioni del CCN) sono considerati a parte. Per
far questo si elabora un CE riclassificato in termini finanziari facendo riferimento alla nozione di costi
e ricavi monetari.
Sono considerati monetari tutti quei costi e ricavi che hanno prodotto variazioni del CCN. Esempi
tipici di costi e ricavi monetari sono gli acquisti e le vendite di merci, mentre esempi tipici di costi e
ricavi non monetari sono gli ammortamenti e gli incrementi delle immobilizzazioni per lavori interni.
Nel Conto Economico che segue è riportata la classificazione delle voci di costo e di ricavo più
comuni.
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Costi monetari Ricavi monetari
Costi di acquisto materie Ricavi di vendita prodotti
Costi per servizi Incremento rimanenze prodotti e semilavorati
Costi per godimento di beni di terzi Proventi finanziari
Salari e stipendi
Oneri sociali
Quota TFR maturata e pagata
Quota TFR corrispondente all’imposta sostitutiva
sulla rivalutazione delle quote pregresse
Svalutazione crediti
Decremento rimanenze materie prime
Oneri finanziari
Imposte sul reddito
Totale costi monetari
Costi non monetari
Accantonamento TFR al netto della quota
pagata e dell’imposta sostitutiva Totale ricavi monetari
Ammortamenti
Accantonamento per rischi Ricavi non monetari
Minusvalenze Incrementi di immobilizzazioni per lavori interni
Plsvalenze
Totale costi non monetari
Utile d’esercizio
Totale ricavi non monetari
Costi monetari + Costi non monetari + Utile d’esercizio = Ricavi monetari + Ricavi non monetari
Quindi per determinare il flusso generato dalla gestione reddituale si può procedere come segue:
Costi monetari – Ricavi monetari = Costi non monetari + Utile d’esercizio – Ricavi non monetari
Esistono quindi due procedimenti alternativi, anche se equivalenti, per determinare il flusso di CCN
generato dalla gestione reddituale: il lato sinistro dell’uguaglianza viene indicato come procedimento
diretto, mentre il lato destro viene indicato come procedimento indiretto.
Un elemento dei componenti del reddito richiede una particolare attenzione: l’accantonamento TFR. La
quota di accantonamento TFR maturata nel corso dell’anno a favore dei lavoratori sembrerebbe un
costo non monetario in quanto ad essa non corrisponde alcuna uscita o debito a breve termine. In
realtà, una parte di questa quota non viene accantonata ai Debiti TFR perché corrisponde ad una
imposta sostitutiva (la ritenuta fiscale sulla rivalutazione del debito preesistente) che costituisce un
debito tributario a breve termine per l’impresa. Quindi è soltanto la quota di accantonamento TFR al
netto dell’imposta sostitutiva che costituisce un costo non monetario. Inoltre, una quota del costo per
l’accantonamento al TFR può corrispondere al TFR maturato e liquidato nel corso dell’anno per
cessazione del rapporto di lavoro, questa quota è quindi da classificare come costo monetario.
NOTA BENE: Ovviamente, la differenza tra fonti e impieghi deve coincidere con l’importo relativo
alla variazione del Ccn, come controllare se ci sono stati errori?
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Innanzitutto verificare che le variazioni del capitale circolante siano uguali alle variazioni totali
degli altri gruppi (includendo la differenza tra il reddito dell’esercizio n ed il reddito dell’esercizio
n – 1, cioè verificare che ∆Ac – ∆Pb = + ∆Pc + ∆Cp + ∆Rn – ∆Im);
per ogni gruppo considerato nella colonna delle Variazioni integrali, la somma degli importi deve
essere pari all’importo considerato nella colonna delle Variazioni nette per quel gruppo;
tutti gli importi presenti nella colonna delle Variazioni integrali devono trovare collocazione in una
delle tre colonne successive;
tutti gli importi presenti nella colonna delle Variazioni da escludere devono trovare un loro
corrispondente, di pari importo, in un altro gruppo ma con segno opposto, oppure nei costi e ricavi
non monetari del reddito dell’esercizio n.
Controllare che la somma dei ricavi monetari e non monetari meno i costi monetari e non monetari
coincida con il reddito dell’esercizio.
Al 31/12/09 la Visus s.p.a. presenta i seguenti prospetti estratti dal Bilancio d’esercizio.
Conto economico
A) Valore della produzione
1) ricavi delle vendite e delle prestazioni 5.835.000
2) variazione delle rimanenze prodotti, prodotti in corso e semilavorati 9.000
3) incrementi di immobilizzazioni per lavori interni 125.000
5) altri ricavi e proventi (di cui plusvalenze per euro 8.000 ) 58.000
Totale A 6.027.000
B) Costi della produzione
6) per materie prime, sussidiarie e di consumo .700.000
7) per servizi 423.000
8) per godimento di beni di terzi 95.000
9) per il personale
a) salari e stipendi 1.050.000
b) oneri sociali 975.000
c) trattamento di fine rapporto 82.675
10) ammortamenti e svalutazioni
a) ammortamento delle immobilizzazioni immateriali 20.000
b) ammortamento delle immobilizzazioni materiali 152.000
d) svalutazione crediti compresi nell'attivo circolante 16.500
11) variazioni delle rimanenze di materie prime
- 6.000
…
14) oneri diversi di gestione 98.000
Totale B 5.606.175
Differenza tra valore e costi della produzione (A-B) 420.825
C) Proventi e oneri finanziari
16) altri proventi finanziari 27.530
17) interessi e altri oneri finanziari -131.770
Totale - 104.240
D) Rettifiche di valore di attività finanziarie
E) Proventi e oneri straordinari
Risultato prima delle imposte (A-B+/-C+/-D+/-E) 316.585
22) imposte dell'esercizio 138.585
23) Utile dell'esercizio 178.000
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Stato patrimoniale sintetico
Anno
Attivo Anno 2008 Passivo Anno 2009 Anno 2008
2009
A) Crediti v/soci A) Patrimonio netto
1.800.0 1.500.00
I Capitale
00 0
150.0
II Riserva sovrap. azioni
00
320.0 312.50
IV Riserva legale
00 0
85.0 70.00
VII Altre riserve
00 0
178.0 150.00
IX Utile dell'esercizio
00 0
B) Immobilizzazioni Totale A 2.533.000 2.032.500
136
I - Immateriali 156.000
.000
2.471
II - Materiali 2.200.000
.000
Totale B 2.607.000 2.356.000 B) Fondi per rischi e oneri
C) TFR 284.000 270.000
C) Attivo circolante D) Debiti
650 82 71
I - Rimanenze 635.000 - di cui a breve
.000 6.000 3.000
550
II - Crediti 278.000 - di cui a m/l 480.000 580.000
.000
320
IV - Disponibilità liquide 328.000
.000
Totale Attivo circolante 1.520.000 1.241.000 Totale D 1.306.000 1.293.000
D) Ratei e risconti 21.000 27.000 E) Ratei e risconti 25.000 28.500
Totale Impieghi 4.148.000 3.624.000 Totale Fonti 4.148.000 3.624.000
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Valore contabile al 31/12/09 136.000
Durante l’esercizio 2009 la Visus s.p.a. ha effettuato, tra le altre, le seguenti operazioni:
- rimborso della quota capitale costante di euro 180.000,00 relativa a un prestito ottenuto precedentemente;
- ottenuto un nuovo finanziamento a medio termine di euro 80.000,00;
- liquidata e pagata la quota di Tfr ad un dipendente dimissionario per euro 67.561,00;
In sede di accantonamento della quota Tfr a carico dell’esercizio, iscritta al lordo della ritenuta fiscale
di euro 1.114,00, nessun dipendente ha optato per i fondi pensione.
Presentare:
1. il calcolo relativo alla determinazione del Flusso di CCN originato alla gestione reddituale;
2. il Rendiconto Finanziario delle variazioni di CNN;
3. il calcolo relativo alla determinazione del Flusso monetario originato dall’attività operativa d’esercizio;
4. il Rendiconto finanziario delle variazioni della DMN.
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Totale fonti di risorse finanziarie 900.561 Totale variazioni attività a breve 273.000
Impieghi di risorse finanziarie Variazioni passività a breve termine
Totale impieghi di risorse finanziarie 737.061 Totale variazioni passività a breve 109.500
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METODO DIRETTO
Cash flow derivante dall'attività operativa
Entrate di disponibilità liquide da clienti 30.150
Uscite di disponibilità liquide a fornitori e lavoratori dipendenti -27.600
Disponibilità liquide generate dalle operazioni 2.550
Interessi corrisposti -270
Imposte sul reddito corrisposte -900
Disponibilità liquide nette derivanti dalla gestione operativa 1.380
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METODO INDIRETTO
Cash flow derivante dall'attività operativa
Utile prima delle imposte 3.350
Rettifiche per:
- Ammortamento 450
- Perdite su cambio 40
- Proventi da partecipazioni -500
- Interessi passivi 400
Utile operativo prima delle variazioni del capitale circolante 3.740
Altre rettifiche:
- Incrementi dei crediti commerciali e diversi -500
- Decrementi delle rimanenze 1.050
- Decrementi dei debiti verso fornitori -1.740
Disponibilità liquide generate dalle operazioni 2.550
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Disponibilità liquide ed equivalenti all'inizio dell'esercizio 150
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