Sei sulla pagina 1di 292

FATAMORGANA

GIORGIO ANTONUCCI

mm

»I PREGIUDIZI E LA CONOSCENZA
CRITICA ALLA PSICHIATRIA

Prefazione
Thomas S. Szasz
Coordinam ento E ditoriale
Alessio Coppola

EDIZIONI CÖQP. APACHE


FATAMORGANA

In q u e sta collana, la C ooperativa Apache p u b b lic a stu d i, ricerch e


e rifle ssio n i di a u to ri im peg n ati in p rim a p e rs o n a n ella lo tta co n ­
tro le istitu zio n i to tali e le concezioni m assific a n ti e re p re ssiv e che
ne sono is p ira tric i. Il libro di F a ta m o rg a n a è la tra c c ia di un incon­
tro re a le tr a la redazione di co lla n a e l'a u to re sul te rre n o d e ll’im ­
pegno c o n creto n ella te m a tic a che viene p re s e n ta ta . È q u in d i un
g ran d e p ro b lem a sociale che è sta to v issu to e p e rso n a liz z a to e che
si a p re a ll’im pegno tra sfo rm a tiv o , non solo a ll'a tte n z io n e del le tto ­
re.

GIORGIO ANTONUCCI

I PREGIUDIZI E LA CONOSCENZA
CRITICA ALLA PSICHIATRIA

E d izio n i C oop. A pache

«G iorgio A ntonucci ed io ci tro v iam o a so tto lin e a re a sp e tti di­


versi di u no stesso p u n to di v ista g en erale. D iciam o che se ste ssi­
mo d escriv en d o u n a casa di sei o se tte stanze, io p o tre i so ffe rm a r­
m i s u ll’im p o rta n z a di u n a sta n z a invece che di u n ’a ltra , m a siam o
d’ac c o rd o su lla casa nel suo insiem e: in q u esto caso che la ca sa è
tu tta da dem olire». (Thom as S. Szasz)

Giorgio Antonucci

G iorgio A ntonucci h a stu d ia to in T o scan a nelle U n iv ersità di


Firenze e di Siena e si è la u re a to in m ed icin a nel 1963.
G ià d u ra n te gli anni d e ll’u n iv e rsità è e n tra to in c o n tra sto con
i d o cen ti p e r le su e critic h e esp lic ite a ll’im p o stazio n e a u to rita ria
della m ed icin a ufficiale. S u b ito dopo la la u re a e l ’a b ilitazio n e si è
d ed icato alla m ed icin a g en erale lav o ran d o com e in te rn is ta in a l­
cuni q u a rtie r i della p e rife ria di Firenze e in a lc u n e b o rg a te dei
d in to rn i.
S uccessiv am e n te in c o n tra to si con la re a ltà se g re g a n te delle
Case di C u ra e degli O spedali P sic h ia tric i h a d e d ica to il suo tem po
a ev ita re gli in te rn a m e n ti delle p erso n e v en u te in c o n ta tto con la
p sic h ia tria .
Nel 1968 ha fatto p a rte del p rim o re p a rto di o sp ed ale civile
nato a C ividale del F riu li com e padig lio n e a p e rto in a lte rn a tiv a
agli in te rn a m e n ti in m anicom io.
Nel 1969 h a lavorato com e m edico di sezione nell'O sp ed ale
P sic h ia tric o di G orizia d ire tto d a B asaglia.
Dal 1970 al 1972 in p ro v in cia di Reggio E m ilia ha d ire tto il
C entro d ’igiene M entale di C astelnuovo N e’ M onti m o b ilitan d o la
popolazione co n tro il m anicom io di Reggio E m ilia e di M odena.
Dal 1973 in poi si è d ed ica to allo sm a n te lla m e n to di re p a rti
m an ico m iali di lungodegenti negli Istitu ti di Im ola.
Q uesto libro ra p p re se n ta la sin tesi delle su e convinzioni e d el­
la su a ven ten n a le esp erien za.
FATAMORGANA 2
GIORGIO ANTONUCCI

I PREGIUDIZI E LA CONOSCENZA
CRITICA ALLA PSICHIATRIA

Prefazione
Thomas S. Szasz
Coordinamento Editoriale
Alessio Coppola

EDIZIONI COOP. APACHE


Edizione Digitale a cura
dell’OISM, 2006 .
www.oism.info
Questo documento è una fedele
riproduzione digitale del libro originale,
realizzata tramite scansioni da
Tristano Ajmone con l’esplicito consenso
del dott. Giorgio Antonucci
e di Alessio Coppola.

© 1986 Cooperativa Apache srl - Roma


Direzione e Amministrazione, Via Capitan Bavastro 66,
00154 Roma, Tel. 5757227
E perché poi dovrei acconciarmi a quella
calamità che sono i pregiudizi umani, e la­
sciarmi spogliare del mio ad arbitrio dei
costumi e delle legislazioni?
Shakespeare, Re Lear, Atto I, SC. Il
dedico questo libro
a tutti quelli che subiscono
le persecuzioni della psichiatria
RINGRAZIAMENTI

Questa opera non sarebbe mai arriv ata a com pim ento
senza lo stim olo e l’entusiasm o di alcune persone che mi so­
no vicine.
Alessio Coppola può essere considerato il regista di tu t­
to il lavoro svolto da diversi autori.
Infatti ha discusso e coordinato tu tti i co n tributi con
intelligenza e con passione, del resto secondo il suo tem pe­
ram ento e il suo stile.
Piero Colacicchi, mio am ico da anni, mi ha aiu tato fin
dall’inizio della m ia attività nei m odi più differenti, spesso
allargando i rap p o rti culturali con l’im plicare persone di
diverso tipo, da Carlo Levi a Elena Scoti, da Dacia M arami,
a Ilaria Ciuti, a Thomas Szasz, con cui più volte è andato a
discutere incontrandosi con lui negli Stati Uniti.
Noris O rlandi Luzzi, mia moglie, mi è stata di aiuto in­
dispensabile p er alcune scelte difficili — come ad esempio
la decisione di andare a lavorare a Gorizia, per la p rim a vol­
ta in un istituto psichiatrico — e mi è stata di consiglio e di
controllo nella stesu ra del testo.
Paola Cecchi è stata la prim a a sollecitarm i a iniziare
questa indagine, e mi ha fatto conoscere Alessio e gli altri
responsabili della Cooperativa Apache. Inoltre ha collabo­
rato efficacem ente alle ricerche.
Isa Ciani e Giuliano Campioni hanno messo a disposi­
zione il loro prezioso saggio di critica ai pregiudizi della fi­
losofia lom brosiana.
Il risultato è opera di tu tte queste persone che io rin ­
grazio.
Come scrive Saffo: "Esse mi resero onore concedendo­
mi le loro o pere” .
G. A.
Prefazione di Thomas S. Szasz

Una delle più im portanti funzioni del linguaggio è aiu­


tarci a dare ordine al mondo che ci circonda.
Noi ordiniam o, e ci regoliam o poi di conseguenza, sia
nella conoscenza che nell’azione: i m inerali, le piante, gli
animali, le professioni, gli sport, e naturalm ente anche le
persone.
Per esem pio noi classifichiam o le persone come am eri­
cani, italiani, tedeschi e così via; distinguiam o uom ini e
donne; parliam o di padri, di m adri e di bambini; definiam o
fornai, macellai, e idraulici.
Molte di queste categorie non sono di regola problem a­
tiche. Ma alcune sì: come ad esempio le streghe, gli schiavi,
i m alati di mente.
Ma perché queste ultim e categorie sono problem ati­
che?
Perché m entre apparentem ente esse sem brano indica­
re la condizione caratteristica di una persona, in realtà le­
gittim ano quelli che sono al potere (e le m aggioranze che
aderiscono al loro punto di vista) a tra tta re le persone indi­
cate come inferiori, incapaci, e in breve, come individui che
possono essere privati della libertà, della responsabilità, e
a volte anche della vita.
Questo libro im portante si propone di ch iarire come la
psichiatria e il suo linguaggio sono usati da professionisti
su pazienti, da fam iliari su parenti, e da individui su se stes­
si, per definire persone come m alati di m ente e così invali-
darle dal punto di vista delle scelte m orali. Gli au to ri (che,
non casualm ente, non sono psichiatri) affrontano l’argo­
m ento, che essi considerano giustam ente com e i problem i
della condizione um ana, con le prospettive e il linguaggio
della letteratu ra. Il loro lavoro non è p ertan to né psichiatri-
co né antipsichiatrico, essendo p sichiatria e an tipsichiatria
ugualm ente sbagliate. La loro opera è certam en te u n a n a r­
razione, m a con u n a c a ra tteristica particolare: le vicende
che essi raccontano non solo sono vere, m a sono cariche di
un m essaggio com pletam ente opposto ai messaggi di cui
sono pieni gli scritti degli p sichiatri e degli antipsichiatri.
Poiché spesso mi viene dato il m erito, oppure la colpa,
di essere stato l’iniziatore del m oderno pensiero di critica
alla psichiatria, che significa critica sia al pensiero psichia­
trico che a quello antipsichiatrico, e poiché in questo lavo­
ro posso dire di avere avuto anche un certo successo, colgo
volentieri l’opportu n ità di p resen tare questo libro, scritto
da due amici, con cui io sento un im portante legam e intel­
lettuale, p er p recisare il p iù possibile che le n ostre posizio­
ni divergono del tu tto da quelle degli antipsichiatri.
Probabilm ente questa precisazione è im portante spe­
cialm ente in Italia, dove Franco Basaglia è stato en tu siasti­
cam ente applaudito come un grande anti-psichiatra rifor­
m atore delle m alefatte della psichiatria.
Nel 1960, pubblicai un articolo in titolato "Il m ito della
m alattia m entale’’, a cui seguì, un anno p iù tardi, un libro
dallo stesso titolo. La m ia critica a ttirò subito m olti segua­
ci, alcuni dei quali rovesciarono com pletam ente le mie a r­
gom entazioni e, presto diventarono famosi p er averlo fatto.
Io avevo detto che non ci sono le m alattie m entali; essi
dissero che la società è m alata e fa am m alare le persone. Io
avevo detto che la p sichiatria au to ritaria è un crim ine con­
tro l’um anità, indipendentem ente dal fatto che i cosiddetti
pazienti m entali siano in carcerati in paesi capitalisti o co­
m unisti da governi di d estra o da governi di sinistra; essi
dissero invece che la p sich iatria faceva p a rte dell’apparato
oppressivo del sistem a capitalistico e com inciarono a civet­
tare con l’anticapitalism o quasi fosse un antidoto al veleno
della psichiatria, come sem brava pensare Laing, o si rivol­
sero esplicitam ente ad abbracciare il comuniSmo come fos­
se un rim edio, come Cooper e Basaglia. E ra n ata così l’an ti­
psichiatria.
Così, rifiutando di respingere interam ente il linguaggio
della psichiatria, m a usando questo linguaggio per colpire i
12
loro avversari, gli antipsichiatri si guadagnarono una tem ­
poranea popolarità, ma perdettero così ogni contenuto.
Contem poraneam ente Basaglia si è conquistato la fam a di
avere abolito i manicom i in Italia, discorso così assurdo co­
me è assurdo dire che le m alattie m entali sono m alattie co­
me tu tte le altre. Similm ente Laing si è attrib u ito il m erito
di avere sviluppato un metodo nuovo e migliore p er tra tta ­
re gli schizofrenici. Anche questa una afferm azione falsa.
Laing, che o ra rifiuta i suoi vecchi tentativi di legare la
psichiatria alla politica di sinistra, non afferra ancora la
differenza fondam entale che corre fra il rigettare la p ro ­
spettiva psichiatrica e l'u sarla a proprio vantaggio.
La citazione che segue è tra tta da una sua conferenza
del 1985:
"La le ttera tu ra di questo particolare campo (critica alla
psichiatria) fu inaugurata, penso, dal libro 'Il m ito della
m alattia m entale’ di Thomas Szasz... ma Thomas Szasz in
varie occasioni ha fatto di tu tto p er distinguersi, sia nei
suoi scritti che nelle sue afferm azioni pubbliche, dal movi­
m ento antipsichiatrico... Il term ine psichiatria stesso, che
letteralm ente significa m edicina della psiche, si riferisce ai
mezzi che questa, particolare branca della professione me­
dica usa per cercare di prevenire e alleviare le sofferenze
della m ente m alata... Noi (Laing e Cooper) siamo arrivati a
pensare che gran p arte della p ratica psichiatrica era anti­
psichiatrica nel senso che non raggiungeva i risu ltati che
intendeva raggiungere... Io considero la psichiatria una for­
ma di antipsichiatria. L'approccio che io ho cercato di svi­
luppare in teoria e in p ratica è tale che io penso possa esse­
re considerato una genuina azione p er alleviare le sofferen­
ze psichiche e mentali... Gli psichiatri sono i veri antipsi­
chiatri, non noi che abbiam o cercato di praticare la psichia­
tria in senso genuino. (Laing, R.D., "A ntipsychiatry”, AHP
Perspective, December, 1985, pp. 10-11; em phasis added)”.
Laing quindi vuole fare ancora psichiatria genuina.
Basaglia, da p arte sua, non ha mai smesso di p raticare
psichiatria genuina, il che, in pratica ha significato raffor­
zare, piuttosto che indebolire, la legittim ità degli interven­
ti psichiatrici contro la volontà delle persone interessate,
con l’aver trasferito il luogo in cui avviene il ricovero
dall'ospedale psichiatrico a quello civile.
Io non afferm o di p raticare psichiatria genuina o altro
tipo di psichiatria. E neppure Antonucci, che tra l’altro è
13
un m edico senza form ale tirocinio o specializzazione in psi­
chiatria. E tanto meno Colacicchi, che è al di fuori della
professione, in nessun modo contam inato da discipline o
indottrinam enti psichiatrici: m a piuttosto un artista e un
fiorentino, contam inato senza speranza dalla tradizione
um anistica italiana.
N ell’affrontare la controversia intorno alla psichiatria
- sottolineano gli autori - noi dobbiamo scegliere tra Pinel e
Cechov: così o usiam o il linguaggio delle m alattie m entali
per raggiungere alcuni n o stri p artico lari scopi politici e
m orali, oppure usiam o il linguaggio del discorso tra gli uo­
mini p er affrontare sul serio i problem i della condizione
um ana.
"La gente ha bisogno di ricordarsi delle proprie neces­
sità piuttosto che essere in q u ad rata” diceva Sam uel John­
son. Giorgio Antonucci e Piero Colacicchi hanno adottato
questa saggia risoluzione: essi ricordano ai letto ri di non
confondere le contraddizioni degli uom ini con le categorie
della m edicina.

Thom as Szasz

Syracuse, New York


15/2/1986

14
Introduzione

Questo libro esce in un mom ento difficile. Almeno ap­


parentem ente. D’altra parte è m olto raro che la conoscenza
sia figlia della moda, come l’esempio di Galileo da solo ba­
sterebbe a dim ostrare.
Ora le s tru ttu re sociali basate sull’intolleranza tendo­
no di nuovo a estendersi e rafforzarsi.
In Italia quei pochi vantaggi che alcuni dal 7 8 in poi
hanno tratto dalla legge 180 sono m inacciati da proposte
culturali e giuridiche che indicano la volontà di riavvicinar­
si alla tradizione.
A Bologna di fronte alle proteste di un cittadino che ha
fatto sottoporre la moglie a trattam en to di elettroshock in
casa di cu ra privata le istituzioni pubbliche sem brano giu­
stificarsi perché non forniscono più questo tipo di servizio.
In generale nella cu ltu ra contem poranea la creatività
individuale è vista sem pre di più con diffidenza e con so­
spetto e, come hanno capito benissim o Aldous Huxley e
George Orwell, questo potrebbe essere un preoccupante
annuncio della fine della cu ltu ra nelle società umane.
Scrive il neurologo am ericano Richard Restak: "Il cer­
vello umano, una m assa del peso di meno di 1600 gramm i,
non assom iglia nel suo stato natu rale a nulla più che a una
noce molle e rugosa. Eppure, nonostante questo aspetto
modesto, che non lascia trasp arire niente di straordinario,
esso può contenere più inform azione di tu tte le biblioteche
del mondo. Al nostro cervello dobbiam o anche gli im pulsi
15
più prim itivi, gli ideali più elevati, il modo in cui pensiam o
e persino la ragione p er cui, a volte, anziché pensare, agia­
m o” (1).
Scrive ancora Restak: "Noi siamo il nostro cervello, o,
per u sare le parole del ricercatore Eric H arth, il potere di
determ inare il proprio com portam ento non è il potere di
una en tità (la mente) su u n ’altra (il corpo), bensì l’influenza
che il cervello ha su se stesso” .
Compito di questo libro è anche appunto ricollegarsi
con la vera s tru ttu ra e con le reali possibilità di questo o r­
gano respingendo gli angusti limiti cu ltu rali di coloro che
attribuiscono a disfunzioni del cervello tu tte le scelte e tu t­
ti i com portam enti che non corrispondono ai pregiudizi so­
ciali.
Prim a di m etterm i a scrivere alcuni app u n ti p er un sag­
gio di critica alla psichiatria, ho riflettu to a lungo su che
cosa esattam ente com unicare e in quale modo. Ho pensato
così che già la scelta di un linguaggio com prensibile possa
servire a profanare quello scrigno di parole difficili insepa­
rabili dai detentori di discipline specialistiche o di pensieri
esoterici. Il "Discorso sul m etodo” di Renato Cartesio e la
definizione delle idee chiare e distinte avrebbero dovuto in­
segnarci una volta per tu tte q u al’è il modo di procedere e di
scrivere di chi è occupato da vero interesse scientifico. So­
p ra ttu tto se si tra tta di psichiatria il linguaggio esclusivo
da essa prodotto è un esempio chiaro di come la realtà dei
fatti possa essere m odificata già con l'uso di una parola in­
vece che dell’altra. Le parole com plicate degli psichiatri co­
me quelle dei giuristi, e ancor più di quelle dei politici e dei
medici in genere, hanno la funzione di non fare en trare fa­
cilm ente gli altri nel loro mondo, dato che orm ai è risaputo
che buona parte del potere passa per l’accesso alle parole
ed al loro significato.
Ma le ragioni di questa profanazione sono ancora più
forti.
Infatti il potere p ratico della parola di uno p sichiatra è
paragonabile soltanto a quello di un giudice. Superiore di­
rei, perché il giudice in qualche modo è solo uno degli atto ­
ri in un processo a più voci. Invece il giudizio di uno psi­
ch iatra può condannare un uomo d irettam ente alla segre­
gazione senza bisogno di processi.
Il mio pensiero e il mio lavoro critici nei riguardi della
psichiatria non hanno origini da convinzioni teoriche ela­
16
borate a tavolino, studiando testi e criticando articoli, m a
sono essenzialm ente risultato di anni di esperienza d iretta
con uomini e donne, in un modo o nell’altro im plicati in
trattam enti psichiatrici.
Il ricorso ad episodi della mia esperienza non risponde
a esigenze autobiografiche, m a all’obiettivo di p o rtare il
lettore a contatto d iretto con i fatti concreti.

Imola, 11.10.’86 Giorgio Antonucci

17
I PREGIUDIZI E LA CONOSCENZA
CRITICA ALLA PSICHIATRIA

19
II giudizio psichiatrico costituisce la prima
e più diffusa segregazione

N onostante in Italia sia sta ta approvata nel maggio del


'78 una legge che prevede form alm ente il superam ento dei
manicomi, a tu tt’oggi ne abbiam o ancora 60 in pieno fun­
zionamento. Se è vero che le vecchie istituzioni, per la veri­
tà in m aggioranza sostanzialm ente immodificate, non pos­
sono più accogliere nuovi degenti, a questo com pito sono
adibiti rep arti di ospedale civile che svolgono in tu tto e per
tu tto le funzioni repressive degli istitu ti di una volta. Il fa t­
to è che la cu ltu ra e il costum e restano quelli favorevoli alla
reclusione e all'internam ento.
La realtà manicomiale, che si può toccare perché è fat­
ta di pareti, è ben poca cosa di fronte alla diffusione del
concetto stesso di m anicom ialità che si fonda esclusiva-
m ente sulla persistenza del giudizio psichiatrico. Ritengo
che a poco serva attaccare l’istitu to del manicomio se non
si p orta un attacco radicale allo stesso giudizio psichiatrico
che ne è alla base, m ostrandone l’insussistenza scientifica.
Finché non sarà abolito il giudizio psichiatrico la realtà del­
la segregazione continuerà a fiorire dentro e fuori le p areti
dei manicomi.
Per fare un paragone preciso all’interno della stessa
cultura, è chiaro che non è possibile abolire la segregazione
razziale senza su p erare il razzismo. Il tu to re dell’ordine co­
stituito o il sostenitore della m oralità dei costum i tradizio­
nale che dà il giudizio di deviante a una persona che non ri­
spetta l’attuale tipo di organizzazione sociale (avendo pen­
sieri o com portam enti differenti da quelli prescritti), legit­
21
tim a di fatto la segregazione. Diversa è la cu ltu ra di chi
pensa che per la n o stra specie sono possibili m oltissim i
pensieri e com portam enti indipendentem ente dalle conven­
zioni.
Dal punto di vista etimologico la p aro la deviante deri­
va dal verbo deviare che significa "allo n tanarsi dalla via” o
più precisam ente come dice il Boccaccio "uscire dalla via
diritta, p er dirigersi altrove” o "allo n tan arsi dalla norm a,
dal giusto”. Il term ine deriva in italiano dal latino tardo. Da
questo è stato tra tto il term ine politico deviazionista. Ma
più tradizionalm ente p er identificare il dissenso dalle n o r­
me di pensiero o di costum e si usano anche nel linguaggio
popolare le parole m atto, pazzo e folle.
La parola matto è di significato e di origine incerta, m a
questo la rende utile ancora di più nella sua indeterm ina­
zione perché così la si può u sare liberam ente ogni volta che
fa comodo. Così può essere considerata ad esempio nel si­
gnificato di "bizzarro e difficile da tr a tta r e ” oppure "opa­
co” oppure "chi ha perso l’uso della ragione”. Lombroso si
è anche dilettato di farne una variante col term ine m attoi­
de. È chiaro che quando si p arla di "p erd ita di uso della ra ­
gione" sarebbe utile p recisare a quale ragione ci si riferi­
sce. Anche la parola pazzo è di etim ologia incerta. Nel lin­
guaggio di tu tti i giorni viene usato spesso p e r definire una
passione entusiastica com e nelle espressioni pazzo di gioia,
pazzo di felicità, pazzo d ’am ore. Comunque alcuni scrivono
"che si com porta in modo insensato” .
La parola folle deriva dal latino e aveva il significato di
"m antice, sacco di cuoio, pallone” da cui deriva p er m eta­
fora il significato di "te sta vuota”. In term ini più attu ali si
dice "di organo ru o tan te quando gira a vuoto, senza tra ­
sm ettere m ovim ento”2.
La si usa per indicare pensieri e com portam enti e azio­
ni che si allontanano apparentem ente o realm ente dalle no­
stre abitudini e dai n o stri modi di pensare più usuali.
La tradizione psichiatrica che si viene form ando via via
dal Seicento in poi negli ospizi sulle persone lì raccolte ag­
giunge al linguaggio com une nuovi term ini di giudizio ne­
gativo legati all’ipotesi che i pensieri e i com portam enti che
non ci piacciono siano dipendenti da un difetto del cervello.
Se proviam o al co n trario a considerare opinioni e com­
portam enti dei singoli individui senza prendere per punto
di riferim ento quello che pensa o che fa la m aggioranza in
un determ inato m om ento storico, com inciam o ad avere
22
uno scambio libero di punti di vista personali e di modi di
fare individuali. I problem i dell’intolleranza nascono dal
fatto che alla generalità delle opinioni si attribuisce un ca­
rattere di norm a obbligante p er tu tti. Per questo è preferi­
bile parlare di generalità e non di normalità degli atteggia­
menti.
Così ad esem pio posso afferm are che a me personal­
mente non piace avere rapporti omosessuali, ma non devo
considerare deviante o anorm ale u n ’altra persona perché
fa scelte diverse. Una volta che si tolga alla generalità (o a
quella che per m oralism o si fa finta che sia la generalità)
dei com portam enti sessuali il carattere di norm alità e di
verità, l’altro potrebbe considerare deviante me e norm ale
lui.
Ricordo a riguardo uno degli episodi più interessanti
che mi sia capitato. E ra venuta da me per consulenza psico­
logica una giovane donna che mi aveva raccontato di avere
rapporti sessuali sia con uomini che con donne. Nel p arlare
mi aveva chiesto se a me piacessero i rapporti omosessuali,
ed io le avevo risposto di no. Fu così che mi disse: "È segno
che hai dei problem i!”. Così aveva rovesciato il discorso.
La semplificazione della vita individuale come la sem­
plificazione nella storia dei popoli non serve alla conoscen­
za né allo sviluppo della creatività, m a è stata ed è utile alle
ideologie del controllo sociale e alle dottrine del dominio e
dell’aggressione3.
La ricchezza della vita dell’individuo non deve essere
ridotta a schemi, né quelli della psichiatria, né quelli della
psicologia e della psicanalisi.
D all'altra p arte uno studio co rretto della repressione
non deve confondere i vari mezzi usati dalle diverse orga­
nizzazioni di potere come se fossero identificabili o equiva­
lenti.
Il determ inism o classico, sia quello positivista che
quello hegeliano, hanno allontanato il pensiero dalla cono­
scenza del reale e dalla com plessità dell’individuo riducen­
do le società come caserm e e stim olando la cu ltu ra dell’im-
perialismo.
Nel nostro secolo il determ inism o sem plificatore è sta­
to, sulla base delle nuove esperienze scientifiche, giudicato
inadeguato anche per le scienze della natura.

23
L'Anticristo

Qualcuno potrebbe obiettare che è relativam ente facile


criticare le teorie e le dottrine del controllo sociale, m a che
il problem a vero si pone non rispetto alla critica della so­
cietà e della conoscenza, ma rispetto ai casi più difficili che
em ergono a volte im provvisamente nell’esistenza quotidia­
na di m oltissim e persone, famiglie, com unità.
Come ti com porti - mi si può chiedere - per esempio di
fronte ad una fam iglia che viene da te e ti dice: il nostro
Giovanni è uscito pazzo, fa cose che prim a non faceva, si
vuole b u ttare dalla finestra, ci aggredisce, dice che lo per­
seguitano, oppure pensa di essere il prim o m inistro?
Si verifica il caso cioè in cui, almeno apparentem ente,
la novità di un com portam ento non sem bra soltanto tale ri­
spetto ad una generalità di modo di vivere, ma appare tale
anche rispetto agli atteggiam enti soliti della stessa perso­
na. Insom m a sarebbe la storia di chi ad un certo punto, co­
me si dice, dà i num eri, dà di testa, e per questo sorprende
gli stessi parenti, vicini di casa, compagni di scuola, amici.
C’è da dire prim a di tutto, p er rispondere sulla base
dell'esperienza diretta, che l’em ergenza improvvisa di una
diversità in modi dram m atici non è veram ente improvvisa
e dram m atica. La diversità si pone dram m aticam ente e vio­
lentem ente a ll’attenzione solo quando tentativi meno
dram m atici e violenti sono già stati ripetutam ente provati
e disattesi. È come l’estrem o appello per trovare qualcuno
che stia a sentire, che ascolti, che com prenda, che com uni­
chi, che alm eno provi a discutere. Devo dire che p er lo più
25
una com unicazione di questo tipo risu lta inutile anzi dan­
nosa, è un appello che viene com pletam ente evaso rinchiu­
dendo.
Buona parte dell’internam ento psichiatrico e della le­
gittim ità sociale dell’intervento a u to ritario dello psichiatra
viene giustificato sulla base di questi casi limite.
N aturalm ente in questi anni mi sono trovato di fronte a
m olte situazioni del genere. Parlerò o ra di una storia acca­
duta a Firenze nel '66 nel mese di novem bre ai tem pi dell’al­
luvione.
Già allora ero conosciuto da alcuni anni come medico
che pensava che non fosse giusto in tern are le persone.
Devo precisare subito all’inizio che il racconto che sto
per fare non è né la sto ria di un intervento psicologico né la
storia psicologica di un uomo, ma è il tentativo da parte
mia, in questo caso riuscito, di evitare l'ingiustizia di un in­
ternam ento.
In quei giorni la città aveva un aspetto biblico. La sera
del q u attro novem bre d all’alto delle colline sem brava di ve­
dere solo corsi d ’acqua, e la valle trasfo rm ata in un lago.
Qualche giorno dopo, verso la fine del mese mi telefona
la m adre di un uomo di q u aran t’anni, artigiano fiorentino.
Mi dice concitatam ente che suo figlio è in uno stato preoc­
cupante, vive con lei e con la sorella e forse vuole ucciderle:
almeno così dice.
Lei aveva sentito p arlare di me com e di uno che non in­
terna, e nonostante avesse p au ra e fosse m olto preoccupa­
ta, non voleva in tern are il figlio, e nem m eno sua figlia vole­
va internare il fratello. Così andai a casa di quell’uomo.
Lo trovai che girava intorno al tavolo della sala da
pranzo, e mi apparve subito in uno stato di ansia terribile
che non gli lasciava riposo. Ricordo che fu m olto difficile
com inciare a parlare e p er u n ’o ra e più si rim ase in silen­
zio. Quando finalm ente si cominciò a com unicare mi disse
di sentirsi come un anticristo, e che tale condizione non lo
garantiva da nessuna possibile conseguenza pericolosa.
Avrebbe anche potuto uccidere la m adre e la sorella.
Io gli risposi che questa indubbiam ente era una sua
p au ra di cui occorreva capire alla svelta le radici. Non ho
intenzione di rip o rtare nei dettagli tu tto il n o stro discorso,
né servirebbe.
Affrontamm o il problem a del significato dell’Anticri­
sto e dei term ini in cui lui lo stava vivendo. Diceva che si
sentiva contro il vangelo p er il suo com portam ento sessua­

26
le, e questo aspetto m etteva in dubbio l’intera sua persona­
lità etica.
L’A nticristo può fare qualsiasi cosa, diceva.
Le acque dell’alluvione avevano d istru tto il suo labora­
torio artigiano, e lo avevano sballato com pletam ente dal
punto di vista economico. Pensava che tu tto questo p er lui
e p er m olti altri avesse un significato superiore come nella
storia biblica di Sodoma e Gomorra.
Discutem mo così insieme da diversi punti di vista la
problem aticità dei rapporti tra l'etica sessuale e la tradizio­
ne religiosa.
Quell’uom o non fu mai ricoverato né curato dagli psi­
chiatri.
Superò la sua crisi esistenziale discutendone in term ini
reali.

27
Streghe ieri
e streghe oggi

Molti filosofi della scienza tra cui Max W eber e più di


recente K. R. Popper hanno studiato con attenzione la diffe­
renza tra i giudizi di fatto e i giudizi di valore.
I prim i sono scientifici, i secondi no.
Ad esempio: se un neurologo con apposite indagini e
strum enti ed esam i stabilisce le diagnosi di tum ore cere­
brale questo è un giudizio di fatto, dunque è una constata­
zione scientifica.
Invece se uno p sichiatra afferm a che una donna che ha
molti rapporti sessuali è una ninfom ane questo è un giudi­
zio di valore, dunque non ha nulla di scientifico.
Comunque anche al di fuori del campo ristretto della
psichiatria tu tta la psicologia contem poranea che può sol­
tanto tentare interpretazioni ipotetiche sul cqm portam ento
dell'uom o è viziata dal pregiudizio sociale della distinzione
tra norm ale e anorm ale.
Si può dire p ertan to parafrasando un titolo famoso del
filosofo tedesco Em anuele Kant che i prolegomeni ad ogni
psicologia del fu tu ro che voglia sia pure in modo problem a­
tico p resentarsi come conoscenza devono ancora essere
scritti.
Fiodor Dostoevskij, che non a caso annota nei suoi Dia­
ri "Vasto è l’uomo, troppo vasto, io lo farei più ris tre tto ”, è
il m aggior conoscitore della psicologia um ana tra tu tti i
m oderni, p roprio perché non fa distinzione tra norm ale ed
anorm ale. Così Nikolàj Stavrògin si può dire, usando il lin­
29
guaggio degli scultori, che è un personaggio a tu tto tondo,
cioè un individuo che p o rta dentro di sé senza lim iti tu tte le
contraddizioni della n o stra civiltà.
Mi riferisco o ra p er fare un esem pio attu ale alla fam o­
sa vicenda, probabilm ente ancora non conclusa e certa­
m ente in sospeso, del così detto Mostro di Firenze.
I vari interpreti dell’avvenimento, siano essi giornalisti
scrittori e registi oppure psicologi p sich iatri o antropologo
rinunciano a raggiungere ipotesi attendibili sull’au to re o
sugli autori di questi om icidi nel m om ento in cui, invece di
approfondire tu tte le possibili motivazioni, e tu tti i possibi­
li conflitti tra individuo e società nella n o stra cultura, si ri­
fugiano nel pregiudizio della follia4.

D’altra parte sono m olti in ogni epoca i modi di fab b ri­


care il letto di Procuste p er nascondersi la larghezza e la
profondità dei problem i5.

"Il m artello delle streghe”6 potrebbe sem brare orm ai


soltanto una curiosità storica, però nelle m etropoli m oder­
ne, in periodo post-industriale, come ad esem pio o ra a Tori­
no, rito rn a la negrom anzia, e tornano attu ali gli esorcism i.
Tra l’altro, di recente, la stam pa ha p o rtato notizia che una
donna, che aveva la giovane figlia in condizioni di disagio
psicologico, per p au ra degli psichiatri, h a p referito chiede­
re aiuto a un esorcista.

Si sa che nei conventi, nel passato m a a volte anche ora,


entravano ed entran o persone non p e r loro scelta, m a co­
strette da vari interessi.
Anche Manzoni, com e è noto, fu a ttra tto dallo studio
psicologico della sto ria di u n a donna c o stretta alla rinuncia
e alla castità contro le p roprie inclinazioni.
Nel libro "M agistrati e streghe”, di R obert M androu si
può leggere come an co ra nel Seicento la m aggioranza degli
uom ini di cu ltu ra affrontava il problem a a livello teorico, e
come i sacerdoti intervenivano*.
Allora il disagio di essere oppressi e di non potersi
esprim ere secondo le p ro p rie necessità e le proprie passio­
ni e ra in terp retato prevalentem ente in m odo mistico: la vit­
tim a e ra una strega.
Dopo, pian piano fin irà p er prevalere l’interpretazione
clinica: la vittim a diventerà una malata. Insomma, in un
m odo o nell’altro, non si vogliono vedere le cose come sono.

30
Thomas S. Szasz ironizza intelligentem ente sul fatto
che quasi tu tti gli psichiatri hanno considerato le streghe
come m alate di m ente, senza d ir nulla sugli inquisitori.

31
L'origine dei manicomi

Michel Foucault nelle appendici alla Storia della follia


nell’età classica ci lascia una accu rata docum entazione di
questo fenom eno in Francia.
Nel Seicento il potere politico provvede a organizzare
lo stato secondo le nuove esigenze.
Lo spostam ento di m asse um ane in quantità che non ha
precedenti determ ina una serie di problem i di convivenza e
di contraddizioni sociali sulla base oggettiva dello squili­
brio tra num ero di persone che arrivano e possibilità di u ti­
lizzarle sul m ercato del lavoro.
Poi ci sono gli invalidi, conseguenza del modo in cui la
m anodopera viene utilizzata e alloggiata8.
Si racconta in un opuscolo anonim o del 1676:
"M a in quel tem po alcune persone di alta virtù furono
toccate dal deplorevole stato in cui si trovavano le anim e di
quei poveri infelici cristiani".
"I prim i tentativi e i successi iniziali (gli ospizi di c arità
fondati nel 1651) fecero credere che non era im possibile
trovare i fondi necessari p er rinchiudere e contenere nel
dovere un popolo libertino e fannullone che non aveva m ai
ricevuto delle regole".
"Si com unicò ufficialm ente in tu tte le parrocchie di Pa­
rigi che l’H opital Général sarebbe stato aperto il 7 maggio
1657 per tu tti i poveri che avessero voluto en trare sponta­
neam ente, e i m ag istrati proibirono con grida ai m endican­
ti di chiedere l’elem osina in Parigi; mai ordine fu così bene
eseguito".
33
"Il 13 una m essa solenne dello Spirito Santo fu can tata
nella chiesa della Pìtié e il giorno 14 la reclusione dei pove­
ri fu condotta a term ine senza alcun tu rb am en to ”.
L’editto reale per la fondazione dell’H opital Général di­
chiarava:
"... di modo ché il libertinaggio dei m endicanti è giunto
all’eccesso a causa di uno sciagurato abbandono a tu tti
quei tipi di crim ini che attiran o la m aledizione di Dio sugli
stati quando restano im puniti. Infatti l’esperienza ha fatto
conoscere alle persone le quali si sono occupate di questa
attività caritatevole che m olti di costoro dell’uno e dell’al­
tro sesso, e molti dei loro fanciulli, sono senza battesim o e
vivono quasi tu tti nell'ignoranza della religione, nel di­
sprezzo dei sacram enti e n ell’abitudine continua a ogni sor­
ta di vizio. Ed è p er questo, siccome noi siam o debitori alla
m isericordia divina di tan te grazie, e di una visibile prote­
zione che essa fece ap p arire sulla n o stra attività della no­
stra ascesa e nel felice corso del nostro regno per il succes­
so delle nostre arm i e la fortuna delle n ostre vittorie, noi
crediam o di essere ancor più obbligati a testim oniare la no­
stra riconoscenza m ediante una regale e cristian a applica­
zione alle cose che riguardano il suo onore e il suo servizio;
consideriam o questi poveri m endicanti come m em bri vi­
venti di Gesù Cristo e non già come m em bri inutili dello
stato, agendo nel com pim ento di così grande opera non p er
motivo di polizia, m a per sola ispirazione di ca rità ”9.
(Poi gli psichiatri diranno: noi li rinchiudiam o e m ani­
poliamo non per repressione, m a p er terapia).
Per quel che rig u ard a gli ospizi inglesi c'è, tra le altre,
una testim onianza singolare, unica nel suo valore, bella co­
m e u n a poesia e precisa com e un docum ento, con m olti si­
gnificati im portanti p e r il problem a di cui ci stiam o occu­
pando, che io rip o rto volentieri, utilizzando un testim one
d’eccezione.

« Ho sentito proclam are il m io bando: e chiuso nella provvi­


denziale cavità di un albero, sono sfuggito alla canizza. Non
un porto sicuro, non un sito dove non sia u n a guardia a po­
sto fisso o qualche p attu g lia volante p e r cattu rarm i. Ma io,
finché posso re sta r fugastro, voglio fare ogni sforzo p er
uscirne fuori; deliberato di prendere l’asp etto più squallido
e volgare che mai la povertà abbia assunto a dileggio di un
uomo p e r degradarlo fino alla bestia. Voglio im piastric­
ciarm i la faccia di pattum e; avvolgermi i lombi di stracci;
34
scaruffarm i i capelli e inglopparmeli; e con questa pelle
scoperta sfidare i venti e 1’infuriare del cielo.
Il paese me ne offre buoni modelli e precedenti insigni
negli accattoni di Bedlam, i quali si ficcano ruggendo nelle
misere carni delle bracce stecchite e intirizzite spilli, scheg­
ge di legno, chiodi, stecchi di rosm arino; e in tale orrendo
arnese vagano p e r fattorie disperse e terre magre, per ovili
e mulini, e strappano, ora im plorando ora im precando,
quel poco d ’elem osina10. ))

In questo modo William Shakespeare racconta dell’asi­


lo londinese di S anta M aria di Bedlam e della condizione
um ana dei suoi ospiti.
Shakespeare, come Dostoevskij, è tra quegli scritto ri i
cui personaggi sono come si diceva a tu tto tondo, senza la
distinzione artificiale tra saggezza e follia.

35
Razzismo e psichiatria sempre insiem e

Nel quattordicesim o secolo a Firenze (e in alcuni altri


andi com uni d ’Europa) sta nascendo e si sta sviluppando
K cu ltu ra delle industrie dei com m erci e delle banche con
la form azione della borghesia e del proletariato come nuo­
ve classi sociali.
In una casa d ’angolo, all’incrocio di via Guelfa con via
Nazionale, non lontano dalla stazione centrale e dal q u ar­
tiere di S anta M aria Novella, c ’è una iscrizione che ricorda
l’ultim a riunione dei Ciompi in fuga nell’anno 1378, quando
il tentativo dei prim i operai della civiltà capitalistica di o t­
tenere condizioni di lavoro meno svantaggiose era fallito
sotto l’azione della prepotenza m ilitare delle corporazioni
delle arti, che negavano ai lavoratori dipendenti ogni possi­
bilità di co n trattare.
Questo fatto è ricordato anche da Marx per la sto ria del
movimento operaio ed è generalm ente conosciuto nella no­
stra cultura.
Quello che invece non m olti sanno è che, im m ediata­
m ente dopo quei giorni, alcuni organizzatori, che venivano
da diverse p arti d ’E uropa e in p articolare dalle Fiandre, do­
po essere fuggiti, furono ricercati dovunque, e uccisi con
un m etodo e con un criterio, che anticipa e ricorda m olto
da vicino il m odo di agire dei killer contem poranei.
La rivolta dei Ciompi era insieme una novità politica e
un rinnovam ento dei costum i. A quei tem pi era uno scanda­
lo incredibile che dei lavoratori m anuali dipendenti riven­
dicassero anche solam ente il d iritto di trattare. La rep res­
37
sione avvenne secondo lo stile della n o stra cu ltu ra e della
n o stra civiltà, modo di procedere che nei secoli successivi
diverrà sem pre più abituale. Business is business.
Pian piano, quando negli sviluppi u lteriori, la civiltà in­
dustriale fondata sulla accum ulazione di capitale si allarga
e si organizza sem pre più rigorosam ente, nascono nuove
form e di controllo e di repressione, alim entate da specifici
pregiudizi, e appoggiate da apposite costruzioni culturali.
Scrive Franz M ehring nella sua Storia della social democra­
zia tedesca; pag. 22, EE. RR., trad. Mazzino Mortillari:
"La grande in dustria e il grande com m ercio com incia­
vano a creare grandi città, a sgretolare l’artigianato, ad ac­
coglierne una infima m inoranza in seno alla ricchezza e ad
una m orale sazia e solvente, a gettarne la grande maggio­
ranza nell’abisso della m iseria e della delinquenza, a di­
struggere le form e di vita della società piccolo-borghese
nelle quali aveva sino allora vegetato la popolazione cittad i­
na. Nella cam pagna la grande pro p rietà fondiaria diventa­
va borghese; si gettava sem pre più sulla distillazione delle
p atate e sulla coltivazione della barbabietola da zucchero,
espropriava grandi m asse di piccoli p ro p rietari non p ro tet­
ti, e inchiodava in modo feudale alla te rra le forze lavorati­
ve che le occorrevano, creando un p ro letariato indifeso
quanto m iserabile. Nel fetore della sua decomposizione, il
feudalesim o si rivoltava spasm odicam ente nella tomba;
non meno spasm odicam ente irrom peva alla luce del giorno
l'industrialism o; in questa lotta all’ultim o sangue la popo­
lazione lavoratrice era calpestata com e se su di essa si fos­
sero scatenati i cavalieri dell’Apocalisse”.
In questo periodo e in questa situazione si sviluppano
interpretazioni a rb itrarie della biologia che vorrebbero
stabilire che alcuni popoli sono superiori e altri inferiori (il
razzismo) e che alcuni individui sono superiori e altri infe­
riori (la psichiatria).
Tutte e due queste ideologie, che p er altro hanno
u n ’unica radice, rim angono la base cu ltu rale dei vari tipi di
cam po di concentram ento. Così è dalla m edesim a cu ltu ra
che vengono sostenuti sia gli ospizi che i cam pi di sterm inio
e i diversi tipi di internam ento per motivi politici.
Con l’aggiornam ento e lo sviluppo delle conoscenze
scientifiche i pretesti dei cultori della discrim inazione so­
ciale cercano sem pre nuovi appigli.
Lombroso discrim ina i popoli e gli individui riferendo­
si essenzialm ente a caratteristich e anatom iche. In seguito
38
si cercherà 4a discrim inazione su basi fisiologiche, poi su
basi biochimiche, o ra si cerca anche di utilizzare la m oder­
na biologia m olecolare, sem pre nel tentativo ridicolo di da­
re contenuti scientifici ai pregiudizi11.
Altri modi p e r ten tare di distinguere individui e popoli
in superiori e inferiori (concetto indispensabile all'im peria­
lismo) sono legati a metodologie storiche e psicologiche.
Come diceva Einstein, è più difficile superare un p re­
giudizio che dividere l’atomo.
Nella sua vita tum ultuosa, p rim a di divenire un rivolu­
zionario ed essere ucciso, Malcolm X dalle sue esperienze
di sottoproletario della m etropoli am ericana aveva ricava­
to alcune intuizioni molto chiare sui molteplici p o teri di
controllo e di distruzione dell’ordine costituito.
Nella sua Autobiografia racconta: "Alla fine m ia m adre
ebbe una crisi com pleta e il trib u n ale sanzionò definitiva­
m ente la decisione di ricoverarla all’ospedale psichiatrico
di Kalamazoo".
"... La m ia u ltim a visita, quando sapevo che non sarei
mai più to rn ato là p e r vederla, fu nel 1952. Avevo 27 anni.
Mio fratello P hilbert mi aveva detto che l’ultim a volta che
lui e ra andato a visitarla, lo aveva a m alapena riconosciuto:
— a tratti —, aveva detto.
Me non m i riconobbe affatto.
Stette lì a guardarm i senza sapere chi fossi.
Quando cercai di parlarle, di prenderle la mano, la sua
m ente era altrove. "Mamma - le chiesi - sapete che giorno è
oggi?”.
"Tutti se ne sono andati”, rispose con lo sguardo p er­
duto nel vuoto.
Non so descrivere quello che provai. La donna che mi
aveva fatto nascere, che mi aveva nu trito , consigliato, casti­
gato ed am ato, non mi riconosceva più. Fu per me come se
avessi cercato di dare la scalata a una m ontagna di piume.
La guardai e stetti ad ascoltarla m entre parlava, m a non po­
tevo fare niente.
Credo che se mai un ente assistenziale di stato ha di­
stru tto una famiglia, questa è la nostra. Noi volevamo stare
insieme e cercam m o di raggiungere quello scopo. Il nostro
focolare non doveva essere distru tto , m a l'ente assistenzia­
le, i tribunali, e il loro dottore ci dettero il colpo di grazia.
Inutile dire che il nostro non fu il solo caso di questo gene­
re.
Sapevo che non sarei to rn ato più a vedere m ia m adre
39
perché ciò avrebbe potuto trasfo rm arm i in una persona
sp ietata e pericolosa. Sapevo che loro ci avevano considera­
ti dei p u ri e semplici num eri, un caso p er la loro am m ini­
strazione, e non come degli esseri um ani, e che mia m adre
era là come una cifra statistica, m entre non avrebbe dovuto
esserlo, e che tu tto ciò esisteva per colpa del fallim ento del­
la società, della sua ipocrisia, della sua avidità e della sua
m ancanza di pietà e com passione. Per questo io non ho né
pietà né com passione p er una società che schiaccia la gente
e poi la punisce p er non essere stata capace di rim anere in
piedi sotto il suo peso” 12.
Dal Ku Klux Klan all’istituto psichiatrico il ciclo della
m adre di Malcolm, sotto p ro letaria n era della m etropoli
am ericana, era stato com pleto, e il figlio aveva potuto capi­
re il problem a fino in fondo direttam ente sulla sua pelle.
Inoltre Malcolm X aveva anche com preso che il m erca­
to nero delle droghe è uno strum ento di potere da cui ci si
può liberare con l'em ancipazione sociale e la lotta politica.

Nella m etropoli contem poranea si incontrano sem pre


di più uom ini di provenienze e di cu ltu re differenti, spesso
lontanissim e tra di loro.
Inoltre si sovrappongono come in un palinsesto le più
diverse fortune e le p iù differenti condizioni sociali.
Nello stesso tem po i rischi p er la vita degli individui e
per la sopravvivenza dei gruppi e della collettività appaio­
no e sono ogni giorno maggiori.
Di qui la p au ra e la convivenza difficile e le superstizio­
ni, m a d ’altro lato anche una nuova form a di conoscenza,
m olto più profonda e articolata.
Già a ll’inizio del secolo le contraddizioni e gli squilibri
sul problem a della conoscenza dell'uom o sono grandi e in­
teressanti.
Di ogni epoca del resto non si possono d are giudizi d ’in­
siem e che non finiscano p er risu ltare schem atici.
Anche dire p er esem pio che il Medio Evo non aveva a t­
tenzione p er le scienze em piriche e p e r le tecnologie, a un
esam e approfondito e p iù dettagliato può risu ltare un giu­
dizio troppo som m ario.

40
Dal r e p a r to n .6 di A. Cechov
ai reparti di Imola

Antòn Pavlovic Cechov, medico e scrittore, era già m or­


to a B adenw eiler nel 1904.
Il term ine schizofrenia viene introdotto in p sich iatria e
in psicologia dell'anorm alità da Eugen Bleuler nel 191113.
Il reparto n. 6, di Cechov fa p arte dei racconti e novelle
scritti probabilm ente tra il 1888 e il 1903.
Cechov racconta la storia di un piccolo padiglione psi­
chiatrico in un ospedale civile della Russia zarista, dove so­
no internate e rinchiuse cinque persone.
Tra queste un giovane uomo:
«Ivàn Dmìric Gròmov, sui tren tatré anni, nobile, ex­
usciere giudiziario e segretario al governatorato, soffre di
m ania di persecuzione. Egli o giace sul letto raggom itolato
su se stesso, o cam m ina da un angolo all’altro, come p er fa­
re del moto; seduto ci sta assai di rado. È sem pre eccitato,
inquieto e in uno stato di tensione, in attesa di qualcosa di
confuso, d ’indefinito. B asta il più piccolo fruscio nel vesti­
bolo o un grido nel cortile perché egli sollevi la testa e ten­
da l’orecchio: vengono a chiam are lui? Non cercano lui? E
il suo viso esprim e inquietudine e ripugnanza.
Mi piace il suo viso largo, con grandi zigomi, sem pre
pallido e addolorato, che riflette come in uno specchio,
l’anim a to rm en tata dalla lo ttta e dal persistente terro re. Le
sue smorfie sono strane e morbose, m a i tra tti delicati, im­
pressi al suo viso da una profonda e sincera sofferenza, so­
no ragionevoli e intelligenti, e gli occhi hanno un riflesso
caldo e sano. Mi piace anche lui come persona, così affabi­
le, servizievole e oltrem odo delicato nei suoi rap p o rti con
41
tu tti eccetto che con Nikita. Se qualcuno lascia cadere un
bottone o il cucchiaio, egli salta in fre tta giù dal letto e lo
raccatta. Ogni m attin a dà il buon giorno ai compagni; an­
dando a dorm ire au g u ra loro la buona notte.
O ltre che nel continuo stato di tensione e nel fare sm or­
fie, la sua follia si m anifesta anche in qualche altra cosa. A
volte di sera egli si avvolge nella sua veste da cam era e, tre ­
mando in tu tto il corpo e battendo i denti, com incia a cam ­
m inare in fretta da un angolo all’altro e fra i letti. Sem bra
che abbia la febbre forte. Da come si ferm a aH’improvviso e
lancia sguardi ai com pagni, si vede che vorrebbe dire qual­
che cosa di m olto im portante, ma evidentem ente, conside­
rando che non lo ascolterebbero o non lo capirebbero,
scuote con im pazienza la testa e continua a cam m inare. Ma
presto il desiderio di p arlare prende il sopravvento su qual­
siasi considerazione ed egli si abbandona e p arla con calore
e passione.
Il suo discorso è disordinato, febbrile, come un delirio,
a scatti e non sem pre com prensibile, m a vi si sente, e nelle
parole e nella voce, qualcosa di straordinariam ente buono.
Quando parla, riconoscete in lui il pazzo e l'uom o. È diffici­
le rip ro d u rre sulla c a rta il suo folle discorso. Parla egli del­
la bassezza um ana, della violenza che calpesta il diritto,
della vita bellissim a che col tem po ci sarà sulla terra, delle
inferriate alle finestre che gli ricordano ad ogni m inuto la
stupidità e la crudeltà degli oppressori. Ne vien fuori un di­
sordinato, sconnesso guazzabuglio di motivi vecchi si, m a
non ancora cantati fino in fondo»14.
Si vede dunque in Cechov (come del resto in Cervantes,
Shakespeare, Dostoevskij, M aupassant) che la vita di un uo­
mo è com plicata e co n traddittoria, che non sem pre è facile
stabilire un confine tra il reale e l’im m aginario, che le pas­
sioni sono sconfinate e le vicende di ogni giorno troppo ri­
strette, che la p au ra consum a e confonde.
Ivàn D m ìtric Gròmov com inciò a tem ere di essere a rre ­
stato dalla polizia dello Zar sia pure innocente: p au ra mol­
to realistica sia ai tem pi dello Zar che ai nostri.
Il problem a era in sintesi che correva troppo distacco
tra gli ideali e le speranze di Gròmov e la sua realtà. Co­
m unque non a caso Cechov lo descrive com e un giovane dai
tra tti delicati, ragionevoli e intelligenti, e dagli occhi p ro ­
fondi ed espressivi. Ne II monaco nero il m alinconico Ko-
vrin che arricchiva la sua solitudine con visioni fantastiche
dice poco prim a di essere ucciso dalle cure:

42
Come furono felici Budda e
Maometto e Shakespeare,
che i loro buoni parenti e i
dottori non curarono delle
loro estasi o delle loro ispira­
zioni. Se Maometto avesse
preso del brom uro contro i
nervi, avesse lavorato soltan­
to due ore al giorno e bevuto
del latte, di questo uomo
eminente sarebbe rimasto
tanto poco quanto del suo ca­
ne. I dottori e i buoni parenti
alla fine fanno si che l'umani­
tà diventi ottusa, la medio­
crità si consideri genio e la
civiltà vada in rovina.
Occorre dire a questo punto che Schum ann e Van Gogh
non furono fortunati com e Budda, M aom etto e Shakespea­
re.

La cu ltu ra attuale della medicina è più vicina alla m or­


te che alla vita. Sem bra che i medici nelle U niversità si for­
mino essenzialm ente nelle sale anatom iche dim enticando
poi di fare le dovute necessarie distinzioni tra i cadaveri da
dissezione e gli organism i viventi. Inoltre l’im postazione
au to ritaria e l’abitudine a m anipolare prep aran o il clinico
delle cavie umane, piuttosto che il m edico al servizio dei
cittadini.
Così Eugen B leuler, p sichiatra svizzero (1857-1939) di­
rettore dell’ospedale psichiatrico di R heinau e poi di quello
di Zurigo, considera i suoi reclusi in m anicom io con un
meccanicism o rozzo e semplicistico, degno delle tradizioni
più m ediocri del positivismo.
Il term ine psichiatrico da lui introdotto, schizofrenia,
significa dissociazione, da cui dissociarsi e essere dissocia­
to, dal greco schìzein che vuol dire scindere dividere, e
phren che vuol dire m ente, senno.
Il modo di ragionare di Bleuler deriva dal m eccanici­
smo sem plificatore di Fechner e di W undt, psicologo tede­
sco (1832-1920) au to re tra l'altro di nove volumi di Psicolo­
gia dei popoli che hanno avuto influenza notevole sulla fo r­
mazione e lo sviluppo del pensiero razzista.15.
I concetti di B leuler, che aveva anche studiato la psica­
nalisi di Freud, sem brano meno statici di quelli di Emil
K raepelin (1856-1926), che aveva considerato gli in ternati
in m anicom io com e libri in una biblioteca, da una p arte i
depressi, dall’a ltra gli agitati, dall’a ltra i tranquilli e così
via ragionando.

E così io, ancora nel 1973, com inciando a lavorare


all’Istititu to psichiatrico "O sservanza” di Imola, dopo ave­
re per m olti anni e in m odi e in luoghi differenti, da Civida-
le del Friuli a Castelvetrano, lavorato p er evitare gli in ter­
nam enti, mi ritrovai nel rep arto 14 delle agitate schizofreni­
che pericolose irrecuperabili16.
Fui io a decidere di prendere la direzione del rep arto
considerato dagli p sich iatri dell'istitu to com e il più diffici­
le e pericoloso. E ra l’ultim o in fondo, vicino alla chiesa, di
fronte al corrispondente rep arto agitati degli uomini.
L’istitu to era co stru ito a strati successivi dall’osserva­
44
zione ai rep arti da cui non si esce più, se non in casi del tu t­
to ra ri ed eccezionali.
Riporto dal libro Medicina disumana dal docum ento
del 'Processo dei m edici’ di N orim berga, a cu ra di Alexan­
der M itscherlich e Fred Mielke, sui program m i di eutanasia
dei nazisti:
"N ella sua deposizione, l’im putato principale, il D ottor
K arl B randt, h a fatto presente che al congresso del p artito
nazista del 1935 l’allora R eichsarztefuhrer G erhardt Wa­
gner sollevò il probelm a dell’eutanasia e fece p ro iettare
una pellicola che m ostrava quale vita erano condannati a
condurre gli in tern ati in m anicom io” 17.
I nazisti con il loro pragm atism o traevano le conse­
guenze logiche del pensiero kraepeliniano e bleuleriano da­
vanti a situazioni simili a quelle da me ritrovate a Imola.

Il rep arto 14 'delle agitate’ conteneva al mio ingresso


44 donne segregate con periodi più o meno lunghi di deten­
zione, m a più che altro senza prospettive di uscita.
I m uri alti, le inferriate alle finestre, le porte di ferro, i
vari settori dell’ab itato separati e controllati, le celle con lo
spioncino, i letti inchiodati al pavimento, erano le principa­
li caratteristiche della stru ttu ra.
Le 44 donne internate, tu tte con diagnosi di schizofre­
nia, vivevano rinchiuse isolate legate sorvegliate di conti­
nuo e costantem ente sottoposte a tu tti i trattam en ti c a ra t­
teristici della psichiatria.
Situazioni simili le avevo già direttam ente vedute dap­
pertutto m a o ra mi trovavo nella condizione particolare di
doverle affrontare personalm ente e praticam ente da solo.
L’unica esperienza di lavoro in manicomio l’avevo avu­
ta a Gorizia nel ’69 in un istituto già trasform ato da B asa­
glia.
Nel rep arto 14, a parte la lobotom ia e la lobectomia,
erano in atto su ogni singola persona, in modo per così dire
concentrato, tu tti gli interventi teorizzati dagli psichiatri.
Esistevano mezzi di contenzione fisica di ogni genere,
dalla cam icia di forza alla m aschera di plastica p er im pedi­
re alle pazienti di sputare; venivano usati i tre fondam enta­
li tipi di shock, vale a dire le iniezioni endovenose di acetil-
colina secondo il m etodo di Fiam berti, le applicazioni di
elettroshock secondo il metodo di C ed etti18, la provocazio­
ne di comi insulinici secondo il m etodo di Sakel; si usavano
45
tu tti i tipi di psicofarm aci; si praticava l’alim entazione for­
zata; si tenevano le degenti e le inferm iere continuam ente
soggiogate dalla p au ra con metodi gerarchici.
C’è da dire che le terapie psichiatriche sono definite
nel loro vero significato dagli stessi specialisti che le p ra ti­
cano. Esse si possono distinguere tra loro in tre gruppi:
contenzione fisica, contenzione chimica, contenzione psico­
logica.
I mezzi di contenzione fisica sono chiaram ente defini­
bili nelle loro funzioni e non hanno bisogno di commento.
Gli psicofarm aci sono definiti neurolettici, cioè sostan­
ze chim iche che hanno la proprietà di abbassare il tono in­
tellettivo e emozionale di chi li prende, o neuroplegici che
significa — letteralm ente — paralizzanti delle funzioni n er­
vose.
II coma, di qualunque origine o com unque provocato, è
come noto un grave stato organico pre-m ortale.
Per quanto rig u ard a gli shock scrive Edoardo Balduzzi,
che ne è un sostenitore, nel suo libro 'Le terapie di shock ’19 ,
a pag. 8 della p arte generale: "Oggi infatti, se nella le ttera­
tu ra si torna a parlare di shock, lo si fa solo p er lum eggiar­
ne genericam ente gli aspetti negativi; p er elencarne i p eri­
coli assoluti e relativi, prem endo so p rattu tto sul concetto
della progressiva invalidazione dell’efficienza psichica da
parte di chi li subisce; p er denunziare infine l’irrazionalità
em pirica di coloro che li proposero e - peggio ancora - di co­
loro che insistono nell’applicarli”.
D’altro lato si assiste a una discussione, alquanto um o­
ristica in cui gli specialisti che usano gli shock denunciano
l'inefficacia e i danni degli psicofarm aci, e gli specialisti
che prescrivono gli psicofarm aci denunciano l’inefficacia e
i danni degli shock.
Per quanto rig u ard a poi il concetto stesso di terapia,
esso è legato come è logico, come scrive Don D. Jackson nel­
la sua opera 'Eziologia della schizofrenia ’20, alla definizione
del concetto di m alattia mentale.
"La stessa definizione della schizofrenia come ’m alat­
tia ’, — osserva l’autore — presuppone che essa sia analoga
alle ’m alattie’ e p ertan to riconducibile ad una spiegazione
fisiologica”. Più in seguito Jackson nella stessa opera scri­
ve: "Al tem po della definizione della dem enza precoce’ ver­
so la fine del 1800, la m edicina e, in genere, la cu ltu ra eu ro ­
pea erano intensam ente interessate alle teorie della dege­
nerazione sociale, basate sul concetto di ’inferiorità proto-
46
piasm atica’. Ciò non sorprende se si tiene presente che que­
sta società aveva una stru ttu ra sociale piuttosto rigida, fon­
data sulla teoria dei ceppi ereditari ed era al vertice dell’il­
lusione della 'su p erio rità n atu ra le’ della 'razza bianca’. Gli
studi antropom etrici del Lombroso si fondavano sulla teo­
ria che, quanto più un uomo rassom iglia ad una scimmia,
tanto più pensa come una scim mia e tan to meno anim a pos­
siede”. Conclude al riguardo Jackson argutam ente: "E un
campo pieno di folklore e di profezie facili ad avverarsi,
poiché, se gli individui dai capelli rossi non hanno un tem ­
peram ento più caldo degli altri, possono acquistarlo in b re­
ve tempo se qualcuno li tra tta come se l’avessero” .

Così nel rep arto 14 all’inizio del mio lavoro di sm antel­


lam ento mi trovavo di fronte non solo a persone prigioniere
e fisicam ente provate da efficaci trattam en ti di dem olizio­
ne, ma, quello che è più difficile, davanti a singoli individui
classificati da anni come esseri biologicam ente inferiori
che dovevano essere messi in condizione di riacquistare la
loro p arità con gli altri.
Infatti a livello di rapporto psicologico e a livello di cu l­
tu ra le teorie psichiatriche come quelle della razza propon­
gono relazioni sociali tra esseri superiori che capiscono di
più, e esseri inferiori che capiscono di meno.

La distinzione sviluppata dalla cu ltu ra europea e am e­


ricana tra gruppi etnici superiori e gruppi etnici inferiori,
tra culture che contano di più e culture che contano di m e­
no, ha avuto d u ran te la seconda g uerra mondiale gli effetti
che tu tti conosciamo.
Per quanto rig u ard a gli individui in conflitto con la so­
cietà, il m edico franco-am ericano Alexis Carrel, del Rocke-
feller In stitu te di New York, prem io Nobel per la fisiologia
nel 1912, p recurso re degli studi sui trap ianti di organi, scri­
veva nel suo libro 'L’uomo questo sconosciuto’ pubblicato
nel 1939, con un cinism o apparentem ente più accentuato di
quello del D ottor W agner al congresso nazista del 1935:
"Abbiamo già p arlato delle forti somme di danaro che
vengono attualm en te spese p er m antenere le prigioni e i
manicomi, istitu ti che esistono per proteggere il pubblico
dai soggetti antisociali e dai pazzi. Ma perchè m anteniam o
in vita queste crea tu re inutili e pericolose? ... in G erm ania
47
il governo (di H itler) h a preso energiche m isure contro il
diffondersi dei tipi inferiori, dei pazzi e dei crim inali.
La soluzione ideale sarebbe l’elim inazione di questi in­
dividui appena si rivelano pericolosi... La filosofia ed i p re­
giudizi sentim entali non hanno d iritto di in terferire in que­
sto problem a”21.
P er quanto rig u ard a la non conoscenza dell’uomo e dei
suoi problem i a noi ci sem bra che l’au to re abbia scelto p er
la sua opera il titolo p iù appropiato.
Così in quegli anni, traendo spunto dal tipo di c u ltu ra
m edica e biologica a cui si è accennato, su ll’onda del fasci­
smo, si traevano conseguenze politiche che indicavano la
soppressione degli in tern ati di ogni tipo (prigioni, m anico­
mi) o la loro utilizzazione come cavie22.
Ancora oggi m olti, più o meno esplicitam ente, sono del­
la stessa opinione di W agner e di Carrel, e operano concre­
tam ente nella m edesim a direzione.
Racconta Frantz Fanón, nel libro I dannati della terra:
"T ra le caratteristich e del popolo algerino, come il colonia­
lism o le aveva stabilite, consideriam o la sua crim inalità
strabiliante. Prim a del 1954, i m agistrati, i poliziotti, gli av­
vocati, i giornalisti, i medici legali erano tu tti d ’accordo nel
dire che la delinquenza dell’algerino costituiva un proble­
ma. L’algerino, si afferm ava, è un delinquente nato. Una
teoria fu elaborata, prove scientifiche furono addotte. Que­
sta teoria fu oggetto, p er oltre vent’anni, di insegnam ento
universitario. Algerini studenti in m edicina assorbirono
quell’insegnam ento e a poco a poco, im percettibilm ente,
accettato il colonialismo, le élites accettarono tran q u illa­
m ente le ta re natu rali del popolo algerino. Fannulloni nati,
bugiardi nati, ladri nati, delinquenti n a ti”. E la scienza de­
gli psichiatri entra con tu tta la sua estensione a conferm are
questo discorso. "P er il Professor Porot — continua Fanón
— la vita dell’indigeno nordafricano è dom inata dalle istan ­
ze diencefaliche. Ciò equivale a dire che l’indigeno n orda­
fricano in certo modo è privo di co rteccia”. Ciò che forse
sarebbe troppo perfino p er un uomo come Lombroso. Ma
non basta. "Per farsi cap ir bene il d o tto r C arothers — scri­
ve ancora Fanón — stabilisce un paragone m olto vivo. È co­
sì che propose che l’africano norm ale sia un europeo lobo-
tom izzato”23. Così p er am m issione di uno psichiatra, sia
pure esplicitam ente razzista, un indigeno dell’Africa sareb­
be a livello cerebrale e psicologico così m al ridotto come un
paziente europeo su cui p er terapia è p assato il chirurgo.

48
Psichiatria r o m a n tic a e storie vere

Altri psichiatri, più rom antici, come il famoso scrittore


italiano M ario Tobino, si dilettano, lavorando o avendo la­
vorato in manicomio, di problem i di estetica e di m istici­
smo, e scrivono opere o ispirano film di carattere sentim en­
tale e um anitario. Ma al manicom io però ci sono
affezionati24.
Scriveva nel 1978, parlando del mio lavoro al rep arto
14, lo psicologo forlivese Gianni Tadolini a Mario Tobino in
im a lettera aperta:

Caro Tobino,
il tuo articolo ’Vedo il ghigno della follia’ apparso sul
’Resto del C arlino’ di dom enica 7 maggio, mi h a indotto a
scrivere questa le ttera aperta, perché ritengo doveroso for­
nire al lettore alcune valutazioni critiche e qualche spunto
di riflessione.
Tu affronti il problem a della follia nel tuo stile consue­
to. Per te la follia è sem pre qualche cosa di m isterioso ed
arcano che ad u n dato m om ento si scatena: è, tu tto som m a­
to, una m alattia. Da queste prem esse, logicamente, passi a
difendere i m anicom i, gli psicofarm aci, il sistem a, e così ti
accusano di essere strum ento del potere dom inante.
Caro Tobino, credo che non basti andare a ’prendere il
caffè, a passeggiare o giocare a c a rte ’ con i ricoverati p er
sentirsi giustificati; p er essere contro quel potere che, di­
rettam ente o indirettam ente, è responsabile dell'em argina­
zione di tan ti individui. Però vedo in te un sentim ento di
49
grande um anità, che apprezzo moltissimo, e non voglio en­
trare nei soliti (anche se sacrosanti) discorsi politico-sociali
che negli ultim i quindici anni hanno so rretto i temi antipsi­
chiatrici. Desidero solam ente raccontarti la m ia piccola
esperienza che com unque mi ha condotto a conclusioni di­
verse dalle tue. Ho lavorato nell’istituzione psichiatrica
nell’era della psicofarm acologia. Non ho conosciuto i m ani­
comi di una volta (non ’psicofarm acologizzati’), se non dai
racconti dei colleghi p iù anziani.
N onostante gli psicofarm aci ho udito 'quei gemiti, u r­
la, im precazioni, im plorazioni’ di cui tu parli, m a che spes­
so, troppo spesso non mi sono sem brati il fru tto del delirio,
m a la risposta, im potente e disperata, ad una situazione
um ana ed am bientale inaccettabile.
E veniamo pure al 'delirio ’ a questo linguaggio che tu
senti trem endo e m isterioso, m a che si fa così chiaro e logi­
co quando riesci a cogliere la stru ttu ra in tern a che lo muo­
ve; s tru ttu ra fatta di em arginazione e sfruttam ento sociale
e culturale, di dram m i fam iliari ed affettivi. Te la prendi
con Basaglia quando dice che 'i manicomi li hanno voluti i
p ad ro n i’.

Come mai sul frontespizio


del 90% delle cartelle clini­
che che mi sono passate da­
vanti si legge:
"Condizione sociale: povero
Cultura: analfabeta
Professione: bracciante, di­
soccupato, casalinga?”

50
Se im pariam o a cogliere il messaggio del delirio ed i
suoi simboli ritroverem o una storia dram m atica, tu tt’altro
che m isteriosa ed oscura.
E gli psicofarm aci? Tu scrivi: poi nel 1952 arriv aro ­
no gli psicofarm aci che riescono a velare, a intorpidire, a
rendere apparentem ente molli m olti segni della pazzia. Ec­
co allora per me il vero interrogativo: se non si scoprivano
gli psicofarm aci si sarebbero potuti liberalizzare i m anico­
mi?’. Perm ettim i di rispondere in m aniera paradossale (ma
non troppo): i m anicom i hanno potuto seguire un processo
di reale liberalizzazione solo dove l’invasione farm acologi­
ca è stata di m olto ridim ensionata. E qui mi vengono alla
mente decine di persone inebetite dagli psicofarm aci; rid o t­
te a livello quasi vegetativo da dosi m assacranti di cloro-
prom azina e di aloperidolo. Voglio raccontarti una storia;
la storia di un rep arto dove 'vivono’ queste persone.
Storia del Reparto 14
dell’Istituto psichiatrico
"Osservanza” di Imola.

E ra il "rep arto ag itate”, considerato il più pericoloso


dell’ospedale.
Le pazienti stavano quasi sem pre legate. Unico diversi­
vo della giornata: l’elettroshock. L’am biente era tetro, con
robuste sbarre alle finestre e tu tto circondato da m ura.
N essuna poteva uscire, m a gli psicofarm aci entravano a va­
langhe. Quando una inferm iera veniva inviata al 14 le si
raccom andava di fare attenzione: era un am biente pericolo­
so, vi erano persone violente. E ra insom m a un rep arto di
manicomio, credo non m olto diverso da quelli del tuo ospe­
dale di Lucca qualche anno fa.
Poi le cose cam biarono; venne un diretto re nuovo, ed il
padiglione fu affidato ad uno di quei medici con cui non sei
d’accordo: un 'an tip sich ia tra’: il d o tto r Giorgio Antonucci.
Il lavoro fu difficilissim o. 'Il dottore è un po’ m atto ’ — si di­
ceva. I mezzi di contenzione uscirono dal reparto assiem e
agli psicofarm aci. Il m edico stava vicino alle pazienti m ol­
te, m olte ore al giorno; parlava con esse, penetrava nei deli­
ri e nelle angoscie; com unicava, essere um ano vicino ad es­
seri um ani. Quei volti m uti o urlanti, segnati dalla d ispera­
zione, iniziarono a racco n tare una storia: la sto ria della lo­
ro em arginazione, della loro condanna; la storia di una sof­
ferenza enorme. Il prezzo e la fatica di quel lavoro è cono­

51
sciuta solo dal medico che l’h a com piuto. Comunque oggi il
14 è un rep arto aperto, nessun mezzo coercitivo è usato,
neppure la 'contenzione psicofarm acologica’ tan to a te ca­
ra. Le pazienti, sebbene orm ai d istru tte dagli elettroshock e
dai neurolettici, hanno riappreso a com unicare, passeggia­
no liberam ente nel parco, partecipano alla gestione del re­
parto.
Teresa, ad esempio, p e r vent’anni ha vissuto chiusa in
un cam erino, legata al letto m ani e piedi, con u n a m ascheri­
na di cuoio sulla bocca, fino ad in torpidirsi in posizione fe­
tale. Oggi cam m ina, esce nel parco, p arla si veste, si p etti­
na. Alcune donne sono state ad d irittu ra dim esse e reinseri­
te socialm ente. Sem bra paradossale, m a il 14 è oggi il re­
p a rto forse più tranquillo dell'ospedale.
Mi dispiace, caro Tobino, forse sei rim asto indietro,
perché ti sei fossilizzato sul sintom o. Sei rim asto ancora
prim a di Freud: si, perché già Freud ci insegnava che il sin­
tom o è solo l’epigono di u n a storia, e solam ente dalla cono­
scenza di questa nasce quel sapere che decifra il delirio e
che può spaccare e distruggere il sintom o stesso”25.

52
L e c a la te
Visite popolari al manicom io di S. Lazzaro

Dopo il rep arto 14, in periodi successivi, a Imola mi so­


no dedicato al graduale sm antellam ento di altre due divi­
sioni psichiatriche dell'Ospedale 'Osservanza'.
Comunque a mio parere non è questo il mio lavoro di
maggiore significato, ma il lavoro p o rtato avanti nel te rri­
torio provinciale di Reggio Emilia agli inizi degli anni 70.
Dopo aver lavorato per qualche mese a Gorizia con Ba­
saglia e con Pirella, fui invitato da Giovanni Jervis ad anda­
re a lavorare con lui a Reggio. Jervis e io sapevamo che, en­
tro certi limiti, le nostre idee e i nostri metodi avrebbero
potuto procedere parallelam ente.
Quando nel 1970 divenni responsabile del gruppo di la­
voro del Centro di Igiene M entale di Castelnuovo n e’ Monti,
la n o stra attività era essenzialm ente d iretta a evitare tu tti
gli internam enti in manicomio, occupandoci naturalm ente
di tu tti i problem i sociali relativi.
Il nostro m etodo era la discussione dettagliata e appro­
fondita di tu tte le questioni, non solo con la persona inte­
ressata dal pericolo dell'internam ento, ma con tu tti quelli
che erano o potevano essere im plicati nella situazione: per
esempio i fam iliari, i datori di lavoro, i sindaci, i sindacati, i
medici generici, e tu tti coloro che avevano rapporti im por­
tanti con la persona di cui ci occupavamo.
Ricordo che una volta Jervis, che già cominciava a non
essere del tu tto d ’accordo con me, mi disse: "Se non li rico­
veri tu, quando tu non ci sei li ricoverano gli altri’. A cui io
risposi: 'Sarebbe come se tu mi dicessi a proposito degli

53
ebrei d u ran te la persecuzione razziale: se tu non li denunci,
non serve a nulla tanto li denunciano gli altri'.
Il fatto è che si delineava una divergenza di fondo. Je r­
vis ragionava in term ini psichiatrici e di tu tela dell'ordine
pubblico, e distingueva p ertan to "i casi gravi più pericolo­
si” da internarsi, da quelli "m eno gravi e meno pericolosi”
da assistersi a casa.
10 invece ragionavo in term ini di conflitto problem ati­
co tra individuo e società, e di diritto dell’individuo di esse­
re risp ettato nella sua lib ertà nel contesto di una società
che vuol progredire p er divenire più ap erta e meno intolle­
rante.
Fu così che, in rap p o rto a questa m ia linea teorica, il
gruppo della m ontagna da me diretto, cominciò, diversa-
m ente dagli altri gruppi che operavano nel resto del te rrito ­
rio di Reggio Emilia, a organizzare nei più diversi paesi e
villaggi, assem blee popolari p er discutere i problem i, gravi,
in una zona econom icam ente sottosviluppata, e ad alto tas­
so di em igrazione, del disagio sociale e dell’internam ento
in manicomio.
11 lavoro in m ontagna, in rapporto ai casi individuali, e
in relazione alle attività delle assemblee popolari fu p o rta­
to avanti o ltre che da me e dal mio gruppo, anche dalla dot­
toressa Eugenia Omodei Zorini, una intelligente interprete
attuale del pensiero freudiano più avanzato.
La prim a assem blea popolare si svolse a Cervarezza e
ricordo che m entre esponevo i miei punti di vista ci fu un
uomo, un contadino che mi disse:
«Tu ci dici che in manicomio
non ci sono dei matti, ma i
nostri compagni più sfortu
nati che sono stati internati
per motivi di produttività e
di ordine sociale. Altri invece
ci dicono diversamente. Co­
me facciamo noi a sapere chi
ha ragione?»
Allora intervenne un altro
che disse: «Perché non andia­
mo a vedere?»

54
Così nacque l ’idea ed ebbero inizio le calate dalla m on­
tagna della popolazione interessata a rendersi conto d iret­
tam ente della realtà e del significato del manicomio.

D urante il periodo delle visite popolari all’Istituto Psi­


chiatrico San Lazzaro di Reggio Em ilia vi furono discussio­
ni, dibattiti e docum enti, tra cui, uno dei più interessanti,
fu pubblicato dalla rivista fiorentina di Piero Calam andrei
"Il Ponte". .
Dato il suo interesse sia culturale che teorico ne rip o r­
to interam ente il contenuto.

« ANCORA SULLE VISITE AL S. LAZZARO

Perché un giorno questi muri cadranno e


noi ritorneremo alle nostre case
(Alcide Cervi)

Questo docum ento è stato redatto da un com itato po­


polare eletto pubblicam ente dai cittadini della m ontagna
reggiana, che hanno sentito il dovere civile di interessarsi
della salute dei ricoverati all’Istitu to neuropsichiatrico di
S. Lazzaro.
Le visite che abbiam o effettuato al S. Lazzaro sono sta­
te oggetto di interpretazione difforme: certa stam pa ha m a­
liziosam ente equivocato sulle ragioni di questa iniziativa,
fino a gonfiare una polem ica con l'evidente scopo di scredi­
ta re l’operato di coloro che cercano di um anizzare e razio­
nalizzare un servizio fondam entale come quello dell'igiene
mentale.
Ci siamo sentiti qualificare di volta in volta come p er­
tu rb ato ri dell’ordine costituito, incoscienti, sabotatori ed
ora, con un piccolo capolavoro di ipocrisia, come 'persone
che si sono aggirate fra i rep arti come se fossero allo zoo’,
term ini che suggeriscono al lettore di attrib u ire una m or­

55
bosa e divertita curiosità a chi cerca invece di com piere il
suo dovere di cittadino.
A questo pun to ci riteniam o ingiuriati e denunciam o il
tentativo di bloccare queste iniziative dem ocratiche a van­
taggio del m antenim ento di interessi nocivi p e r la salute
dei n o stri concittadini e lesivi della econom ia della n o stra
com unità.
Non si illudano coloro che ci hanno incolpati di 'in ter­
ruzione di pubblico servizio’, di ferm are quel movimento
che p erm ette ai cittadini, con la garanzia della costituzione
e deH’ordinam ento regionale, azioni di intervento e di con­
trollo su tu tte le stru ttu re.
Ogni cittadino deve conoscere i suoi d iritti e deve ricor­
rervi senza tim ore. Lo statu to regionale prevede la possibi­
lità, anche p er un singolo cittadino, di avere copia e con­
trollo di a tti am m inistrativi; la creazione di com m issioni di
inchiesta e di studio su m aterie e problem i che com unque
interessano la regione; sp etta agli elettori, alle organizza­
zioni dei lavoratori di p ro p o rre a tti am m inistrativi, m isure
e provvedim enti che la Regione può ad o ttare nell’am bito
dei suoi poteri.
Noi chiediam o e vogliamo controllare com e sono spesi
i soldi p e r questo servizio.
Noi chiediam o, già da ora, come m ai i ragazzi ricovera­
ti al De Sanctis, che costano alla com unità 14.000 lire al
giorno, erano rinchiusi senza assistenza e senza lib ertà in
stanze dove spesso era m essa a repentaglio anche la loro in­
colum ità fisica. Chiediamo perchè i gabinetti erano intasati
e spargevano feci ed u rin e fino nei corridoi; chiediam o per­
ché i bam bini m angiavano carn e in scatola quando la re tta
giornaliera pensiam o p erm etta un trattam en to diverso.
Q ueste cose non possono venire accertate da chi visita
il S. Lazzaro guidato dagli 'ad d etti al traffico ”; in questo
modo il cittadino vede soltanto ciò che la direzione vuole
m ostrare.
Ma se qualcuno si perd e p e r la strada, in queste visite
guidate, ed accerta personalm ente le condizioni dei degenti
fuori della 'p ista ciclabile’, ecco allora scoprire gente lega­
ta da anni, persone obbligate a letto p e r m esi da frattu re
mai com poste o curate; cittadini rinchiusi perché dopo an­
56
ni e anni di lavoro, al servizio di padroni che mai hanno pa­
gato contributi si ritrovano nella m iseria, nella fame e con
la com pagnia della silicosi.
A. A. fu costretto dai nazisti, m itra puntato nella schie­
na, a seppellire i suoi compagni, precedentem ente fucilati.
Uno di questi era p ro p rio un suo amico, non era morto; A.
A. dovette seppellirlo vivo. Uno spaventoso senso di colpa
ha devastato la vita di quest’uomo, che venne rinchiuso al
S. Lazzaro.
Q uesta n o stra linda e organizzata società, condotta dai
potenti e m oralizzata dai benpensanti, ha come scopo lo
sfruttam ento dell'uom o p er p ro d u rre denaro o potenza: co­
me risultato, l'elim inazione del lavoratore che non regge il
ritm o di produzione, il cottim o, la catena di montaggio, il
lavoro pendolare, la disoccupazione, l'em igrazione e lo
sfruttam ento.
Queste persone, i lavoratori ed i loro figli, riem piono
gli istitu ti psichiatrici dove il sistem a compie il secondo,
grande delitto contro di loro. Poiché non servono più alla
società dei consumi, poiché sono uno specchio fastidioso
p er la coscienza del benpensante, vengono isolati e ridotti
al silenzio; vengono posti in condizione di non difendersi
(mezzi di contenzione, psicofarm aci) e di non tu rb are il son­
no dei colpevoli.
Questi nostri frate lli vantano un credito m olto pesante
verso la società, cioè verso tu tti noi. È p er questo che siam o
andati al S. Lazzaro e che ci tornerem o; perché ci sentiam o
responsabili, anche noi, e colpevoli nell’accettare una so­
cietà ingiusta senza lottare.
Ci accusano di fare della politica. V orremmo che la
stam pa che ci rivolge tale accusa, ci spiegasse anche com ’è
possibile cam biare radicalm ente questa società senza fare
della politica. Com’è possibile lavorare con sicurezza p er
vivere dignitosam ente senza andare contro gli interessi di
un sistem a che sprem e il lavoro del cittadino p er p ro d u rre
profitti m a non benessere e libertà, com ’è possibile avere
una casa propria, u n ’assistenza san itaria efficace, una pen­
sione dignitosa, u n a scuola che non sia una fabbrica di di­
soccupati, senza com battere politicam ente un sistem a che
queste riform e non h a ancora attu ato dopo 26 anni di pote­
re.
C. C., studente universitario, h a abbandonato deluso
57
gli studi perché lo portavano ad una professione già intasa­
ta da tanti disoccupati.
Dopo aver invano cercato lavoro, lo scoraggiam ento ed
il rim orso di pesare su ll’econom ia fam iliare corrodono
giorno p er giorno la sua volontà di vivere.
Il S. Lazzaro viene presentato come una cittadella o
am pia com unità fra ricoverati, medici, inferm ieri, persona­
le di servizio. Contestiam o in pieno questa afferm azione.
Non dubitiam o che esista anche il personale dedito con
abnegazione a questo difficile compito; m a anche la m iglior
buona volontà si perde in una s tru ttu ra com e quella del S.
Lazzaro, dove tu tto fa pensare alla repressione e alla vio­
lenza. La m entalità che è responsabile della sua condizione
um ana priva il ricoverato della fiducia e della dignità ne­
cessarie per rito rn are ad essere libero.
Il professor Benassi, d iretto re del S. Lazzaro, dice che
non ha certo nulla da nascondere. Noi contestiam o questa
affermazione.
Perché i parenti dei ricoverati, quando si recano in visi­
ta, devono attendere tanto tem po prim a di p o ter vedere i lo­
ro congiunti? Perché le delegazioni di cittadini che si reca­
no in visita sono bloccate, deviate su itin erari prestabiliti, o
a d d irittu ra non possono accedere ai rep arti e vengono re­
spinte a suon di denunce?
Non crediam o che le nostre visite siano di danno ai ri­
coverati.
D urante una visita al rep arto Morel, dove vengono rin­
chiuse le degenti più esasperate e agitate, una donna ha af­
frontato una visitatrice percuotendola e tentando di strap ­
parle la borsetta. È b astato che la visitatrice non perdesse
la calm a e le cedesse di buon grado l’oggetto della sua at­
tenzione per sm ontare ogni anim osità. La degente ha aper­
to la b orsetta, ha estratto un fazzoletto che ha usato, richiu­
dendo poi con cu ra la b o rsetta e restituendola con un gra­
zie. Ogni atteggiam ento aggressivo era scom parso lascian­
do il posto ad una m eravigliata soddisfazione, forse soltan­
to perché invece di una iniezione le si era d im o strata fidu­
cia.
Siam o stati abbracciati festosam ente dai ragazzi rico­
verati e siam o stati tratten u ti perché la n o stra visita era un
regalo prezioso per loro. Alcuni degenti piangevano di
commozione al vederci, e ci guardavano con una ricono­
scenza che ci riem piva l’anim o di rim orso p er tan ta inerzia
nei loro confronti. Con aria scandalizzata il 'R esto del Car­

58
lino’ del 21 aprile 1971 chiede Si m irerebbe a "sm antel­
lare” un'antica e illu stre istituzione psichiatrica come il S.
Lazzaro. A ddirittura! E dove andrebbero a finire i m illecin­
quecento ricoverati?’
Il problem a è d a rovesciare. Bisogna evitare i ricoveri
con una efficace azione di politica preventiva. D isperati e
ricoverati si finisce p e r cause ben individuabili e quindi
evitabili.
Non basta distruggere una prigione come quella del
manicomio: bisogna evitare che il sistem a violenti la libertà
degli individui fino a condurli al ricovero. Dobbiamo lotta­
re p er una società organizzata in modo da garantire al citta­
dino i suoi diritti, p er u n a politica di radicali riform e che
migliorino la vita dei lavoratori. In questo modo tu tti i m a­
nicomi com preso il S. Lazzaro si esauriranno da soli.
Lo scopo del com itato, che è espressione della volontà
popolare, è quello di denunciare la situazione m ostruosa
dei manicom i e di prom uovere una m obilitazione continua
fino alla scom parsa di questi istituti.

59
Jervis e il PCI contro le calate

Contem poraneam ente alle visite popolari al S. Lazzaro


e al lavoro specifico p er evitare gli internam enti psichiatri­
ci il gruppo del Centro di Igiene M entale di Castelnuovo n e’
Monti, in collegam ento con gli altri Centri di Igiene M enta­
le della provincia di Reggio, e in rap p o rto con i gruppi della
Medicina del Lavoro, aveva stabilito incontri culturali e di­
b attiti politici con i sindacati, i consigli di fabbrica, e con
tutte le altre organizzazioni operaie, in particolare quelle
collegate col P artito Comunista.
Si discutevano attentam ente i possibili rapporti p arti­
colari tra le condizioni di vita e di lavoro in fabbrica e gli
eventuali rischi per i lavoratori di divenire clienti degli psi­
chiatri o ospiti del manicomio.
Si era arrivati così in una riunione a Casina a un pro­
getto di visita al S. Lazzaro concertato insieme tra cittadini
della m ontagna e operai delle fabbriche m etalm eccaniche
di Reggio.
Intanto Jervis, che nel frattem po aveva preso contatti
col direttore del S. Lazzaro Piero Benassi, e con b urocrati
del P artito Com unista che vedevano con ostilità il movi­
m ento dei lavoratori contro il manicomio, stava cercando
le forze necessarie p er ferm are tu tto e p er liquidarm i.
Infatti in breve tem po fummo allontanati dal lavoro di
Reggio sia io che la dottoressa Eugenia Omodei Zorini, con
il pretesto di un concorso che noi avevamo contestato come
inutile.
61
A proposito della vivace battaglia cu ltu rale contro il
manicom io e in critica della psichiatria anche gli operai co­
me i contadini della m ontagna avevano espresso in varie oc­
casioni con discussioni e docum enti il loro p arere e la loro
posizione politica.
Riporto qui come esempio:

«ORDINE DEL GIORNO DEL CONSIGLIO DI FABBRICA


DELLA BERTOLINI

I lavoratori della Bertolini, m entre esprim ono la piena


solidarietà con i 17 denunciati per la visita all’Istitu to neu­
ropsichiatrico S. Lazzaro, riconferm ano la loro volontà di
lotta non solo all’interno della fabbrica m a anche contro
tu tte quelle istituzioni au to ritarie e repressive che perpe­
tuano e intensificano a livello sociale lo sfru ttam en to psico­
fisico e il processo di alienazione a cui i lavoratori sono sot­
toposti nei luoghi di produzione.
Esem pio tipico sono le istitùzioni m anicom iali, che si
presentano come sacche di contenim ento come luoghi di
em arginazione sociale dei "d isad attati”, di tu tti coloro cioè
che non hanno potuto adeguarsi ai ritm i di sfruttam ento fi­
sico e psichico im posti dal sistem a capitalistico, e che quin­
di vengono considerati come "forza-lavoro im produttiva”,
come individui "in u tili” e "pericolosi” p er la società.
Al di là di tu tte le m istificazioni della scienza borghese,
che si rivela sem pre più chiaram ente come co p ertu ra delle
contraddizioni e dei delitti del capitalism o, i lavoratori
hanno capito che il problem a della salute non è tecnico ma
politico, perché investe direttam ente l’organizzazione del
lavoro nella n o stra società.
I contatti con i dipendenti e con gli ospiti del S. Lazzaro
sono serviti a riconferm are che la totalità dei ricoveri ha
u n ’origine econom ica e sociale, e che i più colpiti sono i ceti
deprivilegiati, e cioè gli operai, i contadini e il sottoproleta­
riato.
Q uesto vuol dire che la Riform a S anitaria non deve li­
m itarsi al perfezionam ento degli strum enti terapeutici e al­
la m oltiplicazione delle stru ttu re assistenziali, m a deve ten­
dere all’elim inazione delle cause della m alattia fisica e del­
la esasperazione psichica. Nei "d isad attati”, negli em argi­
nati, nei vecchi degli ospizi, i lavoratori vedono se stessi o

62
meglio il loro futuro, degli individui cioè che, dopo essere
stati sprem uti fino all’estrem o limite della tollerabilità,
vengono rifiutati da un sistem a economico e sociale che ac­
cetta solo chi è in grado di p rodurre secondo le esigenze del
capitale e di adeguarsi ai modelli di vita "civile” che gli
vengono imposti. Di conseguenza vedono nelle varie istitu ­
zioni "assistenziali” dei luoghi custodialistici che, proprio
per le loro caratteristich e e per la loro collocazione sociale,
condannano alla m orte civile chi non ha potuto reggere allo
stillicidio quotidiano dello sfruttam ento.
La stessa lotta condotta in questi giorni dagli operai
della Bertolini si muove nella consapevolezza che è oggi ne­
cessario portare l’attacco all’organizzazione capitalistica
del lavoro, pilastro e cuore del sistema.
La lotta contro l’uso padronale delle qualifiche è lo tta
contro le gerarchie del capitalism o. La lotta 'sulle qualifi­
che è lotta contro una organizzazione del lavoro alienante.
Per questo i lavoratori della Bertolini, m entre rivendicano
a sé il controllo e la gestione della p ro p ria salute nella fab­
brica, come mom ento preventivo della m alattia fisica e del
m alessere psicologico, riconferm ano la loro volontà di
estendere e di im porre tale controllo a tu tti i ghetti assi­
stenziali, dagli ospedali psichiatrici alle case di riposo ed
altre simili istituzioni che la società capitalistica utilizza
come copertura ’scientifica’ degli effetti alienanti del suo
sistem a di vita e di lavoro, e per g aran tire la sua sopravvi­
venza»26.

Lo stesso Jervis, che in quel periodo aveva fatto con al­


cuni collaboratori del Centro di Igiene M entale un viaggio
in Cina, mi aveva detto, nonostante la divergenza di idee
che c ’era tra di noi, che i miei concetti di una riap p ro p ria­
zione del controllo della salute da parte dei lavoratori e ra ­
no simili a quelli dei "m edici scalzi” dei villaggi cinesi; e
che le mie critiche ai concetti di m alattia m entale rico rd a­
vano "le contraddizioni in seno al popolo” di cui si parlava
nelle com uni ai tem pi della rivoluzione culturale.
E una testim onianza simile sulle vicende cinesi fu rac­
colta da me e da Piero Colacicchi ad Alassio in una conver­
sazione con Carlo Levi.
Lo scrittore ci raccontava come aveva assistito in Cina
a interventi collettivi p er la risoluzione di difficili problem i
legati al m antenim ento della salute e della integrità dei sin-
63
goli individui.
Analisi simili si trovano anche nel libro di au to ri vari:
"M edicina preventiva e sociale nelle città e nelle cam pagne
vietnam ite” pubblicato nel 1972 dall’editore B ertani e tr a t­
to dalla rivista di Hanoi "E tudes V ietnam iennes” nei suoi
num eri dal ’65 al '72.
C’è da dire che il m ovimento dei lavoratori reggiani di
quegli anni (’70, ’71, ’72) che è stato forse l’unico movimen­
to popolare che si è mosso contro le istituzioni m anicom ia­
li, poneva vari problem i com plessi di cara ttere politico27.
All’inizio vi avevano p artecipato con entusiasm o diver­
si personaggi del P artito C om unista come ad esempio il Se­
natore Lusoli, i Sindaci Bom bardi, B attistessa e Vaicavi, il
vice segretario della federazione reggiana B ernardi e altri.
Dopo, via via m olti dei personaggi di potere si erano ri­
tirati.
Si poneva la contraddizione tra una sin istra intesa in
senso libertario e dem ocratico e una sin istra intesa in sen­
so burocratico e autoritario.
La seconda finiva p er convergere con le preoccupazio­
ni e con le idee espresse dal d iretto re dell’Istitu to Psichia­
trico S. Lazzaro professor Piero Benassi in diversi docu­
m enti d iretti alla P rocura della R epubblica p er denunciare
il movimento.
T ra questi mi sem bra utile riportare, p er precisa cono­
scenza dei lettori, la "R elazione” da lui inviata, in data 5
m arzo 1971, al P ro cu rato re della R epubblica di Reggio
Emilia "In m erito al num ero e svolgimento delle visite ef­
fettuate a questi Istitu ti da p arte di delegazioni di abitanti
di diversi com uni della Provincia di Reggio E m ilia”.

«Facendo seguito alla precedente m ia del 3.3.71 Prot.


n° 1 - 1673/1 con la quale trasm ettevo alla S. V. per cono­
scenza, copia della lettera inviata alla Presidenza di questi
Istituti, in m erito all’avvenuta ’visita’ presso questo ospe­
dale da p arte di abitanti del Comune di Castelnuovomonti,
inform o la S. V. che precedentem ente a quella avvenuta il 3
c.m. e sopra citata, altre simili visite presso questi Istituti
sono state effettuate nelle seguenti date:
- 26.XI.1970 - Visita di un gruppo di ab itan ti del Comu­
ne di Ramiseto.
- 11 .XII. 1970 - Visita di un gruppo di ab itan ti del Comu­
ne di Carpineti

64
- 30.1.1971 - V isita di un gruppo di abitanti del Comune
di M ontecchio
Tali iniziative p artite dall’intento di venire a visitare
degenti originari dei rispettivi Comuni debordavano dagli
addotti criteri originari, m a non davano luogo a inconve­
nienti di rilievo. Ciò p er il num ero non eccessivo dei visita­
to ri e per l’attento controllo che è stato possibile effettuare
sugli stessi nonostante tentativi di scattare fotografie e a t­
teggiam enti di cu rio sità m orbosa alla vista dei m alati m e­
nali.
In m erito a tali visite è pervenuta a questa Direzione
S anitaria una unica p ro testa ufficiale da p arte di un infer­
m iere di questi Istitu ti, a nome (...) originario di Ramiseto,
in m erito alla visita effettu ata a sua insaputa e senza il suo
consenso nei confronti della sorella (...) da anni degente
presso questo ospedale.
Il (...) ha p eraltro dichiarato che non intendeva prom uo­
vere azione legale verso i visitatori e che si riteneva soddi­
sfatto delle assicurazioni fornitegli da questa Direzione Sa­
nitaria.
Prem e com unque allo scrivente sottolineare che in oc­
casione delle visite delle delegazioni degli abitanti dei Co­
m uni di Ram iseto e C arpineti, il gruppo composito era ac­
com pagnato da un unico laureato in m edicina (non è noto
se sia in possesso di specializzazione in psichiatria) dipen­
dente dal Servizio P sichiatrico Provinciale di Reggio Emi­
lia a nome Giorgio Antonucci.
Tale unico medico, responsabile sanitario del gruppo,
sia in occasione delle due visite o ra richiam ate che soprat­
tu tto in quella effettu ata il giorno 3 m arzo (della quale è
stato dato ragguaglio alla S. V. con la n o ta del 3.3.71 Prot.
n° 1 - 1673/1) ha m anifestato chiaram ente un com portam en­
to di grave turbativ a in quanto arringava e aizzava m alati e
m alate contro l’Istituzione, im partiva consigli ed esprim e­
va arrogantem ente p areri sulle m odalità tecniche di com­
portam ento e di assistenza ai m alati rivolgendosi ad infer­
m ieri ed a medici e svolgeva u n ’opera chiaram ente denigra­
to ria e diffam atoria nei confronti dell’ospedale che in quel
mom ento lo ospitava.
Si ritiene doveroso segnalare che su tale medico è già
stato inviato alla S. V. un esposto dal sottoscritto in data
19.1.1971 — Prot. n° 1 — 648/12.»28.

65
Forse ha ragione "Die R attin ”, il ratto fem m ina di Gün­
ter G rass, quando dice rivolgendosi all’uomo: 'Fine, è fini­
to, voi non esistete più, ap p arten ete al passato, vi si ricorda
come delle chim ere, avete finito di cacare una volta per
sem pre’.
Quando, duran te le visite di cui il prof. Benassi si la­
m enta col P rocu rato re della Repubblica, alcuni gruppi di
persone entrarono nei rep arti dei bam bini, ci fu un momen­
to di grave tensione, che poteva anche risolversi in vie di
fatto.
I m edici e gli inferm ieri del S. Lazzaro vissero mom enti
di paura.
In pratica* la gente diceva:

"Avreste potuto anche con­


vincerci forse che gli adulti
qui rinchiusi sono pericolosi,
ma perché i bambini di
quattro/dieci anni legati alle
seggiole?”

66
R icordo che la do tto ressa Letizia Jervis Comba e il dot­
to r Stefano M istura si erano prodigati senza risu ltato per
ferm are la gente, che poi aveva cam biato atteggiam ento,
passando dal furo re alla discussione, solo in seguito al mio
intervento.
La Letizia Comba mi disse: "Tu sei un capo carism ati­
co" e il d o tto r Stefano M istura andava dicendo: "Q uesta è
roba da garibaldini!”.
È chiaro che l’intervento d iretto dei cittadini in difesa
dei p ro p ri interessi vitali non piaceva nem m eno agli psi­
chiatri dem ocratici. Infatti, a mio parere, il problem a non è
certo di p assare da un tipo all’altro di psichiatri, m a di ini­
ziare una cu ltu ra in cui le idee e le discipline repressive, di
cui la psichiatria è nella n o stra epoca un cardine fonda-
m entale, siano, come direbbe Hegel, "attrav ersate dalla fu­
ria del dileguare”.
La sto ria del trattam en to dei bam bini in rap p o rto alla
ipocrisia m oralistica (o alla m oralità dei costum i) nell’inte­
ro arco della civiltà borghese daH’'Ospedale degli Innocen­
ti’ del B runelleschi ai n ostri giorni richiederebbe uno stu ­
dio p artico lare e dettagliato.
Il m anicom io, accanto all’orfanotrofio e al collegio, è
uno dei principali recipienti di raccolta. La m oralità della
gente perbene richiede da noi che una p arte dell’infanzia
sia tra tta ta come immondizia.

N ell’o pera "La genealogia della m o rale”, Federico


Nietzsche si propone di d im o strare anche con ricerche filo­
logiche ed etim ologiche che i concetti di 'buono' e 'cattivo’
come gli a ltri giudizi legati alla m oralità dei costum i sono
im posti p e r così dire d all’alto, cioè sono m odelli di cui le
classi dom inanti si servono p e r soggiogare e controllare le
classi subalterne.
Così appunto i concetti di saggio o di folle, di norm ale o
anorm ale, di sano o m alato di mente, sono u sati secondo i
propri interessi e le p ro p rie opp o rtu n ità da quelli che sono
delegati a m antenere stabile l’ordine costituito.
Così gli psichiatri consulenti del T ribunale d ’Israele al
processo di Eichm ann, esecutore di ordini del governo, lo
considerarono colpevole e sano di mente; m entre gli specia­
listi statu n iten si giudicarono p iù volte m alato di m ente il
pilota am ericano di H iroshim a, H eatherly, critico nei ri­
guardi del governo.
N aturalm ente la psichiatria, specie negli ultim i anni,
68
ha elaborato atten tam en te una serie di teorie sem pre più
num erose anche sui bam bini come oggetto di studio clinico
di m alattie m entali.
Dal patrim onio cromosom ico, al concepimento, alla vi­
ta fetale all’em brione, alla nascita, ai prim i giorni di vita,
alle prim e com unicazioni fonetiche, tu tto è stato messo sot­
to processo per tro v are l’identificazione delle ipotetiche
origini della cosidetta schizofrenia infantile.
In questo sforzo M aleta J. B oatm an e S. A. Szurek29 cre­
dono di poter dire, tra l’altro, che ' gli au to ri nel loro lavoro
psicoterapeutico am bulatoriale svolto con famiglie di bam ­
bini nevrotici e con im pulsi aggressivi, furono colpiti dal
fatto che non trovarono alcun bam bino disturbato, i cui ge­
nitori non fossero an ch ’essi in conflitto tra loro’.
Certo noi non siam o qui p er co n traddire la banalità di
questa afferm azione, anche se ci prem e sottolineare la ge­
nericità, l’im proprietà, e la sostanziale m ancanza di signifi­
cato di concetti come ’nevrotico’ ’aggressività’ ’d istu rb a to ’.
Il fatto è che una educazione a u to ritaria fondata sul ri­
catto, la paura, le am biguità, e l’ignoranza (si consideri ad
esempio l’intero problem a della sessualità), non ci pare cer­
tam ente la m igliore p er trasform are dei bam bini in adulti
sicuri di sé e contenti di vivere.
N onostante tu tto però, negli ultim i anni, tanto in Italia
che all’estero, m entre la timidezza critica degli antipsichia­
tri si traduce sem pre di più in conform ism o, il potere e la
cu ltu ra degli psichiatri si consolidano.
Su questa linea scrive ’’The New York Times” in una
larga inchiesta condotta in più p u n tate nel marzo del 1986
riportando le più diverse afferm azioni ed esperienze di fa­
mosi intellettuali e specialisti:
’In a m ajority of countries surveyed, schizophrenia ap ­
pears to be disproportionately high in the poorer classes.
B ut it is not known w hether the disease actually strikes the
poor in greater num bers, or w hether the afficted poor are
m ore visible o r m ore often diagnosed w ith w hat may be a
stigm atizing label. And schizophrenia often so disables its
victim s th at they are unable to earn a living’30.

69
L’u so della psichiatria per le persecuzioni

Venendo ora a p arla re dell’argom ento attualm ente co­


sì d ib attu to e popolare dell’uso delle idee psichiatriche p er
la persecuzione e l’internam ento di dissidenti intellettuali
o di avversari politici, si deve dire che noi in Italia ne abbia­
mo u na vecchia esperienza.
Da Passanante a Bresci fino ai n o stri giorni gli psichia­
tri italiani non sono rim asti indietro a nessuno in questo
singolare capitolo della repressione politica.
Ultima nel tem po la vicenda recente di Carlo Sabattini.
Quando Gaetano Bresci, il 29 luglio del 1900, uccise il
Re Um berto I vi fu sui giornali e sulle riviste un vivace di­
b attito sul problem a della norm alità o anorm alità del m ili­
tante anarchico responsabile del regicidio.
Però nessuno m ise in discussione le facoltà m entali del
generale Bava B eccaris che nel 1898 a Milano aveva sp ara­
to coi cannoni sulla folla affam ata.
Negli avvenim enti sem pre più tum ultuosi del nuovo se­
colo la p sichiatria è sem pre più utile.
Scrive E rnst Toller in "Oplà, noi viviamo!” — dram m a
in cinque atti e u n prologo, am bientato in In g h ilterra
all’epoca del m ovim ento L uddita — nell’intermezzo film ato
dopo il prologo:

71
« D ietro la scena:

Coro (fluendo e rifluendo ritm icam ente)


Buon anno! Buon anno!
Edizione straordinaria! Edizione straordinaria!
Novità sensazionale!
Edizione straordinaria! Edizione straordinaria!
Novità sensazionale!

Sullo schermo:

Scene degli anni 1919-27 (infram m ezzate dalla visione di


Karl Thomas che, in cam ice ospitaliero, cam m ina su e
giù in una cella di manicomio)

1919: Patto di Versailles.


1920: Torbidi alla borsa di New York. Uomini che
impazziscono.
1921: Il fascism o in Italia.
1922: Fame a Vienna. Uomini che impazziscono.
1923: Inflazione in Germania. Uomini che impazzi­
scono.
1924: M orte di Lenin in Russia. N ecrologia su un
giornale: "S tan o tte è sp irata la signora Tho­
mas...”
1925: Gandhi in India.
1926: C om battim enti in Cina. Conferenze di statisti
europei in Europa.
1927: Q uadrante di un orologio. Le lancette avanza­
no: prim a adagio... poi sem pre p iù presto...

Rum ori di orologi. yy

E subito, nella prim a scena del prim o atto, E rnst Tol-


ler, scritto re dissidente e m ilitante rivoluzionario, tratto su
tratto , affronta la questione di cui ci occupiam o con lum i­
nosa chiarezza:
« SCENA PRIMA

Ufficio di un manicomio.

72
Davanti a un arm adio, un inferm iere. Presso la finestra
con inferriata il professor Ludin.
INFERMIERE — Un paio di calzoni grigi. Un paio di calze­
ro tti di lana. B iancheria non ne aveva?
KARL — Non so.
INFERMIERE — Già... Un gilè nero. Una giacchetta nera.
Un paio di calzini. Niente cappello.
PROFESSOR LUDIN — E denaro?
INFERMIERE — Niente, professore.
PROFESSOR LUDIN — Parenti?
KARL — Ho avuto ieri la notizia che m ia m adre è m o rta tre
anni fa.
PROFESSOR LUDIN — Non sarà facile, per lei. Oggi la vita
è dura. Bisogna lavorare di gomiti. Mai disperare. Dar
tem po al tempo.
INFERMIERE — Dimesso 1*8 maggio 1927.
KARL — NO!
PROFESSOR LUDIN — Ma sì, m a sì.
KARL — 1927?
PROFESSOR LUDIN — Eh già, otto annetti in pensione da
noi. Vestito, n u trito , assistito. Non le è m ancato nulla.
Pensi: lei è stato un caso clinico interessante.
KARL — Come se tu tto si fosse cancellato... Eppure... Q ual­
cosa ricordo...
PROFESSOR LUDIN — Che cosa?
KARL — Mi trovavo al m argine di un bosco. Alberi che svet­
tavano bruni sul cielo, come punte di frecce. Faggi. Il
bosco era tu tto uno sfavillio verde, con migliaia di pic­
coli soli. Una delizia. Io volevo entrarvi, mi struggevo
dal desiderio; m a non ci riuscivo. I tronchi si arcuava­
no ostili verso l’esterno e mi respingevano indietro co­
me una palla di gomma.
PROFESSOR LUDIN — Alt! Come una palla di gomma! As­
sociazione interessante. Mi ascolti, tanto orm ai i suoi
nervi sono in grado di sopportare la verità. La foresta è
la cella d ’isolam ento. I tronchi sono i m uri di gomma di
prim a qualità. Si, ricordo, una volta l’anno diventava
furioso e si doveva isolarla. Sem pre lo stesso giorno.
Un vero reco rd clinico.
KARL — Che giorno?
PROFESSOR LUDIN — Il giorno che... bè, lo sa anche lei.
KARL — Il giorno che mi graziarono...
PROFESSOR LUDIN — Ricorda tutto, dunque?

73
KARL — Si.
PROFESSOR LUDIN — Anche sotto questo aspetto l’abbia­
mo cu ra ta qui.
KARL — A spettare la m orte p er dei m inuti... Ma p er dieci
giorni! Dieci volte v en tiq u attr’ore. Ogni o ra sessanta
m inuti. Ogni m inuto sessanta secondi. Ogni secondo un
colpo m ortale.
M illequattrocentoquaranta volte ricevere la m orte
ogni giorno! E le notti!... Ho odiato la grazia, ho odiato
il presidente! Solo un m ascalzone poteva agire così...
PROFESSOR LUDIN — Piano, piano. Lei ha tu tte le ragioni
di essergli riconoscente... Qui non facciam o caso alle
parole forti, ma fuori... si sarebbe già guadagnato un
altro anno di carcere p er offese al capo dello stato. Sia
prudente. Dovrebbe averne abbastanza, mi pare.
KARL — È logico che lei parli così, dato che è dalla parte
dei padroni.
PROFESSOR LUDIN — Chiudiamo questa conversazione.
Non è il caso che lei si ab b atta perché è stato in m ani­
comio. In realtà, la m aggior parte degli uom ini non m e­
riterebbero altro. A visitarne mille, novecentonovanta-
nove dovrei tratten e rli qua dentro.
KARL — E perché non lo fa?
PROFESSOR LUDIN — Non è nell’interesse dello stato. Un
granello di pazzia rende gli uomini buoni padri di fam i­
glia. Due granelli li rendono sociali... Non faccia scioc­
chezze: glielo dico per il suo bene. Vada a trovare qual­
che suo amico.
KARL — Chi sa dove sono andati a finire...
PROFESSOR LUDIN — Non eravate in m olti in quella cel­
la?
KARL — Cinque. Soltanto uno non è stato graziato. Si chia­
m ava W ilhelm Kilman.
PROFESSOR LUDIN — Quello non è stato graziato? Ah ah
ah! Quello è andato in gran carriera! Più furbo di lei, è
stato.
KARL — Non capisco.
PROFESSOR LUDIN — Oh, capirà. Vada a trovarlo. Lui po­
trebbe aiutarla. Purché voglia aiutarla, purché voglia
conoscerla.
KARL — È ancora vivo?
PROFESSOR LUDIN — Avrà di che trasecolare. Per lei sarà
il vero toccasana. Io l’ho g uarita clinicam ente; quello
la cu rerà delle sue ubbie ideali. Vada al m inistero
74
dell’interno e chieda del signor Kilman. E buon viag­
gio.
KARL — Buon giorno, professore. Buon giorno, inferm iere.
Oh, che profum o di lillà si sente qui... Ah già, è prim a­
vera... Fuori della finestra ci sono dei faggi, si?... Non
un m uro di gomma...
(esce).
PROFESSOR LUDIN — B ru tta razza. »

Buio.

IL professor Ludin tocca l’essenza del problem a quan­


do dice a Karl: ’Sia prudente. Dovrebbe averne abbastanza,
mi p a re ’.
Dunque in p ratica l'essenza della saggezza è la capacità
di non com prom ettersi col potere, vale a dire essere il più
possibile sottom essi.
Infatti K arl risponde: ’È logico che lei parli così, dato
che è dalla parte dei p ad ro n i’.
D’altra parte risu lta con grandissim a chiarezza che il
problem a dello p sich iatra Ludin non è certo quello della
pazzia, che non è altro che un semplice pretesto per potere
con efficacia m antenere stabile il potere dello stato: ’Un
granello di pazzia rende gli uomini buoni padri di famiglia.
Due granelli li rendono sociali...’
Invece il rivoluzionario è subito definito in breve 'b ru t­
ta razza’. Quello che Toller, uno dei protagonisti durante la
breve esistenza della repubblica bavarese dei consigli del
1919, probabilm ente non poteva im m aginare è che i segua­
ci di Lenin, costru ito dopo la rivoluzione un nuovo potere
gerarchico, avrebbero perfezionato le idee di Bleuler inven­
tando la schizofrenia torpida, cioè sonnolenta, ovvero che
dorme sotto e che non si vede. Così si sono assicurati la pos­
sibilità di internare rapidam ente chiunque, indipendente­
m ente da qualsiasi giudizio psicologico.
Forse aveva ragione Bakunin, che, fino dai tempi della
prim a internazionale, diffidava del socialismo autoritario.
Scrivono la D ottoressa Pecem ikova e il dottor Kosa-
cev, specialisti dell’Istitu to Serbskij: 'Nella maggior p arte
dei casi, le idee di lo tta p er la verità e la giustizia com paio­
no in personalità a s tru ttu ra p a r a n o i c a .
Poiché, in senso etimologico, paranoico vuol dire dis­
sennato, noi dobbiam o dedurne che le persone di senno, a
75
detta di questi illustri specialisti sovietici, sono affezionate
alla menzogna e alle ingiustizie, il che forse per loro vuol
dire anche buoni cittadini dello stato.
C’è da pensare che o ra un individuo com e Gesù Cristo
si sarebbe beccato, invece della croce, strum ento contro gli
schiavi in rivolta, l’intervento della scienza psichiatrica,
strum ento contro i pazzi pericolosi.
Quello che secondo me è singolare però, nella questio­
ne dei dissidenti internati in manicomio, non è tan to il pen­
siero degli psichiatri, prevedibile e scontato, quanto l’inge­
nuità delle vittim e, spesso persone di notevole livello cu ltu ­
rale, che, p u r protestando giustam ente per la condizione
che le riguarda, non m ettono m ai in discussione il significa­
to della psichiatria nel suo insieme.
Comunque, per dare al lettore tu tte le possibilità di ri­
flettere attentam ente e dettagliatam ente sulla questione,
riporto, in parallelo con il b ran o di Toller di cui ci siamo oc­
cupati o r ora, la "Conversazione con uno p sich iatra” del
m arzo 1974 di Evgenij Nikolaev:

DMITRIEVSKIJ — Quali sono i motivi del suo ricovero?


NIKOLAEV — Non lo so. Non ho mai fatto del m ale a nes­
suno. Gli psichiatri hanno disposto il mio ricovero in
modo tale che per me è stato come un fulm ine a ciel se­
reno. Non ne conosco il motivo.
DMITRIEVSKIJ — Non potrebbe essere successo in segui­
to alle sue critiche?
NIKOLAEV — Quali critiche?
DMITRIEVSKIJ — C ritiche alla n ostra società, p er esem ­
pio.
NIKOLAEV — Non lo so. In organizzazioni ufficiali, non ho
mai fatto delle critiche.
DMITRIEVSKIJ — E in quelle non ufficiali?
NIKOLAEV — Non conosco organizzazioni che non siano
quelle ufficiali.
DMITRIEVSKIJ — Per quale motivo lei è stato ricoverato
nel 1970?
NIKOLAEV — Non lo so. Anche quella volta p er il ricovero
si sono com portati in m an iera identica. Lei certam ente
è più inform ato di me su di esso.
DMITRIEVSKIJ — Ma insom m a, queste sue testard e opi­
nioni si erano già m anifestate m olto tem po prim a,
quando lei aveva diciannove anni.

76
NIKOLAEV — Le mie opinioni, con la psichiatria non han­
no niente a che vedere. E le opinioni sbagliate non sono
sem pre un sintom o di m alattia. Per esempio, u n ’opinio­
ne sbagliata può derivare da una carenza di inform a­
zioni.
DMITRIEVSKIJ — Io ho saputo che lei è stato espulso dal
Komsomol.
NIKOLAEV — Non sono stato espulso. Mi sono ritirato io.
DMITRIEVSKIJ — Perché si è ritirato ? L’ha fatto per le sue
opinioni ?
NIKOLAEV — Q uesto non c ’en tra niente con la psichiatria.
DMITRIEVSKIJ — No, è vero. Però, questa è la q u arta vol­
ta che lei viene ricoverato in un ospedale psichiatrico.
Insomma, non tu tti quelli che si ritiran o dal Komsomol
vengono m andati in manicomio.
NIKOLAEV — Ho lasciato il Komsomol diciotto anni fa. È
una storia vecchia.
DMITRIEVSKIJ — Certo. Non è che voglia darle u n ’im por­
tanza speciale. Q ual’è la sua professione?
NIKOLAEV — Biologo.
DMITRIEVSKIJ — Conosce lingue straniere?
NIKOLAEV — Si.
DMITRIEVSKIJ — Molte?
NIKOLAEV — Qualcuna.
DMITRIEVSKIJ — Dove ha lavorato?
NIKOLAEV — Per q u attro anni ho lavorato all’Istituto ge­
nerale di inform azione tecnica e scientifica, poi un an­
no all’Istituto di disinfezione.
DMITRIEVSKIJ — Perché ha avuto co n trasti con i colleghi
di lavoro?
NIKOLAEV — Non ho mai avuto contrasti con i miei colle­
ghi.
DMITRIEVSKIJ — Che cos’altro ha studiato oltre la biolo­
gia e le lingue?
NIKOLAEV — T utto quanto mi poteva interessare.
DMITRIEVSKIJ — Lei si interessa di filosofia? Di problem i
politici e giuridici?
NIKOLAEV — No. N aturalm ente, ho studiato queste cose
all’università, m a dopo di allora non me ne sono più oc­
cupato.
DMITRIEVSKIJ — E p er la filosofia, non ha avuto nessun
particolare interesse?
NIKOLAEV — No.
DMITRIEVSKIJ — Quali sono le sue opinioni sulla nostra
77
società?
NIKOLAEV — Se lei vuole p arlare della n o stra società, fa­
rebbe meglio a interpellare persone più com petenti di
me. Le ho già detto che, dopo avere superato all’univer­
sità gli esam i di argom ento politico, non ho più aperto
quei libri. Le mie critiche potrebbero non avere alcun
valore.
DMITRIEVSKIJ — Non mi interessa quanto lei ha im para­
to nei corsi universitari. Quello che mi in teressa sono
quelle sue opinioni. Al medico che l’ha m andato in
ospedale era stato riferito p er telefono che lei ha idee
sbagliate sulla n o stra società.
NIKOLAEV — Q ualunque sia la mia opinione, non ha nien­
te a che vedere con la psichiatria.
DMITRIEVSKIJ — Se così fosse, lei ora non sarebbe qui. Se
le sue idee sulla società non costituissero un pericolo
sociale, non sarebbe stato ricoverato in ospedale... È
vero o no che lei è stato già prim a in ospedali psichia­
trici, per tre volte e p er lunghi periodi?
NIKOLAEV — È vero.
DMITRIEVSKIJ — E allora sa come funziona la nostra
m acchina di governo. Siam o tu tti sottoposti a determ i­
nati organism i e quando ne riceviam o istruzioni siamo
obbligati a seguirle.
NIKOLAEV — Ed è per questo che dim ostra tan to interesse
alle opinioni che ho io sulla società?
DMITRIEVSKIJ — Si. Ma lei ha messo come un m uro tra di
noi. E mi creda, questo non le conviene. Q uanto più si
o stina a non rispondere alle nostre dom ande, tanto più
a lungo resterà in ospedale. Io le faccio queste dom an­
de p e r il suo bene. Si sa rà certam ente accorto che non
prendo appunti.
NIKOLAEV — Nemmeno io prendo appunti.
DMITRIEVSKIJ — Per di più, lei può essere classificato co­
me individuo socialm ente pericoloso. In tal caso, p ri­
ma di qualche anniversario dello stato sovietico, come
m isu ra preventiva verrebbe chiuso in un ospedale psi­
chiatrico, che le piaccia o no.
NIKOLAEV — So che qui c ’è questa usanza.
DMITRIEVSKIJ — E si ricordi che lei non è una persona fa­
m osa come Solzenicyn. Se lui è stato espulso perché
aveva certe opinioni e faceva certe critiche, lei, per le
sue opinioni e le sue critiche, sarà soltanto ricoverato
in ospedale psichiatrico.
78
NIKOLAEV — E senza scopo, perché le mie opinioni non
rappresentano un pericolo sociale. Q uanto a coloro che
non sono d ’accordo con le mie idee e fanno telefonate
in clinica per parlarne, dico solo che hanno tendenza a
esagerare — probabilm ente perché è gente piena di
paure. È vero che io non sono famoso come Solzenicyn,
tu ttav ia il mio nom e è abbastanza noto a chi studia lin­
gue straniere. E ogni volta che vengo ricoverato in
ospedale, ciò può avere soltanto un effetto negativo,
dato che non posso dare la m ia cu ltu ra e la m ia espe­
rienza a quella società p e r la cui sicurezza lei si preoc­
cupa tanto.
DMITRIEVSKIJ — Mi dica, dove ha fatto le sue critiche
sbagliate al n o stro sistem a sociale?
NIKOLAEV — Credo che lei farebbe meglio a chiederlo a
quelli che hanno telefonato alla clinica.
DMITRIEVSKIJ — Può darsi. Ma mi piacerebbe di più ri­
farm i alla fonte originale.
NIKOLAEV — In tal caso, la fonte originale è la persona
che mi ha denunziato. Non so chi sia, e non posso nem ­
meno fare delle congetture perché non ho mai fatto
nessuna critica sleale.
DMITRIEVSKIJ — Ma lei è qui. Dunque, quelle critiche al­
la n o stra società le ha fatte, e quelle critiche rap p re­
sentano un pericolo sociale.
NIKOLAEV — Lei si sbaglia. Mi dica u n a cosa: in rep arto è
stata fatta qualche lam entela nei miei riguardi?
DMITRIEVSKIJ — No, non c’è stata nessuna lagnanza da
p arte del personale. La sua condotta è stata irrep ren si­
bile.
NIKOLAEV — Ora, se davvero fossi socialm ente pericolo­
so, la m ia condotta non avrebbe potuto essere irrep ren ­
sibile.
DMITRIEVSKIJ — Non è la sua condotta ad essere social­
m ente pericolosa, m a le sue opinioni.
NIKOLAEV — Non credo. Qualunque sia il mio atteggia­
m ento nei confronti di questa società, non per questo
essa cam bia. Se la condanno, non peggiorerà, e se l’ap­
provo, non diventerà perciò migliore. Quello che dico
io, non può cam biarla in meglio, e neanche in peggio.
Perciò le mie idee non possono essere pericolose p er la
società.
DMITRIEVSKIJ — E lei che cosa preferisce fare: approva­
re la nostra società o condannarla?
79
NIKOLAEV — Preferisco rib ad ire il principio che la cosa
non m i riguarda.
DMITRIEVSKIJ — Anche questo atteggiam ento nei rig u ar­
di della società rap p resen ta un pericolo sociale. Se lei
continuerà a seguire tale principio, sarà sem pre ricove­
rato in ospedali psichiatrici.
NIKOLAEV — Lo so. Ne ho avuto la prova. Q uanto tem po
avete ancora intenzione di tenerm i in ospedale?
DMITRIEVSKIJ — Non glielo posso dire. T utto dipende da
lei. Non se la caverà con u n mese soltanto.
NIKOLAEV — Sono qui d a tre settim ane.
DMITRIEVSKIJ — S arà dim esso da una com m issione me­
dica appositam ente convocata. Se lei davanti alla com­
m issione continuerà ad eludere tu tte le dom ande, non
to rn e rà a suo vantaggio.
NIKOLAEV — Q uanto mi è successo in p assato mi h a con­
vinto del contrario. Un m edico dell’ospedale psichiatri-
co n° 15, dopo che ho p arlato con lui del mio atteggia­
m ento nei confronti della società, m i h a spedito
all’ospedale suburbano di Stol'bovaja dove sono poi ri­
m asto otto mesi. Come vede, è pericoloso esprim ere le
proprie opinioni. Adesso da lei ho im p arato che è peri­
coloso anche non dire niente. A quanto pare, quello che
mi tocca scegliere, è il m inore dei mali.
DMITRIEVSKIJ — Cerchi di capirm i bene. Ho buone ragio­
ni p e r farle queste dom ande.
NIKOLAEV — Sono sano di m ente e le m ie opinioni non
hanno niente a che fare con la psichiatria.
DMITRIEVSKIJ — Ma tu tti i m edici che l’hanno avuta in
c u ra nei vari ospedali, e - ciò che più conta - che sono
stati tu rb a ti dalle sue idee, certam ente non possono es­
sersi tu tti sbagliati.
NIKOLAEV — Può essere che i medici non si siano sbaglia­
ti. Del resto, è stato p ro p rio lei a dirm i poco fa che chi occu­
pa posizioni ufficiali è sottoposto a d eterm inati organism i
e obbligato a seguire le loro direttive.
DMITRIEVSKIJ — In che rap p o rti è con la fam iglia?
NIKOLAEV — Non è questione che interessi ora.
DMITRIEVSKIJ — Lei, a varie riprese, h a pubblicato m olti
articoli.
NIKOLAEV — Si. Sul 'Moskovskij Komsomolec’ e su alcu­
ni giornali della regione di Mosca — a K aluga e Ob-
ninsk. Gli articoli p iù recenti sono sta ti pubblicati nel
Kam catka.
80
DMITRIEVSKIJ — In tali articoli, parlava delle sue idee
sulla società?
NIKOLAEV — No. Quegli articoli riguardavano un metodo
intensivo per l’apprendim ento delle lingue. Erano de­
stinati a coloro che si interessano di queste cose.
DMITRIEVSKIJ — Dove e in quali occasioni, lei h a fatto
propaganda alle sue idee sbagliate?
NIKOLAEV — In nessun posto. E, in ultim a analisi, m ette­
re uno in un ospedale psichiatrico a causa delle sue
opinioni, è un trucco comodo, indegno della professio­
ne medica.
DMITRIEVSKIJ — Adesso devo fare il mio giro di visite,
m a più tardi continuerem o questa discussione. Devo
accertarm i quale sia il suo atteggiam ento verso la so­
cietà. Può darsi che tra poco le prescriva u n ’altra cura. ) )

In questa conversazione c’è tutto. Potrebbe essere un


com pendio di storia della psichiatria. Dmitrievskij po treb ­
be scrivere 'L'elogio del conform ism o’ così come Erasm o
scrisse 'L’elogio della follia’. Questo Erasm o al contrario
odia la cu ltu ra nella m isura in cui am a lo stato. Nikolaev,
nel tentativo di sfuggirgli, deve far finta di non pensare.

81
La castrazione com e terapia

Ricordo che nel maggio del 1971, con una delegazione


del P artito Com unista di Reggio Emilia, ebbi occasione di
fare un viaggio cu ltu rale in Cecoslovacchia come rap p re­
sentante del Centro di Igiene M entale reggiano. C’erano an­
che medici rapp resen tan ti la m edicina interna, la ch iru r­
gia, la m edicina del lavoro.
All'ospedale psichiatrico di Olomouc ci fu una discus­
sione con gli psich iatri dell’istituto.
Io chiesi: "Chi sono gli internati qui dentro?”.
Loro risposero: "Sono schizofrenici”.
10 domandai: “Cosa significa schizofrenici?".
Loro mi dissero: “ Sono persone con trad d itto rie” .
Allora io dom andai: “A voi non sem bra probabile che le
contraddizioni individuali siano in rapporto dialettico con
le contraddizioni sociali?”.
Ma il diretto re dell’istituto tagliò corto: “Nei paesi so­
cialisti non ci sono contraddizioni sociali”.
11 capo delegazione, che era un com unista ortodosso, e
teneva in gran conto il modello del socialism o reale (si chia­
mava Soncini ed e ra un funzionario dell’am m inistrazione
dell’ospedale civile di Reggio) poiché parlava bene la lingua
ceca teneva la conversazione con il diretto re del manicomio
di Olomouc.
A un certo punto mi si rivolse e mi chiese: “Puoi dirm i
cosa significa 'pu lpectom ia'?”.
Allora io gli risposi: "Significa castrazione” .
Così Soncini scoperse che a Olomouc la castrazione fa­
83
ceva p arte delle terapie.
Siccome io ero incaricato dalla delegazione di scrivere
le mie im pressioni sulle istituzioni visitate, un giorno mi fu
richiesto ufficialm ente attrav erso il capo delegazione di
sm ettere di scrivere critiche contro lo stato. A cui io risposi
che, in ogni caso, avrei continuato a scrivere quello che
pensavo.
Se a qualcuno com unque venisse voglia di pensare a
proposito della castrazione che la p sich iatria dei paesi
dell’E st è particolarm ente feroce, lo rim anderei im m edia­
tam ente al testo di B ern ard De Fréminville 'La ragione del
più fo rte ’ 'tra tta re o m a ltra tta re i m alati di m ente’, che nel
'Piccolo inventario degli strum enti della terap ia e della
coercizione fisica im m aginati e messi in atto dagli alienisti
del XIX secolo come segno della presa di un potere assolu­
to sul corpo dei m alati’, scrive appunto alla voce 'Castrazio-
ne .
"V erosim ilm ente poco p ra tic a ta dagli au to ri francesi, la
castrazione viene m enzionata da Esquirol, (insieme alla 'ca­
du ta sulla testa, il taglio dei capelli, l’operazione della cate­
ra tta ’), solo come mezzo terapeutico aleatorio di nessuna
u tilità (1838).
In com penso gli au to ri anglosassoni parevano più deci­
si a non indietreggiare di fronte a questo intervento.
Fu ad esem pio p raticato nel 1861 dal D ottor Rooker (di
Castleton) su un epilettico 'dedito alla m asturbazione’. Ne­
gli otto m esi successivi all’operazione, 'l’epilessia non ri­
com parve, m a ci furono di ta n to in tanto u lterio ri tentativi
di m asturbazione’.
Visto che l’operato era diventato 'indolente, grasso e
pigro’ chi aveva p raticato queU’intervento sm ise di interes­
sarsi a lui...
Tale operazione fu p raticata negli S tati Uniti su 'aliena­
ti dediti alla m asturbazione’ più o meno, d u ran te tu tto il
XIX secolo (il do tto r Crosby nel 1843, il d o tto r W ilkerson
nel 1881, il dotto r Goodell dal 1878 al 1880).
Il d o tto r Goodell ha com pletato il rap p o rto sugli inter­
venti da lui com piuti con u n a esposizione generale dei mo­
tivi che l’avevano indotto a ricorrervi: 'Innanzi tutto, una
donna, se è pazza non fa p a rte del corpo sociale più di un
qualsiasi crim inale. E poi, la sua m orte è sem pre una gran­
de consolazione p er gli am ici più cari (...).
In realtà, non sono affatto sicuro che, a seguito dei pro­
gressi che il futu ro ci riserva, gli uomini di stato col tempo

84
non riconosceranno che una buona politica sociale deve
proporsi di far sp arire la follia prescrivendo la castrazione
di tu tti i folli e l'asportazione delle ovaie di tu tte le donne
folli’ (1882)”32.
A noi resta da dire che, nonostante i progressi del fu tu ­
ro, probabilm ente nem m eno H itler, tra i capi di stato, ha
avuto tan ta im m aginazione quanta il d o tto r Goodell ne
avrebbe voluta.
C’è poi da chiedersi come mai secondo alcuni psichia­
tri am ericani del XX secolo la m asturbazione è diventata
una terapia.

85
Il caso Sabattini

A proposito del problem a del dissenso politico sottopo­


sto a persecuzione psichiatrica attu alm en te in Italia riferi­
rò del caso, già precedentem ente accennato, di Carlo Sabat­
tini, di cui mi sono occupato personalm ente come perito
della difesa33.
N ell’estate del 1985, quando Carlo Sabattini era in ter­
nato nel manicom io giudiziario di Castiglione delle Stivie-
re, in seguito a qu erela p retestuosa del Sindaco di Modena,
Del Monte, e p e r azione giuridica del Pretore Persico, ap­
poggiato dalla perizia di tre psichiatri, che avevano dichia­
rato S abattini m alato di m ente pericoloso, io ero andato
nella m ia qualifica di p erito della difesa più volte a tro v ar­
lo, non solo con lo scopo di conoscerlo p er prep arare insie­
me a lui gli strum en ti della sua difesa, m a anche con la pau­
ra che, vedendolo isolato, pensassero d'ucciderlo, secondo
gli attu ali costum i del potere.
Questo mio tim ore, del resto e ra anche condiviso dai
gruppi politici anarchici di M odena e di Vignola, m olto atti­
vi ed energici nella loro opera di propaganda a favore della
liberazione di Sabattini.
In quel periodo la stam pa nazionale italiana parlava
m olto del caso Sacharov, e poco o nulla di Sabattini.Paola
Cecchi mi intervistò al riguardo.

(( Firenze, 20 maggio 1985


P.C. So che sei stato a trovare Carlo Sabattini nell’ospe­
87
dale psichiatrico giudiziario di Castiglione delle Stiviere.
V orrei dom andarti quale è stata la tu a im pressione
nell’incontrare questa persona, che tra l’altro era il capo di
lista e h a ottenuto il m aggior num ero di preferenze per i
"V erdi” nel com une di Modena. Ecco che qu esta persona è
accusata di essere m atta. A noi interessa conoscere il tuo
pensiero in proposito.

G.A. Già da quello che hai detto risu lta che Carlo Sabat-
tini riscuote fiducia fra i cittadini: infatti è stato eletto.
Q uesta elezione significa che in un m ovim ento nuovo come
quello dei "V erdi” vi sono m olti che vogliono cam biare cer­
te cose e che a Modena hanno preso S abattini come punto
di riferim ento. Il valore di Sabattini è conferm ato dalla sti­
ma e dalla fiducia dei suoi am ici e dei suoi collaboratori,
con alcuni dei quali io ho parlato.
Inoltre Sabattini aveva credito preso le banche ed ha la
stim a dei figli e della moglie: tu tti sono concordi nel dire
che le iniziative di S abattini sono m olto pensate, pondera­
te, e precise.
Alcuni dei suoi am ici hanno condiviso con lui le inizia­
tive prese nel criticare le condizioni ecologiche e altri
aspetti della vita modenese.

P.C. Come ti spieghi tu come psich iatra che un cittad i­


no viene considerato m atto e cattu rato e in tern ato in un
paese dem ocratico come il nostro.

G.A. Io ho parlato con lui e l’ho trovato persona estre­


m am ente consapevole e cosciente di quello che è accaduto.
Con seren ità mi ha detto: "N on g uardate chi è Sabattini,
stando qui dentro al m anicom io giudiziario potrebbe anche
innervosirsi, m a guardate p iu tto sto i docum enti delle ver­
tenze giuridiche di cui mi sono occupato”.
Così mi ha fatto vedere i docum enti: con tu tti insieme
ha form ato un LIBRO BIANCO che ha m andato alla Federa­
zione Provinciale del P artito Socialista di M odena, la quale
lo h a trasm esso al Presidente P ertini perché lo sottopones­
se all’esam e del Consiglio S uperiore della M agistratura.
Così riprende il discorso Sabattini: "G u ard ate i docu­
menti e decidete, invece di m ettere da p arte me con dei pre­
te sti”.
Non è u na novità che la psich iatria si serva dei suoi
stru m en ti per elim inare i cittad in i in dissenso: tu tti lo sap­
88
piamo bene perché si p arla m olto in Italia e in tutto l’Occi­
dente della psichiatria come repressione in Unione Sovieti­
ca e in altri paesi a socialism o reale, giustam ente critican­
do quello che vi accade.
Ma la verità è che queste cose accadono anche da noi.
Anzi storicam ente è proprio in Italia che è nata la psi­
chiatria come strum ento repressivo contro il dissenso.
È Lombroso che ha elaborato queste teorie, che in
Unione Sovietica vengono usate m agari con qualche perfe­
zionamento.
Chi conosce la sto ria del Movimento Anarchico Italia­
no sa che da noi m olti dissidenti sono stati elim inati con le
teorie sociologiche e psichiatriche lom brosiane.
Così Sabattini non è un caso nuovo.
Ci sono inoltre, e qui bisogna essere m olto precisi, tu tti
quelli che vengono elim inati giorno p er giorno, senza che
questo discorso venga fuori, perché non hanno rilievo pres­
so l’opinione pubblica.
Sabattini è un caso chiarissim o: un cittadino che nella
Modena dei nostri anni, riten u ta tra le citta più progredite,
una delle più ricche d ’Italia, dove tu tti sem brano orgogliosi
dell’andam ento delle industrie e dell’agricoltura, presenta
esposti e denunce che dim ostrano che in realtà l’intera eco­
nom ia si sviluppa a scapito degli interessi collettivi e a
svantaggio del m antenim ento dell’equilibrio am bientale e
della salute dei cittadini. Ci troviam o davanti a un dissenso
fondam entale, che ha messo le au to rità in condizioni diffi­
cili.
Q uesta difficoltà delle au to rità costituite spiega l’in ter­
nam ento di Sabattini. Se p er ipotesi Sabattini fosse stato
uno che diceva sciocchezze, forse non sarebbe stato in ter­
nato, perché non ci voleva molto a sm entirlo.
Ma siccome era difficile sm entirlo, l’unico modo era in­
ternarlo in m anicomio p er svalutare il suo pensiero.

P.C. Altri psichiatri, d ’ufficio, hanno visto Carlo Sabat­


tini prim a di te, ci puoi dire in m aniera sintetica che cosa
hanno detto? Sono specialisti che hanno detto cose diverse
dalle tue: il che fa pensare che la p sich iatria è una discipli­
na m olto soggettiva, che non ha base scientifica.

G.A. Quelli che mi conoscono o che conoscono il mio la­


voro sanno che ho sem pre sostenuto e sostengo che la psi­
ch iatria non è una scienza. Secondo me la psichiatria è sta­
89
ta co stru ita apposta p er elim inare le persone scomode: la
persona scomoda può essere il dissidente che ha un pensie­
ro in conflitto con le au to rità, come può essere il disoccu­
pato o il m endicante.
La stessa storia della p sich iatria (vedi M ichel Foucault)
è storia di eliminazione di persone che non rien tran o nei
program m i del potere costituito.
R itornando a S abattini questa cara tteristica essenziale
della p sichiatria la si vede chiaram ente. Come si è già detto
Carlo S abattini usa stru m en ti giuridici p er p o rre problem i
im portanti alla cittadinanza e alle au to rità politiche, invece
i periti del giudice usano idee vuote di contenuto scientifi­
co e piene di am biguità m inacciando di fatto la libertà del
cittadino.
Dicono che S abattini avrebbe, per u sare le loro parole,
un "delirio rivendicazionista”. Questo significherebbe che
una persona che come il S abattini fa delle precise docu­
m entate rivendicazioni, non è un cittadino che difende i
suoi diritti, come penso io e come pensano i suoi elettori,
m a è uno che ha il difetto di protestare: così si vede che per
i periti psichiatri del giudice il pro testare contro le au to rità
è un difetto, che finisce p er diventare u n a m alattia.
Dicono ancora i p eriti del giudice che Sabattini soffri­
rebbe di "altruism o m orboso”: sfiderei chiunque a spiega­
re il contenuto di questo concetto. Anche la capacità di Sa­
battini a form arsi una cu ltu ra giuridica da auto d id atta sa­
rebbe secondo loro un sintom o di m alattia. Infine lo accu­
sano di proselitism o: vale a dire di farsi dei proseliti, come
fa ogni politico, o ogni cittadino che si occupa di d iritti col­
lettivi.
Come si vede, ogni caratteristica positiva viene trasfo r­
m ata in un carattere negativo; m a non basta: i cara tteri ne­
gativi così arb itrariam en te ottenuti vengono raccolti in un
concetto im m aginario di m alattia.
In ogni modo anche se Sabattini si sbagliasse nelle cri­
tiche e nelle denunzie che fa, sarebbe un cittadino che fa de­
gli erro ri nel difendere i d iritti della collettività, ma non
certo uno da definire m atto e da m ettere in m anicom io giu­
diziario.
P.C. Venendo al concreto q u al’è la tu a richiesta precisa
per S abattini?
G.A. Siccome l’internam ento di Sabattini è un seque­
stro di persona del tu tto arb itrario , io chiedo che sia libera­
to im m ediatam ente, e dico, come dichiara anche lui, che
90
non stiam o difendendo solo i d iritti di un uomo, ma stiam o
occupandoci dei d iritti e della libertà di ciascun cittadino, e
della sopravvivenza della dem ocrazia, se di democrazia ci è
ancora lecito parlare. ))

Poi Sabattini fu liberato, dopo circa tre mesi d ’interna­


mento, con una modifica, da p arte del tribunale, della for­
m ula giuridica con cui e ra stato internato. Ma aspetta anco­
ra di essere liberato dal m archio che gli hanno applicato gli
psichiatri.
Scrive lui stesso: «Il pretore Persico è a conoscenza di
tutto, anche del fatto che il sindaco Del Monte mi ha quere­
lato accusandom i di avere rovinato dei m uri con la colla,
presentando come prova delle foto di m anifesti in gran p a r­
te affissi da dipendenti comunali, e Persico lo sa, perché ha
assolto gli addetti com unali da me denunciati, dichiarando
che hanno agito p er ordini superiori. E Persico è anche a
conoscenza che sem pre lo stesso sindaco si è costituito p ar­
te civile per il danneggiam ento di una tenda (non di p ro ­
prietà del comune) e p er delle scritte che lo stesso Persico
nel rapporto del 9/1/84 dichiara: "Vanno scom parendo cau­
sa la neve” . In am bedue i casi il sindaco, a norm a dell’a rti­
colo 151 T.U. del 1915, avrebbe potuto em ettere u n ’o rdi­
nanza per im porm i di pulire m uri e tenda, prim a di giunge­
re a querelarm i e costituirsi p arte civile.

E se in una città come Mode­


na si è riusciti a mandare in
manicomio criminale un cit­
tadino dichiarando il falso, e
se coloro che hanno parteci­
pato alla congiura riescono a
farla franca, vuol dire che un
domani qualsiasi cittadino
che protesti o denunci dei so­
prusi può aspettarsi di finire
in manicomio.

91
E non è certo "la m ia volontà dom inata d all’idea deli­
ran te” (come ha scritto Persico), che mi fa giudicare il mio
ricovero un vero e proprio sequestro di persona, poiché fu
considerato tale da m olti34.

In ogni modo la ricchezza ha le sue esigenze e il suo de­


coro e nessuno, sem bra, si può perm ettere di discuterla.
Mi raccontava Raffaello Aquila, un giovane medico
italo-am ericano di ventinove anni, che frequenta Thomas
Szasz, e che in una istituzione di Syracuse (N. York) ha re­
spinto regolarm ente i ricoveri coatti o rdinati dagli psichia­
tri, come ho sem pre fatto io nel Centro di Diagnosi e Cura
di Im ola durante i miei tu rn i di guardia, che nel corso
dell’ultim o inverno il sindaco della città di New York, Ed
Koch, ha em esso un regolam ento di polizia, che impone,
quando la tem peratu ra è al di sotto dello zero, ai senza casa
e vagabondi di M anhattan, di rifugiarsi nei pubblici dorm i­
tori. Quelli che si rifiutano vengono ricoverati a Psichiatria
con la form ula che "non sono capaci di provvedere a se
stessi”.
R itorna così alla lettera l’editto reale p er la fondazione
dell’H opital Général: "Consideriam o questi poveri m endi­
canti come m em bri viventi di Gesù Cristo e non già come
m em bri inutili dello stato, agendo nel com pim ento di così
grande opera non per motivi di polizia, m a p er sola ispira­
zione di c a rità ”.
Scrive il Grande Inquisitore in Dostoevskij: "... abbia­
mo cu ra anche dei deboli. Essi sono peccam inosi e ribelli,
ma alla fine anche loro diverranno obbedienti. Si stu p iran ­
no di noi e ci considereranno degli dei, poiché siam o pronti
a sopportare la libertà che loro hanno trovato così spaven­
tosa e a governarli, tanto orribile sem brerà loro l’essere li­
beri. Ma direm o loro che noi siam o i Tuoi servi e li governe­
rem o in Tuo nom e”.

92
«Il sonno della ragione genera mostri»

È raro che le vicende dei popoli siano vedute con oc­


chio chiaro, desideroso di conoscenza, più spesso accade
come quando si g u ard a nel sole: gli occhi si chiudono, per­
ché non ce la fanno a sostenere la luce.
Forse gli schem i p er sem plificare quello che accade
servono apparentem ente ad allontanare la paura.
Inoltre o ra i mezzi di com unicazione di massa, a com in­
ciare dalla televisione, essendo sem pre nelle mani dei grup­
pi di potere, sono u sati sistem aticam ente per diffondere i
pregiudizi che nascondono le vere dim ensioni della realtà.
"Sim ili a una risposta, i tre slogans sulla facciata del
M inistero della V erità gli ritornano dinanzi agli occhi:

LA GUERRA È PACE
LA LIBERTÀ È SCHIAVITÙ
L’IGNORANZA È FORZA".
(George Orwell - 1984)

Così a proposito della guerra tra gli Stati Uniti e la Li­


bia molti dei com m entatori, invece di fare una analisi poli­
tica approfondita delle motivazioni, si sono sofferm ati a di­
scutere sulle condizioni psicologiche o sulle caratteristiche
personali di Gheddafi o di Reagan.
Il "C orriere della S era” del 23 aprile 1986, in terza pa­
gina, p arla di G heddafi con il titolo: "Un dittatore tra follia
e paranoia".

93
Per fortuna O riana Fallaci, au trice dell’articolo, essen­
do una persona intelligente, non priva di um orism o, inizia
scrivendo: "Il guaio è che l’aggettivo pazzo è così vago, am ­
biguo. Che cosa significa essere pazzo? Se lo chiedi a uno
psichiatra lui ti risponde che con questo term ine viene indi­
cata u na qualsiasi form a di alterazione m entale, un qual­
siasi tipo di anom alia che si m anifesti attrav erso azioni
sconsiderate o troppo stravaganti o com unque fuori del
norm ale. Poi aggiunge che siam o tu tti un p o ’ pazzi, ogni no­
stra ossessione o superstizione o m ania è un fenomeno con­
trario alla norm alità. Però quando gli chiedi che cosa signi­
fica essere norm ale o anorm ale, risponde che essere nor­
mali significa agire all’interno della realtà e riconoscerne
l’am bivalenza di buono e di cattivo; essere anorm ali signifi­
ca agire al di fuori della realtà e non riconoscerne l’am biva­
lenza, cioè scinderla in m odo drastico e rifiutando i dubbi.
Un discorso che lascia perplessi perché, se la salute del cer­
vello consiste nell’avere buon senso e accettare i dubbi, la
stessa fede è follia.

È pazzo chiunque insegua un


sogno estraneo alla realtà
che lo circonda, chiunque so­
stenga un’idea o una dottrina
giudicata utopistica, chiun­
que formuli un principio mo­
rale che ignori le correnti de­
finizioni di bene e di male,
oppure una teoria scientifica
che ignori le correnti defini­
zioni di attuabile e inattuabi­
le.
Pazzo Socrate pazzo Platone
pazzo Mosè pazzo Gesù Cri­
sto. Pazzi anche Karl Marx e
Sigmund Freud e Albert Ein­
stein e coloro che vagheggia­
vano il viaggio sulla luna.

94
In particolare, pazzo colui che comanda: il leader che
detiene il potere. Infatti, politico o religioso che sia, il lea­
der non può prescindere eia una drastica scissione del bene
e del male, non può perm ettersi dubbi su ciò che predica o
impone, su ciò che è o rappresenta. Dopo avere sposato la
sua verità, deve atten ersi ad essa con un rigore che esclude
ogni incertezza o ripensam ento. A m aggior ragione se è un
dittatore...”.

"Pazzo quello che com anda”, bisogna vedere però nel


giudizio di chi. Così sarà pazzo in linea di m assim a Ghedda-
fi a giudizio degli psichiatri della California, e Reagan a
giudizio degli psichiatri della Libia. Così come H itler che
diventò pazzo dopo m orto, una volta perduto il potere.
Con l’attuale tecnologia dell’informazione, tra l’altro in
via di perfezionam ento, sarebbe possibile accrescere rapi­
dam ente il livello di conoscenza e di autonom ia di milioni
di persone. Però generalm ente prevale l'intento opposto di
fare leva su l’em otività più im m ediata e superficiale per
diffondere i pregiudizi e le superstizioni, e m antenere gli
individui in condizione di non autonom ia.
Molte risorse, prodotte dal nostro lavoro, vengono im­
piegate nella fabbrica della m orte collettiva sotto form a di
arm i atomiche. Altre servono per le guerre che ci sono in
continuazione in ogni p arte della te rra accompagnate da
frequenti genocidi.
È recente il m assacro di profughi palestinesi da parte
di cristiani m aroniti con la com plicità del governo d ’Israe­
le.
Intanto i fiumi e i m ari rischiano di divenire inabitabili per
ogni specie perché gli interessi privati prevalgono su quelli
dell’intero universo degli organism i viventi.
In questa situazione, in mezzo alle contraddizioni di
una cu ltu ra a rre tra ta , quasi im penetrabile alle critiche ra ­
zionali, se avvengono sem pre più spesso, come è com pren­
sibile, anche episodi di ferocia individuali, specialmente
nelle grandi aree urbane, gli psichiatri, per tranquillizzare
le persone perbene, evocano m ostri, come nell’antica m ito­
logia o nella cu ltu ra del medio evo e del rinascim ento, e li
forniscono di una s tru ttu ra genetica difettosa, secondo il
loro modo di pensare, diversa da quella di tu tti gli altri.
Nella testa di questi specialisti come nei "C apricci” del
p ittore illum inista Francisco Goya Y Lucientes "Il sonno
della ragione genera m o stri”.
95
Questo modo di in terp reta re e utilizzare la genetica
m erita alcune riflessioni.
Dalle origini a ora, dalla biologia classica fino a quella
m olecolare, m olti studiosi della m ateria, sia in E uropa che
in America, si sono p restati alle strum entalizzazioni più re­
trive.
È vero, come si è visto più volte, che gli scienziati non
sono meno sensibili degli altri alle lusinghe del potere e al­
la coltivazione dei pregiudizi. B asta vedere come ricercato­
ri di ogni tipo - nella biologia, nella m edicina, nella fisica,
nella chim ica - si sono applicati nel cam po m ilitare, nono­
stante i genocidi fatti e quelli in preparazione, con la p ro ­
spettiva sem pre più probabile di estinguere la vita sulla
te rra noi stessi, specialm ente se si continua a seguire la lo­
gica di questi individui e dei governi di cui sono al servizio.
E una logica che va dai gas asfissianti fino ai diserbanti e
alle guerre batteriologiche.
Anche in genetica essi approfittano di concetti ipotetici
per farne un uso arb itrario e tendenzioso. Si è fatto così an­
che con alcune ipotesi delle teorie dell’evoluzione, di volta
in volta estese o ristrette ad arb itrio p er ad attarle ai più
differenti pregiudizi politici.
Ci si è dilettati così di definire geneticam ente inferiori
singoli individui, categorie di persone, popoli e gruppi etni­
ci, a seconda delle necessità della repressione in tern a o de­
gli scopi della guerra. Tutto questo spesso favorito dalla
presunzione degli scienziati di settore, che pretendono di
spiegare tu tto con i concetti del loro specifico cam po di ri­
cerca, e sono assetati di potere più che di conoscenza.
Più volte nel corso della m ia riflessione, ho fatto riferi­
mento al nom e di Lombroso. Non è casuale: m olti rep arti di
manicomio, in Italia, p o rtan o ancora il nom e di discepoli di
tanto m aestro e se la teoria lom brosiana nei suoi aspetti
più grossolani non viene certo più sostenuta da nessuno,
ciò non toglie che l’ideologia pesantem ente n atu ralistica da
lui prom ossa sia ben p resen te sotto scientifici aggiorna­
m enti so p rattu tto nel cam po della p sich iatria e della giuri­
sprudenza. Viene poi diffusa nel senso com une a livello
giornalistico quando i fatti di cronaca n era sono risolti in
modo sensazionale ed em otivo col rim andare a "m o stri” e
"degenerati” di vario tipo. Questo, ancora u n a volta, indica
una concordanza già p resente nella cu ltu ra di fine secolo in
una direzione repressiva e "rassicu ran te” p er il potere da­
to: la perm anenza di una ideologia fortem ente sem plifica­

96
trice che proprio da questa semplificazione trae la sua for­
za.
Dalla crisi, vista da B urckhardt come crescita di poten­
zialità per l’individuo, sorge com unque il pericolo dei 'te r­
ribili sem plificatori’ che tendono a presentare la loro parte
come il tu tto e irrigidiscono con i loro m iti (Religione - Sta­
to) la spontaneità del processo culturale (l’individuo, la ci­
viltà). La semplificazione della "m alattia m entale” è uno di
quei m iti che sopravvive proprio p er la sua funzionalità o r­
dinatrice rispetto alle crisi.
Nietzsche valorizza le potenzialità della crisi seguendo
la lezione di B urckhardt e lo tta contro il m ito totalitario po­
sitivista come, d ’a ltra parte, contro le false redenzioni del
m ito estetico wagneriano. In un fram m ento postum o
dell’estate-autunno 1881, scrive una riflessione che bene
com m enta ed esplicita la direzione del mio discorso. Lo ri­
porto quindi qui di seguito per intero.

97
In fondo, la scienza...
F. Nietzsche, F r a m m e n to 11 (248) da
L a g a ia s c ie n z a e F r a m m e n ti p o s t u m i

In fondo, la scienza m ira a stabilire in che modo l'uomo,


-NON l’individuo, - sente rispetto a tu tte le cose e a se stes­
so, dunque a espellere l'idiosincrasia di individui e di grup­
pi, e a fissare il rap p o rto persistente.
Non la verità, bensì l ’uomo è conosciuto, e ciò entro
tu tte le epoche nelle quali egli esiste, vale a dire si costrui­
sce un fantasm a, tu tti lavorano continuam ente per trovare
ciò su cui si deve essere d ’accordo, perché appartiene a ll’es­
senza dell’uomo. Così, si è im parato che innumerevoli cose
non erano essenziali, come si credette p er lungo tempo, e
che, quando si stabilisce l’essenziale, non si è dim ostrato
nulla quanto alla realtà, se non che l’esistenza dell'uomo fi­
no a ora è dipesa dalla fede in questa "re a ltà ” (come corpo,
d u rata della sostanza, e così via).
La scienza, dunque, non fa altro che prolungare il p ro ­
cesso che ha costituito l’essenza della specie, quello, cioè, di
rendere endem ica la fede in certe cose, e di espellere e far
m orire chi non ci crede. La raggiunta analogia della sensa­
zione (per lo spazio, il sentim ento del tem po oppure il senso
del grande e del piccolo) è diventata una condizione di esi­
stenza della specie, m a non ha nulla a che fare con la verità.
Il "pazzo”, l’idiosincrasia non dim ostrano la non verità
di una rappresentazione, bensì la sua anorm alità; con essa
non è possibile vivere, p er una m assa. È l’istinto della mas­
sa che dom ina anche nella conoscenza: essa vuole conosce­
re sem pre meglio le condizioni della sua esistenza, per vive­
re sem pre più a lungo. L'unifomità della sensazione, un

99
tempo cercata m ediante la società e la religione viene o ra
cercata m ediante la scienza: si fissa il gusto normale in tu t­
te le cose; la conoscenza, fondandosi sulla fede in ciò che
persiste, è al servizio delle form e più rozze di persistenza
(massa, popolo, um anità) e vuole espellere e uccidere le for­
me più raffinate, il gusto idiosincratico; essa lavora contro
l’individualizzazione, il gusto, che è condizione di vita per
uno solo.
La specie è l’erro re più grossolano, l’individuo quello
più raffinato, egli viene più tardi. Egli lotta p er la sua esi­
stenza, per il suo nuovo gusto, per la sua posizione relativa­
m ente unica rispetto a tu tte le cose, la ritiene m igliore del
gusto generale e disprezza q u est’ultim o. Vuol dominare.
Ma, a questo punto, scopre di essere egli stesso qualcosa di
m utevole e di avere un gusto alterno, con la sua raffinatez­
za giunge a scoprire il m istero che non vi è individuo, che
nell’attim o più inafferabile egli è qualcosa di diverso da ciò
che è in quello seguente, e che le sue condizioni di esistenza
sono quelle di un num ero enorm e di individui: l 'attimo infi­
nitamente piccolo è la realtà e verità superiore, u n ’immagi­
ne subitanea del flusso eterno. Così im para com e ogni co­
noscenza fruitiva si fondi su ll’errore rozzo della specie, su­
gli e rro ri raffinati dell’individuo e sull’errore, più raffinato
di tu tti, dell'attim o creativo. »

In p articolare colpisce l’afferm azione: "Il pazzo, l’idio­


sincrasia non dim ostrano la non verità di una rap p resen ta­
zione, bensì la sua anorm alità; con essa non è possibile vi­
vere p e r una m assa”.
R appresentante dell'angusto m ito positivistico, del pe­
tit faitalisme - come diceva Nietzsche con un gioco di parole
- troviam o in Italia Cesare Lom broso che certo non si cara t­
terizza p er l’"erro re più raffinato di tu tti”. A questo propo­
sito ho chiesto a due miei am ici di poter ripubblicare nella
terza parte di questo libro un loro intervento del '77, quan­
do si assisteva ad un tentativo diffuso di recupero di Lom­
broso, in nom e delle "tecniche progressive” e di una cre­
scente critica aH'”ideale” politico. Loro hanno accettato vo­
lentieri perché consapevoli della necessità e della inattuali­
tà di lo ttare su questo piano. H anno m odificato ed am pliato
in alcuni punti il loro testo (comparso su Quaderni piacenti­
ni n. 62-63, aprile 1977) che ha un cara ttere di sintesi stori­
ca ed una im postazione che condivido pienam ente.

100
Il conform ism o e la diversità

P er quel che rig u ard a il rapporto tr a biologia, genetica


e psichiatria, ritengo u tile o ra rip ren d ere un mio progetto
per un articolo scritto nel 1984:

I
La m ente - scrivono Giacomo Devoto e Gian Carlo Oli
nel "Dizionario della lingua italiana" - è il com plesso delle
possibilità e dei contenuti intellettuali e specialm ente spiri­
tuali dell’individuo.
B runetto Latini, il m aestro di Dante, u sa questo term i­
ne tra i prim i au to ri in lingua italiana, intendendo intelli­
genza o intelletto (1294). Altri au to ri vogliono significare
pensiero. Altri ragione.
La m alattia della m ente o m alattia m entale — che come
si è già visto non si deve confondere con le m alattie del cer­
vello di pertinenza della neurologia — è dunque prim a di
tutto, secondo la teo retica degli psichiatri, un difetto della
personalità, un dubbio su ll’integrità intellettuale e spiri­
tuale dei pazienti.
Si p arte da un giudizio negativo sul pensiero e sul com ­
portam ento della persona indiziata, e poi si procede.
N aturalm ente l’a rb itra rie tà di questo tipo di giudizio
apre la possibilità a qualsiasi uso del concetto, che sem bra
essere m etaforico e m olto simile al concetto di m alattia
dell’anim a.
T utti gli uom ini, volendo, come si vede anche dal caso

101
Sakharov, possono essere, ogni volta che conviene, inclusi
o esclusi da questa definizione, che non h a nu lla di scienti­
fico se non altro p er la su a indeterm inatezza.
Il noto esponente della cam o rra Cutolo p o trà essere de­
finito m alato di m ente o no quando si vuole, tenendo conto
delle convenienze contingenti. Così l'indeterm inazione del
concetto può essere, come si vede, m olto u tile dal punto di
vista pratico.
Però gli psichiatri non si ferm ano a quella che poteva
sem brare u na m etafora, e procedono decisam ente più
avanti. Le persone indiziate sono, come dicevo, sospette
perché riten u te non responsabili di sé, così d a dover essere
requisite con l’au to rità e controllate con la costrizione.
Considerando soltanto la situazione italian a si vede
che p rim a del maggio del 7 8 c'era il ricovero coatto in m a­
nicomio, dal 7 8 in poi c ’è il trattam en to san itario obbliga­
torio nei centri ospedalieri di "Diagnosi e C ura".
La m aggior p arte degli psichiatri afferm a che le perso­
ne, sottoposte a questo tipo di diagnosi, sono, anche se non
si è potuto ancora dim ostrarlo, difettose fin dalle origini,
per probabili carenze s tru ttu ra li o biochim iche del p a tri­
monio genetico35.
Così i pazienti diagnosticati sarebbero biologicam ente
difettosi dal concepim ento fino alla m orte.
Vediamo così che si è p rep arata u n a trap p o la teorica
da cui le vittim e non possono uscire, indipendentem ente
dall’essere o non essere rinchiuse in m anicom io.
I teorici della biologia e della p sichiatria dicono che il
difetto genetico e cerebrale non è ancora stato trovato, ma
è pensabile che lo si trovi col perfezionam ento degli stru ­
m enti scientifici di ricerca.
Ma il problem a è un altro: in chi dobbiam o cercarlo
questo difetto? Negli om osessuali, negli anarchici, nelle
prostitute, nei dissidenti, nei disoccupati, negli studenti
che si drogano?
O ppure negli operai che non sopportano la fabbrica?
Nei pensionati che non ce la fanno a vivere? Nelle casalin­
ghe infedeli? Nei bam bini che non vanno bene a scuola?
Ricordo che una Volta a Firenze mi è capitato di sot­
tra rre all’attenzione delle assistenti sociali e degli psichia­
tri un bam bino di otto anni, m esso sotto c u ra dagli inse­
gnanti perché mancino.
Ram m ento che dissi alla m adre di riferire ai dottori
che anche Leonardo da Vinci era m ancino e generalm ente
102
scriveva procedendo da destra verso sinistra, al contrario
di tu tti gli altri scrittori.

II
È notizia di questi giorni che, in una casa colonica vicino
a Scandicci, un vecchio contadino in pensione ha ucciso la
moglie, orm ai quasi com pletam ente paralizzata da una
em orragia cerebrale, e poi si è suicidato.
Sui quotidiani di oggi (martedì 24 luglio 1984) vengono
riportate le dichiarazioni di alcuni personaggi della cu ltu ­
ra, tra cui il m edico gerontologo Professor Francesco Anto­
nini, e il sacerdote teologo Padre Gino Ciolini.
Francesco Antonini dice in modo molto chiaro: 'Io sono
dalla parte di q u est’uomo, se diventassi paralizzato mi uc­
ciderei anch’io, se potessi” e aggiunge, com m entando lo
stato di disperata solitudine in cui si trova una persona o r­
mai riten u ta dagli altri inutile: "C erto puoi pensare che vali
per quello che hai fatto di buono nel passato. Ma voi crede­
te che gli altri se lo ricordino? E allora che cosa c ’è di me­
glio che m orire? È u n ’accusa p er tutti, m a è u n ’accusa giu­
sta. Perché orm ai siam o buoni solo a dare medicine, e non
siamo buoni ad a ltro ”.
Il sacerdote teologo Padre Gino Ciolini, sia pure m ani­
festando il suo dissenso di n atu ra etica e religiosa sulla de­
cisione di uccidere ed uccidersi, è com unque consapevole
dei motivi reali della tragedia.
"Non lo giudico - dice - nel senso che com prendo la for­
za del suo dolore. Così com e sono d ’accordo nel dire che è
questa società che spinge, e non solo spinge, ma insegna a
sopprim ere la vita, diventata inutile dal punto di vista pro ­
duttivo. E allora non è più l’uomo che uccide, ma la società
che ha ucciso l’uomo ossessionato dall’idea di non servire
più a nulla e a nessuno.
Ma questa è una cu ltu ra nichilista, per la quale uno
non vale più perché non produce p iù ” .
Da p arte m ia io mi domando però che cosa sarebbe ac­
caduto a questo uom o se, casualm ente, come è successo ad
altri, non fosse riuscito a uccidersi. Come sappiamo, sareb­
be inevitabilm ente caduto nelle m ani degli psichiatri, che
avrebbero com pletato il lavoro di svalutazione della sua
esistenza, e, sul piano generale, avrebbero gettato la co rti­
na fumogena intorno al vero significato di questa vicenda.

103
Ili
N ella storia italiana di questi anni, dopo il successo de
''L ’istituzione negata” uscita nel 1968, e il varo della Legge
180 dieci anni dopo, gli psichiatri più in vista, da Trieste fi­
no a Napoli, da Milano fino a Palermo, hanno com inciato a
fare a gara per distinguersi in bravura in quel progetto che
si è soliti chiam are 'superam ento del m anicom io’.
Altri si sono affrettati a lasciare il manicomio, che per
10 più loro stessi avevano difeso dalle critiche e contribuito
ad alim entare, pensando di qualificarsi meglio nelle attivi­
tà degli ospedali civili e del territorio.
Le cliniche universitarie sono rim aste im m utate, come
se nulla fosse accaduto, e hanno continuato, quasi senza ec­
cezione, nella difesa delle concezioni psichiatriche ortodos­
se e nell’insegnam ento dei concetti tradizionali. Ogni tanto
ripropongono nuove ipotesi biochimiche (arbitrarie) che
naturalm ente possono essere applicate a chi si vuole.
Così dovunque si è riconferm ato, sia p u re a volte in for­
me apparentem ente diverse, il controllo sociale come fun­
zione specifica dello p sichiatra per il m antenim ento
dell’ordine di cui hanno bisogno le gerarchie, l’ideologia
d’élite, l’intolleranza di pensiero, e l’arretratezza dei costu­
mi.
Non bisogna dim enticare, tra l’altro, che la persecuzio­
ne dei dissidenti m endiante gli strum enti della psichiatria
è stata un fenomeno italiano, molto prim a che sovietico,e d
era, com e tu tti sanno, il cavallo di battaglia di Lombroso.
Negli ultim i anni, dopo la parentesi del ’68, le distinzio­
ni sociali hanno riacq u istato credibilità e prestigio e ora
quasi più nessuno le discute. D’a ltra p arte il sostanziale
conform ism o degli addetti ai lavori in psichiatria, vecchia e
nuova, è indiscutibile, ed è u n a garanzia p er tutti. Gli psi­
chiatri si sono accorti che possono funzionare benissimo,
m antenendo tu tti i loro vantaggi culturali o economici, e
possono continuare a elim inare le persone scomode, anche
con le form e giuridiche, debolm ente riform iste e fortem en­
te am bigue, della nuova legge del ’78. Solo i meno intelli­
genti, tra cui gli universitari, vorrebbero re in tro d u rre for­
me giuridiche più antiquate.
Fin tanto che la legge prevede gli interventi au to ritari e
11 trattam en to sanitario obbligatorio la p sich iatria non cor­
re rischi e la società dei benpensanti può continuare a rite­
nersi sicura.

104
IV
In una cu ltu ra in cui lo scopo dell’individuo non è mi­
gliorarsi dal punto di vista intellettuale o etico, o dal punto
di vista della conoscenza, o della creatività, o della profon­
dità interiore, m a il fine è essere al di sopra degli altri nella
gerarchia sociale con tu tti i mezzi a disposizione (a volte le­
gali, a volte no), c ’è bisogno di qualcuno da disprezzare.
Ci sono le m ode ricorrenti che possono essere gli ebrei,
i negri, oppure i b rig atisti o i drogati, però ci vogliono an­
che strati di popolazione perennem ente squalificati come,
ad esempio, i ricoverati psichiatrici o gli indiziati della psi­
chiatria.
L’ultim o dei cittadini può sem pre dire, anche se la cosa
non ha alcun senso: "Però io sono n orm ale”, e sentirsi così
qualcuno.
Allora ci vuole qualcun altro a cui dare la colpa di tu tti
i propri mali legati alle disarm onie e ai disagi della società.
I potenti della politica sanno benissim o (come Hitler)
quale può essere l'u tilità di questi pregiudizi per il m ante­
nim ento del proprio potere autoritario^6.
In società come queste i funzionari, sia tecnici che am ­
m inistrativi, insiem e alla schiera m onotona dei loro dipen­
denti, ripetono la caratteristica m entalità del personaggio
Gogoliano de "Le Anime M orte” Pavel Ivanovic Cicikov.
Lascio la parola direttam ente a Gògol:

« Manìlov finì di sm arrirsi. Egli sentiva che qualche cosa do­


veva fare, porre qualche domanda: ma quale dom anda - il
diavolo lo sapeva.
Finì, alle strette, che sbuffò di nuovo il fumo, ma que­
sta volta non più dalla bocca, bensì dagli orifizi nasali.
— E così, se non c’è nulla in contrario, si potrebbe, a Dio
piacendo, passare alla stipulazione dell’atto di vendita —
disse Cicikov.
— Ma come, un atto di vendita d ’anim e m orte?
— Ah, niente affatto! - disse Cicikov - Noi scriveremo che
sono persone vive, com e figura effettivam ente nella lista di
censim ento.
Io mi sono fatto la regola di non derogare mai in nulla dalla
legalità; benché p er questo, nella m ia carriera di funziona­
rio, abbia passato guai, poco im porta: il dovere, per me, è
una cosa sacrosanta; la legge - io am m utolisco dinanzi alla
legge.

105
Q uest’ultim e parole piacquero a Manìlov, m a nel nocciolo
della questione non riuscì tuttav ia a p en etrarci più che tan­
to: e, invece di dare una risposta, si m ise a succhiare il suo
bocchino così di forza, che quello cominciò, alla fine, a ran­
tolare com e un contrabasso. »

V
N essun valore e nessuna qualità sono m ai riusciti a sot­
tra rsi alle insidie dei pregiudizi.
A V ienna si diceva che Beethoven fosse sem inferm o di
m ente perché criticava le au to rità a voce alta nei locali
pubblici, non apprezzava le divise m ilitari, e ra diffidente,
viveva solitario. Così p are che l'au to re del q u artetto opera
132 avesse il cervello u n p o ’ difettoso...
R obert Schumann, dopo il tentativo di suicidio, fu co­
stretto a m orire in manicomio. La stessa fine fu im posta a
Hugo Wolf.
Sulla pazzia di Vincent Van Gogh sono state scritte pa­
gine intere su libri m olto qualificati. E anche p er Van Gogh
ci fu 1’internam ento. E si potrebbe continuare a lungo con
molti a ltri esempi.
Però non serve.
A noi ci basta caso m ai dom andarci se non sarebbe u ti­
le per la conoscenza della psicologia dell’uom o com inciare
a ragionare in term ini diversi.
Come preludio alla civiltà dei lager e di H iroshim a scri­
veva Franz Kafka (che resterà probabilm ente Io scrittore
più grande del nostro secolo):

« N essuno leggerà ciò che io scrivo qui, nessuno verrà ad aiu­


tarm i; se fosse imposto com e com pito di darm i aiuto, tu tte
le porte di tu tte le case resterebbero chiuse, tu tti giacereb­
bero a letto, le coltri tira te sopra la testa, tu tta la te rra un
albergo notturno. Con ragione, poiché nessuno sa della mia
esistenza, e se lo sapessero non saprebbero la m ia dim ora, e
se sapessero la m ia dim ora non saprebbero com e trattener-
mici, non saprebbero com e venirm i in aiuto. Il pensiero di
volerm i venire in aiuto è u n a m alattia da cu rarsi stando a
letto.

106
Lo so e quindi non grido per invocare aiuto, anche se in
certi m om enti - indom ito come sono, p er esempio appunto
ora - ci pensi fortem ente. Ma a scacciar questi pensieri ba­
sta che mi guardi intorno e mi renda conto del luogo ove so­
no e dove - questo posso ben afferm arlo - io abito da secoli. ) )
(Il cacciatore gracco da II messagio dell’Imperatore’
Frassinelli p. 38)37.

Non si deve dim enticare che Kafka, prim a di m orire,


voleva bruciare tu tta la sua opera.

Nell’anno mille si m editava su la fine del mondo in te r­


mini religiosi, forse consapevoli della fragilità della specie
di fronte ad alcune catastrofi della n a tu ra come la fame o la
peste. Ora, mille anni dopo, l’uomo copernicano riflette sul­
la fine della specie come opera propria.

La solitudine e l’individualism o degli esistenzialisti in


conflitto con l’ottim ism o storicistico di Hegel o di B enedet­
to Croce (quest’ultim o pensava che il fascism o fosse solo
una parentesi) ha anche appunto questo significato di ri­
flessione sulle possibilità della m orte collettiva.

K arl Jaspers, ad esempio, segue e sviluppa questi temi


in saggi come 'La norm a del giorno e la passione per la n o t­
te ’, 'L’essere nel naufragio’, e i b rani di riflessione sulla
m orte e sul suicidio come situazioni-limite nell’esserci e co­
me ponte verso la trascendenza.
Come psichiatra e come libero docente in psicologia
K arl Jaspers nella 'Psicopatologia generale’, pubblicata nel
1913, servendosi del m etodo fenomenologico di Edm und
H usserl, considera la psicopatologia come parte della psi­
cologia. Professore di filosofia all’università di Heidelberg
fu esonerato daH’insegnam ento nel 1937 p er la sua opposi­
zione al nazismo.
Così a me sem bra che la cu ltu ra filosofica e politica di
Jaspers travalichi i lim iti della sua preparazione di psichia­
tra.

107
Infatti il suo saggio sulla vita di Van Gogh appare, a
mio giudizio, estrem am ente con trad d itto rio 38.
Scriveva Vincent Van Gogh nella sua u ltim a lettera in­
com piuta al fratello Theo, che fu scritta il 27 luglio 1890, il
giorno in cui il pitto re si sparò un colpo di pistola, e che gli
fu trovata addosso dopo la sua morte:

« (Auvers-sur-Oise, 27-7-1890)

Mio caro fratello,

grazie della tu a cara le ttera e del biglietto di 50 fr. che


conteneva. V orrei scriverti a proposito di tan te cose, m a ne
sento l’inutilità. Spero che avrai trovato quei signori ben di­
sposti nei tuoi riguardi.
Che tu mi rassicuri sulla tranquillità della tu a vita fa­
m iliare non valeva la pena; credo di aver visto il lato buono
come il suo rovescio — e del resto sono d'accordo che tira r
su un m arm occhio in un appartam ento al q u arto piano è
una grossa schiavitù sia p er te che p er Jo. Poiché va tutto
bene, che è ciò che conta, perché dovrei insistere su cose di
m inim a im portanza? In fede mia, prim a che ci sia la possi­
bilità di chiacchierare di affari a m ente più serena passerà
molto tempo. Ecco l'unica cosa che in questo m om ento ti
posso dire, e questo da p arte m ia l’ho constatato con un cer­
to spavento e non l’ho ancora superato. Ma per o ra non c ’è
altro. Gli altri pittori, checché ne pensino, si tengono istin­
tivam ente lontani dalle discussioni sul com m ercio attuale.
E poi è vero, noi possiam o far parlare solo i n o stri qua­
dri.

108
Eppure, mio caro fratel­
lo, c'è questo che ti ho sem­
pre detto e che ti ripeto anco­
ra una volta con tu tta la se­
rietà che può provenire DA
UN PENSIERO COSTANTE-
MENTE TESO A CERCARE
DI FARE IL MEGLIO POSSI­
BILE, te lo ripeto ancora che
ti ho sempre considerato
qualcosa di più di un sempli­
ce m ercante di Corot,

e che tu per mèzzo mio hai partecipato alla produzione


stessa di alcuni quadri, che, p u r nel fallim ento totale con­
servano la loro serenità. Perché siamo a questo punto, e
questo è tu tto o p er lo meno la cosa principale che io possa
dirti in un m om ento di crisi relativa. In un momento in cui
le cose fra i m ercanti di quadri di artisti m orti e di artisti
vivi sono m olto tese.
Ebbene, nel mio lavoro ci rischio la vita e la mia ragio­
ne vi si è consum ata p er m età - e va bene - ma tu non sei fra
i m ercanti di uom ini, p er quanto ne sappia, e puoi prendere
la tu a decisione, mi sem bra, com portandoti realm ente con
um anità. Ma che cosa vuoi mai?.

109
Si racconta che Kafka, prim a di m orire p er la sua t u ­
bercolosi polm onare, disse al medico invitandolo ad affret­
tare la sua m orte: "Mi uccida, altrim enti è un assassino”.

Van Gogh aveva affrontato con piena partecipazione


personale i problem i dell’uom o del nostro tem po e, per ri­
prendere le sue parole, la sua ragione vi si era consum ata
per metà.
Poiché, com ’è logico, i suoi costum i uscivano fuori con­
tinuam ente dalle regole del conform ism o e della m ediocri­
tà, già il p ad re dell’artista nel 1882, e o ttan ta cittadini di Ar­
les in una petizione al sindaco nel 1889, chiedevano il suo
internam ento in manicomio.
Però se non desta m eraviglia che dei piccoli borghesi
conservatori si scandalizzassero di fronte alla personalità
di Van Gogh, più problem atico e più discutibile appare il
giudizio di un uomo come Jaspers.
Scrive il filosofo:
"Che Van Gogh soffrisse di un processo psicotico è fuor di
dubbio.
Ci si chiederà soltanto di che tipo fosse questo proces­
so, quale sia la diagnosi.
Trovo infondata la diagnosi di epilessia form ulata dai
medici di Van Gogh, perché m ancano gli attacchi epilettici
e la dem enza caratteristica di questa m alattia. Può tra tta rsi
unicam ente di schizofrenia o di paralisi generale; q u est’ul-
tim a non si può escludere con certezza, perché l’occasione
di una infezione sifilitica si deve essere p resen tata spesso
nella vita di Van Gogh. La paralisi è dim ostrabile solo a
p artire da sintom i fisiologici, e noi non ne abbiam o notizia.
L'unica cosa che potrebbe suggerirla è il cara ttere cao­
tico di certe tele dell’ultim o periodo e un accenno del p itto ­
re all’instabilità della mano.
Il m antenim ento del senso critico e della disciplina a t­
traverso due anni di violente crisi psicotiche è estrem am en­
te im probabile nel caso di u n a paralisi; nella schizofrenia
sarebbe insolito, m a possibile. Mi sem bra dunque più vero­
simile che si tra tti di schizofrenia.
Lo psichiatra, p er scrupolo deve richiam are l’attenzio­
ne su una lieve possibilità di dubbio che non esiste a propo­
sito di H ölderlin o di Strindberg. Il suicidio di Van Gogh ci
priva di quella eventuale certezza che l’evoluzione ulteriore
della sua vita avrebbe potuto d arci” .

110
Jaspers dunque prende in considerazione tre possibili
ipotesi diagnostiche. La prim a sarebbe una diagnosi neuro­
logica, secondo le indicazioni dei medici di Van Gogh, che
attribuirebbe all’artista una sindrom e di tipo epilettico. Pe­
rò - come dice lo stesso Jaspers - m ancano gli attacchi epi­
lettici. E m ancherebbe anche quella che Jaspers definisce,
in modo tu tt’altro che chiaro, 'la dem enza caratteristica di
questa m alattia’.
La seconda ipotesi diagnostica è ancora una ipotesi
neurologica di paralisi generale, che secondo Jaspers non è
dim ostrabile non essendo presenti, secondo quanto sappia­
mo, i sintom i caratteristici di questa m alattia infettiva.
Poiché la sifilide allo stadio di infezione cerebrale com­
prom ette le funzioni della vita di relazione Jaspers nota
giustam ente che in Van Gogh il senso critico e le capacità di
vita di relazione sono intatti, come del resto abbiamo visto
nella sua ultim a le ttera al fratello Theo che abbiam o citato.
Rim ane in fondo l’ultim a ipotesi diagnostica, che non è
più, come le prim e due, una ipotesi neurologica, ma è la
schizofrenia, un giudizio psichiatrico.
Però Jaspers, e questo va detto a suo vantaggio, appare
Terribilm ente incerto: "Il m antenim ento del senso critico e
della disciplina... nella schizofrenia sarebbe insolito, ma
possibile”.
Infatti in definitiva, come si è visto, nella schizofrenia è
ossibile tu tto e nulla, secondo i pregiudizi di chi form ula
E l diagnosi.
Ricordo dai miei studi universitari che il Gozzano dice­
va: "Lo schizofrenico è capace di tutto, perfino di com por­
ta rsi bene”.
In ogni modo, nonostante le sue incertezze, Jaspers di­
chiara, come si è visto, che è fuor di dubbio che Van Gogh
soffrisse di un processo psicotico.
L’aggettivo psicotico deriva dal sostantivo psicosi.
Secondo R. A. H unter e I. M acalpine, il term ine di psi­
cosi è stato introdotto nel 1845 da Feuchtersleben nel suo
m anuale di psicologia m edica’ (Lehrbuch der arztlichen
Seelenkunde) per designare la m alattia m entale (Seelenk-
rankheit), m entre nevrosi si riferisce alle affezioni del siste­
m a nervoso di cui solo alcune possono trad u rsi nei sintom i
di una psicosi.
Il term ine è com posto dalla parola 'psiche’, che signifi­
ca in greco 'anim a’ e che deriva dal term ine indoeuropeo
'psychein’ che significa 'soffiare’, e dal suffisso medico

111
Il suffisso medico 'ose' in tedesco, e 'o si’ in italiano vie­
ne usato nei tra tta ti di patologia p er indicare le degenera­
zioni delle cellule, degli organi e dei tessuti.
Applicato arb itrariam en te alla psicologia (psicosi, ne­
vrosi) è un modo di esprim ersi, non solo generico, ma quel­
lo che più conta dim inuitivo p er non dire dispregiativo nei
riguardi delle persone a cui queste definizioni vengono a t­
tribuite.
In term ini più popolari si usano anche le espressioni
'degenerato’ e 'p erv ertito ’ specialm ente nei casi in cui ci si
riferisce ai problem i della sessualità.
Per il tradizionale significato di 'degenerato’ riprendo
da F. Rinuccini che scrive 'm oralm ente p erv ertito ’; e dal Di­
zionario m oderno di A. Panzini del 1905 dove è scritto: "di
questa voce oggi m olto si u sa ed abusa p er indicare coloro i
quali per abitudini, gusti, q ualità m orali e fisiche, eredita­
rie o acquisite, si allontanano dallo stato norm ale fisiologi­
co, sano, e tendono a form e squilibrate, p ervertite e anor­
mali del vivere individuale e sociale”.
Sigm und Freud nei "Tre saggi sulla teo ria della sessua­
lità ” basa appunto la sua ricerca sulla distinzione tra attivi­
tà sessuali norm ali e attiv ità sessuali anorm ali, precluden­
dosi così a mio parere uno studio effettivo del problem a.40
Anche in Freud, che p u re ha intuito e d escritto molti
aspetti profondi della problem atica sessuale, la distinzione
tra norm ale e anorm ale, sano e patologico (naturalm ente ri­
ferita alla vita interiore e al com portam ento dell’uomo), è
una esclusiva derivazione dei pregiudizi m oralistici.
La conoscenza della sessualità com incerà a prendere
form a soltanto dopo con le opere di W ilhelm Reich41, e con
gli studi successivi di alcune esperte degli S tati Uniti, colle­
gate col m ovimento fem m inista am ericano, e, più o meno
direttam ente, col pensiero di Thomas Szasz42.
R itornando un m om ento, dopo questa divagazione filo­
logica e scientifica, al significato etico e sociale di Van
Gogh e della sua opera, rip o rto qui alcune annotazioni inte­
ressanti su ll'artista da l’'Enciclopedia dell’Arte Tumminel-
li’ dell’T stituto Editoriale E uropeo’ alla voce Van Gogh: "...
Innam oratosi (1873) della figlia della sua pad ro n a di casa a
Londra, ne venne respinto, e lo scacco e la delusione prova­
ti lo spinsero a ricercare una consolazione nello studio del­
la Bibbia. O ssessionato da questa vocazione religiosa, nel
1877 decise di avviarsi agli studi teologici p e r diventare pa­
112
store protestante com e suo padre; poi, p er alcuni mesi, si
dedicò all’apostolato sociale (1878) tra i m inatori del Bori-
nage, in Belgio. Infine nel 1880 decise di dedicarsi alla p it­
tura, vedendo in essa il mezzo p er realizzare anche la sua
vocazione religiosa e um anitaria. Ebbe così inizio la sua a t­
tività di pittore solitario, anticonform ista...”.
"... Nelle sue tele esplodono ora la luce e il colore: ri­
correndo alle tecniche più varie, Van Gogh fissa i caratteri
essenziali degli uom ini e dei paesaggi in colori contrastanti
o in accordi im previsti, in contorni calcolati, incisivi nella
voluta deformazione, quasi per m ettere a nudo l’essenza
più intim a della re a ltà ”.
Kafka, neH’esperim ere gli stessi problem i, scriveva nei
'Diari':
"L’uomo non può vivere senza una costante fiducia in
qualche cosa di ind istru ttib ile dentro di lui. Credere signi­
fica liberare l’ind istru ttib ile dentro di sé o, meglio, essere
indistruttibile o, meglio, essere”43.
Il 29 luglio 1890 Van Gogh moriva, a 37 anni di età, e "il
30, sotto un sole im placabile, si svolgono i funerali, con
qualche difficoltà dovuta al fatto che il prete cattolico di
Auvers si rifiu ta di benedire la salm a e di fornire il carro
funebre perché il defunto è un suicida”.
Dal 'Campo di grano con corvi’ l’ultim o dei suoi pae­
saggi sem bra che gli uccelli neri escano fuori dal quadro
per volare verso il n o stro secolo.

113
Polizia e carabinieri all'assalto
dell'ospedale di Cividale

Nel gennaio del 1968, ero andato a Castelvetrano, nella


Sicilia occidentale, con un gruppo del servizio civile, di cui
facevano p arte anche Alberto L'Abate, studioso di sociolo­
gia e anim atore e dirigente di gruppi non violenti, e il sacer­
dote fiorentino Don Mazzi, parroco progressista dell’Isolot-
to, con lo scopo di aiu tare le popolazioni colpite dal te rre ­
moto.
Mi ero trovato così nella necessità di organizzare servi­
zi medici di em ergenza, in un am biente già difficile prim a
del disastro.
Ricordo che avemmo a che fare con la mafia, che vole­
va im pedirci di lavorare p er le persone più bisognose, che
voleva che ci occupassim o dei ricchi, che si erano rifugiati
nelle ville sul m are, nella zona di M azara del Vallo. Negli
anni precedenti, a Firenze, mi ero reso conto, come ho già
raccontato, che gli internam enti psichiatrici sono un arb i­
trio e vanno evitati; in Sicilia com inciai a riflettere sul rap ­
porto che esiste tra le funzioni della p sichiatria e la società
divisa in classi.
Q uesta esperienza mi sarebbe servita in seguito a Ca-
stelnuovo nei M onti p er organizzare il movimento politico
contro il m anicom io di Reggio Emilia.
Fu appunto d u ran te quel periodo di lavoro tra le popo­
lazioni terrem otate dell'occidente della Sicilia che ricevetti
da Cotti l’invito di an d are a lavorare a Cividale del Friuli, in
un reparto nuovo dell'ospedale civile della città, istituito,
d'accordo con Basaglia, che allora lavorava a Gorizia, come

115
alternativa agli internam enti in manicomio.
Cotti, che allora seguiva le teorie di Szasz, mi conosce­
va sia p e r le m ie idee che p e r il mio modo di lavorare.
Da Gorizia arrivarono il d o tto r Tesi e tre giovani assi­
stenti sanitarie, tu tte persone del gruppo di Basaglia.
L 'entusiasm o e l’intelligenza che m ettem m o nel lavoro
ci d ettero m om entaneam ente l’illusione di intravedere già
il tram o n to della psichiatria. Però la differenza sem pre più
grande tr a i criteri della n o stra attiv ità e i pregiudizi
dell’am biente sociale provocarono in breve l’intervento del
governo e la ch iu su ra del rep arto con la forza.
R acconta R oberto Vigevani ("Il Ponte” settem bre
1968):

ASSALTO A CIVIDALE

« D urante la seconda g u erra m ondiale i nazisti costitui­


rono a pochi chilom etri d a Cividale del Friuli u n a sorta di
repubblica di cosacchi collaborazionisti, la popolazione an­
cora rico rd a gli avvenim enti che si collegarono a quello
stanziam ento.
Poi venne la DC, e il senatore Pelizzo che fece della zo­
na un suo feudo. Nel feudo Pelizzo non succede m ai niente,
la piazza dei Longobardi e la via Paolino d ’Aquileia si ani­
m ano soltanto nelle ore di lib era uscita dei m ilitari di stan­
za, nelle altre ore del giorno sono quasi deserte. Giulio Ce­
sare dal suo piedistallo veglia sul caffè San M arco e sulla
valle del fium e Natisone, sul greto del quale, nella stagione
di m agra, un prete scrive con sassolini bianchi e rossi esor­
tazioni agli scolari svogliati.
Chi si fosse trovato a Cividale il 2 settem bre di
quest'anno avrebbe avuto però l’im pressione di im a grande
agitazione. Si form ulava ad d irittu ra l’ipotesi che Leone
avesse deciso di liberare la Cecoslovacchia, da Udine afflui­
vano infatti in direzione del confine, cioè in direzione di Ci­
vidale, forze di polizia e di carabinieri in num ero m ai visto,
i posti chiave della città, com presa la bacheca nella quale di
solito è esposta 'L’unità', erano presidiati da agenti in divi­
sa o in borghese.
L’O spedale Civile di S anta M aria dei B attu ti era com­
pletam ente circondato da poliziotti e carab in ieri con jeeps,
furgoni e cellulari: il senatore Pelizzo aveva deciso di chiu­
dere il rep arto neuro-psichiatrico. I nem ici designati erano
l’équipe del Professor E. Cotti e i dodici degenti che a quel­

116
la d ata rim anevano nel reparto; tra questi m olti anziani e
un invalido del lavoro.
Nel corso del m ese di settem bre il Consiglio di stato
avrebbe dovuto riu n irsi p er decidere sulla continuazione o
meno della vita di quel reparto, la costruzione del quale era
costata allo stato qualche centinaio di milioni. La vertenza
era ufficialm ente di carattere am m inistrativo: l’ammini-
strazione dell'ospedale, dopo soli tre m esi dall’ap ertu ra del
reparto, aveva deliberato che il rep arto stesso venisse sop­
presso in quanto econom icam ente non autosufficiente. Il
Professor Cotti aveva invece m ostrato valide ragioni p er la
continuazione del reparto; non solo il suo bilancio era al­
meno p aritario m a in più si sapeva che l’afflusso dei degen­
ti era stato lim itato dagli am m inistratori che avevano bloc­
cato il convenzionam ento INAM e avevano scoraggiato i ri­
coveri, facendo circolare fin dall’inizio voci sulla cessazio­
ne della attività di quel luogo di cura.
Questi i motivi ufficiali. In realtà i m etodi applicati dal
Prof. Cotti e dai suoi collaboratori nella cu ra dei degenti
sconvolgevano la falsa tran q u illità della valle del Natisone.
Nel vicino m anicom io di Gemona, vi sono celle di segrega­
zione con panche lunghe quanto b asta a far sdraiare 3/4 di
una persona, vi è u n a donna rinchiusa dall’età di q u attro
anni alla quale nessuno ha insegnato a parlare.
Insom m a è un cronicario dal quale presum ibilm ente
non si esce se non dopo m orti. Q uesta è la psichiatria che
tranquillizza gli am m in istrato ri e forse anche i fabbricanti
di psicofarm aci, m a cosa dire di quel Professor Cotti che
p arla con 'schizofrenici' e 'catatonici' dei loro problem i,
che ha abolito nel suo reparto non solo ogni mezzo di con­
tenzione sia fisico che farmacologico, che ha persino evita­
to - a ribadire la non pericolosità delle persone alle prese
con problem i anche gravissim i - di assum ere personale in­
ferm ieristico m aschile? Che dire so p rattu tto di quelle riu ­
nioni dei degenti nelle quali i problem i sociali-e quelli affet­
tivi em ergono nella loro dram m atica consistenza spostan­
do l’accento dalla 'follia' di chi p arla ai problem i delle fam i­
glie a quelli della m iseria, a quelli del lavoro o della disoc­
cupazione?
Agli am m in istrato ri cividalesi non im portava se gli
'schizofrenici' non erano più 'schizofrenici' ma uscivano
dal rep arto in grado di riorganizzarsi - nei limiti concessi
dall’am biente - una vita diversa e migliore, non im portava
se a Cividale le degenze duravano un mese invece di venti
117
anni e so p rattu tto se esse conducevano spesso alla g uari­
gione. Se le degenze nel rep arto Cotti avessero avuto la du­
ra ta m edia soltanto di un decimo di quella di un norm ale
ospedale psichiatrico italiano, il reparto Cotti sarebbe sta­
to 'com pleto’ dopo un mese dalla ap ertu ra, forse le lunghe
degenze avrebbero sp untato persino i p retesti degli am m i­
nistratori.
Ciò che turbava i sogni del perito tecnico C antarutti,
presidente del Consiglio di Am m inistrazione dell’Ospedale
Civile, e del senatore Pelizzo, sottosegretario alla Difesa,
era anche questo: che il P rofessor Cotti ed i suoi collabora­
tori p er cu rare un degente andassero anche nella sua casa,
che chiam assero in causa i fam iliari perché i problem i di
una persona nascono sem pre in rapporto con altre persone,
che i fam iliari venissero all’ospedale e partecipassero alle
discussioni, che guarire significasse appunto capire i p ro ­
pri problem i e quelli dell’am biente. Questo occorreva im­
pedire. Di qui la soppressione del reparto, p er poi le denun­
zie pretestuose contro il Professor Cotti e i suoi collabora­
tori p er violazione di dom icilio aggravata, a loro che aspet­
tavano la decisione del Consiglio di stato; p er danneggia­
mento, m entre avevano soltanto costruito e arricchito con
il loro lavoro il vuoto di un padiglione di ospedale; per
usurpazione di pubblico impiego, m entre rim anevano, o r­
m ai senza stipendio, solo p er p o ter m andare a casa gli ulti­
mi degenti.
- Dal 1943 non si era vista una cosa del genere - così si
diceva in u na fam iglia del luogo di in so sp ettata ortodossia
dem ocristiana, e in effetti l’irruzione nell’ospedale di poli­
ziotti, carabinieri e inferm ieri del m anicom io di Udine è
stato un episodio inaudito: il te rro re dei degenti, la m inac­
cia che venissero condotti con la forza al m anicom io di Udi­
ne p er mezzo dei cellulari della polizia, la distruzione di
quel rep arto che p er il lavoro intenso di Cotti, Antonucci,
Tesi, delle signorine Campadelli, B runi e Tusulin, assisten­
te sociale la prim a, assistenti sanitarie le ultim e due, era di­
venuto un modello di convivenza civile, sono state dimo­
strazioni m em orabili di quel progresso all'inverso che i no­
stri governanti ogni giorno ti offrono.
Non mi è possibile in qu esta nota diffonderm i sui modi
di cu ra e sulle verità scientifiche conquistate e provate dal
gruppo Cotti, il quale si ispirava tra l’altro ai principi pro­
posti dall’Organizzazione m ondiale della san ità p er l’am bi­
to psichiatrico. Dirò soltanto che nonostante la m inacciosa

118
irruzione poliziesca, Cotti ed i suoi collaboratori, coerenti
ai loro principi, hanno im pedito che i degenti fossero con­
dotti in manicomio e sono riusciti a dim etterli in modo che
potessero tornare alle loro case.
Ogni giorno nei n o stri manicomi migliaia di persone
sono segregate, to rtu ra te in ogni senso, messe in condizioni
tali che i loro problem i si aggravano sem pre di più fino a di­
venire cronici ed inelim ii abili. È in questi luoghi che si
crea, che si costruisce la vera e pro p ria m alattia mentale.
La polizia qui non interviene mai.
Questi sono luoghi ordinati, chiusi e silenziosi, e
dall’a ltra parte, come sem bra abbia detto recentem ente
Leone a un senatore che gli parlava di Cividale, è vero che i
nostri fratelli soffrono nei manicomi, ma bisogna fare at­
tenzione ai cam biam enti troppo rapidi perché essi possono
essere pericolosi!
Se oggi, dopo la chiusura del reparto Cotti, un cittad i­
no del m andam ento di Cividale del Friuli si trova nella ne­
cessità di una cu ra psichiatrica, o tte rrà per mezzo della sua
assicurazione la possibilità di ricoveri di contenzione, di te­
rapia di shock, di m altrattam en ti e forse anche di una lobo-
tomia: tu tto gratuito. "

119
Significato dell'esperienza di Cividale

Dopo Cividale fui invitato dal d o tto r Leopoldo Tesi a la­


vorare con lui nel gruppo di Pirella e Basaglia nell’ospedale
psichiatrico di Gorizia. Fu lì che com inciai a frequentare
Jervis che, poco dopo, mi avrebbe invitato a Reggio Emilia.
Intanto infuriava la polem ica sul significato della espe­
rienza di Cividale, che nel m om ento divenne fam osa anche
all’estero, se non altro p er la singolarità dell’intervento con
cui e ra stata stroncata.
L’11 ottobre 1968 il settim anale culturale del Partito
Com unista 'R inascita' pubblicava un significativo articolo
sulla n o stra esperienza dal titolo 'I poveri sono m atti?’.
In seguito sullo stesso giornale veniva pubblicata una
intervista a Cotti dal titolo 'La pazzia è una invenzione’;
inoltre il 25 otto b re usciva una lettera firm ata da me e da
Roberto Vigevani che m etteva in discussione il significato
della p sichiatria nella sua totalità, e che si intitolava: 'La
polem ica attorn o alla esperienza del N euro di Cividale —
Anche nella psich iatria ci sono gli aristo telici’.
Dopo pochi m esi cominciò a prevalere la tesi che inqua­
drava l’esperienza di Cividale in un discorso di riform a del­
la psichiatria, invece di considerarla, come io ritenevo,
l’inizio di un distacco com pleto da quella disciplina. Anche
Cotti aveva com inciato a d ichiararsi pubblicam ente e ad
agire in pratica com e un riform atore della psichiatria.
Il 20 aprile del 1969, quando già stavo lavorando a Go­
rizia, io precisavo in una m ia lettera al periodico 'Sette
giorni in Italia e nel M ondo’ il mio pensiero su Cividale e

121
sulla psichiatria:

« Ho letto il vostro articolo sui problem i dell’assistenza psi­


chiatrica: l’ho trovato ben docum entato e interessante, uno
dei m igliori tra quelli usciti finora.
V orrei in questa lettera, sia pure in poche righe chiari­
re il pun to di vista fondam entale che ha guidato l’azione del
gruppo di Cividale.

Noi non riteniamo possi­


bile separare la negazione
delle istituzioni psichiatri-
che dalla negazione della psi­
chiatria come scienza, per­
ché è per l’appunto la psi­
chiatria che ha costruito i
manicomi, che li costruireb­
be ancora, e che continua a
giustificarne l’esistenza non
solo in Italia, ma purtroppo
nella maggior parte delle na­
zioni del mondo.
La psichiatria - noi affer­
miamo - è n e lla su a e sse n za
una ideologia della discrim i­
nazione, e tu tti i suoi concet­
ti sono scientificamente in­
concludenti e infondati e p ra­
ticam ente dannosi.

122
Lo afferm iam o e siam o sem pre disposti a dim ostrarlo.
Sul piano politico si potrebbe fare un parallelo m olto
significativo. Non è possibile app restarsi a distruggere i la-
ger e i ghetti senza negare e distruggere l’ideologia della
razza, di cui i lager e i ghetti sono una logica e inevitabile
conseguenza.
Nel periodo feudale della n o stra civiltà la giovane ra ­
gazza esasperata, che gridava o aveva svenimenti o si dibat­
teva o aveva convulsioni, era considerata indem oniata e esi­
steva un a tecnica ben precisa p er giudicarla e per lib erar­
sene.
Nel periodo m oderno o contem poraneo una ragazza in
condizioni simili è considerata isterica o schizofrenica,
spesso a seconda delle condizioni sociali.
L’ideologia psichiatrica ha sostituito l’ideologia demo-
nologica con le stesse identiche funzioni. Esorcizzare o eli­
m inare. Se al contrario si affrontano sul serio i difficili pro­
blem i della esistenza um ana individuale nei suoi continui
concreti e reali rap p o rti con la realtà sociale, si collabora
con la persona interessata m ettendo in discussione tu tto e
tutto sotto critica.
Allora non abbiam o più bisogno di p arlare di isterici o
di schizofrenici p er lo stesso motivo che non abbiamo più
bisogno di parlare di indemoniati.
E logico che - m ettere in discussione tu tto - è l’ultim a
cosa che l’ordine costituito è disposto ad accettare, special-
m ente quando questo - m ettere in discussione tutto -non è
teorico m a è operativo. Così si lavorava a Cividade, e per
questo è arrivata la polizia.
Siamo anche noi medici e sappiam o benissim o che, ol­
tre a m alattie dei reni dello stomaco e dei polmoni, esistono
anche definite m alattie del sistem a nervoso centrale, m a è
proprio questo che ci perm ette di distinguere gli effetti di
un processo m orboso (ad esempio l’encefalite o la paralisi
progressiva) dagli effetti terribili dovuti alla disperazione
di vivere in una società disumana.
Per questi motivi noi lavoriamo non p er riform are la
psichiatria, m a operiam o perché la psichiatria, insieme alle
orribili istituzioni che h a distribuito p er il mondo, sia final­
m ente, come direbbe Hegel, 'attrav ersata dalla furia del di­
leguare’. ))

123
La s c ie n z a del "Mal di madre"

Nel 1968, du ran te il periodo di Cividale, cominciai a


m ettere p e r iscritto alcuni testi di docum entazione poetica
sulle esperienze degli in tern ati dei m anicom i che andavo
via via visitando.
Il testo che segue, che nel 1974 sarà pubblicato insieme
ad altri nella rivista 'Psico-terapia e Scienze Umane’44, si ri­
ferisce alle 'celle di segregazione con panche lunghe quanto
basta a far sdraiare 3/4 di una persona, di cui parla Vigeva-
ni nel suo articolo sopra riferito.

L’acqua salta giù dai m onti


e fa g irare la ruota
fa g irare la ru o ta del m ulino

la ru o ta
gira
gira
gira
e non sa come mai

intanto il grano diventa farina

125
H vento salta giù dai m onti
e p o rta via la farin a
ma non si sa dove
m a non si sa dove.

II
M anicomio di Gemona
400 recluse

Per esempio B ernarda


aveva q u attro anni
non la voleva nessuno
l’hanno chiusa qui dentro

O ra ne ha tren ta
ma se vuoi
puoi rip assare fra tre n t’anni
allora ne avrà sessanta

e continuerà ad asp ettare


in silenzio.

Ili
Vedendo Gemona d all’orizzonte

tra questi m onti


altissim i

non si penserebbe mai


come vivono gli uom ini

non si penserebbe mai


come vivono
gli uomini.

Non ti lasciare ingannare


dalla bellezza
la to rre i m onti la grande ap ertu ra
del cielo

Non ti lasciare ingannare


dalla bellezza

perché la verità
è u n ’altra.

Appena arriv ato a Gorizia nell’aprile del 1969 mi furo­


no affidati come m edico di sezione due rep arti di donne,
uno di osservazione e l’altro di lungo degenti. In questo
com pito prendevo il posto di Jervis.
N ell’ospedale psichiatrico di Gorizia del 1969 i mezzi di
contenzione erano stati aboliti, le p o rte erano aperte, il la­
voro si svolgeva sulla base di discussioni e riunioni tra m e­
dici, tra medici e inferm ieri, tra medici inferm ieri e degen­
ti.
Tuttavia l’uso degli psicofarm aci non era stato m odifi­
cato: i neuroplegici continuavano a essere usati in grande
quantità.
Il fatto singolare che voglio riferire è che l’elettroshock
e ra stato abolito nei rep arti degli uom ini, m entre usava an­
cora nei rep arti delle donne. Per toglierlo io ebbi dei con­
tra sti con Pirella, che in quel periodo svolgeva le funzioni
di d iretto re in sostituzione di Basaglia.
D’altra p arte Jervis sarebbe rim asto anche in seguito
convinto dell’u tilità dell’elettroshock e della lobotomia.
La differenza di trattam en to delle donne nei rispetti
degli uomini non è casuale m a è intrinseca alla storia della
m edicina nella n o stra civiltà e ripropone tu tti i pregiudizi
di cui abbiam o p arlato finora.
Scrivono a proposito B arbara E hrenreich e Deirdre
English nel libro 'Le streghe siamo n o i’ - 'Il ruolo della me­
dicina nella repressione della donna’:
"L ’attenzione in questo nostro scritto è focalizzata sul­
le donne e i loro rap p o rti con la p ratica e le credenze m edi­
che. L’argom ento però supera l’am bito della m edicina in
quanto tale, e interessa anche i problem i comuni a tu tte le
categorie degli oppressi. Nel periodo storico che abbiam o
studiato, la scienza in generale è stata u sata per giustifica­
re le ingiustizie sociali im poste non soltanto dal sesso m a
anche dalle differenze di classe. La tecnologia industriale
servendosi del lavoro di milioni di lavoratori, ha creato la
ricchezza della classe dirigente che ancora oggi governa
l’America. Se la tecnologia ha potuto dare ricchezza e pote-

127
re ad alcuni uomini, certam ente la "scienza” h a potuto giu­
stificare il loro potere. Così il razzism o e il sessism o si sono
allontanati dal regno del pregiudizio per p assare nella luce
delle scienze "oggettive”. Gli im m igrati neri ed europei so­
no stati d escritti come congenitam ente inferiori rispetto ai
protestanti anglosassoni; si è detto che hanno un cervello
più piccolo, m uscoli più sviluppati, e m olti altri caratteri
sociali " e re d ita ri”. L’oppressione razzista e quella di clas­
se, così come l'oppressione sessuale, non erano considerate
quindi antidem ocratiche: erano sem plicem ente naturali.
D urante questo periodo di transizione il m oralism o era
ancora m escolato alla scienza nella ideologia della classe
dom inante. Gli scienziati credevano veram ente che alcuni
aspetti del cara ttere - com e la supposta inettitudine dei ne­
ri e la turbolenza degli im m igrati irlandesi - fossero eredi­
tari. I pubblici ufficiali della san ità parlavano di "Leggi sa­
nitarie divine” e i medici si ritenevano custodi della salute
morale, oltre che fisica, delle donne. Oggi il periodo di tra n ­
sizione sem bra proprio finito: la scienza non ha più bisogno
di consensi dal pulpito. Q uando form ula giudizi sul quo­
ziente di intelligenza dei neri o sulle differenze psicologi­
che tra i sessi determ inate p rim a della nascita, essa vuole
essere soltanto "oggettiva”. L’ideologia scientifica da quan­
do ha perd u to anche le ultim e vestigia del m oralism o reli­
gioso è diventata anche più m istificante e più efficace come
strum ento del po tere”4^.

P roprio nell’am bito dei pregiudizi sulla donna e nella


convinzione della sua in ferio rità biologica i m edici e gli psi­
chiatri hanno coniato il term ine di isterism o.
Isterism o o isteria, di cui poi gli autori danno le descri­
zioni e le interpretazioni più diverse e contradditorie, d eri­
va nel suo significato etim ologico dal greco hysterikos che
vuol dire ’proprio dell’u te ro ’.
Si trova anche scritto che l’isterism o "è epiteto partico­
larm ente di una m alattia a cui vanno sovente soggette le
donne, volgarm ente detta ’Mal di m ad re’, perché credevasi
proveniente da vizio della m a trice”.
N aturalm ente poi gli psichiatri, p er com odità di pro­
fessione, estenderanno il concetto, p er lungo tem po usato
soltanto p er le donne, anche a problem i degli uomini.

Concludo così questo mio scritto con i seguenti docu­


menti poetici, che si riferiscono a esperienze vissute.

128
I m iei capelli arruffati

i miei capelli arruffati sfidano il petti­


ne.
Io mi consumo, e chi se ne accorge?
Anonimo cinese

Quando mi hanno p o rtata qui avevo dodici anni. Mio


padre era m orto da una settim ana. Mia m adre l'hanno p o r­
tata via che gridava e non ho saputo più nulla. Non sapevo
bene che cosa volesse dire m orire e non avevo capito gran­
ché di quello che mi succedeva.
Quando da bam bina passavo le ore intere e spesso an­
che le giornate dall’alba al tram onto sotto il sole infuocato
seduta sulle radiche degli ulivi, oppure quando sentivo il
profum o della te rra e il m orm orio chioccio delle galline,
quando passavo le sere senza stelle ad ascoltare nel buio i
canti degli anim ali notturni, non avevo avuto motivo di
aver p au ra di vivere. La tem pesta mi pareva una gioia del
cielo e u n ’am ica degli alberi. Il vento mi raccontava novelle
piene di splendori e mi dava notizie di luoghi al di là
dell’orizzonte. L’acqua del fiume era bella come la luce del
sole. Infine il silenzio, il silenzio della cam pagna nelle notti
di quiete e nei pomeriggi di sole! Gli odori della te rra non si
cancellano attraverso gli anni, eppure io sono stata salvata
dal silenzio, dal trasp aren te silenzio della mia infanzia: il
silenzio in cui sono nata, il silenzio in cui sono cresciuta... e
ora, dopo mezzo secolo, il silenzio in cui vivo, dim enticata
da tutti.
Mio padre si era dovuto tagliare un dito, perché gli era
divenuto m arcio dopo una p u n tu ra con la falce, però lavo­
rava bene lo stesso con le altre dita e con tu tt’e due le mani

129
quando legava le viti. Ricordo che allora i pagliai erano cu­
pole tu tte dorate. Allora quando andavam o al campo del
grano usava la vanga p er rig irare la te rra e la zappa per
rom pere le zolle e si asciugava la fronte con la m anica della
cam icia e beveva il vino dal fiasco per so p p o rtare i raggi in­
focati del sole, e tra una giornata e l'altra, quando arrivava
il sollievo della sera, appoggiava la schiena sul vecchio
m andorlo, socchiudeva gli occhi, e cantava.

La p o rta di legno duro, con tu tta la forza delle unghie


non si potrebbe neanche scalfirla. La luce l’accendono
dall’esterno dopo aver g u ardato dallo spioncino. Le chiavi,
quando cigolano nelle serratu re, sem brano un rodim ento
ai polmoni. Il letto è inchiodato a terra, la m ia bocca è fissa­
ta alla spalliera da un lenzuolo bagnato. Ogni tanto mi sle­
gano per pulire e mi tengono a distanza con un punteruolo.
La m aschera sulla bocca m ’im pedisce anche di sputare.
M ordere non potrei perché non ho più denti. N essuno può
restituirm i quello che mi è stato tolto.

E ppure ancora oggi sarei disponibile a viverla con


gioia la m ia vita, nonostante che la m ia giovinezza sia stata
uccisa qui dentro46.

130
Lettera da un istituto psichiatrico

I miei giorni sono passati via più leg­


germente che la spola del tessitore e
sono venuti meno senza speranza.
Dal libro di Giobbe

Il ghetto di Dachau era più pulito, all’esterno aveva un


aspetto perfino piacevole a vedersi, poteva sem brare una
serra dove si coltivano i fiori più ra ri che vengono da paesi
lontani, certam ente non stonava tra i boschi profondi di
quell'antica regione della Germania: si trattav a di una cri­
m inalità di stato am m in istrata con responsabilità e con di­
screzione secondo i criteri aziendali più moderni.
A Dachau le vittim e sparivano in silenzio, "il cammino
della storia ha bisogno di uomini donne e bambini che ri­
nunciano” , m a tu tto ciò deve avvenire senza clamore: i d iri­
genti lavoratori dell’ordine nuovo, gli uomini sani onesti
buoni fedeli devono procedere sicuri, senza nessun tu rb a­
mento.
Ma la m ia sto ria non finisce a Dachau: fui liberato dopo
dieci anni di detenzione, ero un prigioniero politico con
una condanna a scadenza: nel ’43 il conflitto era nel mo­
mento più critico e più violento, la G erm ania di H itler co­
m inciava a prevedere la sua fine.
Io orm ai non avevo più nessuno, a tren tatré anni mi
trovavo com pletam ente solo in un m ondo che secondo me,
in mezzo alle sue disgustose violenze e ai suoi avvenimenti
insensati, non aveva nessuna prospettiva, nessun futuro.
Non parlo della G erm ania di H itler, né dei disastri e
delle ingiustizie della m ia vita personale, piuttosto queste
esperienze disperate mi avevano convinto che quello era
soltanto l'inizio di un m ondo che avrebbe fatto dell’eccidio
e della discrim inazione la sua cara tteristica più rilevante,

131
anzi la sua regola e il suo significato, se di significato si può
parlare — questo dunque e ra quel "m ondo dei fin i”, di cui
mi aveva p arlato mio padre, studioso di Kant, prim a che
l’uccidessero m ediante im piccagione perché politicam ente
sospetto.
Anzi, i m iei prim i anni erano stati felici in un am biente
culturale effim ero (e o ra m i rendo conto falso) m a apparen­
tem ente ricco di valori, tr a la solida saggezza di Goethe e la
profondità riflessiva delle C antate chiarissim e e belle (an­
che se un po' m isteriose) di Giovanni Sebastiano Bach, qua­
si il num e tu telare della n o stra famiglia, com e di m olte fa­
miglie di ingenui e forse un po’ ipocriti piccoli borghesi del­
la G erm ania.
Non vale tra stu lla rsi con la grandezza dei poeti e con la
dialettica dei filosofi quando il crim ine e il sopruso conti­
nuano a essere padroni del mondo.

Ma tornando alla m ia sto ria più recente, quando uscii


da D achau fui m andato nelle tru p p e di p u n ta operanti in
Italia com e soldato specialista, nel pericoloso settore dei
guastatori. Ne ero quasi contento, speravo di m orire, spera­
vo di essere annullato, non volevo niente, m a quello che vo­
levo m eno di tu tto e ra il rito rn o a casa, non avevo pau ra
delle mine, né dei m itra, né delle esecuzioni som m arie, né
dei c a rri arm ati che passavano d iritti sulla carne viva dei
miei com pagni di violenza e di m orte, quello che p iù mi fa­
ceva paura, quello che trovavo insopportabile, quello che
trovavo intollerabile e disgustoso era il ritorno, il rito rn o a
quella che sarebbe stata ipocritam ente definita u n a nuova
vita norm ale. Ma nonostante le azioni più audaci, nonostan­
te i m om enti più pericolosi (molti come me facevano di tu t­
to p er essere uccisi), nonostante il furore che avevo dentro
di me p er dileguarm i e sparire, nonostante tu tto ti dico cad­
di prigioniero e la m ia vita fu salva: e quanti ne ho visti che
volevano vivere e cadevano subito alla prim a azione nei mo­
di più assurdi e ridicoli, m agari sparati alle spalle p er erro ­
re dai loro com pagni di squadra o uccisi da un tiro corto
della n o stra artiglieria!
Ma queste sono inezie, t ’assicuro sono inezie nella vita
d ’un uomo!
L’essenziale è da u n ’a ltra parte, m agari nelle pagine in­
giallite di un tra tta to di filosofia, di un libro di Hegel gelo­
sam ente custodito in una preziosa biblioteca di Heidel­
berg!

132
Ho com inciato col d irti che il ghetto di Dachau era più
pulito e se vuoi era anche più logico, più pulito e più logico
dell’insensato cortile di cem ento dove sono orm ai segrega­
to e dim enticato da più di vent’anni.
Qui nessuno dei miei compagni p arla se non da solo,
qui m olti si salvano seguendo le vie innum erevoli e m eravi­
gliose dell’im maginazione (i nostri guardiani ci chiam ano
deliranti), qui chi non crea continuam ente mondi immagi­
nari come i poeti più fantasiosi, prim a o dopo cerca di sfug­
gire ai guardiani p er raggiungere i binari della ferrovia, per
spezzettarsi sotto il treno, unica via di scampo.
A Dachau era possibile uccidersi o farsi ammazzare,
qui riesce di rado.
Qui non sei più nessuno, qui non puoi decidere più n u l­
la. Qui dentro nella tu a ultim a ricerca disperata di un signi­
ficato sia pure illusorio della tu a indescrivibile condizione
um ana sei considerato senza cervello e ti sorvegliano di
continuo anche al gabinetto, e se p arli ridono e ti sputano
addosso con un disprezzo e con una o ttu sità che anche noi
che abbiam o provato tu tto stentiam o a sopportare.
Purtroppo d u ran te la prigionia in un campo am ericano
nelle vicinanze di Napoli, io avevo tentato di sparire, m a il
colpo di pistola di cui mi ero servito mi attraversò la bocca
e il collo senza ucciderm i.
Così sono qui dentro e ci resto, ho passato anni interi
im mobile in cella o in un angolo del cortile, ho ripercorso
tu tta la m ia vita passata, ho udito di nuovo le prom esse di
felicità di Goethe e di Bach, ho riascoltato la voce chiara e
serena di mio padre acceso di entusiasm o per il ragionare
pacato e penetrante di Im m anuel K ant e degli Illum inisti,
no rivissuto sussultando la violenza dei Lager e dei cam pi
di battaglia, ho sognato spesso i boschi profondi e i larghi
fiumi della mia te rra d ’origine, ho p arlato e mi sono agitato
da solo perché orm ai nessuno mi si rivolgeva più se non per
insultarm i, m a tu tto questo ti assicuro non vale niente, non
serve a nessuno, e se mi offrissero di uscire mi rifiuterei,
non tornerei per nessuna ragione in un mondo che soprav­
vive soltanto p er nascondersi la sua disum anità e il suo non
senso, preferisco restare qui più vero più genuino più au­
tentico perché orm ai inchiodato nella mia lucidità e nella
mia im m utabile disperazione.
Dicono che sono dissociato perché non mi associo più
all’ipocrisia del m ondo - non vedo il vestito dell’Im peratore
anche se non c ’è -, dicono che sono un delirio di disastro

133
perché u n a volta ho gridato che H itler non era nessuno se
non un m odesto precursore, dicono che c ’è u n ’om bra in­
spiegabile che d’im provviso si è im padronita della mia
mente.
Sem brano m olto com passati e tranquilli - sono i custo­
di dell’ordine, sono i custodi e i guardiani della verità e del­
la saggezza - m a diventano feroci e spaventosam ente agitati
ogni volta che qualcuno di noi ten ta ancora di dire qualco­
sa, di parlare, di spiegarsi, di m escolarsi con loro.
Una volta sono stato in cam icia di forza p er un mese di
seguito, non me la toglievano neanche p er i pasti, e m angia­
vo p er te rra acchiappando il cibo con la bocca e strisciando
nel cortile come una biscia — e tu tto questo perché avevo
avuto l’im prudenza di dire a una suora sorvegliante che la
croce di C risto è una tru ffa e che gli Apostoli forse avevano
capito che la m orte di Gesù non era servita a niente.
Ricordi Federico Nietzsche, ricordi gli Apostoli che si
dom andano davanti al corpo to rtu ra to e ucciso del M aestro
"Chi era costui? Che cos’e ra costui? Cosa voleva?”.
Forse te ne ricordi, forse no. Ma non im porta. Piuttosto
sai dirm i tu che cos’è questa saggezza che p er sopravvivere
ha bisogno di asservire o di uccidere m ilioni di persone?
Piuttosto sai dare una risposta a questa vita norm ale che ha
attrav ersato Auschwitz e Treblinka, e che è passata su Sta­
lingrado, su Dresda, su H iroshim a, su N agasaki?
Non ascoltare le mie dom ande, dim enticam i, dim enti­
cami, dim enticam i p resto e continua a seguire la via della
saggezza, c h ’è più sicura, che è più serena, forse è falsa co­
me dico io, forse mi sbaglio, m a sicuram ente in quella dire­
zione p o trai illuderti dFvivere, m agari di u n a vita artificia­
le, m agari di u n ’esistenza finta come quella dei b u rattin i
che saltano sotto i fili nei piccoli te atri di periferia delle
grandi e delle piccole città di quel mondo che io ho rifiutato
e che per non m ettersi in discussione mi h a confinato die­
tro le m u ra gialle sporche e assolate di questo squallido
istituto di pena47.

134
CARTELLE CLINICHE E POESIE
Prem essa

Le CARTELLE CLINICHE qui pubblicate sono state


scelte tra altre centocinquanta, tu tte riferite a persone che
attualm ente vivono nei rep arti dell’Ospedale Psichiatrico
''L ’Osservanza” di Im ola affidati al Dott. Antonucci e che
quindi sono aperti e depsichiatrizzati.
R aram ente docum enti di questo tipo vedono la luce. È
im portante che il m aggior num ero di persone conosca que­
ste ''sto rie" e si confronti con esse. Ci è sem brato inutile
qualsiasi com m ento o evidenziazione grafica. Diciamo solo
che non si può cadere nel solito tranello: “Ma queste cose
non si fanno p iù ”, perché queste cose ancora si fanno e ven­
gono tu tto ra inserite nelle m etodiche di cu ra mai rinnegate
anche dai m oderni m anuali di psichiatria.
Il Dott. Antonucci, fin da quando è en trato nei reparti,
ha sospeso qualsiasi annotazione sulle cartelle rifiutandole
come “schedatu re”. Le storie che si concludono con date
più recenti sono di persone trasferite nei reparti di Anto­
nucci e provenienti da altri rep arti dello stesso Ospedale. Il
com plesso lavoro di trascrizione e selezione rap p resen tati­
va delle cartelle è a cu ra di Paola Cecchi.

Le POESIE sono tu tte dello stesso Giorgio Antonucci.


Esse propongono, attraverso l’im medesimazione, una com­
prensione profonda di vite um ane segregate. Hanno stretto
riferim ento ad esistenze reali.

Le FOTO - spioncino a bocca di lupo di una cella d'iso­


lam ento dell’istitu to ''L ’Osservanza” - sono di Massimo
Golfieri di Imola. Escludono, qu esta volta come sempre,
volti specifici di persone. Il senso è che qualunque volto po­
sto in questi "in te rn i” rifletterebbe la realtà e l’etich ettatu ­
ra delTinternam ento.

137
La prim a volta ho fatto il saluto
e mi sono messo a ridere
e mi hanno sb attu to in carcere

La seconda volta ho fatto il saluto


e mi sono m esso a ridere
e mi hanno sb attu to in manicomio

Ora dopo tre anni di manicomio


continuo
a fare il saluto
e a ridere

Dicono che sono pazzo

Invece i sani di m ente


continuano
a fare il saluto
senza ridere.
Italo R.

Ammesso il 28/6/1951 - Data di nascita dicem bre


1922 -celibe - professione au tista - titolo di studio 4a
elem entare - diagnosi: schizofrenia (catatonica).
ANAMNESI: riferiscono il fratello e la m adre che
il ragazzo era perfettam ente norm ale prim a di andare
nei soldati tanto che fu fatto subito abile al servizio
m ilitare, ha fatto l’Albania, là fu fatto prigioniero e
portato in G erm ania nel campo di concentram ento di
H annover e fu preso da deperim ento organico. (.... )
Tornato a casa non era più lui: taciturno privo di
energia. (...)
DECORSO E CURA
29/6/51 - Ammesso ieri alle 16,15. E n tra in barella
aiutato a m ettersi in piedi barcolla, pare sotto l’azione
di qualche sedativo, si lascia spogliare passivam ente,
si m ette in letto e non si muove più, standosene ad oc­
chi chiusi estraneo a tutto. Ha riferito il fratello che
da qualche giorno si era fatto taciturno, inerte, incu­
rante del suo lavoro: ad intervalli usciva per aggirarsi
in bicicletta senza scopo, m ostrando di non curare al­
cun pericolo: ultim am ente ha ten tato im provvisamen­
te di b u ttarsi sotto una autom obile, senza dire parola.
Dubbio se abbia avuto m alattie veneree, non bevitore.
Da ultim o rifiutava anche il vitto ed ha avuto qualche
reazione contro i parenti. Ha dorm ito poco nella not­
te: andava sospirando, ha p arlato qualche po’ da solo,
afferm a che non rico rd a nulla degli ultim i giorni, ha

139
poi avuto atteggiam enti m anierati, si va coprendo il
capo col lenzuolo, a m om enti si irrigidisce ed ha rapi­
di cam biam enti di posizione: una breve crisi di pianto,
non m otivata (...).
30/6/51 - Ha dorm ito più a lungo: più ordinato, ma
ad intervalli gesti o atteggiam enti m anierati, dice che
ha bisogno di far ginnastica p er stare meglio, ha accu­
sato senso di stiram ento al collo ed alle spalle, va sor­
ridendo fra sè, si n u tre volentieri, dice che non ha nul­
la da chiedere (...).
2/7/51 - È un po’ meno smanioso, più accessibile,
riferisce egli stesso di avere la testa meno “invanita”,
risponde con buona volontà alle dom ande che gli ven­
gono rivolte ed in genere è tranquillo e ubbidiente.
Più che im magini deliranti sistem ate egli p resenta
piuttosto interpretazioni m orbose ed assu rd e in rela­
zione a sensazioni varie p er il corpo. P er esem pio rite­
neva che anim aletti gli girassero fra le scapole. Di not­
te non dorm e molto. Si nutre.
5/7/51 - Iniziata p iro terap ia che sopporta bene. Dal
punto di vista m entale non si rilevano m odificazioni
apprezzabili. Comunque com portam ento tranquillo.
Si nutre. Di notte riposa abbastanza.
10/7/51 - Si nota qualche m iglioram ento della te ra­
pia in stau rata. Il paziente insiste meno relativam ente
alle sensazioni del suo corpo. È di um ore più sollevato
e si interessa dell’am biente e delle persone che lo av­
vicinano. Si nutre. Di notte riposa.
21/7/51 - Persistono le buone condizioni di cui so­
pra.
4/8/51 - Visitato dal prof. Zanelli di Bologna per
conto di una assicurazione. Si è m ostrato m entalm en­
te ordinato, m a alquanto disaffettivo, fatuo, dissocia­
to, un po’ m anierato.
28/9/51 - 28/10/51 -[note im possibili da leggere].
10/6/52 - II Ammissione. Dopo le dim issioni il pa­
ziente ha trasco rso due m esi di relativo benessere in
cui h a tentato di rip ren d ere il proprio lavoro di au ti­
sta; m a tosto ha dovuto abbandonarlo, dato che il pa­
ziente si sentiva come inceppato nel pensiero e soprat­
tu tto nell’azione. Infatti il paziente, aggravandosi tale
stato, si è ridotto ben p resto in casa, inerte, abulico,
ostacolato in ogni sua azione da una forza interiore.

140
Cosciente del suo stato il p. avrebbe desiderato farsi
subito ricoverare di nuovo se u n fratello non vi si fos­
se opposto. Anche i fam iliari in fatti notarono tale in­
ceppam ento, d ato che il m alato se ne stava inerte, mu-
tacico, rifiutava il cibo, non voleva uscire di casa, ri­
posava poco, ta n to che dovettero convincersi a ricon­
durlo qui. All’ingresso infatti il paziente presentava
uno stato di parziale arresto psicom otorio con m uta-
cismo, lentezza nei movimenti, assenza di iniziativa
nell’azione, senso di m alattia p resente e vivo deside­
rio di cura.
13/6/52 - Sem pre chiuso e scarsam ente accessibile,
inerte nell’azione, risponde stentatam ente alle do­
m ande rivoltegli, accusa m odico stordim ento del ca­
po, dorm e e si n u tre con regolarità.
16/6/52 - Sostanzialm ente invariato. Persiste lo
stato di parziale arresto psicom otorio.
17/6/52 - È trasferito al pad. 17.
10/3/54 - A ttualm ente sta meglio. Gli è stato effet­
tuato un ciclo di cu ra con elettroshock che ha dim i­
nuito un poco in lui lo stato di parziale arresto psico-
motorio. A ttualm ente è ancora chiuso, poco accessibi­
le, quasi sem pre silenzioso, m a sta alzato e aiu ta gli
im bianchini a rasch iare i letti, dim ostrando sufficien­
te buona volontà e destrezza.
11/5/55 - P ersiste l'arresto psicom otorio a c ara tte­
re catatonico, p erò il m alato sta alzato ed è abbastan­
za pulito e ubbidiente. M utacico, anaffettivo, inerte,
conserva il senso dei bisogni organici e si n utre con
appetito. P assa al pad. 7.
14/5/55 - P er ragioni di posto passa al pad. 9.
15/5/55 - P assa al pad. 13.
19/7/56 - N otandosi un peggioram ento dello stato
psicofisico passa al pad. 17.
7/8/56 - P assa al pad. 14.
28/8/57 - Viene trasferito al pad. 9 p er le condizio­
ni di arresto psicom otorio.
29/4/59 - In stato di avanzata demenza. A dattato
all’am biente, anaffettivo, apatico, m utacico, inerte.
Ideazione rallen tata, non esprim e alcun concetto o ra ­
gionam ento com piuto.
29/4/59 - Indifferente a tu tto . A tra tti allucinato.
Abbastanza co rretto nel contegno. È tranquillo e non
h a impulsi. Si n u tre regolarm ente. Condizioni fisiche
141
generali buone.
2/4/60 - Ha presen tato im provvisam ente un atto
im pulsivo e precisam ente ha tentato di colpire con
una panca altri ricoverati, ed h a invece colpito il m u­
ro piuttosto violentem ente tan to da rom pere la panca
stessa. Viene pertan to in d ata odierna trasferito al
pad. 11.
2/10/60 - Non ha più presentato atti im pulsivi e si
m antiene calmo e passivam ente ad attato all’am bien­
te, m ostrandosi indifferente a tutto, inerte, un poco
rallentato in ogni m anifestazione psicom otoria. Con­
dizioni generali fisiche buone.
7/62 - Notevolmente rallentato, m a calm o ed abba­
stanza accessibile. Si n u tre e riposa sufficientem ente.
4/63 - Si è m olto accentuato lo stato di arresto psi­
com otorio. Tanto che non ha più voluto alzarsi ed an­
che appare qualche resistenza nel n u trirsi. Deve esse­
re parzialm ente ferm ato in quanto scende improvvi­
sam ente dal letto e si scaglia contro altri ricoverati o
contro il personale.
12/63 - Pressoché invariato. Sono state praticate
cure ricostituenti, in quanto è fisicam ente deperito.
64 - Relativam ente accessibile, a tra tti sporadici
stato di arresto psicom otorio. Persiste talo ra im pulsi­
vità.
65 - Sostanzialm ente im m odificate le condizioni
psichiche.
5.66 - Dopo breve periodo di trattam en to con Talo-
fen e successivam ente [Illeggibile] (...). Condizioni lie­
vem ente m igliorate.
67 - [Illeggibile].
1968 - Contegno im m odificato le condizioni fisi­
che sono scadute.
20/12/69 - A ttualm ente assum e 2 M elleril 50 al dì.
N essuna modificazione apprezzabile dello stato psi­
chico e del contegno.
70/71/72 -[Brevi note quasi illegibili con riferim en­
to alle terapie farmacologiche].
15/3/73 - Tranquillo, am bientato: sufficientem ente
lucido e ordinato. Si potrebbe ten tare una dim issione.
15/9/73 - Condizioni psichiche im m odificate. Non
p resen ta attualm ente spunti di pericolosità.
11/1/74 - Stazionario.
31/3/74 - Ha presentato una im pulsività ed ha ag-
142
gredito un altro paziente poi un inferm iere che cerca­
va di calm arlo. Interrogato in proposito non ha rispo­
sto per giustificare il proprio gesto. Crisi psicosenso­
riale? Inizia Neoleptil.
24/4/74 - Non ha più presentato manifestazioni im­
pulsive. Sem pre ap p artato taciturno, in atteggiam en­
to catatoneggiante.
7/7/74 - A ppartato, taciturno, rim ane ore intere
immobile, col capo chino, quasi sem pre in corrispon­
denza di angoli del cortile o del refettorio. Interrogato
in m erito a tale suo atteggiam ento o non risponde o ri­
sponde con un "non so”.
12/9/74 - Invariato il com portam ento. Non parla
spontaneam ente, risponde invece a tono, anche se do­
po m olta insistenza, se interrogato, dim ostrando luci­
dità mentale.
28/11/74 - Sem pre rallentato nelle attività psico-
m otorie, per lo più in atteggiam ento catatonico. Talo­
ra allucinatorio. Non m anifestazioni impulsive.
3/3/75 - Condizioni fisiche buone. Si alim enta con
regolarità e sufficienza. N orm ale il ritm o sonno-
veglia.
18/5/75 - Non sostanziali m odificazioni del quadro
psichico.
13/8/75 - T erapie attuali: N eoleptil (10 gt X 2) Talo-
fen 25 mg. (...)
25/9/75 - Passivam ente ad attato all’ambiente, soli­
tam ente taciturno, appartato, m a tranquillo.
15/10/75 - Non m anifestazioni impulsive o aggres­
sive.
7/11/75 - In considerazione della non pericolosità
attuale del paziente viene proposta la trasform azione
del ricovero coatto in volontario.
2/4/76 - Im m odificato.
24/9/76 - I a Vaccinazione an titetan ica a scopo p ro ­
filattico.
27/10/76 - II f H ATETAL.
10/12/76 - P raticate gam m aglobuline per profilassi
epatite (complessivamente tre fiale) Sul piano psichi­
co continua chiuso in sé, rallentato, ma calmo e co r­
retto.
10/2/77 - Stam ani non dà adito a particolari rilievi.
14/3/77 - T aciturno tuttavia se interrogato rispon­
de abbastanza a tono, si m antiene tranquillo, corret-
143
to, im poverito negli interessi e nella iniziativa.
26/4/77 - Non m odificazioni di rilievo da segnalare.
4/6/77 - Invariato.
30/7/77 - Q uadro di rilevante im poverim ento men­
tale, m a com portam ento tranquillo e co rretto . I pa­
renti venuti a trovarlo o invitati a conferire non si so­
no m o strati sostanzialm ente disposti p er una dim is­
sione in fam iglia del paziente.
12/9/77 - Sem pre chiuso, appartato, con evidenti
note di im poverim ento della personalità, come rallen­
tato, m a co rretto e governabile.
11/10/77 - Avendo accusato disturbi piu tto sto m al­
definiti, variabili, fra cui dolenzie in sede precordiale,
ha p raticato un E.C.G. di controllo: non patologico.
Condizioni generali di nutrizione buone. Esam e obiet­
tivo sostanzialm ente negativo.
14/10/77 - Non ha più accusato i d istu rb i di cui so­
pra. A volte si fa pressoché inaccessibile ai colloqui;
sem pre co rretto nel com portam ento.
30/11/77 - Stazionario.
10/1/78 - Usuale quadro psicopatologico.
9/3/78 - Ha iniziato u n a com pressa... fino a questo
m om ento senza risu ltati apprezzabili.
14/4/78 - Sem pre assai scarsam ente accessibile,
chiuso in sé, appartato, tu ttav ia corretto nel com por­
tam ento. H a iniziato un tentativo di cu ra con... coni.
200 mg..
16/5/78 - Non m odificazioni di rilievo da segnalare.
30/6/78 - Usuale quadro dissociativo di vecchia da­
ta, con scarsissim a accessibilità e rallentam ento psi­
com otorio.
15/7/78 - D isordinato nella cu ra della persona, in­
differente, abulico, poco accessibile al colloquio. È
m entalm ente lucido, m a povero di idee, carente nel
ragionam ento e nella critica.
12/8/78 - Condizioni fisiche buone.
9/9/78 - Terapie in atto: Equilid 200 mg. (2 c.) - Disi-
pal (2 c.) - Talofen (30 gt.) - Neoleptil (20 gt.) - Effortil.
23/10/78 - Com portam ento tranquillo anche se il
paziente rim ane appartato, tacitu rn o e verosim ilm en­
te allucinato.
5/11/78 - Invariato.
20/12/78 - Il p. rim ane alzato durante il giorno, pas­
seggia sem pre da solo fuori del reparto. Alla no tte ri-
144
posa.
10/1/79 - Contegno stazionario.
15/2/79 - Episodicam ente scontroso, irascibile, an­
che impulsivo; d u ran te queste m anifestazioni chiede
spesso di essere contenuto con fasce ai polsi.
24/3/79 - Non modificazioni di rilievo.
8/4/79 - Condizioni fisiche buone.
18/5/79 - Taciturno, appartato, tranquillo.
20/6/79 - Privo di iniziativa, interessi, volontà, lim i­
tato e incoerente nelle idee.
12/7/79 - Invariato.
27/8/79 - R allentato nelle attività psicom otorie, a
volte in atteggiam enti catatonici o allucinatori.
11/9/79 - Stazionario.
21/10/79 - A volte impulsivo.
11/10/79 - Terapia invariata.
13/12/79 - Condizioni fisiche buone.
5/1/80 - Spesso in atteggiam enti catatoneggianti;
meno impulsivo.
17/2/80 - Invariato.
30/3/80 - Sem pre poco accessibile al colloquio;
spesso le risposte sono a tono.
11/4/80 - Stazionario.
15/5/80 - Vaccinoprofilassi antitifica.
20/6/80 - Com portam ento autistico immodificato.
2/7/80 - Non si segnalano dati di rilievo.
4/8/80- Taciturno, appartato, allucinato, meno im­
pulsivo.
14/9/80 - R allentato nelle attività m otorie, abulico,
vorrebbe spesso rim anere a letto p er l’intera giornata.
22/10/80 - Invariato.
12/11/80 - Non si segnalano dati di rilievo.
10/12/80 - Stazionario.
8/1/81 - A volte in atteggiam enti catatonici, negati-
visti.
24/3/81 - M utacico, appartato, m a tranquillo.
10/4/81 - Condizioni fisiche buone.
7/5/81 - Scontroso, a volte allucinato, ma non im­
pulsivo.
18/6/81 - Senza motivo ha colpito un degente con
una sedia procurandogli una lieve ferita.
1/7/81 - Tranquillo, disordinato.
20/8/81 - Invariato.
16/9/81 - Non si segnalano dati di rilievo.
145
Quando sono venuto
mi hanno interrogato
eccetera eccetera
Mi hanno denudato
eccetera eccetera
Mi hanno fru stato
eccetera eccetera
Mi hanno sputato
eccetera eccetera
Dovevo cacare e pisciare
nella cella
eccetera eccetera
Nella ciotola di mollica
mangiavo con avidità
una broda da maiali.
L'agonia di un uomo
non è
nulla
quello che conta è il regolam ento
- Le regole del campo -
tagliatem i a pezzi
ma fatelo
con ordine
con m etodo
con precisione
Uccideteli tu tti
ma fatelo
con ordine
con m etodo
con precisione
L’agonia di un uomo
non è
nulla
quello che conta è il regolam ento
- Le regole del campo -
Tagliatemi
a pezzi!
Uccideteli
tutti!
Tagliatemi
a pezzi!
Uccideteli
tutti!
Quello che conta è il regolam ento
- le regole del campo -
Tagliatemi
a pezzi!
Uccideteli
tutti!
Incontro al m anicom io di Volterra

Avevo otto anni


otto anni
otto anni
quando mi hanno sbattuto
qui dentro
quando mi hanno sbattuto
qui dentro
con la violenza
E o ra quanti anni hai?
E o ra quanti anni hai?
M inuto per m inuto
Ora per ora
Giorno p er giorno
Le notti a occhi spalancati
I giorni senza fine
Le notti a occhi spalancati
i giorni senza fine
È passato troppo tempo
E o ra quanti anni hai ?
E ora quanti anni hai?
I giorni a occhi spalancati
Le notti senza fine
Le notti a occhi spalancati
I giorni senza fine
È passato troppo tempo
Ma non li hai contati
i tuoi anni?
E perchè avrei dovuto contarli?
Un cavallo nel cielo
l’ho veduto sul serio

Ma non c ’eran o allora


in quel grande mom ento
• e non mi hanno creduto

Ma non c ’erano allora


in quel grande momento.
Luciano C.

Ammesso il 23/3/57. Data di n ascita settem bre


1946. Celibe. Professione: inabile. C ultura: analfabe­
ta. Diagnosi: oligofrenia cerebropatica.
ANAMNESI: il ricoverato da anni dim ostra lento svi­
luppo m entale. Piuttosto violento ed irritabile. Il pa­
dre suicida. La m adre è stata ricoverata in questo isti­
tuto all’atto del suicidio del m arito. E strem a indigen­
za fam iliare.
DECORSO E CURA
23/3/57 - Il bam bino en tra notevolm ente eccitato è
necessario contenerlo. D enutrito e di scadenti condi­
zioni.
25/3/57 - Continuam ente irritato . Passa al pad. 16
4/3/59 - È in so rta influenza febbrile, (denuncia
7/3/59)
17/4/59 - La m alattia infettiva si è esau rita in 40
giorni attualm ente le condizioni fisiche vanno miglio­
rando. Psichicam ente è grave l’arresto di sviluppo,
non si sa esprim ere, h a com portam ento disordinato e
talora è necessario contenerlo p er la continua m astu r­
bazione. Passa alla C.E.
25/11/59 - Frenastenico, stolido, sudicio, disordi­
nato, non possiede linguaggio articolato. Condizioni
fisiche m ediocri. Passa al pad. 15.
23/11/60 - P er necessità di posto passa al pad. 1
6/12/60 - 1-15
20/7/61 - Pad. 15 oligofrenico in discrete condizio­
ni
ni fisiche; a tra tti subeccitato. Sviluppo fisico norm a­
le. Viene alzato pressoché costantem ente.
30/12/62 - Im m odificato. Condizioni di sviluppo so­
m atico norm ale. Si n u tre regolarm ente.
20/10/63 - A tra tti viene p rescritto qualche sedati­
vo; è sem pre m olto irregolare il com portam ento. Lin­
guaggio articolato pressoché assente. È m al governa­
bile. Condizioni fisiche buone.
30/11/64 - Im m odificate le condizioni psicofisiche.
Il com portam ento è sem pre vivace ed irregolare. Si
riesce a tenerlo alzato anche nella stagione fred d a nel­
le sale superiori. Nel soggiorno non è possibile in
quanto disturb a gli altri pazienti.
25/1/65 - Inizia la vaccinazione antipolio, [non deci­
frabile] Terapia antiepilettica.
7/3/65 - E stato affetto da influenza febbrile. At­
tualm ente (...) lo sviluppo som atico è norm ale. A tra tti
è irrequieto e viene allettato e cu rato con neurosedati­
vi (Largactil).
30/10/65 - Pressoché im m odificato. È sem pre m al­
governabile, con scarse percezioni. A tra tti d isturba
gli altri pazienti e si è co stretti a porlo a letto. Terapie
neurosedative.
20/11/66 - Si è ferito al m ento cadendo nel reparto.
[Illeggibile].
15/4/67 - P. 15-19
15/4/67 - Condizioni fisiche buone. Stato psichico e
com portam entale invariato. Per necessità di posto
passa al padiglione 19.
18/3/68 - Grave quadro frenastenico. Crisi di ecci­
tam ento du ran te le quali necessita contenerlo.
4/2/69 - non vi sono varianti degne di nota.
4/4/70 - Vita vegetativa, disordinato sudicio. Deve
essere accudito in tutto.
28/3/71 - Invariato il quadro frenastenico. Condi­
zioni fisiche discrete.
25/9/71 - Acritico, fatuo e stolido nel contegno, di­
sordinato laceratore. M anifesta agitazione m otoria,
vociferazione n o tturna. Terapia Largactil, Gardenal.
27/9/71 - (Da circa 20 giorni più eccitato del solito.)
Viene facilm ente a diverbio. Passa al rep. 9.
5/10/71 - P erdurando l’agitazione m otoria, viene
trasferito al pad. 11.
6/11/71 - Irrequieto, disordinato specie se isolato,
152
laceratore, sudicio. Passa al pad. 15.
7/1/72 - Sem pre in eccitam ento, laceratore con
grave disordine del com portam ento specie se alletta­
to.
9/4/72 - Alzato p resenta problem i di custodia in
quanto d istu rb a a tra tti e dà spinte agli altri pazienti,
[illegibile].
20/10/72 - Vaccinazione anti-influenzale. Condizio­
ni stazionarie.
15/3/73 - Ha sofferto di bronchite catarrale. At­
tualm ente m igliorato. D isordinato m a non aggressivo.
Terapia attu ale neoleptil + largactil
4/8/73 - A letto p er qualche giorno p er un forunco­
lo al piede sn., Si alza in condizione di nutrizione buo­
na. D isordinato m a poi governabile, terap ia [ illegibi­
le].
28/8/73 - P raticata II f. A natetal
15/11/73 - In com plesso meno irrequieto e disordi­
nato.
9/2/74 - Spesso a tra tti irrequieto e disordinato.
Condizioni fisiche generali discrete.
31/3/74 - P raticata profilassi con gam m aglobuline
contro l’epatite virale
10/5/74 - Non m odificazioni di rilievo da segnalare
3/8/74 - Gamm aglobuline
12/8/74 - [illegibile].
20/1/75 - D isordinato, non m anifesta nessuna ag­
gressività, se opportunatam ente guidato, è relativa­
m ente ubbidiente. Condizioni fisiche buone.
8/3/75 - Condizioni stazionarie e p er necessità di
ristru ttu razio n e del reparto passa al pad. 11
24/4/75 - Deficit psichico di notevole grado. Al mo­
m ento non p resen ta pericolosità alcuna. N ecessita co­
m unque essere accudito in tu tto non essendo p er nul­
la autosufficiente.
22/12/75 - R ichiesta trasform azione in ricovero
non coatto.
20/2/76 - Non si presentano v arian ti degne di nota.
21/5/76 - D isordinato sudicio, necessita di assi­
stenza. Ma non p resen ta pericolosità alcuna.
12/11/76 - N on m odificazioni di rilievo da segnala­
re.
10/12/76 - P raticata gam m aglobulina
15/1/77 - Stazionario
153
10/3/77 - Sostanzialm ente invariato.
20/4/77 - Sempre piu tto sto disordinato, tendendo a
n u trirsi più del norm ale ed in m odo im proprio, talora
transitoriam ente irrequieto, m a non aggressivo, né
impulsivo.
2/6/77 - Non fatti nuovi di rilievo da segnalare
30/7/77 - Dopo un periodo in cui si è m ostrato m ag­
giorm ente irrequieto, è rito rn ato più o meno, nelle
abituali condizioni.
12/9/77 - Stazionario
10/10/77 - Non m odificazioni di rilievo da segnala­
re.
30/11/77 - Usuale quadro frenastenico di grado ri­
levante, con episodiche m anifestazioni di irrequietez­
za, senza fatti di aggressività o im pulsività. Condizio­
ni generali di nutrizione buone.
4/1/78 - Sostanzialm ente invariato.
14/2/78 - Stazionario.
30/3/78 - Non m odificazioni di rilievo da segnalare.
26/5/78 - [Illeggibile],
1/7/78 - Stazionario, non dà adito a nuovi rilievi.
12/8/78 - Grave frenastenia, non si p resta assoluta-
m ente al colloquio, tranquillo, sudicio.
21/9/78 - Condizioni fisiche buone. Tiene in bocca e
m astica oggetti vari, che però non ingerisce.
5/10/78 - Conduce vita esclusivam ente vegetativa.
18/11/78 - D isordinato sudicio, m a non impulsivo.
20/12/78 - Alla notte riposa. Si alim enta abbondan­
tem ente.
15/1/79 - Terapia in atto Neoleptil (10 gt) Valium
(15 g tx 2 ).
19/2/79 - Com portam ento sostanzialm ente invaria­
to.
24/3/79 - Tranquillo non impulsivo, m a m olto di­
sordinato.
16/4/79 - Invariato il quadro m entale di grave fre­
nastenia.
4/5/79 - Condizioni fisiche buone.
11/6/79 - Molto sudicio, disordinato.
28/7/79 - Spesso fuori del reparto, m a non m anife­
sta tendenze ad allontanarsi.
13/8/79 - Non si segnalano dati di rilievo.
22/9/79 - Solito frenastenico con la p erd u ran te ten­
denza a tenere in bocca oggetti vari (carta, pezzi di le-

154
gno, ecc.).
18/10/79 - Invariato.
21/11/79 - Buone le condizioni generali di nutrizio­
ne.
1/12/79 - Alla notte riposa, d u ran te il giorno è tra n ­
quillo.
14/1/80 - Molto sudicio, disordinato.
9/2/80 - Conduce vita esclusivam ente vegetativa.
17/3/80 - Invariato.
15/5/80 - Vaccino-profilassi antitifico.
2/6/80 - Il paziente è affetto da diarrea, senza sinto­
mi obbiettivi a carico dell’ap parato digerente.
4/6/80 - È com parsa febbre, p er cui agli antisettici
intestinali si associano antibiotici.
5/6/80 - Poiché la sintom atologia non tende a re­
gredire ed è com parso sangue fram m isto alle feci, il p.
viene ricoverato all’O.C. di Imola.
10/6/80 - Dimesso dall’O.C. rien tra in reparto con
diagnosi di "colica addom inale p er intasam ento feca­
le causato da alim entazione im propria (bacche, arb u ­
sti, radici e pezzi di legno)”.
20/6/80 - Il p. va meglio. Segue la terapia p rescritta
all’O.C. sem icupi 2-3 volte al dì em ulsione di olio di va-
sellina.
15/7/80 - Condizioni fisiche buone.
10/8/80 - Invariato il quadro di grave frenastenia.
30/6/84 - V isita chirurgica. Asportazione dall’am ­
polla del retto di m ateriale fecale con pezzi di legno
frantum ato.

155
Lo so che tu tto quello che mi è accaduto
vi è sem brato strano
Ma so anche
che non avete
capito
nulla
Non avete capito nulla e non me ne importa nulla

Vi ho incontrato sulla Neckar e vi ho detto:


non esistono più
i fium i
Mi avete incontrato sulla N eckar
e volevate sapere
e volevate sapere
e volevate sapere
ma non vi ho risposto
e non vi risponderò
ma non vi ho risposto e non vi risponderò mai
Mi avete aggredito
e non mi sono difeso
Sapevo anche troppo bene
che sarebbe stato inutile
Mi avete interrogato
e non mi sono difeso
Sapevo anche roppo bene
che sarebbe stato inutile
Mi avete serrato le b raccia
e trascin ato in M anicomio
e sono venuto senza nem m eno p ro testare
Non ho protestato
Non ho protestato
A pparentem ente
A pparentem ente
Mi ero chiuso in me stesso
Mi ero chiuso in me stesso
p er sottrarm i
a u n ’esistenza
divenuta
sem pre
più
assu rd a
Mi avete chiuso in cella
e non mi sono difeso
Sapevo anche troppo bene
che sarebbe stato inutile
G rida pure
vi sarà
qualcuno
che ti risponde?
Grida pure
vi sarà
qualcuno
che ti risponde?
Così diceva
Tem anita
Così diceva
Elifaz Tem anita
a Giobbe.

Se tu avessi capito
fino a che punto
l’um iliazione
può distruggere un uomo
Se tu avessi capito
Se tu avessi capito
sapresti uccidere
sapresti uccidere senza pietà
Tu non mi senti m a io ti voglio dire lo stesso
ti voglio dire
ti voglio dire
che non è il dolore
che non è la to rtu ra
ch’io provo
Ti voglio dire anche se non mi senti
Ti voglio dire che non è la paura
non è la paura
non è la paura
Non sono gl’incubi
che attraversano
che attraversano la m ia testa
che attraversano la m ia cella
e che bruciano i miei occhi
com e il fuoco del sole
Ti voglio dire anche se non mi senti
che non ho mai gridato
che non ho mai gridato
p e r lè mie to rtu re
per le mie torture che subisco da anni
Potrebbero tagliare
Potrebbero tagliare
senza farm i nulla
Ma se urlo
Ma se urlo
m a se urlo a pieni polm oni
e vorrei u rlare sem pre
se mi bastasse la gola
se mi bastasse la voce
Ma se urlo
com e un lupo ferito
è la m ia umiliazione
che non ha nome
che non ha fine
che non ha vendetta

158
1» :
Se tu avessi capito
fino a che pu n to
l’um iliazione
può distruggere un uomo
Se tu avessi capito
Se tu avessi capito
sapresti uccidere
sapresti u ccidere senza pietà.

Non conosco la gioia


da quel giorno
Li ho in contrati
Li ho in co n trati p er caso?
Mi hanno detto
ti prendiam o con noi
Mi prendete con voi?
ti prendiam o con noi
Non conosco la gioia
da quel giorno.
Vittoria M.

Ammessa 3 dicem bre 1954 - D ata di nascita 16 set­


tem bre 1923 - nubile - professione: dott. in m edicina e
chirurgia - diagnosi: schizofrenia.
ANAMNESI : im possibile decifrare parole
DECORSO E CURA
3/12/54 - La paziente entra nell'istitu to apparente­
m ente calma, al m edico che l’interroga risponde con
senso logico, p arla abbastanza particolareggiata dei
suoi disturbi, afferm a avere p ro p rietà telepatiche. Al­
le domande del m edico insiste nel conferm are il suo
disordine m entale, dim ostrandosi fiduciosa in un ra ­
pido ripristino. Aspetto norm ale contegno com posto e
calmo.
4/12/54 - La notte è p assata calma, la paziente ha
riposato, il contegno e il pensiero si m antengono inva­
riati. Ha mangiato.
14/12/54 - Passa al padiglione 8 p er la terapia insu-
linica.
15/12/54 - Inizia in data odierna insulinoterapia.
29/12/54 - M ostra notevole resistenza ad en trare in
coma. Con 320 ui. ha solo profonde sensazioni di irre ­
quietezza.
12/1/55 - Con 420 ui. ha raggiunto il coma. Al risve­
glio, forse dato l'alto dosaggio, si sente m olto spossa­
ta. Scontrosa con il personale che ritiene le possa pro­
pinare cibi e sostanze avvelenate.
3/2/55 - D ata la difficoltà nel raggiungere il com a

161
si inizia com binato con elettroshock.
11/3/55 - M entalm ente sopita e progressivo decadi­
mento. Acritica, stolida, con idee deliranti di persecu­
zione e di influenzam ento. Spesso se la prende con i
medici e con il personale. Continua insulinoterapia
com binata con elettroshock.
7/5/55 - Sono stati eseguiti complessivi 18 accessi
convulsi com binati con altrettan ti coma. In totale è
en tra ta in com a profondo solo 18 volte raggiungendo
però il precom a quasi ogni giorno. All’inizio della
com binata con l’elettroshock s’era notato un notevole
m iglioram ento che però è stato di brevissim a durata.
11/6/55 - È m entalm ente molto decaduta ed in pre­
da ad eccessi psicosensoriali che la rendono scontro­
sa, diffidente, totalm ente priva di critica. Passa al
pad. 10.
22/10/56 - Lo stato m entale dell’inferm a non subi­
sce che scarse variazioni in seguito ad applicazioni di
elettroshock. È spesso disordinata, stolida, sconnes­
sa, sitofoba [avversione per il cibo].
1/3/57 - Sono stati fatti altri elettroshock con mi­
glioram ento transitorio. Sottoposta ad iniezioni di
Largactil. Sem pre stolida, sconnessa, sudicia.
5/12/57 - Notevole decadim ento m entale. Passa al
pad. 8.
4/2/58 - Sem pre sotto l’influenza di idee deliranti
crede che i cibi siano avvelenati, teme di tutto, si sen­
te contagiosa e p er questo sta appartata. Condizioni
fisiche buone.
20/2/59 - Da parecchi mesi sta sem pre in letto. Si
nutre solo di liquido (brodetto). A volte sudicia e di­
sordinata. Non si interessa, né risponde ad alcuna do­
m anda. Condizioni fisiche in netto e progressivo peg­
gioram ento.
14/5/59 - Sitofoba, negativista a volte sudicia. Con­
dizioni fisiche molto decadute (vengono, oltre le cure
del caso, p raticate ipoderm oclisi di vitamine, a giorni
alterni).
20/11/59 - Solite condizioni mentali. Sem pre sito­
foba. Condizioni fisiche m olto decadute.
20/1/60 - A ttualm ente si n u tre spontaneam ente. Le
condizioni fisiche sono migliorate. Spesso clam orosa
e allucinata.
26/2/60 - Non modificazioni dello stato m entale. Si
162
nutre spontaneam ente.
5/5/60 - Di nuovo sitofoba. Di notte clam orosa a
tratti. Condizioni fisiche decadute.
13/5/60 - S p u ta continuam ente ed è scomposta.
Passa al pad. 14.
14/10/60 - A lterna periodi di discreto benessere a
periodi di eccitam ento e sitofobia.
8/2/61 - Le condizioni psichiche sono stazionarie,
nonostante abbia fatto un ciclo di elettroshock.
10/3/61 - L’am m alata pare più rio rd in ata ed equili­
b rata dopo che si è iniziata una terap ia con Serenase.
14/4/61 - Va nettam ente meglio. Le condizioni in­
tellettive sono discrete nonostante le facoltà fisiche
siano nettam ente indebolite. Passa al pad. 16.
28/7/61 - Dopo un discreto periodo di relativo be­
nessere, da ieri è ricaduta in uno stato delirante-
ansioso: essa sente un fluido u scire dal suo corpo che
strega le persone che le stanno vicine.
15/12/61 - Ultim am ente continua a presentare le
sue idee deliranti, da una settim ana fa terapia con Fa­
seina (3 com pr. al dì) e con psicoterapia; la paziente di­
ce "di non essere più stregata e di non stregare”. Un
po’ più riequilib rata anche come um ore. Fisicamente
sta benino, un po’ anemica, fa terap ia con estratto
epatico.
25/6/62 - È stata benino p er qualche mese, andava
a lavorare in guardaroba. Non presentava più idee de­
liranti, critica buona, ora è ricaduta, ogni tanto è ne­
cessario tenerla in letto. Faseina e Talofen.
5/8/62 - Da qualche giorno è peggiorata, anoressia,
bisogna alim entarla con la sonda. Subeccitata è ne­
cessario contenerla. Viene inviata al pad. 14.
18/3/63 - In questo periodo è stata sottoposta a di­
versi brevi cicli di elettroshock, che la riordinano ab­
bastanza. L’altro giorno ha avuto uno scatto-im pulsi­
vo improvviso ed immotivato. Nel complesso nessun
m igioram ento dello stato m entale sem pre allucinato e
delirante.
13/9/63 - N essuna modificazione apprezzabile del­
lo stato m entale; vi è in lei un vuoto com pleto delle co­
gnizioni di m edicina e chirurgia e della specializzzio-
ne in pediatria. Spesso inerte, indifferente, talvolta
con m anie religiose.
7/6/64 - A ttualm ente è abbastanza calma, ma senza
163
cognizioni del proprio essere, adattandosi talvolta ad
um ili servizi.
[Illeggibili 20 righe della cartella].
30/2/68 - A bbastanza calma, Sem pre dissociata.
O rientata nello spazio e nel tempo. Non disturba. Si
n u tre regolarm ente.
4/6/70 - Quadro psico-fisico invariato. T erapia Lar-
gactil 100+ 100 + mezzo Letargin alla sera.
20/9/71 - La paziente è o rientata nello spazio e nel
tempo. Sem bra abbastanza coerente, ma du ran te il
colloquio si evidenziano spunti deliranti e allucinazio­
ni uditive. Afferma di essere a volte dom inata da im­
pulsi dem oniaci che riesce a respingere. C’è anche un
certo grado di regressione mentale. Vive appartata.
Si lam enta di essere sola al mondo. Terapie in corso
Largactil 100+100 Letargin 1/2 cp. sera.
15/1/72 - Sospesa ogni terap ia psicofarm acologica
p er 10 giorni in attesa di iniziare nuovo trattam en to
con farm aco MD 7 332. Richiesti esam i di routine.
10/2/72 - Riprende terap ia con Largactil p e r m an­
cato trattam en to con farm aco MD 7 332. La paziente è
più agitata ed impulsiva.
17/8/72 - Solite condizioni mentali: dissociata, al­
lucinata, delirante, im pulsiva (a tratti). C om porta­
m ento stereotipato ed infantile. Largactil 100 + 100
Letargin 1/2 alla sera.
1/2/73 ■P.A. 200. È stata colta da m alore, m a si è ri­
presa subito. Condizioni m entali invariate.
2/3/74 - Condizioni psichiche tipiche della schizo­
frenia paranoide. Glicemia alterata. Terapia: ...... ,
adelfan, largactil.
8/11/74 - Essendo la paziente da tem po istituziona­
lizzata ed abbastanza calma, non presenta attualm en­
te segni di pericolosità, si propone quindi per la tra ­
sform azione in volontaria.
19/4/75 - Stato febbrile. C atarro su tu tti gli......
polnonari........Sobrepin.....................
23/4/75 - In data odierna viene ricoverata all’ospe­
dale civile p er broncopolm onite, (esami vari in rep ar­
to)
2 a AMMISSIONE (Rientro dall’Osp. Civ.)
7/5/75 - R ientra dall’Osp. Civ. psichicam ente inva­
riata, terap ia consigliata................... .
16/4/77 - Psichicam ente invariata. Paziente istitu ­
i i
zionalizzata. Glicemia 135. Azotemia IO. -
8/7/78 - Di um ore estrem am ente variabile: ora ac­
cessibile e cordiale, ora estrem am ente scontrosa. Non
accetta suggerim enti circa le limitazioni qualitative
della dieta, in quanto diabetica.
13/8/78 - Glicemia: 104, Condizioni stazionarie.
12/9/78 - Non dati di rilievo da segnalare.
9/10/78 - Glicemia 108...........
19/10/78 - In v iata p e r v isita sp ecia listica
all’O.C......
[Troviamo sette annotazioni che si riferiscono
esclusivam ente alle condizioni fisiche di V ittoria e un
ricovero in osp. civ. per blocco renale acuto].
3/4/79 - Esam e scherm ografico di controllo. Più
calma.
25/5/79 - Non accetta limitazioni nella dieta
14/6/79 - Spesso scontrosa, a volte aggressiva.
[La cartella continua con m olte annotazioni sugli
esami della glicem ia e della azotem ia e termina:]
24/3/82 - Sostanzialm ente invariato il quadro di
decadim ento mentale.

165
Ero troppo malinconico
Indifferente a tu tto
Ma cinque giorni
di cura
mi sono b astati
Ero troppo malinconico
Indifferente a tu tto
Ma cinque giorni
di cu ra
mi sono b astati

Una cella di cem ento


un letto puzzolente
una ciotola di legno
un pigiam a giallo
un cortile p er la passeggiata
Ero troppo malinconico
Indifferente a tu tto
Ma cinque giorni
di cu ra
mi sono b astati
Ero troppo malinconico
Indifferente a tu tto
Ma cinque giorni
di cu ra
mi sono b astati
Ho strozzato il guardiano
Gli ho stretto la gola

Erano anni che non provavo


una gioia così grande
Erano anni che non provavo
una gioia così grande
Ero troppo malinconico
Indifferente a tu tto
Ma cinque giorni
di cu ra
mi sono bastati
Ero troppo m alinconico
Indifferente a tu tto
Ma cinque giorni
di cu ra
mi sono bastati.

Dopo tre giorni di consegna


erchè non avevo la divisa a posto
Eo sfregiato il sergente
ma dico sul serio
avrei voluto ucciderlo
avrei voluto ucciderlo
e l’ucciderei ancora
se potessi
se potessi
Quando mi hanno portato
qui dentro
piangevo di rabbia
Quando mi hanno p ortato
qui dentro
piangevo di rabbia
E ancora la rabbia da anni
mi b ru cia le viscere
e mi consum a il cervello

167
e ancora
la rabbia
la rabbia
da anni
da anni
mi brucia le viscere
e mi consum a il cervello
Dopo tre giorni di consegna
perchè non avevo la divisa a posto
ho sfregiato il sergente
E ancora la rab b ia da anni
mi brucia le viscere
e mi consum a il cervello.
Dopo tre giorni di consegna
perchè non avevo la divisa a posto
ho tirato un coltello
in direzione del sergente
in direzione del sergente
in direzione del sergente
ma purtroppo
ma purtroppo
ma p u rtroppo
non l’ho preso
ma purtroppo
non l’ho am m azzato
Dovevo ucciderlo
Dovevo ucciderlo
Dopo tre giorni di consegna
perchè non avevo la divisa a posto
ho tirato un coltello
in direzione del sergente.
Se tu b atti un colpo fuori tempo
(come il tim panista bizzarro) tu tti
gli altri ti saltano addosso come
tigri, e tu devi sp erare che ti
sbranino nel m inor tem po possibile.
Non im porta se quel colpo fuori tem po
e ra proprio quello che ci voleva.
Bianca B.

Ammessa 8 novem bre 1927 - D ata di nascita 16


agosto 1910 - nubile - analfabeta
Diagnosi: non v erificata pazzia - epilessia m otoria con
cara ttere epilettico e frenastenia cerebropatica con
insufficienza m entale di medio grado (soggetta a vio­
lenza carnale, e ra tale da poter resistere? Sì. Vedi pe­
rizia) DECORSO E CURA
9/11/27 - E n trata ieri m attina proveniente da Cese­
na accom pagnata da un agente di Q uestura con ordi­
nanza del Sig. Giudice Istruttore del tribunale di Forlì
per essere sottoposta a perizia psichiatrica. All’ingres­
so era tranquilla e docilmente ha acconsentito a spo­
gliarsi e m ettersi al letto. Quivi è rim asta, calma, ordi­
nata, guardandosi attorno con una certa meraviglia
nervosa, m a senza m ostrarsi preoccupata d’essere in
tal posto, né im pressionata dallo spettacolo poco co­
mune di am m alate scomposte od agitate. Alle domande
risponde volentieri m a con qualche incertezza, stenta
talora ad esprim ersi p er difficoltà di linguaggio, in-
quantoché essendo stata per m oltissim i anni in Ameri­
ca (Stato di S. Paolo del Brasile) fino da bim ba e soltan­
to da 8 mesi rito rn ata in Italia, p arla l’italiano con
qualche difficoltà e stenta a trovare le parole adatte.
Appare però dalle risposte date che essa è lucida e
all’ingrosso bene orientata; sa d ire il proprio nom e e
cognome e l’età, sa il nome del p ad re ed il nome (fu
Angelina) m a non il cognome della m adre. Sa che abi­
171
ta a Cesena, via degli Albizzi (essa dice Alpizzi) n°2;
non sa dove si trovi, perché, dice, nessuno glielo ha
detto; quando com prende che è in ospedale sem bra
m olto m eravigliata. Dice d'aver fatto la seconda ele­
m entare m a però non sa quanti mesi h a un anno, né
conosce le stagioni né sa in che mese ci troviam o. In­
terro g ata som m ariam ente sul suo passato n a rra di
aver passato m olti anni al Brasile, e d'essere tornata
con suo padre circa 8 mesi fa, non sa p er quale ragio­
ne; dice che presto dovranno tornare in America. Per
ora non viene interrogata sul fatto sessuale che m oti­
vò la perizia, ed essa nulla dice spontaneam ente. Rac­
conta invece spontaneam ente che per il passato è an­
data soggetta a mali di capo e a ???? p er i quali talvol­
ta cadeva a te rra se era in piedi. Di più non sa dire. Ha
dorm ito tu tta la notte. Stam ane è tranquilla, docile,
risponde come ieri alle domande, è di um ore sereno,
non preoccupata di tro v arsi qui, neppure ne dom anda
il perché. Però ora sem bra un po’ im pressionata dalla
vista di certe m alate agitate e dom anda di alzarsi,
d ’uscire in cortile d ’essere m essa in a ltra cam erata.
Ha m angiato volentieri.
11/11/27 - Contegno tranquillo e com posto. Sta al­
zata du ran te il giorno trattenendosi con le compagne
di sala con discreta socievolezza.
A volte però appare di malumore, scontrosetta, di
poche parole; altre volte invece comincia a dire una data
cosa e la ripete con insistenza specialmente con le infer­
miere ed il medico, fino a divenire noiosa. Adesso si la­
menta di dover stare qui, dice che si annoia e che vor­
rebbe andare a casa dal suo babbo, per aiutarlo a fare i
lavori di casa. Qui però non vuole far nulla e non si occu­
pa di alcun lavoro, si è provato con la calza o con il lavo­
ro di cucito, ma non se ne cava nulla, un po’ perché non
ne ha voglia, un po’ perché sembra incapace. Nelle ri­
sposte si m ostra lucida, orientata, ma incerta nelle date
e spesso tardiva a comprendere, appare di intelligenza
piuttosto torpida, non di rado irrazionale di fronte a si­
tuazioni pur semplici.
Ha sonno regolare, appetito buono.
14/11/27 - Si è m an ten u ta in questi giorni tran q u il­
la, com posta, pulita, m a sem pre indolente, inerte,
oziosa, dice bensì che vorrebbe lavorare e che si an­
noia qui, m a poi m essa al punto d’atten d ere a qualche

172
lavoretto non conclude nulla. Si scusa dicendo che la­
vorerebbe a casa, aiutando il babbo, ed in questi gior­
ni ha insistito ripetutam ente p er essere m andata a ca­
sa presto, ché non sa per quale ragione debba star qui
e non ci vuole più stare. Alle obbiezioni che è necessa­
rio che ella rim anga qualche tempo p er essere studia­
ta, sem bra non com prendere e ripete con la solita insi­
stenza che non intende ragione: voglio andare a casa,
mi mandi a casa subito. Oggi si è lam entata anche di
mal di capo e stam attin a era piuttosto irrequieta, non
trovava pace, girava di qua e di là senza scopo ma con
evidente irrequietudine. Appariva anche un po’ inton­
tita, più torpida nel com prendere e nel rispondere, nel
pomeriggio era più calm a e più pronta.
17/11/27 - L’a. p u r essendo tranquilla e com posta nel
contegno, continua a m ostrarsi m olto fatua e strana,
sem pre indolente e oziosa, non si riesce a farla occu­
pare in alcun lavoretto, anche semplice; ripete più e
più volte la stessa cosa, m onotonam ente, insistente­
mente, senza risen tire effetto di richiam i o di ragioni.
S oprattutto insistente è nel chiedere di tornare a ca­
sa, e per quanto si cerchi di farle com prendere che
questo sarà possibile presto, m a non subito, essa non
si persuade e risponde ripetendo la sua richiesta con
le solite parole cadenzate e come in cantilena. Mangia
e dorm e regolarm ente.
19/11/27 - C hiam ata nell’ufficio del medico e in ter­
rogata.
Come va? - R. Poco bene - Che cosa hai? - R. Nien­
te -E allora cosa dici? - R. Che sto bene - A dom. ri­
sponde - Il babbo si chiam a B. Francesco, la mamma
non ce l'ho; è m orta, si chiam ava Angelina T.; è m orta
che io ero piccinina; eravam o in America, Brasile, a
Belo Horizonte, io ho 17 anni; com piuti il 15 agosto,
non so in che anno sono nata, sono stata a scuola al
Brasile, insegnavano anche l’italiano; ho fatto la I o e
la 2° classe; non ho fatto la 3° perché m ia zia mi ha te­
nuto a casa; ho due fratelli, uno di 22 anni e uno di 15;
essi sono ora al Brasile, con gli zii; io sono tornata in
Italia col babbo, il 16 marzo di q u est’anno, ora siamo
nel 1900..., non ricordo.... siamo nel mese di ottobre
ne abbiam o 22 ed è sabato; dom ani è domenica; il
giorno in cui sono venuta qui non ricordo, credo m er­
coledì, era al principio del mese di ottobre, non rico r­

173
do di preciso; venivo da Cesena; mi ha accom pagnato
un signore che è sposato e conosce il m io babbo, tiene
un scrittoio che scrive, non mi disse niente perché mi
portava qui; questo luogo... non so... è un ospitale di
malati, mi pare che sono m alati di nervosia (sono m at­
ti?) R. Può essere. Io sto bene non faccio niente.
Anch'io tenevo la nervosia, m a non adesso, in America
quando ero con la zia, mi arrabbiavo; tenevo m ale alla
testa e mi davo i pugni nella testa, e delle volte dalla
rabbia cascavo per terra; m a adesso non ho più niente
e voglio andare via con il mio babbo. Ora il mio babbo
lavorava da m uratore, a Cesena dalla m attin a alle 6 fi­
no a sera. Non so che città è questa. Ma se mi lascia
andare sola vado a casa a piedi. Non so quanto ci sia
da qui a Cesena, mi disse quel signore che c ’è un kilo-
m etro solo. (Quant’è un km? quanti m etri?) R. Non so,
non ricordo. (Più di 100 m etri?) R. No, no. Mi lasci an­
dare a casa che vado a piedi. (Quante ore ci vogliono a
andare a Cesena?) R. A venire ho preso il tren o di m at­
tina alla 7 e arriv ata qui alle due. Io a pie<Ji ci m etterò
una giornata; sono costum ata a andare a piedi anche
tu tto il giorno. (In un giorno quante ore?) R. Non so
(Mezzogiorno che ora è?) R. si dice le 12. (A m ezzanot­
te ci si vede come a mezzogiorno?) R. Sì che ci si vede
(Anche senza lume?) R. Sì senza lume. (Un anno quanti
mesi ha?) R. un anno tiene... sono... non ricordo... 8...
9... 10... non so (Sono 12 e si chiamano?) R. gennaio
ecc... (li dice bene in ordine). (I giorni della settim ana
quanti sono?) R. Una settim ana tiene trenta?... no...
mah...(come si chiamano?) R. lunedì, m ercoledì , m ar­
tedì, giovedì, sabato, domenica. (Come si chiam ano le
dita della mano?) R. Le dita... là in B rasile dicono le
dita... senza un nome... qui come dicono? (Pollice, in­
dice... non conosci?) R. No, non conosco. (Prova a con­
tare) R. 1,2,3, ecc.... (bene fino a venti e anche oltre).
(Prova a contare p er 2 ad esempio 2 4 6 ecc..R.
2.4.6.9.10.12.15.16.19.21.23.26.27.28.30.32.39 va bene?
(2 + 2? = 4; 3 + 3? = 6; 4 + 4 = 8: 8 + 8 = ? R = ... 19... 17...
7 + 7 ? = ...18; 5 + 5? = ...10; 5 + 6? = ..sono...l2?...sì 12;
Il N atale viene nel dicembre... il 20... 20... non ri­
cordo; la festa di Pasqua nel mese di... non ricordo...
non so se gennaio, febbraio; l’orologio lo conosco...(gli
si fa vedere) lì sono le 4 1/2 (sono le 4,20’) (invitata leg­
ge esattam ente le cifre del quadrante.) Conosce le mo­
174
nete italiane abbastanza bene: m onete da 2 lire, da 1
lira, da 4, 2, e 1 soldo; è capace di fare piccole somme
coi soldi; fino a m eno di 20 e non sem pre esattam ente;
non sa quanti cent, siano 1 soldo, 2 soldi, 4 soldi; non
sa quanti soldi siano una lira. Dice che a casa sua (in
Brasile) andava a fare la spesa, m a senza soldi con un
foglietto in cui era scritto ciò che occorreva, e senza
pagare.
22/11/27 - Nei due giorni ultim i, p u r m antenendosi
tranquilla, si m ostrò più del solito querula e insisten­
te nel chiedere di vedere il suo babbo e di tornare a ca­
sa. Appare di um ore piuttosto depresso e più ap p arta­
ta e scontrosetta del solito. Oggi ha avuto visita dal
padre, a due riprese. Stam ane stette in sua compagnia
poco tem po (circa 15’-20'), lo accolse con gioia, ma su­
bito si mise a lam entarsi con lui di dover star qui, si
lagnò del vitto, del luogo, della com pagnia ecc.. Vole­
va andarsene con il padre. P ersuasa da questi che egli
sarebbe tornato, si rassegnò. Ma poco dopo mezzo­
giorno, fu colta d ’un tra tto da grande impazienza; vo­
leva ad d irittu ra uscire subito p er andargli incontro;
all’opposizione delle inferm iere entrò in uno stato di
vivissima agitazione; picchiò, graffiò, tentò di m orde­
re le inferm iere; m essa a letto continuò a dim enarsi,
tentando di fuggire, reagendo alle inferm iere che e ra ­
no costrette a tratten erla. Ciò è du rato circa 10’. La
ragazza ha continuato in questo tem po a gridare e
strep itare e non ha mai perduto coscienza, neppure
in form a di assenza o vertigini. Nel pomeriggio ebbe
di nuovo la visita del padre; fu calma; raccontò essa
stessa la crisi di rab b ia presentata qualche ora prim a,
ne chiese scusa alle inferm iere. Col padre ha poi di­
scorso di cose banali, più che tu tto insistendo nella ri­
chiesta di to rn are a casa con lui. Con la prom essa che
ciò accadrebbe fra una settim ana o due, si è convinta
a lasciar p artire il padre senza far scenate.
23/11/27 - In terro g ata nel pomeriggio si m ostra
tranquilla,rem issiva, ricorda perfettam ente l’episo­
dio di ieri, la reazione violenta avuta contro le infer­
m iere che volevano ricondurla in padiglione, lo stato
p ro tratto di irritazione provocata dal fatto che il p er­
sonale si era opposto al suo desiderio di attendere il
padre stando fuori; afferm a che è stata una delle soli­
te crisi alle quali già molte altre volte è andata sogget­
175
ta quando è stata co n tra riata in qualche cosa dai fa­
m iliari. Dice di trovarsi bene qui, m a desidera di to r­
nare presto a Cesena dal padre, poi in America; vuol
to rn are presso i suoi fratelli e suoi zii, m entre qui non
ha nessun parente: a suo dire ha com inciato a piange­
re p er tornarsene subito al prim o giorno del suo a rri­
vo in Italia. Ricorda di averli fatti arrab b iare i suoi
parenti; voleva tu tto a modo suo, si arrabbiava facil­
mente, voleva andare a spasso, spesso non aveva vo­
glia di lavorare e allora scappava o piangeva o si pic­
chiava al capo o si strap p av a i capelli e vesti o si b u tta ­
va a terra: se to rn erà v o rrà essere invece buona con
tutti. Le sue m estruazioni sarebbero com inciate nello
scorso anno, non ricorda di preciso il mese, e da allo­
ra sono sem pre state regolari: in America non h a mai
avuto fidanzati, non ha baciato nessuno che non fosse­
ro i suoi parenti. Poco tem po dopo il suo arrivo in Ita­
lia h a conosciuto il calzolaio B. Paolo, suo vicino di ca­
sa: egli era buono, le voleva bene, l’invitava spesso a
casa sua dove stava a lavorare: presto com inciò a ca­
rezzarla, a darle dei baci, a dirle che era bella, che le
voleva pulire ed accom odare bene le sue scarpe senza
per questo volere dei soldi: poi le passava le m ani sul
petto, sulle " tettin e” dicendo che erano belle grandi:
poi m ise le m ani sotto nella "p atacca” arrivando an­
che ad introd u rle il dito in vagina, dicendole che non
le avrebbe fatto male, che "aveva volontà di fare un
pochettino” : lei non lo lasciava fare tu tte le volte, m a
qualche volta sì, dandogli anche lei qualche bacio. Fi­
nalm ente, u n a volta sola, la m ise sul suo letto, le tolse
le m utande, le introdusse il m em bro in vagina almeno
in parte, giungendo fino all’eiaculazione ed asciugan­
dosi poi con im a tovaglia; essa non avrebbe provato né
dolore né piacere, non avrebbe notato em orragia né in
seguito dolore. L’avrebbe così posseduta un a volta so­
la, carezze, baci, a tti di m asturbazione li avrebbe inve­
ce rip etu ti m olte volte. Il F. non l'aveva m ai visto; sa­
peva però che era u n am ico di suo babbo; egli la seguì
su p er le scale p er veder se il babbo c ’era, si in trodus­
se in casa, volle en trare m entre ella non avrebbe volu­
to dicendo anzi che giù c ’e ra im a ragazza che l’aspet­
tava; poi lui com inciò ad avvicinarsela, a carezzarla, a
dirle che voleva m ettersi al letto con lei, a pro m etter­
le soldi, caffè e gelato; essa voleva so ttra rsi m a egli in­

176
sistette, fino a che si avvicinò alla finestra chiudendo
gli scuri, chiuse la porta, la prese di peso m ettendola
sul letto, le tolse le m utande, le divaricò le gambe. Es­
sa provò a gridare m a egli le disse di tacere, che non le
avrebbe fatto male; egli si sbottonò, ed essa per non
vedere si mise le m ani sugli occhi; egli arrivò ad in tro ­
durle il m em bro in p arte in vagina, m a non fece in
tem po a com piere l’atto sessuale quando arrivò il pa­
dre che com inciò a gridare. Anche questa volta essa
non avrebbe sentito alcun dolore. Verso le ore 10,45,
dopo essere stata p er qualche tem po un po’ noiosa (ri­
peteva più volte la stessa cosa, chiedeva alle inferm ie­
re o ra u n a cosa o ra l'altra, si lagnava di male al capo,
chiedeva con insistenza una purga ecc..) è caduta im­
provvisam ente a terra, senza urlo, diventando inten­
sam ente pallida e presentando contrazioni cloniche
diffuse a tu tti i muscoli, con rigidità com pleta dei m u­
scoli della schiena e del collo, senza arco di cerchio,
con scosse cloniche diffuse alle palpebre ed ai musco­
li della faccia, senza bava alla bocca, senza m orsicatu­
ra alla lingua, senza p erdita delle feci né delle orine,
con apparente abolizione com pleta della coscienza.
Quando è stata colta dall’accesso era seduta ad un ta ­
volo e stava facendo qualche po’ di calza, è caduta vio­
lentem ente all’indietro, però senza prodursi né contu­
sioni né altre lesioni.
Le scosse generali si sono prolungate solo per 15
-20 m inuti secondi, poi la m alata si è alzata da sola ed
ha com inciato a g irare p er la sala confusam ente b o r­
bottando tra sé parole confuse, forse in lingua p orto­
ghese, e come cercando qualche cosa; le inferm iere le
hanno chiesto che cosa cercasse, m a essa ha continua­
to a girare qua e là sem pre borbottando fra sé, e mo­
strando di non capire le dom ande e di non conoscere
chi gliele rivolgeva. H a continuato così per una decina
di m inuti all’incirca, poi ha ripreso il suo colore, si è
seduta nuovam ente un po’ in disparte dalle altre con
fare tranquillo; all’o ra del pranzo lo ha consum ato re­
golarm ente. Anche nel pomeriggio è stata con le infer­
m iere di nuovo buona, ha detto che non aveva più m a­
le di testa, ed h a m ostrato di non ricordare affatto
l’accesso avuto né il conseguente stato confusionale:
ricordava soltanto di aver avuto m ale di testa e di aver
chiesto la purga.

177
24/11/27 - Ieri m attina, alle 10 1/2, subito dopo la
visita del medico, ebbe un eccesso convulsivo, così de­
scritto daH’inferm iera presente: la B. che era seduta
in una panca, di colpo p erdette coscienza cadendo a
te rra senza precedente quindi subito en trò in una fase
di contrazione generale, seguita da scosse cloniche
pure generalizzate, non si m orse la lingua né presentò
bava sanguigna. T utto l’accesso durò 20” - 30”; poi l’a.
si rialzò restando però confusa p er circa 10’. Poi rito r­
nò com e prim a, m a diede a vedere che non si era ac­
corta di quanto le era accaduto e che non sapeva di
aver avuto una convulsione. Oggi è tranquilla, anzi
più calm a dei giorni precedenti l’accesso, più serena e
di buon um ore. Non rico rd a l’accesso, o meglio non sa
di averlo avuto.
24/11/27 - S tanotte h a riposato regolarm ente: sta­
m ani di um ore buono, accessibile, buona colle infer­
m iere e colle altre m alate, p er lo più inerte, m ostran­
do poca o nessuna capacità p er i com uni lavori fem­
minili; più che altro si p resta volentieri in qualche la­
voro di pulizia. Si m o stra sem pre fiduciosa in una
prossim a dimissione.
29/11/27 - In questi giorni tranquilla, com posta,
più docile e più di buon um ore che nei giorni prim a
dell’accesso. Però sem pre oziosa, m ostrandosi incapa­
ce tanto di fare la calza che di cucire; m ostra altresì
grande svogliatezza se le inferm iere cercano di inse­
gnarle ciò che non sa.
30/11/27 - Continua ad essere tranquilla, rem issi­
va, inerte, senza crisi di m alum ore o di irritab ilità, né
impazienze di sorta: al solito dice però che aspetta di
tornare presto a casa, che vuole to rn are a fare i suoi
lavoretti in casa sua con suo babbo; poi dopo vuol to r­
nare in America dove ha i parenti cui è più affeziona­
ta.
4/12/27 - In questi giorni sem pre tranquilla, inerte,
apatica: inutilm ente le inferm iere hanno ancora ten­
tato di occuparla e di .insegnarle qualche lavoretto,
spesso vorrebbe ferm arsi in letto m ostrandosi pigra e
freddolosa. Non accenna mai spontaneam ente a quan­
to le è avvenuto: ripetutam ente ha espresso il deside­
rio che tu tto sia finito in modo che essa possa arrivare
a trasco rrere il N atale col padre. D urante la notte son­
no tranquillo: come non h a più presentato fatti di irre­

178
quietudine così non si è più osservato accenno di sor­
ta a m anifestazioni accessuali di n atu ra convulsiva o
a tipo vertiginoso.
1112121 - Racconta il fatto sem pre allo stesso mo­
do, che il giorno 23 Novembre il F. non sarebbe giunto
a com piere per intero l’atto sessuale. Circa i suoi rap ­
porti col B. si esprim e pure nello stesso modo: l’ha ba­
ciata e accarezzata mille volte, soltanto tre volte sa­
rebbe stata a letto con lui, era lui che aveva "volontà
di fare” m entre lei non avrebbe voluto ma nello stesso
tem po non si opponeva. Compiuto l’atto sessuale co­
me lui le aveva insegnato si asciugava "la patacca” e
si lavava coll’acqua. Ora capisce che ha fatto male, e
non lo farebbe più: il B. è p er lei troppo vecchio e non
lo sposerebbe mai; non conserva verso di lui alcun
rancore per quello che le aveva fatto, anzi pensa che
sia stato buono con lei. Dice che a Cesena viveva vici­
no a "signore cattive” che di giorno e notte stanno con
uomini e fanno con loro del male; una volta una di
queste signore l’aveva invitata ad andare con lei al
caffè, m a essa aveva rifiutato com prendendo che non
era una buona com pagnia per una ragazza onesta. Nei
giorni scorsi sottoposta all’esam e fisico si è p restata
con un m isto di vergogna e di compiacenza; scopren­
dosi diceva che era b ru tta alle gambe, al petto ecc,
forse per provocare una sm entita o un complimento;
più volte m entre quello di noi che seguiva l'esam e si
voltava p er scrivere o altro (così h a detto l’inferm iera
che assisteva) la B. faceva l’atto di m andare un bacio
al medico o si baciava nel punto dove era stata toccata
o punta duran te l’esame. Oggi invece afferm a che non
voleva d ar baci, e con un fare serio o quasi offeso dice
che non voleva d a r dei baci m a che era p ortata a fare
così sentendo qualcosa di m olesto nell’interstizio fra
due denti. Poi chiede scusa, dice che non è una scostu­
mata, né così poco seria da dare baci ad un medico
che ha bisogno di esam inarla. M ostra di essere a cono­
scenza del pericolo che ha corso di restare incinta: si
lavava dppo i rap p o rti col B. appunto per portare via
tutto per non restare incinta ciò che sarebbe stata per
lei "una cosa b ru tta ”: sarebbe stato bello avere dei
bam bini se fosse stata sposata, m a non essendo sposa­
ta non sarebbe certam ente stata contenta. Ed afferm a
che non è cosa bella p er nessuna ragazza m ettersi con

179
uom ini ed avere bam bini. Quando si sposerà le piace­
rà m olto avere dei bam bini, che le piacciono come le
sono sem pre piaciuti i bam bini delle sue zie con cui
ha convissuto.
7/72/27 - Da quando ebbe l’accesso convulsivo del
24 u.s., si è m antenuta calm a, ordinata, di um ore sere­
no, aH’infuori dell’insistenza del voler an d are a casa
dal babbo. Continua a m antenersi oziosa, inerte,
sciocchina, m ostrando in tu tte le m anifestazioni, ver­
bali del contegno, una congenita deficienza mentale.
9/12/27 - Per un motivo m olto futile (un b atten te di
p orta che casualm ente l’ha u rta ta alla faccia senza
nessuna conseguenza) si è fortem ente irrita ta contro
un’altra m alata, l’ha investita violentem ente con mi­
nacce ed offese, ha ten tato di colpirla con pugni e
graffiarla; si è frenata soltanto dopo parecchio tempo
in seguito all’intervento delle inferm iere, m a ancora
stasera col medico che l’ha interrogata ha m ostrato di
essere sem pre vivamente risen tita p er la p resu n ta of­
fesa ricevuta. Nel restan te del tem po m antiene sem­
pre lo stesso contegno apatico ed inerte.
10/12/27 - Cessata la sfu riata e cessato il risenti­
m ento p ro tratto si per non tu tta la g iornata è rim asta
nel suo stato abituale; apatica, inerte, non si occupa di
nulla, dicendo che non sa lavorare, che non ha mai fat­
to nulla.
22/12/27 - Ieri ebbe una vertigine. Del resto condiz.
solite.
23/72/27 - Viene dim essa per u ltim ata osservazio­
ne e siccome il padre ha scritto di non volerla si m an­
da a casa a mezzo della V. Ispettrice la quale è incari­
cata di consegnarla direttam ente al padre o al Signor
com m issario di polizia, quando il padre si rifiuti di ac­
coglierla. Nel piazzale della stazione di Cesena incon­
trano il padre il quale, sebbene a m alincuore, la pren­
de con sé.

180
2 a AMMISSIONE

3/2/28 - Viene oggi ricondotta al manicomio coi do­


cum enti di legge; nel m odulo inform ativo è scritto: af­
fetta da Istero-epilessia con crisi subentranti. Nei m o­
menti antecedenti all’accesso e susseguenti la B. p er­
de il controllo delle proprie azioni e diventa pericolo­
sa p er sé e p e r gli altri. [Illeggibile].
Il padre non voleva la ragazza, [Illeggibile] la p eri­
colosità delle crisi: crisi che ha avuto anche d urante
la prim a degenza qui m a che veram ente non offrivano
grande pericolosità. La terrem o in osservazione di un
m ese poi deciderem o.
5/2/28 - L’a. è più tranquilla e com posta nel conte­
gno e capace di rispondere correttam ente alle dom an­
de cornimi m ostrando però la solita deficienza intel­
lettuale; in tu tti i suoi atti e discorsi anche spontanei,
fatuità [Illeggibile] carattere sciocco e frivolo, sm an­
cerie di colorito isteroide m angia e dorm e regolar­
mente.
7/2/28 - M olto noiosa, ripetendo insistentem ente le
stesse...... che vuole andare a casa che vuole andare in
America.
Di notte dorm e, di giorno riesce molesta alle sue
compagne p er il suo contegno....
12/2/28 - N essun accesso o vertigini in questi gior­
ni. Contegno splito: abbastanza com posto e pulito m a
fatuo, scriteriato con tendenza alla ripetizione stereo-
tipica e irragionevole delle stesse frasi e delle stesse
dom ande p er tu tta la giornata. Non sa fare alcun lavo­
ro m uliebre e non si riesce a farle im parare nulla p er
la sua svogliatezza e riluttanza ad attendere a qualsia­
si cosa.
13/2/28 - Ieri verso sera un forte accesso convulsi­
vo generalizzato; l’a. colta alPimprovviso da p erd ita
della coscienza sarebbe certam ente caduta se non si
fosse tenuta in quel m om ento fra u n a panca e il m uro
e una inferm iera vicino a lei non l’avesse prontam ente
sorretta. Dopo è rim asta un po’ confusa per circa un
qu arto d ’ora, poi di nuovo lucida m a un po' in to n tita e
più noiosa e q u eru la del solito. Stam ani è come di con­
sueto.

181
19/2/28 - Nei giorni decorsi una vertigine; ieri sera
di nuovo una vertigine. Negli ultim i due giorni più
noiosa e scontrosa del solito; stam ani poi insistentis­
sim a nel chiedere di essere m andata a casa, intolle­
rante ai richiam i, facendo diversi tentativi di fuggire
quando l’inferm iera apriva la porta. Alle ore 10 1/2,
presente il medico fu colta da un accesso con perdita
com pleta della coscienza. L’a. che era seduta su una
panca cadde di colpo p er terra, entrando poi subito in
uno stato di contrazione tonica, prevalente nel lato de­
stro. Il viso era volto verso giù e i bulbi oculari girati
fortem ente verso d estra e verso l’alto. Dopo alcuni mi­
nuti alla fase tonica succedette non la fase di scosse
cloniche m a atteggiam enti sem ipassionali di tipo iste-
roide, con borbottio di frasi da parte dell’a. Dopo cir­
ca 1’ rilassam ento generale poi graduale rip resa della
coscienza.
29/2/28 - Nei giorni decorsi nessun accesso, conte­
gno più calmo, m a sem pre la B. si m ostra fatua, scrite­
riata, debole di intelligenza, incapace di occuparsi in
qualsiasi cosa o di apprendere anche i lavori più sem­
plici.
3/3/28 - Oggi nel pom eriggio un accesso con perdi­
ta della coscienza non però seguito da scosse cloni­
che, m a da attitu d in i passionali.
5/3/28 - Oggi dopo un lieve accesso per futili m oti­
vi è stata colta da eccitam ento fortissim o: ha picchia­
to con una scarpa una com pagna che le era accanto,
poi si è scagliata contro le inferm iere e p er un paio
d'ore si è m antenuta così violenta e aggressiva che si
dovette ferm arla.
Dopo quanto è stato osservato si chiede.... am ­
m issione definitiva.
8/3/28 In questi giorni due nuovi accessi vertigi­
nosi seguiti da atteggiam enti isteroidi; periodo di ma­
lum ore, irritab ile con irascibilità im pulsiva e aggres­
siva.
12/3/28 - Non accessi in questi 4 giorni e contegno
più calmo. T rasferita al pad. 2
13/3/28 - Dal 2 trasferita al 10
28/3/28 - È impulsiva, attaccabrighe in continui [Il­
leggibile] con le com pagne in padiglione. La si passa
in padiglione 8.
5/4/28 - Ha di quando in quando stati di.......confu-
182
sionale fo rti.... d u ran te i quali è abbastanza insolen­
te, sub tollerante....
15/4/28 - Il Presidente del tribunale di Forlì decise
che per la causa è indispensabile la sua presenza per
il 25 c.m. ore 9. Dato che la m alata da due giorni è ab­
bastanza calm a e o rdinata dato che non si abbiano a
verificare m utam enti notevoli del contegno attuale si
m anderà il 25 al processo accom pagnata da una infer­
m iera (vedi corrispondenza agli atti).
15/4/28 - È più calm a da qualche tempo. Passa al
Pad. 2.
26/4/28 - Ieri si è p resentata accom pagnata da una
inferm iera al trib u n ale di Forlì. Ha avuto un contegno
ottim o.
10/7/28 - Da qualche tempo l’a. era divenuta più ir­
requieta m olestava le altre degenti, anche impulsiva.
Ieri poi ha sorpreso all'im provviso una m alata ed è
riuscita a produrgli alcune escoriazioni al viso. Per
questo è stata trasferita al Pad. 8.
3/12/28 - Condizioni m entali a un di presso invaria­
te. Passa al Pad. 2.
14/4/29 - Ha avuto un periodo abbastanza lungo in
cui si è p o rtata bene, lavorava ed e ra in complesso ab­
bastanza tranquilla. Da circa un mese è to rn ata nuo­
vamente irascibile, scontrosa, aggressiva e m olesta
verso le altre am m alate. Ieri poi ebbe un mom ento di
eccessiva im pulsività verso le compagne, inferm iere e
medico, fu necessario contenerla ed è in seguito stata
trasferita al pad. 8.
19/10/29 - A bbastanza calm a e composta. Si occu­
pa di lavori di cucito. Passa al Pad. 2.
11/12/29 - H a dei brevi periodi in cui è relativa­
m ente tranquilla e va a lavorare di cucito; presenta di
tanto in tanto delle convulsioni o degli equivalenti
(forti dolori di testa) rim anendo poi irascibile, scon­
tro sa ed anche impulsiva.
31/7/30 - D urante questo periodo gli accessi con­
vulsivi sono stati piuttosto rari, frequenti gli equiva­
lenti con violente reazioni impulsive. Trasferita al
Pad. 8.
12/11/30 - È abbastanza calm a e composta. Per
aderire ad un suo desiderio si passa al Pad. 2.
16/1/31 - D urante questo tem po non si hanno avuto
veri fatti convulsivi, m a è frequente il ripetersi di

183
equivalenti: spesso l’am m alata è colta im provvisa­
m ente da u n senso di m alessere generale, o d a un mal
di testa; contem poraneam ente diviene irritabilissim a,
reagisce violentem ente a qualsiasi co n tra rietà anche
non sussistente, ad un sem plice richiam o benevolo;
poi h a crisi di pianto convulso. Al di fuori di questi
episodi m antiene an co ra u n a spiccata irritab ilità, e al
m inim o intoppo sono calci e graffi p e r le compagne,
verso le quali conserva rancore per qualche tem po. È
buona soltanto quando ha da chiedere di an d are a
m essa e al ballo; p rivarla dell’una o dell’altro signifi­
ca non lasciare in pace nessuno. Sem pre oziosa, inca­
pace di occuparsi di un qualsiasi lavoruccio.
Fisicam ente sta bene.
17/1/31 - Si trasferisce al Pad. 8 perché litigiosa e
attaccabrighe.
14/4/31 - È più calma e ubbidiente. Si passa al Pad. 2.
21/7/31 - M entre in a ltri padiglioni si m antiene cal­
ma e rem issiva, tan to che dorm e sem pre fuori guar­
dia, in questo si m o stra irritabilissim a, prepotente,
aggressiva. Si trasferisce perciò al pad. 8.
13/9/31 - Passa al pad. 14 perchè irritatissim a.
27/9/31 - [Illeggibile],
2/7/33 - Condizioni invariate. Alti e bassi di relati­
va calm a e di irritam ento e irrequietudine. Per neces­
sità di posti passa al Pad. 6.
15/1/34 - Sempre lo stesso carattere, irritabilità,
aggressività. Più volte ha litigato venendo a vie di fat­
to. Oggi p e r futili m otivi h a picchiato con corpo con­
tundente u n ’am m alata. Si trasferisce al Pad. 8.
14/6/34 - Per suo desiderio passa al Pad. 6. Le con­
dizioni m entali sono pressappoco invariate.
31/12/34 - D urante questo tempo le condizioni
m entali dell’inferm a si sono m antenute p ress’a poco
invariate: h a avuto qualche vertigine (4-5) ed una con­
vulsione ; cara ttere irritabile, contegno stolido e pue­
rile.
4/4/35 - Solite condizioni m entali: avendo litigato
due volte con la stessa am m alata viene tra sfe rita al
pad. 8.
6/5/35 - Condizioni invariate. Passa al Pad. 6.
29/1/36 - Solite condizioni mentali, solito cara tte­
re. Passa al Pad. 10 per necessità di posti.
184
7/2/36 - Per necessità di posti passa al Pad. 10.
24/6/36 - H a litigato con una sua com pagna e alle
parole sono seguiti i fatti. Si passa al Pad. 14.
16/7/36 - Più buona. Si passa al Pad. 10.
11/9/36 - H a litigato con la ricoverata F. Ricomin­
cia a essere un po’ irrequieta. Passa al Pad. 2.
5/10/36 - Passa al Pad. 10
18/10/36 - Irrequieta, impulsiva. Passa al Pad. 8.
30/10/36 - Litigio a vie di fatto con una ricoverata.
Passa al Pad. 14.
16/11/36 - Passa al Pad. 8 sem pre per la solita sto­
ria di litigi.
9/11/37 - R are convulsioni e vertigini. Spesso cefa­
lee. In....... litigiosa, prepotente e spesso clam orosa e
irrequieta. Fisicam ente bene.
5/3/39 - Indocile, attaccabrighe. Passa al Pad. 8.
15/10/40 - Impulsiva, noiosa, litigiosa. Passa al P.
14.
30/3/40 - Da qualche tempo più calm a e ordinata.
Ha rare m a gravi convulsioni epilettiche. Passa al
Pad. 10.
3/7/40 - È to rn ata ad essere impulsiva. Passa al
Pad. 8.
19/7/40 - Passa al 14 continuando nelle stesse con­
dizioni.
7/8/40 - Si è fa tta un po' più calm a ed ordinata. Sa­
lute buona. Passa al P. 10
31/1/41 - Da qualche tempo si è fatta molesta, p re ­
potente e m inacciosa contro tu tti ed insubordinata.
Passa al Pad. 14.
7/7/41 - Si è fatta più calm a e ordinata. Passa al
Pad. 10.
18/12/41 - La solita prepotente, m olesta e im pulsi­
va. Passa al Pad. 14.
12/1/42 - P er necessità di posti passa al Pad. 10.
29/3/42 - Im pulsiva è to rn ata ad essere prepotente.
Passa al Pad. 14.
8/4/42 - È più buona passa al Pad. 8.
23/5/42 - Com posta obbediente passa al Pad. 10.
20/12/42 - Inquieta indocile passa al Pad. 8.
17/11/43 - H a avuto impulsi contro altre ricovera­
te. Passa al 14.
10/12/43 - È calm a. Per suo desiderio si rim anda al
Pad. 8.

185
29/4/44 - Stolida nel contegno e nei discorsi con
frequenti crisi di irrequietudine e litigiosità, special-
m ente come prodrom i e postum i di accesso epilettico.
25/5/45 - Solite condizioni mentali. Gli accessi epi­
lettici si ripetono in m edia due - tre volte al mese.
17/4/46 - Solita deficiente, monotona, noiosa. Va
soggetta a frequenti accessi e vertigini epilettiche.
29/6/47 - Condizioni m entali pressappoco invaria­
te.
7/4/48 - N essuna m odificazione apprezzabile dello
stato m entale: si lam enta frequentem ente di cefalea
specialm ente prim a e dopo gli accessi convulsivi e
vertiginosi.

25/5/48 - D urante un accesso convulsivo è caduta


producendosi una fra ttu ra non scom posta m a scheg­
giata della m etafisi distale del radio come da esame
radiografico. N ell’am bulatorio chirurgico è stato fat­
to apparecchio gessato.
1/7/48 - La fra ttu ra può considerarsi ottim am ente
consolidata. Da un po’ di tempo l’am m alata appare
meno litigiosa.
4/9/48 - In circa due mesi è com parso un solo ac­
cesso convulsivo. Quasi scom parsa la cefalea che ac­
com pagnava i precedenti accessi. L’am m alata è abba­
stanza calma.
18/10/48 - In questi ultim i tempi c'è stato un solo
accesso per cui si ha l’im pressione che si siano note­
volm ente diradati. Si m antiene sem pre calma.
2/1/49 - L’am m alata accusa un violento dolore
a ll’em itorace destro. All’ascoltazione rum ori di sfre­
gam ento pleurico. Si inizia una cura calcica e con vi­
tam ina D 2. È com parsa pure febbre alta.
7/1/49 - Viene inviata allo specialista per un esame
radiologico del torace (vedi referto).
15/2/49 - La febbre è notevolm ente dim inuita m a è
quasi sem pre presente. Si invia per un controllo xlogi-
co (vedi referto).
22/2/49 - Poiché è evidente una n etta cavità nel 3°
inf. del polm one destro viene trasferita nel reparto
isolam ento del padiglione 4 (ricerca bacillo di Koch
negativa).
11/7/49 - N essuna modificazione dello stato menta-
186
le: solita deficiente con rari accessi convulsivi. Feb­
bricola interm ittente.
2/7/50 - Solita deficiente con qualche accesso con­
vulsivo. Noiosa, petulante, facilm ente irritabile. Stato
generale buono nessuna m anifestazione a carico
dell’apparato respiratorio.
12/12/51 - Condizioni pressappoco invariate.
20/4/52 - Solite condizioni mentali.
16/9/54 - Stam ane m entre accudiva ai lavori in pa­
diglione è caduta riportando la fra ttu ra parcellare del
capitello prossim ale del radio destro. Viene applicato
apparecchio gessato.
20/10/54 - Tolto il gesso l’articolazione del braccio
è ben funzionante. [Illeggibile].
16/6/57 - Solita deficiente con accessi convulsivi.
Noiosa, [Illeggibile], lavora in padiglione. Fisicamente
sta bene.
7/8/58 - Da qualche giorno eccitata, impulsiva e ag­
gressiva. Passa al 14.
20/12/58 - A bbastanza calm a sem pre noiosa. Passa
al Pad. 10.
16/1/59 - Condizioni invariate. Passa al pad. 16.
10/10/59 - La p. aiuta nei padiglioni, è la solita p e­
tulante.
26/3/61 - Le condizioni dell’am m alata perm angono
stazionarie. È sem pre volenterosa e lavora in padi­
glione. È sem pre m olto noiosa ma in complesso è cal­
ma. Per necessità di posti passa al Pad. 4.
7/9/61 - Ha aiu tato per un poco poi si è rifiu tata di
lavorare. È noiosa, intollerante p er l’am biente, passa
al 16.
24/4/62 - E pilettica frenastenica spesso litigiosa e
intollerante. Si p resta per i lavori in reparto m a sal­
tuariam ente deve essere m essa in letto perché subec­
citata e im pulsiva specialm ente verso le altre malate.
13/1/63 - Solite condizioni m entali. È più litigiosa e
impulsiva e i periodi di letto e cure sono più lunghi e
frequenti. P rotestataria.
24/4/64 - È stata sorpresa m entre picchiava u n ’am ­
malata. Viene trasferita al 14.
3/2/65 - A lterna periodi ben contenibili ad altri di
scontrosità e m alum ore durante i quali deve essere al­
lettata. Qualche raro accesso epilettico.
15/6/67 - Invariate le condizioni psicofisiche.
187
16/10/68 - Litigiosa, disordinata e ostile spesso im­
pulsiva.
4/9/69 - Invariate.
20/10/70 - Scontrosa, sudicia, p ro testataria, priva
di qualsiasi iniziativa.
6/3/71 - All’iniziale sindrom e frenastenica (di mo­
dico grado) con epilessia è sovrapposta (non si sa bene
da quanto tempo) anche una sintom atologia ipercine-
tica agli arti di sinistra e movimenti di m ulinazione
della lingua, su verosim ile base vasculopatica. A ttual­
m ente dal punto di vista psichico si è sovrapposto an­
che un decadim ento m entale con disorientam ento
tem porale, disturbi della m em oria, di fissazione e per-
severazioni.
2/4/71 - Fa sem pre le stesse richieste vuol to rn are
in America! scade al com portam ento iterativo anche
sul piano degli atteggiam enti m otori. P ersistono i mo­
vim enti di m ulinazione m entre le ipercinesie si sono
atten u ate a sinistra, a destra, nel m ovim ento indice-
naso com pare trem ore.

3 a AMMISSIONE

9/4/71 - 1 movimenti ipercinetici sono adesso pres-


socché scom parsi. I movimenti di m ulinazione persi-
sono. La p. è disorientata nel tem po e form ula le stes­
se iterative richieste senza nessuna tensione p arteci­
pativa.
17/4/71 - Alla p ro v a indice-naso co m p are
trem ore....
30/4/71 - A tra tti ancora presenti m ovim enti a tipo
iterativo paleocinetico a rti di sinistra. C anticchia tra
sé e sé e m ulina sem pre la lingua.
8/5/71 - Invariata.
26/5/71 - Psichicam ente invariata.
9/6/71 - Presenti i movimenti ipercinetici di tipo
paleocinetico arti di sinistra. Grave deterioram ento
m entale.
24/6/71 - Sempre ben evidenti i trem o ri ex trap ira­
m idali arti di sinistra, trem ori com plicati da una com­
ponente intenzionale. Stato m entale di progressivo
deterioram ento.

188
3/7/71 - Iteran te e perseveratrice; im m utata la si­
tuazione neurologica di fondo.
12/7/71 - Persistono i movimenti di mulinazione,
canticchia continuam ente.
19/7/71 - Iterazioni verbali e m otorie, oggi i movi­
m enti paleocinetici sono solo evidenziabili alla lin­
gua.
27/7/71 - A destra, alla prova indice-naso com pare
trem ore.... frenàge; le ipercinesi agli arti di sinistra ri­
vestono i caratteri di iterazioni paleocinetiche.
3/8/71 - Tende sem pre al dispetto insulso ed irre ­
frenabile.
11/8/71 - Oggi non si evidenziano i trem ori all’arto
di sinistra. Perm ane la m ulinazione della lingua. Diso­
rientam ento apatico-am nestico.
23/8/71 - Ripete sem pre le stesse cose e nello stes­
so modo. N ull’altro di rilevante.
6/9/71 - Le ipercinesie all'arto superiore di sinistra
ricadono insieme i movimenti paleocinetici e le ste­
reotipie di movimento.
14/9/71 - P ersistenti i movimenti di m ulinazione
nel cavo orale. D isorientam ento tem porale su base....
am nestica e su base apatica.
27/9/71 - Invariata nelle sue solite richieste; le
ipercinesie paleocinetiche a sinistra sono evidenziabi­
li solo a momenti.
9/10/71 Umore sereno; meno d istu rb ata dalle iper­
cinesie m otorie arto di sinistra.
19/10/71 - Continuano i movimenti di mulinazione
della lingua. Nei movimenti intenzionali com pare tre ­
more all’arto superiore di destra.
30/10/71 - Iteran te nelle solite risposte.
8/11/71 - Umore gaio e stolido; ripete sem pre che
lei è am ericana e non sa niente.
16/11/71 - Perseverazioni sui vari piani espressivi e
com portam entali. Non sa rendersi conto della diffe­
renza che passa tra varie età espresse sui simboli nu­
merici.
2/12/71 - Ogni volta si ripresentano gli stessi mo­
duli iterativi psicobiologici.
15/12/71 - Costantem ente euforica, si esprim e sem­
pre alla stessa m aniera, ripetendo i medesimi temi.
7/1/72 - Iteran te e perseverante anche sul piano
motorio, continui movimenti di mulinazione.
189
24/7/72 - Umore euforico fatuo. Im m utata nelle
sue interrogazioni verbali rivolte al medico.
8/2/72 - N essuna coscienza di anom alie del suo
com portam ento; assicura di essere venuta in Italia ed
in ospedale per fare pulizie.
3/3/72 - Condizioni invariate.
20/3/72 - Ripete sem pre le stesse cose sul fondo di
uno stato d ’animo euforico demenziale.
6/4/72 - I movimenti di m ulinazione non si sono
m inim am ente attenuati.
31/5/72 - Condizioni invariate. Tranquilla.
29/8/72 - Stato m entale e com portam entale im mo­
dificato.
21/11/72 - Poco dell’um ore euforico, contegno fa­
tuo. M entalm ente decaduta. Presenta m ovim enti con­
tinui alle labbra. Ripete con m onotonia uniform ata le
stesse frasi (sono venuta d all’America e mi hanno
m andata in ospedale) terapia:
12/5/73 - .... coerente, tono dell’um ore sereno. Pre­
senta trem ori localizzati alle estrem ità distali degli
arti inferiori. Continua terap ia p rescritta. Presenta
tendenza alla iterazione verbale insistendo con mono­
tona uniform ità nelle stesse richieste.
14/12/73 - Si richiede la trasform azione del ricove­
ro coatto in ricovero volontario.
5/7/75 - La paziente è stata u rta ta accidentalm ente
dalla ricoverata B. e si è p ro cu rata una contusione al­
la m ano destra.
20/11/75 - I o dose vaccino H. Atetal.
20/12/75 - 2° dose vaccino H. Atetal.
25/9/76 - 3° dose vaccino H. Atetal.
10/9/76 - La paziente è cu rata per d istu rb i di n atu­
ra epilettica, potrebbe anche essere cu ra ta fuori
dell'istitu to se avesse un am biente in cui vivere e se
volesse uscire. È ricoverata fin dal lontano 1927 e non
ha più nessun parente che la possa accogliere fuori.
6/4/77 - Non ha più avuto disturbi epilettici. Non
può uscire perché non ha nessuno da cui andare. Con­
tinua il trattam ento terapeutico antiepilettico.
25/8/81 - Ricovero urgente in ospedale civile per
edemi di n atu ra cardiaca.
5/12/84 - Dose di richiam o Atetal.

190
Mi rivolgo al sole
come al mio unico amico
per chiedergli di non venire
dom attina
a illum inare
me che saltello nel mondo
allegram ente
e rido
tra uom ini d ’acciaio
che tagliano le carni
dei miei fratelli
che p er gridare
non hanno più voce.
— Ricordi B arbara
quei giorni
di Montevago
quando eri bella
quando volevi vivere
quando eri libera
quando volevi vivere
quando volevi vivere
Ricordi B arbara
quei giorni
di Montevago?
— La te rra è inquieta
Uccidimi ti prego!
La te rra è inquieta
La te rra è terribile
loro sono finiti
tu tti finiti
Uccidimi! ti prego!
La notte è buia
il freddo mi fa trem are
e io non posso muoverm i
Uccidimi! ti prego!
La notte è buia
il freddo mi fa trem are
e io non posso muovermi
Uccidimi! ti prego!
— Ricordi B arbara
le sere di Montevago
quando eri bella
quando eri libera
e mi correvi incontro
e mi amavi
con i tuoi occhi di luce?
la luce della luna
la luce della luna
Ricordi B arbara
come eri viva
come eri bella?
Ricordi B arbara
le sere di Montevago?
la luce della luna
la luce della luna
— La te rra è inquieta
la te rra è terribile
tu tti che gridavano
sotto le travi
sotto la polvere
Uccidimi! ti prego!
Poi il silenzio
La notte è buia
il freddo mi fa trem are
e io non posso m uoverm i
Uccidimi! ti prego!
Poi il silenzio
poi nessuno.
Ma che volete da me?
Io non vi capisco
10 non vi capisco
Voi mi avete insultato
10 mi sono difeso
Allora mi avete serrato le braccia
mi avete serrato i piedi
mi avete inchiodato al letto
Poi il dolore
11 dolore
11 dolore dei colpi sulla testa
il dolore dei pugni nella pancia
il dolore dell’im potenza e deH’um iliazione
il dolore
dell’im potenza
e dell’um iliazione
Più volte
mi avete
soffocato
più volte
mi avete
soffocato
Io non vi capisco
Io non vi capisco
Voi continuate
a insultare
a picchiare
a sputare
Voi continuate
a insultare
a picchiare
a sputare
Ora sono muto
e non so più muovermi
Ora sono muto
e non so più muoverm i
Voi quando passate
mi spostate coi piede
e mi sputate addosso
Voi quando passate
mi spostate col piede
e mi sputate addosso
Io non vi capisco
Io non vi capisco
Lo so che siete feroci
Lo so che siete feroci
ma non ho capito perché
Lo so che siete feroci
Lo so che siete feroci
m a non ho capito perchè.

I guardiani del campo

Io volevo am m azzarm i
e me l’hanno im pedito
e me l’hanno im pedito
Io volevo am m azzarm i
e me l’hanno im pedito
e me l’hanno im pedito
"Senza noi che fareste?
Io volevo m orire
e me l’hanno im pedito
Senza noi che fareste?
Che fareste?
M ancherebbe il lavoro
ai guardiani del campo.
M ancherebbe il lavoro
ai guardiani del campo
ai guardiani del campo.

196
TERESA B.

Ammessa il 13 marzo 1952 - D ata di nascita 15


marzo 1931 - coniugata - professione: casalinga - licen­
za elem entare.
Diagnosi: schizofrenia. Sindrom e reattiva a segui­
to di ricovero p er difficoltà puerperali.
ANAMNESI: Coniugata con un figlio. Nel giugno
1951 fu ricoverata p er circa un m ese in clinica n euro­
logica a Bologna ove fu p raticata insulinoterapia ed
elettroshock. Ebbe tem poraneo giovam ento della sin-
tom alogia iniziata alcuni mesi prim a, ed infine o ra è
ricaduta nelle condizioni precedenti. R ifiuta il cibo, è
impulsiva, m anifesta anche idee a contenuto deliranti
di danno.
DECORSO E CURA
13/3/52 - Giunge questa sera proveniente dal dom i­
cilio. È piuttosto sconvolta e disorientata, tim orosa.
Riferisce alcuni dei propri precedenti, m a in m aniera
disorientata e poco coerente; si g u ard a intorno, è ri­
spettosa, non d im ostra affettività al ricordo dei con­
giunti. È in condizioni fisiche generali soddisfacenti.
14/3/52 - N ella notte scorsa h a riposato abbastan­
za spontaneam ente ed oggi si è n u trita spontaneam en­
te. Sta seduta sul letto in apparenza indifferente,
guarda verso al p o rta come se attendesse o aspettasse
l’arrivo di qualcuno. Risponde incom piutam ente alle
dom ande e ricordando il figlio non dim ostra partico­
lare emozione.

197
15/3/52 - Incerta, disattenta, poco o rientata, si nu­
tre poco e si è dovuta alim entare. Si trasferisce al Pad.
10.
12/1/53 - Sono state fatte oltre 40 applicazioni di
elettroshock senza apprezzabili m iglioram enti. L’am ­
m alata si nutre poco ed ha frequenti scatti impulsivi.
Passa al pad. 14.
28/2/53 - Più calm a passa al pad. 10.
6/3/54 - Sono state fatte altre applicazioni di elet­
troshock: sem pre stolida, sudicia. Passa al pad. 4.
12/3/54 - Per rendere possibile alla paziente di re­
stare alzata si trasferisce al pad. 2. Sem pre sudicia e
disorientata. Condizioni fisiche buone.
20/3/54 - È necessario trasferirla di rep arto perché
m olto sudicia e a volte un poco irrequieta. Viene p er­
tanto passata al pad. 4.
16/9/55 - Dissociata, sem pre al letto, a volte scon­
trosa. Passa al pad. 14.
23/10/55 - Invariata, passa al pad. 12.
4/11/55 - Per necessità di posti, passa al pad. 10.
7/12/55 - Passa al pad. 4.
18/12/56 - Due giorni fa è stata colpita da una vici­
na di letto col vaso riportando due ferite profonde in
regione frontale e parietale, si sutura. Onde prevenire
altri fatti del genere viene trasferita al pad. 14.
27/4/58 - Stolida, sconnessa, sudicia.
13/7/60 - Condizioni invariate.
4/6/62 - Sudicia dissociata a volte im pulsiva. Lace-
ratrice deve essere a volte contenuta. Fisicam ente in
buone condizioni.
14/8/64 - Deve essere contenuta perché in conti­
nuazione lacera [le due righe seguenti sono illeggibili].
4/7/68 - Sempre in letto, spesso contenuta, perché
lacera continuam ente. Sudicia.
6/10/69 - Condizioni m entali invariate.
4/11/70 - Decadute le condizioni fisiche. È sem pre
in letto. Autolesionista, sudicia.
8/3/71 - Accetta il colloquio sul piano del diverti­
mento, nonostante le sue condizioni di laceratrice ed
autolesionista em ergono tra tti di spontaneità anche
se subito ricoperte da una situazione che è al limite
dell’umano. Si propone u n ’intensiva terap ia psicofar­
macologica al fine di lim itare il più possibile lo stato
di contenzione.
198
2/4/11 - N onostante si sia giunti ad alti livelli di te­
rapia (11 mg di Serpasil e 30 mg d i ..... ) la condizione
di im pulsività laceratrice non si è atten u ata quasi af­
fatto. La paziente ha dei mom enti in cui form alm ente
è capace di fare osservazioni e di porsi con una certa,
sia pure m om entanea ed effim era, distanza verso il
proprio stato.
9/4/71 - Ieri è stata alzata senza lacerare, ma segui­
ta da u n ’inferm iera che ha com inciato a rieducarla al­
la vita di relazione. Si è giunti a 13 mg. di Serpasil, più
20 mg. di... [Illeggibile]. Da 100-105.
11/4/11 - A lterna giorni in cui riesce a stare alzata
senza lacerare a giorni in cui l’im pulsività laceratrice
si fa inarrestabile. Comunque riesce a passare m olte
ore senza m useruola.
30/4/71 - "H o ro tto solo un vestito” fa questa affer­
mazione fra il serio e il faceto. Dà delle risposte p a ra ­
logiche. Lo sguardo è spesso estatico nel vuoto. Note­
vole (............) della m uscolatura striata.
8/5/71 - A lterna periodi in cui è più accessibile al
com portam ento com unitario a periodi in cui continua
a lacerare sia p u re in m aniera più ridotta. Comunque
è tu tto il giorno alzata ed esce anche nel parco.
26/5/71 - Va bene nei giorni in cui il personale rie­
sce a seguirla con accuratezza.
7/6/71 - Ieri è uscita con i fam iliari per u n ’intera
giornata: si è com portata adeguatam ente.
22/6/71 - Nuova uscita con i p aren ti con buon risu l­
tato; se non la si distrae tende sem pre a lacerare, spe­
cie la roba dell’Ospedale.
3/7/71 - Nei giorni scorsi c ’è stato un modico peg­
gioram ento anche in relazione ad u n ’atm osfera di re­
parto scarsam ente permissiva.
12/7/71 - La paziente appare astenica per cui si di­
m inuisce m om entaneam ente la terapia.
19/7/71 - A bbastanza governabile; non ha ritegno o
pudore, m a è avvicinabile in m odo sufficientem ente
corretto se presa in buone m aniere.
27/7/71 - A ttraversa un periodo di relativa tra n ­
quillità senza eccedere in laceram enti.
6/9/71 - In questi ultim i tem pi p er ragioni indipen­
denti da co rrette im postazioni m ediche la paziente ha
dovuto subite delle restrizioni nello spazio dei liberi
interventi: ciò h a p ortato una certa regressione rispet-
199
to ai mesi scorsi.
14/9/71 - Ieri ha m anifestato stolide idee di fine in
rapporto però al fatto di essere stata so rp resa dal me­
dico im b rattata di feci.
27/9/71 - Tre giorni fa crisi neurodislettica con
substrutturazione tem atica costituita da idee di m or­
te.
9/10/71 - È stata vista dal ginecologo il quale ha
prescritto indagini orm onali sulle urine.
8/11/71 - Ambivalente nelle decisioni, com porta­
m ento infantile con atteggiam enti da "Alice nel paese
delle m eraviglie”.
16/11/71 - Situazione invariata.
2/12/71 - Oggi ha presentato una grave crisi dislet-
tica che si è estrinsecata con vomito e m alessere gene­
rale espressso dalla m alata come p au ra di m orire e
con uno stato d'ansia e paura.
15/12/72 - In questi giorni presentato ascesso nella
regione glutea sinistra con lieve rialzo term ico.
7/1/72 - Nei giorni scorsi frequenti crisi dislettiche
sotto form a di m alessere generale che si esteriorizza
con lam entele infantili.
24/1/72 - Ha superato un episodio influenzale.
8/2/72 - Sostanzialm ente invariata; com portam en­
to sufficientem ente socializzato quando è presente il
medico. Il suo lacerare è un modo di esprim ersi diver­
tendosi.
3/3/72 - La percezione degli oggetti si concentra su
aspetti parziali e del tu tto secondari. F atu ità m arcata.
20/3/72 - Quando la si p o rta fuori, frequentem ente
si accascia a terra: l’atto è però da vedersi nel campo
delle bizzarrie com portam entali.
6/4/72 - Da qualche giorno spesso è di m alum ore:
in questo periodo lacera e tende a farsi del male.
31/5/72 - H a iniziato la terap ia con Anatensol do­
saggio attu ale 500 mg. al dì. Fino ad o ra non si sono
avuti risu ltati apprezzabili anzi la paziente è p iù in­
stabile e scomposta. R aram ente em ergono elem enti
im putabili a im pregnazione farm acologica p er cui si
ha la possibilità di salire ulteriorm ente coi dosaggi.
Continua a lacerare. È pure stata in prim avera a casa
e i fam iliari hanno riferito di aver faticato parecchio a
tenerla costantem ente sotto controllo. H anno riferito,
e la paziente lo conferm a, di aver preso la m adre per i
200
capelli. Il racconto dell'am m alata in proposito è fatuo
e privo di adeguata partecipazione affettiva.
29/8/72 - C ontinua a lacerare coperte e lenzuoli.
Ha smesso di lacerare i m aterassi da quando è stata
inform ata che il m aterasso su cui giaceva era l'ultim o
e che in magazzino avevano finito la scorta.
17/11/72 - M anifesta pulsioni clastiche con tenden­
za a lacerare lenzuola e m aterassi ("non so cosa fare,
quando ho ro tto la roba sto bene''); sputa saltu aria­
m ente sulle p areti della cam era . Presenta tendenze
m asturbatone.
20/1/73 - S tolida e fatua nel contegno, puerile in
tu tte le sue manifestazioni.
Lacera pressoché in continuazione m aterassi e len­
zuola, si m a stu rb a frequentem ente. Terapia: Letarghi
tre fiale al dì, Becozym 3 comp., Pineale 1 fiala intra-
musc.
18/2/73 - La paziente presenta fatu ità e stolidità
nel contegno, lacera vestiti, lenzuola e m aterassi, spu­
ta in continuazione p er te rra e sui m uri, si m astu rb a
frequentem ente. Viene inviata in d ata odierna presso
la clinica ginecologica p er m etro rrag ia di n a tu ra da
determ inare. T e ra p ia :..........................
14/5/73 - La paziente appare fatua, stolida, estern a
un sorriso puerile, lacera saltuariam ente lenzuola e
vestiti. Tono dell’um ore indifferente. Si n u tre e riposa
regolarm ente.
5/12/73 - Si richiede la trasform azione del ricovero
coatto in ricovero volontario.
21/11/75 - 1 vaccino h. Atetal
21/12/75 - II vaccino h. Atetal
25/9/76 - III vaccino h. Atetal
5/12/84 - Dose di richiam o Anatetal

201
Il sole Il sole
diventa diventa
rosso rosso
ogni sera ogni sera
perchè si vergogna perchè si vergogna
il sole
diventa perchè si vergogna
rosso di avere
ogni sera fatto
perchè si vergogna il giro
di questa
perchè si vergogna nostra
di avere terra
fatto
il giro di questa
nostra
di avere terra
fatto schiava
il giro
di questa di questa
nostra nostra
te rra terra
che m uore
di questa
n o stra Tra le colline
te rra livide di polvere
•*
schiava tra le vallate
di questa aspre di pietre
n o stra io ho
te rra lavorato
che m uore ho lavorato m olto

202
poi II sole
quando
avevo diventa
lo sguardo rosso
spento ogni sera
come perchè si vergogna
un cavallo il sole
stanco diventa
rosso
mi hanno ogni sera
messo da parte perchè si vergogna
nella paglia
perchè si vergogna
come di avere
un cavallo fatto
stanco il giro
di avere
poi fatto
quando il giro
avevo di questa
lo sguardo nostra
spento te rra
come
un cavallo stanco di questa
n o stra
mi hanno terra
messo da p arte schiava
nella paglia di questa
come nostra
un cavallo te rra
stanco che muore.

203
Se esco da questo squallore
da questo squallore senza nome
da questo squallore
da questo squallore
siamo giovani vecchi bam bini
tu tti senza fu tu ro
tu tti am m assati
tu tti isolati
tu tti senza fu tu ro
tu tti senza tem po
tu tti senza fu tu ro
tu tti senza tem po
tu tti vuoti
tu tti vuoti
Li hai visti i m anichini?
Li hai visti come sono?
Li hai visti come sono?
Specialmente la sera
Specialm ente la sera
quando sem brano ancora
più vuoti
quando sem brano ancora
più vuoti
nella luce finta
nei bagliori delle insegne
che s’accendono
che si spengono
che s’accendono
che si spengono
come i rintocchi
di u n a cam pana
che t ’impedisce
di dorm ire
come i rintocchi
d ’u n a cam pana
che t ’impedisce
di dorm ire
Se esco da questo squallore
da questo squallore
Se esco fuori
mi ammazzo
Per tornare
finalm ente
nel nulla
Per tornare
finalm ente
nel nulla
Voi direte: gesto insano
di un pazzo
fuggito
dal manicomio
Io non so perchè il sole
non scappa
Come fa a sopportarvi?
Come fa a sopportarvi?
Attimo per attim o dubitavo di me stesso
fino a ridurm i al silenzio.
Intervista al dott. Giorgio Antonucci
su Teresa B.

D: Abbiamo ritrascritto in modo integrale la car­


tella di Teresa B., che tu hai incontrato a Im ola
all’ospedale psichiatrico dell’Osservanza quando sei
diventato responsabile del rep arto 14. Ci puoi raccon­
tare brevem ente come hai trovato le persone nel re­
p arto e, in partico lare ci puoi p arlare di Teresa?

R: Il reparto era tu tto chiuso come un cubo, nel


senso che c ’erano dei m uri che io dopo ho fatto b u tta ­
re giù, delle p o rte di ferro che sono state sostituite
con porte a vetri, i vari locali: la sala d ’ingresso a ttu a ­
le, poi c ’è un piccolo corridoio che p o rta al corridoio
delle stanzine. Le varie parti erano tu tte chiuse, vale a
dire che da una stanza all’altra si passava solo apren­
do le porte con le chiavi, c'era u n ’inferm iera in ogni
locale con le chiavi pronte, nel senso che un certo n u ­
m ero di persone stavano in una sala con l’inferm iera,
poi, p orta chiusa, altra sala con inferm iera e chiavi.
Un cortile recintato con alte m u ra era l’unica pos­
sibilità per po ter stare all’aria, poi, all’interno, c ’e ra ­
no le stanze (le celle) a due letti, in alcuni casi come
per Teresa per una persona sola, quando era riten u ta
particolarm ente pericolosa. Dunque arrivavi e ti tro ­
vavi la p orta chiusa con lo spioncino. Si possono anco­
ra vedere le im pronte delle unghie, alTinterno, delle
persone che eran o slegate e tentavano di uscire, di
aprire [vedi foto].

207
La Teresa era la persona riten u ta la più pericolo­
sa di tu tte nel reparto delle "pericolose”, era quello
che con term ini molto usati o ra si chiam a "il m ostro”,
lei era considerata il "m ostro di Im ola”. Dunque
quando io arrivo intanto, dovevo passare tu tte queste
b arrie re (anche Noris, m ia moglie, ha visto questa sce­
na tanto che mi disse: Cosa ci fai qui dentro, non puoi
m ica farci nulla; è una cosa trem enda, assurda, è una
cam era di tortura). Arrivati davanti alla p o rta vedevi
solo dallo spioncino; di Teresa dallo spioncino vedevi
solo gli occhi e i capelli, perché lei aveva la m aschera
(descritta come m useruola nella cartella, all'annota­
zione del 17/4/71), poi aveva la cam icia di forza toraci­
ca che la teneva fissa al letto, le cinture di contenzione
alle gam be e ai polsi, p er cui era come una mummia.

D: Perché la m aschera gli copriva interam ente la


bocca, per impedirgli di sputare?

R: Sì, la bocca e quasi tu tto il viso, com e quando i


banditi fanno le rapine e si m ettono la m aschera fino
agli occhi. Nel caso di Teresa la m aschera, era fissata
con delle cinture di cuoio al letto. Quindi io vedevo so­
lo gli occhi di Teresa e accanto a me l’inferm iera ave­
va paura.
Ho com inciato a slegarla, ho com inciato da una
mano. A volte, anche prim a che arrivassi io, tentavano
di slegarla. Tutti i giorni dovevano slegarla p er p u lir­
la. N aturalm ente, andavano in diverse inferm iere per­
ché quando lei veniva slegata, faceva quello che pote­
va, picchiava; è anche una donna forte.
Una delle prim e difficoltà sta nel rendersi conto
che gli stessi degenti finiscono con il rifiu tare essi
stessi di essere slegati. Ad esempio nel caso di Teresa,
le slegavano una mano e m entre l’inferm iera tentava
di darle da m angiare lei le graffiava il viso; a quel pun­
to la rilegavano e la picchiavano. Tanto che m olte di
loro che sono state legate non hanno più denti sia a
causa dell’elettroshock e sia perché le alim entavano
con la sonda. Mi hanno raccontato le inferm iere che
se le degenti rifiutavano di ap rire la bocca, venivano
forzate e nell’"operazione” partiva anche qualche
dente.
Si trattav a di com inciare a slegarla contro il p are­

208
re dei medici. Anche se il reparto dipendeva in tera­
m ente da me, il medico precedente si ritirò subito e
così le inferm iere, avevano paura, e si capisce anche
perché avevano paura, data la situazione, il modo abi­
tuale di pensare e il fatto che tu tto sem brava andare
contro la volontà dello stesso paziente. Ma dopo un
mese, che io ho trascorso interam ente nel reparto not­
te e giorno, perché non c’era solo Teresa, nel rep arto
c’erano q u aran taq u attro donne, di cui una tren tin a
erano legate in continuazione, m entre le altre stavano
slegate qualche o ra al giorno. C’era tu tto questo lavo­
rio di legarle e slegarle.
Dopo un mese ho consegnato alla direzione i mez­
zi di contenzione in un sacco accom pagnato da un bi­
glietto con su scritto: "QUESTI STRUMENTI DI TOR­
TURA DEVONO USCIRE DA UN REPARTO OSPEDA­
LIERO”.
Ogni volta che prendevo un rep arto facevo questo
lavoro, slegavo tu tti e poi consegnavo i mezzi di con­
tenzione. Perché consegnarli? Perché fino a che si ten­
gono lì, anche se non si usano, sono una possibilità
terroristica. Q uando m andai tu tto via lo feci sapere
ufficialm ente a tu tti, inferm ieri e degenti: era finita!

La Teresa è quella che si è rifiu tata per più tem po


di essere slegata, perché aveva p au ra di quello che
avrebbe fatto lei stessa, perché lei sapeva che una vol­
ta slegata avrebbe picchiato gli altri, e gli altri l'avreb­
bero repressa duram ente, allora preferiva "stare
tranquilla”.
Tante volte ho sentito dire dagli psichiatri che "i
pazienti stessi vogliono stare legati”, m a bisogna capi­
re il perché. È un po’ come gli im putati di Stalin che
dicono di avere to rto e che ha ragione Stalin.
Bisogna sapere il perché. Teresa ora, ognuno la
può vedere, pu rtroppo non se ne è andata via, è una
persona con cui si com unica bene. Dal punto di vista
biologico c ’è da dire che, oltre alla m uscolatura rovi­
nata, i denti che non ha più, altri seri e delicati d istu r­
bi fisici, per i quali in genere si interviene chirurgica­
m ente e che invece sono spariti quando lei è p assata
dalla condizione di donna legata costantem ente al let­
to a quella di donna libera che può cam m inare, uscire,
andare dove vuole.

209
D: Tu hai tolto a lei come a tu tte le altre gli psico­
farm aci? Dalla cartella risu lta che veniva pesante­
m ente im bottita di psicofarm aci, e nonostante questo
continuava giustam ente a ribellarsi.

R: Si è tra tta to di b u ttare giù le p orte e i m uri, di


togliere i mezzi di contenzione, e questa è la costrizio­
ne fisica, di convincere le inferm iere a tenere le porte
aperte e contem poraneam ente togliere gli psicofar­
m aci e portarne avanti u n ’op era di cam biam ento di
cu ltu ra con le inferm iere, perché sm ettessero di fare
ricatti.
VANNO TOLTE LE STRUTTURE FISICHE DI
REPRESSIONE, MA ANCHE LE STRUTTURE FAR­
MACOLOGICHE E LE STRUTTURE PSICOLOGICHE;
QUESTO È IL LAVORO CHE UNO DEVE FARE CON­
TRO IL VERO MANICOMIO.
P artire dalla "cam era di to rtu ra ” e arriv are alla
"residenza” come è ora. Teresa è una delle tan te p er­
sone, m a era quella che più ha fatto paura. Mi ricordo
che i prim i m esi che ero all’Osservanza i medici non
parlavano della liberazione di q u aran taq u attro perso­
ne del 14, parlavano del fatto che Teresa B. era in li­
bertà, tanto che un m edico che la conosceva bene mi
disse: "S tai attento, che qualche volta ti può saltare
addosso e staccarti i coglioni”. Questo p er dire cosa
pensava di Teresa B. uno dei medici responsabili del
manicomio. Q uest’u ltim a non ha fatto m ale a nessuno
tolto che nei prim i tem pi quando c ’erano m olti litigi,
adesso non succede neanche più.
Talvolta va anche fuori per Imola, m a non le inte­
ressa molto, ci può andare quando vuole. Lei o ra vuo­
le essere lasciata in pace, è m olto contenta quando
viene a trovarla qualche fam iliare, ha una figlia e ra ­
ram ente viene a trovarla. Teresa fu ricoverata a 21 an­
ni dopo la nascita di questa figlia, d u ran te il p uerpe­
rio. Una donna attrav ersa dopo il p arto un periodo
difficile e può stare m ale e deve essere cu ra ta fisica-
mente, perché c ’è un cam biam ento di situazione o r­
monica, fisica, psicologica. N aturalm ente lei era con­
tadina povera: faceva la casalinga e lavorava nei cam ­
pi, aveva un periodo di debolezza fisica e dei problem i
psicologici norm ali di una donna e probabilm ente non
riusciva a lavorare come prim a. A quel punto avranno
210
chiam ato un medico. Magari era sufficiente un sem­
plice periodo di riposo. M entre il medico ricorre allo
psichiatra. L’hanno presa e m andata al manicomio,
un prim o ricovero a Bologna dove è stata sottoposta a
elettroshock e insulinoterapia ed il secondo qui a Imo-
la, dove si trova orm ai da tren tatré anni.

211
SAGGI TESTIMONIANZE INTERVISTE
Ideologia e strum enti
del trattamento psichiatrico in concreto
Ricostruzione critica a partire
dalla esperienza

di Giorgio Antonucci e Alessio Coppola

I - L’INTERVENTO AUTORITARIO
Innanzitutto bisogna dire che non vi sarebbe la psichiatria
con tu tti quelli che sono gli strum enti con essa collegati se
alla sua base non vi fosse L’INTERVENTO AUTORITARIO.
Finché si resta aH 'interno di una libera discussione tr a di­
versi punti di vista e com portam enti si resta aH’interno di
un incontro tra persone che si cercano liberam ente p er aiu­
tarsi a capire nei pro p ri problem i. Si possono avere discus­
sioni anche vivaci, ci si può scontrare lì p er lì anche con for­
za. Fin qui non c ’è psichiatria né m ai ci sarebbe.
LA PSICHIATRIA INIZIA IL SUO TRATTAMENTO
QUANDO QUALCUNO PENSA CHE TI DEVE PRENDERE
CON LA FORZA PER CAMBIARE LE TUE IDEE.
Infatti si può essere certi che la psichiatria non sareb­
be so rta e sviluppata se non fosse esistito l’istituto del rico­
vero obbligatorio. Se si toglie questo, la psichiatria viene
m essa in crisi alla radice. Un esempio. Poniamo il caso che
a te piacciano le ragazzine di 14 anni. È probabile allora
che tu cerchi di avere rapporti sessuali con loro. Se lo psi­
chiatra pensa che questo sia un com portam ento antisocia­
le, perché si tra tta di m inorenni, stabilisce che il tu o inte­
resse per le ragazze di 14 anni è "m orboso”. Interesse mor­
boso vuol dire che già h a dato di te u n a diagnosi di m alattia
m entale. Q uesta diagnosi diventa assolutam ente necessaria
p e r lo psichiatra e p er la società che richiede il suo in ter­
vento. Ed infatti, com e farebbe senza questa diagnosi, ad

215
im pedirti di frequentare le ragazze di 14 anni? Ti deve to­
gliere dalla "circolazione” ! Ecco, allora, ti fa un bel ricove­
ro obbligatorio. Ecco il m edico del territo rio che conferm a.
Il sindaco fa il certificato. O ra ti prendono con la forza e ti
portano al Centro di Diagnosi e Cura. Tu non ci vuoi anda­
re. Quando arrivano, qualcosa devono fare. Ecco, chiam ano
le guardie m unicipali. Sono alm eno in q uattro: due infer­
m ieri e due guardie m unicipali. In q u attro TI PRENDONO
CON LA FORZA E TI PORTANO DENTRO. Tu o ra stai lì e
non hai alcuna intenzione di rinunciare subito alla tu a idea.
La p o rta è aperta? No, la p o rta è chiusa. Se l’avessero la­
sciata a p e rta te ne saresti già scappato. Tu, con quella idea,
non p o trai an d ar via per quella porta. Ecco, pian piano si
sta costruendo il manicomio...
Come sei chiuso là dentro, se sei una persona energica
e forte, com inci a spaccare tu tto quello che c ’è nella stanza.
Dici: m a io voglio an d ar fuori, perché m ai non devo avere
l’idea di p o ter andare con le ragazze di 14 anni? Spacchi
tutto. E loro, loro che fanno? TI LEGANO AL LETTO! Ti
hanno legato, stai stretto, m a p u re così tu fai casino, e ti
m etti ad urlare, e, se sei uno forte, può d arsi p u re che ti
svincoli, che ti sciogli dal letto.
A QUESTO PUNTO TI FANNO LA PUNTURA! Ti fanno
un bel punturone. Tu chiedi: m a cos'è, non voglio. Loro ti
dicono, se ti dicono qualcosa, che in questo m odo tu ti " ri­
lassi”. Dormi. Dormi molto. Quando ti svegli ti senti la lin­
gua gonfia e meno forza in tu tto il corpo. Allora loro si ri­
fanno vivi: "Allora, che ne dici delle ragazze di 14 anni?”. E
tu, p u r con la lingua tu tta attaccata, gli fai: "Beh, sono mol­
to a ttra e n ti” . Loro pensano: È PIÙ RILASSATO, MA NON È
GUARITO! QUINDI? QUINDI ALTRA PUNTURA. Questo si
ripete fino a che tu non ricordi più che esistono le ragazze
di 14 anni. Almeno m om entaneam ente. O ppure tu cominci
a pensare m olto con te stesso e dici a te stesso: Oh! qui se io
continuo a dire che mi piacciono le raga... questi mi m assa­
crano. Allora gli fai: "No, a me le ragazze di 14 anni non mi
interessano più. Trovo del tu tto sbagliato e fuori luogo UN
INTERESSE SESSUALE NEI LORO CONFRONTI”. PRA­
TICAMENTE, RITRATTI.
ALLORA TI DIMETTONO, TI MANDANO FINALMEN­
TE A CASA. CON LA CURA: UNA PUNTURA AL MESE OP­
PURE UNA SERIE DI PUNTURE A ONDATE SUCCESSI­
VE.
ECCO COME NASCE IL MANICOMIO ED IL SUO PRO-

216
LUNGAMENTO DOMESTICO. ESSO NON È UNA COSA
CASUALE; IN UNA CERTA LOGICA ESSO È NECESSA­
RIO, INDISPENSABILE. CHI PRETENDE DI CONTROL­
LARE CON CERTEZZA IDEE E COMPORTAMENTI HA BI­
SOGNO DEI MANICOMI E DELLE CURE PSICHIATRI­
CHE. L’ALTERNATIVA È QUELLA DI ELIMINARE FISI­
CAMENTE I SOGGETTI SGRADITI, MA QUESTO NEPPU­
RE A HITLER ERA SEMPRE POSSIBILE.

II - LA CAMICIA DI FORZA STA DENTRO LA SIRINGA


AD UN CERTO PUNTO, SI DICEVA, TI FANNO UN
BEL PUNTURONE. MA COS’È LA SOSTANZA CHE VIENE
INIETTATA? DI PSICOFARMACI SI SENTE PARLARE
MOLTO, MA L’INFORMAZIONE AL RIGUARDO È MOLTO
SUPERFICIALE. ESSENDO TRA L’ALTRO UNO DEI PIÙ
GROSSI AFFARI DELL’INDUSTRIA FARMACEUTICA M a
DERNA E CRESCENDO DI GIORNO IN GIORNO LA GEN­
TE CHE HA BISOGNO DI "RILASSARSI ”, SAPERNE DI
PIÙ PROPRIO DA CHI LI VENDE NON È POSSIBILE.
SECONDO L’ANALISI FARMACOLOGICA, LO PSICO­
FARMACO VIENE CLASSIFICATO COME "NEUROLETTI-
CO”, OPPURE "NEUROPLEGICO”. SI TRATTA IN PARO­
LE PIÙ SEMPLICI DI UN PARALIZZANTE delle funzioni
nervose. Lo Zingarelli, questa volta, greco alla mano, non
può sm entire:" neurolettico, farm aco capace di sopprim ere
particolari funzioni nervose, efficace so p rattu tto negli stati
di agitazione e aggressività”.
Allora, cosa succede esattam ente quando ti fanno quel
fam oso p unturon e che ti "rila ssa” ? Praticam ente ti in ietta­
no sostanze chim iche che attaccano direttam ente i collega-
m enti nervosi. Sono sostanze tossiche che avvelenano le
cellule nervose nelle loro congiunzioni (sinapsi). Q uando ti
legano al letto o ti m ettono una cam icia di forza, ti im pedi­
scono dei m ovim enti m uscolari che tu "p o tresti” fare. Tu,
p u r così legato, ti senti la forza nelle braccia e nelle gambe,
e la tu a volontà è fortem ente tesa e co n traria contro quello
che ti fanno. Sei solo uno esternamente impedito. Almeno
agli inizi, se qualcuno ti scioglie dopo un po’, tu schizzi via,
com e u na m olla p rim a com pressa, ed esplodi con tu tta la
tua forza prim a contenuta.
217
Ovviamente l’avvelenam ento del sistem a nervoso è pro­
porzionato al dosaggio e alla frequenza. Diversi ricoverati
parlano degli effetti da loro avvertiti dopo essere stati sot­
toposti a pratiche iniettive o consum o di pillole. Le gambe
ti trem ano, la lingua è gonfia e ti si attacca, le mucose per­
dono colore, tu tti i tessuti adiposi com inciano a gonfiarsi.
E dato che l’intossicazione è generale si possono avere bloc-
' LiU-aiùmii e disfunzioni cardiache anche m ortali.
Scollegando i tuoi nervi di dentro, o ra ti possono anche
sciogliere di fuori. Ti tolgono la cam icia di forza. Non ti le­
gano più al letto. Ora sei tu che non ti TIENI più dentro. De­
cidersi è in qualche modo stringersi, concentrarsi di dentro.
Ora invece ti è difficile decidere un qualcosa, sei tu che non
ti prendi di dentro..
Tornando al caso delle ragazzine di 14 anni, dopo un
trattam en to prolungato di questo tipo, anche se non posso­
no essere sicuri che tu non n u tra, profondam ente, alcun in­
teresse nei loro confronti, certam ente la tu a vita sessuale si
appanna, la tu a voglia dim inuisce sensibilm ente, m a non
sono gli effetti di un tuo ripensam ento, m a solo di una neu­
rointossicazione. A questo livello quindi, già il com une tra t­
tam ento con psicofarm aci ottiene il suo scopo.

Ili - ESK e INSULINA

Non è detto però che da soli gli psicofarm aci sortisca­


no tu tti i loro effetti. A volte si incontrano persone m olto
resistenti alle intossicazioni. Si tra tta di una resistenza sia
di tipo chim ico che di tipo psicologico; prim a della legge
180, ad un carattere come questo poteva succedere di esse­
re tratte n u to in manicom io anche per 40 anni, p er una vita.
In questo modo risolvevano il problem a. O ra sono obbligati
a m andarti via. Ma tu la pensi sostanzialm ente ancora co­
me prim a. Ti trascini le parole, fai gesti più lenti, guardi
più stancam ente ma esprim i la stessa opinione di prim a.
Pian piano ricordi quello che hai fatto, quel che ti è succes­
so, quello che hai detto. Tu p er loro sei ancora quello di pri­
ma. Non sei quindi realm ente guarito. In m anicom io non ti
possono tenere (ma stanno cercando di riaprirli!) e a casa
così non ti possono m andare. Allora dicono: PROVIAMO
CON L’ELETTROSHOCK! Ma possibile, ancora oggi? Cer­
218
to, ancora oggi. In tu tto il mondo. Questo strum ento classi­
co della psichiatria è fiorente negli USA come in URSS, in
Francia come in Germania. In Italia, p er fare un esempio,
molte cliniche universitarie ne sostengono ufficialm ente la
validità come conquiste irrinunciabili.
Vediamo in breve come funziona l’ESK. Consiste nel
far passare correnti elettriche con determ inata intensità a t­
traverso la corteccia cerebrale. N aturalm ente, questo pas­
saggio di corrente, sconvolge, alm eno m om entaneam ente,
l'equilibrio cerebrale. Si perde quindi coscienza e si hanno
delle convulsioni. Ci può essere distruzione di cellule n er­
vose. Quando non c ’è distruzione di cellule, com unque lo
sconvolgimento è m olto grave. È scientificam ente accerta­
to che il passaggio delle correnti elettriche attraverso i cen­
tri nervosi principali, può provocare l’arresto del cuore o
della respirazione, con conseguenze m ortali.
Insomma, ogni volta i rischi sono enormi. Ci sono poi­
sicuri effetti sconvolgenti: il m alcapitato perde coscienza
com pletam ente. Quando si risveglia ha come dei difetti di
memoria. Nei prim i tempi, può anche dim enticare chi è lui
stesso. Non ricord a come mai sia lì. Chiede al padre, alla
moglie, al fratello chi è lui, e chi sono loro. A volte, per ver­
gogna, non chiede, sta muto. Vengono fatte strane e racca­
priccianti prove. Gli si dom anda di cose im portanti della
sua vita, se è sposato, se ha figli; lui niente. Non sa più. Gli
si m ette in braccio o davanti un figlio, e lui lo tra tta come
un estraneo.
Questi episodi, che p roiettati in tu tti i cinema - come
nell’ottim o film di Milos forman, Qualcuno volò sul nido
del cuculo - e alla TV farebbero rivoltare il buon senso della
gente, per la stragrande m aggioranza degli psichiatri dim o­
strano l'efficacia dei loro strum enti. Partendo dalla logica
del controllo e del condizionam ento dei com portam enti, c ’è
poco da obiettare. C’è poco da scherzare, come si vede, su
queste cose tragiche. Non si può però fare a meno di rip o r­
tare il giudizio che alcuni psichiatri danno della capacità
dell'ESK di "rid are la gioia” ad uomini tristi e m elanconici.
Questo è assolutam ente possibile. Se infatti tu dim enti­
chi i motivi della tu a tristezza, sei meno triste. Eri triste e
angosciato perché il ragazzo o la ragazza ti aveva lasciato?
Ora non lo sei più. Già. Non esiste neppure più il ragazzo o
la ragazza. Non ricordi più il suo nome. Ecco non sai nep­
pure il tuo. E tu, tu ci sei ancora? G uardiam o allora da vici­
no cosa è questa gioia del non ricordo: è solo perdita di vi­
219
vacità, è un vagare inebetito e stupido di un corpo svuotato.
L’im possibilità di pensare, di concentrarsi viene p resentata
come u n a soluzione raggiunta di un grande problem a.
Quello si voleva suicidare? ecco, adesso non lo vuole più! la
verità è che la volontà è stata rid o tta al minimo. Ed insieme
con la volontà, anche la necessaria forza m uscolare...

IV - LA CAMICIA DI FORZA IN PILLOLE

O rm ai possiam o dire che la psichiatria m oderna è di­


ventata u na raffinatissim a tecnica della repressione tramite
farmaci. Da questo punto di vista siam o di fronte ad un fine
capolavoro. La dom anda possibile è: "Ma allora, a che serve
togliere la cam icia di forza quando poi si continuano ad
usare sim ili strum enti?. "E questa sarebbe la dom anda di
una persona sensibile e progressista. Ma la dom anda può
anche essere: "Perché o stinarsi tanto ad usare ancora letti
di contenzione e cam icie di forza, quando oggi b asta qual­
che pillola ed una buona siringa?”.
Come è detto più estesam ente in seguito, la psichiatria
illum inata ha preso sul serio questa seconda dom anda e le
ha dato u na risposta. Diversi psichiatri, anche illustri, han­
no conquistato troppo facilm ente la fam a di "antipsichia­
tri” e di "dem ocratici” per il fatto di aver elim inato letti e
cam icie di forza. "Troppo facilm ente” perché la sostanza
della psichiatria è nell’essere una tecnica di repressione dei
com portam enti, e non sarà certam ente l’abbandono di un
antiquato strum ento in favore di uno nuovo, il criterio per
stabilire che ci troviam o di fronte ad un suo reale supera­
mento.
Oggi, il progresso della farm acologia repressiva rende
del tu tto inutile - e tra l’altro faticoso - l'uso dell’im patto e
del bloccaggio fisico ed estern o contro il soggetto inquieto.
Lo scontro violento è un approccio appariscente e più ru ­
moroso. È sem pre possibile che venga considerato dai fa­
m iliari o dalla stam pa com e un qualcosa di b arb aro e di
scandaloso, roba insom m a da medioevo...
Ecco perché è preferibile una tecnica farm acologica,
silenziosa, praticam ente incontrollabile, diluibile. Anche
più assim ilabile come autopratica: è m olto più facile con­
vincere uno a prendersi pillole o a farsi iniezioni che a...
220
farsi legare ad un letto. (Sarà interessante verificare come
in qualche caso di quelli delle cartelle cliniche riportate, si
può arrivare anche a desiderare di essere legati; si può in­
d u rre quindi un m eccanism o autorepressivo anche con si­
stemi antiquati; m a ovviamente una autocontenzione far­
macologica è un trag u ard o m olto più semplice e socializza­
tale!).
La costrizione a livello fisico sul corpo è provatam ente
m olto dannosa perché indebolisce i muscoli e paralizza la
vitale m obilità dell'intero organism o. È sperim entato che
m olti anim ali m uoiono se gli si im pedisce di muoversi. An­
che noi proviam o grandi sofferenze se immobilizzati. I dan­
ni della costrizione fisica sono quindi notevoli ed evidenti.
Diciamo solo che BEN PEGGIORI SONO I DANNI CAUSA­
TI DALLE CORRENTI ELETTRICHE NELLA CORTECCIA
CEREBRALE, DAL COMA INSULINICO E DA MASSICCE
DOSI DI PSICOFARMACI.
Prim a di dire qualcosa di più esplicito sulla n atu ra de­
gli psicofarm aci, qualche riga sulle iniezioni di insulina. Bi­
sognerebbe fare una coraggiosa indagine in m erito p er ve­
dere in quante case di cu ra è ancora usata. Perché si inietta
insulina? Perché l’insulina è una sostanza che regola la p re­
senza di zucchero-glucosio nel sangue. La regolazione del
glucosio è di vitale im portanza p er le cellule, a com inciare
dalle cellule nervose. Se la quantità di zucchero non è quel­
la sufficiente e scende sensibilm ente di livello, alle cellule
nervose viene a m ancare im m ediatam ente il suo nutrim en­
to, PER CUI SI VA IN COMA. Ebbene, le iniezioni di insuli­
na hanno lo scopo di spingere Yindomito ricoverato in uno
stato comatoso, che è a tu tti gli effetti riconosciuto scienti­
ficam ente come STATO PREMORTALE. Ovviamente ti m et­
tono in coma e poi cercano di tira rti fuori, di rip o rtarti cioè
in vita dopo aver causato un forte squilibrio nelle tue facol­
tà cerebrali, che lascia com unque le sue tracce come si può
notare nel caso di qualche ricoverata del reparto 14. E non
c ’è alcuna assoluta garanzia che dallo stato di coma si pos­
sa far rien trare sem pre la vittim a allo stato di conoscenza.
Vorremmo che alm eno per un attim o fosse m essa in di­
scussione la "ragionevolezza" di questi camici bianchi ad­
detti a ridare la "ragione" a quelli che loro chiam ano pazzi.
È lo stato di coma, questa soglia m iracolosa dove la psi­
chiatria "scientifica” spinge il "folle” p er "ridurlo a ragio­
ne” ? È il prosciugare l’alim ento cellulare di un cervello
uno dei ritrovati della civiltà m oderna contro i com porta­
221
m enti indesiderati o "incom prensibili” ? Non stiam o di
fronte ad un sostituto scientifico del più antico sospendere
un condannato su un precipizio?
Ed è quasi incredibile che il gioco continui p u r cono­
scendone l'alto rischio. È tale la "n ecessità” di cam biare la
testa del ricoverato che il rischio della sua m orte è messo in
conto coscientem ente. Si sa benissim o che il m alcapitato
potrebbe m orire, m a si va avanti lo stesso. Ci si prem unisce
soltanto legalm ente e vigliaccam ente da eventuali "respon­
sab ilità” facendo firm are ai parenti l’autorizzazione a que­
sto trattam en to come a quello dell’ESK. La firm a serve agli
psichiatri, perché in caso di m orte si sentono tranquilli p er­
ché la responsabilità non è loro m a dei p aren ti che avevano
approvato. La qualità dell’inform azione che in genere si dà
in questi casi ai p arenti è bassissim a e m olto sbrigativa.
Più o meno si parla ai p arenti così: "Non possiam o procede­
re senza la vostra autorizzazione; per queste cu re ci vuole
la vostra firm a”. Siamo convinti che la strag ran d e maggio­
ranza non sa bene cosa firm a, ma, postegli le cose in questo
modo, firm a lo stesso. Se sapessero come, stanno le cose,
pochissim i firm erebbero. R esta com unque da contestare il
diritto di chiunque anche p arente ad autorizzare questo
gioco con la m orte di una persona um ana.
Per le ragioni esposte altrove, si può com prendere co­
me la connivenza con la piovra psichiatrica sia estesa. A
volte, per ragioni di im m agine sociale e tran q u illità con
l’am biente circostante, gli stessi fam iliari sono in prim a fi­
la contro la pazzia. Ad un certo punto su b en tra come un co­
dice di guerra. Psichiatri e collaboratori sanno che "ci può
scappare il m orto”, m a p er loro si tra tta di effetti sgraditi
di una guerra giusta: meglio un cervello d istru tto che un
cervello anorm ale.
Se per l'ESK e l’insulina-com a è necessaria form alm en­
te la firm a di qualcuno, p er la som m inistrazione dei neuro-
lettici, chiam ati psicofarm aci, non è necessario alcun con­
trollo.
C ertam ente con questi la psichiatria ha raggiunto il
m assim o di perfezione e di elasticità nelle sue cure. Cure
redditizie so p rattu tto p er il grande lucro che ci si ricava.
SULL’INVENZIONE DELLA TERAPIA DEL SONNO
ad esem pio sono state co stru ite tante cliniche più o meno
modeste, più o meno lussuose. È interessante sofferm arsi
un attim o sulla capacità che ha questa invenzione di eserci­
tare fascino. Terapia del sonno. Pare propio u n a cosa bella,
222
una cosa innocente. Un gran rim edio contro lo stress e gli
affanni della vita m oderna... Ecco vedi, caro, tu ragioni così
perché sei stanco, sei oppresso dalle preoccupazioni; hai bi­
sogno di dorm ire, di dorm ire tanto, di dorm ire tranquillo e
rilassato .....
Vediamo cosa è in realtà questo co stru tto fantastico
che ha fatto co stru ire tan te "ville fiorite”. LA TERAPIA
DEL SONNO NON È ALTRO CHE UNA SOMMINISTRA­
ZIONE MASSICCIA E PROLUNGATA DI DIVERSE QUALI­
TÀ DI PSICOFARMACI.
L’effetto di qu esta cu ra differisce notevolmente dagli
effetti già disastrosi di una qualsiasi som m inistrazione in­
tensiva. Qui la persona, invece di essere semplicemente
stordita, con la lingua gonfia e le gam be tre m a n ti,..., dorm e
del tutto. NON CE LA FA A SVEGLIARSI E DORME PER
LUNGHISSIMI PERIODI.

Non entriam o nei dettagli di quello che scientificam en­


te avviene p er quanto riguarda lo squilibrio persistente dei
ritm i circadiani che regolano l'altern an za delle fasi di ve­
glia e sonno nell’uomo. Raccontiam o solo quello che sap­
piam o e che abbiam o visto di sicuro.
Il trattam en to prolungato, sulla base di un intreccio
qualitativo di neuroparalizzanti, p o rta ad un rapido avvele­
nam ento cellulare. Quali sono gli effetti subito evidenti di
questo avvelenam ento? Primo: gli effetti abituali su memo­
ria, identità personale, inebetim ento, di cui si è già p arlato
a proposito della som m inistrazione semplice, vengono au­
m entati m oltissim o con questa som m inistrazione m assic­
cia ed intrecciata di psicofarm aci. Secondo: LE CELLULE
INVECCHIANO PRECOCEMENTE E RAPIDAMENTE.
Questo invecchiam ento delle cellule è evidente ad occhio
nudo: l’andam ento stesso della persona è stanco, trab allan ­
te, incerto. Ci sono ragazze di 20/25 anni che ritornano ripe­
tutam ente ai cen tri di Diagnosi e Cura. Ebbene, sem bra che
abbiano q u a ra n t’anni. A pprossim ativam ente si può dire
che IN SEI MESI DI INTERNAMENTO E DI CURA INTEN­
SIVA SI INVECCHIA DI VENTANNI.

Quelli che hanno avuto occasione di visitare qualche


manicomio, clinica o corsia psichiatrica, avranno certa­
m ente notato che m olti ricoverati hanno u n ’aria da im bam ­
bolati, ciondolano da ogni parte, non m antengono un p o rta­
223
m ento retto e una an d atu ra sicura, hanno lo sguardo stra ­
buzzato, o com pletam ente inebetito, m anifestano una asso­
luta incapacità di attenzione ad un ragionam ento p u r b re­
ve, sono tristi, accasciati sul petto, smozzicano frasi se non
parole, si incontrano tra di loro ma per ignorarsi, ripetono
mille volte la stessa povera cosa o povera storia. ORA, VA
DETTO A QUELLI CHE HANNO FATTO DELLE ESPE­
RIENZE DI VISITE COSÌ CHÈ NON HANNO VISTO COME
SI COMPORTANO I PAZZI O I MALA TI DI MENTE, MA CO­
ME SI MUOVONO E PARLANO DELLE PERSONE RICO­
VERATE E PSICHIATRIZZATE.

N ella com pleta ignoranza che si ha degli effetti delle


cure psichiatriche, m olti pensano: "beh se si com portano
così, sono veram ente pazzi ed in fondo è bene che siano re­
clusi e c u ra ti”, senza sapere che loro stanno guardando
proprio i risu ltati delle "c u re ”. Da cartelle cliniche come
quelle riportate, si può d im ostrare quasi m atem aticam ente
che alle cu re psichiatriche più lunghe, intensive e coerciti­
ve, corrispondono le persone che oggi in questo mom ento
hanno u n a vita di relazione più scarsa. P u r avendo il cervel­
lo um ano possibilità strao rd in arie di recupero in un am ­
biente sociale libero, oggi p u r essendo questi rep arti aperti
già da anni, ancora si possono vedere i " ris u lta ti”.
Si è parlato di cam icia di forza in pillole a proposito de­
gli psicofarm aci, cioè di una coercizione in tern a tram ite il
bloccaggio del sistem a nervoso.
È chiaro che questo bloccaggio non può che com prim e­
re la tensione um ana a relazionarsi con le cose esterne e
con altre persone.
Ora, nei manicomi, all’effetto interno va com unque
som m ato ancora quello del bloccaggio esterno. Non è che
questo non conti nulla su ll’esercizio delle capacità di rela­
zioni sociali. È come se la capacità di relazione che è im­
m ensa com e l'orizzonte, a poco a poco si atrofizzi. Ma an­
che qui è possibile supporre che vi sia una auto riduzione di
attività relazionale p er ragioni di "convenienza” .
Q uesto è interessante perché può ch iarire come un
com portam ento "sconveniente” oppure derelazionato (si
dice "è rid o tto allo stato vegetale”) può essere messo in at­
to non solo passivam ente, perché orm ai si è diventati come
degli autom i, m a volontariam ente nei m om enti di luce che
ancora provengono da funzioni cerebrali non del tu tto

224
"neutralizzate” dalla psichiatria coattiva.
Episodi quotidiani possono ch iarire questo concetto.
Giorni fa, ad esempio, ci siamo fatti ap rire la p orta di uno
dei rep arti chiusi che stanno qui a pochi m etri. Ebbene lì
abbiam o potuto notare com portam enti apparentem ente
strani che nei reparti, aperti non si vedono più.
Qualche recluso ad esempio girava nudo. Ora uno che
viene dal mondo esterno si può "scandalizzare”; ma la do­
m anda da farsi è: m a a che serve vestirsi quando si resta tra
quattro pareti tu tta una vita e gli altri con cui sei '"obbliga­
to ” a vivere sono persone ridotte a oggetti con cui non ci si
"incontra” più?
Quindi non va dim enticato che la reclusione fisica
dall'esterno, l’obbligo cioè a vivere in spazi ristretti e con le
stesse persone, in una parola la restrizione della lib ertà
personale di movimento, oltre alla ben nota aggressività
com porta una riduzione netta di quelle m odalità di com­
portam ento che costituiscono il patrim onio sociale di rico­
noscim ento reciproco.

225
La s c ie n z a infelice di Cesare Lombroso
ricerca a cu ra di
Isa Ciani e Giuliano Campioni

"Ed è colla lietezza, con cui un adole­


scente va al teatro, che ei si avviava
ogni mattina alle su e carceri, ed anche
quando era malato, stanco, anche nei
giorni più melanconici, le su e carceri,
ebbero se m p re il potere di ridargli la vi­
ta, l’eccitamento,la gioia.”
(Gina Lombroso, Cesare L o m b ro so : sto ­
ria d ella v ita e d elle opere,Bologna 1921,
pp. 247-48)

La figura di Lombroso, da tem po presente nei m anuali


solo come m itico pioniere della m oderna crim inologia, e
pesantem ente vivo nella realtà delle nostre più repressive
istituzioni, sta conoscendo una nuova fortuna. Da una p ar­
te è lo stesso movimento di lotta contro quel tipo di istitu ­
zioni che spinge a verificarne criticam ente la genesi,
dall’altra opera la volontà di rip o rtare alla luce elem enti
del positivismo in cui la cu ltu ra non si presenterebbe in
una sfera di separatezza ma come direttam ente coinvolta
alla risoluzione dei più dram m atici problem i sociali.
Nella direzione di un com pleto recupero il contributo
più sistem atico e apparentem ente più ricco viene dalla mo­
num entale biografia di Luigi B ulferetti (C. Lombroso, Tori­
no Utet, 1975). M erito dell'illustre studioso è quello di ri­
p ortare alla luce, con il padre, anche la figlia Gina (senza
peraltro quasi m ai citarla). La dipendenza dalla biografia
(Cesare Lombroso, Storia della vita e delle opere, Bologna
1921) piena di filiale venerazione per il genio paterno, è pro­
vabile senza m olti sforzi: basta un confronto stru ttu rale. In
m olti casi B ulferetti si lim ita a fare un riassunto, talvolta
ripetendo espressioni ed interi giri di frasi. Pochi elem enti
aggiunge (soprattu tto nella Premessa e nella rassegna bi-
bliogarafica, utile anche se confusa) a livello interpretativo
e del tu tto discutibili, oppure ricavati dall’altra sua grande
fonte. L ’opera di Cesare Lombroso nella scienza e nelle sue
applicazioni (Torino 1906), volume dovuto alla penna bene­
227
vola o interessata di allievi e seguaci, in occasione del VI
congresso di antropologia crim inale, per im balsam are ac­
cadem icam ente lo scienziato oram i perdutosi fra le nebbie
"m ateriali” dello spiritism o.
Il giudizio che viene fuori dall’opera di B ulferetti è, nel
complesso, piattam ente apologetico (basti pensare alla li­
nea d ire tta che unirebbe Lombroso alla tradizione dei Bec­
caria e dei Cattaneo, senza che venga colta la specifica, tal­
volta antitetica funzione ideologica dell’uno rispetto agli
altri): rim ane il segno della filiale venerazione per il genio
tu tto cuore del padre. Sia F erraro tti nella recensione al
B ulferetti su "Paese sera” (10/X/75) sia Giacanelli nell’in­
troduzione a La scienza infelice (a cura di G. Colombo, Bo-
ringhieri Torino 1975) appaiono im pressionati dalla mole
("docum entazione ricchissim a”) del libro ed evidentem ente
dalla disinvoltura con cui l’illustre biografo di Lombroso si
intrattiene con quel fitto mondo, oggi ricoperto dalla polve­
re, di medici, giuristi, sociologi, non solo italiani, che for­
mavano il clim a culturale della "scuola positiva”. In realtà
tale disinvoltura è frutto, prevalentem ente, della consuetu­
dine che la Gina Lom broso aveva con personaggi in varie
forme legati al padre.
La scienza infelice, al di là delle indicazioni in terp reta­
tive su cui tornerem o, ha una sua decisiva forza in quanto
ci ripropone visivamente il museo di Lombroso. La m onta­
gna confusa di teschi (p.76) già catalogati dall’"alienista
della sta d e ra ” con cura, se non con tecnica esattezza anche
a giudizio dei seguaci, impone, con la sua polvere, il senso
della lontananza di quel mondo. Rimane, di tu tti quei re­
perti e " fa tti” probanti, nella m oderna crim inologia, solo il
risultato, la scoperta, cioè, che il delinquente (il deviante)
costituisce "u n a nuova infelicissim a razza” : la costruzione
di uno stereotipo attrav erso l’appiattim ento del sociale nel
biologico.
Questo, però, è sufficiente a far riconoscere, in Lom­
broso, in m aniera pressoché unanime, il geniale pioniere
dell’antropologia crim inale. La rozzezza, il m ucchio dei fat­
ti p o rtati a costru ire una "scienza” che se ne diceva serva,
prova ancor più l’im m ediata necessità di sicurezza che la
classe dom inante pretendeva come risposta. Risulta, come
del resto anche dai Palinsesti del carcere (Torino, 1888), la
sordità assoluta di Lom broso di fronte alla storia che ancor
oggi tali reperti sanno raccontare con chiarezza. Ne La
scienza infelice la scelta delle immagini e il commento,
228
spesso penetrante, sem pre com unque sensibile al significa­
to di classe e di m iseria, forniscono una prim a valida guida
alla realtà del discorso lombrosiano.
Si è visto un elem ento progressivo nella scuola positiva
di diritto penale in quanto atten ta alla figura del delinquen­
te, più che al delitto come infrazione volontaria di una n o r­
m a giuridica razionale e universale. In contrapposizione
all’operare a stratto della "scuola classica" quella positiva
avrebbe ben individuato la sfera della difesa sociale, della
totalità rispetto al singolo potenzialm ente deviante. Le am ­
biguità di questo tentativo (con cui già Labriola fece i conti)
emergono fin da una prim a e breve ricostruzione teorica in­
terna al quadro lom brosiano. Non ci troviam o di fronte ad
una società sicura di se stessa e dei suoi valori per cui la de­
viazione e la degenerazione rappresenterebbero solo lo
scarto di una m acchina che funziona a pieno ritm o e quindi
una indiretta conferm a: siamo davanti ad un inquieto cam ­
po di forze che non suggeriscono una lettu ra univoca. Man­
ca un ordine logico dato. La violenza appare come necessi­
tà: della società sul diverso e del diverso sulla società. Il
darw inism o ha d istru tto ogni salda certezza, l'uom o è l’ani­
male selvaggio che una lunga, costrittiva educazione, può
dom are. La civiltà ha m utato solam ente in superficie que­
sto dato antropologico di violenza: l’equilibrio è sem pre in­
stabile, "sottile è la vernice della n o stra civiltà" come mo­
strano le frequenti sommosse sociali "m a anche in tem po
di calm a lo studio dei costum i dei nostri popoli ci prova
che m algrado le vicende e gli incrociam enti essi assai di po­
co variano dall'epoca b a rb a ra ” (Il delitto politico e le rivo­
luzioni, Torino 1890, p. 7).
Seguendo Claude Bernard, siam o lontani dal conside­
rare salute e m alattia (e di conseguenza ragione-follia,
onestà-crim inalità trad o tte in term ini di fisiologia-
patologia) entità astratte, ipostatizzate, in lotta per l’orga­
nismo. La differenza è solo di grado, di equilibrio di fattori.
Lombroso si richiam a anche su questo punto (cóme su mol­
ti altri) al quadro teorico della cu ltu ra europea più conser­
vatrice che, dopo la Comune, cerca nella "scienza” lo stru ­
m ento privilegiato p er esorcizzare il furore popolare e le
radici sicure p er il proprio progetto di politica "sperim en­
tale” in una pretesa sfera di neutralità.
In particolare il rapporto è direttam ente individuabile
con Taine: tra il francese e l’italiano correvano reciproci ri­
conoscim enti di stim a e di dipendenza. Leggiamo in Taine:
229
la ragione è "un'acquisizione tardiva ed un com posto fragi­
le" " l’uom o è pazzo come il corpo è m alato, p er natura; la
salute del nostro spirito, come la salute dei nostri organi,
non è che un successo frequente ed un bel caso” negli spiri­
ti superiori. "Q uanto la ragione è zoppicante nell’uomo,
tanto essa è ra ra nell’u m an ità’’, e non recita mai la parte
principale: "questa appartiene ad altre potenze nate insie­
me con noi, e che, a titolo di prim i occupanti restano in
possesso deH 'appartam ento”. L’uomo è essenzialm ente ani­
male, "da ciò deriva in lui un fondo persistente di brutaltà,
di ferocia, di istinti violenti e d istru tto ri". Questi non si m a­
nifestano in tem pi norm ali, di qui l’illusione che tali passio­
ni "si siano calm ate, am m ansite; vogliamo credere che la
disciplina loro im posta è diventata naturale, e che a forza
di scorrere fra due dighe, esse hanno preso l’abitudine di
restare nel loro letto. La verità è che come tu tte le forze
brute, come un fium e o un torrente, esse non vi restano che
per costrizione; è la diga che con la sua resistenza fa la loro
m oderazione”.
Le leggi, i codici, i trib u n ali sono m eccanism i di violen­
za necessari per reprim ere e controllare le forze selvagge
della "bestia um ana". "In fondo a tu tti questi ingranaggi si
vede sem pre la molla finale, lo strum ento efficace, voglio
dire il gendarm e arm ato contro il selvaggio, il brigante ed il
pazzo che ciascuno di noi racchiude, addorm entati o inca­
tenati, m a sem pre vivi, nella caverna del proprio cuore”
(Taine, L'ancien régime, trad. it. Boringhieri Torino, 1961,
pp. 342-47). Lombroso è influenzato da queste posizioni: da
qui l’im purezza dello spazio occupato dalla giustizia
nell’evoluzione storica, non più riflesso, com e nei presup­
posti della "scuola classica”, di un ordine, bensì strum ento
per im porlo come equilibrio sia pu re instabile e dinamico
("io ho potuto dim ostrare nel mio Uomo delinquente che
m oltissim e delle pene contro i delitti, non erano a loro vol­
ta, che nuovi delitti...” — La funzione sociale del delitto, Pa­
lerm o 1896, p.187 )•
F ru tto di questo equilibrio è la norm a, ogni volta feti-
cizzata e ferm ata, m a non ci sono certezze, solo paure. Il
fondam ento psico-biologico è la categoria del misoneismo.
Il misoneism o, prim o strum ento che garantisce la perm a­
nenza della vita e della form a, si risco n tra ad ogni grado
dell'essere, con un rozzo psicologismo elevato a visione me­
tafisica del mondo. Al genio, al degenerato sono affidati gli
elementi di ro ttu ra e di movimento. La sem plicistica spie­
230
gazione biologica è p ro p ria dell’epoca: l’atrofia di certi o r­
gani e le tare fisiologiche di cui la m ancanza di senso m ora­
le è espressione, fanno sviluppare eccesionalm ente altri o r­
gani ed altre capacità. "Perciò io ho potuto dim ostrare che
l’uomo naturalm ente, eternam ente conservatore, non sa­
rebbe progredito m ai senza il com binarsi di circostanze
straordinarie che m ettevanlo nella necessità di superare il
dolore della novazione p er confortare altri più grandi dolo­
ri, e della com parsa di alcuni uom ini singolari, come i pazzi
di genio e i mattoidi-, che per la anom ala organizzazione
avendo un esagerato altruism o e u n ’attività cerebrale supe­
riore di lunga m ano a quella dei contem poranei, p reco rro ­
no gli eventi, trascinano alle novazioni, senza pensare al
proprio danno, il pubblico che se ne vendica non dirado col
sangue, e fanno come gli insetti che col volare da un fiore
all'altro trasportan o un polline, cui occorrerebbe m olto
tem po e m olti tu rb in i per riescire fecondo” (L’uomo delin­
quente, Torino 1889, voi. I, p. 67). Non ci sem bra quindi che
in tal caso sia presente nel crim inologo ''l’ossessione della
diversità” (cfr. A. Pirella, Prefazione a L'uomo di genio, Ro­
m a 1971, p. XVI) e ad d irittu ra "la p a u ra ” (Giacanelli, cit. p.
27) verso il genio, questa fragile e estrem a produzione della
natura, inserito nel quadro di una patologia divenuta visio­
ne del mondo, c ’è p iu ttosto la stupita, nascosta, quasi este­
tica am m irazione piccolo borghese p e r il diverso che garan ­
tisce con la sua eccezionalità il norm ale, quotidiano andare
delle cose.
Si deve leggere piuttosto un certo disprezzo per "il ve­
ro uom o norm ale” : "non è nem m eno colto, non è nem meno
erudito, esso non fa che lavorare e m angiare — fruges con­
sumere natus”. (L'uomo di genio, cit. p. 7). Certo neppure
Lombroso può sentirlo come un modello. Non bisogna di­
m enticare le ascendenze rom antiche di questo discorso sul
genio, in particolare di Schopenhauer che larga diffusione
conosce nel clim a cu ltu rale del positivism o. "Prim a di tu tto
dei geni, anche deboli, saranno sem pre più preziosi dei ta ­
lenti mediocri; ed è peccato il perderne un solo” (Pazzi e
anonali, Città di Castello 1890, p. 296).
Ci sono quindi elem enti di aristocratism o n atu rale in
Lombroso g aran titi dal "darw inism o”. Vedendo nell’In ter­
nazionale, nel m ovim ento di classe una causa dell’incre­
mento del delitto in Italia, difende il darw inism o e il positi­
vismo dall’accusa di essere la cau sa del nascere e del dif­
fondersi delle idee rivoluzionarie: "Il Darwinianismo, pren-
231
derido le mosse dalla selezione della specie, dal trionfo del­
la bellezza e specialm ente della forza, d im ostra essere im­
possibile, nella n atura, la com pleta uguaglianza e naturale
e necessaria, quindi, l'aristocrazia; che se negli anim ali in­
feriori la è costitu ita solo dall'energia m uscolare o dalla
ricchezza di connettivo, nell’uomo lo sarà invece dalla for­
za intellettuale e dal c a ra tte re ” (Sull’incremento del delitto
in Italia, Torino 1879, p. 9) (Per la teoria del genio in Lom­
broso cfr. anche quando dice C. A. M adrignani, in Cultura
narrativa e teatro nell’età del positivismo, Laterza 1975, p.
38 e sgg. )
Singolari m a significative le lam entele del Lombroso
intorno agli anni '90 (divenuto professore di clinica psichia­
trica a Torino) riferite dalla figlia Gina, cioè che ”i tem pi si
erano fatti m ediocri e banali si eran fatti anche i pazzi” di
contro alla "sconfinata im m aginazione” degli "stran i alie­
n a ti” e "fecondi pazzi” "che così avevano eccitata la sua
mente a Pesaro e a Pavia” venti anni prim a. "Cretini, de­
menti, epilettici, alcoolisti, paralitici generali: ecco quanto
trovò nella nuova clinica e anche questi ultim i di una mode­
stia che sconcertava...” (G. Lombroso, cit. p. 293).
Il deviarne,, l’anomalo, il genio sono visti come fattori
di m ovim ento storico la cui forza e potenza dirom penti so­
no da sottoporre al controllo del "tecnico” che si fa garante
della norm a: per regolare, trasform are, ordinare. Il pro ­
gresso ordinato può nascere solam ente dalla tensione tra il
m isoneism o come fattore stabilizzante di equilibrio e l'ele­
m ento di ro ttu ra. Al "tecnico” è affidata la possibilità di in­
canalare l’inelim inabile violenza, non lasciando libere le
forze distruttive in gioco (cause di rivolte e sedizioni). La
"scienza” p u r essendone consapevole nasconde il processo,
la genesi, dietro il feticcio del fatto che diviene il fondam en­
to per assicurarn e il dubitoso edificio. Alla fluidità prece­
dente l’intervento del tecnico, succede l’o ttu sa rigidezza
del catalogare e distinguere.
Pagine e pagine di m isure, confronti, indici, tavole, ri­
cerca ossessiva di anom alie fisiologiche e una congerie di
fatti, fatterelli, aneddoti (il tu tto faceva già sorridere per
l'ingenuità e la rozzezza i più avvertiti tra i contem poranei)
servono a costru ire le tipologie um ane fissate in tu tte le lo­
ro più m inuscole gradazioni, dal norm ale al delinquente.
Norm ale è l’essere biologicam ente assuefatto, attraverso
l’educazione costrittiva, alle regole che danno coerenza
all’organism o sociale così come negli anim ali la legge del
232
"genere" sovrasta i singoli. In questo quadro non è pereg ri­
na (anche se ridicola) l’enorm e casistica che Lombroso ci
fornisce di delinquenza nelle piante e negli animali, anzi,
essa ci offre u na chiave interpretativa p er com prendere la
definizione stessa di anorm alità.
La norm a segue l’evoluzione ed è espressione del livel­
lo raggiunto dalla specie, chi sta al di sopra di tale livello
(genio), o al di sotto (essere atavico), è il reo che necessaria­
m ente porta in sé, nel suo organism o, le ragioni di tale col­
pevole frattu ra. "Si dom anda come era il cranio di coloro
che, nei tem pi b arb ari com m ettevano atti, come eresia, be­
stemmia, stregoneria, puniti allora dalle leggi, m entre o ra
non lo sono più. Ora io ho dim ostrato che i delinquenti con­
tro l’uso, contro le religioni, erano allora i veri delinquenti,
m entre i rei d ’om icidio molte volte non erano considerati
come delinquenti nelle epoche selvagge. Che, se quelli era­
no i veri delinquenti (eccettuati, naturalm ente, quelli a to r­
to perseguitati p er solo sfogo di odio teologico e politico), è
naturale che dovevano avere gli stessi caratteri dei delin­
quenti odierni; anzi, che è più, nella I a edizione ho dato la
descrizione di 12 crani di rei medioevali, che avevano le
stesse anom alie dei n ostri" (L'uomo delinquente, voi. I cit.,
p. XLIV-XLV).
E quindi la misura e l'azione divengono, in questa logi­
ca, direttam ente politiche: "Gli è che il crim inale è, per la
sua n atu ra nevrotica ed impulsiva e per odio alle istituzioni
che lo colpirono e che lo inceppano, un ribelle politico p er­
petuo, latente ... costoro sono naturalm ente e p er interesse
anti-misoneici: odiano lo stato presente, credendo che non
l’ordine naturale, ma l’ordine di quel dato Governo costi­
tuito sia quel che li frena e li punisce...” (Lombroso-Laschi,
Il delitto politico e le rivoluzioni, cit., p. 141). Le gradazioni
uantitative che si pongono tra un tipo e l’altro scandendo
S fluire continuo del reale, in ultim a analisi divengono ipo­
statizzazioni m etafisiche di razze qualitativam ente diverse
fra gli uomini. Si ripercorre una distanza segnata dal di­
sprezzo m oralistico che si salda indissolubilm ente al giudi­
zio preteso neutrale del tecnico.
Fra i due estrem i del "crim inale n ato ”, assolutam ente
diverso, e l’onesto, c ’è tu tta una serie di "tip i”, di anelli di
congiunzione che fondano in n atu ra i vari aspetti della de­
vianza. Ma anche la "n o rm alità” ha le sue naturali grada­
zioni e diversificazioni, su queste si m odellano i ruoli socia­
li: m aschio e femmina, bianco e nero, uomo del nord e uo­
233
mo del sud, contadino, operaio, scienziato etc. Così si crea,
una rete che viene a coprire e a fissare, attrav erso genera­
lizzazioni e banalità di ogni sorta, m a anche attraverso una
veste scientifica con apparenze pericolosam ente neutre,
tu tto il tessuto sociale. Per questo le teorie che il nome di
Lombroso richiam ano hanno u n ’im portanza che va ben al
di là di una polem ica fra u n a vecchia e una nuova scuola pe­
nale. È il tentativo di dare una spiegazione globale e unita­
ria della realtà, dall’inorganico alla storia.
Di fronte a questo, buona p arte del socialism o italiano,
fino a Labriola, nonché m o strare una m inim a autosuffi­
cienza teorica, non fa altro che ripiegare nella ricerca,
aH 'interno di quella stessa cornice di darw inism o sociale
che serviva all’im perialism o e al razzismo, di un angolino
per speranze di riform e, di razionalizzazioni contro paras­
sitism i e ingiustizie nella distribuzione delle ricchezze.
C’è la fede in una evoluzione per cui la "v era” n atu ra (il
fisiologico) prevalesse m agari, semplicem ente, attraverso
gli "o n esti” sulle falsificazioni apportate dalle ingiustizie
econom iche nella lotta p er 1'esistenza (il patologico). Per
tu tti b asterà ricordare le posizioni espresse dal Ferri nel
suo Socialismo e scienza positiva. Darwin, Spencer, Marx
(Torino 1894).
E strem am ente significativa nella sua rozzezza, l’argo­
m entazione che, utilizzata da Lombroso p er il caso Passa-
nante, viene ripresa, con intim o com piacim ento, con le
stesse parole, anche a "c h ia rire ” e classificare il fenomeno
Davide Lazzaretti (cfr. anche La scienza infelice, che giusta­
m ente gli dedica alcune pagine, pp. 129-140). Due grossi av­
venimenti, sintomo, se non altro, del forte disagio sociale,
ognuno con le proprie specifiche caratteristiche, sono ap­
piattiti e risolti nella patologia individuale. Gram sci analiz­
za nei Quaderni il significato storico-sociale della singolare
figura di Davde Lazzaretti e del suo m ovimento esprim endo
anche un definitivo giudizio critico sull’operazione di Lom­
broso e di altri autori che andavano nella stessa direzione.
(Cfr. in particolare, Quaderni III, Einaudi 1975, p. 2279-83;
cfr. anche E. J. Hovsbawm, I ribelli, Einaudi 1966, p. 96-
105).
Dal brano su Passanante, risu lta senza veli anche la
concezione del "norm ale” e la stabilità del ruolo sociale
biologicam ente prefissato. «Che uno studente di liceo, che
un im piegato qualunque sia preso dal ticchio di leggere tu t­
to il giorno giornali e scom biccherare grossi quaderni dalle

234
elucubrazioni più volgari e spropositate, io non ci troverei
nulla a ridire (la nuova Biblioteca Elzeviriana sarebbe lì a
provarcelo); m a che un cuoco, anzi uno sguattero, acuisca
l’ingegno m aggiore che n a tu ra gli diede, non neU’ammanni-
re nuovi intingoli, m a nello scrivere continuam ente, nel
progettare repubbliche ideali, com e non Toserebbe forse
attualm ente Mazzini, e nel continuarvi anche quando non
trova alcuno che gli badi, tanto da rid u rsi alla fame, qui tro ­
viamo im a di quelle specie di eroi che, piuttosto di toccare
le soglie del W alhalla, raggiungono o, almeno rasentano
quelle del m anicom io, tanto più se egli è di quelle regioni
dove l’ideale delle basse plebi difficilm ente si spinge verso
le alte questioni politiche e m orali, dove, p er servirm i dei
detti delTiflustre statista napoletano Rocco De Zerbi,
'T idealism o h a poca presa, dove la fede è so stitu ita dalla
speranza, speranza di spender m eno negli onesti, guada­
gnar di più nei m eno onesti e bisognosi, dove la tendenza
non è già l’entusiasm o p er un principio, p er un’idea, m a p er
u n m aterialism o politico, che consiste, in fondo, nel voler
pagare 10 lire di m eno all’agente delle tasse, od aver un po­
sto al Banco di Napoli, o una croce d a cavaliere e, nei p iù ri-
spettabili e delicati, nel non aver fastidi ed essere rip ettati
dagli altri". Q uando in un simile am biente un uomo, senza
una speciale educazione, si caccia d ietro ad ideali così di­
versi da quelli della sua classe, è certo anormale: p o trà es­
sere un genio, un Giotto da pastore trasform abile in p itto ­
re; m a se questo p astore trascu ra d a una p arte le pecore e
dall’altra mi traccia solo degli sgorbi, indegni persino di un
im bianchino, allora comincio a dubitare, non che si tra tti
di un vero pazzo, m a di quella form a interm edia che io chia­
m ai già del mattoide...» (Considerazioni al processo Passa-
nante, in Delitti vecchi e delitti nuovi, Torino 1902, p. 202).
Abbiamo voluto rip o rtare per esteso la citazione p er­
ché, di passaggio m a non casualm ente, dà anche un esem­
pio di com oda e sbrigativa psicologizzazione antropologica
del 'tipo’ napoletano. Lombroso riporta, per oggettivare e
suffragare positivam ente il giudizio, la testim onianza di un
'esperto', Ton. De Zerbi, seguace della nuova scuola. L’u ti­
lizzazione di categorie m ateriate di un rozzo e deteriore psi­
cologismo, com ’è noto (ma va ricordato), non fu certo neu­
tra o 'riform ista' m a funzionale al diffondersi di teorie raz­
ziste sull'inferiorità biologica e 'atavica' dei m eridionali
che rispondevano a tan ti scomodi perché.
Il darw inism o sociale, il positivism o lom brosiano furo­

235
no il terreno fertile per il prosperare di tu tta una sottocul­
tu ra di m edici, giuristi, avvocati che grandem ente influen­
zò l’opinione pubblica e che risolveva l’im pegno in una ap­
plicazione em pirica, assidua, ad ogni fatto, anche di crona­
ca, p er funzionare da raccolta di luoghi com uni, pregiudizi,
razionalizzati e restitu iti sotto il nome di 'scienza' (Su que­
sto cfr. in particolare G ram sci, Alcuni temi della quistione
meridionale, Roma 1966 pp. 135-36 e sulle sue orm e M. Sal-
vadori, Il mito del buongoverno, Torino 1972 p. 184 sgg.).
In considerazioni successive sul caso Passanante, dopo
aver citato gli esempi delle pazzie epidem iche del medio
evo "che si ripetono nei nihilisti di Russia, nei m orm oni e
nei m etodisti d ’America, negli incendiari N orm anni, ed ora
in quelli della Comune di P arigi” assim ilati per quanto ri­
guarda l’Italia "ai torbidi suscitati nell’Em ilia dal m acina­
to, nei quali, secondo uno studio accuratissim o dello Zani,
appunto presero p arte sette alienati”, propone com e rispo­
sta risolutiva p e r la difesa sociale l’istituzione del m anico­
mio crim inale e così conclude alla ricerca di una com une
sicurezza: "Forse che non era egli più consolante il po ter di­
re che non fu sano di m ente quello che attentava il nostro
re, che il tentativo del regicidio non fu l'espressione delle
passioni di un p artito e nem m eno d’un individuo, ma l’ef­
fetto di una m alattia...?” (Pazzi e anomali, cit. pp. 343-44).
Se dal quadro generale, tracciato a grandi linee, scen­
diamo quindi alla concretezza dei singoli interventi sul so­
ciale (qualche altro significativo esempio lo darem o discu­
tendo brevem ente l’introduzione del Giacanelli) ci sem bra
di vedere una conferm a della funzione ideologicam ente re­
pressiva svolta dallo stesso Lombroso. Non ci sentiam o in­
fatti di po ter accreditare l’immagine che, p u r all'interno di
un’equilibrata e articolata le ttu ra del fenomeno Lombroso,
em erge dalle pagine del Giacanelli. Egli inserisce la posi­
zione del crim inologo nel movimento generale del processo
costitutivo dello stato e della coscienza u n itaria nell’am bi­
to di fo rti contraddizioni: il ruolo dell’intellettuale è note­
vole p er la razionalizzazione riform ista di una patologia so­
ciale. Lom broso app artereb b e all'ala più avanzata e radica­
le di questa borghesia che non si rifiuta al confronto con i
>roblemi reali, non si nasconde che dopo Firnificazione il
[avoro è tu tto da com piere p er una v ittoria su ll’a rretratez­
za. "È — scrive Giacanelli — tra quelli che si collocano più
a sin istra rispetto al potere ufficiale, e si erigono a coscien­
za critica di un a società che indugia sul vecchio ed esita a
236
intraprendere la strad a della sua organizzazione più avan­
zata, cioè razionale, 'positiva', scientifica" (p. 11).
In realtà, nel constatare una m ilitanza dell’intellettua-
le che non identifica la sua m arcia con quella delle classi di­
rigenti, si concede poi un po’ troppo a Lombroso con questa
definizione. Ci sem bra che il "tecnico" voglia im porre una
"su a" norm a, certo im m anente e razionalizzatrice, critica
di ogni residuo spiritualistico, m a tale da non incrinare il
fondo sostanzialm ente apologetico. Non di "appropriazio­
ne scientifica dei grandi problem i nazionali" (p. 13) si tra t­
ta, bensì di fa r passare, esorcizzandoli, i grandi problem i
attraverso le m aglie dell’ideologia "scientifista", g aran tita
dalla superiore n eu tra lità del "tecnico".
È presente in Lombroso il mito, diffuso dopo la Comu­
ne, di una politica "sperim entale” di cui lo scienziato si fa
depositario, u na so rta di ingegneria sociale lontana dalle
astrazioni e passioni del giacobinism o (basti pensare ai Dia­
loghi filosofici di R enan col sogno inquieto di una aristo cra­
zia dei "savants” che dominano saldam ente col te rro re una
società naturalisticam ente gerarchizzata, ed alle posizioni
di Taine).
In nom e dei fatti "positivi” e del rifiuto a brutalizzarli
e violentarli com e facevano i rivoluzionari (malati dell’idea­
le) di Taine (e, ripetendo la stessa follia, i com unardi), si
vuol costruire u n ordine che tenga conto, come si è visto,
deH’inelim inabile fondo di violenza nella "bestia um an a”.
La dem ocrazia, il parlam ento, sono oggetto di attacco da
parte di Lom broso, che si muove sulle orm e della comtem-
poranea cu ltu ra reazionaria francese. Non è in nom e di una
reale “rappresen tativ ità popolare” di contro all’accentra­
m ento (p. 13) com e sem bra credere Giacanelli, che Lom bro­
so critica la "superstizione p arlam en tare”, m a seguendo la
logica del "Senatores boni viri, senatus mala bestia" (cfr. Il
momento attuale, p. 19). Non dim entichiam o che Lombroso
fu, se non il padre, come pretendeva la sua scuola, certo
uno dei padri della psicologia delle folle e che Scipio Sigíle­
le era uno dei suoi allievi più fedeli e stim ati.
Lombroso afferm a, citando le sue fonti francesi, che il
parlam entarism o è "la più grande delle superstizioni mo­
derne”, che il suffragio universale è un pericolo in quanto
"corrisponde al dominio del num ero sul m erito, della quan­
tità...”. "È il benessere, non il dom inio dei più che bisogna
cercare, e il prim o esclude necessariam ente il secondo, co­
me la salute e la ricchezza di un bam bino vanno in ragione
237
i n v e r s a d e l la s u a p ie n a l i b e r t à , d e l la s u a
onnipotenza....L'aristocrazia della scienza... è la sola che
ssa rendere la borghesia superiore al p ro letaria to ”. Il va-
E ■e del voto dovrebbe essere quindi proporzionato al m eri­
to e tale che controbilanciasse l’influsso del num ero. In a r­
monia con il quadro si auspica infine l’istituzione di "m ini­
steri affatto tecnici, e so ttratti ad ogni influenza di
partito...” (Il delitto politico e le rivoluzioni, cit. p. 511-523).
Lom broso to rn erà a p iù riprese sulla "follia” delle masse,
basti ricordare, p er tu tte, la grossolanità con cui diffonde e
com pleta le teorie del Taine nello scritto (conferenza) La de­
linquenza nella rivoluzione francese (Milano 1897). La tesi
storiografica viene annunciata con invidiabile im p ertu rb a­
bilità: "Q uella che si suole chiam are Rivoluzione dell’89,
non fu che una grande rivolta e un grande delitto politico
che servì ad aum entare una triste serie di com uni delitti...”
(P- 3).
Q uesta assu rd a sequela di crim ini e aneddoti di gratui­
ta violenza raccontati con com piacim ento letterario e non
senza un certo gusto sadico, offre un tipico esem pio della
p retesa ’scienza a p erta’ di Cesare Lombroso, di quell’opera
di pubblicista infaticabile che diffondeva e ’popolarizzava’
le sue teorie. Ogni atten tato anarchico, in qualunque p arte
del m ondo avvenisse, non m ancava di avere, fra i tanti, an­
che il com m ento della scienza lom brosiana: un rim astica-
m ento puntuale di vecchie sciocchezze generali che rip er­
correvano la storia del delitto politico: da B ruto alla Cor-
day, a Orsini, fino ad arrivare, già stanca, all’episodio da il­
lum inare. E qui allora non rim aneva a Lom broso che accet­
tare, com e d irà Pietro Gori, la "sozza versione questurine-
sca” m agari facendo vedere, in più, il determ inante influs­
so del clim a o le ascendenze pellagrose del reo. Si com pren­
de perciò il largo successo internazionale di questi suoi
scritti nell’opinione media, al di là dello ’scientifico’ sospet­
to di risu ltare ingrato sia agli anarchici che agli sbirri (Gli
anarchici, Roma 1972, p. 7).
Per quanto riguarda il "decentram ento am m inistrati­
vo” (Giacanelli, cit. p. 13), l’adesione della scuola positiva a
questa tem atica agitata dai gruppi più progressisti, non è
certo priva di am biguità. Non si può fa r discendere tale po­
sizione, come apologeticam ente-è stato fatto, unicam ente
dalla tradizione dei Cattaneo e della p arte più avanzata del
risorgim ento; infatti l’adesione al decentram ento è guidata
spesso da convinzioni razzistiche: la "scienza” aveva inse­
238
gnato l’inferiorità biologica e la pericolosità d certe popola­
zioni e ciò dettava la m isura prudenziale di non accom una­
re e m escolare troppo le razze superiori del nord con le in­
feriori del sud e delle isole. Queste le posizioni del Sergi,
dell’Orano, che vengono energicam ente sostenute dai sedi­
centi socialisti F erri e Niceforo.
Certo la posizione del Lombroso appare in m olti casi
più sfum ata (cfr. p er esempio lo scritto In Calabria) p er il
desiderio che la scienza si ponesse come reale sostegno e
non dissolvente della raggiunta e fragile unità. In altri
scritti però le convinzioni razzistiche em ergono chiaram en­
te anche su questo punto: "E questa politica del distacco e
dell’autonom ia conviene, talora, anche in una stessa nazio­
ne, quando, p er le condizioni di razza, vi sia 'una disugua­
glianza enorme. Allora una legge uniform e, come un vestito
uguale applicato a m em bri disuguali, produce dolore e dan­
no e quel continuo m alessere che si esplica colla rivoluzio­
ne...” (Il delitto politico e le rivoluzioni, cit. p. 502).
Per il problem a dell’educazione (cfr. Giacanelli, pp 13-
14), centrale negli interessi delle classi dirigenti dell’Italia
unita, a nostro p arere bisogna distinguere il discorso di
Lombroso dalle posizioni più ap erte presenti nell’am bito
del positivismo. L’educazione, agendo solo sullo strato av­
ventizio del cara ttere e quindi incapace di operare m odifi­
che in profondità, non è certo un fatto re di rigenerazione o,
tanto meno, di coscienza critica, m a di quietistico ad atta­
m ento al proprio stato ("normale"). Per questo si dà una
certa im portanza in Lombroso, com e in Sergi, all’educazio­
ne delle classi che meno sem brano conciliate con la p ro ­
p ria condizione: operai, artigiani, piccola borghesia, p er
conferm arli nella loro situazione di onesta produttività.
Scetticism o si n u tre invece nei confronti di una educazione
indirizzata alle classi contadine, chiuse nel loro "atavico”
isolamento, incapaci di un sostanziale sviluppo.
La problem aticità era m olto diffusa: il misoneismo,
YIdiotismus des Landslebens erano dati "scientifici” con
cui bisognava fare i conti. Così si esprim eva il Ferri: i cer­
velli dei contadini sono "così anem ici di idee, non tan to p er
la m iseria fisiologica cui sono troppo spesso condannati
quanto, piuttosto, perché essi sono realm ente p er ragioni
sociali m a anche naturali, una stratificazione, che rap p re­
senta una anterio re fase dell’evoluzione psichica um an a”
(Ferri, Socialismo e criminalità, Torino 1883).
L’educazione deve essere so p rattu tto tecnica; questa
239
dà dignità all’operaio e lo rappacifica con la p ro p ria funzio­
ne.
In Lom broso la polem ica contro l’educazione classica è
scopertam ente politica: il classicism o con la sua esaltazio­
ne delle virtù " a s tra tte ” (libertà, coraggio, etc.) e dell’uomo
in sé, è fom entatore di rivoluzioni: "... ecco perché, m an­
cando così di una solida base, il giovane si getta in braccio
alla p rim a novazione, anche la più errata, la più discorde
dai tem pi, quando gli rico rd a là m ale in tra w e d u ta antichi­
tà. Chi ne dubitasse, ricordi il classicism o dei rivoluzionari
dell’89...” e, citando Ferrerò, “T utta l’educazione classica
che altro è se non una glorificazione continua della violen­
za, in tu tte le sue form e?” (Gli anarchici, Rom a 1972, p. 41).
Anche in Lombroso, R ousseau è l’esem pio "geniale” di
quali conseguenze può avere il connubio fra classicism o
(l'uomo a stra tto e uguale nella "ragione”) e follia p er cui si
m isconosce la "re a ltà ” sperim entabile delle differenze di
razza, clim a, sesso p er rid d u rre tu tto alla volontà generale
e al co n tratto sociale.
Q uesto tipo di problem atica ha, ancora im a volta, le
sue m atrici puntuali nel Taine (del resto m olto spesso cita­
to) e nelle polem iche contro lo spirito classico-astratto dei
giacobini nate in am biente francese dopo il ’70 e diffuse in
tu tta la cu ltu ra borghese europea. Taine caratterizza del
resto tu tta la sua opera su Le Origini della Francia contem­
poranea come una analisi p u n tuale del 'germ e patogeno’
del classicism o essenziale p er com prendere i principi
dell’89 e le loro funeste conseguenze. "In fondo, la Francia
è stata dem olita e poi daccapo rico stru ita sulla base di un
falso principio, che si muove dietro uno spirito angusto e
superficiale: lo spirito classico. Dalla p rim a fino all’ultim a
frase del mio libro questo spirito costituisce l’unico e p rin ­
cipale oggetto d ’indagine” (H. Taine, Sa Vie et sa Correspon­
dence, voi. IV, Paris 1907. p. 124)48.
Siamo orm ai ben lontani dallo spirito con cui Cattaneo
trattav a dell’istruzione tecnico-scientifica o um anistico-
classica. Ancora significativo è l’atteggiam ento sostanzial­
m ente pessim istico nei confronti dell’educazione nel suo
complesso: siam o in u n a problem atica in cui il biologico è
il dato insorm ontabile: razze inferiori, ataviche o crim inali,
rei nati, sono il lim ite estrem o su cui l’educazione non può
niente.
Lom broso afferm a che ogni uomo, da bam bino, è un
prim itivo, quindi è fisiologicam ente un crim inale. L’educa­
240
zione h a una sua forza soltanto di inibizione, non certo di
potenziam ento di capacità positive, in quanto provoca il
meccanism o deH’adattam ento alle regole della società a t­
tuale (in cui la crim inalità, individuale, è m orbosa perché
priva della funzionalità che le è p ro p ria in un am biente p ri­
mitivo).
L’ducazione im pedisce che tu tti rim angano crim inali
ma non può certo im pedire agli organism i predisposti —
im possibilitati dalla p ro p ria organizzazione fisica ad acco­
gliere gli " stra ti avventizi" del cara ttere — di restare peri­
colosi. Verso questi ultim i la società h a un solo compito: la
repressione. Ricordiam o, di passaggio, le posizioni assunte
dalla scuola positiva verso il codice Zanardelli, accusato di
eccessiva mitezza (Lombroso recrim ina tra l’altro l’aboli­
zione della "pena p iù sensibile di tutte, la m orte”): "Ma
questo è piuttosto u n difendere i rei dalle vittime, che le vit­
tim e dai rei..." (Troppo presto, Appunti al Nuovo Codice pe­
nale, Torino 1888). L’atteggiam ento è conseguente: la scuo­
la condusse u n a assidua autodifesa contro le illazioni um a­
nitarie che si potevano tra rre dalle nuove teorie, p e r non
p arlare dei casi p iù aberranti, dalla logica estrem a, di euge­
netica razzista di m olti seguaci di Lombroso.
Lombroso distingue "educazione" da "istruzione alfa­
betica” la quale può cam biare la n a tu ra del delitto m a au­
m enta il num ero dei reati. Di conseguenza in una o p eretta
del 1879 (Sull’incremento del delitto in Italia) viene indicata
come un pericolo (p. 80). Anche nella polem ica con Gabelli
ed altri autori, Lom broso a chiare lettere si esprim e contro
l’istruzione alfabetica per le classi pericolose e si fa corag­
gioso portavoce di u n a lotta contro il pregiudizio riassunto
dal «noto errore di Guizot:"Ad ogni scuola che aum enta
scem erà una prigione” » (Polemica in difesa della scuola cri­
minale positiva, Bologna 1886 p. 24). In ogni modo, p e r edu­
cazione bisogna intendere: "una serie di impulsioni, moti
reflessi sostituiti lentam ente a quegli altri che furono cau­
se dirette o alm eno favorevoli al m antenim ento della prave
tendenze....” (L ’uomo delinquente, cit. voi. I, p. 132), una
sorta di rigido condizionam ento fisico-psicologico che mai
p o rterà ad un dom inio consapevole sulla realtà.
Dato quanto si è detto finora, risu lta poco credibile un
Lombroso che senta fortem ente il problem a di una alfabe­
tizzazione di m assa e creda veram ente all'esigenza di edu­
care il popolo (Giacanelli, p. 14). La stessa battaglia contro
la pellagra, che fu indubbiam ente quella che Lombroso
241
condusse con più a p ertu ra verso il m ondo contadino,non fu
certo un «portare "alla b ase” » il problem a per intim a con­
vinzione (Giacanelli, cit. p. 14).
Perm ane, a viziare l’atteggiam ento di fondo, la forza
del pregiudizio verso i crani atavici dei contadini, presso­
ché irrecuperabili ad un ordinato progresso, facilm ente
preda di m attoidi come Lazzaretti o del furore anarchico.
Lom broso crede ad una scienza " se p a ra ta ”: il contadi­
no pellagroso è, prevalentem ente, oggetto di esperim ento,
"fatto ” e reperto da valorizzare per rifarsi dei sarcasm i e
delle delusioni accadem iche. Infatti definisce "povere arti
degli avversari” lo scendere verso l’opinione pubblica "ab­
bandonando le serene regioni della scienza” cui si sentì co­
stretto p er vincere "le risa degli ignoranti e l’incredulità
dei benevoli” (L ’uomo delinquente, cit. p. V).
Nelle Memorie di un pellagrologo, pubblicate postume,
Lom broso rivela con chiarezza ancora maggiore il suo a t­
teggiam ento verso la diffusione "popolare” della scienza:
p er quanto riguarda i Comizi Agrari, Congressi medici, "i
discorsi furono molti, né vi m ancarono i soliti plausi e i
banchetti, ma p u rtro p p o l’unico risu ltato fu l’indigestione
di alcuni dei m em bri” "Pensai allora di rivolgerm i diretta-
m ente al popolo m inuto, con pubblicazioni analoghe a quel­
le canzoncine popolari, ad un soldo che form ano la sua deli­
zia esclusiva. Ma delle diecim ila copie sparse p er mezzo dei
rivenditori e dei rivenduglioli, poche giunsero alle capanne
a cui le destinava; perché il contadino che trovava in questa
diffusione una specie di offesa, una specie di denunzia pale­
se dell’esistenza di quel m orbo che egli p u r soffrendo, si
vergognava di vedersi attrib u ire, bastonava di santa ragio­
ne il venditore, che non volle più saperm e di quella m erce”
(cit. in Gina Lombroso, op. cit., p. 169).
Dopo la delusione, scontata, che gli veniva dal popolo
delle cam pagne, si rivolse agli uomini di governo (e non vi­
ceversa, come afferm a Giacanelli, cit. p. 14) proponendo,
inascoltato ancora una volta, iniziative di prevenzione nei
confronti della m alattia m a anche per p resentare loro una
proposta più am pia a livello sociale: decidersi a colpire i di­
sonesti p arassiti per im pedire che i poveri onesti e angaria­
ti cercassero consolazione nel prete e nel paradiso o, mi­
naccia ben più urgente, fossero trascinati in pericolose ri­
volte, (ib.).
Questo è forse il punto di arrivo più progressista, alla
Villari, a cui può giungere Lombroso. Q uesta buona, m ora­
242
listica volontà, che non scende m ai dal "noi” (classi dom i­
nanti), ma che spesso è capace di u n a notevole forza di de­
nuncia contro singoli agrari p ro fittato ri e disonesti, non in­
crina, però, l’effetto di nascondim ento che la teoria, nel
complesso, ha. Vediamo brevem ente perché.
Per Lom broso la m alattia è cau sata non da una alim en­
tazione esclusivam ente m aidica m a d all’uso ripetuto di g ra­
noturco guasto. Ne veniva fuori un quadro, tu tto sommato,
più rassicurante rispetto alla tesi d ell’insufficienza alim en­
tare, in quanto non erano rap p o rti stru ttu rali ad essere
messi in forse. L’alim entazione a base di mais guasto è do­
vuta infatti da un lato a casi di disonestà malvagia di com ­
m ercianti o agrari, favoriti, questi ultim i, da patti colonici
particolarm ente iniqui, dall’altro alla rozza psicologia ali­
m entare che Lom broso attribuisce ai contadini. Pregio del
mais per il contadino è infatti che "occupa un gran volume
nel suo stomaco... Q uesta sm ania della q uantità in confron­
to della qualità dell’alimento, è giunta nel contadino a tal
punto che non solo egli cam bia il frum ento anche a pari
prezzo contro la polenta che è più pesante, ma, cosa davve­
ro incredibile, preferisce m angiare il mais già p u trefatto
quando è rifiu tato dagli anim ali meno intelligenti, quali il
pollo e il m aiale” (Del mais in rapporto alla salute, in La ras­
segna settimanale 1878).
Si propone quindi la solita moralizzazione attraverso
un minimo di controllo sui padroni e l’obbligatorietà di es­
siccatoi nei possedim enti agricoli. Per quanto riguarda la
d ib attu ta abolizione della tassa sul m acinato, Lombroso è
favorevole soltanto alla sua eliminazone per i grani inferio­
ri: "P er lo m eno il contadino m engerebbe sano il maiz, se si
scemasse la tassa su tu tti i grani sarebbe inutile, tanto il
contadino continuerebbe a m angiare m aiz” (Macinato e pel­
lagra, ivi, 7 luglio 1878).
L’im m odificabilità dell’atteggiam ento alim entare dei
contadini non si discute, Lombroso la prova conferm ando
il suo determ inism o razzista: "Il popolo nostro, delle cam ­
pagne almeno, è trascinato alla preferenza di alcuni suoi
alim enti poco salubri così inesorabilm ente che non vi è ta ­
riffa, né tassa, né disposizione di legge che valga a m utarve-
lo. L’italiano del nord e del centro m angerà il suo granone
come i siciliani i loro fichi d'india, ed i napoletani i loro
m accheroni anche se gli si provasse esserci dentro una tri­
china od un alcaloide” (ibidem).
Questo modo "psicologico” di giustificare comoda-
243
m ente le forzate abitudini alim entari di popolazioni ridotte
spesso al lim ite vitale è estrem am ente significativa con la
sua forza di nascondim ento. Del resto, il mais, di p er sé, sa­
rebbe un ottim o alim ento, o alm eno non nocivo. Lo confer­
mò, racconta Lombroso, anche un esperim ento condotto in
corpore vili da un suo avversario. Questi aveva distribuito
ad una fam iglia di contadini, p er molto tem po, polenta sana
sorvegliando che non m angiassero altro alim ento e "con
suo gran dolore non li vide diventar pellagrosi” (La pellagra
in Italia in rapporto alla pretesa insufficienza alimentare,
Torino 1880, p. 11).
Il tipo di esperim ento non suscita n ep p u re una parola
di condanna in Lombroso, m entre grande e sincera è l’indi­
gnazione p er la 'scorrettezza scientifica’ di quello studioso
che non gli aveva com unicato i risu ltati delle ricerche suf­
fraganti la sua teoria. Inoltre neppure sarebbe vero che i
contadini delle zone pellagrose si cibino esclusivam ente di
mais. Una p arte dell’o p eretta di Lom broso sopracitata, si­
gnificativa già nel titolo, è volta a provare coi 'fa tti’ quanto
varia, e in fondo ricca, fosse l’alim entazione dei contadini
che si am malavano.
Q uadretti fam iliari co rred ati di statistiche come il se­
guente sono frequentissim i: "È una sola fam iglia di agricol­
tori, dove non c ’è grave caso di pellagra, m a pochi ne sono
affatto esenti. Sono lavoratori esem plari, com e esem plari
m angiatori. La pietanza della colazione e ra il formaggio e
quella di desinare salam e, sale ed acqua. Ogni kilogram m o
di riso ne dà q u attro di m inestra, ed ogni kilogram m o di fa­
rina di m elicotto ne dà tre di polenta. Noto che non siano
nell’epoca dei lavori cam pestri, allora i pasti sono q u attro e
tu tti più abbondanti” , (ib., p. 67) E d ’altro n d e — sostiene
Lom broso — "è certissim a cosa che non tu tti i ricchi sfug­
gono alla pellag ra” (ib. p. 46).
La m edicina e la sociologia lom brosiana dim ostrano
che non è la scarsa nutrizione (direttam ente legata alla m i­
seria) che p o rta alla pellagra, m a il gran o tu rco guasto, che
effettivam ente genera tossine nocive. È quindi n atu rale che
sia p u re m olto tardi, nel 1902, il riconoscim ento legislativo
gratifichi le posizioni lom brosiane, anche se i sostenitori
dell’insufficienza alim entare avevano forn ito prove ed
esperim enti quanto, se non più, dei fau to ri d ell’eziologia
lom brosiana.
"M edici studiosi e colti, che hanno conoscenze dei luo­
ghi ed esperienza della m alattia, quotidianam ente, per l’uf-
244
ficio loro, riferiscono che il maiz di cui si alim entano i con­
tadini anche più poveri e gli stessi colpiti da pellagra è ge­
neralm ente sano”. Così G. Badaloni nella sua Relazione sul­
la pellagra nel bolognese (1902). Q uest’ultim o au to re cita
poi sue num erose esperienze conferm anti la non incidenza
del màiz guasto sulla pellagra.
A conferm a dell'ipotesi dell’insufficienza alim entare si
citano anche le prim e istituzioni di locande sanitarie, per
ora, per lo più, fru tto di iniziative private filantropiche, in
cui il contadino con ascendenti pellagrosi o che presentava
i prim i sintom i della m alattia era ammesso a m angiare pa­
sti variati e sufficientem ente abbondanti: i risulati delle lo­
cande per la guarigione o il m iglioram ento di m olti soggetti
fu eccellente. Q uindi esistendo prove suffraganti alm eno
am bedue le teorie, è chiaro perché il governo optasse per
quella lom brosiana: infatti persuase "il governo con l’allon­
tanargli lo spauracchio della necessità di una radicale ri­
form a economico-sociale, quale si imponeva ai sostenitori
dell’insufficienza alim entare, della possibilità di iniziare i
provvedimenti profilattici, regolando sem plicem ente con
m isure di polizia san itaria il com m ercio del m aiz” (Antoni­
ni e Tirelli, L ’opera pellagrologica di Cesare Lombroso, in
L'opera di Cesare Lombroso, cit. p. 127). È chiaro quindi che
al di là della personale e talvolta coraggiosa lotta di Lom­
broso contro i disonesti proprietari terrieri con la denuncia
di situazioni lim ite di particolare crim inalità padronale
(cfr. La pellagra in Italia ecc. cit. p. 78 e sgg.), la sua tesi fu
usata dal governo come la più comoda.
Lui stesso ha la consapevolezza della convenienza eco­
nomica delle sue proposte e si m eraviglia che la legge abbia
m antenuto qualche piccola am biguità con lievi concessioni
ai sostenitori dell’insufficienza alim entare: "E sono un al­
tro avanzo delle ubbie sulla scarsezza dell’azoto e della c a r­
ne come causa di pellagra gli articoli 11 e 12 dove si p arla di
alim entazione curativa dei pellagrosi poveri; jion che io
non creda di qualche vantaggio la buona ed abbondante ali­
m entazione in questo caso come lo è in tu tte le intossicazio­
ni; m a quando si tra tta di farlo in grande scala, trova im pe­
dim ento nella difficoltà dell'esecuzione, m entre invece la
cura farm acologica affatto dim enticata, arsenio, cocculo
etc. raggiunge l’effetto col minimo sforzo” (La nuova legge
sulla pellagra etc. in Archivio di Psic. p. 450).
Se infatti l'istituzione delle locande sanitarie poteva es­
sere in sé poco costosa ed era solo un tentativo filantropico

245
e generoso di alcuni medici ed am m inistratori, proporla le­
galm ente come rimedio, sarebbe stata u n a grave am m issio­
ne del fatto più generale di una condizione contadina che
non certo una singola legge poteva sanare e di fronte alla
quale e ra meglio, per il governo, affrontare piuttosto le ire
di qualche prop rietario crim inale ed arretrato .
Quindi non condividiam o affatto la suggestiva e populi­
stica im m agine che, attrav erso le parole dell’anarchico
Berneri, Giacanelli ci propone nelle ultim e pagine dell’in­
troduzione, cioè di un Lom broso che va "verso i poveri con­
tadini ignoranti” teso in u n ’opera di redenzione sociale49.
Giacanelli, nella seconda p arte del suo saggio, m ette bene
in luce i lim iti del discorso lom brosiano (ad es. l’ipostasi
del fatto e della situazione, senza tener conto di qualsiasi
specificità e differenza - l’ipostasi del fatto grafico come nei
Palimsesti p. 17). I num erosi esempi di tale procedim ento
vengono riproposti nella docum entazione fotografica de La
scienza infelice (p. 153 e sgg.).
Non sem pre però questi lim iti sono visti chiaram ente
nella loro valenza ideologica. Il Giacanelli non manca di
rap p o rtare il discorso di Lombroso al pregiudizio dell’epo­
ca, spesso l’unica fonte per rico stru ire il "tip o ” delinquente
attraverso la ripetizione di stereotipi presenti in certi strati
della società.
«Di "scientifico” c ’è solo il procedim ento m atem atico
(curve di frequenza e percentuali) ma le categorie adopera­
te per l’analisi sono altrettan te pennellate di un ritratto
m orale che ispira sdegno e orrore, obiettivazione del vissu­
to quotidiano del "m ale"» (p. 20). Le pagine più felici del
saggio ci sem brano perciò le più critiche, com e quelle in
cui l’autore, sulla scia di Gramsci, coglie il legame tra certa
le tte ra tu ra d ’appendice, feuilletons e l’interesse della so­
ciologia lom brosiana per la crim inalità ("un postum o del
basso rom anticism o del ’48”). Q uesta p arte del discorso
(com pletam ente accettabile) sostanzialm ente m ette in crisi
l’im m agine progressista abbozzata nella p rim a parte del
saggio e rip resa nella conclusione. La p resu n ta scienza
aperta e im pegnata sul sociale, non ancora chiusa nelle ac­
cademie al servizio silenzioso ed efficiente dello stato dato,
o il naturalism o critico di ogni residuo spiritualistico, non
sono sufficienti a garantire, a nostro parere, neppure uno
spazio di serio riform ism o al discorso lom brosiano.
La ragione nuova borghese, in realtà, cosa che il Giaca­
nelli non sem bra avvertire a sufficienza, h a in sé forti ele­
246
menti repressivi di cui Lombroso è espressione (significati­
ve le polemiche che la sua opera suscitò anche all’interno
del positivismo). Il passaggio all’istituzionalizzazione della
psichiatria sarà natu rale conseguenza di prem esse e non
dovuto ad una rile ttu ra "tecnica” (chiusa e tu tta strum en­
tale per il potere dato) attraverso una forzatura e stravolgi­
mento dell’ideologia m aterialistica e in fondo, per Giaca-
nelli um anitariam ente progressiva del criminologo (p. 29 e
sgg.)
Si è detto che il m erito dei positivisti ed anche dei lom-
brosiani è l’attenzione concreta a problem i reali, lontana
dall’evasione e d all’astrattezza letteraria propria dell’intel­
lettuale italiano. Questo è vero: bisogna però notare che in
quella crisi di valori e di sicurezze che caratterizza gli ulti­
mi decenni del secolo, u n ’opera di nascondim ento ap erta­
m ente apologetica era di per sé impossibile.
Il sentim ento di una catastrofe sociale im m inente si
realizzava per altri in angosce cosmiche oppure in proiezio­
ni m itiche e rigeneratrici, che preparavano il terreno ad un
attivism o irrazionalistico e reazionario. Il medico si trova
di fronte alla m alattia sociale che deborda ogni lim ite e
possibilità di controllo (i frequenti casi di "m isdeism o” per
il disagio nell’esercito, le ingenti m asse di contadini pella­
grosi, la sequela dolente dei bam bini degli ospizi e degli or-
fanatrofi già irrecuperabili soggetti nati a delinquere, inte­
re popolazioni in m iseria decretate come chiuse in un atavi­
co im mobilismo etc.).
N onostante questo, la forza del nascondim ento im pie­
trisce ed immobilizza nel catalogare e distinguere. Nella
stessa form ulazione del male c ’è già pronta la cop ertu ra
ideologica: il "fa tto ” ritagliato veniva offerto come proban­
te di per sé. In realtà, nella m iseria della teoria, ciò che p ar­
lava era la violenza oggettiva del potere.

Quando queste pagine erano già scritte è stata pubbli­


cata su "La questione crim inale" (I, 1976, pp. 194-205) la
rassegna "Lavori recenti su Lombroso” di Franco Silvani.
Appare un segno dei tempi la com pleta ed entusiastica
accettazione delle tesi del B ulferetti (e/o di Gina Lombroso)
cui è dedicata la m aggior parte delle pagine, volta a rep ri­
m ere le voci critiche antilom brosiane e più im pegnate in
senso antiistituzionale. Sem bra quasi che ogni posizione
247
che colga la funzionalità apologetica della risposta lombro-
siana alle contraddizioni sociali (del resto in buona com pa­
gnia: basti pensare ai giudizi definitivam ente critici di La­
briola, di Gramsci, del dem ocratico Colajanni e, fuori d 'Ita­
lia, di Lafargue e di Kautsky) sia di necessità una sopraffa­
zione ideologica di chi prenderebbe il crim inologo come ca­
pro espiatorio p er il p roprio furore antiistituzionale (in
particolare la polem ica è d iretta contro l’introduzione di A.
Pirella a L ’uomo di genio, che, pu r schem aticam ente, cóglie
a nostro avviso, il senso politico della proposta lombrosia-
na. La povertà degli elem enti che il Silvani p o rta a convali­
da del suo discorso non gli dovrebbe perm ettere di gratifi­
care di necessaria superficialità e som m arietà le posizioni
antilom brosiane. La giusta esigenza di storicizzare la figu­
ra del crim inologo si trad u ce poi, accentuando e irrigiden­
do certe tesi di Bulferetti, in un inserim ento di Lombroso
non tan to nel clim a europeo post 70, quanto nelle polemi­
che e nella realtà cu ltu rale della m età ottocento. Infatti,
quasi che storicizzare significhi so p rattu tto privilegiare le
origini, viene colta tu tta la sostanza della teoria nelle prim e
m anifestazioni del pensiero giovanile (di qui il presunto,
determ inante vichismo dato come costante e come p o rtato ­
re di buona consapevolezza storica). Questo erro re di fondo
condiziona negativam ente l’interpretazione. Si arriva a
parlare, sulla scia di B ulferetti, di una pretesa neu tralità
teorica del darw inism o sociale, a risuscitare il fantasm a di
De M aistre, alla fine del secolo, per m o strare quanto pro­
gressivo fosse il m aterialism o lom brosiano com pletam ente
assim ilato a quello dei «"socialisti’’ del XVIII secolo». Si
riallacciano le posizioni di Lombroso alla fiducia aperta e
ottim istica nelle possibilità della scienza di un Saint Simon
e di un Cattaneo, senza cogliere affatto l’in crin atu ra e r in ­
cupirsi pessim istico del positivism o negli ultim i decenni
del secolo in cui sarà presente non solo Schopenhauer ma,
a volte, perfino l'eco di tem i ed accenti che erano stati di un
De M aistre (la condanna e predestinazione biologica si so­
stituiscono a quella divina).
Altre risposte ai temi sollevati dal Silvani le crediam o
im plicite nel testo, sia p u re nei lim iti di u na sintesi. La con­
cretezza storica del discorso, anziché m ettere in crisi, con­
ferm a il significato sostanzialm ente repressivo della posi­
zione di Lom broso e della sua scuola. E proprio su questo
terreno che avverrà il riconoscim ento di Rocco a F erri e di
padre Gemelli alla scuola positiva e di qui, evidentem ente,
248
anche la posizione del vecchio Prezzolini ricordata dal Sil­
vani (p. 195). Del resto quest'ultim o liquida in poche fretto ­
lose righe u n ’opera intelligente e ricca di suggestioni come
La scienza infelice riducendola ad un testo di sbrigativa cri­
tica senza leggere, p er altro, quanto in realtà l’introduzione
di Giacanelli, p u r articolata e piena di spunti, conceda a
Lombroso.

249
L'esperimento di Rosenham
dalla relazione dell’autore

L’IMPOSTAZIONE DELL’ESPERIMENTO

Gli otto pseudopazienti costituivano un gruppo composito.


Uno era uno studente di psicologia, già laureato, di circa
venticinque anni. Gli altri sette erano più vecchi e
"in seriti”. Fra di loro c ’erano tre psicologi, un pediatra,
uno psichiatra, un pittore e una m assaia. Di questi otto
pseudopazienti tre erano donne e cinque uomini. Tutti
quanti ricorsero a pseudonim i per p au ra che le diagnosi lo­
ro attrib u ite avrebbero potuto in seguito danneggiarli.
Quelli di loro che esercitavano professioni appartenenti al
campo della salute m entale finsero di avere u n ’altra occu­
pazione per evitare le speciali attenzioni che avrebbero po­
tuto essere loro accordate dallo staff p er motivi di rispetto,
o di prudenza, nei confronti di un collega malato*. Se si fa
l’eccezione di me stesso (ero il prim o pseudopaziente e la
m ia prim a presenza era conosciuta all’am m inistratore
dell'ospedale e al prim ario psicologo e per quanto ne sap­
pia, soltanto a loro), la presenza degli pseudopoazienti e la
n atu ra del program m a di ricerca erano sconosciuti allo
staff dell’ospedale**.
Anche i contesti erano assai vari. Per poter generalizza­
re i risultati, si cercò di venire am m essi in ospedali di vario
genere. I dodici ospedali del cam pione si trovavano in cin­
que diversi stati della costa atlantica e di quella pacifica.
Alcuni erano vecchi e squallidi, altri erano nuovissimi. Al­
251
cuni avevano un orientam ento sperim entale, altri no. Alcu­
ni avevano uno staff sufficientem ente num eroso, altri ave­
vano uno staff decisam ente scarso. Solo uno era un ospeda­
le strettam en te privato: tu tti gli altri ricevevano sovvenzio­
ni da fondi statali o federali o, in un caso, universitari.
Dopo aver fatto una telefonata all’ospedale per prende­
re un appuntam ento, lo pseudopaziente arrivava all’ufficio
am m issioni lam entandosi di aver sentito delle voci. Alla do­
m anda di cosa dicessero le voci, rispondeva che erano p er
lo più poco chiare, m a p e r quel che poteva dire lui, gli dice­
vano "vuoto”, "cavo” e "inconsistente”. Le voci non gli e ra ­
no fam iliari ed erano dello stesso sesso dello pseudopazien­
te. La scelta di questi sintom i fu com piuta a causa della lo­
ro apparente somiglianza con certi sintom i di tipo esisten­
ziale.
Si ritiene solitam ente che tali sintom i abbiano origine
da una dolorosa ansietà nei confronti di una presa di co­
scienza dell’assenza di significato attrib u ita alla propria vi­
ta. È com e se la persona allucinata stesse dicendo: "La m ia
vita è vuota e inconsistente". La scelta di questi sintom i fu
anche determ inata d all’assenza di qualsiasi relazione nella
le tte ra tu ra clinica su psicosi esistenziali.

O ltre ad inventare i sintom i e a falsificare il nome, la


professione e l’impiego, non furono com piute altre altera­
zioni sulla storia personale o sulle circostanze specifiche.
Gli eventi significativi della sto ria della vita dello pseudo­
paziente furono p resentati nella form a in cui si erano in
realtà verificati. I rap p o rti con i genitori e i fratelli, con il
coniuge e i figli, con i com pagni di lavoro e di scuola, p u r­
ché non risultassero incoerenti con le eccezioni qui sopra
m enzionate, furono descritti così com ’erano o com ’erano
stati. Furono descritti le frustrazioni e gli sconvolgimenti,
così com e lo furono le gioie e le soddisfazioni.
È im portante che si ricordino queste cose, se non altro
perché influenzarono nettam ente i successivi risu ltati
orientati nel senso di una diagnosi di salute mentale, dal
m om ento che nessuna delle loro storie o dei loro com porta­
m enti abituali era seriam ente patologica in alcun modo.

252
Im m ediatam ente dopo l’am m issione nel rep arto psi­
chiatrico, lo pseudopaziente cessava di sim ulare ogni sinto­
mo di anorm alità. In alcuni casi, si verificava un breve pe­
riodo di leggero nervosism o e ansia, dato che nessuno degli
pseudopazienti davvero credeva che sarebbe stato am m es­
so in ospedale tanto facilmente. In vero, il tim ore che ave­
vano tu tti quanti era di essere subito identificati come im ­
postori e di trovarsi quindi in una situazione grandem ente
im barazzante. Inoltre, molti di loro non erano mai entrati
prim a in un rep arto psichiatrico; anche coloro che vi erano
già entrati, tuttavia, erano sinceram ente preoccupati di
quello che sarebbe potuto capitare loro. Il loro nervosismo,
dunque, era del tu tto giustificabile in relazione alla novità
dell’am biente ospedaliero, e dim inuì rapidam ente.
Se si esclude questo breve periodo di nervosismo, lo
pseudo paziente si com portò in rep arto così come si com­
portava "norm alm ente". Lo pseudopaziente parlava con i
pazienti e con lo staff così come avrebbe potuto fare abi­
tualm ente. Siccome in un reparto psichiatrico ci sono ecce­
zionalmente poche cose da fare, cercò di intrattenersi con
gli altri conversando. Quando lo staff gli chiedeva come si
sentisse, diceva che stava bene e che non aveva più sintomi.
Rispondeva alle istruzioni che gli davano gli inservienti, al­
la som m inistrazione di farm aci (che però non venivano in­
geriti) e alle istruzioni che gli erano state date quando si
trovava in sala da pranzo. Oltre alle attività che gli era pos­
sibile svolgere nel reparto di accettazione, trascorreva il
suo tempo a trascriv ere le sue osservazioni sul reparto, i
pazienti e lo staff. Inizialm ente queste annotazioni veniva­
no prese "in segreto", ma, non appena apparve chiaro che
nessuno ci faceva m olta attenzione, gli pseudopazienti si
m isero a scriverle su norm ali blocchi di fogli, in luoghi
pubblici come poteva essere il soggiorno. Di queste attività
non si tenne alcun segreto.
Lo pseudopaziente, proprio come se fosse stato un vero
paziente psichiatrico, entrò in ospedale senza sapere asso­
lutam ente quando sarebbe stato dimesso. Ad ognuno di lo­
ro fu detto che p er uscire avrebbe dovuto contare solo sui
propri mezzi, so p rattu tto riuscendo a convincere lo staff di
essere guarito. Gli stress psicologici associati all'ospedaliz-
zazione erano considerevoli, e tu tti gli pseudopazienti fuor­
ché uno volevano essere dimessi quasi subito dopo essere
stati ammessi. E rano quindi m otivati non solo a com portar­
si da persone sane, m a anche ad esser presi come esempi di
253
collaborazione.
Che il loro com portam ento non sia stato in alcun modo
distruttivo è conferm ato dalle relazioni degli inferm ieri,
che sono state ottenute p er la m aggior p arte dei pazienti.
Queste relazioni indicano in modo uniform e che i pazienti
si com portavano in modo "am ichevole”, "collaboravano” e
" n o n m o s tra v a n o a lc u n a in d ic a z io n e d e lla lo ro
anorm alità”.

I NORMALI NON SONO IDENTIFICABILI COME SANI DI


MENTE

N onostante si "m o strassero ” pubblicam ente sani di


m ente gli pseudo pazienti non furono mai identificabili co­
me tali. Ammesso con una sola eccezione, con u n a diagnosi
di schizofrenia***, ognuno di loro fu dim esso con una dia­
gnosi di schizofrenia "in via di rem issione”. L’etichetta in
via di rem issione non deve in alcun modo essere liquidata
come una p u ra form alità, poiché mai nel corso dell’ospeda-
lizzazione e ra stata sollevata alcuna dom anda riguardante
una possibilità di sim ulazione da p arte di uno pseudopa­
ziente, né per altro vi è alcuna indicazione nelle cartelle cli­
niche dell’ospedale che ci sia stato alcun sospetto a propo­
sito del vero statu s degli pseudopazienti.
Piuttosto, invece, SEMBRA ASSAI EVIDENTE CHE,
UNA VOLTA ETICHETTATO COME SCHIZOFRENICO, LO
PSEUDOPAZIENTE SIA RIMASTO INTRAPPOLATO IN
QUESTA ETICHETTA. SE LO PSEUDOPAZIENTE DOVE­
VA ESSERE DIMESSO, LA SUA MALATTIA DOVEVA NA­
TURALMENTE ESSERE "IN VIA DI REM ISSIONE”; MA
NON ERA DEL TUTTO SANO, NÉ MAI LO ERA STATO
DAL PUNTO DI VISTA DELL'ISTITUZIONE.
L’incapacità di rilevare la salute m entale nel corso del
periodo di degenza in ospedale può essere dovuta al fatto
che i medici operano con fo rti pregiudizi nei confronti di
quello che gli statistici chiam ano erro re del secondo tipo.
Questo significa che i m edici sono più p o rtati a chiam are
m alata una persona sana (un falso positivo del secondo ti­
po) che a chiam ar sana una persona m alata (un falso negati­
vo del prim o tipo). Le ragioni di questo fatto non sono diffi­
cili da im m aginare: è chiaram ente più pericoloso fare una
254
diagnosi sbagliata su una m alattia che su uno stato di salu­
te. E meglio sbagliare per eccesso di prudenza, sospettare
l’esistenza di una m alattia anche in una persona sana.
Ma quello che può valere p er la m edicina non vale nello
stesso modo anche per la psichiatria. Le m alattie mediche,
benché siano eventi sfortunati per chi ne è colpito, non
com portano solitam ente un giudizio peggiorativo sull’indi­
viduo in questione. Le diagnosi psichiatriche, al contrario,
portano con sé uno stigm a personale, giuridico e
sociale****.
E ra dunque im portante vedere se la tendenza a diagno­
sticare m alato di m ente chi era invece sano potesse essere
invertita. Il seguente esperim ento fu messo in atto in un
ospedale dove venivano svolte attività di ricerca e di inse­
gnam ento e il cui staff era venuto a conoscenza dei nostri
risultati, m a non voleva credere che un errore così m acro­
scopico potesse verificarsi nel suo ospedale.
Lo staff fu inform ato che a un certo momento, nel co r­
so dei tre mesi successivi, uno o più pseudopazienti avreb­
bero cercato di essere ammessi in questo ospedale psichia­
trico. Ad ogni m em bro dello staff fu richiesto di classifica-
re ogni paziente che si presentava in accettazione o in un re­
parto a seconda delle probabilità che q u est’ultim o aveva di
essere uno pseudopaziente. Si usò una scala divisa in dieci
punti, dove il punteggio 1 o 2 rifletteva la convinzione quasi
assoluta che il paziente fosse uno pseudopaziente.
Si ottennero voti p er 193 pazienti che erano stati am ­
messi per subire un trattam ento psichiatrico. A tu tti i
m em bri dello staff che avevano avuto in prim a pesona re­
sponsabilità nei suoi confronti — inservienti, inferm ieri,
psichiatri, medici e psicologi — fu richiesto di dare il loro
giudizio. Q uarantun pazienti furono considerati con un alto
grado di sicurezza come pseudopazienti da almeno un
m em bro dello staff. V entitré furono considerati sospetti da
almeno uno psichiatra. Diciannove furono considerati so­
spetti da uno psich iatra e da un altro m em bro dello staff.
IN REALTÀ, NESSUN VERO PSEUDOPAZIENTE
(PER LO MENO DEL MIO GRUPPO) SI PRESENTÒ DU­
RANTE QUESTO PERIODO IN QUELL’OSPEDALE.
L’esperim ento è istruttivo. Indica che la tendenza a de­
signare m alata di m ente la gente sana può essere invertita
quando la posta in gioco (in questo caso, il prestigio e l’acu­
me diagnostico) è alta. Ma cosa si deve dire delle diciannove
persone per le quali fu sollevato il sospettto che fossero
255
"sane” da p arte di uno psich iatra e di un altro m em bro del­
lo staff? E rano davvero "san e” queste persone, o si trattav a
piuttosto del fatto che lo staff, p er evitare di incorrere
nell’e rro re del secondo tipo, tendeva a com m ettere più e r­
rori del prim o tipo — definire "san o ” il m atto? Non c ’è mo­
do di saperlo; m a UNA COSA È CERTA: QUALSIASI PRO­
CESSO DIAGNOSTICO CHE SI PRESTI COSI FACILMEN­
TE AD ERRORI MASSICCI DI QUESTO TIPO NON PUÒ
ESSERE MOLTO ATTENDIBILE.

L’ALTO POTERE ADESIVO DELLE ETICHETTE PSICO-


DIAGNOSTICHE
O ltre alla tendenza di chiam are m alato chi è sano —
una tendenza che appare p iù chiaram ente in relazione al
com portam ento diagnostico al m om ento dell’am m issione
in ospedale che non in relazione a tale com portam ento do­
po un periodo sufficientem ente lungo — i dati stanno ad in­
dicare il ruolo m assiccio dell’etichettam ento nelle diagno­
si psichiatriche. UNA VOLTA CHE SIA STATO ETICHET­
TATO SCHIZOFRENICO, LO PSEUDOPAZIENTE NON
PUÒ FAR PIÙ NULLA PER FAR DIMENTICARE LA SUA
ETICHETTA: QUESTA INFLUENZA IN MODO PROFON­
DO LA PERCEZIONE CHE GLI ALTRI HANNO DI LUI E
DEL SUO COMPORTAMENTO.
... OGGI SAPPIAMO CHE NON SIAMO IN GRADO DI DI­
STINGUERE LA SALUTE DALLA MALATTIA MENTALE. È
deprim ente pensare in che modo questa afferm azione sarà
utilizzata.
Non solo deprim ente, m a anche spaventoso: quante
persone, vien da chiedersi, sono sane di m ente m a non sono
riconosciute tali nelle n o stre istituzioni psichiatriche?
Q uante sono state inutilm ente spogliate dei loro privilegi
civili, del d iritto al voto, alla patente di guida, al poter di­
sporre del proprio denaro? Q uante hanno finto di essere in­
ferme di m ente per evitare le conseguenze penali del loro
com portam ento e, al contrario, quante vorrebbero essere
processate piuttosto di dover trasco rrere tu tta la vita in un
ospedale psichiatrico — m a sono erroneam ente ritenute
m alate di m ente? Q uante sono state stigm atizzate da dia­
gnosi ben intenzionate, m a ciononostante errate? A propo­
sito di q u est’ultim o punto, si ricordi ancora una volta che
" l’erro re del secondo tipo” nelle diagnosi psichiatriche non
ha le stesse conseguenze che nelle diagnosi mediche. Una
256
diagnosi di cancro che si scopre essere e rrata provoca mol­
to scalpore. MA RARAMENTE SI SCOPRE CHE LE DIA­
GNOSI PSICHIATRICHE SONO ERRATE: L’ETICHETTA
R ESTA ATTACCATA, E T E R N O MARC HI O DI
INFERIORITÀ51.

* O ltre alle d iffico ltà p erso n ali che lo p seu d o p azien te deve con ogni
p ro b ab ilità a ffro n ta re in o spedale, ci sono d iffico ltà di o rd in e legale e so­
ciale che, com binate insiem e, richiedono u n ’atten zio n e considerevole p ri­
m a d ell'in g re sso in o sp ed ale. P er esem pio u n a v olta am m essi in u n ’is titu ­
zione p sic h ia tric a è difficile, se non im p o ssib ile e ssern e dim essi con un
breve preavviso, n o n o sta n te la legge sta ta le p rev ed a il c o n trario . Al m o­
m ento di v a ra re q u esto p ro g e tto non e ro a conoscenza di q u este d ifficoltà,
né di a ltri ev en tu ali ep iso d i p erso n ali o legati a lla situ azio n e p a rtic o la re
che av reb b ero p o tu to v erific arsi; m a p iù ta rd i fu p re p a ra to un do cu m en to
di abeas corpus p e r o g n u n o degli p seu d o p azien ti che si accingeva a d e n tr a ­
re in m anicom io e un avvocato si ten n e a disposizione "g io rn o e n o tte ” nel
corso di ogni ospedalizzazione. R ingrazio Jo h n K aplan e R o b ert B a rte ls
p e r i consigli e l ’a ss iste n z a legale fo rn ita su q u este questioni.

** Per q u a n to d isg u sto so possa se m b ra re q u e sto te n e r n a sc o sta la no­


s tr a id en tità, si tr a ttò del p rim o p asso n e cessario p e r p o te r e sa m in a re
q ueste questioni. Senza re s ta re in incognito, non avrem m o in alcu n m odo
av u to la p o ssib ilità di sa p e re qu ale fosse il v alore effettivo della n o stra
esperienza, né se le sc o p e rte fa tte an d a sse ro a ttrib u ite a ll’acum e d iag n o ­
stico dello staff o alle voci che co rrev an o in o spedale. N a tu ralem en te, dal
m om ento che m i occu p o di q u esti problem i d a un p u n to di v ista generale,
e non di ospedali o di sta ff p a rtic o la ri, ne ho risp e tta to l’a n o n im ato ed ho
elim inato ogni osserv azio n e che av reb b e p o tu to fav o rirn e l’identificazio­
ne.

*** F atto in te re ssa n te , dei 12 rico v erati, 11 fu ro n o d iag n o sticati sch i­


zofrenici e uno con u n a sin to m ato lo g ia id en tica a quella degli a ltri, com e
psicotico m aniaco-depressivo. Q uesta diagnosi h a u n a prognosi p iù favo­
revole e fu d a ta d al solo o sp ed ale p riv ato del n o stro cam pione. A p ro p o sito
dei ra p p o rti fra classi sociali e diagnosi p sich ia tric a , si veda A.B. Hol-
lingsh, F.C. R edlich, Social Class and Mental Illness, Wiley, New Y ork
1958; trad . it. Classi sociali e malattie mentali, E inaudi, T orino 1965.

**** J. C um m ing, E. C um m ing, in "C om m unity M ent H e a lth ” , 1, 1965,


p. 135; A. F arina, K. Ring, in "J. A bnorm P sychol.” , 70, 1965, p. 47; H.E.
F reem an, O.G. S im m ons, The Mental Patient Comes Home, W iley, New
York 1963; W.J. Jo h a n n se n , in "M ent. H ygiene” , 53, 1969, p.218; A.S. Lin-
sky, in “Soc. P sy ch ia t.” , 6, 1970, p. 166.

257
L'esperienza di Reggio Emilia
Testimonianze di lotta popolare contro il
m anicomio. Linea Antonucci contro linea
Jervis*

MARIA MUSI PARLA DEL SUO S. LAZZARO

Sono nata a Castelnuovo Monti e ho 51 anni. Ho passato


tu tta la vita in manicomio, tolto quest’ultim o anno, da
quando cioè vivo in questo appartam ento.
Mia m adre si sposò dopo la m ia nascita ed io fui ricove­
rata da piccolissim a nell’Istituto De Santis, il reparto bam ­
bini del manicomio, perché a casa non mi volevano.
Quando avevo circa dodici anni mi m andarono a casa
da mia m adre per provare a farm i vivere con lei. Il mio pa­
trigno però non mi voleva assolutam ente e sia lui che mia
m adre mi scacciavano sempre. Mio patrigno mi dava sem­
pre tante botte, col bastone, con le molle del focolare, col
soffietto, con quello che gli capitava in mano: e poi invece
di punire lui mi hanno fatto passare la vita in manicomio.
Per m angiare chiedevo l'elem osina e spesso sono stata co­
stre tta dalla fam e a raccogliere il cibo destinato ai porci.
Per dorm ire dovevo andare in capanne, nei boschi.
Per trovare qualcuno che mi desse una mano dovevo
cercare fra i vicini, alcuni dei quali si muovevano a pietà e
mi aiutavano un p o ’.
Dopo qualche tem po di questa vita un medico che vive­
va a Castelnuovo Monti e lavorava all’ospedale civile di Ca­
stelnuovo Sotto si accorse di come vivevo, si interessò al
mio caso e dopo qualche tempo mi fece ricoverare in m ani­
259
comio, al San Lazzaro.
Hai capito: fino a 12 anni sono stata al De Santis, poi ho
passato 38 anni al San Lazzaro. Cioè ho p assato tu tta la m ia
vita in manicomio.
Al De Santis se qualcuno diceva una parola che non an­
dava bene ci facevano le p u n tu re di brom uro e ci chiudeva­
no in cella senza m angiare p er tre giorni. Una volta che dis­
si u na parola sporca le suore mi tennero quindici giorni le­
gata. Questo era il modo di condurre il reparto, questo era
la norm alità, al De Santis.
Al San Lazzaro non mi davano m edicine — in genere al­
lora m edicine ne davano poche — e ci tenevano sem pre
chiuse in reparto, ma, alm eno in quel rep arto in cui ero (e
in cui sono stata quasi sempre) non c ’erano persone legate.
Quelle che si com portavano m ale le m andavano in un altro
reparto, il Morel Agitate. Là ci m andavano quelle che face­
vano a botte o, specialm ente, se una cercava di picchiare
u n ’inferm iera.
Al Morel ho visto con i miei occhi le ricoverate legate a
cui chiudevano il naso p er farle m angiare. C’era gente a cui
tenevano il corpetto p er mesi e mesi.
Una volta portarono u n a mia amica, u n a del mio rep ar­
to, al Morel Agitate. Mi ordinarono di aiu tare e di p o rtare i
suoi vestiti. Al Morel la chiusero in cella legata al letto con
le fasce alle mani, ai piedi e attorno al petto. La tenevano
chiusa da sola perché quella per difendersi mordeva. La
tennero al Morel per mesi, in queste condizioni: non ricor­
do neppure per quanto.
Io ogni tanto andavo sia per trovare questa donna che
u n ’altra m ia amica, una che era stata la serva della Cian-
ciulli — e che è ancora là — e quando le andavo a trovare
erano sem pre legate come tantissim e altre.
Voglio aggiungere u n ’altra cosa perché si capisca
com ’è la vita nel manicomio: finché lavoravo le inferm iere
erano buone ma quando non lavoravo mi trattav an o come
una bestia. La m attina, quando mi alzavo, spesso mi sentivo
svenire e dovevo restare a letto. E quelle m attine che non
me la sentivo di lavorare le inferm iere mi offendevano. Ma­
gari non picchiavano m a offendevano e le offese fanno più
male delle botte. Mi facevano lavorare per forza m a pagare
non è che mi pagassero: mi sfruttavano e basta.
Ora ti voglio can tare due canzoni che ho inventato io
sulla vita nel manicomio. Quando ero là dentro le cantavo
sempre: e quando le cantavo le inferm iere mi picchiavano

260
dicendo che non era vero nulla quello che cantavo. E invece
è tu tto vero, ogni cosa che racconto è vera. Ho sofferto m ol­
tissimo, io, e quello che racconto è la storia di quello che ho
passato e di quello che ho visto. Come lo racconto a te sono
pronta a dirlo a chiunque.

Ma la vita del manicom io


è una vita d u ra d u ra
che ci p o rta alla sepoltura
e rovina la gioventù.
M aledette m aledette quelle fasce
m aledetti quei corpetti
m aledette quelle fasce
che rovinan la gioventù
Ma la vita del manicom io
è una vita d u ra du ra
che ci p orta alla sepoltura
e rovina la gioventù

Sei la più bella di Napoli


stringim i al cuore e poi baciami
quando ti dico lasciam i
stringim i ancora di più
Sei la più bella stasera
vestita da inferm iera
e con le chiavi in mano
sem bri una prigioniera
mi fai provare la scossa
dagli occhi da assassina
la bella rom anina
lasciatela passar

Ora il San Lazzaro fa schifo, è tu tto cam biato. Ora è


peggio di prim a perché danno tante medicine che fanno
dorm ire. Tanti anni fa era più vivace, ci portavano ad d irit­
tu ra a fare delle gite — parlo del 1945 o giù di lì — e o ra in­
261
vece non fanno più niente. Adesso m ettono tu tti quieti con
le m edicine e o ra di vivacità non ce n ’è più.
P rim a nei rap p o rti fra ricoverati e inferm ieri era que­
stione di botta e risposta: da parte degli inferm ieri era una
cattiveria aperta. O ra invece danno le p u n tu re e tu tto fini­
sce.
P rim a fra noi c ’erano amicizie, si stava insieme, si pas­
seggiava insieme, si chiacchierava: ora non c ’è più niente.
Ora son tu tti pieni di m edicine e non si parlano più.

II
LUCIANO MASINI (DI FORNOLO DI RAMISETO)

La m ontagna h a delle tradizioni di lotta m olto antiche. B at­


taglie continue per sopravvivere prim a del fascismo, du­
rante il fascismo, d u ran te la Resistenza e dopo: sem pre la
m ontagna ha avuto centinaia di m orti d u ran te la guerra
partigiana, tu lo sai. Verso il 1950 o 1951 - non ricordo con
esattezza l’anno -, ci fu lo sciopero per la strada.
Allora la strad a non arrivava mica qua, si ferm ava a
Ramiseto. Se uno si am m alava ci volevano ore e ore per far
venire il medico, quando veniva.
Il nostro fu uno sciopero alla rovescia: scendem mo con
picconi mazze e badili a p ro testare e a dire che ce la sarem ­
mo fatta da noi, la strada. Poi vennero i carabinieri e ci a r­
restarono, in molti. In tribunale, il pretore, voleva sapere
chi era stato il prom otore dello sciopero, capisci, quale di
noi. Gli rispose l'avvocato che ci difendeva, che stava dalla
nostra parte: il prom otore è stato la strada, questa strada
che non viene mai fatta.
Poi, dopo molto tempo, la strada fu fatta e p er noi fu
una gran gioia. Venne apposta il senatore a dirci che il pia­
no era stato approvato e che era stato deliberato lo stanzia­
mento. Io chiam ai tu tti i cittadini, la sera li riunii e insieme
glielo dicemmo, il senatore e io. Parlai prim a io e mi veniva
da piangere, sono un tipo che si emoziona. Poi, quando ebbi
finito, si alzò a p arlare il senatore e disse, rivolto a me: "Ri­
cordi, Masini, che la strad a è buona sì p er venire, però è
buona anche per andar via” . Come ci rim asi male! Lì per lì
non capii e ci rim asi male, perdio, che il senatore avesse vo­
luto sciupare con delle parole così am are u n ’occasione così
felice. Ma dopo dovetti rico rd arle tante volte, le sue parole.
Aveva ragione. È andata via ta n ta gente p er questa strada!
262
Così, ti stavo dicendo, in m ontagna le tradizioni di lotta
sono antiche. E quando capimmo che la m alattia m entale
non è una cosa di natura, che non viene come le m alattie ma
è la tristezza delle condizioni che la fa venire, decidemm o
subito di muoverci. Qua, lo vedi da te, l’am biente è triste
per i vecchi e p er quelli che hanno qualche debolezza. I vec­
chi, la sera: su e giù per pochi m etri di strada, da qui alla
curva e poi indietro, niente da fare, che possono fare, la se­
ra? Vengono qua, si siedono, se hanno qualche soldo bevo­
no, a volte non si ritrovano neppure abbastanza p er fare
una p artita a carte. I giovani o ra possono andare qualche
volta verso i posti dove c ’è da fare, a Castelnuovo o ad d irit­
tu ra a Reggio. I vecchi no, sono nati qua e qua restano.
Prima, anni fa, qui c’erano delle tradizioni, si cantava,
si ballava: adesso non c’è più nulla quassù, non ci sono più
le cose che c ’erano prim a e non abbiam o avuto niente in
cambio. E quelli più sensibili, quelli che capiscono di più
non sopportano, soffrono più degli altri: e sono quelli che
vengono m andati al San Lazzaro.
Noi l’am biente lo si conosce, le condizioni in cui vive la
gente le conosciamo. Prendi una qualsiasi di queste fam i­
glie: i giovani si sposano e vanno a vivere in pianura: i vec­
chi restano soli, la vita è sem pre uguale, da fare non ce n ’è,
a quelli gli prende la tristezza. È naturale.
Di problem i ce n ’abbiam o tanti. Ma laggiù di noi non se
ne preoccupano, m andano tecnici che non capiscono. Ti
faccio un esempio: viene uno a studiare una strada: vede un
to rren te con m olta acqua e decide che là ci vuole un ponte,
poi ne vede im o con poca acqua e decide che là b asta un
tom bino. E così viene fatto. Ma a noi, che la m ontagna la co­
nosciamo, non chiedono niente: e m agari dove c ’è il ponte
bastava un tom bino perché di acqua non ne viene m ai più
di tanta, e dove c ’è il tom bino ci voleva il ponte perché è lì
che quando piove forte si scarica tu tta l’acqua.
Ma tu volevi sapere del movimento contro il S.
Lazzaro52. Venivano quelli del C.I.M. di Reggio e ci furono
riunioni, parecchie. Bombardi, il sindaco di R am iseto da
cui noi dipendiam o, dette un grossissim o contributo: fu lui
a m ettere su tu tte le riunioni. Venivano da Reggio u n a bion­
da, piccolina (Eugenia Omodei-Zorini): quella era bravissi­
ma. Attaccava, spiegava, discuteva. Spiegava, e tu tto e ra su­
bito chiaro. Si discuteva dei ricoverati e noi si pensava: do­
m ani potrei esserci io, laggiù al S. Lazzaro.
Così abbiam o capito quale form a di repressione rap ­

263
presentava il S. Lazzaro: o riesci a vivere qua o il tuo posto
è là. Perciò capim m o che la lotta doveva svolgersi su due
fronti: contro il S. Lazzaro, da una parte, e quassù, perché
la m ontagna cam biasse e diventasse un posto dove si può
vivere. È perciò che le "calate” furono sentite subito, e pro­
fondam ente, come form e di protesta: si pretendeva p er lo
m eno che i ricoverati fossero tra tta ti meglio.
La partenza della prim a "calata” fu unitaria: parteci­
parono tu tti i partiti. Ma già arrivati a Reggio com inciaro­
no i prim i tentativi di ro ttu ra. Un consigliere provinciale
socialdem ocratico, Coselli, che in qualche modo aveva sa­
puto della n o stra intenzione di "calare” e aspettava davanti
al S. Lazzaro, chiese se erano venuti a farsi ricoverare (io a
quelle "calate” non andai, partecipai soltanto all’organizza­
zione). E dire che lui si diceva amico della montagna...
Quando tornarono, portarono racconti disastrosi, te r­
ribili: bam bini legati, sporcizia, violenze di ogni genere.
E ra p er questo che si era fatta la lotta partigiana? Non era
per questo! Quelli del S. Lazzaro volevano soltanto far cre­
dere quello che volevano loro e fu necessario obbligare la
gente con la forza ad ap rire certe porte. Al S. Lazzaro, l’uni­
ca m entalità e ra quella inum ana dell’em arginazione e della
segregazione: altro non volevano.
Dopo la prim a riunione ci furono altre riunioni e altra
gente di qua scese insieme con la popolazione di altri paesi,
non ricordo quante volte.
Dopo le "calate” il C.I.M. di Reggio com inciò a cam bia­
re. All’inizio il C.I.M. aveva rap p resen tato il prim o passo al­
la contestazione contro la m alattia mentale: e la gente ave­
va fiducia. Si aspettava m olto perché quello che dicevano
era veram ente e profondam ente rivoluzionario. Poi, dopo
qualche mese dalle "calate”, le cose sono cam biate. Ora ci
portano le pillole e se po rtano le pillole non risolvono nulla.
Capisci: se si fa una strad a questa resta, questa dopo c'è...;
se invece si dà una pillola, dopo non c’è più niente...
Ci vorrebbe un legame delle forze politiche, m a serio.
La riform a sanitaria dovrebbe essere fatta non da chi se ne
intende m a da chi non se ne intende: non da tecnici, ma da
chi deve usare la m edicina e sa a cosa serve. Per esempio il
medico condotto, in m ontagna ora è indispensabile: è uno
che sta qua, che può sapere tu tto delle famiglie e servire da
interm ediario p er risolvere veram ente i problem i, singoli e
della com unità, cioè i problem i della salute e quelli detti
mentali. Ci sono tante cose da cam biare. E anche il C.I.M.
264
dovrebbe essere un organism o che aiuti a trasfo rm are l’am ­
biente.
All’inizio, in collegam ento col noi della m onta­
gna avevamo chiesto tante cose e si pensava piano piano di
arrivare a risolvere alcuni dei grossi problem i che ci im pe­
discono di sopravvivere. Ma di queste cose, solo poche sono
state attuate. P er esempio noi qui o ra abbiamo una stalla
sociale e questa ha rappresentato una risposta positiva; ma
per quanto rigu ard a gli altri obiettivi abbiamo avuto ben
poco. Si parlava di turism o: qualcosa a Succiso è stato fat­
to, ma poco. Si chiedevano industrie di legname, m a non se
ne è fatto di niente, anzi o ra si p arla di aprire fabbriche in
pianura. Si voleva un allevam ento di pecore modernizzato,
invece niente.
Evidentem ente si è trattato di scelte politiche. Accordi,
senz’altro im portanti in linea generali nei quali però noi
siamo stati l'oggetto di scambio: la m ontagna è stata sacri­
ficata a interessi superiori. Quel che è certo è che noi erava­
mo abbandonati prim a e ora non è cam biato gran che, sia­
mo rim asti sem pre abbandonati.
A Febio, dove al massimo c’è neve per tre giorni l’anno,
hanno fatto tante sciovie, m entre qui, che di neve ce n ’è tan ­
ta, sciovie non ce ne sono. La strada che passa di qua e che
potrebbe unire l’Em ilia con la Toscana abbrevierebbe il
tragitto di u n ’o ra almeno, m a non è mai stata term inata per
non tagliare fuori zone più potenti. E le nostre genti quan­
do em igrano - anche stagionalm ente - vanno in Toscana o in
Liguria, a La Spezia, a C arrara, a Massa, e non in pianura, a
Reggio: la m ontagna è sempre stata tagliata fuori da Reg­
gio, e lo è ancora. Pensa che non c ’è mai stato un consigliere
provinciale che venisse dalla zona di Ramiseto.
All’epoca delle "calate” c ’erano stati anche collega-
m enti fra le fabbriche della p ianura e la montagna. A Casi­
na vennero gli operai della Bertolini e altri che non ricordo.
Ma tu tto finì quando si spense la carica com battiva del
C.I.M. dopo qualche mese dalle "calate”, e diventò più forte
quella p arte politica che fin dall’inizio aveva fatto di tu tto
per frenare e reprim ere il movimento della m ontagna.
Quando poi c’è stato l'accostam ento fra De e Pei, è avvenu­
to un rilassam ento che si è risolto in un barato, che ha la­
sciato la m ontagna nei guai in cui si è sempre trovata.
Lo capisci che se non si risolvono i problem i della mon­
tagna per m olti di noi è il ricovero, al S. Lazzaro o negli
ospizi là in p ian u ra? È così. Non c’è scampo.
265
Ili

MARISA B ITT ASI (INFERMIERA DEL C.I.M. DI REGGIO


EMILIA)

Ho com inciato a lavorare al C.I.M. di Reggio Em ilia nel


1971, poco dopo le famose calate.
Provengo da fam iglia contadina e m olto giovane dovet­
ti andare a lavorare in fabbrica. Là com inciai a fare attività
politica e vita di partito, m a si trattav a più che altro di a tti­
vismo: non ho mai accettato di fare la funzionaria di partito
pagata, a tem po pieno.
Mi avvicinai al lavoro del C.I.M. in quanto sentivo che
era im portante intrecciare il m ovimento politico con quello
del lavoro, cioè volevo lavorare le mie otto ore conciliando
le due cose. Così andai al C.I.M. dove mi assunsero con gran
facilità: anzi, m entre p er regola avrei dovuto fare una quin­
dicina di giorni di prova, fui assunta definitivam ente dopo
il terzo o quarto giorno. Questo perché lì il sistem a di as­
sunzione era, come dire, un po’ clientelare: Jervis propone­
va l’assunzione (lui faceva il bello e il cattivo tempo) e dopo
veniva una valutazione, abbastanza generica e formale, da
parte di una com missione provinciale in base alla quale av­
veniva l’assunzione ufficiale. Nel mio caso, appunto, tu tta
questa trafila durò meno di q u attro giorni.
Appena entrata, mi resi conto che il Centro era diviso
da im postazioni di lavoro diverse - che in quella situazione
voleva dire tendenze politiche diverse -e più esattam ente in
due linee principali: quella di cui facevano p arte la maggio­
ranza dei m edici e qualche inferm iere, e quella di base di
cui facevano parte il gruppo più forte degli inferm ieri e sol­
tanto uno o due medici.
Io mi trovai d ’accordo con questa seconda linea che era
la linea im postata da Antonucci.
In quegli anni, la n o stra im postazione risentiva anche
del m ovimento generale, cioè noi vivevamo ancora i riflessi
del '68 e '69. In quegli anni, tu tta una certa stam pa di sini­
stra pubblicava m olto sulla divisione dei ruoli e sulla di­
struzione dell’uomo op erata da questa società. In questa di­
rezione andava anche il discorso di Antonucci.
Si diceva che l’operatore di base - figura m olto nuova
nell’am bito psichiatrico - e ra un tipo di persona che, m et­
tendo a disposizione la p ro p ria personalità nel suo com­

266
plesso, nella sua storia, con le sue indecisioni verbali, con
la sua cu ltu ra non im pregnata di conoscenze psichiatriche,
poteva in stau rare rapporti diversi da quelli che esistono
fra psichiatri e pazienti, e cioè poteva in stau rare un rap p o r­
to di partecipazione.
Ricordo di Antonucci quando diceva che il nostro lavo­
ro poteva avere dei mom enti criticabili, m a aggiungeva: so
soltanto che un proletario (lui usava sem pre questi term ini,
politici), un proletario che non p artecipa è com unque un
proletario messo da parte, è uno che non può avere in mano
le redini della sua storia. Io ricordo bene questa e altre fra­
si sulle quali poggiavano le nostre posizioni: erano il conte­
nuto di fondo di quegli anni.
Si diceva che questo operatore psichiatrico, provenen­
do da classi operaie o contadine e portando con sé valori
culturali e contenuti comuni a quelli delle persone che ave­
vano bisogno di aiuto, non creava il rapporto di dipendenza
che norm alm ente si instaura fra tecnico, detentore del po­
tere, e paziente. Il rapporto, cioè, restava alla pari.
Invece gli psichiatri, i manicomi gestiscono il rapporto
con le persone con tu tta una serie di m om enti violenti, vio­
lentatori: e noi questo lo vedevamo di continuo. Ti posso di­
re io quante persone ci trovavam o davanti distrutte, demo­
lite, persone che o ltre ad avere una difficile storia di classe
erano poi state in manicomio. Ce le trovavam o di fronte im­
bottite di farm aci. E allora noi dovevamo fare in modo che
esse ci sentissero vicini come classe, come individui che
fanno p arte della stessa classe e che quindi capiscono cosa
vuol dire essere m essi da parte, non aver mai potuto dire né
sì né no, cosa vuol dire essere persone che non hanno mai
deciso della loro stessa vita.
Ce le trovavam o lì, schiere di donne m ute che erano
sem pre state m ute e che non avevano m ai parlato. E così, di
m om ento in m om ento, affrontavam o un tipo di cu ltu ra che
noi stessi non conoscevamo e non conosciamo bene. E in
quei mom enti lì prendevam o coraggio, sentendo che in un’
modo o in un altro questa c u ltu ra com une c ’era, e ci pone­
vamo su un terren o comune: questo significava p er noi es­
sere operatori di base.
Ci muovevamo in questo senso anche sapendo che que­
sta cu ltu ra era pro p rio quella che la psichiatria tendeva a
sm ontare dim ostrando che non e ra cultura. Anche nel Cen­
tro c ’era chi definiva le nostre posizioni come "P sichiatria
della p ortinaia’’: p er quei personaggi che tu tto som m ato
267
tendevano a gestire il Centro, noi eravam o i buoni, i bravi,
quelli che provenivano dalla classe operaia, che potevano
fare un po’ quello che volevano, tanto grossi guai non ne po­
tevano com binare perché lavoravano su persone ap p arte­
nenti al manicomio.
Spesso si arrivava a discussioni feroci sul concetto di
m alattia m entale. Ai medici che erano contro di noi, noi di­
cevamo che bastava che una persona si trovasse di fronte
ad un m edico di cui aveva soggezione p er assum ere per at­
teggiam enti che per quel m edico erano abnorm ali: si ingar­
bugliasse, non riuscisse a tira re fuori una paro la o si ecci­
tasse. Noi contestavam o in questo modo le posizioni degli
psichiatri del C.I.M., dei "sa n to n i”.
La n o stra linea era questa e ne eravam o convinti: linea
che potrei definire "linea A ntonucci”, in quanto è stato lui
che ha incoraggiato noi inferm ieri dicendo che proprio nel
nostro modo di operare, di m uoverci nei rap p o rti persona­
li, stava la validità del nostro lavoro.
Con lui facevamo lunghe discussioni (soprattuto Lucia­
no B ertolini e Giuseppe G aruti, m a un po’ tu tti noi), e lui ci
incoraggiava a trasfo rm are l’odio di classe in lo tta politica.
Diceva che a ll’interno della cu ltu ra borghese non ci sono
mom enti che possano veram ente rinnovarla e paragonava
la cu ltu ra dei lavoratori, non espressa letterariam ente, alla
cu ltura dei borghesi che, p er quanto bene espressa, è sem­
pre tu tta d iretta verso se stessa. Faceva spesso riferim ento
al concetto dell'intellettuale nella sua to rre d ’avorio, di­
staccato dalla gente.
Ecco dunque come in quegli anni, vivendo tra tu tte
queste difficoltà, fra queste linee co n trastan ti ci siamo for­
mati u na cultura. Noi operatori, da una parte, ci sentivamo
incoraggiati a diventare autonom i; dall’altra, spinti a resi­
stere contro questo no stro im pulso. Da queste lotte ci sia­
mo form ati una coscienza che prim a non avevamo: m olto ci
ha aiu tato il capire i m eccanism i che portano le persone a
quello che viene definito sintom o psichiatrico. Siamo certa­
m ente riusciti a farci una coscienza politica nuova, com­
prendendo quali erano i nodi, i conflitti che portano una
persona a distaccarsi dal mondo, ad em arginarsi, a non vo­
lerne più sapere di nessuno.
Noi rifiutavam o, e ancora rifiutiam o, la diagnosi: quel­
lo che cerchiam o di capire è la sto ria delle persone. Fare la
diagnosi significa schem atizzare tu tti i rapporti, significa
inquadrare le persone. Il rifiuto della diagnosi (che quei so­
268
liti "santoni" di cui parlavo prim a definivano rifiuto m ora­
listico) è invece m olto im portante in quanto non ha un valo­
re, come dire, letterario , m a un valore politico: la diagnosi
im pedisce di ten er conto della persona nella sua totalità,
con tu tta la sua storia, ed è da questa storia che bisogna
sforzarsi di com inciare.
I medici del Centro in p arte erano con noi, come dice­
vo, in p arte contro di noi. Alcuni, poi, cercavano più che al­
tro di tenere a freno la tendenza a difendere il ruolo di me­
dici, a fare diagnosi, a dare farm aci. Infatti, col tempo, la
differenza fra le due linee è diventata anche più ch iara e
questo è dim ostrato dal fatto che noi operatori non siam o
diventati b ru tte copie dei medici, come succede general­
m ente aU’interno delle istituzioni. Noi siam o rim asti figure
a parte, nella tradizione iniziata al C.I.M. di Reggio, m entre
i medici sono orm ai to rn ati ad essere quasi tu tti medici. C’è
chi si è iscritto di nuovo all’Università p er procurarsi nuo­
ve specializzazioni, chi si è dato a fare l’analisi privatam en­
te o si occupa di te ra p ia fam iliare. Quasi tu tti insom m a si
sono cercati il loro rifugio: e questo rappresenta una grossa
involuzione rispetto a quello che e ra lo spirito del C.I.M.
all'inizio, spirito a cui aveva in p arte contribuito Jervis
stesso nei prim i tem pi.
Jervis p artiva da E rnesto De M artino e dava m olto peso
allo studio delle superstizioni, del pianto e dei riti popolari.
Con noi tentava sem pre di en trare in rapporto p er capire
cosa dovesse essere l’operatore di base e m olto spesso ci
spingeva anche alla critica e alla contestazione. Questo agli
inizi: ad un certo p u nto però non ci ha creduto più e si è riti­
rato in se stesso abbandonando un po’ il campo (a questo
proposito, è interessantissim a u n a dispensa di Jervis su i
deliri di gruppo. In un prim o tem po aveva afferm ato che
all’interno della società esistono dei gruppi, organizzati,
che esprim ono idee diverse e che perciò vengono em argina­
ti. Più tard i fece circolare quella dispensa in cui si rim an­
giava tutto, chiam ando queste posizioni deliri di gruppo).
Questo avveniva anche perché nel frattem po il movi­
m ento generale stava rientrando, da p arte delle sinistre ve­
niva la riproposta del lavoro istituzionale ("la lunga m arcia
attraverso le istituzioni”) e quindi rientrava anche quella
che era stata l’esperienza sul territo rio .
Così anche nel Centro, se da una p arte la base, legata a
quei contenuti di classe di cui parlavo prim a, continuava
nella sua linea, d a ll'a ltra invece com inciavano grosse b a tta ­

269
glie p er il potere. Il C entro diventò una p alestra in cui vari
personaggi si allenavano in attesa di p o ter andare altrove a
coltivare un proprio orticello e in queste lotte cercavano di
attira rsi le alleanze di noi inferm ieri con ogni mezzo possi­
bile: alcuni di noi, purtroppo, si sono lasciati com prare. Ci
sono inferm ieri e inferm ieri: alcuni sono inferm ieri da cor­
tile, altri invece riescono a rim anere se stessi.
Ma p er to rn are a Jervis, io sono convinta di una cosa,
anche se la dico più istintivam ente che p er conoscenza di
fatti, e cioè che in quel periodo - mi riferisco al ’72 o giù di lì
- ci sia stata u n ’azione del Pei che ha im posto a Jervis di fer­
m are le cose e di tornare indietro rispetto alle "calate”, alle
quali lui, in ogni modo, era stato contrario.
Io non ho dati precisi però ricordo come subito dopo le
"calate” il discorso si sia irrigidito. All’inizio le "calate”
erano state esaltate anche da p arte della federazione cumu-
nista com e azioni politiche im portanti. Poi, dopo una quin­
dicina di giorni, mi risu lta che ci fu u n ’asp ra discussione
fra un consigliere del S. Lazzaro (che era considerato l’ala
destra del Pei, colui che non aveva voluto il C.I.M. e che vo­
leva m antenere in piedi il S. Lazzaro facendo il discorso
m eccanicistico che, finché la società è organizzata come lo
è ora, i m anicom i sono indispensabili) e un dirigente della
federazione. Dopo di ché le cose com inciarono a cam biare.
Si com inciò a dire che le "calate” erano state fatte con­
tro la volontà della direzione (e questo in realtà era vero) e
in modo clandestino. Ci fu una divisione n etta fra quelli che
continuavano a sostenere la non esistenza della m alattia
m entale - il discorso di Antonucci - e quelli che, come Je r­
vis, riproponevano la tecnicizzazione degli interventi.
Noi che sostenevam o Antonucci venivamo accusati di
esserci fatti trascin are perché legati da am icizia personale
e non perché convinti. Invece bisogna dire che Antonucci
per me è una figura molto bella nel senso che lui si dà tu tto
per quello in cui crede (e questo noi lo sentivamo). Non so
se lui sia ancora così, m a era una di quelle persone che
coinvolgono la gente; e in effetti se lui è stato b u ttato fuori
è stato perché aveva dietro di sé molti inferm ieri, perché
aveva creato un movimento politico che faceva paura. Noi
vedevamo in Antonucci un leader politico: aveva valori vici­
no ai nostri, partecipava della nostra cu ltu ra e ci faceva av­
vertire tu tto il valore di questa stessa cultura.
Nel Centro si com inciò a dire che non si doveva fare il
discorso in term ini così frontali, che bisognava ten tare di
270
sm ussare la contrapposizione fra S. Lazzaro e C.I.M. La fe­
derazione com unista si mise dalla p arte di questa linea, co­
m inciando a criticare sottilm ente ma in modo continuo le
nostre posizioni, definendole "viscerali”, antistituzionali e
di ro ttu ra fra lavoratori.
A quell’epoca io facevo un corso al S. Lazzaro e ricordo
che circolava il discorso che "in tern o ” e "esterno” devono
andare d ’accordo: questa era la linea p o rtata avanti dal Pei
e dal Psi. Si parlava di politica di settore (i meno convinti si
m andavano a vedere le esperienze francesi: io sono stata
una di quelli m andati) e quindi il rapporto fra 'in tern o ” e
"estern o ” dovette essere ridim ensionato: era necessario ta ­
gliare quella contrapposizione che era, dopotutto, con trap ­
posizione di contenuti, aqzi di contenuti e di interessi.
In questa contrapposizione entravano naturalm ente
anche i sindacati, p u r se sul problem a specifico del rap p o r­
to fra C.I.M. e S. Lazzaro non so se siano mai state espresse
posizioni precise.
Il fatto è che, all’interno dei sindacati si scontravano
varie linee. Ma posso dire che se nel S. Lazzaro c’era qual­
cuno che appoggiava l’esperienza esterna perché più prep a­
rato — m agari era qualcuno che proveniva dall’F.L.M. e che
aveva già approfondito il rapporto fra il movimento ope­
raio e istituzioni — e che era d ’accordo con il discorso del
C.I.M., questi veniva im m ediatam ente demolito: e si lascia­
va che all’interno del S. Lazzaro em ergesse in modo esclusi­
vo l’ala "socialdem ocratica”.
Ecco, io credo che se c’è stato un limite a livello politi­
co - e mi dispiace dirlo -, questo lim ite è stato nel nostro
partito, nel Pei, che in quegli anni non ha voluto scontrarsi
realm ente e fino in fondo su alcuni contenuti e sul proble­
m a delle istituzioni. Non si è voluto toccare questa grande
istituzione, il S. Lazzaro, con tu tta la sua logica interna di
interessi.

In quegli anni veniva fuori la linea che il sindacato rap ­


presentava la cinghia di trasm issione della volontà del p a r­
tito. E anche alcuni personaggi che prim a erano stati
"quasi-rivoluzionari”, dovettero fare m arcia indietro e
sm ussare gli angoli. Si trattav a di persone che erano state
d’accordo con il lavoro del C.I.M. e quindi anche con tu tto il
lavoro che aveva p ortato alle "calate”, persone che non si
muovevano tanto su quel famoso filone del pansindacali-
271
sino e della lotta per le dieci lire m a più su questioni di con­
tenuto. Solo che prim a o poi tornava sem pre fuori qualcu­
no della vecchia guardia che voleva che tu tto m arciasse co­
me aveva sem pre m arciato, senza troppa confusione.
Questo clima, sia aH’interno del C.I.M. che all’esterno,
e poi la partenza di Antonucci, crearono un senso di sfidu­
cia anche fra gli operatori più convinti. Finim mo p er capire
che le assem blee del m artedì — in cui, al di là delle chiac­
chiere, non si decideva niente perché tu tto e ra già stato de­
ciso in partenza, dall’alto — erano situazioni false e che
molte battaglie si risolvevano in lotte di palazzo.
E un po’ per volta ciascuno di noi h a cercato di crearsi i
propri spazi operativi form ando gruppi sep arati con opera­
tori con cui andava d’accordo. Nel C.I.M. ci si rim angiava il
discorso degli interventi in fabbrica spingendo invece ad
una m aggior tecnicizzazione: noi ci ritiram m o in spazi più
ristretti, m a che consentivano ancora interventi secondo la
linea in cui credevamo.

IV

GIUSEPPE GARUTI (INFERMIERE DEL C.I.M. DI REGGIO


EMILIA)

All’inizio fui mandato da Jervis a Gorizia per vedere come


era stato impostato il lavoro in quel manicomio. Lì notai un
rapporto diverso fra medici e infermieri, meno gerarchico di
quanto non fosse all’ospedale civile, lì pure mi incontrai per
la prim a volta con ricoverati di manicomio.
Il lavoro al C.I.M. di Reggio, quando tom ai, era già inizia­
to. Tutte le mattine ci riunivamo e si discuteva il lavoro da
farsi durante la giornata. Le decisioni venivano prese in co­
mune e questo atteggiamento mi colpì subito per l’apparente
mancanza di rapporti gerarchici.
Jervis parlava con le persone e poi faceva la diagnosi do­
po aver chiesto il nostro parere. La diagnosi era il risultato
della sua elaborazione.
Si andava e si parlava con le persone e, fatte le diagnosi,
ciascuno di noi seguiva un suo compito preciso: la psicoioga
come psicoioga, il medico come medico, l’assistente sociale
come assistente sociale, e io come infermiere. I miei compiti
variavano dal fare iniezioni di psicofarmaci ordinati dai medi­
ci a fare compagnia ai pazienti.
272
Nel dicembre del 1969 arrivò Antonucci e io fui affianca­
to a lui per andare in montagna ad esaminare situazioni di
persone che già ottenevano - o avevano fatto richiesta - di sus­
sidi dalla Provincia. Quasi tutti questi erano ex ricoverati del
S. Lazzaro. Andando a visitare queste persone e analizzando
con Antonucci le condizioni della loro vita, cominciai a capire
quanto il loro problem a non avesse carattere psichiatrico, ma
soltanto sociale.
Denunciammo queste e altre situazioni a sindaci e a poli­
tici responsabili. Andavamo dai sindaci dei paesi della monta­
gna a raccontare la vera storia delle persone di cui ci occupa­
vamo. Spesso i sindaci rispondavano molto positivamente alle
nostre sollecitazioni, sia cercando soluzioni pratiche, quando
era possibile, sia discutendo con noi i gravi problemi della
montagna che a volte rendevano difficile un aiuto veramente
valido e una risposta sufficiente. In alcuni casi i sindaci riu­
scivano a trovare un posto di lavoro che ridava alle persone la
possibilità di farsi una vita autonoma. In altri casi i sindaci
stessi erano costretti a rispondere lamentando le condizioni
generali della montagna, cioè miseria, disoccupazione, man­
canza di case e in genere di strutture.
Venne fuori anche il problem a dell’emigrazione: casa­
linghe che andavano a Milano o a Genova a fare le donne di
servizio, e uom ini a fare i m uratori. Molti, dopo queste
esperienze, tornavano d istru tti e venivano direttam ente ri­
coverati. Quelli che rimanevano, trovavano occupazioni
stagionali, estive, e d ’inverno spesso si ricoveravano al S.
Lazzaro per non soffrire la fame e il freddo.
Per alcune di queste visite alle persone in pericolo di ri­
covero, Antonucci chiedeva la presenza di am m inistratori
della Provincia di Reggio perché si rendessero conto della
dram m aticità dei problem i. Voleva che questi am m inistra­
tori "vedessero” quale e ra la reale condizione delle persone
che i medici avevano etichettato come m alate di mente.
C’era una donna che era stata considerata m atta, e ri­
coverata perché tirava sassi al passaggio della corriera: il
sindaco, da noi avvicinato, riunì i paesani per discutere
questo com portam ento. Dalla discussione em erse ch iara­
m ente che la donna tirava i sassi alla corriera perché la cor­
riera rappresentavaa p er lei la partenza di persone im por­
tanti per la sua vita: il m arito, i figli, la sorella. Una volta
capiti i sentim enti di questa donna, fu facile p er gli altri
sentire i suoi problem i come i problem i di tutti.
273
Dalle discussioni si passò alle assem blee popolari. La
prim a grossa assem blea si tenne a Ram iseto e fu organizza­
ta da un gruppo di cittadini con l’aiuto dell’allora vice sin­
daco, Bom bardi. Alla fine dell’assemblea, a cui p artecip a­
rono m olto attivam ente tu tti i presenti, fu deciso di costi­
tuire il Comitato popolare di Ramiseto, che aveva il com pi­
to di organizzare riunioni nelle frazioni del Comune per al­
largare la discussione a tu tti i cittadini. Da queste riunioni
nacquero le "calate" al S. Lazzaro.
Le ripercussioni del lavoro in m ontagna e delle calate
non tardavano a farsi sen tire all’interno del C.I.M. di Reg­
gio Em ilia. Gli operatori si divisero in due posizioni: una
appoggiava il lavoro fatto in m ontagna dall’équipe di Anto­
nucci e si identificava nelle posizioni politiche dei "m onta­
nari", degli operai, e in genere delle forze di base; l’altra,
che faceva capo a Jervis, rim aneva su posizioni psichiatri-
che, proponendo ancora diagnosi e cure.
Questo portò presto ad u n a serie di scontri frontali che
riflettevano anche posizioni contrastanti a livello politico e
am m inistrativo. Alcuni am m inistratori appoggiarono la li­
nea della m ontagna, altri prendevano posizioni p er un recu­
pero dell’istituzione m anicom iale e in genere della psichia­
tria.
Le nostre posizioni — che in un prim o m om ento erano
state accettate, p u r senza convinzione, da Jervis (che infatti
non partecipò m ai a nessuna visita al S. Lazzaro) — vennero
definite fallim entari da Jervis stesso in varie assemblee.
Dopo circa un anno dalle "calate", Antonucci fu licenziato
e agli o p erato ri che rim anevano fu ordinato di seguire una
linea di collaborazione con il S. Lazzaro.
Contro la linea di normalizzazione, buona p arte dei la­
voratori di base ha cercato di im postare un lavoro di q u ar­
tiere con carattere politico-sociale secondo la linea non psi­
chiatrica in continuità con il lavoro com inciato in m onta­
gna all’epoca delle "cala te”.
V

LUCIANO BERTOLINI (INFERMIERE DEL C.I.M. DI REG­


GIO EMILIA)

Ho passato quasi q u attro anni all’ospedale civile e ne


ho viste di tu tti i colori: da gente che veniva tra tta ta male a

274
gente che veniva - in modo più o meno coperto - am mazzata.
Dopo tu tto quei tem po avevo deciso di andarm ene.
E ntrai a lavorare al C.I.M.
Quando arrivai, G aruti mi fece il quadro della situazio­
ne. G aruti e io facem m o subito gruppo con Antonucci, sia
nel senso che cercavam o di lavorare il più possibile insieme
e sia nel senso che ci trovavamo sem pre la sera a discutere.
Noi avevamo m olte perplessità e cercavamo di ch iarir­
cele, di capire il vero perché di certe cose, di andare fino in
fondo. Mi ricordo u n a volta che parlai di una persona che
era stata in cam po di prigionia tedesco e che ne era uscito
piena di rancore m a che si era reiserito e che ora viveva re­
golarm ente, e paragonai questa persona ad un suo com pa­
gno di prigionia, della stessa prigione, che aveva sofferto
quanto lui m a che dopo non si era mai ripreso, aveva passa­
to mom enti di grave disperazione ed era stato dichiarato
azzo e ricoverato in manicomio. Con Antonucci si cercò al­
E ma di ricostruire la storia di questi due uomini. E lui mi
aiutò a capire come l’uno aveva trovato un am biente socia­
le in grado di capire quello che aveva passato e di aiutarlo a
non dim enticare m a a vivere; all’altro invece era stato sem­
pre chiesto di dim enticare, senza però condividere assolu­
tam ente la sua reale sofferenza, e perciò si era trovato da
solo, solo e disperato.
Ascoltavamo le persone, senza fare diagnosi: soltanto
ascoltando veram ente si capiscono le persone, e così si pos­
sono discutere con loro i loro problem i.
Questo modo di pensare è molto diverso da quello di
tanti che apparentem ente dicono che la m alattia m entale
non c ’è: per esempio, Jervis diceva che esistono persone
con problem i, m a poi ci proponeva, q uand’era qua, la te ra ­
pia per l’elettroshock.

Tutte le testim onianze qui pubblicate sono state raccolte


da Piero Colacicchi.
275
Polem iche e processi ad Imola
di lia ría Ciuti
R eporter 12.XI/85

A Im ola c’è u n ospedale psichiatrico. E siccome tu tti


parlano di ch iu su ra dei manicomi, m a i manicomi esistono
ancora, dentro ci sono i "m atti” . I "lungodegenti”, quelli
che, dopo trenta, q u aran ta anni di reclusione, non sanno
dove andare. Non ci sono più cancelli chiusi e, tranne in al­
cuni casi dovuti alla buona volontà, non c ’è neanche assi­
stenza. Accanto al manicom io una scuola elem entare. Il di­
retto re non ha lam entele da fare, m a in città gira la voce
che i "m atti” vadano ad am oreggiare sotto gli occhi dei
bam bini. "È il solito fantasm a del diverso di cui non ci si fi­
da”, com m enta il prim ario di alcuni rep arti dell’ospedale.
Sesso e pazzia, d'altronde, sono stati spesso messi in­
sieme. Ma la Usi o rdina agli inferm ieri tu rn i di vigilanza in­
torno alla scuola. Il prim ario consiglia ai suoi di restare ad
assistere i degenti "piuttosto che fare la ronda” e finisce
sotto processo alla com missione di disciplina della Usi 23.
È successo agli inizi di quest'anno. E il dottor Giorgio
Antonucci com pare davanti alla commissione, stam ani, 12
novembre. È prim ario in 3 rep arti dell’ospedale psichiatri-
co di Imola. Con Franco Roteili e Vito Totire, ha fatto la
controperizia a favore di Carlo Sabattini, il Verde internato
a Castiglione delle Stiviere prim a delle elezioni. Ex collabo­
ratore di Basaglia, è sostenitore infaticabile dell’antipsi-
chiatria: "La p sich iatria è scienza dell’ignoranza. Esistono
m alattie fisiche. Ma il pazzo è solo quello di cui non si capi­
sce la storia. Quando si capisce, non esiste più m alattia
mentale, ma u n ’a ltra esperienza”. Adesso ha l’appoggio de­
277
gli altri prim ari e della Cgil. S arà difeso dal Professor Do­
menico Sorace, insegnante di d iritto del lavoro all'Universi­
tà di Firenze: "Lo scopo dell’organizzazione san itaria è
quello terapeutico e, se si determ ina contrasto tra disposi­
zioni im partite per scopi terapeutici e altre disposizioni,
non possono essere che le prim e a p revalere”. Sorace so­
stiene anche che si deve consultare il medico, prim a di im­
partire ordini nei suoi reparti.

Antonucci spiega come il suo caso riassum a "lo scon­


tro tra una cu ltu ra che vuole andare avanti e quanti voglio­
no to rn are indietro”. Lui ha lavorato sodo. Quando, nel '73,
è arrivato a Imola gli hanno affidato il rep arto "ag itate”. E
ricorda m olti orrori. Teresa, oltre alla cam icia di forza, ave­
va una m useruola fissa: una fascia di pelle ben stre tta p er­
ché sputava. Ora Teresa è scesa da quel letto a cui era stata
legata p er anni e riesce ad accudire a se stessa, anche se i
segni della to rtu ra sono rim asti. È il risu ltato di m olta fati­
ca, di ore passate cercando di com unicare, di una rivoluzio­
ne interna ai reparti: "P ittori, im bianchini, arredam ento
nuovo, per renderli simili alle nostre case. Perché non fosse
più un ospedale, ma un posto dove le persone fossero libere
di condurre con dignità, una vita norm ale” . Ma l'am m ini­
strazione non apprezza.
Adesso la legge 180 sulla chiusura dei m anicom i è sotto
accusa. Ci si lam enta dei " m a tti” per le strade. Le famiglie
non sanno cosa fare. Molti desiderano il rito rn o al vecchio
manicomio, m agari riveduto e corretto, m a ben chiuso. Al­
tri sostengono che la "legge B asaglia” non funziona perché
i servizi previsti non sono stati istituiti.
Giorgio Antonucci, o ltre a difendere la 180, non è nean­
che d ’accordo con questa sto ria dei servizi. "Non è tanto un
problem a num erico, m a di qualità. A com inciare dalle uni­
versità dove si continua con la vecchia cu ltu ra, anzi incul­
tu ra ” . Vuol dire che se il personale che deve assistere i
"pazzi” ha la stessa m entalità di prim a, "quella del control­
lo sociale e non la considerazione approfondita della psico­
logia um ana e del conflitto Uomo-società, in cui la società è
com plicata e l’Uomo è com plicato , i m anicom i non si supe­
reranno m ai”. "Le fam ose case fam iglia e i centri diagnosi e
cura presso gli ospedali civili funzionano come i vecchi m a­
nicomi. Psicofarm aci, elettroshock, ancora strum enti di
contenzione” .
278
S oprattutto il ricovero obbligatorio: "Se in famiglia si
ha p au ra che uno si uccida, quello, volente o nolente, viene
ricoverato. Quando uno si vede p o rtare via dalla polizia, si
confonde. Si confonde ancora più quando gli danno gli psi­
cofarm aci perché è agitato: vuole solo andarsene. Se poi si
arrabbia e spacca tu tto perché non lo lasciano uscire, ecco
l’elettroshock. E il disorientam ento aum enta a dism isu ra”.
La scelta è una: " 0 si decide di trovarsi di fronte a p er­
sone di cui non ci si fida. O si opta p er il diritto alla libertà e
alla scelta e si capisce che i diversi hanno solo dei problem i
che potrebbero anche essere n o stri”.
A Firenze, du ran te l’alluvione, c ’è 'T an ticristo ”. È paz­
zo, non ci sono dubbi. E invece l’anticristo è un pover’uomo
con tanti problem i: la sua vita sessuale non quadra, per
esempio, col Vangelo. Capire, però, è faticoso, prendere la
m acchina e co rrere dietro al lungodegente che si è allonta­
nato dall’ospedale, è andato in città e, magari, sono sorti
guai, è anche faticoso.
G uardarsi dentro e trovare la "pazzia”, è ancor più fati­
coso. Più facile "continuare l’assistenza psichiatrica che
trovare una mediazione tra le contraddizioni sociali e l’in­
dividuo”.

279
Rosa e rosso:
storia di Maria Luigia
di Dacia M arami,
Paese Sera 6.7.'80

M aria Luigia è una ragazza robusta, bruna, con una


faccia candida e corrucciata, due bellissim i occhi m arroni
liquidi intelligenti. È figlia di im m igrati meridionali. È sta­
ta p o rtata al Cim (Centro di igiene mentale) di Imola perché
si com portava in modo "stran o ”. E questo per una donna
significa: uscire sola di notte, fare l’am ore con diversi uo­
mini senza nascondersi, avere o rari stravaganti, essere in­
sofferente di regole prestabilite, usare un atteggiam ento ri­
belle. Non ultim a grave "stranezza" da punire è stata quel­
la di rim anere incinta senza sapere chi sia esattam ente il
padre.
I genitori la cacciano di casa. Lei gira di qua e di là, fi­
nisce al Cim che la m anda all’ospedale Osservanza dove la
riem piono di psicofarm aci p u r sapendo che è incinta e la
tengono sotto "osservazione” . Lei scappa. La riportano
dentro. Quindi la m andano in u n a casa-famiglia a Russi do­
ve vive con altri ricoverati in u n a m inuscola stanza nuda,
sotto la sorveglianza di assistenti sociali. Ma M aria Luigia
non è contenta: chiede una casa p er sé e p er il figlio, rifiu ta
di prendere gli psicofarm aci perché ha letto sulla scatola
che possono nuocere al bam bino che deve nascere.
Viene rim an d ata in ospedale. Il medico di guardia, il
do tto r Antonucci (un guastatore secondo i diretto ri
dell’ospedale perché si rifiu ta sistem aticam ente di u sare i
m etodi coercitivi, non usa psicofarm aci di sorta e rim anda
appena può i cosidetti "m atti” a casa), applica la nuova leg­
ge chiedendo alla ragazza se vuole trasfo rm are la reclusio­
281
ne forzata in reclusione volontaria (scelta prevista dalla
legge e che perm ette di u scire quando se ne h a voglia). Ma­
ria Luigia decide di en trare volontariam ente e il giorno do­
po se ne to rn a fuori.
Q uesto suscita le ire del m edico Dirigente del Servizio
Psichiatrico, il do tto r Pirazzoli, che m anda u n a lettera alle
au to rità p e r lam entarsi di quello che lui chiam a un
"abuso". Il fatto è che Antonucci, quando è di servizio, tra ­
sform a regolarm ente le ordinanze di ricovero in ricoveri
volontari con l'accordo dei nuovi arriv ati e questo rende
"incredibile" a detta di Pirazzoli il servizio dell'ospedale di
fronte all’opinione pubblica.
Ma torniam o a M aria Luigia. N onostante il fatto che la
sua gravidanza diventi sem pre più visibile, non si sm ette di
som m inistrarle gli psicofarm aci, forzatam ente, p er endove­
na quando si accorgono che lei sputa le pillole. Una dotto­
ressa dice che "è stato necessario darle il Serenase p er ren­
derla cosciente della sua m atern ità". Altri m edici sostengo­
no che dopo il terzo m ese il Serenase non può nuocere al
bam bino” .
Ora la prospettiva è questa: appena n ascerà il bam bino le
sarà tolto con l’argom ento che non è " a d a tta ” a educarlo.
Al che, m olto probabilm ente, M aria Luigia che h a voluto,
contro ogni suggerim ento di aborto, fare il figlio, si ribelle­
rà, e questa sarà una buona ragione p er riem pirla di nuovo
di psicofarm aci.
Abbiamo sentito dom enica sul terzo program m a una
bellissim a trasm issione su questo caso cu rata da Elena
Scoti. Prim a di tu tto la voce di M aria Luigia, ragionevole e
inquieta: la voce di una donna che in mezzo alle violenze e
alle infelicità cerca cocciutam ente di ricavare qualche mo­
m ento di libertà e di allegria p er sé, senza pensare al dopo o
a "quello che d irà la gente” . Poi le voci dei medici, preoccu­
pate, giustificative, paternalistiche, (la maggioranza), salvo
alcuni che sono disposti a m ettere in discussione tutto,
com preso se stessi. Non abbiam o sentito la voce di un grup­
po di fem m iniste di Im ola (Rita Ricci, Patrizia Sassi), che
pure da m esi stanno seguendo il caso di M aria Luigia.
Una cosa risultava ch iara com unque ancora u n a volta:
la scienza non può essere im parziale, come pretende, né im­
personale, né disinteressata, né apolitica.
Da u na p arte c'è Pirazzoli, ci sono le au to rità giudizia­
rie, c ’è il Cim, i quali in buona fede pensano che i "m alati
m entali" vadano cu rati con m etodi più o m eno coercitivi, li
282
trattano come m inorati, incapaci di capire e di decidere per
sé; dall’altra p arte ci sono persone come il dottor Cotti, il
dottor Antonucci (ma sono una m inoranza e rischiano con­
tinuam ente di essere esautorati) i quali negano ogni m eto­
do repressivo, non usano gli psicofarm aci, rifiutano di lega­
re gli agitati e tolgono le sbarre dalle finestre.
Non c’è dubbio che i cosiddetti "m atti” che poi sono
persone con grossi conflitti fam iliari e sociali, una volta
rinchiusi dentro gli stanzoni-prigione, e rim pinzati di psico­
farm aci, siano più "buoni” (ubbidenti, remissivi, docili, sot­
tomessi, disponibili) degli altri che girano per i giardini
parlando e ridendo a voce alta e m agari si arram picano sui
tetti e m agari si rom pono una costola o peggio, vanno in cit­
tà e fanno la cacca in mezzo alla strad a (cosa che è successa
a dei m alati di un rep arto aperto e che si porta come argo­
m ento per ten tare di richiuderlo).
L’ordine e la tranquillità si ottengono facilm ente con
l’uso degli psicofarm aci, certo. Una volta c’erano gli elet­
troshock (e ci sono ancora in molti ospedali italiani) e anche
quelli servivano (e servono) per tenere tranquilli gli irre­
quieti. Il dottor Pirazzoli mi ha detto (in una visita a Imola
un mese fa) che l'elettroshock, in certi casi, se fatto bene,
può servire. Ed era in buona fede, anche quando mi ha det­
to che con gli psicofarm aci i "m alati” diventano più ragio­
nevoli, docili, ci si può parlare, insomma.
Fatto sta che all’ospedale di Imola, ci sono dei rep arti
chiusi dove i ricoverati girano in tondo con tranquilla di­
sperazione e dei rep arti aperti (una minoranza) dove uom i­
ni e donne che sono stati legati ai letti per anni e considera­
ti irrecuperabili o ra girano pacifici, liberi di en trare ed
uscire. Hanno sm esso di essere violenti e irresponsabili nel
m om ento in cui si è smesso di tra tta rli con violenza, come
degli irresponsabili.

283
Dialoghi con Giorgio Antonucci
e visita ai reparti aperti di Imola
di Dacia M arami,
La Stampa, 26.7., 29 e 30.12.78

LA CONVERSAZIONE

"Gli istitu ti psichiatrici chiusi sono dei luoghi di to r­


tu ra, delle sepolture...’’.

Giorgio Antonucci non ha niente del medico tradiziona­


le, indaffarato, autoritario, privo di abbandoni che siamo
abituati a conoscere. La sua faccia triste esprim e una dol­
cezza m orbida, acuta, quasi dolorosa. I suoi occhi sono pie­
ni di una tim ida asso rta attenzione.
"M a la nuova legge, la rifo rm a ha cam biato
qualcosa?”, gli chiedo.

"Certo, ha cam biato in meglio... Ma i medici sono sem­


pre gli stessi di p rim a e hanno un'id ea punitiva e inquisiti­
va della p sich iatria”.

"Quindi è un po’ come p er l’aborto: fatta la legge non si


riesce ad applicarla p er l’ostruzionism o di chi tiene il pote­
re negli ospedali” .

"È così infatti... Nel mio caso quei sepolti vivi che dopo
cinque anni di lavoro durissim o avevo riportato alla vita, ri­
schiano di to rn are in stato di prigionia”.

"Puoi raccon tare cos’è successo?” .


285
''L ’ospedale in cui lavoro, l’Istituto psichiatrico di Imo-
la, sta cam biando stru ttu ra in seguito alla riform a. E il la­
voro che abbiam o fatto coi degenti rischia di saltare per
aria per l’ostilità dei nuovi dirigenti”.

''M a prim a chi ti appoggiava?”.

"Io sono stato chiam ato a Imola da Cotti (direttore


dell’Istituto) che voleva cam biare le s tru ttu re tradizionali.
Ma presto ci trovam m o tu tti contro, medici e personale”.

"Cosa facevi di così scandaloso?”.

"P er prim a cosa chiesi di lavorare nel rep arto dei più
pericolosi, i cosiddetti 'irrecu p erab ili’ ”.

"Irrecuperab ili cioè non guaribili, è questo che vuol di­


re?”.

"P er i medici tradizionali queste persone hanno un di­


fetto nel cervello quello che viene chiam ato m alattia m en­
tale, un difetto che non gli perm ette di avere una vita socia­
le accettabile. Secondo la legge, che o ra è stata abolita, era­
no segregati perché pericolosi a se stessi e agli altri, pro­
pensi a creare scandalo pubblico” .

"M alattia m entale quindi qualcosa di fisiologico, di in­


terno?”.
"Sì, più o meno un guasto al cervello, derivante da una
debolezza congenita. Secondo me invece i degenti non han­
no assolutam ente niente di diverso dagli altri, solo che si
sono trovati in situazioni sociali difficili, di svantaggio nei
riguardi del potere”.

"Quindi per te la cosiddetta m alattia m entale è esclusi­


vamente un prodotto sociale” .

"È nel ’68 che si è com inciato a discutere pubblicam en­


te sull’esistenza o meno della m alattia m entale. Io ho lavo­
rato con Basaglia nel ’69. Lui la m alattia m entale la vede
come una cosa dinam ica che investe le persone meno resi­
stenti. Per me la psichiatria è u n ’ideologia che nasconde i
problem i reali delle persone ricoverate. Freud stesso dice­
286
va che occupandosi dei conflitti nevrotici aveva smesso di
fare il medico e si era messo a fare il biografo” .

"E cosa pensi di quei conflitti arcaici che si pensa supe­


rino i problem i sociali e m ettano radici nel profondo
dell'inconscio ?”.

"Non si possono applicare le categorie di Freud ai


braccianti calabresi perché Freud analizza i borghesi
dell'O ttocento”.

"Quindi non credi all’univesalità del complesso di Edi­


po, per esem pio?”.

"No, decisam ente... Il com plesso di Edipo, nasce in un


certo tipo di famiglia, in una data situazione, in una data
c u ltu ra ”.

"E quali sono i tuoi metodi di lavoro a cui i medici sono


così ostili?”.

"Ti faccio un esempio, quando arrivai a Reggio Em ilia


incontrai una donna, Santina, di 40 anni, che lavorava nelle
m ontagne reggiane, era moglie di un m uratore, aveva tre fi­
gli, era stata ricoverata molte volte. Per i medici aveva
qualcosa di guasto da curare. Le facevano gli elettoshock.
Io andai a p arlare con la famiglia, con lei, col m arito. Venne
fuori una storia dram m atica; Santina era figlia di contadi­
ni, giovanissim a aveva fatto la dom estica a Genova subendo
una serie di esperienze traum atiche. Poi era to rn ata al pae­
se, si era sposata. Ma ogni volta che aspettava un figlio sta­
va male e il m arito l’accompagnava all’ospedale. Qui la
riem pivano di psicofarm aci e le applicavano gli elettrodi.
Per la famiglia quel suo uscire e en tra re dall’ospedale era
norm ale”.

"È guarita poi S antina?” .

"Sì... Intanto ho elim inato gli psicofarm aci e l’elettro ­


shock, poi ho parlato col m arito, col sindaco del paese, coi
vicini. Col m arito ho avuto una discussione dura, una lite.
Ma dopo le cose sono cam biate. Santina non è più stata ri­
coverata e quando è rim asta di nuovo incinta non è stata
più m ale”.
287
''Q uindi analisi della situazione reale in cui vive la p er­
sona che sta m ale più che del suo inconscio” .

"L’atteggiam ento del m edico è im portantissim o. Non


si può avere rapp o rti di fiducia con persone che non consi­
deri uguali a te. I m edici tra tta n o i ricoverati come degli in­
feriori e loro rispondono con la violenza o l’ap a tia ”.

"Mi dicevi che hai lavorato so p rattu tto in rep arti di


donne...”.

"Le donne spesso sono dentro p er ragioni di costum e,


per avere trasgredito la m orale comune. A Im ola ho libera­
to u na donna che e ra stata in tern ata perché ragazza m adre.
Da 26 anni stava legata al letto. Le ho chiesto perché l’ave­
vano chiusa. E lei mi ha detto: "Perché sono schizofrenica”.
Ho insistito chiedendole perché secondo lei e ra stata chiu­
sa. E alla fine mi ha detto: "Perché mi piacciono gli
uom ini” . Testuale. Dopo un anno di lavoro l’ho dim essa. Il
problem a spesso è di trovare qualcuno che le accolga. Lei
per fo rtu n a aveva un fratello che l’am ava e l’h a accolta in
casa.

"Da un libro che è uscito nelle Edizioni delle donne in­


fatti risu lta che la m aggior p arte delle donne vengono in ter­
nate p er trasgressioni ai doveri sessuali o casalinghi, cioè
per rifiuto del ruolo tradizionale”.

"Q uando io entrai nel rep arto delle irrecu p erab ili i me­
dici mi ridevano dietro. C’eran o donne legate da dieci, venti
anni, che non erano più capaci di parlare, di cam m inare, di
m angiare. Io le slegai. T utti si aspettavano la catastrofe.
Fra l’altro c ’era stato il precedente di un m edico che aveva
dato l’ordine di slegarle e poi se ne era andato. Le donne,
abituate alla costrizione, con tu tta l’angoscia che avevano
dentro, appena slegate hanno com inciato a picchiarsi. E su­
bito naturalm ente le avevano rilegate”.

"E tu com e hai fatto ?”.


"Io le ho slegate, m a non tu tte insieme, due p e r volta e
poi stando presente, p arlando con loro, con le inferm iere.
Poi feci ap rire le porte, levare le inferriate. Il rep arto era
288
chiuso come una fortezza. Infine fra lo scandalo dell’istitu ­
to, le feci uscire nel parco. Il lavoro più duro era, giorno
per giorno, ridare loro la fiducia in sé, la capacità di essere
indipendenti”.

"E ci sei riuscito ?” .

"Dopo tanti anni di letto, legate m ani e piedi da cinture


di pelle, la cam icia di forza e qualche volta, come ho visto
addosso a una contadina che aveva l’abitudine di sputare,
ima specie di m useruola di plastica che le chiudeva la boc­
ca, si facevano tu tto addosso, non volevano vestirsi, non
camminavano. Non riuscivano neanche a m angiare — mol­
te avevano i denti davanti spezzati sia per gli elettroshock
che per l’uso dello scalpello quando si rifiutavano di ap rire
la bocca — avevano i m uscoli atrofizzati. E ra come fare ri­
vivere dei m o rti” .

"E il personale come reagiva?” .

"Le inferm iere prim a avevano paura, pau ra delle m ala­


te — abituate ad essere legate come cani quando venivano
slegate in effetti m ordevano — p au ra dei medici che le con­
sideravano delle serve e anche le usavano come terreno di
caccia. Da principio quindi hanno fatto difficoltà m a poi
credo che sia stato un sollievo anche p er loro”.

"E quanti rep arti hai aperto con questo sistem a?” .

"Dopo il 14, il più difficile, ho aperto il 10 e poi il 17 m a­


schile, anche quello considerato irrecuperabile. Nel fra t­
tem po è cam biato qualcosa, altri rep arti provavano ad
aprirsi, anche se a m età”.

"E ora?”.

"O ra con la riform a, Cotti non è più direttore dell’Isti­


tuto psichiatrico, le sezioni dipendono dal prim ario. E que­
sto prim ario non crede assolutam ente ai metodi che uso io.
Lui è per i vecchi sistem i dell’elettroshock, della cam icia di
forza, degli psicofarm aci e i centoquarantasette degenti
che ora stanno slegati rischiano di to rn are in cattiv ità”.

"Cosa si può fare p er evitarlo?” .


289
"P arlarne, fare sapere alla gente come stanno le cose.
Quando io ho detto alla m adre di quella donna che stava le­
gata da 20 anni che sua figlia non avrebbe m ai dovuto esse­
re ricoverata, si è m essa a piangere: "A me nessuno mi ave­
va mai detto una cosa sim ile”. La gente non sa, si affida ai
medici e non im magina che la maggior p arte dei casi sono
dovuti a conflitti facilm ente risolvibili. I medici, anziché
guarirli, li puniscono, li legano, li rendono inoffensivi...” .

"Fanno i poliziotti insom m a anziché i g u arito ri".

"Legare una donna p er venti anni a un letto vuol dire


ucciderla...”.

"Quindi queste donne dim ostrano una grande forza


non facendosi distruggere del tu tto...”.

"Infatti... Se le avessi viste quando sono uscite nel p ar­


co la prim a volta... Rovinate cone sono, coi denti rotti, i m u­
scoli atrofizzati, la lingua inarticolata... E rano felici ed
esprim evano questa felicità con grande vitalità. Tornare a
legarle sarebbe un crim ine”.

Credo che non ci sia bisogno di com m enti a questo dia­


logo con Antonucci. Io stessa l’anno scorso qui a Roma ho
seguito un esperim ento di un gruppo di ragazzi che hanno
"lib erato ” degli handicappati. Costoro prim a (chiusi e rim ­
pinzati di pillole) non parlavano, non m angiavano da soli, e
non potevano uscire. Dopo un anno di lavoro in com une gi­
ravano il quartiere da soli, andavano a lavorare, discuteva­
no, partecipavano, decidevano come gestire i soldi, ecc... E
non si tra tta di beneficienza m a di una m igliore convivenza
di tutti. Rinchiudere e legare chi appare diverso è come
chiudere e legare una p arte di noi, forse la migliore, certa­
mente la più carica di originalità e di sensibilità.

290
LA FESTA

È un sabato freddo. La neve spalata ai bordi della stra­


da si scioglie lentam ente colando acqua nera. A Im ola ci so­
no tre gradi sotto zero. Le gomme della m acchina scivolano
sopra imo strato di brin a ghiacciata. Chiedo dell’ospedale
della Scaletta. Mi indicano un alto m uro dietro al quale si
alzano dei blocchi gialli. Chiedo del padiglione 10. È laggiù,
mi dicono. Im bocco un vialetto corto e largo fiancheggiato
da grossi ippocastani e posteggio accanto ad un autobus ce­
leste.
Una volta ap e rta la po rta del rep arto mi trovo in una
sala lunga e s tre tta affollata di gente. In fondo sotto un af­
fresco di m ari ondosi su cui navigano barche dalle vele ros­
se, ci sono i ragazzi deH'Aquila venuti qui per suonare. Fra
l’orchestra e la p o rta tante sedie con tanti ricoverati, donne
e uomini. La festa l’hanno organizzata loro, con l’aiu to del
dottor Antonucci e degli inferm ieri.
Una donna vestita di giallo e di lilla mi abbraccia e mi
bacia sulle due guance. Un’altra donna magra, senza denti,
i capelli scarm igliati, gli occhi splendenti, un sorriso me­
sto, si siede accanto a me e mi spiega, con gesti e parole
scombinate m a piene di entusiasm o, cosa ha sognato la not­
te scorsa. La m usica di Mozart, con la sua arm onia esplosi­
va dilata gli spazi, en tra in queste facce co ntratte segnate
dalle to rtu re trasform ando la bruttezza in bellezza, si fa li­
quido delicato piacere.
I ragazzi dell’orch estra con le loro barbe, i loro blue
jeans, i loro capelli lunghi suonano, im petuosam ente b ran ­
dendo i com i, i violoncelli, gli oboi. Alcuni dei degenti si
m ettono a ballare. Altri ascoltano a bocca aperta, facendosi
cullare dalla m eraviglia di quelle note. Una donna m i invita
a ballare. È bassa, robusta, h a i capelli neri ispidi che le cir­
condemo la faccia dai tra tti m arcati. Le m ancano i denti da­
vanti, come a ta n te altre; ha gli occhi brillanti, u n ’espres­
sione di te stard a ilarità che la rendono infantile nonostante
i suoi anni.
Balliamo com e due orsi, in un abbraccio goffo e pesan­
te. Più tard i saprò che questa donna è stata legata p e r anni,
e che quando il rep arto era chiuso non riusciva a parlare, a
m angiare da sola, sputava addosso a chiunque le si avvici­
nasse, rifiutava i vestiti e le scarpe. O ra balla, parla, m an­
gia, cam m ina com e u n a persona qualsiasi.
291
N essuno aveva pensato in tan ti anni che proprio nel
suo sputare stava il segno della sua integrità: anziché di­
ventare un vegetale come volevano i medici, si accaniva a
protestare, nel solo modo che le era orm ai possibile, contro
la prigionia. Sottoposta agli elettroshock (ne h a fatti più di
50), piena di psicofarm aci, legata m ani e piedi col bavaglio
sulla bocca, era oggettivam ente una "idiota”. O ra è to rn ata
ad essere u na persona intelligente.
Passa u na inferm iera con un vassoio pieno di paste. Gli
occhi dei ricoverati si fissano avidi su quei pasticcini. Come
per tu tti i reclusi il cibo è diventato sacro: nel cibo si cerca
affetto, soddisfazione sessuale, magia. Il cibo, so p rattu tto i
dolci, ricordano al recluso che il suo corpo esiste anche per
provare dei piaceri, che la sua pancia non è solo un sacco in
cui si cacciano le m inestre e le m edicine p er m antenersi in
vita, m a è anche un posto dove lasciare scivolare qualcosa
di assolutam ente inutile, forse anche dannoso, m a quanto
capriccioso, tenero e amabile!
Un ricoverato che stava p e r uscire to m a indietro, posa
religiosam ente la giacca su u n a sedia e asp etta con pazien­
za che il vassoio arrivi da lui. Una donna si asciuga la bocca
con c u ra meticolosa, posa il bicchiere di c a rta pieno di
aranciata sotto la sedia, si sporge in avanti, p ro n ta a riceve­
re la sua parte.

Piero Colacicchi, uno degli artisti che collaborano col


dottor Antonucci, mi chiede se voglio fare u n giro p e r gli al­
tri padiglioni. Dico di sì. Usciamo nel freddo di un crepu­
scolo celeste e argento. Cam m iniam o in mezzo agli ippoca­
stani, ai tigli, alle acacie profum ate fra i fab b ricati tu tti
uguali dell’ex ospedale psichiatrico. Molte finestre sono il­
lum inate. D ietro le finestre si intravedono delle facce bian­
che, attonite.
Bussiam o a una porta. Ci viene ad ap rire u n a inferm ie­
ra con un grosso mazzo di chiavi alla vita. N ella sala ci sono
una q u aran tin a di donne chiuse d entro grem biuli grigi tu tti
uguali. Ci assale un tanfo di disinfettante, m isto a cibo ordi­
nario e sudore che dà il capogiro. Tre inferm iere robuste,
pratiche, piene di buon senso e di allegria ci m ostrano il
dorm itorio con i letti perfettam ente puliti, allineati uno ac­
canto all’altro, il refettorio con le tavole coperte da tovaglie
di plastica a quadri. Qui dorm ono, qui m angiano, qui si ri­
posano. Tre grandi sale in cui convivono quarantacinque
292
donne di tu tte le età. I gabinetti sono 4, i bagni due, i lavan­
dini 6. La p o rta di ingresso è chiusa a chiave. Le finestre so­
no sbarrate.
La differenza coi rep arti aperti si sente subito. Li i rico­
verati si sentono padroni di sé, qui sono pro p rietà di coloro
che li controllano, li puniscono. Lì sono vestiti di tu tti i co­
lori con roba che hanno scelto loro; qui portano divise che
m ortificano i loro corpi e li rendono tu tti uguali. Lì sono
ascoltati come persone che hanno avuto delle difficoltà con
l'am biente in cui vivevano m a non p er questo hanno perso
la capacità di cap ire e sentire: qui sono tra tta ti con la bono­
mia paternalistica di chi decide per loro, agisce p er loro,
pensa per loro.
Le inferm iere non possono non fare ciò che i m edici di­
cono loro di fare. La loro personalità viene fuori clandesti­
nam ente nei rap p o rti a tu per tu con le degenti, e sono rap ­
porti fatti di cru d eltà e di dolcezza come tu tti i rap p o rti
non liberi. Esse si fanno volentieri mamme, a volte teneris­
sime e cordiali, a volte violente e sadiche. Non possono,
perché non gli è perm esso e nessuno gliel’ha insegnato, ave­
re un rapporto da pari a pari.
In un altro padiglione chiuso di soli uomini noto che il
movimento avviene tu tto per linee orizzontali. M entre le
donne girano in cerchio gli uom ini vanno su e giù traccian ­
do delle parallele sul pavim ento logoro. Un ragazzo mi mo­
stra una scatola di cartone in cui tiene chiuso il suo segre­
to. Vuole che tocchi la scatola m a non devo aprirla. Ha le
orecchie come due riccioli di carne. È sordo e m uto. E g u ar­
da con due occhi dolorosi e lontani. Un altro si presenta,
compito, saluta, si ravvia i capelli, dice alcune frasi cerim o­
niose, risaluta, si allontana. Hanno qualcosa di spettrale, di
spento che, o ra capisco, è dovuto so p rattu tto agli psicofar­
maci.
Dal padiglione m aschile chiuso passiam o a quello ap er­
to. L’atm osfera è subito diversa: confusione, vocio, disordi­
ne, colori. Ci viene incontro un uomo mezzo nudo che si
muove a q u attro zampe. Il peso del corpo gravita tu tto sulle
due grosse m ani callose. Le spalle sono da lottatore; le gam ­
be, atrofizzate, molli e rattrap p ite, se ne stanno ciondoloni
senza forza. Q uest’uomo è stato chiuso e legato da quando
aveva otto anni. Oggi ne ha q u aran ta e solo da poco è libero
di m uoversi com e vuole. Si g uarda intorno torvo e risoluto;
il candore gli illum ina le guance. Nello sguardo c ’è il rico r­
do truce di chi è stato costretto a farsi scimmia p er soprav­
293
vivere.
Torniam o alla festa nel padiglione ap erto delle donne.
Ora m olti dei ricoverati chiacchierano con quelli dell’o r­
chestra facendo ressa atto rn o agli strum enti, toccandoli,
provandoli. La maggior p arte delle seggiole solo vuote. Il
pavim ento è cosparso di bicchieri di carta. C’è u n ’atm osfe­
ra di eccitazione languida di fine festa, un calore diffuso
che appanna i vetri e lu stra le guance dei ricoverati.
Prim a di andare via, orm ai è l’o ra di cena, visitiam o il
dorm itorio dove alcune donne sono rim aste a letto perché
malate. Ci accolgono con b attu te scherzose, allegram ente,
salvo una che soffre di acuti dolori alla pancia e mugola
piano rannicchiata nel suo cantuccio. Le p areti sono coper­
te di stam pe colorate, disegni, fiori, stelle. Una ragazza in
vestaglia va e viene portando dei dolci.
M entre i ragazzi del G ruppo da cam era dell’Aquila rin­
foderano i loro strum enti e i p itto ri che collaborano alle
iniziative culturali (fra cui Luca B ram anti che ha dipinto
m olti degli affreschi qui) si prep aran o a to rn are a casa, fac­
cio qualche dom anda ad Antonucci. Per prim a cosa gli chie­
do perché, visto il buon risu ltato che lui ha ottenuto, non si
fa la stessa cosa negli altri padiglioni.
"P rim a di tu tto perché è m olto faticoso - risponde An­
tonucci con la sua voce quieta, dolce - mi ci sono voluti cin­
que anni di lavoro durissim o p er rid are fiducia a queste
donne; cinque anni di conversazioni, di presenza anche not­
turna, di rapporto a tu p er tu. Però non si tra tta di una tec­
nica, ma di un diverso modo di concepire i rapporti
um ani’’.
"In che consiste questo m etodo nuovo p er quanto ri­
guarda i cosiddetti m alati psichici?”
"P er me significa che i m alati m entali non esistono e la
psichiatria va com pletam ente elim inata. I medici dovreb­
bero essere presenti solo p er cu rare le m alattie del corpo.
Storicam ente da noi la psichiatria è n ata nel m om ento in
cui la società si organizzava in modo sem pre più rigido, e
aveva bisogno di grandi spostam enti di m ano d'opera. Du­
rante queste deportazioni fatte in condizioni difficili, ostili,
molte persone rim anevano d isturbate, confuse, non produ­
cevano più bene e quindi c ’era l’esigenza di m etterle da p ar­
te. Rosa Luxem burg dice: "Con l’accum ulazione del capita­
le e lo spostam ento delle persone si allargano i ghetti del
p ro letaria to ”. Nel ’600 in F rancia quando si form a la mo­
narchia assoluta (lo Stato), i m anicom i venivano chiam ati
294
"luoghi di ospizio per persone povere che disturbano la co­
m unità". La p sichiatria è venuta dopo come cop ertu ra ideo­
logica. Nel tra tta to di psichiatria di B leuler che è l’invento­
re del term ine schizofrenia è detto che schizofrenici sono
coloro che soffrono di depressioni, che si immobilizzano o
girano intorno ossessivam ente per il cortile. Ma che altro
potevano fare così reclusi? Infine B leuler conclude, senza
volere, com icam ente: "Sono così strani che alle volte asso­
migliano a noi”.
"Insom m a tu dici che la m alattia mentale non esiste
ma esistono dei conflitti sociali di fronte a cui alcune perso­
ne più fragili o più oppresse soccombono.”
"Sono i medici spesso che fanno il malato. Ti faccio un
esempio che mi è capitato recentem ente a Firenze. Un bam ­
bino mancino viene sgridato dalla m aestra perché "diver­
so" dagli altri. Il m aestro di m usica fa notare che l'allievo
non batte bene il tempo. Il bam bino com incia a sentirsi in­
feriore agli altri, si rifiuta di andare a scuola. La m adre ne
p arla con la m aestra che le dice: “ Suo figlio è anorm ale, lo
faccia vedere da un medico" e la m anda al Centro di igiene
mentale. Lì uno psichiatra le dice che il figlio ha dei d istu r­
bi di " lateralità”, che va curato. Per caso a questo punto
vengono da me. Dico alla m adre che il bam bino è sanissim o
e ha il diritto di scrivere con la mano che vuole. Così lei va
dalla m aestra e finalm ente difende i diritti del bam bino”.
"E ra un bam bino ricco o povero?
"Il fatto è proprio questo: il bam bino era di u n a fam i­
glia che non conta e gli insegnanti avevano un atteggiam en­
to di discrim inazione sociale. Ti faccio un altro esempio:
una donna sposata con un operaio, ha due bambini, fa la ca­
salinga, non si intende bene col m arito; comincia a soffrire
di insonnia, di angosce, di paure. Sta male, dim agrisce, è
nervosa. Il medico le consiglia di andare al Centro di igiene
mentalq. Lei si rifiuta di prendere gli psicofarm aci che le
propongono; e allora la m andano all’ospedale civile dove
gli psicofarm aci è costretta a prenderli per forza. Il tra tta ­
m ento sanitario è una violenza, non serve a niente” .
"Alla S caletta si fanno ancora gli elettroshock?” .
"Non più. Da quando Cotti è entrato come d iretto re so­
no stati elim inati l’elettroshock e altre forme più vistose di
to rtu ra ”.
"E gli psicofarm aci e il letto di contenzione?”.
"Gli psicofarm aci sono ancora usati largam ente. In
quanto al letto di contenzione, se il ricoverato non d istu rb a
295
viene lasciato a se stesso, ma se disturba, lo si lega. Nei
miei rep arti (sono tre) ho abolito da tem po sia gli psicofar­
maci che la contenzione. Da me se due litigano, li si lascia
litigare. Da dieci anni che lavoro non ho mai fatto un rico­
vero obbligato, per me il ricovero obbligato è una deporta­
zione”.
"E la nuova legge in che modo ha cam biato le cose qui
dentro?”.
"Di fronte alla legge ora si verificano tre situazioni di­
verse: la prim a riguarda quelli che già sono dentro le istitu ­
zioni psichiatriche, i lungodegenti; verso costoro la legge
perm ette l’uso di vecchi m etodi repressivi (quasi ovunque
ancora si usano elettroshock, corsetti, detenzione e psico­
farmaci); la seconda riguarda le persone al centro di con­
flitti nel territorio , per le quali la legge am m ette l'uso di
psicofarm aci per renderle innocue (vedi le ragazze che ven­
gono rim pinzate di tranquillanti perché non escano la sera
o perché non si droghino, o non pratichino il sesso); la terza
riguarda le persone che non si riescono a co ntrollare con
psicofarm aci e p er cui la legge prevede che vengano m anda­
te all’ospedale civile dove saranno sottoposte al trattam en ­
to sanitario obbligatorio. In tu tti i casi la linea del metodo
psichiatrico è di tenere le persone sottom esse sotto control­
lo”.
"Qual è secondo te l’altern ativ a?”.
"L ’alternativa sta nell’identificare i d iritti individuali
delle persone nella situazione sociale e storica in cui vivono
e nell'ottenere il consenso e la partecipazione attiva della
com unità attraverso i com itati di quartiere, i consigli di
fabbrica, le scuole” .
"Insom m a sei d'accordo con Pirella quando dice che
'bisogna adottare iniziative precise per la form azione pro­
fessionale dei ricoverati, occorre garantire loro il d iritto di
avere una casa’ ” .?
"C erto sono d ’accordo. Però mi sem bra che il discorso
di Pirella non è del tu tto chiaro. Mi sem bra di capire che lui
com unque vuole m antenere un certo tipo di assistenza psi­
chiatrica. M entre io sono p er abolirla del tu tto ” .

296
Conversazione con Thomas S. Szasz sul
pensiero e la pratica di Giorgio Antonucci
A cu ra di Piero COLACICCHI*

P.C. Stam ane il d ottor Antonucci nel suo intervento ha


risposto a tre dom ande di fondo poste dagli organizzatori
del congresso.
1) Fino a che punto la psichiatria risp etta i d iritti um a­
ni? Antonucci ha risposto che i d iritti um ani com inceranno
a essere risp ettati soltanto quando la psichiatria sarà scom­
parsa, in quanto la psichiatria è esclusivam ente un'ideolo­
gia e un m etodo di persecuzione. Così come, ha aggiunto,
non si possono elim inare i cam pi di concentram ento finché
non si elim ina il razzismo. 2) Cosa è successo in Italia in
questi ultim i anni in rapporto alla psichiatria? Antonucci:
un prim o movimento, il più noto sia in Italia che all’estero,
fu iniziato a Gorizia da Basaglia, (con il quale Antonucci la­
vorò per qualche mese) - il movimento chiam ato anti-
istituzionale - e rap p resen ta il tentativo di trasform are e
aprire gli ospedali psichiatrici con lo scopo di elim inarli to ­
talm ente; un secondo movimento, chiam ato antipsichiatri­
co - in certo modo collegato con l’antipsichiatria inglese - è
un tentativo di in terp retare le concezioni psichiatriche in
una m aniera diversa; e una terza posizione, secondo me più
im portante oltre che veram ente utile, è rap p resen tata dal
pensiero non-psichiatrico, che considera la psichiatria
u n ’ideologia priva di contenuto scientifico, una non cono­
scenza, il cui scopo è di elim inare le persone invece di p ro ­
vare a capire le difficoltà della vita sia individuale che so­
ciale per poi difendere gli individui stessi, cam biare la so­
cietà e costruire una cu ltu ra veram ente nuova. Secondo

* Q u esta c o n v e rsa zio n e è s ta ta registra ta a Z u rig o il 28 g iu ­


g n o 1981 in occa sio n e d e i I C ongresso I n te m a z io n a le della L ega p e r
i D iritti d e ll'U o m o s u l te m a "P sichiatria e d ir itti d e ll’u o m o ". La tra­
d u z io n e è sta ta c o n d o tta su l testo registrato.
A pp a rsa s u "C o llettivo R ” n. 26-28 M aggio '82.

297
questo punto di vista coloro che sono vittim e della violenza
sociale, e in particolare di quella psichiatrica, devono to r­
nare ad essere persone libere di scegliersi la p ro p ria vita.
3) Qui a Zurigo Antonucci ha concluso proponendo che
la popolazione vada a visitare l’ospedale psichiatrico e così
si renda conto personalm ente del perché ci sono persone
chiuse là dentro. Poi intervenga p er cam biare la situazione
e chiudere il manicomio.
A questo punto vorrei avere un suo com m ento, Prof.
Szasz, al discorso di Antonucci, inoltre, se possibile, mi in­
teresserebbe sapere quali sarebbero state le risposte sue al­
le stesse domande, poiché credo ci sia un parallelo fra lei e
Antonucci sia per quanto rig u ard a il pensiero che la p ratica
di lavoro.

T.S. È vero.
P.C. Del resto in un articolo pubblicato recentem ente
su "Collettivo R.”, Antonucci stesso ha riconosciuto di do­
vere a lei e ai suoi libri vari aspetti del suo m odo di pensare
e di lavorare.

T.S. Sì, sono d’accordo su questo suo m odo di espri­


mersi: c ’è senz’altro im a concordanza, un accordo di fondo.
Anch’io non parlerei di differenza di opinioni, il che sareb­
be senz’altro troppo forte. P otrei dire invece che Antonucci
ed io Ci troviam o a sottolineare aspetti diversi di uno stesso
punto di vista generale. Diciamo che se stessim o descriven­
do u n a casa di sei o sette stanze, io potrei sofferm arm i
sull’im portanza di una stanza invece che di u n 'altra, m a
siam o d'accordo sulla casa nel suo insieme: in questo caso
che la casa è tu tta da dem olire.
E o ra riprendiam o il discorso punto p er punto p er fare
un lavoro sistem atico come m e lo h a proposto lei.

P.C. La prim a dom anda era: fino a che p u nto la nuova


psichiatria risp etta i d iritti um ani?

T.S. V orrei dichiararm i subito d ’accordo con quanto


ha detto Antonucci, e cioè che la nuova psichiatria, la vec­
chia psichiatria, chiam iam ola come vogliamo, è principio e
pratica di violenza: quindi, se siam o co n trari alla violenza,
la psichiatria va abolita.
298
V orrei però aggiungere una precisazione, anche se più
sem antica, e in re a ltà un po' com plessa p er una conversa­
zione così breve. Noi, parlando di p sichiatria - dico noi p er
dire io m a penso anche Antonucci - intendiam o p arla re di
ciò che è tradizionalm ente chiam ato "asylum psychiatry”,
cioè psichiatria ospedaliera, p sichiatria dei manicomi, ec­
cetera, piuttosto che psicoterapia intesa come attiv ità p ri­
vata, dato che io non considero tale p ratica come psichia­
tria, e cioè come m edicina. Non è questa la casa, p er rip ren ­
dere l’immagine di prim a, di cui stiam o parlando.

P.C. Infatti. Quello che lei dice mi fa venire in m ente


un a frase dal libro Vicolo Cannery di John Steinbeck: "il di­
ritto che ha un uom o di uccidersi è inviolabile, m a a volte
un amico può rendere non necessario questo a tto ”.

T.S. ... e se è am ico ha il dovere di aiutarlo!


P.C. Insom m a il fatto è che non si tra tta di problem i
medici, sono cose che non hanno nulla a che vedere con la
medicina.
T.S. Esattam ente, non sono problem i medici. Ma c'è di
più: bisogna che aiuto non significhi m ai coercizione né che
una coercizione venga mal giustificata come un aiuto.
Con questo penso di aver dato la m ia risposta alla p ri­
ma domanda.

P.C. La seconda dom anda era: cosa è successo in Italia


in questi ultim i anni nei rispetti della psichiatria. E la ri­
sposta di Antonucci prendeva in esam e le varie posizioni a
com inciare da quella anti-istituzionale di Basaglia...

T.S Ecco, esam iniam o queste posizioni una p er volta.


Per quanto rig u ard a quelle legate alle istituzioni, in un cer­
to senso ne abbiam o già parlato rispondendo alla prim a do­
manda. Però anche qui vorrei fare una breve precisazione,
estrem am ente concisa anche questa volta, dato che si tra tta
di argom ento che richiederebbe m olto spazio.
Brevem ente vorrei sottolineare il fatto abbastanza ov­
vio che esistono due categorie di situazioni che tradizional­
m ente hanno p o rtato la gente a finire in ospedale psichia­
trico, dove sono poi diventati ricoverati fissi. I più vi sono
stati trascinati in un modo o in un altro contro la loro vo­
299
lontà, e sono persone che, invece, la vita se la sarebbero po­
tu ta organizzare da sole.
Però esiste anche un altro gruppo di persone per le
quali ritengo sia necessario prevedere un certo spazio - e la­
sciamo stare per o ra il loro num ero, che è faccenda com­
plessa ed esula dal nostro tem a -: ci sono stati individui, nel
passato, e ci sono individui oggi, in America ma, immagino,
anche in Italia o qui in Svizzera, che, per qualche ragione —
né mi interessa in questo m om ento accusarle, queste ragio­
ni: diciam o p er questioni loro, p er problem i o incapacità lo­
ro, delle famiglie o della società, p er problem i di carattere
economico particolare o altro — sem plicem ente non ce la
fanno ad andare avanti e sono più che contenti di ritirarsi
in istituzioni che diano loro un rifugio. Un p o ’ come una
volta tanti si ritiravano nei m onasteri o nel d eserto oppure
si iscrivevano alla Legione S traniera. Ecco, io non sarei ve­
ram ente d ’accordo su ll’elim inare, attrav erso leggi, tale
possibilità di scelta. Cioè, lei capisce, questa scelta verreb­
be a m ancare al mom ento che venissero chiusi tu tti i così
detti ospedali psichiatrici, m entre a me piacerebbe lasciar­
la, purché però non sotto il controllo della medicina, non
sotto controllo psichiatrico: questo sì è proprio estrem a-
mente im portante. Bisogna te n er presente che questa è una
necessità a cui dava risposta la psichiatria e che tale funzio­
ne degli ospedali non andrebbe elim inata... altrim enti si fi­
nisce, come si dice in America, con il " b u tta r via l’acqua
con il bam bino”.
Ripeto, la psichiatria m anicom iale è al novantanove
per cento m alvagità e violenza, però fra le sue funzioni
c'era anche quella di dare un tetto e qualcosa da m angiare a
chi non ne aveva. Bene, uno spazio che provveda a queste
necessità va conservato: è questione di coscienza e di senso
comune.

P.C. A questo proposito mi farebbe piacere che lei ve­


nisse a Im ola a vedere quello che ha fatto Antonucci per
rendere possibile 1’esistenza a quei ricoverati che, dopo an­
ni di violenza psichiatrica, non hanno mezzi e prospettive
per vivere fuori.
T.S. Lo so e sono ansioso di vernici. Ma, p er to rn are a
quanto dicevamo, ho l’im pressione, da quanto ho letto e vi­
sto del lavoro di Basaglia — e non vorrei sbagliarm i, dato
che non sono poi così al co rren te con quanto è successo in
300
Italia — ho l’im pressione, dicevo, che lui fosse un po’ tro p ­
po disinvolto nel chiedere che fossero abolite le istituzioni.
Forse lasciava troppo spazio anche all’abolizione di questa
funzione che io consideravo positiva.

P.C. A parte il fatto che non è stato abolito m ica tanto!


T.S. Giusto, ottimo!
P.C. Allora passiam o al secondo movimento che è quel­
lo antipsichiatrico, quello, per intenderci, collegato con
l’antipsichiatria inglese di Laing, Cooper eccetera, che An­
tonucci definisce "un tentativo di in terp retare concetti psi­
chiatrici in m aniera diversa”.

T.S. Sono com pletam ente d ’accordo con tale definizio­


ne e penso, spero, che Antonucci sia contrario a quel movi­
mento.
P.C. N aturalm ente, è quanto ha detto tante volte.
T.S. Anch'io sono com pletam ente contrario. L’an tip si­
chiatria è in erro re esattam ente come la psichiatria tra d i­
zionale. Anche se, p er quanto ha rappresentato una critica
alla psichiatria, cioè a quella tradizionale, va anche difesa.
Su questo punto bisogna essere m olto chiari.

P.C. Infatti l ’ordine con cui Antonucci ha esposto i vari


movimenti rapp resen ta un giudizio sistem atico, un modo
di avvicinare criticam ente la situazione.

T.S. Anche in questo caso mi sem bra che Antonucci ed


io siamo quasi - direi anzi com pletam ente - d’accordo. Pen­
so che quanto afferm ano gli antipsichiatri inglesi e cioè, co­
me piace dirlo a me, che: a) la schizofrenia non esiste; b) che
loro sanno curarla, dim ostri la loro disonestà e stupidità. E
questo è proprio psichiatria... ed è un peccato.

P.C. La terza posizione, quella di Antonucci e quella


che, secondo noi è, a questo riguardo, anche la sua, è quella
rappresentata dal pensiero non-psichiatrico, che considera
la psichiatria u n ’ideologia senza contenuto scientifico...

T.S. Sono com pletam ente d ’accordo. Anzi è peggio: è


301
un contenuto pseudo-scientifico, il che è peggio che non
scientifico. Si tra tta di una scienza fasulla.

P.C. ...che ha lo scopo di elim inare le persone invece di


capirne la storia.

T.S. Giusto. Perciò il nostro com pito consiste nel torna­


re dal gergo e dal linguaggio pseudo-scientifico, d all’ideolo­
gia psichiatrica, al linguaggio di tu tti i giorni e affrontare
quei problem i di m orale, quei problem i economici, politici
e um ani che la psichiatria nasconde.

P.C. Ed è su queste basi che Antonucci è arrivato all’ul­


timo punto del suo intervento, cioè alla proposta. Proposta
legata alla sua esperienza di Reggio Emilia, quando convin­
se gruppi di persone ad entrare, in certo m odo con violen­
za, dentro il manicomio.
Antonucci aveva detto alla popolazione, e dim ostrato
con fatti, che i ricoverati si trovavano in ospedale psichia­
trico per ragioni che non avevano niente a che fare con i
problem i veri della loro vita. Ciò che li aveva condotti al
manicomio erano le idee e il potere degli p sichiatri e tali ri­
coveri erano in totale contapposizione ai loro bisogni reali.
Il risu ltato fu che più di cinquecento persone - contadini,
operai e studenti - entrarono a forza nel m anicom io di San
Lazzaro: e m olte capirono bene attraverso quell’esperienza
cosa significhi psichiatria.
Fra le varie conseguenze ci fu una dim inuizione dei ri­
coveri e il fatto che molti, anche fra quelli che lavoravano
nei "gruppi di igiene m entale” sm isero di u sare il gergo psi­
chiatrico, o meglio, ancora più im portante sm isero di pen­
sare in term ini di psichiatria. Quelle persone, en tra te a for­
za nel manicomio, videro con i loro occhi in che condizioni
erano tenuti i loro concittadini e fecero domande, dom ande
precise.
Una donna rispose "sono dentro perché non andavo
d ’accordo con mio m arito e lui, con l’aiuto di uno psichia­
tra, mi fece rinchiudere. Sono qui da vent’an n i” .
Problem i di rapporto fra m arito e moglie: perché la psi­
chiatria?

T.S. Infatti.

302
P.C. Un altro era un contadino, un partigiano, a cui i te­
deschi avevano fatto scavare la fossa p er fucilarlo e che
poi, all’ultim o m om ento,-era stato lasciato andare. Questi,
dopo una tale esperienza viveva pieno di paura, di una pau­
ra trem enda e non riusciva a dim enticare. Ora, da tr e n ta n ­
ni, era là, rinchiuso in manicomio, invece di ricevere aiuto.

T.S. Tremendo. Però non ho capito bene se nel suo di­


scorso era im plicita una domanda. Può rifarm ela?

P.C. Antonucci ha proposto alla popolazione u n ’in ter­


vento diretto nelle istituzioni non solo allo scopo di critica­
re la teoria e la p ratica psichiatriche, m a perché tu tti si ren­
dano conto dei problem i reali alla base dei ricoveri. Vedere
i problem i veri della società e degli individui significa far
crollare le fondam enta stesse della psichiatria. Lei cosa ne
pensa di questa proposta?

T.S. Non so bene cosa posso dirne in così poco tem po e


non vorrei ap p arire troppo pessim ista, m a quest’idea mi
piace, diciamo così, nel cuore ma non nella testa.
Le spiego perché: una delle ragioni per cui ci sono p ro ­
blemi di questo tipo in questo mondo — e dopo tu tto ci so­
no tanti altri problem i nel mondo oltre quelli legati alla psi­
ch iatria — è che la maggior parte delle persone, quasi sem ­
pre, non vuole sapere cosa veram ente succeda, anzi vuole
negarlo; e usa proprio la psichiatria per negarlo.
Quando lei e Antonucci sostenete che le persone devo­
no andare dentro gli ospedali psichiatrici a vedere quello
che vi succede, date per scontato che lo vogliano sapere,
m entre l’evidenza mi dim ostra il contrario: non lo vogliono
sapere affatto.
Le dirò di più, per precisare meglio il mio punto di vi­
sta: io non credo che sia necessario en trare in un m anico­
mio per sapere quanto sia terribile, così come non c’è biso­
gno di andare ad Auschwitz o in una piantagione con schia­
vi per sapere quanto siano trem ende. I manicomi orm ai so­
no stati descritti p er ogni verso da almeno cento anni, da
Cechov, da Ken Keasey nel suo libro "Qualcuno volò sul ni­
do del cuculo”, da me e da tan ti altri. Se ne può leggere in
articoli, in libri; se ne può pensare, si possono leggere testi
classici, per esem pio quelli di Shakespeare, e rendersi con­
to attraverso i loro scritti che il term ine "m alattia
m entale” non significa niente. È p er questo che mi fa più
303
im pressione l’ambivalenza della gente, della gente diciamo
così qualsiasi, di fronte a questo problem a: da u n a p arte si
sente spinta ad una certa com passione nei confronti dei co­
siddetti m alati mentali, o persone con problem i, ma, da
u n ’a ltra parte, non vuole averci niente a che fare. In un mo­
do o in un altro, con ogni sforzo, tende a cercare u n a m anie­
ra com oda per m antenere le distanze fra sé e chi sta male:
cosa che ottiene tram ite la psichiatria.
Vede, è la persona qualsiasi, secondo me, il complice,
anzi il mandante dei crim ini perp etrati dalla psichiatria:
sono l’uom o e la donna qualsiasi, l’avvocato, il poliziotto, il
legislatore, il giudice, i cospiratori, anzi, come dicevo, i
m andanti degli psichiatri. Lo psichiatra non è altro che un
servo, non fa che eseguire.
È p e r questo che io penso che il nostro com pito, ades­
so, sia più che altro quello di educatori m orali, com e coloro
che si trovarono al m om ento culm inante dell'Inquisizione o
della schiavitù, quando la m aggioranza era favorevole a
quelle istituzioni allora dom inanti. Oggi la m aggior parte
della gente - anche qui, in un paese altrim enti piacevole co­
me la Svizzera - non vuole sapere cosa succede negli ospe­
dali.
Ora stia a sentire: in questi ultim i due giorni, qui al
convegno, non si è fatto che descrivere rip etu tam en te cri­
mini della psichiatria. Bene: quando sono tornato, oggi do­
po pranzo, era ancora presto e mi sono ferm ato a chiacchie­
rare con le tre signorine che tengono il banco dei libri. Lo
sa che cosa dicevano? Abbiamo fatto un po’ am icizia e alla
fine mi hanno confessato: "Sa, abbiam o sentito tu tte queste
critiche alla psichiatria eppure non ci sem bra possibile che
sia vero” .

P.C. Lo so, lo so. Ma si tra tta anche di conform ism o.


T.S. Certo, è conformism o, è non voler sapere. Ma c ’è
un altro fattore molto, molto im portante: la professione
medica - psichiatri e dottori - ha in qualche m odo il ruolo
com binato di sacerdote e buon padre e m adre, e la gente
non vuol sapere...

P.C. E di pro tetto ri del moralismo...


T.S. Ccerto, e di p ro tetto ri del m oralism o. Nessuno sa
quanto possono essere pericolose, ad d irittu ra malvage,
304
persone con questo tipo di potere, m orale e politico. O ra io
penso che siano queste le cose che dobbiam o p o rre in di­
scussione e cercare di far arrivare alla gente, e ciò si può fa­
re sia educando che nel modo seguito da Antonucci in Ita­
lia... Secondo m e bisogna usare tu tti i sistem i possibili p er­
ché il m etodo m igliore può essere diverso da un paese
a ll’altro e secondo il tem peram ento e le tradizioni locali. Io
penso che gli italiani siano, in un certo senso, più p o rtati al­
la com prensione reciproca che non gli scandinavi, p er
esempio, o gli am ericani, e forse il vostro m etodo va meglio
in Italia che non qui in Svizzera.

P.C. La cosa im portante, in ogni modo, è criticare fino


in fondo tu tto quel che la p sichiatria rappresenta.

T.S. E poi c ’è u n ’altra cosa: si dà il caso che la n o stra


critica totale sia giusta al cento p er cento e che la psichia­
tria sia al cento p e r cento menzogne. Tocca a noi sfru ttare
questo vantaggio.

305
NOTE

1 - Richard Restak, Il cervello: (titolo originale, The Brain)


Arnoldo Mondatori Editore. I* edizione maggio 1986
2 - Manlio Cortellazzo, Paolo Zolli: Dizionario Etimologico del­
la Lingua Italiana
3 - Basti citare alcuni testi, classici del genere: C. Lombroso: Gli
anarchici; C. Lombroso: Genio e follia. Vedi anche saggio su Lom­
broso nella III parte di questo libro.
4 - Fra le tante assurdità legate a questa vicenda forse la pro­
posta di incontrarsi col "mostro” avanzata da imo psichiatra sviz­
zero attraverso i giornali, ci sembra la più tipica dell’atmosfera,
oltre che la più ridicola.
5 - Procuste, brigante della mitologia greca, costringeva i vian­
danti a distendersi su un letto e, a seconda dei casi, mutilava loro
le membra o le stirava fino a far raggiungere ai malcapitati l'esat­
ta misura del letto. Da cui il termine "letto di Procuste" per le si­
tuazioni in cui si è costretti ad osservare limiti rigidi e tirannici.
6 - J.J. Sprenger, H. Kraemer, Il martello delle streghe, 1486.
7 - Robert Mandrou, Magistrati e streghe nella Francia del Sei­
cento.
8 - Secondo lo studioso Eric Williams all’origine del commer­
cio triangolare sul quale si fondava economicamente la tratta degli
schiavi, si deve collocare la tratta dei bianchi, cioè dei contadini in­
glesi del '600 e 700 che, dopo aver lasciato le loro terre per avvici­
narsi alle metropoli industriali, si ritrovavano senza lavoro e veni­
vano deportati in massa nelle colonie americane. Fu in seguito
all’espansione di queste colonie che iniziò l'importazione forzata di
manodopera africana, prima come aggiunta poi in sostituzione ai
deportati europei. Confr Eric Williams Capitalism and Slavery
trad. ital. Capitalismo e schiavitù.
9 - Michel Focault, Historie de la folie à l’age classique trad.
ital. Storia della follia nell’età classica.
10 - William Shakespeare, Re Lear Scena III atto II.
11 -C. Lombroso, L'uomo delinquente; C. Lombroso, La donna
delinquente',
306
12 - Malcom X: T he a u to h io g ra p h y o f M a lco m X trad. ital. A u ­
tob iografia d i M a lc o m X. vedi anche G. Antonucci e P. Colacicchi
I s titu z io n i d elle classi d o m in a n ti in: Il Ponte A. XXIX n. 1 gennaio
1973.
13 - Eugen Bleuler, T ra tta to di P sich ia tria
14 - P uò essere u tile ricordare che d u e a n n i p r im a d i ste n d e re
q u e sto racco n to C hecov a veva p a ssa to circa sei m e si a visita re, a
stu d ia re l'iso la di S a c h a lin , il m a g g io r c e n tro di d e p o rta zio n e della
R u ssia za rista n ella S ib eria o rien ta le, sp in to , c o m e sc riv e v a
a ll'a m ic o S a v o rin il 9 m a rzo 1890, dalla co scien za che: "Noi n o n ci
in te re ssia m o d e ll'e siste n za di ta n te p erso n e, n o i restia m o fra q u a t­
tro m u r a a la m e n ta rc i che Dio h a creato l'u o m o in m o d o
sbagliato... Ti d irò che n o i d o b b ia m o a n d a re in lu o g h i c o m e S a c h a ­
lin e s a tta m e n te c o m e i T u rch i v a n n o alla M ecca, cioè in p e lle g ri­
naggio".
A p r o p o sito d e l R e p a rto N. 6 Checov sapeva che il racconto gli
avrebbe attirato più critiche che consensi ed espresse le sue previ­
sioni in varie lettere,con tono apparentemente leggero, ma in real­
tà, decisamente sarcastico: "Nel mio racconto ci sono filosofia e
idee liberali ma non storie d’amore”. (Lettera a Savorin, 31 marzo
1892). Vedi: Anton Checov, L'isola di S a c h a lin , a cura di G. Garrita-
no, Editori Riuniti, Roma 1985 e Antone Tehékhov, C orrespondan-
ce trad. francese dal russo di D. Roche, Librairie PÌon, Paris, 1956.

15 - W. Wundt, p sico lo g ia dei p o p o li.


16 - Vedi: P. Colacicchi, P sichiatria e p o litica : u n a n o tizia da
Im o la in II Ponte n. 11 novembre 1973

17 - A. Mitscherlich e F. Mielke (a cura di), M ed izin o h n e m en -


sc h lic h k e it. D o k u m e n te d a s N ü rn b e rg A lztep ro zesses. trad. ital.
M ed icin a d isu m a n a : d o c u m e n ti d e l "Processo dei m e d ic i" d i N o ­
rim berga.

18 - L 'e le ttro s h o c k è in v e n zio n e d i u n o stu d io so ita lia n o . N e llo


stesso te m p o in c u i si s v ilu p p a v a il m o v im e n to n a zista in G erm a ­
nia, in Italia, d a l 1932 a l 1938, C e d e tti e B in i c o n d u c e v a n o a G eno­
va e a R o m a i loro e s p e rim e n ti su cavie u m a n e scelte fra i ric o vera ti
in c lin ic h e p sic h ia tric h e . N el '38 C e d e tti espose a ll'A c c a d e m ia d i
R o m a i p r in c ip a li risu lta ti dei su o i s tu d i: d o p o avere a v u to n o tizie
ch e al m a tta to io era sta to e sp e rim e n ta to u n n u o v o siste m a e le ttric o
p e r sto rd ire i m a ia li p r im a di ucciderli, a veva p e n sa to d i u sa re lo
ste sso tr a tta m e n to ai su o i ricoverati. Cfr. E n c ic lo p e d ia M ed ica Ita ­
liana, Voi. V i l i S a n so n i, F irenze 1956 a lla voce: S h o c k te ra p ia (elet­
troshock).
19 - E. Balduzzi, Le terapie di s h o c k pag. 8

307
20 - D. Jackson The E tio lo g y o f S c h iz o p h r e n ia trad. ital: E zio ­
logia d ella sch izo fren ia .

21 - Citato in: M. H. Pappwort H u m a n g u in e a pigs... trad. ital.


Cavie U m ane, la s p e rim e n ta zio n e s u l l ’u o m o . Vedi anche: I. Illich:
L im its to m e d ic in e trad. ital. N e m e si m edica, l ’e sp ro p ria zio n e della
salute.

22 - C avie U m ane, citato.


23 - Franz Fanon, Le D a m n é de la terre, trad. ital.: I d a n n a ti
della terra.

24 - M. Tobino, Le libere d o n n e d i M agliano.


25 - Gianni Tadolini, L e tte ra a p erta a M ario T o b in o in: Il Ponte,
n. X, settembre 1978; pubblicata anche in: D o ssier Im o la e Legge
180 a cura di G. Favati, Idea Books, Milano 1979.

26 - Ordine del giorno approvato dal Consiglio di Fabbrica del­


la ''Bertolini” in: Al s’cifloun, numero unico, maggio 1971, a cura
delle sezioni P.C.I. e P.S.I.U.P. della fabbrica Bertolini. Pubblicato
anche in: Il Ponte: S a n L azzaro: d o c u m e n ti d ella re p ressio n e a cura
di P. Colacicchi e A. Rosselli, anno XXVII, n. 10 ottobre 1971.
27 - AA.VV. M ed icin a p r e v e n tiv a e sociale n e lle c ittà e n elle
c a m p a g n e v ie tn a m ite , a cura del Collettivo di Medicina dell’Uni­
versità di Verona.
28 - Vari documenti dell’epoca testimoniano l’interesse per
analisi socio politiche approfondite da parte di gruppi della Mon­
tagna Reggiana. Ricordiamo, fra gli altri, il lungo e dettagliato
"R a p p o rto s u lle c o n d izio n i so c io -eco n o m ich e e c u ltu r a li d ella zo n a
m o n ta n a n e lla p ro v in c ia d i R eg g io E m ilia ” a c u ra d e l C entro d i
Ig ien e M entale, d e ll’O tto b re 1970, co n im p o r ta n ti ricerch e s u l rap­
p o rto fra e m ig ra zio n e e ricovero p sic h ia tric o . I l ra p p o rto fin isce
co n q u e sta frase, in d ic a tiv a d e ll'im p o s ta z io n e d el C entro: " N o ip e n ­
sia m o ch e la situ a zio n e q u a le a b b ia m o cerca to d i d elin ea re, rich ie­
da da p a rte d i q u a n ti o p era n o s u lla realtà so c io -eco n o m ica d ella zo ­
na u n p ia n o d i sv ilu p p o e c o n o m ic o tale da te n e r p re s e n te i p a rtic o ­
lari p r o b le m i a m b ie n ta li e c u ltu r a li della zona".

29 - M.J. Boatman, S. A. Szurek, S tu d io c lin ic o d e lla sc h izo fre ­


n ia in fa n tile in: D. J. Jackson E zio lo g ia della sc h izo fre n ia .

30 - "N ella m a g g io r p a rte d ei p a e si in cu i è sta ta sv o lta l ’in c h ie ­


sta, la s c h izo fre n ia se m b ra p iù ch e a ltro d iffu s a fra le c la ssi povere.
N o n si sa se la m a la ttia co lp isca p a rtic o la rm e n te i p o v e ri, o p p u re se

308
i p o veri, c o lp iti da tale m a la ttia , r isu ltin o p iù fa c ilm e n te in d iv i­
d u a b ili d i q u a n to lo sia n o i n o n p o veri, ta n to p iù ch e la d ia g n o si
p sich ia trica , il p iù d e lle volte, vien e c o n sid e ra to u n m a rch io . In o l­
tre la sc h izo fre n ia sp esso d e b ilita a ta l p u n to le su e v ittim e d a ren­
d erle in capaci d i g u a d a g n a rsi da vivere". T he N e w Y o rk T im es, 16
m a rzo 1986.

31 - C itato in: V. Bukovskij e S. Gluzman, G uida P sich ia trica


p e r d issid e n ti.

32 - Bernard de Freminville, La raison d u p lu s fori, trad. ital.


La ragione d e l p iù forte.

33 - La storia dell’internamento di Carlo Sabattini cominciò


con una denuncia del Sindaco di Modena per presunto danneggia­
mento di edifici pubblici in seguito ad affissione di manifestini
che sarebbe stato difficile distaccare.
34 - "Solo ora, nel Settembre di quest’anno in seguito al risul­
tato della nuova perizia richiesta dalla Corte d’Appello di Firenze
(sezione istruttoria), Carlo Sabattini viene liberato dai giudizi
squalificanti di carattere psichiatrico e restituito alla sua integri­
tà di cittadino e di uomo politico. Infatti il Professor Giovan Batti­
sta Cassano dell’Università di Pisa, il Professor Adolfo Pazzagli
dell'Università di Firenze, e il Professor Romolo Rossi dell’Univer­
sità di Genova, dopo aver ascoltato e esaminato Carlo Sabattini in
presenza del suo perito di parte Dottor Giorgio Antonucci hanno
respinto tutte le conclusioni della perizia bolognese e hanno rico­
nosciuto al Sabattini tutte le sue capacità” (Dal comunicato Stam­
pa dei "Verdi” al Palazzo Vecchio, Firenze 17.XI. ’86).
35 - Vedi anche Jan A. Bòtìk: A sp e tti g e n e tic i d elle p sic o si sc h i­
zo fre n ic h e e D. D. Jackson: E sa m e c ritic o d ella le tte ra tu ra s u lla ge­
n e tic a della sc h izo fre n ia in D. D. Jackson, E zio lo g ia della s c h izo fre ­
nia, citato.

36 - Vedi anche L. Poliakov, H isto rie de V a n tisé m itism e , trad.


L. Poliakov, Le M yth e a ryen, trad.
ital. S to ria d e ll’A n tis e m itis m o ,
ital. I l m ito ariano.
38 - Vincent Van Gogh L ettere a Theo.
39 - M. Cortellazzo, P. Zolli, D izio n a rio E tim o lo g ic o d e lla lin ­
citato.
gua Ita lia n a ,

40 - S. Freud, Tre saggi su lla teoria della sessu a lità , p a ssim .


41 - W. Reich, T he se x u a l re v o lu tio n trad. ital. L a riv o lu zio n e
sessuale.

309
42 - T. S. Szasz, The m y th o f p sic o th e ra p y , trad. ital. I l m ito
della p sic o te r a p ia ; T. S. Szasz, S e x b y p re sc rip tio n , trad. ital. S esso
a tu tti i costi.

43 - Max Brod: F ranz K a fk a .


44 - P sicoterapia S c ie n ze U m ane, Aprile-giugno 1974, "Sono
nata sotto un sole nero (Giulia)”. Altre poesie vengono ripubblicate
nella seconda parte di questo libro.
45 - B. Ehrenreich e D. English, W itc h e s M id w ife s a n d N urses,
trad. ital. L e stre g h e sia m o noi.
46 - P u b b lica ta in: O m b re R osse, 18-19, G enn a io 1977.
47 - P u b b lic a to in: Il P onte n. 12 D icem b re 1970
48 - Stupisce pertanto lo stupore di Asor Rosa che parla a pro­
posito della lotta di Lombroso contro l’educazione classica di un
"accenno del tutto irriflesso e immotivato e così esposto persino
bizzarro”. (La cu ltu ra , D a ll’u n ità a oggi, Storia d’Italia Einaudi,
voi. IV, 2, Torino 1975 p. 899). Non è la sola cosa che stupisce, del
resto, nell’intero discorso di recupero al riformismo della figura
di Lombroso. Quello che manca e non solo per Lombroso ma per
l’intero quadro che Asor Rosa ci dà della cultura italiana post 70 è
la prospettiva internazionale ed in particolare i riflessi della rea­
zione della borghesia alla Comune di Parigi. Ma confronta anche
come Ferrarotti, sempre a proposito della polemica anticlassici­
stica, non veda affatto il riferimento pur chiaro al contesto cultu­
rale europeo che comporta la torsione della tematica in senso net­
tamente conservatore. "... Lombroso passa a lunghe tirate contro
l’educazione classica, in sé anche accettabili, ma troppo improvvi­
se e intermittenti per non far sorgere il sospetto che si tratti di una
specie di tic nervoso intellettuale” (P refazione a G li a n a rc h ic i, cit.,
p. 27). Dopo aver trovato strano tale atteggiamento culturale che
non vede l’aspetto conservatore o addirittura reazionario della
cultura classica "in grazia del suo ideale di olimpica serenità”,
Ferrarotti se la prende con la "scorta di malamente assortite cita­
zioni di Guglielmo Ferrerò” (p. 28) come se fosse veramente Ferre­
rò, e non Taine il gigante amico.

49 - C. Berneri, In te rp re ta zio n e d i c o n te m p o ra n e i, Ed. R. L., Pi­


stoia 1972, pp. 107-117. Del resto, "La fonte non sospetta” (Giaca-
nelli, cit. p. 32) di questo quadro esaltante di "Eroe alla Ibsen”, che
Berneri ci offre al termine di un giudizio estremamente critico e
liquidatorio della "scienza” lombrosiana, è senza dubbio alcuno:
Paola e Gina Lombroso, Cesare L o m b ro so . A p p u n ti su lla vita. Le
opere. T o rin o 1926, p p 79-81.

310
51 ■Alla fine della relazione, Rosenham è sconcertato: "È evi­
dente che non siamo in grado di distinguere i sani dai malati di
mente negli ospedali psichiatrici”. Ma se Rosenham fosse un po’
più distaccato dalla sua stessa professione, concluderebbe con noi
che questa distinzione è del tutto soggettiva anche fuori degli
ospedali psichiatrici. Non si tratta di aspettare metodi più infalli­
bili. Rosenham parte dal presupposto che accanto ai malati clan­
destini da lui introdotti (pseudopazienti) ci siano i "veri” pazienti.
Se la sorte dei falsi pazienti fosse stata lasciata al giudizio degli
psichiatri curanti e non a quello di legali, notai e sperimentatore,
essi sarebbero risultati "veri” pazienti agli occhi della società né
più né meno come gli altri!
Rosenham aggiunge in conclusione: "Anche ora, non riesco a
capire sufficientemente bene questo problema da immaginarne
una soluzione”. La difficoltà di Roshenam ci sarà fino a quando si
crederà che esiste urna malattia mentale a n c h e se la s u a d ia g n o si è
d e l tu tto o p in a b ile!
(Gli ampi stralci della relazione di Rosenham sono stati ripre­
si dal testo tradotto e pubblicato nella raccolta antologica a cura
di Laura Forti, L ’a ltra Pazzia, F eltrinelli, M ila n o 1979).

52 - "I fa tti a c u i ci si riferisce so n o a v v e n u ti a R eg g io E m ilia


d al 1970 al 1972 e rig u a rd a n o d ir e tta m e n te q u ella p a rte d e ll’a ttiv ità
d el C.l.M. in lo tta c o n tro l ’is titu z io n e m a n ic o m ia le e c o n tro o g n i
p ra tica p sic h ia tric a co n la p a rte c ip a zio n e a ttiv ia della p o p o la zio n e.
Q uesta linea ebbe il su o m o m e n to c u lm in a n te nelle "ca la te ’’ d a lla
m o n ta g n a , cioè n elle v isite p o p o la ri al S. L azzaro , Manicomio Pro­
vinciale di Reggio e di Modena, fra il novembre del 1970 e il marzo
del 1971.

311
Bibliografia
AA.VV. M ed icin a p r e v e n tiv a e sociale n elle c ittà e n elle c a m p a g n e
v ie tn a m ite . A cura del Collettivo di Medicina dell’Università di Ve­
rona. Bertani, 1974.
BALDUZZI, Edoardo L e terapie d i sh o c k Feltrinelli, Milano 1962
BOATMAN, Meleta J, Szurek S.A. S tu d io c lin ic o della s c h izo fre n ia
in fa n tile in: Jackson, Don D. E zio lo g ia della sc h izo fre n ia Feltrinel­
li, Milano 1964
BOOK, Jan A. A s p e tti g en etici delle p sic o si sc h izo fre n ic h e in: Jack­
son, Don D. E zio lo g ia della sc h izo fre n ia Feltrinelli, Milano 1964
BROD, Max, F ranz K a fk a , trad. ital. Franz Kafka trad. di E. Pocar,
Mondadori, Milano 1956
BUKOVSKIJ, V., Gluzman S. G uida p sic h ia tric a p e r d is s id e n ti
l’Erba voglio, Milano 1979
CECHOV, Anton, I ca p o la vo ri Mursia 1966
CECHOV, Anton, o str o v S a ch a lin , 1890 trad. ital. L ’Iso la d i Sacha-
Un a cura di G. Garritano. Editori Riuniti, Roma 1985.
CORTELLAZZO, Manlio, Zolli, Paolo Dizionario Etimologico della
Lingua Italiana. Zanichelli, Bologna 1983.
EHRENREICH, Barbara, English, Deindre W itch es M id w ife s a n d
N urses, c o m p la in ts a n d d iso rd ers Feminist Press, N. Y., 1973 trad.
ital. L e streg h e s ia m o noi: il ruolo d ella m e d ic in a nella rep ressio n e
d ella d onna, La Salamandra, Milano 1977.
DE FREMINVILLE, B e rn a rd La raison d u p lu s fo rt Edition du Se-
nil, 1977 trad. ital. La ragione d e l p iù fo rte Feltrinelli, Milano 1979.
ILLICH, Ivan, L im its to M edicine Penguin Books, London 1977
trad. ital. N e m e si M edica: L 'esp ro p ia zio n e della sa lu te Mondatori,
Milano 1977.
FANON, Franz, Le d a m n é d e la terre Maspero, Paris 1961 trad. ital.
I d a n n a ti d ella terra Einaudi, Torino 1962
FAVATI, Giuseppe, (a cura di) D o ssier Im o la e legge 180, Idea
Books, Milano 1979
FOUCAULT, Michel, H isto rié de la fo lie à l ’âge cla ssiq u e. Galli­
mard, Paris 1972 trad. ital. S to ria della fo llia n e ll’e tà classica, trad.
di F. Ferrucci Rizzoli, Milano 1963.
FREUD, Sigmund, Tre saggi su lla teoria d ella se ssu a lità Dall’Oglio,
Milano 1949.
JACKSON, Don D., E sa m e critico d e lla le tte ra tu ra su lla g en etica
d ella sc h izo fre n ia . In: Ja ckso n D. D. E zio lo g ia della sc h izo fre n ia
Feltrinelli, Milano 1964.

313
JACKSON, Don D., The etiology of schizophrenia Basic Books,
N.Y. 1970 trad. ital. Eziologia della schizofrenia. Feltrinelli, Mila­
no 1964.
MALCOLM, X, The autobiography of Malcolm X-Grove Press, N.Y.
l954trad. ital. Autobiografia Einaudi, Torino 1967.
MAUDRON, Robert, Magistrati e streghe nella Francia del Seicen­
to. Laterza, Bari 1973.
MEHRING, Franz, Geschichte der deutchen Sozialdemokratie,
trad. ital. Storia della Socialdemocrazia tedesca, trad, di Mazzino
Montinari, Editori Riuniti, Roma 1961.
MITSCHERLICH, Alexander, Mielke, Fred, (a cura di) Medizin oh­
ne mensclichkeit dokumente des Nürnberg arzteprozesess Frank­
furt 1949 trad. ital. Medicina disumana. Documenti del "Processo
dei medici” di Norimberga. Feltrinelli, Milano 1967.
PAPPWORTH, M.H., Human guinea pigs, here and Now. Experi­
mentation on man. London 1967 trad. ital. Cavie umane. La speri­
mentazione sull'uomo. Feltrinelli, Milano 1971. A cura delle sezio­
ni del P.C.I. e P.S.I.U.P. della Fabbrica Bertolini. Ordine del giorno
approvato dal Consiglio approvato dal Consiglio di Fabbrica della
Bertolini in: Al s’cifloun, numero unico, maggio 1971. Anche in: Il
Ponte n. 10 Ottobre 1971 col titolo: San Lazzaro: Documenti della
repressione a cura di P. Colacicchi e A. Rosselli.
POLIAKOV, Leon, Historie de l'antisemitismo Paris, 1968 trad,
ital. Storia dell’antisemitismo di R. Salvadori, La Nuova Italia, Fi­
renze 1975.
POLIAKOV, Leon, Le mythe arien Parigi 1973 trad. ital. Il mito
ariano: Storia di un'antropologia negativa Rizzoli, Milano 1976.
REICH, Wilhelm, The sexual revolution trad. ital. La rivoluzione
sessuale. Feltrinelli, Milano 1963.
SZASZ, Thomas S., Sex by prescription the startling truth about to­
day's sex therapy, Doubleday N.Y., 1980 trad. ital. Sesso a tutti i co­
sti, Feltrinelli, Milano 1982.
SZASZ, Thomas S., The myth of psicotherapy: mental healing as re­
ligion, rethoric and repression. Doubleday N.Y. 1978. trad. ital. II
mito della psicoterapia. La cura della mente come religione, retori­
ca e repressione, Feltrinelli, Milano 1981.
SZASZ, Thomas S., The Mith of Mental Illness: Fondations of a
Theory of Personal Conduct, Hoeber-Harper N.Y. 1961 trad. ital. II
mito della malattia mentale. Fondamenti per una teoria del com­
portamento individuale. Il Saggiatore, Milano 1966.
TADOLINI, Gianni, Lettera aperta a Mario Tobino. In: Il Ponte, n.
10 Settembre 1978; anche in Dossier Imola e legge 180 a cura di G.
Favati. Idea Books, Milano 1979.

314
TOBINO, Mario, L e libere d o n n e di M agliano. Vallecchi, Firenze
1953.
TOLLER, Ernst, T eatro, A cura di E. Castellani. Einaudi, Torino
1971.
VAN GOGH, Vincent, L ettere a Theo, a cura di: M. Cescon. Con un
saggio introduttivo di K. Jasper. Guanda, Milano 1954.

315
INDICE

Prefazione
di Thomas S. Sza sz........................................................... 11
Introduzione
di Giorgio Antonucci ........................................................... 15

I PREGIUDIZI E LA CONOSCENZA
CRITICA ALLA PSICHIATRIA

Giudizio psichiatrico come segregazione................... 21


L’A n tic risto .......................................................................... 25
Streghe ieri e streghe o g g i..................... 29
L’origine dei m an ico m i...................................................... 33
Razzismo e p s ic h ia tria ....................................................... 37
Dal reparto n. 6 di A. Cechov ai rep arti di Im o la............ 41
P sichiatria "ro m an tica’’ e storie v e re ............................. 49
Le calate, visite popolari al manicom io
di S. L azzaro......................................................................... 53
Jervis e il PCI co n tro le c a la te ........................................... 61
L’uso della p sich iatria p er le p ersecuzioni.................... 71
La castrazione com e te ra p ia ......................................... 83
II caso S a b a ttin i................................................................... 87
"Il sonno della ragione genera m o s tri" .......................... 93
317
"In fondo, la scienza..” (fram m ento di N ietzsche)........ 99
D conform ism o e la d iv e rsità ..................,......................... 101
Polizia e carabinieri all'assalto dell’ospedale
di C ividale................................................................. 115
Significato dell’esperienza di C ividale............................ 121
La scienza del "m al di m ad re” ........................................... 125
I miei capelli a rru ffa ti........................................................ 129
Lettera da un istitu to p sic h ia tric o ................................... 131
CARTELLE CLINICHE / POESIE
Poesia...................................................................................... 138
Italo R...................................................................................... 139
Poesie....................................................................................... 146
Luciano C..................................... ........................................... 151
Poesie.................. .........:.......................................................... 156
V ittoria M.............................................................................. 161
Poesie....................................................................................... 166
Bianca B ................... 171
Poesie..................... 191
Teresa B .................................................................................. 197
Poesie........................ 202
Intervista sulla storia di Teresa B .................................... 207
SAGGI TESTIMONIANZE INTERVISTE
G. Antonucci - A. Coppola
Ricostruzione critica dell’intervento psichiatrico......... 215
I. Ciani - G. Campioni
La scienza infelice di Cesare Lom broso.......................... 227
L’esperim ento di Rosenham ........................ 251
I testim oni delle c a la te .......................... 259
Ilaria Ciuti: polemiche e p ro c e ssi..................................... 277
Dacia Marami 259
Thomas S. Szasz sul pensiero
e la p ratica di G. Antonucci ................................................ 297

NOTE E BIBLIOGRAFIA ..................................................... 306

318
finito di stampare
nel m ese di dicembre 1986
OTR - Via G.B. Pirelli 16
ROMA

Potrebbero piacerti anche