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La grafia di Mathias Schepp e la relazione logica consequenziale

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VERSO LA DISCIPLINA GRAFOLOGICA


E LA GRAFOLOGIA SPECIALISTICA .
DALL’ANALISI ALLA DIAGNOSI GRAFOLOGICA.

LA RELAZIONE LOGICA
CONSEQUENZIALE
NELLA GRAFIA DI
MATTHIAS SCHEPP
Guido Angeloni

1 Consulente grafologo - Prof. Guido Angeloni


- La grafia di Mathias Schepp e la relazione logica consequenziale

Sommario
La relazione logica consequenziale nella grafia di Matthias Schepp ...1
I punti salienti del presente lavoro ...................................................................................... 3
Lo scopo del presente contributo ........................................................................................ 4
Brevi note introduttive .......................................................................................................... 5
La relazione logica consequenziale .............................................................................................................. 5
Prospettive ................................................................................................................................................... 6
Analisi grafologica (metodo morettiano) ............................................................................ 7
Breve analisi di personalità ......................................................................................................................... 11
Analisi secondo la relazione logica consequenziale .......................................................... 18
Breve precisazione sui gesti intimi .............................................................................................................. 18
Altri criteri utili ai fini della comprensione degli esempi dimostrativi che seguiranno .............................. 21
Descrizione oggettiva e soggettiva della grafia ........................................................................................... 23
Prime conclusioni ....................................................................................................................................... 31
La grafia di Schepp e il pensiero suicidario, definito in coerenza con il segno S1 ....................................... 32
Diagnosi grafologica ................................................................................................................................... 39
Commiato ........................................................................................................................... 44
Appendice .......................................................................................................................... 45
Principi di riferimento della “nuova grafologia” ........................................................................................ 45

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La grafia di Mathias Schepp e la relazione logica consequenziale

I punti salienti del presente lavoro

Il lavoro è stato concepito perseguendo principalmente uno scopo scientifico, ma con l’augurio che possa essere di
aiuto.
Sul piano scientifico, si propone all’attenzione dello studioso della grafologia, della psicologia, della psichiatria e
della criminologia, una nuova procedura grafologica (la relazione logica consequenziale) che ha già consentito di
effettuare moltissime scoperte, tanto è vero che si ritiene che sia possibile scoprire i segni grafologici che
indicano la tendenza ai comportamenti di interesse psico-sociale (tanto è vero che perseguire questo obiet-
tivo, con il collega Angelo Vigliotti abbiamo costituito l’Istituto di grafologia superiore e specialistica ).

Sul piano che interessa il presente caso, invece, il lavoro evidenzia che Schepp aveva un’organizzazione della
personalità che occultava la sua vera natura e le sue vere angosce. In questo ambito, peraltro, a seconda delle
circostanze, poteva esternare una ragionevolezza che non gli apparteneva affatto (era duro ed intransigente, infatti).
Ciò implica che non era assolutamente possibile intuire i suoi reali propositi.
Schepp lottava contro la sensazione della fine imminente, che affondava le sue radici in epoca giovanile. Per
reagire alla paura del futuro prossimo (propria di chi teme essere destinato a darsi la fine), aveva un esagerato
bisogno di tenere sotto osservazione il proprio presente. Di conseguenza, esigeva che il suo ambiente intimo
operasse un costante riferimento a lui, cosicché era soffocante e si è sabotato il rapporto coniugale, che era destinato
necessariamente a fallire.
Aveva delle caratteristiche di personalità (di tipo femmineo) che potevano indurlo alla commozione, ma era in grado
di soffocare le proprie emozioni con atti di auto ed etero imperio. All’occorrenza, sapeva simulare affettuosità e
premura, ai fini del raggiungimento dei propri scopi. Di fatto, però, non era possibile intuire in alcun modo il suo
folle progetto.
Non era in grado di improvvisare un piano in poco tempo, di conseguenza aveva concepito il suo progetto
parecchi mesi prima, per attuarlo nel caso in cui non fosse riuscito nell’intento di ricostruire il suo rapporto coniugale,
che sperava di ricostruire strumentalizzando le bambine ed il logico desiderio della madre delle stesse di tutelarle dal
trauma della separazione.
Si vietava le improvvisazioni e la valorizzazione della creatività, ragione per cui si ipotizza che possa essersi ispirato alla
trama di un film o di un racconto. Di fatto, tutta la vicenda degli ultimi giorni di Schepp sembra la trama di un racconto.

La vera essenza del folle comportamento di Schepp non era la soppressione delle bambine, perchè è costituita
dal fatto che, nel mentre produce più vuoti (la scomparsa delle figlie e la propria morte), vorrebbe costringere la propria
partner a riempirli in eterno, obbligandola ad operare, con il pensiero e con le emozioni, costante riferimento a lui. C’è
da augurarsi, dunque, che egli abbia escogitato (o letto) un modo per riuscire nel suo vero intento e, di certo,
ovviamente bisognerà credere che ci sia riuscito, anche in considerazione del fatto che egli aveva la tendenza a commuo-
versi veramente.
Dunque, Schepp voleva punire la moglie, per restare perennemente nella memoria e nelle emozioni di lei,
come a dire che temeva di essere condannato a scivolare nell’oblio, mentre, nel contempo, si avvertiva obbligato a
cedere alla sensazione della fine, contro la quale aveva strenuamente lottato: l’elemento che ha scatenato il tutto non
può essere stata la decisione della signora Irina di divorziare. Deve essere stato qualche cosa di più arcaico,
ovviamente. A questo punto, però, occorre chiedersi il motivo per cui Schepp volesse punire una figura femminile,
obbligandola nel contempo a pensare in eterno a lui. Nel merito, la risposta sembra obbligata.
L’azione di Schepp era iniziata con l’unico intento di punire una figura materna, che nella fattispecie era anche
la moglie, creando nel contempo mistero, rappresentandosi il tutto come se lo stesso fosse un romanzo, ma nel
corso dell’azione è stato sicuramente preso dai complessi di colpa (così come la fig. 2 del presente lavoro
dimostra), e si è logicamente conclusa con l’autopunizione. Si suggerisce l’ipotesi che la scelta del luogo del
suicidio sia stata dettata unicamente dal fatto che in quel luogo Schepp fosse stato travolto dal sentimento di colpa (ma
ciò non implica necessariamente che abbia ucciso le bimbe), anche se, sulle prime, ciò potrebbe risultare non verosimi-
le.

In ultimo, il lavoro esprime l’auspicio che molti vogliano dibattere il fulcro della questione sollevata: si necessita di
verificare sino in fondo e con il contributo di tutti, se sia possibile o meno prevenire i fenomeni di interesse
psico -sociale, avvalendosi della scrittura. Io lo credo assolutamente possibile.
E’ indispensabile, dunque, che ci sia data la possibilità di studiare le grafie delle persone coinvolte in gesti
folli e/o criminosi.

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Lo scopo del presente contributo


Insieme al collega Angelo Vigliotti (medico pediatra, psicoterapeuta e grafologo) ho recen-
temente costituito l’Istituto di grafologia superiore e specialistica, con il preciso intento di
ampliare il campo della grafologia. Vogliamo indagare i fenomeni di interesse psico-socia-
le, ai fini di prevenirli, il che obbliga a definire una nuova grafologia, autonoma dai metodi
tradizionali della stessa (che restano integri nel loro valore, ovviamente).
Una grafologia di questo tipo deve necessariamente proporsi di individuare gli indici
grafici-grafologici che possono indicare la tendenza ai fenomeni che si intendono pre-
venire. Ciò implica che si deve necessariamente perseguire la strada della ricerca, avvalendosi
di metodi di osservazione del prodotto grafico del tutto inediti, nonché di un linguaggio e di
procedure concettuali ed operative autonome, ossia elaborati in assoluta coerenza con
l’oggetto indagato (che non è l’uomo e/o la sua psiche, ma è la scrittura).
Per mio conto, ho elaborato una concezione della grafologia molto complessa ed innovativa,
che in seguito mi ha consentito di scoprire moltissimo ed in pochissimo tempo, tanto è
vero che appena vidi la grafia di Schepp dissi immediatamente: era un uomo che lottava
contro la sensazione della fine imminente. Ne ho parlato, dapprima, con un collega molto
prestigioso, poi con altri colleghi altrettanto validi ed infine ne ho discusso in un paio di
conferenze: nel merito, posso tranquillamente asserire che ho suscitato meraviglia in tutti e
che nessuno ha trovato nulla da eccepire in quanto ho sostenuto. La meraviglia deriva dal
fatto che il procedimento dimostrativo che ho proposto alla loro verifica critica (la rela-
zione logica consequenziale), e che esporrò in questo lavoro, è molto semplice ed è
indiscutibile, beninteso ferma la validità della grafologia: sono il primo, infatti, a stupirmi
del fatto che nessuno ci abbia pensato prima.
Dunque, le ragioni di questo lavoro sono prettamente scientifiche: intendo sottoporre
all’attenzione dello studioso della grafologia e di chi ha titolo nel campo che si intende inda-
gare (i fenomeni di interesse psico-sociale) una procedura dimostrativa che, stando alle nu-
merose verifiche che ho potuto effettuare, sembra promettere che la “nuova grafologia” è
veramente ad un passo dalla scoperta degli indici grafologici che possono essere di aiuto in
psichiatria, in psicologia, in medicina, in criminologia e, probabilmente, anche nelle indagini
di polizia, con enorme giovamento sul piano della prevenzione.
L’augurio è che ne scaturisca un dibattito critico e che molti (grafologi e non) voglia-
no aderire all’Istituto di grafologia superiore (nel merito, cfr. anche la lettera del presiden-
te dello stesso, Angelo Vigliotti, in www.filografia.it, sezione forum), per offrire il loro con-
tributo. Io e il collega Vigliotti, nell’interesse della grafologia, della scienza e della prevenzio-
ne, ci auguriamo che ci sia consentito di studiare le grafie delle persone che hanno dei
comportamenti fortemente disadattati. Al proposito, sarebbe anche veramente interes-
sante avere la conferma o meno delle ipotesi che espongo nel presente lavoro: se avessi
ragione, se ne avrebbe un progresso enorme.
E’ del tutto ovvio, infine, che personalmente mi auguro anche che questo lavoro
possa essere di aiuto alle indagini e alle persone coinvolte (in particolare, come tutti, penso
alle due gemelline e alla madre delle stesse, rispetto alla quale spero che le pagine che segui-
ranno non la turbino in alcun modo).

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Brevi note introduttive


Le premesse di questo articolo sono ampiamente discusse in Dalla genesi di un segno ad una “nuova grafologia”, secondo il simbolo
della vita (G. Angeloni, www.nuovagrafologia.it, sezione forum, in approfondimenti): alcune delle quali saranno rammentate
in Appendice, dopo l’analisi grafologica di Schepp.

Per non appesantire la trattazione, talora mi riferirò all’opera di cui sopra con la dicitura GdS, seguito dal numero della
pagina interessata.

La relazione logica consequenziale

Per suo conto, la relazione logica consequenziale, introdotta ad iniziare da pag. 28 nel lavoro di cui
sopra, consente di attribuire senso grafologico ad ogni millimetro della scrittura in osservazione (i
gesti intimi). Si basa sulla scoperta dei costitutivi universali dei segni (cfr. in Appendice) e sul fatto
che è stato possibile attribuire un senso grafologico all’elemento minino della grafia (il tratto primo-
genito – cfr. in Appendice) e alle sue prime trasformazioni (i gesti concavo, convesso e diagonale).
Una tale relazione considera fondamentale la lettera. Ogni lettera appresa sui banchi di scuo-
la, infatti, è valutata come un modello in sé e per sé (nel modo in cui sarà esplicitato anche
nell’analisi che seguirà).
Nella relazione logica consequenziale, l’osservazione grafologica opera un confronto tra la lettera
del modello e la lettera dello stesso tipo presente nella grafia in osservazione. Interessano anche le
traiettorie in entrata ed in uscita che si dipartono da ogni singola lettera e le relazioni causali che si
instaurano tra i singoli modelli (ovvero tra le lettere di una parola).
Un simile modo di procedere è oggettivo (ossia è coerente con la natura dell’oggetto osserva-
to, che è costituito dalla scrittura – cfr. in Appendice) ed è coerente con il punto di vista soggettivo
(l’osservazione grafologica – cfr. in Appendice) in quanto:
1) Ogni scrivente ha dovuto inglobare il modello calligrafico, prima, ed elaborare lo stesso,
poi;
2) Un tale modello si fonda sulla lettera;
3) Ogni lettera deve avere necessariamente un significato grafologico, in quanto rappresen-
ta una porzione della grafia. In altre parole, se la lettera non avesse un significato in sé,
ne discenderebbe che il punto di vista soggettivo (ossia la grafologia) non avrebbe
senso;
4) E’ indubbio che ogni singola porzione della grafia deve adattarsi alle altre che le sono
contigue. All’inverso, se ciò non rispondesse al vero, verrebbe meno anche la legittimità del
punto di vista soggettivo, il quale considera le relazioni tra le lettere come elementi costitutivi
fondamentali delle varie semeiotiche.

In ultimo resta da dire che la relazione logica consequenziale non sostituisce, ma al più integra, la
tecnica delle combinazioni, contemplata nella metodologia morettiana, né le altre metodologie
grafologiche.

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Prospettive

Si può osservare, dunque, che una tale relazione costituisce un progresso dell’esistente (ov-
vero si fonda sullo stesso). All’inverso, la relazione logica consequenziale non soppianta in alcun
modo i singoli metodi della grafologia tradizionali, ma li completa. E’ indubbio però che questa
relazione ha una propria autonomia, in quanto potrebbe essere parzialmente utilizzata nell’ambito di
discipline non grafologiche (psicologia, psichiatria, criminologia, pedagogia e medicina). Ciò si deve
al fatto che si dimostra che questa relazione consente di individuare punti assai fragili della persona-
lità, frutto di traumi.
Per altro verso, si impone da sé che la relazione logica consequenziale (e quasi tutta l’elaborazione
contenuta in Dalla genesi di un segno, secondo il simbolo della vita) non appartiene ad un metodo (sebbene
sia stata concepita in coerenza con il metodo morettiano), ma a qualche cosa che ancora non esiste:
la disciplina della grafologia.
Non è un caso, infatti, che è sorto l’Istituto di grafologia superiore e specialistica: si persegue
la costituzione della disciplina e la ripresa degli studi sulla scrittura. Da quest’ultimo punto di vista,
ad esempio, si vogliono scoprire i segni grafologici (o le manifestazioni grafiche) della tendenza (per
la definizione della tendenza, vedi in Appendice) alle patologie di interesse psico-sociale.
Nel merito posso sostenere che la relazione logica consequenziale si propone come una
scoperta grafologica di eccezionale valore. Basti dire che in numerosissimi casi mi è stato possi-
bile individuare nelle grafie in osservazione traumi molto specifici e risalenti all’età fanciullesca,
oppure fenomeni veramente inusuali e sorprendenti (a titolo di esempio, osserva le figg. 178, 179 e
180 del libro già citato, a partire da pag. 371).
In altre parole, con la relazione logica consequenziale ed utilizzando i criteri che espongo
dettagliatamente nell’opera sopra citata, sembra possibile dilatare in maniera veramente sor-
prendente le possibilità di indagine dell’osservazione grafologica, sino al punto che già attual-
mente si individuano aspetti che, in precedenza, si riteneva impossibile individuare, se non ricorren-
do a facoltà di tipo sensitivo (beninteso, posto che esistano).
Ovviamente, moltissimi, tra colleghi, allievi ed utenti del colloquio grafologico, potrebbero testi-
moniare la veridicità di quanto sopra.

In conclusione, dunque, con questa relazione potremmo essere giunti veramente ad un


passo da scoperte di valore eccezionale sul piano preventivo (al proposito, vedi anche gli indici
della tendenza al pensiero suicidario acuto, illustrati in Dalla genesi di un segno, a partire da pag. 429):
colgo l’occasione per sollecitare l’interesse attivo di tutti i colleghi (chiunque fosse interessato può
scrivere a igs.museodellagrafologia@libero.it) e di tutti coloro che sono interessati alla prevenzio-
ne.
Lo strumento grafologico, infatti, dovrebbe senza dubbio consentire di scoprire le tendenze ai
comportamenti disorganizzati: del resto conviene certamente crederlo.
Fermo il concetto di tendenza, infatti, già da ora è possibile immaginare che la grafologia possa
stare alla psichiatria come la biologia sta alla medicina: i prossimi dieci anni ci diranno se ho ragione
o meno.

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Analisi grafologica (metodo morettiano)


Si dispone di due grafie (figg. 1 e 2), molto diverse tra loro, in quanto la seconda risente di una
fortissima disorganizzazione, peraltro assai logica considerando la prima scrittura e lo stato emotivo
che la persona interessata stava provando mentre scriveva (da lì a poco si sarebbe tolta la vita).
Anche il biglietto di cui a fig. 1, però, è stato scritto in un contesto particolare: Schepp stava attuando
il suo folle gesto. La presente analisi grafologica mette a fuoco (soprattutto, ma non esclusivamente)
l’organizzazione della personalità che tale signore aveva mentre attuava le fasi iniziali del suo proget-
to: sarebbe utile esaminare scritti redatti in epoca precedente, anche perché c’è da dire che la
personalità di Schepp era instabile.

Mi avvarrò, inoltre, di concetti desunti dalla nuova grafologia, coniugati secondo il metodo
morettiano. Sul piano della grafologia tradizionale, applicando il metodo di Moretti (aggiornato,
secondo la metodica che da anni è in uso nella Consulenza matrimoniale e familiare), spicca il se-
guente contesto grafico:
- Grafia molto rallentata, per esigenza di accuratezza, numerosi distacchi, momenti di
forte sostenutezza. I ricci sono molto sobri e quelli finali sono orientati a sinistra. Prevale la

Fig. 1

La grafia di Matthias Shepp che è presa a base per il breve profilo di personalità. Si può notare come la fisionomia sia femminea,
benché ci sia anche da aggiungere che secondo la semiotica morettiana si imponga Angolosa e non Curva, come invece potrebbe
apparire all’occhio inesperto. Il che indica che nella scrittura prevalgono nettamente le spinte egocentriche ed introverse.

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Fig. 2

La seconda scrittura di Matthias Shepp considerata. Il confronto tra questa grafia e la precedente evidenzi a una forte
disorganizzazione, del resto ben comprensibile: da lì a poco, lo scrivente si toglierà la vita.

concentrazione nella zona media unita alla tendenza all’ammassamento delle righe. La fi-
sionomia è femminea, con molti gesti concavi, che tendono al flessuoso (il vero Flessuosa
è assente, perché il moto è lento), con evidente ricerca di estetismo.
- Il tutto occulta un insieme molto sostenuto, teso e convenzionale, nonché talora duro,
schematico e pretenzioso, con punte di aggressività, al quale si contrappongono frequenti
chiusure, momenti di incertezza, con lievi trasandatezze e cadute di tono.

Si può notare che già a questo livello emergono i seguenti aspetti:


1) La grafia si basa sull’occultamento delle vere tendenze (ad esempio, per conseguenza
della fisionomia femminea, la scrittura sembra curvilinea, mentre in realtà è angolosa, op-
pure, all’inverso, una tale fisionomia è soffocata dalla rigidità. Con evidenza, il tutto sottende
una forte ambivalenza ed instabilità interiore);
2) L’aspetto nodale dell’organizzazione grafica è costituito dal fatto che, nonostante le cau-
tele e le rigidità, la personalità non si rassicuri mai, per conseguenza dei ricci finali di parola
orientati a sinistra (fig. 3). Il che spiega la vera natura della problematiche della personalità;
3) Con evidenza, l’organizzazione è molto fragile.

Sul piano della semeiotica morettiana, si registrano:

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Fig. 3

Praticamente quasi ogni riccio tende a sinistra (II elemento costitutivo di Accartocciata, il che dà anche Ricci della
stentatezza), sebbene in modo quasi impercettibile (nella grafia, infatti, compare Parca e/o un forte grado di Ricci della sobrietà, che
qua, però, sarebbe opportuno definire “ricci della laconicità”, in quanto i tratti sono veramente molto poco pronunciati)! Il che è
notevolmente negativo: tutto nella scrittura indica circospezione, diffidenza, cautela, riduzione e coartazione
delle tendenze spontanee, e ciò nonostante la personalità necessita di chiudersi frequentemente!
In questo esempio, si ha la riprova che i ricci offrono sempre la chiave per comprendere l’intima essenza
della scrittura in esame, ma colgo l’occasione per evidenziare che, nell’ottica della “nuova grafologia”, tali gesti sono assimilabili
ai gesti intimi, dei quali discuto in GdS ed anche in questo lavoro.

1) Pressione intensa ed incisa, alla quale corrisponde Intozzata I modo superiore al medio
(di più non è possibile asserire, stante il fatto che non si dispone dell’originale dello scritto).
La pressione, inoltre, non è ben differenziata, per tale motivo si assegna anche Grossa tesa;
2) Intozzata II modo di grado significativo (di più non è possibile asserire, stante il fatto che
non si dispone dell’originale dello scritto);
3) Angoli A 7/10 (ad un primo sguardo la grafia appare curvilinea, ma, tenendo conto sia
delle intozzature sia degli angoli veri e propri, la scrittura è senza dubbio angolosa);
4) Angoli B 7/10;
5) Largo di lettere 3/10;
6) Largo tra lettere 2-3/10 (grado medio);
7) Largo tra parole 2/10;
8) Lettere addossate medio;
9) Titubante 4/10 (si intravede il tipico andamento esitante del rigo);
10) Tentennante 3/10;
11) Chiara 6-7/10;
12) Lieve tendenza a Confusa, per righe strette (soggetto che può essere rapito dalle proprie
produzioni interiori);
13) Tendenza ad Uguale;

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14) Tendenza a Parallela;


15) Accurata (con momenti di Compita e di Studiata) di grado elevato, ma inferiore a quanto
sulle prime possa sembrare (cfr. il prossimo punto e la fig. 4). Questo segno, dunque, evidenzia
una personalità che, pur tenendo molto a ben figurare, è comunque soggetta a perdere in
qualità, il che restituisce l’introiezione di frustrazione, con indignazione (anche per il con-
testo);
16)Tendenza a Cascante e a cenni di ipotono;
17)Mantiene il rigo 6-7/10;
18)Spadiforme del III tipo 4/10;
19) Aste rette 7/10;
20) Aste concave a destra 3/10;
21)Dritta 7/10;
22)Parca 5/10;
23) Staccata 8/10 (sulle prime questo grado non appare, ma le singole lettere sono per lo più
giustapposte le une alle altre);
24)Ricci sobrietà 10/10 (talora i ricci sono anche molto parchi), con foggia a mo’ di Ricci
flemma e quasi sempre a Ricci stentatezza;
25)Cenni di Trasandata ed indici di ipotono:
26)Movimento molto rallentato, assimilabile a Lenta precisa.

Fig. 4

Le spezzate blu evidenziano tipiche decrescenze del calibro, definite Spadiforme (momenti di affievolimento progressivo delle cariche
energetiche, ridimensionamento del sentimento dell’Io, tendenza a subire dolorosamente le disconferme), mentre quelle rosse costituiscono
tipiche manifestazioni di Cascante (episodi di calo del tono volitivo e/o di spinte depressive, per improvvisa coazione a desistere
dall’azione). I due segni, uniti ad episodi di trasandatezza che si intravedono qua e là, indicano una forte tendenza alla disorganizzazione,
per effetto di una forte variabilità ed influenzabilità emotiva. Il tutto, considerando che la personalità si ispira all’accuratezza
(Accurata, che, fra l’altro, indica bisogno di forte auto valorizzazione sociale), chiarisce che l’organizzazione è molto inefficace: la
scrittura, infatti, evidenzia un equilibrio alquanto precario.

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Detto della tendenza a Parallela, per quanto concerne gli assi letterali, va anche notato che in
alcuni punti compare un fenomeno che appartiene sia a Contorta di alto grado sia a Titubante del
primo tipo (fig. 5). Il dato, infatti, si impone considerando che l’oscillazione assiale non ha né un
carattere brusco (che darebbe Contorta), né un carattere timido (che darebbe Titubante). Di conse-
guenza, nell’analisi che seguirà il fenomeno sarà definito con la locuzione Contorta + Titubante.

Fig. 5

In questo esempio, do una dimostrazione delle potenzialità insite nell’elaborazione della “nuova grafologia” (cfr. il lavoro citato
nel testo), coniugata in coerenza con il metodo morettiano.
Pur dovendo ammettere che la riproduzione possa incidere negativamente nel merito della percezione diagnostica estimativa della
scrittura, pure sembra possibile sostenere che ciò che è evidenziato dalle spezzate rosse non appartenga né al primo elemento costitutivo
di Titubante (perchè non è “timido”) né a Contorta (perchè il moto non appare brusco e vivace). Ne deriva che neanche il controllo
(Contorta) riesce a rassicurare (Titubante). Il tutto, dunque, implica semplicemente che la combinazione indica la fissazione in moti
di diffidenza (i moti diagonali, infatti, indicano diffidenza), il che peraltro è logico, considerando quanto illustrerò in fig. 11.
Nel punto indicato dal blu, invece, compare il Titubante vero e proprio.

Breve analisi di personalità

Verranno tratteggiate solamente alcune caratteristiche di personalità, utili per i fini di questo lavoro.

Così come si esprime in fig. 1, l’organizzazione della personalità di Schepp si basa sulla ricerca
esasperata dell’autonomia (Intozzata I modo, Dritta, Aste rette), per evitare influenzamenti che potreb-
bero fare insorgere dubbi (stessi segni rafforzati da Parallela e contrapposti a Titubante, Tentennante,
Lettere addossate ed Intozzata II modo). Schepp, infatti, ha la necessità di contenere un insieme molto
preoccupato (Titubante, Tentennante, Lettere addossate ed Intozzata II modo); ha avuto bisogno, dunque,
di ricercare dei criteri che potessero raffreddarlo (tendenza a Parallela e ad Uguale, momenti di Studia-
ta, Lenta) e porlo al riparo da un’alta impressionabilità (Intozzata II modo), che tende a renderlo molto

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Fig. 6

Le aste sono rettilinee (Aste rette, che dà la fermezza intransigente), perchè il concavo evidenziato dal triangolo rappresenta un
abbozzo del filetto di completamento della lettera che, secondo il modello, dovrebbe essere appunto concavo. La “nuova grafologia”
avrebbe da osservare molto su questo tipo di aste rettilinee (si noti che l’asta si “rifiuta” di toccare il rigo di base, mentre,
coerentemente, il concavo finale è solo accennato), ma questi aspetti saranno ripresi quando tratterò della relazione logica conseguenziale.
Le spezzate rosse indicano la tendenza a Parallela (schematismo mentale, forte intransigenza per impossibilità di conciliare gli
opposti), mentre quella verde evidenzia la tendenza ad Uguale (abitudinarietà, coazione alla copia).
Considerando anche che la pressione è incisa (Intozzata I modo, che indica bisogno di autonomia, imposizione e forte rilievo delle
volizioni), il tutto indica che il soggetto deve imporsi di soffocare la propria dubbiosità interiore, con atti di
auto ed etero imperio. Gli stessi segni, uniti alle angolosità, indicano anche la tendenza all’ira che non sempre è
repressa (sia perchè le cariche aggressive si addensano, in quanto la grafia è lenta, sia perchè nella scrittura esistono momenti di
trasandatezza e di cedimento). Il tutto, dunque, ribadisce che la personalità può essere presa dal panico e che non vuole
assolutamente farsi sopraffare dallo stesso. Da qui il forte bisogno di analizzare ogni cosa e di essere concentrato sul proprio quotidiano
(zona media predominante): ma è ovvio che il tutto non possa rassicurare stabilmente (si consideri ancora quanto sostenuto in fig.3).

instabile ed insicuro. In pratica, è una persona volitiva (Intozzata I modo, Aste rette, Angoli A), ma non
ferma nelle volizioni, cosicché, per puntellarsi, spesso deve imporsi l’intransigenza e lo schematismo
(Aste rette + Parallela). Ne è che, pur scontando molti episodi di flessione (trasandatezze, Spadiforme,
Cascante, Ricci flemma), riesce ad essere sostanzialmente lineare (Mantiene il rigo), ma sottoponendosi
logicamente a stress (il contesto dei segni).

Cerca, dunque, di affidarsi alla razionalità (Dritta + Accurata, Chiara) e alle norme (Aste rette, Man-
tiene il rigo, Parallela, Accurata). Il valore che è perseguito è quello della ricerca della serietà auto
propositiva (Dritta, Aste rette, Mantiene il rigo), ragione per cui è concentrato nella dimensione del
proprio quotidiano (Stretto di lettere, contesto grafico basato sul predominio della zona media e nei
propri pensieri (righe strette + Parca), vietandosi le aspirazioni ed i bisogni che potrebbero distrarlo.
Esige da se stesso (Intozzata I modo + Aste rette, Angoli A, che conferisce la grinta) grande circospe-
zione (contesto grafico, Lenta) e la cura esagerata dei particolari (Staccata, Accurata – Titubante +
Tentennante) che gli sono utili ai fini dell’auto proposizione sociale (Accurata + Angoli A + ammanieramenti);
soppesa molto e a lungo prima di auto determinarsi e di intraprendere (contesto grafico basato su
Accurata + Staccata e Lenta – Titubante + Contorta).

Ha un’intelligenza interessata alla traduzione pratica operativa (Intozzata I modo rafforzato da Pa-
rallela e da Uguale): non ama le speculazioni concettuali ed ha soffocato la propensione per gli interes-

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Fig. 7

Per lo più le singole lettere sono giustapposte (a titolo di esempio, si osservino i triangoli blu), il che restituisce un alto grado di
Staccata (analisi, difficoltà nel procedere, discontinuità pratica operativa ed affettiva, timore del contatto intimo, ecc..). La grafia,
peraltro, è molto rallentata (in questo contesto, subentra Lenta tendente a precisa) anche dall’accuratezza, dalla sostenutezza e dalla
intensità della pressione, eppure la personalità non si rassicura lo stesso (vedi la fig. 3).

si umanistici che pure avrebbe (grafia femminea), giacchè privilegia quelli di ordine tecnico (per la
tendenza a Parallela e ad Uguale) che, evidentemente, gli infondono più certezze.

Non ha la tendenza a sviscerare i concetti (Stretto tra parole), né ad organizzare con visione panora-
mica (stesso segno + Staccata), ma non ha neanche una vera attitudine per la logica (per eccesso di
Staccata + Lenta), giacchè i suoi processi interiori non sono spediti (Lenta), in quanto risultano “spez-
zettati” dalla coazione a soffermarsi troppo sui particolari (stessi segni + Stretto di lettere + Accurata),
che tende a infarcirgli il pensiero con elementi e suggestioni (Intozzata II modo) che potrebbero anche
essere incoerenti e che tenderebbero a distrarlo (tendenza a Confusa – strettezza tra righe). Deve,
dunque, esercitare su di sé un’azione di auto dominio, per imporsi la concentrazione (Stretto di lettere
e contesto grafico) e per non farsi disorganizzare dalle impressioni: a tale proposito, infatti, va ulte-
riormente ribadito che tende ad assegnare altissimo rilievo emotivo a particolari imprevisti (Intozzata
II modo + Staccata, contesto grafico), con momenti di forte disorganizzazione (cenni di Trasandata).
Tanto più è preoccupato e tanto più tende ad esasperare l’analisi e la cura dei particolari, esigendo la
precisione (si noti anche la cura esagerata palesata nell’apposizione dei puntini delle “i”).

Di fatto, procede sulla base dell’esperienza acquisita in funzione dell’obiettivo (Mantiene il rigo)
che, di volta in volta, deve conseguire. Vale a dire che, avendo una meta, la spezzetta in micro tappe
ed in sequenze di particolari (Staccata e grafia giustapposta), ragione per cui ha sempre bisogno di
prepararsi per tempo, tecnicizzando il modo di operare (Staccata + Accurata + tendenza a Parallela e ad
Uguale). Una simile organizzazione, dunque, ha bisogno di bandire i dubbi: Schepp, una volta che ha
deciso, difficilmente torna indietro (stessi segni + Aste rette). In circostanze particolari, poiché deve
contrastare la tendenza a cedere, che in lui è presente, può persino giungere ad esercitare su di sé
un’azione di auto dominio autolesionista (Parallela + Aste rette + Intozzata I modo e contesto grafico),
oppure può mostrare una durezza di sentimento (Grossa tesa + Aste rette) che si vieta ogni epicheia
(stessi segni + Parallela + Dritta + Intozzata I modo).

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- La grafia di Mathias Schepp e la relazione logica consequenziale

In sostanza, teme anche gli imprevisti e le circostanze che potrebbero imporgli dei rapidi adatta-
menti (Lenta e contesto grafico), tanto è vero che avrebbe bisogno di affidarsi a schemi fissi di abitu-
dini (tendenza Parallela + tendenza ad Uguale – Studiata). E’ ostacolato, però, dalle variazioni interio-
ri, nonché da momenti di sensazione di forte compressione (contesto grafico), ragione per cui non
sempre sa essere accurato nel modo in cui vorrebbe (cenni di Trasandata). Essendo bisognoso di forte
considerazione sociale (Accurata + Intozzata I modo) e di evitare eventuali critiche o disapprovazioni
del suo operato, il tutto sottende un forte stato di ansietà diffusa che, in talune circostanze, tende a
spingerlo sempre più verso la ricerca esasperata della cura dei particolari (stessi segni + Staccata), in
funzione degli obiettivi (Mantiene il rigo).

Quanto sopra, dunque, evidenziando una personalità che non tollera il dubbio, ai fini di fron-
teggiare le proprie insicurezze e le proprie instabilità, implica che Schepp ha avuto bisogno di
curare il proprio quotidiano come se fosse una sorta di orologio, in cui ogni ingranaggio svolge
una funzione essenziale.

Non è propriamente vivace (Lenta + tendenza ad Uguale), ma ciò nonostante sa colorare le sue
espressioni e le sue manifestazioni (Intozzata II modo), cosicché, pur essendo sostanzialmente una
persona che schiva i rapporti interpersonali, nelle dinamiche sociali, talora può risultare sufficiente-
mente gradevole (anche per cenni di flessuosità – grafia femminea). Appare anche attento, educato
(Staccata + Dritta + Accurata) e, talora, persino disponibile (stessi segni+ fisionomia femminea con
momenti di curvilineità), sebbene tenda a prevalere l’atteggiamento sostenuto (Dritta + Aste rette).

In alcune situazioni, quando non ha bisogno di stare sulla difensiva, invece, può anche appari-
re caldo (Intozzata I e II modo) e capace di intenerimento, ma si tratta per lo più di moti che, pur
appartenendogli sul piano potenziale (grafia femminea), talora sono più inscenati che autentici (ac-
curatezza grafica). Ciò nonostante, non è affatto vero che non sia capace di intenerirsi e di commuo-
versi veramente (grafia femminea), ma si tratta di caratteristiche di personalità che tende a vivere
come debolezza e che raramente si concede di assecondare, tanto è vero che, come abbiamo già
evidenziato, può anche soffocarle con moti di imperio (Aste rette + Intozzata I modo + tendenza a
Parallela).

Incapace di reggere le critiche, tanto più che ha difficoltà nell’esporre il proprio punto di vista con
ricchezza e varietà di argomentazioni (Stretto tra parole + i segni dell’insicurezza + Lettere addossate), è
intollerante (Aste rette + Intozzata I modo), ma ciò nonostante può darlo a non vedere: sceglie il silen-
zio (Parca - Ricci sobrietà – Ricci stentatezza), mentre l’atteggiamento esteriore può sembrare accondi-
scendente, oppure accomodante. Nell’intimo, però, si pregusta il modo di gabbare il proprio
interlocutore (Angoli A > media). Ad esempio, può dare l’impressione che accetti un suggerimento,
ma si può stare certi che, seppur non in modo scoperto, tenda ad agire come aveva in mente di fare.

In altre parole, lotta per restare autonomo e per non farsi influenzare dagli altri. Anche in questo
caso, però, c’è da aggiungere che in lui il timore dell’influenzamento è avvertito in maniera eccessiva,
basti pensare che, nonostante tutte le cautele, i freni e le resistenze che adotta nei rapporti
interpersonali, pure necessita di chiudersi frequentemente (Ricci stentatezza). In pratica, può nutrire il
dubbio che gli altri lo possano strumentalizzare, approfittando della sua propensione all’intenerimento

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La grafia di Mathias Schepp e la relazione logica consequenziale

Fig. 8

Si osservino gli ovali: sono troppo stretti: il che dà Stretto di lettere. Come è noto, questo segno (di importanza fondamentale)
indica mente settoriale ed intensa concentrazione (il che, peraltro, è ribadito dalla tendenza a righe strette e dal netto predominio della
zona media a discapito delle zone alta e bassa). La “nuova grafologia”, coniugata in termini morettiani, fa notare che questo segno
indica che la personalità necessita di essere concentrata solo su pochi e determinati aspetti settoriali, considerandoli nella loro parte
razionale. In altre parole, Stretto di lettere indica non solo la riduzione delle potenzialità espansive della personalità (per la
concentrazione solo su elementi settoriali della realtà), ma anche il bisogno di fare uscire dal proprio campo di
coscienza i contenuti emotivi ed affettivi. Il che implica che quando il campo di coscienza è invaso da tali
contenuti, la personalità tende a provare un forte stato di angoscia, che insorge in modo improvviso
ed isterico. In questo caso, stante tutto il contesto, si può parlare di panico. A questo punto, però, diventa veramente interessante
riconsiderare il modo in cui la personalità reagisce al panico (vedi la fig. 6): reagisce aggressivamente, imponendosi, sia su di sé sia
sugli altri.

e alla potenziale flessione del tono volitivo ed energetico (Spadiforme + Cascante + momenti di ipotono).
Vale a dire che può temere che gli altri scoprano che può essere buono, che può essere debole e che
può commuoversi. Volendo contrastare la sua tendenza a chiudersi, bisognerebbe dargli costante-
mente l’impressione che sia assecondato, poiché non ha criteri stabili di percepire la realtà ambienta-
le.

I suoi autentici vissuti interiori si palesano soprattutto in ambiente intimo, soprattutto quando è
criticato: può avere, infatti, sbotti d’ira molto intensi (Intozzata I modo + Intozzata II modo + Aste rette
+ Grossa tesa + Angoli A sopra media) e può manifestare un’intolleranza dura e schematica (Aste rette
+ Intozzata I modo + Parallela), che non accetta repliche (stessi segni + Parca + Stretto tra parole).
Palesa anche un’instabilità di comportamento davvero sconcertante (Tentennate + tendenza a Non
omogenea Curva Angolosa ed Intozzata II modo in un contesto in cui le cariche aggressive tendono a
lievitare, per scarsa capacità di diluizione delle stesse), talora gli sbotti d’ira possono esplodere al-
l’improvviso, senza apparente motivo (anche per la tendenza a Non omogenea Curva Angolosa). Lo
stesso dicasi per gli atteggiamenti esigenti, dettati da impuntature su particolari di poco conto (con-
testo grafico con Staccata e cura esagerata di taluni particolari, come si palesa nell’apposizione dei
puntini della “i”).

Come già detto, tende a percepire una forte sensazione di compressione interiore: ciò implica che
è incapace di diluire e di esternare con semplicità e naturalezza (Lenta, Accurata, scarsissimo grado di
Spigliata). Teme, infatti, la spontaneità e le improvvisazioni (stessi segni in un contesto preoccupato).
Per contrappasso, però, tende ad introitare molte cariche aggressive. Teme anche queste ultime,
però, perché sa che potrebbero essere molto intense e potrebbero fargli perdere la stima e la conside-

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- La grafia di Mathias Schepp e la relazione logica consequenziale

Fig. 9

Le spezzate evidenziano che la personalità sa mantenere la linearità (Mantiene il rigo), nonostante tutte le oscillazioni emotive
descritte sinora (l’esperienza e la “logica grafologia”, però, suggeriscono che se lo scritto fosse stato più lungo,
sarebbe subentrato Discendente. Con evidenza, infatti, la personalità è sotto sforzo e non può reggere ad uno impegno
gravoso prolungato nel tempo). Ne discende che l’organizzazione necessita di puntellarsi nella volontà, per non assecondare le spinte
depressive. Per altro verso, è ben evidente che tali spinte debbano essere molto temute.

razione ambientale (Accurata + Dritta). Ne deriva che in genere è molto irrequieto (contesto grafico –
Intozzata I modo, Accurata, Aste rette, Parallela). Per effetto dell’impressionabilità, inoltre, tende a
ciclotimia (grafia femminea con momenti di curvilineità + Intozzata II modo), cosicché deve sforzarsi
per non lasciarsi prendere dalle spinte disorganizzanti di opposta natura che caratterizzano quest’ul-
tima (momenti di Calibro grande + Intozzata I e II modo, contrapposti a Cascante, trasandatezze, Spadiforme,
Titubante). Soprattutto, però, teme lo sdrucciolamento verso la polarità depressa, che tende a perce-
pire come uno stato di forte vulnerabilità (contesto grafico che si basa sullo sforzo delle funzioni
volitive, per Aste rette + Intozzata I modo + tendenza a Parallela + Angoli A, in presenza dei segni
dell’insicurezza, con Spadiforme + Cascante + cenni di ipotono). Può avere, dunque, momenti di pani-
co (stessi segni), che contrasta con i moti di imperio, già noti.

Necessita, dunque, di percepire la libertà (da qui, molto probabilmente, la sua passione per i
grandi spazi del mare, così come le cronache documentano) e di fare movimento, ai fini di smaltire
l’irrequietezza e le cariche aggressive, ma ha bisogno anche di trovare rifugio nel proprio mondo
interiore e nelle proprie fantasie (righe strette). In genere, dunque, è molto laconico (Parca), ma ciò
nonostante spesso “dialoga” con se stesso (righe strette – Stretto di lettere): si tratta di un impulso
narrativo che in lui è irretito in giochi introvertiti. Ne deriva che spesso occulta ciò che pensa e ciò
che vuole, cosicchè si circonda in qualche modo di mistero (per effetto della lacononicità associata
alle chiusure di Ricci stentatezza, il tutto rafforzato da Accurata), godendone nell’intimo (ambiente
narcistico, che ha bisogno di richimare l’attenzione su di sé). Fatto sta che è una persona che comu-
nica poco e che non ha vera attitudine per comprendere ed accogliere il punto di vista dell’altro.
Spesso, infatti, è anche schematico e tende a valutare sulla base di criteri fissi: è ben evidente il
bisogno di puntellarsi nei propri convincimenti, ai fini di arginare la dubbiosità interiore.

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La grafia di Mathias Schepp e la relazione logica consequenziale

In quanto sopra, inoltre, si individua una persona che, pur avendo forte propensione ad imporsi e
all’ira, ha dovuto apprendere ad occultare sia l’una sia l’altra caratteristica.
In tema di imposizione, infatti, è colui che si affida alle regole (Dritta + Aste rette + Parallela +
Intozzata I modo + Accurata). In pratica, ha bisogno che tutto sia ordinato secondo i criteri analitici ed
accurati prima descritti, declinandoli in termini normativi e di schemi di abitudini consolidati, altri-
menti potrebbe provare forti momenti di ansietà diffusa. Il tutto, però, sottende una personalità che
esige di essere al centro del proprio universo esistenziale (Dritta + grafia femminea): ha bisogno che
le persone della sua cerchia intima operino un costante riferimento a lui. Detto in altri termini,
questo contesto evidenzia una persona che ha bisogno di avere l’impressione di dominare il proprio
retroterra (il menage familiare), per meglio concentrarsi nella dinamica pubblica e lavorativa.

Analitico, ipercritico, diffidente ed esigente com’è, però, è sostanzialmente inappagabile: Schepp


non può auto rassicurarsi stabilmente, perché la vera sicurezza non gli appartiene. Sul piano della
scelta della partner, ad esempio, si può logicamente supporre che necessiti di una compagna che gli
appaia nello stesso autonoma ed “ubbidiente”: autonoma, perché ha bisogno di essere concentrato
su di sé e sulla propria organizzazione (non riuscirebbe a prendersi cura dell’organizzazione della
compagna) ed “ubbidiente” per lo stesso motivo. Insomma, ha bisogno di immaginare sia di essere il
capo sia di essere ubbidito. Ma è instabile, come detto, e non sa gestire più dinamiche insieme (Stretto
di lettere): di conseguenza, ora è concentrato sulla dimensione lavorativa, trascurando quella privata,
o viceversa. Ne deriva che, per effetto dell’instabilità, tende a provare forti momenti di apprensione,
per timore di aver perso il controllo sulla dimensione che era stato costretto a trascurare. Certi com-
portamenti impostivi, apparentemente immotivati ed improvvisi, dunque, si spiegano anche sulla
base di questo stato di apprensione.
Il tutto porta a ritenere che tende inesorabilmente a diventare asfissiante con le persone delle
propria cerchia intima: se potesse, negherebbe loro la libertà di agire in autonomia, mentre, all’inver-
so, vorrebbe non rendere conto ad alcuno del suo operato. Fatalmente, dunque, tende a farsi il vuoto
intorno.

Sul piano dell’aggressività, invece, detto che non può evitarsi gli scatti d’ira, c’è da aggiungere che
è un soggetto che tende a spirito vendicativo (contesto angoloso, Parallela +Intozzata I modo +Aste
rette ed Intozzata II modo), ma che non ha le risorse per improvvisare la rivalsa (povertà di ritmo grafico
– lentezza) e che, per altro verso, può temere di agire allo scoperto. Anche in questo caso, dunque,
necessita di tempo, per studiare accuratamente ogni particolare in funzione dell’obiettivo che si pre-
figge; in pratica, congettura nel modo in cui è già stato descritto. Va anche aggiunto che si gusta in
modo abbastanza voluttuoso i preparativi che attua ai fini vendicativi (grafia femminea con tratti
narcisistici). Anche in questo caso, però, necessita di occultarsi, ragione per cui avrebbe bisogno di
escogitare stratagemmi adatti allo scopo. Poiché non asseconda la sua inventiva potenziale, ne è che
prima di vendicarsi (come ogni volta che intraprende un progetto), se può, cerca di documentarsi. Tra
il momento in cui decide di punire l’altro ed il momento in cui attua concretamente i suoi progetti,
dunque, possono passare anche molti mesi.
In genere, però, in quanto può temere di essere scoperto, con l’andare del tempo, tende a desistere
dai propositi. Per lo più, dunque, si prende le sue rivincite parlando male delle persone interessate
(Accurata + Angolosa e contesto grafico), ma con modalità non aperte ed abbastanza occultate.

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- La grafia di Mathias Schepp e la relazione logica consequenziale

Tutto quanto scritto sinora porta ad una sola logica conclusione: la personalità di Schepp è molto
fragile: in lui il rischio della rottura è sempre in agguato ed è molto concreto. E’ in agguato ed è molto
concreto perché, in fondo, ha bisogno dell’approvazione degli altri (beninteso, dovrebbero manife-
stargliela aderendo in tutto e per tutto alla sua organizzazione, assecondando i suoi atteggiamenti
interiori inastabili), mentre nello stesso tempo lotta per non lasciarsi influenzare da loro, in quanto è
troppo diffidente e troppo esigente di autonomia, cosicché è destinato a sabotarsi i rapporti
interpersonali, ivi compresi quelli più privati.
E’ ben difficile, infatti, vivere con Mattias Schepp: sulle prime è apparso serio, affidabile, educato,
attento, disposto all’ascolto (sa apparire anche ragionevole, se occorre), nonchè caldo e talora anche
affettuoso, ma a lungo andare sono emerse tutte le sue disorganizzazioni.
La crisi coniugale e la separazione tra i coniugi sono stata logiche: fatalmente avrebbero dovuto
verificarsi, prima o poi.
Ciò che l’analisi grafologica di personalità fa emergere, però, è costituito dal fatto che la rottura del
matrimonio non è stata subita in sé e per sé, vale a dire come un forte momento traumatico di tipo
affettivo, dovuto alla perdita di un affetto importante (quella della moglie), ma a qualcosa d’altro. In
effetti, la disorganizzazione smisurata ed abnorme di Schepp si spiega tenendo conto di ben altro:
come si vedrà meglio più avanti, egli teme la fine. Crollato il suo piccolo mondo, che scandiva i
minuti ed i giorni della sua vita, riempiendoli di senso, Schepp ha percepito la fine di tutto. Si è
avvertito trascinato nel nulla e si è vendicato, per volere continuare ad esistere: sarò più
esaustivo, nel prossimo paragrafo.

Analisi secondo la relazione logica consequenziale

Breve precisazione sui gesti intimi

Come è stato già scritto, la relazione logica consequenziale, pone al centro la lettera (e le traiet-
torie in entrata ed in uscita dalla stessa, vale a dire anche i filetti di collegamento), in quanto indaga
i moti intimi della grafia (ogni millimetro della stessa, vale a dire le prassie ed ogni tratto costitutivo
della scrittura), i quali ovviamente hanno un loro significato, che va ricavato tenendo conto del
modello costituito dalla lettera interessata. Con evidenza, si tratta di una relazione di un’impor-
tanza eccezionale, in quanto è la sola che consente di poter effettuare la ricerca grafologica.

Colui che studia gli astri, non punta il telescopio solo sui pianeti, ma indaga ogni millimetro della
volta celeste, per la semplice ragione che in ogni punto si debbono dare le leggi della fisica. La
grafologia tradizionale, invece, ormai da tantissimo tempo non indaga neanche i propri “pia-
neti” (i segni grafologici), e, meno che mai, presta attenzione ad ogni singolo millimetro della
scrittura, pur essendo ben palese che in ognuno di essi si debbono obbligatoriamente dare le “leggi
della grafologia”.
C’è solo una metodologia grafologica, infatti, che è obbligata ad indagare ogni millimetro della
grafia, ed è costituita dalla perizia grafica (l’attribuzione delle scritture contestate), ma il grafologo
peritale della grafologia tradizionale non ha alcuna cognizione di ciò che sta facendo: sta

18 Consulente grafologo - Prof. Guido Angeloni


La grafia di Mathias Schepp e la relazione logica consequenziale

indagando, infatti, delle relazioni logiche consequenziali, che hanno senso psico -grafologico, ma lui
non se ne avvede. In altre parole, una perizia grafologica deve avere obbligatoriamente a base
una tale relazione, la quale, peraltro, richiede che il grafologo possegga un’altissima compe-
tenza diagnostica estimativa del prodotto grafico (riferita ad ogni millimetro della grafia), la
quale non si improvvisa e richiede uno specifico addestramento, sotto la guida di un maestro.

Così concepita, la metodologia della perizia grafica va presa a base per quella che può
essere definita come una sorta di “ricerca pura” di tipo grafologico. Può darsi che questa ricer-
ca, poi, si imbatta in conformazioni che abbiano dei significati di carattere generale (come è stato per
il mio segno S) ed allora si avrebbe la scoperta di un nuovo segno grafologico, che le varie scuole
grafologiche potrebbero utilizzare nelle loro specifiche metodologie. Negli altri casi, invece, si parle-
rà di combinazioni grafiche-grafologiche, ad indicare delle relazioni logiche consequenziali codi-
ficate, che hanno un significato circoscritto (sinora ne ho isolato più di un centinaio). Va de sé che, in
ogni caso, ovviamente, si necessita sempre di sottoporre a verifica sia i segni sia le combinazioni
grafiche-grafologiche di nuova concezione. Con evidenza, si tratta di un impegno titanico, che non
può essere condotto da due persone solamente (io e il collega Vigliotti): colgo ancora l’occasione
per invitare tutti i lettori ad iscriversi all’Istituto di grafologia superiore e specialistica.

Stante la coerenza con il simbolismo oggettivo, si dà il principio che ogni significato specifico
di un gesto intimo sia insopprimibile, perché, se non fosse così, allora sarebbe come sopprimere
una porzione della grafia in esame, il che, ovviamente, sarebbe un assurdo grafologico.
Interpretando i criteri fissati da tutte le grafologie tradizionali, inoltre, si dà un altro principio: più
la porzione grafica presa in esame è piccola, meno è avvertibile dall’inglobante. A propria
volta l’inglobante, che in termini psico -grafologici, può essere assimilato all’”organo” che consente
la presa di coscienza, nel modello elaborato dalla “nuova grafologia”, è costituito dalla parte ester-
na dell’ovale (inteso tridimensionalmente), il quale svolge la funzione centrale e fondamentale di
tutta la grafia, tanto è vero che il capitolo più importante dell’opera richiamata si intitola “Strumenti
per l’autonomia disciplinare. Dai simbolismi, oggettivo e soggettivo, secondo un simbolo grafico
(l’ovale), ad analoghi simbolismi, secondo la vita”.
Nel modello di cui sopra, invece, la parte interna di un ovale, è definito inglobato, il quale a
propria volta costituisce l’oggetto ospitato e talora “indagato” dall’inglobante stesso. Va da sé che
tra l’inglobante e l’inglobato si istaurano dei precisi rapporti comunicativi che danno vita alla rela-
zione inglobante – inglobato descritta abbondantemente nel lavoro già citato (ad iniziare da pag.
144 - si tratta della relazione per opposti basilare, perché dà origine alla vita, la quale a propria volta
consiste nel riprodurre incessantemente degli ibridi, frutto della crasi che deriva tra l’inglobato e
l’inglobante). Tutto va a buon fine quanto l’inglobante è tonico, agile ed abbastanza ampio: per
intenderci, nella semeiotica morettiana vi corrispondono Largo di lettere di grado superiore al medio,
ma non eccessivo (massimo 7-8/10) e il Disuguale metodico del largo di lettere (modiche e ritmiche
oscillazioni del grado del Largo di lettere). In questo caso si ha una mente creativa, capace di forte
plasticità: la mente è aperta ed agile, cosicché i costrutti si rinnovano incessantemente, in modo
plastico, appunto. In questo caso, secondo la “nuova grafologia”, l’ovale svolge al meglio la sua vera
funzione, che è il fagocitamento ai fini di generare incessantemente nuovi ibridi (il che restituisce il
cammino verso la piena auto realizzazione, costituita dalla valorizzazione delle potenzialità sogget-
tive), in coerenza con il simbolismo della vita.

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- La grafia di Mathias Schepp e la relazione logica consequenziale

Ne consegue, che i gesti intimi più importanti sono costituiti dagli ovali e dalle traiettorie
in entrata ed in uscita dagli stessi.
Gli ovali della grafia di Schepp sono molto stretti e fissi (ovvero bandiscono ogni concetto di
variazione ritmica delle due dimensioni principali, costituite dalla lunghezza e dalla larghezza), con
fisionomia un po’ stentata e non elastica. Inoltre gli ovali sono chiusi ermeticamente e le traiettorie
sia in entrata sia in uscita sono giustapposte (falso collegamento). Ne derivano la costanza della
chiusura, su base di concentrazione settoriale e di fissità dei critieri valutativi. Ne derivano anche le
indicazioni rischiose di cui alla fig. 10.

Fig. 10
Alcuni esempi degli ovali della grafia di Schepp.
Tenendo conto della descrizione che se ne dà nel testo,
gli ovali di questo tipo indicano che, se l’inglobante fosse
invaso da contenuti emotivi dolorosi, la personalità ri-
schia di rompersi.

Detto che i gesti molto corti non sono avvertiti dalla coscienza, c’è da aggiungere che sono im-
portanti anche la rapidità e la qualità del moto, così come segue:
1) I gesti intimi eseguiti celermente, sono prontamente rimossi e di conseguenza non
sono avvertiti dallo scrivente, ma ciò ovviamente non esclude che svolgano un’influenza.
A propria volta quest’ultima va valutata considerando come influisce su una porzione di
grafia relativamente più estesa, ben ferma la relazione logica consequenziale che si instaura
tra le varie parti prese in considerazione;
2) I gesti intimi eseguiti in modo stentato e/o rallentato non sono coscientizzati, ma
sono subiti (in pratica, producono ansietà e/o sofferenza, oppure forte tensione, senza che
lo scrivente possa riferirli ad elementi causali precisi);
3) I gesti intimi eseguiti con sufficiente fluidità grafica, sono diluiti in modo agile, ma
possono essere richiamati alla coscienza, avvalendosi dell’introspezione.
In ultimo, stante le mie numerose verifiche empiriche, c’è da precisare che l’insieme dei gesti
intimi che dà vita ad una lettera restituisce un preciso significato che affonda le sue radici in
episodi della vita dello scrivente, dei quali lo stesso conserva il ricordo (beninteso, per quello
che mi risulta sinora - sto parlando di un centinaio di osservazioni). Sempre fermo che la ricerca è
appena iniziata, posso anche asserire che in genere lo scrivente tiene segreti questi episodi. Più volte,
poi, ho notato che, se la persona interessata è invitata ad osservare la conformazione che “registra”
il suo ricordo spiacevole, i gesti intimi interessati (ed il carico di sofferenza che condensano) ten-
dono ad elidersi rapidamente. E’ la base di quella che chiamo “educazione grafologica”, che
descrivo ad iniziare da pag. 583, nel lavoro già noto: una ragione in più, per invitare ad aderire
all’Istituto di grafologia superiore e specialistica.

20 Consulente grafologo - Prof. Guido Angeloni


La grafia di Mathias Schepp e la relazione logica consequenziale

In ultimo, c’è da considerare che i gesti intimi registrano anche le sofferenze momentanee
(si tratta di un dato che ho desunto da numerose osservazioni): di conseguenza, sono elementi spia
da prendere in seria considerazione (ad esempio, possono indicarci che la personalità è prossima
al punto di rottura), così come documento più avanti, commentando la grafia di Schepp, di cui a fig.
2.

La relazione logica consequenziale è obbligata a restare aderente al metodo oggettivo,


vale a dire all’osservazione dell’oggetto scrittura, considerandolo in sé e per sé, vale a dire che il tutto
deve anche essere relazionato al modello scolastico. Successivamente, di ogni osservazione se ne
darà una traduzione soggettiva, ovvero secondo l’ottica della grafologia. Si tratta di una grafologia,
però, che è indipendente da ogni tipo di metodo, in quanto appartiene alla disciplina (un’altra
ragione fondamentale che obbligatoriamente ci ha indotti a costituire l’Istituto superiore di grafologia),
essendo coniata in assoluta coerenza con il dato oggettivo (anticipo che appartengono al metodo
oggettivo anche i simbolismi già noti in grafologia, sebbene gli stessi vadano necessariamente consi-
derati in modo tridimensionale –Cfr. in Appendice). Al proposito, però, si avrà modo di osservare che
quanto verrò a scrivere è coerente con l’analisi grafologica di cui al paragrafo precedente, vale a dire
che la metodologia che propongo all’attenzione dello studioso della grafologia costituisce effettiva-
mente un progresso del metodo di Moretti. Va da sé che anche le altre metodologie grafologiche
potrebbero studiare i nessi che intercorrono tra se stesse ed il simbolismo oggettivo (beninteso, poste
valide tutte le metodologie, reputo che ognuna di loro possa dimostrare la coerenza con tale simbo-
lismo).
Fornirò una dimostrazione semplificata della relazione in oggetto: per gli scopi di questo lavoro,
infatti, non è indispensabile osservare le relazioni oggettive e soggettive che intercorrono tra tutte le
lettere di una parola.

Altri criteri utili ai fini della comprensione degli esempi dimostrativi che
seguiranno

Si vedrà che la relazione logica consequenziale utilizza gli strumenti basilari di quella che
dovrebbe essere la disciplina grafologica. Tali strumenti sono:
1) Il segmento di retta. Il suo significato è attrarre per respingere e viceversa, così come
dalla dimostrazione che ne do in fig. 28;
2) Il gesto concavo che, come è noto, indica accoglienza;
3) Il gesto convesso che, come è noto, indica la repulsa;
4) Il gesto diagonale, che indica diffidenza, così come preciso in fig. 11;
5) L’angolo, che va considerato come la somma di due gesti diagonali ed un arresto. Così
concepito l’angolo restituisce tutti i significati che sono già noti in grafologia (e non solo),
così come illustro in fig..11.

L’insieme di cui sopra restituisce la geometria ovvero tutta la scrittura. Nella rappresentazione
simbolizzata che ne dà la “nuova grafologia”, il tutto ha origine dal segmento di retta, avente

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- La grafia di Mathias Schepp e la relazione logica consequenziale

_ +
a) Fig.11 Ad iniziare da pag. 42 di GdS, do una dimostrazione
del perché i gesti (ed, ovviamente, anche i moti e gli
orientamenti) diagonali debbano necessariamente si-
b) gnificare diffidenza, ma per gli scopi di questo lavoro
è sufficiente la rappresentazione semplificata di que-

+ _ sta figura.

Applicando i principi già noti in grafologia, notiamo che il gesto in a) si allontana dalla destra solo nella parte superiore
dello stesso, in b), invece, avviene il fenomeno opposto.
La constatazione di cui sopra spiega a sufficienza la situazione paradossale dei segni Rovesciata (le parole sono inclinate a
sinistra - tra i tanti significati che gli attribuisce la metodica morettiana, in questa dimostrazione, verrà valorizzato quello della
diffidenza di chi teme di non meritare l’affettuosità altrui) e Pendente (le parole sono inclinate a destra, verrà valorizzato il
significato del costante riferimento agli altri per esagerato bisogno di considerazione da parte degli stessi). In Rovesciata,
inoltre, abbiamo la diffidenza che è costretta a dissimulare i reali bisogni dell’Io (faccio notare che la dissimulazione,
come già scrivo in GdS, è proprio del femminile, grafologicamente inteso).
Sulla base della nostra teoria degli opposti, la nuova grafologia fa notare che in realtà i due segni perseguono un unico
scopo (i continuum, infatti, debbono essere necesarriamente circolari): la rassicurazione, ai fini dell’appagamento. Ne
hanno bisogno perché sono diffidenti (si dà il principio che due segni opposti hanno almeno un significato in comune,
come è logico che sia, visto che perseguono lo stesso obiettivo, seppur con modalità opposte). Sono diffidenti perché
ognuno dei due sacrifica un’istanza dell’ambivalenza primaria. Di conseguenza, l’istanza sacrificata si insinua in
modo subdolo.
Dunque, Rovesciata è costretto a diffidare di non meritare di essere voluto bene (rispetto alla genesi di questo segno, si invita
a consultare il lavoro già citato), ma non può esserne proprio sicuro (sarebbe come rinunciare a se stesso), da qui la diffidenza.
All’opposto, Pendente si aspetta di essere voluto bene, ma non può esserne proprio sicuro (perché sacrifica le legittime
istanze dell’altro) e, di conseguenza, ha bisogno di avere costantemente gli altri nella propria sfera di influenza, ai fini di
rassicurarsi. Ne è che diffida di potersi fidare.
In quanto sopra si ha un esempio del modo di ragionare per opposti che, come si è visto, porta ad esiti sorprendenti (ad
esempio, che Pendente indichi diffidenza è una nuova concezione del tutto inedita nel panorama mondiale della grafologia).
scrivevo, infatti, a pag. 266 del lavoro citato:
“Il grafologo morettiano (e tutte le grafologie del mondo) riferiscono la diffidenza al solo “Rovesciata (le parole sono inclinate a
sinistra), ovvero all’opposto di Pendente, ma ciò non può essere vero, stando la nostra teoria degli opposti. Di conseguenza: Pendente
diffida di potersi fidare, mentre Rovesciata diffida della propria diffidenza (ad esempio, se Rovesciata dissimula, come
in effetti dissimula, allora dissimula anche Pendente, è ovvio). Se sviscerati coerentemente, questi due concetti ci restituiscono tutti i
significati noti dei due segni, ampliandoli notevolmente”.

a) Conosciuta la dimostrazione dei moti diagonali, si ha anche la spiegazione oggettiva (vale a


dire coerente con l’oggetto della grafologia, che in definitiva studia una geometria) dell’angolo.
Dunque, il soggetto non si vorrebbe fidare (a), ma è costretto a diffidare di sè, di conseguenza,
vorrebbe fidarsi (b), ma non può farlo. Considerando che l’arresto , secondo tutte le grafologie
del mondo, indica sofferenza, chiedo al grafologo: questa dimostrazione non spiega a suffi-
b) cienza tutti i significati dell’angolo acuto, arrichendoli notevolmente?

vezione orizzontale, da sinistra a destra (nella nostra cultura): il punto sarà ripreso in Appendice, ma
è diffusamente argomentato nel mio libro.

Altri strumenti basilari, che tuttavia nelle dimostrazioni che seguiranno non valorizzerò se non in
minima parte, sono: l’altezza (della zona media, della zona alta e della zona bassa), la lunghezza e
l’ampiezza dell’ovale, l’asse e la simmetria.

22 Consulente grafologo - Prof. Guido Angeloni


La grafia di Mathias Schepp e la relazione logica consequenziale

Tutti gli elementi di cui sopra hanno una natura geometrica (la forma), che è l’elemento fondante
della scrittura. Si dà il principio che tali elementi vanno sempre considerati in modo combinato con
la fisionomia (ad esempio, la finezza, l’eleganza, la rozzezza, ecc.., appartengono alla fisio-
nomia. La fisionomia è l’unico costitutivo che va valutato su base esclusivamente analogica.
del tipo: grafia tesa = soggetto teso) e con il moto (interessano la velocità-lentezza, la conduzione
lungo il continuum fludità-stentatezza, la continuità e la vezione introvertita o estrovertita) così
come preciso in GdS.
Contano anche i vari simbolismi, che la nuova grafologia, però, considera in maniera tridimensio-
nale, ma, per gli scopi di questo lavoro, se ne può dare una rappresentazione semplificata, ricorrendo
allo schema classico del simbolismo di Pulver. Cosicché, un gesto concavo verso la destra (ad esem-
pio, una “c” indica accoglienza della destra e repulsa della sinistra, vedi anche fig. 12). Un gesto
concavo rivolto verso l’alto (come potrebbe essere una “u”), invece, indica accoglienza dell’alto –
comandamento e così via.

Il semiovale disposto secondo la destra rappre-


senta una traiettoria spaziale che serve a raccordare
ciò che proveniva dalla sinistra (veicolato dal filet-
Fig. 12 to di collegamento - 1) a ciò che dovrà essere ac-
colto lungo la destra.
Coerentemente la traiettoria opera un rapido rife-
rimento alla zona della progettualità (2) e con-
temporaneamente respinge ogni interferenza pro-
veniente dalle altre direzioni simboliche (3, 4 e 5).
Non è avvenuta alcuna azione di fagocitamento,
perché la conformazione non è chiusa (lo sarebbe
in modo virtuale, come meglio si preciserà). Si è
trattato di una rapida verifica di quanto proveniva
da sinistra, infatti. Il tutto avviene in modo non
consapevole, stante il fatto che la conformazione
è aperta. L’informazione in uscita, dunque, acqui-
sta solamente in maggiore “sicurezza”, se così fos-
se possibile dire.
(Tratta dalla op. citata, che illustra il modello della “c”, relazionato al concetto del fagocitamento)

A proposito dei simbolismi, tuttavia, si invita anche a tenere presente la nuova concezione degli
stessi, che integra sia il simbolismo di Pulver sia il simbolismo relazionale di Moretti. A tale proposi-
to, si può consultare la figura n. 13.

Descrizione oggettiva e soggettiva della grafia

Dal punto di vista oggettivo, sul piano di ciò che qui interessa, si nota che la motricità grafica è
interdetta ogni qual volta si verifica il confronto con la destra e la linea di base. Si registrano dei
fenomeni analoghi anche quando la motricità grafica si relaziona con l’alto – comandamento.

Per quanto riguarda la difficoltà di relazione con la destra, appartengono al simbolismo og-
gettivo anche la strettezza e la fissità degli ovali, l’inclinazione a destra degli stessi (per il fenomeno

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- La grafia di Mathias Schepp e la relazione logica consequenziale

PROPOSTA DI INTEGRAZIONE DEL SIMBOLISMO DI PULVER

Alto (linea dell’elevazione


secondo l’uomo e la vita)

1) Sinistra - destra, rigo di base, linea dell’oriz-

)
zonte (linea del tempo secondo il passato- futu-
ro individuale e generazionale, umanamente con-
cepita - linea delle relazioni sociali)
) 3)

1) Scrivente

)
2) Dietro - avanti (linea del tempo secondo il
Fig. 13
passato - futuro dell’individuo riprodutto-
re e della specie, umanamente concepita -
linea delle relazioni intime)
)

2) Basso (linea dei bisogni vitali


e del comandamento secondo
la vita)
)

Le linee rosse sono situate a livello del “suolo”, mentre la linea blu (3) è perpendicolare allo stesso (rappresenta l’alto-basso
di Pulver). La n. 1), nella scrittura, è stata individuata da Pulver: corrisponde alla linea dell’orizzonte o al rigo di base, a
seconda se ci riferiamo al simbolismo naturale o al simbolismo della scrittura. La n. 2) è la linea dell’avanti-dietro.
Le linee 1) e 2) non hanno la stessa lunghezza, perché la n. 1) rappresenta l’intera vita individuale, mentre la n. 2) inizia con
la vita dell’individuo e termina quando l’individuo non ha più le risorse per riprodursi. E’ ovvio che entrambe le linee sono
concepite umanamente, ma, stando al ragionamento oggettivo, sono, effettivamente, da considerarsi una più lunga dell’al-
tra. Si può notare, inoltre, che tutte le linee sono precedute e seguite da spezzate che tendono all’infinito.
La freccia sulla linea n. 2) rappresenta la “madre biologica” che il bambino “incontra” nel davanti dopo il secondo inglobamento,
mentre l’altra freccia indica la figura paterna, che sarà “incontrata” successivamente, a destra. Entrambi i “genitori” sono
prima inglobati (interiorizzati) e poi sfilano, l’uno alle spalle del bambino (la figura materna), mentre l’altra alla sinistra dello
stesso.
Il basso insorge da subito, mentre l’alto inizia ad instaurarsi progressivamente dalla fine del terzo inglobamento. Quando
si saranno formate entrambe le istanze, la linea che le rappresenta sarà perpendicolare alla “testa” dell’individuo e svolgerà la
sua azione fino al termine della linea secondo il destino individuale. La linea perpendicolare al suolo (n.3), a seconda dei casi,
spinge dall’alto in basso (linea dei “comandamenti” spirituali o materiali, ovvero secondo la vita) o dal basso in alto
(elevazione spirituale o materiale, ovvero secondo la vita).
Di tutto sarà fornita una delucidazione nell’intero paragrafo (si cfr. anche la fig. 171).

già descritto, definito Contorta + Titubante.) che indica diffidenza, la lentezza grafica, l’accuratezza
letterale, i parallelismi ed i distacchi tra le lettere, già considerati nell’analisi grafologica, condotta
secondo i criteri della grafologia tradizionale. A tutto ciò, si assommano i fenomeni oggettivi che
seguono :
1) Al livello delle traiettorie più significative, si impongono i gesti finali, come è stato
opportunamente evidenziato nell’analisi grafologia (cfr. fig. 3 ). Al proposito, già sappiamo
che nella scrittura in esame i gesti intimi finali (di parola e di lettera) sono molto corti e

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La grafia di Mathias Schepp e la relazione logica consequenziale

Una “e” tratta dalla fig. 1. Più avanti analizzeremo questa lettera
considerandola nella sua totalità, rapportandola al modello, ma per ora
siamo interessati a studiare le traiettorie in uscita (dun-
que, queste considerazioni sono estendibili ad ogni altro luogo geometrico
Fig. 14 avente la medesima conformazione di quella qua in oggetto). Colgo l’occa-
sione per evidenziare che quando la ricerca scopre un gesto che può essere
riferito alla totalità della scrittura (e, di conseguenza, alla generalità delle
grafie), allora si parla di combinazione grafica-grafologica, oppure, come
in questo caso, di segno grafologico vero e proprio, se la combinazione
restituisce dei significati che investono ogni sfera della personalità. Secondo
logica, le combinazioni grafiche-grafologiche ed i segni
dovrebbero avere un carattere finito (ma c’è ancora moltissi-
mo da scoprire), mentre le relazioni logiche consequenziali
formalizzabili che restituiscono un significato circoscrit-
to alla sola grafia in esame, invece, sono senza dubbio
infinite.
Con evidenza, il gesto finale ha una geometria convessa verso la destra (repulsa della stessa). E’ eseguito lentamente e con lieve
stentatezza e, dunque, non è rimosso prontamente, ma si sedimenta, ingenerando un senso di repulsa, di tensione (accuratezza) e di
aggressività ruminata (la stentatezza e tutto l’insieme), senza che il soggetto possa avere la probabilità di
coscientizzare sia l’insieme sia l’elemento causale che ha determinato lo stesso. Il tutto dà ansia e la
sedimentazione dell’aggressività, che in questo modo diventa ruminata, con logici sbotti, compensativi. Il tutto si
aggrava notevolmente per il fatto che tali gesti compaiono anche all’interno delle parole.
Come si è visto, per non appesantire la dimostrazione, ho tradotto “in simultanea” il dato oggettivo in quello soggettivo, in
coerenza con tutti i metodi della grafologia.

sono orientati verso sinistra (fig. 14). Secondo il modello, tali i gesti dovrebbero essere un
po’ più prodighi e dovrebbero essere orientati verso destra. La fisionomia di tali gesti è
molto accurata ed il loro moto è lento, con vezione introversiva. Secondo il modello, inve-
ce, dovrebbero essere sciolti (fluidi) e dovrebbero avere una vezione estroversiva, ne ver-
rebbero così a derivare una geometria concava ed una fisionomia tonica e lievemente fles-
suosa. Le estremità dei gesti qui in oggetto, invece, sono convessi verso la destra, il
che, soggettivamente parlando, implica una repulsa della stessa. Di conseguenza, il punto
di vista soggettivo è obbligato a constatare che lo scrivente subisce molto la destra e che si
impedisce di assecondarla, introitando tensione. Il tutto, sottende ansietà (lo scrivente non
coscientizza la ragione causale della propria tensione interiore), beninteso, fermo il punto
di vista soggettivo. Restando coerenti con un tale punto di vista, inoltre, notiamo che la
destra non implica soltanto il confronto con un altro posizionato sulla medesima
linea generazionale del soggetto (cfr. fig. 13) , ma indica anche il logico ed inesorabi-
le cammino verso il fine rigo. Sempre fermo il punto di vista soggettivo, ne deriva una
constatazione assai interessante, che ci porta a sostenere che la presenza di qualche moto
intimo orientato a sinistra, del tipo di quelli qui in discussione, può essere logica e
giustificabile in un gran numero di grafie. Oggettivamente e soggettivamente, però, siamo
costretti ad ammettere che nella grafia di Schepp tali gesti sono eccessivi. Ne dovrebbe
derivare una sola conclusione possibile, ma si necessita della conferma delle altre
osservazioni che seguiranno;
2) Altre traiettorie sono rettilinee e diagonali, con moto lento e fisionomia tesa, mentre
dovrebbero essere sciolte, sebbene con vezione diagonale, ad indicare l’agile e normale
tensione verso il perfezionamento (fig. 15). Il tutto indica, soggettivamente parlando, che si

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- La grafia di Mathias Schepp e la relazione logica consequenziale

Fig. 15

Restando a livello di traiettorie, osserviamo ancora che i filetti di collegamento sono tesi, lenti e diagonali. Sono
coinvolti i gesti ascendenti, che, secondo la “nuova grafologia”, indicano le vie che mettono in contatto con il comanda-
mento, restituendo il concetto di elevazione, che è un moto che implica un’aspirazione idealizzata. In genere i filetti di
collegamento sono leggeri, elastici e tonici. Hanno anche una vezione diagonale e sono inclinati verso destra (si cfr. anche quanto
sosterrò a proposito di Pendente, in fig. ), ad indicare proprio un elemento specifico dell’aspirazione oggettiva-
mente e soggettivamente intesa (il soggetto, nel mentre agogna di migliorarsi, diffida di riuscire nell’intento, ma il tutto
agilmente, senza subire eccessi di tensione), conferendo un carattere dinamico e propulsivo alla personalità, che in questo modo
è tesa costantemente a progredire sia verso l’alto sia verso la destra.
Nel caso in esame, il soggetto non si rilassa (la pressione non è lieve) e di conseguenza teme di non essere all’altezza
di ciò che comanda l’alto, che, dunque, è temuto. In questo caso, quindi, è coinvolto anche l’alto, ma il
fenomeno interessa soprattutto la destra, in quanto il gesto insiste nella zona mediana della scrittura. Ne deriva che il
soggetto deve costantemente operare un controllo diffidente, perchè teme che gli altri possano scoprire che egli è in
difetto rispetto al comandamento.
Il tutto è coerente anche con l’analisi oggettiva e soggettiva delle “p”, che tralascio (darebbe degli esiti di grandissimo interesse, ma
investono dinamiche intime della personalità che ho ritenuto opportuno non indagare).

diffida sia dell’alto sia della destra (a tale proposito, si consideri che la diffidenza, così
come è oggettivamente definibile in grafologia, è un moto che si avverte obbligato a riferir-
si costantemente all’oggetto del quale si diffida).

Sempre fermo il rapporto molto difficoltoso con la destra vi sarebbe un altro e risolutivo fenome-
no da menzionare, ma preferisco parlarne nel punto 6) dell’elenco che seguirà. Riferendosi all’insie-
me dei gesti intimi che compongono una lettera, invece, si osservi quanto segue:
3) Tutte le “e” hanno un calibro superiore a quelle delle lettere della zona media,
tranne che in un caso che interessa la “c”. Nella fattispecie, questa “c”, considerata in
relazione logica consequenziale con la “h”, indica un ricordo doloroso (che non reputo
opportuno indagare), la cui natura è desumibile dalla stessa relazione consequenziale, che
ha interessato la prima infanzia e il rapporto con la madre, sebbene, trattandosi di un ma-
schio, sia più probabile che l’episodio si sia verificato nel primo periodo dell’età
adolescenziale: in questo caso, sono ragionevolmente sicuro, poiché la relazione in essere è
abbastanza diffusa, soprattutto nelle grafie femminili. Sul punto sinora ho avuto circa una
dozzina di riscontri positivi, con una percentuale del 100%. Tornado alla “e”, si consideri
quanto sostengo nella didascalia della fig. 16:

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La grafia di Mathias Schepp e la relazione logica consequenziale

Fig. 16

2 1

Tutte le “e” hanno un calibro superiore alle altre lettere della zona media (con l’unica eccezione che interessa
la “c”, descritta nel testo), tanto è vero che in un caso (ellisse verde) una “e” è quasi alta come un’asta. Ci si chiede il perché di questo
fenomeno e così facendo si opera secondo le procedure proprie del ragionamento oggettivo (ossia, secondo l’oggetto).
Il fenomeno non appartiene al Disuguale non metodico del calibro, proprio della semeiotica morettiana, perché la lettera è eseguita
molto lentamente. Per venirne a capo, dobbiamo considerare la “e” come un modello, prima descrivendola oggettivamente, poi
restituendole un senso grafologico, avvalendoci del ragionamento soggettivo.
Secondo il modello, una “e” è costituita da un filetto iniziale molto agile ed elastico, che dal basso si direziona in alto, formando
un gesto convesso verso la destra (e dunque concavo verso la sinistra), per poi costituire un tratto discendente, concavo verso la destra,
con un gesto molto agile e sciolto. Ne deriva che tutta la fisionomia è tonica e flessuosa. Operando in un tale modo, l’insieme di filetto
iniziale e di tratto discendente forma anche un tipico occhiello, abbastanza ampio, ma proporzionato all’intera conformazione.
Soggettivamente, dunque, il modello invita ad essere ragionevolmente cauti (gesto convesso a destra), per ele-
varsi (filetto ascendente) secondo le proprie legittime aspirazioni (occhiello in alto), cosicché in questo modo ci
si può disporre con fiducia ed apertura verso la destra (concavo a destra e convesso a sinistra).
Nelle “e” di Shepp, invece, tutto è teso e lento. L’occhiello (ellisse blu), inoltre, è sproporzionato (è troppo lungo e troppo stretto).
In accordo con il dato oggettivo, il ragionamento soggettivo invita a considerare che la lettera “e” ha un calibro più alto delle altre
lettere, perché lo scrivente avverte la coazione ad allungare in modo tendenzialmente spropositato il
filetto (1) per ritardare l’inevitabile esecuzione del gesto concavo rivolto a destra (2). Come a dire, stando
sempre al dato soggettivo, che lo scrivente teme la destra, tanto è vero che, come già visto, il gesto intimo finale si dispone nei
suoi confronti in modo convesso.
Si osservi, ancora, come la linea dell’elevazione, vale a dire il il filetto (1), sia lenta e tendenzialmente rettilinea (freccia), a ribadire
ciò che è già stato scritto in fig. 11.

4) Il gesto concavo, che dovrebbe essere posizionato alla base dell’asta delle “t”, non
è assente (fig. 6), ma è sempre molto corto ed ha un moto rallentato che si dirige a
sinistra. Il fenomeno, considerato nel suo complesso, indica che la motricità grafica subisce
sia la coazione a direzionarsi, con geometria e fisionomia concave, verso destra, sia a
negare entrambi i fenomeni. Soggettivamente, si ha che si avverte sia l’obbligo di direzionarsi
in modo accogliente verso la destra sia la coazione a non assecondare una tale direzione
simbolica. Soggettivamente, ne derivano anche indignazione e frustrazione. Il tutto ribadi-
sce un alto stato di ansietà diffuso;
5) Il taglio delle “t” è posizionato a metà asta ed è troppo corto ed accurato (ovvero
ha un moto molto frenato), il che, oggettivamente implica che lo scrivente teme il futuro
prossimo (sul punto, vedi la discussione sul modello della “t”, illustrata in fig. 17);
6) In coerenza con l’osservazione di cui al punto precedente, si nota che gli ovali che
seguono il taglio delle “t” sono addossati agli stessi, il che implica che il moto verso

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- La grafia di Mathias Schepp e la relazione logica consequenziale

(Aste tratte dalla grafia di Schepp)

Fig. 17

Sono schematizzati gli elementi geometrici che costituiscono il modello della “t” (il lettore mi scuserà per la rappresentazione
maldestra, che non è in grado di restituire l’idea delle fisionomie che specificherò nella trattazione che seguirà). Il modello della
“t” è abbastanza complesso, in quanto pone in relazione logica consequenziale più istanze e più vettori, così come segue (si
tenga presente quanto è già noto, perché discusso quando ho commentato il modello della “e”):
1) L’asta è preceduta da un filetto preparatorio (1) convesso a destra, avente fisionomia tonica ed aggraziata, con
andamento diagonale. In questo modo, l’asta che seguirà, necessariamente, si dovrà posizionare a sinistra della parte terminale
del filetto (si viene così a formare un’asola) e ciò è assolutamente un bene, perché, stando le mie osservazioni attuali, sono indotto
a ritenere che il fenomeno opposto sia potenzialmente negativo;
2) L’asta (n.2) prende spunto dall’alto comandamento e si cala sul rigo di base. Dovrebbe essere
rettilinea, e dunque non può essere tonica, ma il modello non vuole che sia eccessivamente tesa;
3) L’asta dovrebbe essere seguita da un gesto concavo, abbastanza agile e flessuoso (3);
4) Dopo il gesto concavo, la mano si dovrebbe sollevare dal foglio, per eseguire un moto aereo, anch’esso
convesso verso destra, ai fini di apporre il taglio della “t”;
5) A propria volta il taglio (n. 3) dovrebbe essere abbastanza slanciato verso destra, con vezione orizzon-
tale e parallela al rigo di base. Inoltre, dovrebbe essere proporzionato all’intera conformazione, il che restituisce un
tratto non troppo lungo e non troppo corto.
6) Il taglio, infine, dovrebbe essere prossimo al punto di avvio dell’asta (0), tenendosi comunque ad
una certa distanza dallo stesso (pressappoco nel modo in cui è schematizzato in figura). Se il taglio fosse posizionato
sopra il punto 0, infatti, lo scrivente verrebbe a mettere il “cappello in testa” al comandamento (il che, secondo tutte le grafologie
del mondo, restituisce una forma di orgoglio).
Traducendo rapidamente il tutto in termini soggettivi, in coerenza con tutte le scuole grafologiche mondiali,
possiamo sostenere: il modello invita ad elevarsi secondo il comandamento, perché così operando lo scrivente può scendere sul rigo di base
con fermezza e coraggio (asta rettilinea), non solo nel qui ed ora (sempre l’asta), ma se resta fermo nei dettami imposti dal
comandamento (gesto che torna in alto e a sinistra), allora si mantiene nel giusto e può quindi legittimante supporre di avere il
coraggio di affrontare il futuro prossimo (il taglio dell’asta, che appunto indica arditezza, quando è eccessivo. Di conseguenza, quando
ha una lunghezza proporzionata, indica coraggio nel futuro prossimo. Si badi che si tratta di un coraggio secondo un futuro collocato
a destra e, logicamente, ignoto. Un futuro di questo tipo evoca anche la morte, che può avvenire quando uno meno se lo
aspetta).
Fermo quanto sopra, le “t” della grafia di Schepp, molte corte e con taglio rattrappito (ed avente vezione diagonale,
a ribadire la diffidenza), si commentano da sole, ma al proposito vedi anche la prossima figura.

destra è interdetto (fig. 18). Dal punto di vista soggettivo, si hanno le indicazioni di interdi-
zione, di ansia e di accumulo di cariche aggressive che sono evocate dalla destra. E’ ribadi-
to inoltre il timore verso il futuro prossimo, che è percepito come potenzialmente molto
minaccioso.

Rispetto agli altri fenomeni che interessano il rapporto con l’alto, invece, si osservino:

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La grafia di Mathias Schepp e la relazione logica consequenziale

Fig. 18

E’ ben evidente che gli ovali sono addossati al taglio delle “t”, a ribadire un forte momento di ansia e di interdizio-
ne, evocato dal confronto con la destra. Il soggetto, dunque, tende a puntellarsi nel qui ed ora (Aste rette), nel
tentativo di esorcizzare il futuro prossimo (aste corte + addossamento letterale), vale a dire che quest’ultimo è
percepito in maniera potenzialmente minacciosa. Nello stesso tempo, poiché l’asta è troppo corta, nota la discussione
relativa al modello della “t”, ne deriva anche che il coraggio nel qui ed ora è fittizio, perché non è autoriz-
zato dal comandamento.

7) Le aste superiori hanno quasi la stessa altezza delle lettere della zona media.
Inoltre sono rettilinee, hanno una fisionomia tesa e attillata, con moto molto controllato. Il
modello, invece, vuole che le aste siano significativamente più alte delle lettere della zona
media. Il modello, inoltre, vuole che le aste siano sì rettilinee, ma dovrebbero avere una
fisionomia relativamente poco tesa e dovrebbero essere eseguite con un moto abbastanza
rapido. Di conseguenza, il punto di vista soggettivo è obbligato a constatare che l’alto
è temuto (dal punto di vista oggettivo, infatti, notiamo che il moto è sempre frenato dal-
l’accuratezza, di conseguenza, soggettivamente, siamo autorizzati a sostenere che lo scri-
vente evita accuratamente di lambire l’alto, ovvero che necessita di discostarsi dallo
stesso). Sempre fermo il punto di vista soggettivo, si può anche asserire che il tutto com-
porta l’introiezione di un alto stato di tensione interiore;
8) Le “m” sono molto accurate e sono arcuate, hanno una fisionomia sostenuta e sono
contraddistinte da un moto molto lento (fig. 19). In questo caso, però, la motricità grafica si
ispira al modello, ma sul punto, per non tediare la dimostrazione (la discussione del modello
di questa lettera dà degli esiti di grande interesse, ma non incidenti in questo lavoro), mi
riferisco immediatamente al dato soggettivo. In coerenza con il dato oggettivo, il punto di
vista soggettivo, per quanto interessa in questo contesto, deve riconoscere che lo scrivente
adotta un comportamento ispirato alla serietà sostenuta perché ha bisogno di occultarsi,
per porsi al riparo dall’alto-comandamento, che è temuto (in quanto le “m” di Schepp sono
angolose sia in basso e sia in alto);
9) La lettera “r” è eseguita con lo stile script (fig. 20), di conseguenza la parte superiore
della stessa non è concava, ma è convessa, mentre la parte inferiore è angolosa. In coerenza
con il dato oggettivo, il punto di vista soggettivo deve constatare che lo scrivente si rifiuta
di accogliere l’alto comandamento, in quanto è risentito nei confronti dello stesso.

29 Consulente grafologo - Prof. Guido Angeloni


- La grafia di Mathias Schepp e la relazione logica consequenziale

Fig. 19

La discussione del modello della “m” proposto dal modello calligrafico è molto interessante, ma la ometto, perché non è incidente
in questo lavoro. Anticipo solamente che questo tipo di lettera dovrebbe porre al riparo da una figura materna troppo
normativa, ma sul punto avrei bisogno di ulteriori conferme. In ogni caso, è ben chiaro che in questo caso lo
scrivente è risentito verso l’alto (i risvolti superiori sono angolosi).

Fig. 20

Anche il modello della “r” è molto signifi-


cativo, ma non è incidente in questo lavoro. Mi
limito a fare osservare la fisionomia tesa e so-
stenuta, l’angolo in basso e il gesto convesso in
alto: l’interpretazione soggettiva della relazio-
ne consequenziale, a questo punto, dovrebbe es-
sere alla portata di ogni lettore.

Per quanto concerne il rapporto con il rigo di base, invece, si presti attenzione a quanto
segue, che evidenzia delle traiettorie che subiscono la coazione all’inceppo e/o all’interdizione:
10)Le aste non pervengono a toccare il rigo di base, mentre il modello vuole esattamente il
contrario. Considerando quanto già visto nel punto precedente, oggettivamente notiamo
che il moto rimane interdetto. Soggettivamente (tenendo conto della nuova concezione del
simbolismo spaziale che espongo in fig. 13), il fenomeno implica che, ogni volta che lo
scrivente deve relazionarsi all’alto, vale a dire al comandamento, teme anche il contatto
con la linea del tempo biologico e delle relazioni sociali di tipo generazionale;

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La grafia di Mathias Schepp e la relazione logica consequenziale

Fig. 21

Sono evidenziate varie sospensioni, per forte interdizione nei confronti del contatto con il rigo di
base: con le frecce sono indicati i filetti di collegamenti che restano sospesi (il fenomeno ineteressa la quasi totalità dei filetti) e con il
rosso le lettere che non toccano il rigo di base, per timore dello stesso.
E’ confermato, dunque, lo scrivente teme il contatto con la linea del tempo biologico, il che è
ribadito da ogni tipo di osservazione.

12) Tutti i filetti di collegamento rimangono sospesi, poiché il moto si inceppa, e non
pervengono a toccare il rigo di base (fig. 21). Le indicazioni di tipo soggettivo che ne
derivano, a questo punto, sono intuitive.
13) Molte lettere non toccano il rigo di base, ma non appartengono al fenomeno che nella
metodologia morettiana è definito “saltellamento letterale” e che, nella semeiotica dello
stesso metodo, dà vita a Scattante, ma costituiscono delle sospensioni, perché il modo è
lento ed esitante (fig. 21). Le indicazioni di tipo soggettivo che ne derivano, a questo
punto, sono intuitive.

Prime conclusioni

L’analisi logica consequenziale ha dato un esito di coerenza sia considerandola rispetto all’analisi
grafologica di personalità, redatta con il metodo morettiano, sia valutandola in se stessa: ogni osser-
vazione, infatti, ha confermato le altre e viceversa.
Ne emerge una personalità che teme l’alto - comandamento, la destra ed il rigo del tempo biologi-
co. Altre osservazioni, sembrano suggerire che Schepp avesse una forte problematica anche con la
figura materna.
A questo punto, emerge prepotente una sola conclusione possibile: prima di formalizzarla,
reputo opportuno procedere con altre osservazioni.

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- La grafia di Mathias Schepp e la relazione logica consequenziale

La grafia di Schepp e il pensiero suicidario, definito in coerenza con il segno


S1

(Per un’esauriente trattazione di questo segno si consulti la seconda parte del lavoro già citato).

E’ certo che Schepp si è suicidato, eppure debbo ammettere con franchezza che nella sua
scrittura non si ravvisa il segno S, ma questo aspetto non mi sorprende.
Il segno S1, che, in precedenza, avevo riscontrato in 502 casi di scriventi suicidi su 506, infatti, è
definito come il segno di colui che agogna di tornare nel passato più remoto, vale a dire ad uno
stadio di esistenza senza la vita. Poiché questo non è possibile, coloro che hanno questo segno sono
indotti a provare il pensiero suicidario (ad esempio, del tipo: non fossi mai nato), ma di norma
questo pensiero non crea un particolare stato di preoccupazione.
Il pensiero suicidario grafologicamente inteso, infatti, è preoccupante quando diviene acuto,
il che si verifica quando la personalità:
1) si sottopone a smacco che gli fa provare la vergogna (nell’organizzazione estrovertita,
che ha a base il segno morettiano Largo tra lettere sopra media) e la sensazione di essere
espulso in modo definitivo ed irrimediabile dal proprio ambiente sociale di riferimento
(il proprio inglobante);
2) prova una forte sensazione angosciosa di compressione, dovuta al fatto che il sog-
getto percepisce l’incomunicabilità con il proprio ambiente intimo di riferimento. Si ve-
rifica nella organizzazione introvertita, che ha a base il segno grafologico Stretto tra
lettere.
La ricerca, inoltre, ha consentito di isolare gli indici grafici – grafologici che rendono molto
probabile l’insorgenza del pensiero suicidario acuto (vedi la tabella di fig. 22, tratta dalla pag.
580 del lavoro già citato), il quale, però, non porta obbligatoriamente al suicidio (i dati dimostrano
che nella quasi totalità dei casi costituisce la condizione necessaria, ma non sufficiente).

Essendo basata sulla prevalenza dello Stretto tra lettere, dunque, l’organizzazione della grafia
di Schepp era di natura introvertita, tanto è vero che l’analisi grafologica di personalità ha evidenziato
che egli tendeva a percepirsi oppresso (per indebito rilievo della tensione interiore, in un contesto in
cui non era in condizione di discriminare l’elemento causale della stessa, che era di natura endogena)
e che aveva difficoltà comunicative. Inoltre, parrebbe che l’elemento causale che ha ingenerato la
sua follia sia stato il fallimento definitivo del suo matrimonio, vale a dire uno smacco subito nell’am-
biente intimo di riferimento, così come è di norma nelle organizzazioni introvertite come la sua.

Sul piano degli indici predittivi, invece, spiccano i seguenti.


1) Forte restringimento del Largo di lettere associato ad ovale stentato (forte
obnubilamento, con inceppo, su contenuti angosciosi e sofferenti (la sofferenza è percepita
per il sempre) – la risonanza emotiva che ne segue produce l’incapacità di immaginare vie
di uscita che non il sottrarsi al qui ed ora.). Al proposito è anche interessante evidenziare
che a pagina 379 del mio libro, scrivevo che i gesti intimi sono molto sensibili ed adattivi,
in quanto registrano con puntualità lo stato emotivo del momento, provato dallo scri-
vente. A titolo di esempio, infatti, si osservi la fig. 23 e la relativa didascalia;

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La grafia di Mathias Schepp e la relazione logica consequenziale

Indici “predittivi” del pensiero suicidario acuto*


(Su un campione di 493 grafie di soggetti suicidi sono presenti nel 99% dei casi)

1) S1 (condizione necessaria)
Bisogno di tornare nel passato più remoto – disagio esistenziale non acuto – sensazione di solitudine e di
inutilità (assenza di prospettive sull’avanti)– fugaci pensieri suicidari non acuti. Tendenza e fine coincidono
e puntano a contrastare il fine del simbolismo della vita. Sabota la vita: strumentalizza le debolezze per indurre
alla vergogna (anche associata alla colpa), oppure alla compressione e all’incomunicabilità, per indurre al
pensiero suicidario acuto.
2) Forte restringimento del Largo di lettere associato ad ovale stentato
Forte obnubilamento, con inceppo, su contenuti angosciosi e sofferenti (la sofferenza è percepita per il
sempre) – la risonanza emotiva che ne segue produce l’incapacità di immaginare vie di uscita che non il
sottrarsi al qui ed ora.
3) Fisionomia femminea (in maschi)
Intensi bisogni di natura affettiva sabotati da S1 – rafforzamento della sensazione della solitudine - tendenza
a percepire i rovesci come sconfitta e, dunque, come conferma del sentimento dell’inutilità. All’opposto, la
grafia molto angolosa in donna va valutata con attenzione.
4) Fisionomia fiacca, inespressiva o “triste” e talora tormentata
Vi corrispondono analoghi atteggiamenti interiori, con tendenze depressive (non necessariamente
patologiche).
5) Assenza di Slanciata e di ogni concetto del Riccio dell’arditezza
(Sono consentite tracce di Slanciata associate a trascinata sul rigo) – Tagli delle “t” molto corti, stentati,
triangolati (Intozzata II modo) e cadenti (sia pure alla sola estremità) - impossibilità di immaginare una via
di fuga verso la destra e verso l’avanti (ossia, timore e/o inceppo che coinvolgono i due futuri) - Assenza di
coraggio.
6) Indici che ribadiscono il bisogno utopico di evadere dal qui ed ora
Rifugio nel sogno ad occhi aperti, attrazione (talora associata anche a timore) per il mito (moto diagonale) e
la contemporanea delusione per il piano della realtà.
7) Altri gesti, anche non formalizzati attualmente, che evidenziano il timore di
procedere verso destra e/o di scendere sul piano della realtà.
8) Intense compitezze e studiatezze (in grafie prive di Accurata, per intensa
non omogeneità).
In questo ambito, Ampollosa nella zona media (anche se timido e fiacco) tende a costituire un elemento spia
da considerare con molta attenzione, soprattutto se accompagnato da susseguente Lettere addossate –
Rafforzano il sentimento della vergogna.

Inoltre, sempre fermo S1, preoccupa un forte Ascendente, corredato da indici di sofferenza. In
pratica, questa combinazione è a forte rischio in sé.
Fig. 22
Rinforzo negativo
Intozzata II modo e forti non omogeneità (specie del calibro) - Stentata d’alto grado associato a Discendente e/o a gesti
ipotonici - Ricci ammanieramento vistosi (specie se associati a Non omogenea del calibro). Organizzazione introvertita
con bisogni estroversi, soprattutto con forte Disuguale metodico potenziale) – Organizzazione fortemente introvertita
(nelle ragazze): l’aggiunta di un eventuale Squadrata potrebbe peggiorare molto - Tutti i segni negativi considerati dalla
“grafologia tradizionale”.

* Il presente lavoro è destinato ad essere letto dal grande pubblico: vanno utilizzati con alto senso della responsabilità.

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- La grafia di Mathias Schepp e la relazione logica consequenziale

Fig. 23

Si osservi la gravità di questo contesto grafico. Spicca soprattutto la stentatezza dell’ovale in “1025”, si tratta di
un fenomeno che in Della genesi di un segno individuo come un indice suicidario molto preoccupante (è il
secondo per importanza, in quanto è preceduto dal solo S1, che, tuttavia, resta l’indice fondamentale, volendo considerare il pensiero
suicidario attualmente studiato dalla grafologia - il non grafologo non esageri la portata di questo fenomeno
grafico, che deve essere sempre riferita all’intero contesto grafico).
I gesti intimi si sono aggravati nell’intensità (sono molto più stentati) e nella frequenza ed anche questo aspetto era stato previsto
nel lavoro già citato. Emergono gesti intimi “inediti”, come le “u” angolose, a testimoniare che lo scrivente è adirato con l’alto
comandamento. Si notino anche le sospensioni esagerate evidenziate dalle spezzate verdi.
Emergono altri gesti intimi che ho già formalizzato, ma che tuttavia debbo trattare con molta prudenza, perchè non dispongo di
verifiche empiriche. Uno di questi dovrebbe indicare l’insorgenza di un ricordo doloroso, un altro evidenzia, invece, un’ansietà
esagerata dovuto a sentimento di colpa ed un terzo, infine, lo cito nel testo.

2) Fisionomia femminea (in maschi), che induce la tendenza a percepire i rovesci come
sconfitta e, dunque, come conferma del sentimento dell’inutilità (nelle donne, invece, di
norma, i rovesci attivano la sensazione del diritto. In pratica, la donna percepisce di aver
subito un torto fatto solo a lei);
3) Fisionomia fiacca, inespressiva o “triste” e talora tormentata. La fisionomia della
grafia di Schepp è effettivamente inespressiva e talora (sebbene raramente) è anche fiacca,
così come è stato a suo tempo documentato. Vi corrispondono analoghi atteggiamenti inte-
riori, con tendenze depressive (non necessariamente patologiche);
4) Assenza di Slanciata e di ogni concetto del Riccio dell’arditezza. Vi corrispondono
l’ impossibilità di immaginare una via di fuga verso la destra e verso l’avanti (ossia, timore
e/o inceppo che coinvolgono i due futuri) - Assenza di coraggio;

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La grafia di Mathias Schepp e la relazione logica consequenziale

5) Altri gesti, anche non formalizzati attualmente, che evidenziano il timore di pro-
cedere verso destra e/o di scendere sul piano della realtà.

Dunque, nella grafia di Schepp ci sarebbero molti indici della tendenza al pensiero
suicidario acuto (per la sua gravità, spicca soprattutto il primo), ma è essente la condizione che
reputo indispensabile: il segno S1.

Il suicidio di Schepp, dunque, non è il frutto del pensiero suicidario attualmente studiato
dalla nuova grafologia. Sono a confronto, infatti, due opposti: nel pensiero suicidario studiato dalla
nuova grafologia, il soggetto si percepisce morto lungo l’avanti (la dimensione in cui l’individuo
sopravvive attraverso i suoi geni e il suo esempio), vale a dire che si percepisce bandito dagli altri ed
inutilmente vivo lungo la destra. In pratica, il bisogno suicidario così concepito è esattamente l’op-
posto della pena di morte, tanto è vero che al proposito ho scritto:
“A pensarci bene, il suicidio è esattamente l’opposto di una pena capitale, rispetto alla quale
la data è stabilita da un giudice, che in questo modo intende sia risarcire la comunità offesa dal reo sia
punire quest’ultimo, sopprimendolo. Colui che ha desideri suicidi, dunque, potrebbe anelare a risarcire se
stesso, scegliendo lui la data della propria morte, sottraendosi dalla vista della comunità rea di essere
offensiva nei suoi riguardi, per lasciare un vuoto, ai fini di colpevolizzarla.
Certo è il soggetto che immagina di andarsene, ma, anche quando egli si accanisce contro se stesso, in realtà
esprime un grido di dolore contro il proprio ambiente, come a dire contro l’intero universo. E’ lui che
boccia. E’ la sua rivincita” (GdS, pag. 516).

In Schepp, invece, domina la paura della destra (e non dell’avanti), del comandamento e della
linea del tempo biologico (la linea di base). In altre parole, Schepp si è percepito giunto a “fine
rigo” secondo la destra, come se fosse stato condannato dal comandamento a doversi dare una
morte prematura.
Emerge un’altra decisiva differenza con il pensiero suicidario illustrato in GdS in colui che
ha il segno S esiste la tendenza a voler tornare nel passato, mentre in Schepp esisteva il bisogno
esasperato di restare nel presente, ad esorcizzare il futuro lungo la destra. La prima tendenza è frutto
di un condizionamento subito nelle primissime fasi del primo inglobamento (fig. 24), mentre il biso-

Secondo altri, la vita psichica inizierebbe già nella fase prenatale e la stessa “grafologia
Oggetto tradizionale”, morettiana e non, è dello stesso avviso.
Stante quando sopra, si comprende che è realistico supporre che ci deve essere un
momento in cui l’inglobato (il bambino) inizierà a “percepire” e che questa prima
percezione avrà un notevole influsso sul suo sviluppo successivo.
Se non si “percepirà accolto”, dunque, dovrà necessariamente “percepire di
Soggetto essere respinto”, il che equivale a dire che avrà una sorta di imprinting, che
ingenererà la sensazione che dovrebbe trovarsi altrove, vale a dire che non
avrebbe dovuto nascere. Dunque, esistere, sì, ma senza vita.
Tutto considerato, sul piano logico, il segno della tendenza al bisogno di torna-
Fig. 24 re ad uno stadio di esistenza senza vita deve senza dubbio esistere. Tutto,
quindi, stava ad intuirlo, a “progettarlo” e a testarlo.
(Tratta dall’op. citata, pag. 417)

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- La grafia di Mathias Schepp e la relazione logica consequenziale

gno esagerato di restare nel presente, pur essendo spiegabile oggettivamente e soggettivamente (a
partire dal primo inglobamento, ogni viaggio verso destra ha prodotto un tasso di angoscia, per il
fatto che, il primo, verificatosi al momento della nascita, fu molto doloroso), è frutto del vissuto che
deve aver interessato il quarto inglobamento (dall’età fanciullesca in poi). Ciò si deve al fatto che a
partire dal primo inglobamento, ossia dal luogo in cui si sono avuti i condizionamenti basilari e
permanenti, ognuno ha introitato la sensazione che è destinato fatalmente a procedere verso destra
(secondo la nostra cultura), vale a dire verso il fine rigo, dove ci ingloberemo di nuovo, in un elemen-
to immateriale. Al proposito, infatti, ho potuto scrivere:
“E’ il simbolismo della vita, dunque, che impone il concetto della vita ben spesa, quale
antidoto del bisogno del puro esistere, vale a dire come il modo concreto ed utile per contrastare la nega-
zione dell’esistere nel qui ed ora con un corpo, oltre che con uno spirito. E, a propria
volta, la vita ben spesa implica che la stessa vada riempita di senso e ciò, grafologicamente
parlando, invita a volgere lo sguardo ai sei vettori di un ovale, concepito come un fatto
simbolico tridimensionale e tendenzialmente sferico, che sono allocati (......):
1) A sinistra e al prima dell’inizio rigo. Proveniamo da lì, da un luogo in cui la nostra
scrittura ancora non esisteva e ciò nonostante noi c’eravamo lo stesso, cosicché là si trova la vera “casa”
di noi e della nostra generazione;
2) A destra, al fine rigo e al dopo lo stesso. E’ la linea del tempo biologico generazionale:
implica il futuro secondo l’individuo e secondo la generazione (il passato è a sinistra).
E’ anche la linea dei rapporti sociali, utili ad assistere e a proteggere la vita. Al termine del
cammino (il rigo), noi e la nostra generazione torneremo a “casa” (il dopo fine rigo),
ma ci si augura che il tragitto possa servire ad espandere il potenziale nostro e della generazione cui
apparteniamo (il rigo ideale dovrebbe essere moderatamente ascendente), con giovamento per chi ci
succederà (consentendoci di sopravvivere), di modo che il ritorno (il luogo del dopo fine
rigo) coincida con il pervenire ad uno stadio superiore di pura esistenza;
3) In alto. Ciò che dà senso al dopo fine rigo, interpretato umanamente: l’ideale, il comanda-
mento che invita ad elevarci ed il livello spirituale trascendente;
4) In basso. Ciò che dà senso alla parte materiale della vita: invita ad osservare l’ideale ed il
comandamento secondo il concetto dell’elevazione della specie (fig. 173, pag. 345), umanamente
interpretato;
5) Nel dietro. Dove inizia la via della vita. E’ il luogo da cui provengono la nostra
madre biologica, i genitori di lei, i bisnonni e così continuando, sino ad Adamo ed
Eva;
6) Nell’avanti. E’ il luogo simbolico dei rapporti intimi, ai fini di concepire la vita. E’ il
vettore di un futuro eterno, in cui i nostri geni e le nostre opere sopravviveranno, è la sede
dell’immortalità secondo la vita, ovvero è la direzione in cui si succederanno all’in-
finito nuove linee generazionali (parallele al rigo di base) ed è, infine, il vettore di un livello
spirituale non trascendente. Vale a dire che è il luogo in cui diamo un senso al nostro
vivere e che, dunque, ci restituisce il senso del nostro essere utili o meno.

Il tutto restituisce il tema dell’appagamento, che è concepito come il sentirsi accolti e confortati entro un
inglobante immateriale e tridimensionale, avente una conformazione tendenzial-

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La grafia di Mathias Schepp e la relazione logica consequenziale

mente sferica: il nostro ovale, il luogo in cui provammo la nostra prima emozione (I inglobamento),
che ci protesse e ci nutrì sino a quando non fummo pronti ad oltrepassare una sorta di membrana, verso
l’ignoto. Cambiammo di stato: in qualche modo fluttuavamo e dopo invece dovemmo scendere “con i
piedi per terra”, perchè fummo obbligati a venire al mondo e ad esporci all’occhio e al giudizio di chi c’era
prima di noi. In precedenza, eravamo soli ma in compagnia, poi, una volta nati, non siamo stati più soli,
ma abbiamo dovuto apprendere a nutrirci, difenderci, renderci accolti e come procurarsi chi ci fa compa-
gnia. Eravamo in un luogo in cui non dovevamo dimostrare di essere utili, poi, invece, sare-
mo chiamati a dare il nostro contributo alla vita, vale a dire a chi ci concepì, ci protesse e ci
nutrì.
Appena nati, fummo nudi ed inermi e, di conseguenza, provammo tanta angoscia, che servì a
spingerci verso l’incontro con il capezzolo (II inglobamento): un altro luogo tridimensionale e
tendenzialmente sferico, il punto in cui si rinnovò, con maggiore intensità, il primitivo appagamento. Per
conseguenza fummo indotti ad introitare un luogo, anch’esso tendenzialmente sferico, che funges-
se da oggetto sussidiario dell’appagamento: nella concezione della “nuova grafologia” ciò si
condensa nell’ovale primogenito.

E’ questo ovale primogenito, inglobato dentro di noi, che conferisce una modica angoscia che ci
spinge costantemente verso l’appagamento, da ricercare nella direzione di ogni luogo simbo-
lico, il che restituisce l’elevazione secondo ambedue i livelli spirituali. Il che, inoltre, ci rende
tollerabile l’angoscia che ci incute il viaggio verso il dopo fine rigo. Tutto ci invita a considerare che ci
ingloberemo nuovamente, cambiando ancora di stato: torneremo là dove provammo la
percezione di esistere, senza aver provato la percezione dell’inizio.
Nessuno di noi, infatti, ha potuto provare la sensazione di non esserci stato, cosicché
siamo indotti a ritenere che non potremo avere fine. Potremmo essere appagati, dunque, ed
in eterno, a patto però che ne saremo degni. E l’essere degni implica l’essere utili, il che spinge nuovamente
a guardare verso l’avanti, ovvero al livello spirituale non trascendente. Il tutto, ancora una volta, ribadi-
sce il concetto di una vita ben spesa, vale a dire di una vita che ci appaghi, rendendoci degni. Il che, a
propria volta, invita a considerare che abbiamo un solo comandamento: sviluppare al massimo i nostri
talenti in armonia con gli altri. Dunque, anche secondo la nuova grafologia, amarci ed amare: null’altro.
Ed è straordinario che quanto sopra possa essere condiviso da chiunque, sia credente
o meno, e come ogni particolare del tutto si riconfermi incessantemente in modo vi-
cendevole: un insieme tendenzialmente “sferico”, ossia un ovale, appunto” (GdS,
pagg. 606-607).

Dunque, quale tendenza (ricordo che la tendenza può non trionfare e che, quindi, non equivale
ad una condanna, perché è concettualmente diversa dalla predisposizione – aggiungo, inoltre, che la
tendenza può trionfare solo se può strumentalizzare la causa, ovvero, nel nostro caso, l’elemento
traumatico che induce al pensiero suicidario acuto) avrebbe indotto Schepp ad uccidersi? Può
essere stata la tendenza a doversi sopprimere? Mi rifiuto di credere che esista una tendenza di questo
tipo, perché contrasta con il simbolo della vita.
Trovo suggestivo il seguente interrogativo: un addossamento letterale che segue subito dopo
un taglio delle “t” corto e debole, può indicare la tendenza a percepire la paura del futuro
prossimo ed ignoto e, dunque, anche la paura della morte (anche il concetto di morte, però, va

37 Consulente grafologo - Prof. Guido Angeloni


- La grafia di Mathias Schepp e la relazione logica consequenziale

inteso in senso grafologico, così come formalizzo nel mio libro)? Credo di sì, ma è ovvio che si tratta
di un’indicazione che necessita di essere ancora meditata e verificata, ma faccio notare che questa
conformazione era già stata isolata in Dalla genesi di un segno, a pag. 486. Ancora una volta,
però, debbo ammonire il lettore non grafologo: molti scriventi collegano il taglio della “t” alla
lettera seguente, senza che ciò costituisca un indice negativo. Insomma, si tratta si diagnosti-
care una interdizione con addossamento, cosa che può fare solo un grafologo.
Del resto, che Schepp temesse la morte è testimoniato ulteriormente anche dalla fig. 25, ma si
deve anche ricordare che egli temeva il contatto con il rigo del tempo biologico e con la
destra in generale.

E, dunque, perché avrebbe dovuto uccidersi una persona che temeva la morte? Perché in
realtà, a ben vedere, Schepp temeva di essere condannato a darsi una fine prematura, per il timore
che incuteva in lui il comandamento. Dunque, non si sarebbe ucciso per la tendenza a doversi soppri-
mere, ma per l’effetto combinato di due tendenze:
1) La tendenza a temere di dover subire la punizione del comandamento;
2) La tendenza a temere il futuro prossimo ignoto, e, dunque anche la morte.
Ho ragione? Credo di sì, ma è ovvio che mi compete l’obbligo della prudenza: sarebbe auspicabile
che sul punto si avviasse un confronto scientifico.

Credo di sì anche per un altro motivo: quando disegnai il modello del segno S (GdS, pag. 428),
provai a congetturare numerose altre conformazioni, coerenti con il modello di questo segno. Una di
queste varianti, mi portò a ritenere che la figura paterna invitasse il soggetto a scivolare con sé,
nell’oblio. Ovviamente, non mi presi sul serio. Eppure debbo registrare che questa variante è effetti-

Fig. 25

Si osservi la maldestrezza con cui sono eseguiti gli zero: si impone una facile deduzione, considerando il
carattere proiettivo e simbolico rappresentato dallo “0”, che con evidenza evoca il nulla e la fine.

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La grafia di Mathias Schepp e la relazione logica consequenziale

vamente presente nel saggio grafico di cui a fig. 23. Mi limito ancora a constatare che il padre di
Schepp ha tentato il suicidio tre volte, di cui l’ultima gli è stata fatale. Dunque, è possibile che
Schepp si percepisse condannato alla stessa fine del padre: è ovvio che una conferma su questo
punto potrebbe consentire una notevole accelerazione degli studi grafologici.
Ci sarebbe da indagare come possa aver influito la figura materna di Shepp, proponendo delle
ipotesi, ma, in assenza di dati biografici, preferisco non approfondire.

Diagnosi grafologica

Tutte le osservazioni, ivi compreso il confronto con gli indici predettivi del pensiero suicidario
acuto, nonché la natura dei gesti intimi particolarmente stentati che compaiono nella grafia di fig. 2,
redatta poco prima che Schepp si desse la morte, portano a concludere che lo stesso soggetto sia
stato sopraffatto dalla sensazione che fosse condannato ad una fine prematura, contro la
quale aveva combattutto a lungo.
Ha potuto attuare il suo folle progetto in modo rabbioso e vendicativo grazie al fatto che aveva la
possibilità di esternare l’organizzazione di personalità già discussa, facendo leva sugli atti di
imperio auto ed etero diretti, ivi descritti.
Nei momenti che hanno preceduto il gesto suicida (fig. 2), inoltre, Schepp era in preda ad una
sofferenza indicibile, che lo obnubilava completamente (in questi casi, il tormento è percepito per
il sempre): considerando il tutto, il darsi la morte è stato un atto logico e conseguente.

Una valutazione conclusiva di insieme - ipotesi


La diagnosi grafologica ha consentito di spiegare in maniera logica la fine di Schepp: avremmo
potuto prevederla a priori (ovviamente, in termini di ipotesi possibile), così come attualmente siamo
in grado di predire con ragionevole certezza l’insorgenza del pensiero suicidario acuto (beninteso, il
che non è ancora la condanna del soggetto, perchè il simbolismo della vita lotta sino all’ultimo
istante), così come è inteso dalla nuova grafologia.
L’analisi grafologica ha fotografato soprattutto l’organizzazione della personalità che Schepp ave-
va mentre stava attuando le prime fasi del suo folle progetto. Ciò è bene dirlo, perché effettivamente
lo scritto preso in considerazione non è molto esteso e perché la personalità stava vivendo un mo-
mento emotivo particolare. Più osservazioni, peraltro, mi suggeriscono l’ipotesi che Schepp, abitual-
mente, avesse una grafia meno accurata di quella di fig. 1: verosimilmente, infatti, egli alternava
momenti di disimpegno emotivo ad altri di segno contrario, nei quali esternava accuratezza sostenu-
ta.
Se fosse veramente così, però, paradossalmente, l’analisi che ho redatto diventerebbe molto più
incisiva: tutto ciò che è stato detto in termini di accuratezza, di durezza del sentimento e degli atti di
auto e di etero imperio, con assenza di epicheia e soffocamento di ogni accenno alla commozione,
che pure in lui era presente, si accresce in intensità, in quanto assumerebbe un carattere reattivo ed
isterico. Questo dato, infatti, potrebbe essere confermato dalle sottolineature (fig. 26), indubbiamen-
te assai dure, che assumono un significato rafforzativo e di puntello dei propositi espressi (si osservi,

39 Consulente grafologo - Prof. Guido Angeloni


- La grafia di Mathias Schepp e la relazione logica consequenziale

ad esempio, la sottolineatura veramente eccessiva apposta sotto la stringa “è troppo tardi”). Il che
però, stante la nostra teoria dell’ambivalenza primaria, indica che Schepp aveva il bisogno di soffoca-
re il dubbio e la commozione, il che apre uno spiraglio, in termini di speranza, relativo alla sorte delle
due bimbe, perché non è detto che sia riuscito nel suo intento.
Posto sempre vero che la grafia abituale di Schepp fosse meno accurata di quanto ci appaia nel
biglietto che ho analizzato, allora si rafforzerebbero anche altri lati della personalità, già evidenziati
nella stessa analisi. Ad esempio, si accrescerebbero di molto le instabilità e, in un tale ambito, talora
apparirebbe molto più buono ed affettuoso di quanto l’analisi evidenzia.

Per altro verso, la diagnosi, unita alle risultanze dell’analisi grafologica, suggerisce le seguenti
osservazioni ed ipotesi:
1) Schepp ha subito in maniera esagerata i tentativi di suicidio del padre. Suggerisco l’ipo-
tesi che dovrebbe avere influito negativamente anche la figura materna (che potrebbe aver
svolto la funzione simbolica del comandamento), inducendogli (forse) la sensazione che
avrebbe fatto la stessa fine del padre;
2) E’ impossibile che Schepp non abbia fatto trapelare il suo timore (la sensazione della fine
prematura), ma di certo deve averlo fatto con modalità non scoperte. In altre parole, come
capita sovente in questi casi (si veda al proposito ciò che in GdS scrivo a partire da pag.
520), le sue eventuali frasi sibilline ed ambigue sono risultate comprensibili solo a cose
fatte;

Fig. 26

In realtà, la sottolineatura eccessiva ed insistita della stringa è un bisogno di infondersi certezza di diritto, ossia un bisogno
esasperato di soffocamento del dubbio. E’ possibile immaginare, dunque, che non sia risuscito nel suo intento. C’è un’altra ipotesi da
considerare: è possibile che Schepp volesse ingenerare nella moglie il sospetto che egli abbia soppresso le bambine, per i motivi che illustro
più avanti.
40 Consulente grafologo - Prof. Guido Angeloni
La grafia di Mathias Schepp e la relazione logica consequenziale

3) In assenza della diagnosi grafologica, non era assolutamente possibile:


a. intuire il disegno di Schepp, che deve essere stato ordito necessariamente mesi prima
e non quando egli ha saputo che la moglie voleva divorziare;
b.accorgersi che in fondo egli voleva bene solo a se stesso (e non sempre), perché in
effetti era capace, seppur con instabilità, di esternare (e talora anche di provare) commo-
zione, affettuosità e premura, specie nei confronti delle figlie (per altre caratteristiche
proprie di Schepp, che non ho ritenuto opportuno indagare);
c.che fosse capace di soffocare le proprie emozioni con durezza ed intransigenza,
perché, in effetti, esternava momenti di falsa accondiscendenza e di falsa ragionevolezza,
tanto più che palesava anche momenti di grande umanità;
d.che avesse un bisogno esagerato di tenere unita la sua famiglia (perché esternava
autonomia sostenuta), perché non era possibile intuire in alcun modo il suo dram-
ma interiore (vedi il precedente punto 1), in conseguenza del quale egli aveva un esa-
sperato bisogno di curare il proprio presente, per non pensare al proprio futuro,
esorcizzandolo. Va in questo senso, ad esempio, anche il bisogno di portare con sé un
registratore, ai fini di voler cristallizzare il passato, per riviverlo continuamente nel pre-
sente (sulla base dell’ambivalenza primaria e/o della teoria degli opposti, infatti, sappia-
mo che colui che subisce il futuro deve subire anche il passato, cosicché, tenendo conto
dell’organizzazione eccessivamente analitica della personalità, il bisogno di portare il pas-
sato nel presente, ai fini di controllarlo, è assolutamente logico. Nel mio libro, infatti,
faccio notare che colui che ha i tagli delle “t” corti e timidi, come nella grafia di Schepp,
teme che nel passato possa aver subito dei tranelli, il che aggiunge un’ulteriore spiegazio-
ne dell’ipotesi sostenuta in questo lavoro e riepilogata nel punto 1) del presente elenco);
4) Schepp non aveva le potenzialità per ordire il piano complesso e “diabolico” che
pure ha attuato. Di conseguenza:
a.E’ possibile che si sia ispirato ad un romanzo o ad un film, magari letto o visto in
gioventù. Tanto è vero che l’insieme delle sue azioni, se attentamente esaminate, portano
a sostenere che egli abbia recitato un copione. In effetti, è come se avesse inscenato un
romanzo;
b.Schepp era indotto ad essere distratto e ad essere attratto da particolari non pienamente
pertinenti con l’obiettivo perseguito. E’ possibile, dunque, che alcuni episodi e che
alcuni particolari siano solo serviti a creare mistero (un’altra sua caratteristica di
personalità), poiché non erano essenziali ai fini dell’attuazione del suo folle progetto;
c.Il modo in cui ha attuato il suo folle progetto deve essere necessariamente interpre-
tato concependolo come un insieme di sequenze aventi senso in sé e giustapposte
le une alle altre, in funzione dell’obiettivo che voleva perseguire, nell’ambito del quale,
come detto, egli voleva anche infondere mistero (un romanzo o un film, appunto);
d.Dunque, stando all’analisi grafologica di personalità, potrebbe essere errato valutare ogni
singola sequenza in rapporto logico consequenziale con le altre. Ad esempio, le località
che egli ha visitato ed il luogo scelto per morire potrebbero non essere legati da un filo
logico. In altre parole, potrebbe aver scelto Cerignola proprio perché la scelta di quella

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- La grafia di Mathias Schepp e la relazione logica consequenziale

località non aveva alcun senso logico, ma solo per l’amore teatrale di inscenare il mistero,
ma è anche possibile un’altra ipotesi, che illustrerò più avanti;
5) Schepp attuava le sue strategie con modalità femminee (soggettivizzando la realtà),
coniugandole in modo maschile. Ed in effetti, alcuni suoi comportamenti si spiegano in
questo modo, ad esempio:
a.Deve avere male interpretato la scelta della coniuge di andare ad abitare in una casa
vicina alla sua, la quale, sicuramente, deve averla compiuta per attutire nelle figlie il
trauma della separazione. Schepp deve senza dubbio aver pensato che la moglie non
voleva troncare del tutto, in quanto, secondo lui, avrebbe voluto metterlo alla prova:
b.E’ possibile che, in forza dell’interpretazione soggettivizzata di cui sopra, dopo la sepa-
razione, Schepp si sia mostrato ragionevole (conosciuta l’organizzazione della sua per-
sonalità, questa deduzione è verosimile ma necessita di una conferma), alternando, però,
la disponibilità e la ragionevolezza agli atteggiamenti aggressivi;
c.Analitico com’era (vale a dire che osservava i particolari e quindi anche le micro reazioni
delle persone), è molto verosimile che Schepp abbia saputo cogliere il punto debole
della moglie, costituito dal bisogno di tutelare le figlie, alle quali, di certo, non voleva
sottrarre il padre (il dato si impone sulla base della conoscenza di Schepp e sulla base di
come le cronache hanno descritto alcuni episodi);
d.Fermo il punto precedente e conosciuta l’organizzazione di Schepp, si impone come
verosimile che abbia palesato un attaccamento e un’attenzione relativamente esa-
gerata nei confronti delle figlie. In pratica, le ha strumentalizzate;
e.E’ molto probabile, dunque, che Schepp abbia teso ad accreditarsi come la persona che
subiva eccessivamente l’assenza delle figlie, mostrandosi ragionevole o aggressivo a se-
conda se avesse le figlie con sé oppure no;
f. L’atteggiamento di cui sopra, che è ricavato in coerenza logica con l’analisi di persona-
lità di Schepp, se fosse confermato, potrebbe spiegare una delle ragioni che hanno consi-
gliato alla moglie di acconsentire che le figlie trascorressero un lungo periodo di vacanze
con il padre, così come le cronache riportano;
g.Per conseguenza, ne dovrebbero essere derivati dei fraintendimenti, che hanno avu-
to origine nelle modalità femminee e soggettivizzate di interpretazione della realtà di
Schepp. Di fatto è ragionevole supporre che Schepp abbia interpretato gli episodi come la
riprova che la moglie volesse riappacificarsi, e la moglie, dal canto suo, avrebbe potuto
ritenere che egli fosse pronto ad accettare con relativa tranquillità la sua intenzione di
divorziare da lui.
6) Il vero obiettivo di Schepp può essere compreso riducendole nelle sue parti es-
senziali:
a. Considerata in un tale modo, la vera essenza del comportamento di Schepp è costituita
dal fatto che, nel mentre produce più vuoti (la scomparsa delle figlie e la propria morte),
vorrebbe costringere la propria partner a riempirli in eterno, obbligandola ad opera-
re, con il pensiero e con le emozioni, costante riferimento a lui. Come si vede, si tratta di

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La grafia di Mathias Schepp e la relazione logica consequenziale

una modalità femminea, che Schepp deve aver interpretato in termini maschili, ovvero
per continuare a possedere la propria partner;
b.Stante quanto sopra, ancora una volta si dimostra che Schepp ha strumentalizzato
le figlie. Dunque, il suo obbiettivo non era quello di sopprimerle (apro una parentesi
per dire che, secondo il maschile e il femminile grafologicamente intesi, la soppressione
della prole non è assolutamente propria in un padre), ma era quello di assicurarsi che la
moglie non le avrebbe viste più;
c.C’è da augurarsi, dunque, che Schepp abbia escogitato (o letto) un modo per riuscire nel
suo vero intento e, di certo, ovviamente bisognerà credere che ci sia riuscito, anche in
considerazione del fatto che egli aveva la tendenza a commuoversi veramente.
7) Dunque, Schepp voleva punire la moglie, per restare perennemente nella memoria e
nelle emozioni di lei, mentre, nel contempo, si avvertiva obbligato a cedere alla sensa-
zione della fine, contro cui aveva strenuamente lottato;
8) Fermo il punto precedente, dunque, l’elemento causale del tutto non può essere
stata la decisione della signora Irina di divorziare. Deve essere stato qualche cosa di
più arcaico, ovviamente. A questo punto, però, occorre chiedersi il motivo per cui Schepp
volesse punire una figura materna, obbligandola nel contempo a pensare in eterno a lui. Nel
merito, la risposta mi sembra obbligata;
9) La signora Irina, dunque, non ha assolutamente nulla da rimproverarsi: suo mari-
to, con il suo comportamento, l’aveva obbligata a doversi separare da lui e di conseguenza,
l’artefice del suo destino è stato Schepp e, a propria volta, Schepp è stato vittima di qualche
cosa del quale era incolpevole;
10) In ultimo, infine, come è giusto, una parola per Schepp. In fondo, come si è visto è
stato una vittima anche lui. Aveva ottime potenzialità, anche di tipo umano, che sicura-
mente la moglie aveva intravisto in lui, ma non potuto in alcun modo valorizzare. Nel
momento in cui scrive il biglietto di cui a fig. 2, inoltre, era in preda ad una sofferenza
indicibile, causata dal complesso di colpa (ciò non implica necessariamente che abbia ucci-
so le bambine, sia chiaro!): ne sono sicuro sino al punto che potrei battermi in difesa di
questa tesi. Di conseguenza, si propongono le seguenti ipotesi:
a.Il folle progetto di Schepp (fig.1) era iniziato con l’unico intento di punire una figura
materna che era anche sua moglie, per possederla in eterno e non essere dimenticato,
creando nel contempo mistero;
b.Nel corso dell’azione è stato sicuramente preso dai complessi di colpa, e forse si
deve a ciò il fatto che egli restituisca il denaro alla moglie, così come le cronache informa-
no. Si tratterebbe, dunque, di una modalità indiretta (tendenzialmente femminea) di chie-
dere perdono;
c. L’ipotesi di cui sopra non è indebolita dalla circostanza, sempre riferita dalle cronache,
che Schepp abbia restituito i soldi non in un’unica soluzione. Anzi, paradossalmente, è
rafforzata da questa circostanza. Si deve tenere presente sia l’organizzazione eccessiva-
mente analitica di Schepp sia del fatto che egli aveva bisogno di ritardare il più possibile
il momento in cui si sarebbe dato la morte. Al contrario di ciò che di norma è proprio del
fenomeno suicidario studiato dalla “nuova grafologia”, egli uccidendosi non ricercava

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- La grafia di Mathias Schepp e la relazione logica consequenziale

un malinteso senso della libertà, ingenerando nel contempo negli altri il sentimento di
colpa, ma si avvertiva obbligato a punirsi. Il tutto, ovviamente, in coerenza con le
risultanze dell’analisi grafologica di personalità e della diagnosi grafologica, redatta su
base logica consequenziale.
c.Il folle progetto, dunque, si è concluso con l’autopunizione. A questo punto, si sug-
gerisce l’ipotesi che la scelta del luogo del suicidio sia stata dettata unicamente dal fatto
che in quel luogo Schepp fosse stato travolto dal sentimento di colpa (tanto è vero che
aveva prelevato del contante che non ha utilizzato, segno che immaginava di farla finita
molto più tardi, posto ovviamente che avesse pensato sin dall’inizio di farla finita).

Commiato
Dispiace dirlo: purtroppo sono i fenomeni non normali che ci aiutano a comprendere la normalità.
E’ così anche in medicina ed in psicologia. In precedenza, mi ero occupato della grafia di Misseri, sin
da quando, in una trasmissione televisiva (Matrix), avevo potuto intravedere la firma e le poche
parole che egli aveva apposto sul verbale che era stato stilato il giorno del suo arresto.
Ho immediatamente compreso quale fosse la vera problematica di questa persona. E’ coinvolto
un fenomeno che sta diventando diffuso e che ho descritto a partire da pag. 112 del mio libro, ma è
coinvolta anche la fattispecie della grafia disegnata, che definisco sempre nelle stesse pagine.
Nell’occasione ho cercato di procurarmi la grafia delle altre persone implicate a vario titolo (in
particolare, quelle della moglie e della figlia Sabrina), attivandomi in varie direzioni: non avendole
ottenute, ho desistito dal pubblicare un’analisi di personalità di Misseri, per ovvie ed intuitive ragio-
ni.
Con questo lavoro, spero di non aver urtato la sensibilità delle persone coinvolte, nel caso me ne
scuso. Ho dovuto “metterci la faccia” sino in fondo, avanzando numerose ipotesi, alcune delle
quali, come ho anche riconosciuto, non sono attualmente suffragate da riscontri, se non da mie
teorie. Del resto, mi chiedo: se non mi esponessi alla critica, scrivendo, come sarebbe possibile
ottenere i necessari riscontri positivi o negativi (servono entrambi)?
Il grafologo, però, potrebbe considerare che le mie affermazioni prendono spunto da principi
non confutabili grafologicamente, e che giungo a formularle dopo moltissimi anni di studio e
dopo che ho fornito la prova, in moltissime occasioni, di padroneggiare un metodo della grafologia
tradizionale (il metodo morettiano), che peraltro insegno da molto tempo, anche in contesti universi-
tari. Potrebbe considerare, inoltre, che le ipotesi che ho avanzato in Dalla genesi di un segno hanno
trovato conferma anche nella grafia di Schepp (mi riferisco alla stentatezza degli ovali, agli indici
che inducono il pensiero suicidario, all’addossamento che segue il taglio delle “t” e a molto altro
ancora).
Mi auguro, come ho già scritto più volte, che molti vogliano dibattere il fulcro della questione
sollevata in questo lavoro: si necessita di verificare sino in fondo e con il contributo di tutti, se
sia possibile o meno prevenire i fenomeni di interesse psico -sociale, avvalendosi della scrit-
tura. Io lo credo assolutamente possibile.
E’ indispensabile, dunque, che ci sia data la possibilità di studiare le grafie delle persone coinvolte
in gesti folli e/o criminosi.

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La grafia di Mathias Schepp e la relazione logica consequenziale

Appendice

Principi di riferimento della “nuova grafologia”

In Dalla genesi di un segno ad una “nuova grafologia”, secondo il simbolo della vita (G. Angeloni,
www.nuovagrafologia.it) ho introdotto, tra i tanti, alcuni concetti che reputo fondamentali anche
nell’economia di questo lavoro, partendo dall’ovvio presupposto che la grafologia dovrebbe studiare
la scrittura (cosa che è trascurata da molti decenni da tutte le metodologie grafologiche):
1) Il simbolismo oggettivo. Si vuole affermare che lo studio della scrittura deve basar-
si esclusivamente sull’osservazione del prodotto grafico, che va considerato un simbolo in
sé e per sé (da qua il simbolismo dell’oggetto). Questo tipo di simbolismo è obbligato a porre
al centro del suo studio la lettera, considerata in primo luogo in se stessa e poi in relazione
logica consequenziale con le lettere che le sono contigue e con l’intera parola cui appartiene.
Se esiste un simbolismo dell’oggetto, ovviamente, deve esistere anche un simbolismo del sog-
getto, definito simbolismo soggettivo. Poiché è studiato un prodotto grafico, considerato in
primo luogo in sé e per sé, il soggetto è l’osservazione grafologica e non è, invece, il grafologo
(o l’osservatore). In altre parole, si vuole che il soggetto (l’osservazione) sia aderente in tutto e
per tutto al simbolismo oggettivo, vale a dire al prodotto grafico in esame. Al simbolismo sog-
gettivo, però ed ovviamente, è consentito di avere un punto di vista (dell’osservazione), che
consiste unicamente nel fatto che si dà per assodato che il prodotto grafico esprime colui che lo
ha prodotto (lo scrivente e non solo, come si vedrà);
2) Il punto di vista dell’osservatore è autorizzato ad avvalersi dei simbolismi tradizionali
(spaziale di Pulver e relazionale di Moretti), perché si dimostra che sono assolutamente coeren-
ti con il simbolismo oggettivo. In questo ambito, si dimostra anche che i simbolismi vanno
considerati in modo tridimensionale, in quanto ai quattro vettori già noti (alto – basso,
destra – sinistra) si aggiungono anche l’avanti – dietro;
3) Quanto sopra implica che il simbolismo oggettivo considera estraneo ed indebito
ogni tipo di preposizione che non sia giustificato unicamente da se stesso. L’utilizzo di
termini e di contributi esterni (ad esempio, desunti dalla psicologia), infatti, non possono con-
sentire il progresso della disciplina, anche se, come è ovvio, talora possono essere utili ai fini di
meglio comprendere uno specifico scrivente (e non, si badi, ai fini di capire meglio la scrittura in
osservazione);
4) Il simbolismo oggettivo obbliga a restituire senso ad ogni millimetro della scrittu-
ra, il che, unitamente al punto precedente, invita a considerare che è giunto il momento di
accingersi alla definizione della disciplina grafologica (oggi, infatti, esistono solo i meto-
di). Con evidenza, infatti, lo studio di ogni millimetro della grafia e la definizione di un lessico
grafologico completamente autonomo ed oggettivo (ossia corrispondente al simbolismo ogget-
tivo) appartiene alla disciplina, in quanto ogni metodo presta attenzione solo a porzioni codifi-
cate della scrittura (i segni) e non alla globalità della stessa. Ogni metodo, inoltre, risente troppo
del punto di vista di colui che lo ha formalizzato;
5) E’ possibile restituire senso psicologico ad ogni millimetro della scrittura perché
si è dimostrato che:

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- La grafia di Mathias Schepp e la relazione logica consequenziale

a. L’elemento minimo della scrittura, che è un piccolo segmento di retta avente vezione
orizzontale, significa attrarre per respingere e respingere per attrarre, in quanto un
tale segmento è la somma di un gesto concavo
(accoglienza) e di un gesto convesso (repulsio-
a) ne). Ne deriva ancora che i gesti diagonali si-
= Massimo dell’accoglienza gnificano diffidenza;
(repulsione massima per ciò che è esterno
alla semicirconferenza) b. In effetti, da un segmento di retta e dal-
le sue trasformazioni è possibile produrre ogni
gesto grafico, di modo che è possibile definire
Fig. 27
un tale segmento con il termine di primogenito.
b) Il tratto primogenito, dunque, è l’elemento
= Massimo della repulsione basilare della scrittura;
(accoglienza massima per ciò che è interno
c. Gli elementi costitutivi universali dei
alla semicirconferenza)
segni (nonché di ogni tratto o di ogni gesto gra-
fico, giacchè ognuno di essi possiede un senso
grafologico) sono la geometria (la forma), la fisionomia ed il moto (a titolo di esempio, il
tratto primogenito ha la seguente sindrome: fisionomia attillata e levigata, geome-
tria rettilinea e moto controllato, avente vezione orizzontale, da sinistra a destra,
nella nostra cultura). La pressione, invece, non è un costitutivo, ma esprime l’aspetto
teleologico. Si dà il principio che ogni costitutivo, che ha un’infinità di variabili, ha un
autonomo significato che è insopprimibile. Ne deriva che due segni grafologici che
condividono un costitutivo hanno (almeno) un significato in comune;

NESSI TRA IL TRATTO PRIMOGENITO, IL CONCAVO


ED IL CONVESSO
La somma di un convesso e di un concavo posti in opposizione,
Fig. 28 così come in figura, dà come esito un segmento di retta, avente
fisionomia attillata e levigata.
Si suppone e si dimostra che questo segmento è effettivamente un
tratto primogenito, che, in quanto tale, condensi l’ambivalenza
= primaria.
Nella scrittura questo segno virtuale è osservabile indirettamente,
nelle sue modificazioni adattive più dirette, ad iniziare dalle ellissi.
Quando tutto va a buon fine, il tratto primogenito è rintracciabile
anche nei gesti concavi e convessi legittimi. Solo in due casi il
modello calligrafico contempla conformazioni che sono una diret-
ta conseguenza del tratto primogenito: le aste rettilinee ed i
tagli delle “t”. Il che, ovviamente, non è senza significato.
Le vestigia di questo antico primogenito, invece, sono
rintracciabili in una molteplicità di segni, aventi natura illegittima, quali: Acuta (nelle facce dell’ovale), Levigata (per la
fisionomia attillata e levigata), Ampollosa (per lo stesso motivo di Levigata), Secca (perché la scheletricità propria di
questo segno è un eccesso dell’attillatura), Squadrata (perché si basa sull’attillatura), Curva affondata (perché ha una
guancia attillata) ed altri.
Nel suo complesso, questo tratto deve essere psicologicamente totovalente ed è sessualmente indifferenziato (ovvero
contiene in sé sia l’aspetto di ibrido sia l’aspetto relativo alla specializzazione per genere, entrambi propri di ogni
scrivente): da qua la forte problematicità rappresentata da una scrittura intensamente Squadrata, come altrove è stato
evidenziato.

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La grafia di Mathias Schepp e la relazione logica consequenziale

6) E’ possibile elaborare un linguaggio grafologico completamente autonomo dalla psicolo-


gia perché si è dimostrato che i processi fondamentali sono rappresentabili graficamen-
te. In realtà, con la scoperta che il curva e l’angolosa geometrici significano rispettiva-
mente inglobare e penetrare, si dimostra possibile elaborare una grafologia che sia in coeren-
za con il simbolismo della vita, vale a dire che si dimostra che un tale simbolismo è di interesse
oggettivo e soggettivo. Analogamente si dimostra possibile elaborare una teoria relativa
alla comunicazione per opposti inglobante – inglobato, che è di enorme interesse oggetti-
vo e soggettivo;
7) Alla base di un tale linguaggio si pone il concetto di ambivalenza primaria, che deriva
dal fatto che ognuno è nato per essere individuo, ossia autonomo e distinto dagli altri, mentre,
nel contempo, se fosse completamente autonomo non sopravvivrebbe un solo istante. Con
evidenza, il luogo geometrico che condensa l’ambivalenza primaria è il tratto primoge-
nito, prima descritto. Si dà il principio che in ogni comportamento i due termini di detta
ambivalenza sono sempre compresenti, anche quando, in apparenza, uno dei due sembra
totalmente assente;
8) Quanto sopra rende palese che i continuum sono circolari (e non lineari come lascia
intendere la grafologia tradizionale), giacchè due opposti sono destinati ad attrarsi, per inglo-
barsi l’uno nell’altro e viceversa (si dimostra, infatti, che i processi di inglobamento tendono a
ripetersi all’infinito, ma a parti alterne: ciò che prima era agito dall’oggetto, poi sarà agito dal
soggetto e così via);
9) Ne deriva una teoria degli opposti, che diviene così un altro potente strumento
interpretativo e conoscitivo. Si dà il principio che due forze in opposizione (siano costituite da
segni grafologici, oppure da due caratteristiche psicologiche, così come sono intese dalla nuova
grafologia) perseguono uno stesso obiettivo, ma con strategie invertite;
10) Il concetto di ambivalenza primaria, la relazione inglobante inglobato, la ripetizione
incessante a parte invertite dei fenomeni, inoltre, spiegano a sufficienza, beninteso per gli scopi
della grafologia, le tappe fondamentali che da un candidato scrivente inglobato in un simbolo
grafico (primo inglobamento) portano lo scrivente ad inglobare il modello calligrafico, cosa che
avviene nel quarto inglobamento;
11) Ne deriva che ogni termine della grafologia deve essere necessariamente riferito ai pro-
cessi di inglobamento. Di conseguenza, un qualsiasi termine grafologico ha un’accezione di
significato diversa da quello che, pur avendo il suo stesso nome, è definito secondo criteri
desunti dalla psicologia;
12) In altre parole, un termine grafologico va sempre considerato “primogenito”, vale a dire
che è concepito in assoluta coerenza con l’ambivalenza primaria, la teoria degli opposti e la
relazione inglobante inglobato;
13) Così operando, la grafologia definisce ogni proprio termine ed ogni propria proposizione
di qualsiasi tipo in assoluta coerenza con il simbolismo della vita e con il simbolismo oggettivo.
Ne consegue anche che ogni termine utilizzato in grafologia è frutto di condizionamenti;
14) A propria volta, i condizionamenti impongono le tendenze. Da quando eravamo un
punto dentro una sacca, infatti, tutti abbiamo subito tre condizionamenti fondamentali:

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- La grafia di Mathias Schepp e la relazione logica consequenziale

RAPPRESENTAZIONE GRAFICA DEL PRIMO INGLOBAMENTO


Fig. 29

Simbolicamente considerato, l’oggetto preesisteva


Oggetto (modello)
al soggetto. Con evidenza costituisce un modello
(valido per tutti), sebbene sia un unico. Come unico
è anche il soggetto, il quale, tuttavia, subisce l’in-
flusso di un modello universale.
Soggetto (futuro scrivente) Lo spazio che ingloba il soggetto (l’oggetto) è tridi-

mensionale: ha un alto, un basso, una destra, una sinistra, un avanti e un dietro. Di conseguenza, il primo condizionamento
che il soggetto subisce è ben più ampio di quello che ha potuto ipotizzare lo stesso Pulver, che definisce uno schema
spaziale bidimensionale.
Per altro verso, la presenza di due termini (oggetto - soggetto) determina dei rapporti relazionali tra i due, ovvero dei
rapporti comunicativi. Ne derivano due conseguenze: 1) in questo stadio si attiva un simbolismo relazionale, del tipo
soggetto – oggetto; 2) Sono i bisogni del soggetto inglobato che, in definitiva, definiscono (nella “percezione” dello
stesso) la vera natura della dinamica comunicativa e, dunque, dell’oggetto. A propria volta, la percezione della natura
dell’oggetto, induce nel soggetto la “percezione” speculare della definizione di se stesso.
Ne derivano condizionamenti, anche per il futuro, che nel loro complesso possono essere condensati nei termini di oggetto
amico – oggetto nemico e di soggetto protetto – soggetto aggredito.

a) Il condizionamento di specie e di genere, e, di conseguenza, la tendenza a riprodursi


e le altre tendenze ad essa necessariamente correlate. Si tratta di una tendenza che si basa
sulle caratteristiche biotipologiche e che deve essersi necessariamente sviluppata a partire
da queste e dal primo inglobamento (l’oggetto ci inglobava, dunque si era nella fase prena-
tale). Questo condizionamento si deve essere consolidato in tutte le fasi che vanno dalla
nascita all’incontro con il capezzolo (secondo inglobamento) e alla scoperta della madre
biologica sull’avanti (primi momenti del terzo inglobamento, che inizia quando il bambino
è capace di distinguere tra sé ed il capezzolo che lo sostenta). E’ la tendenza fondamentale;
b) Il condizionamento a percepirsi umani, con l’insieme delle tendenze che ne conse-
guono. Deve necessariamente interessare tutta la restante fase del terzo ed i momenti ini-
ziali del quarto inglobamento (l’incontro con la figura paterna e con la linea delle relazioni
sociali e del tempo biologico);
c) Il condizionamento a percepirsi uomini del proprio tempo e della propria cultura,
con le tendenze che ne conseguono. Interessa il quarto inglobamento e, secondo la grafologia,
trova la sua condensazione nel momento in cui il bambino ingloba il modello calligrafico, il
quale a propria volta è frutto della storia sia dell’uomo sia delle culture e delle varie civiltà
che si sono succedute nel corso dei secoli.
Come noto, in quanto è dimostrato da altri, le tre fasi sopra descritte si stratificano: la seconda
sulla prima e la terza sull’insieme delle altre due. Se tutte e tre le fasi si succedono normalmente, ne
deriva l’uomo autorealizzato, in armonia con sé e con gli altri. In questo caso, potremmo dire che
tutte le tendenze, frutto diretto od indiretto dei vari condizionamenti, sono armoniche ed adattive.
Al proposito, si dà il principio che una tendenza è adattiva quando non è eccessiva, il che vuol dire
che è mitigata dalla tendenza che gli oppone direttamente.
Questo principio, dunque, si applica ad ogni proposizione della grafologia, sia quando sono in
essere i segni grafologici sia quando ci si riferisce ai termini di psicologia grafologica.

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