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ANIMAL studies

Rivista italiana di antispecismo


trimestrale
anno vi numero 18

Animali totem
Sulle tracce dei nostri avi non umani
ANIMAL STUDIES
Rivista italiana di antispecismo

trimestrale
18 – Animali totem. Sulle tracce dei nostri avi non umani

numero a cura di Roberto Marchesini

Direttore responsabile ed editoriale


Roberto Marchesini

Comitato scientifico
Ralph R. Acampora (Hofstra University)
Carol Adams (Southern Methodist University)
Matthew Calarco (California State University Fullerton)
Felice Cimatti (Università della Calabria)
Enrico Giannetto (Università degli studi di Bergamo)
Oscar Horta (Universidade de Santiago de Compostela)
Andrew Linzey (University of Oxford)
Peter Singer (Princeton University)
Tzachi Zamir (The Hebrew University of Jerusalem)
Redazione
Eleonora Adorni, Matteo Andreozzi, Laura De Grazia,
Alessandro Lanfranchi, Manuela Macelloni, Valentina
Mota, Roberta Papale, Lucia Zaietta, Nicola Zengiaro.

ISSN 2281-2288
ISBN 978-88-97339-74-8

Reg. Trib. Roma n. 232 del 27/7/2012


© 2017 NOVALOGOS/Ortica editrice soc. coop.
via Aldo Moro, 43/D - 04011 Aprilia
www.novalogos.it • info@novalogos.it
finito di stampare nel mese di luglio 2017
presso la tipografia ristampa s.r.l., cittaducale (ri)
Sommario

5 Editoriale
Di Roberto Marchesini

Articoli

8 I genitori adottivi dell’essere umano


Di Roberto Marchesini
27 Il totemismo: caso emblematico di costruzione-decostruzione
di un oggetto teorico
Di Barbara Ghiringhelli
37 A caccia dei nostri animali totem
Di Federica Lovato e Nicola Zengiaro
50 Là dove si celano i tonalme. Il totemismo indigeno mesoameri-
cano nella dialettica fra spazio antropico e spazio selvaggio
Di Luca Campione
62 Le sei virtù che insegna il falco. Il rapace come animale
totemico e maestro quanto ammaestrato nel viluppo
post-umanista uomo-falco
Di Silvia Mutterle
67 La vera storia del lupo, tra curiosità, paura e attrazione
Di Franco Tassi

Letture
73 Storia naturale della morale umana – Addomesticati. L’insolita
evoluzione degli animali che vivono accanto all’uomo – Il maiale
è il nostro maestro. Animali ed ebrei un rapporto lacerato
LÀ DOVE SI CELANO I TONALME. IL
TOTEMISMO INDIGENO MESOAMERI-
CANO NELLA DIALETTICA FRA SPAZIO
ANTROPICO E SPAZIO SELVAGGIO
Di Luca Campione
Università degli Studi di Roma “La Sapienza”

Tonal1, ossia alter ego, è una parola nahuatl acquisita solo recentemente dal
nostro lessico, grazie ai romanzi di Carlos Castaneda (1974 etc.). A voler dare
una spiegazione spicciola, la fortuna del romanziere dipende probabilmente
dal fascino che esercita un certo “primitivismo”, di cui i romanzi castanediani
sono farciti, sull’immaginario collettivo occidentale, per sua parte afflitto da
preoccupazioni ecologiche e in fase di parziale rigetto del modello consumisti-
co. Paure e rigetti che non hanno lasciato immuni neanche alcuni accademici
i quali, richiamando a loro volta concetti estrapolati dalle società di cacciatori-
raccoglitori, propongono modelli alternativi di vita in armonia con la natura
(Descola 1997; De Castro 2002).
Lasciando alle nostre spalle il mondo della fiction, cercheremo qui di ca-
larci nella realtà etnografica del totemismo in America Latina, alla ricerca del
«posto dell’uomo nella natura» – per citare T. H. Huxley – così come è stato
immaginato dall’«antropología india»2, la quale suppone una dialettica fra la
dimensione spazio-concettuale delle città (spazio antropico) e quella del bosco
(spazio selvaggio), assimilabile per certi versi all’occidentale contrapposizione
fra uomo e natura. In questi termini, il totemismo3 si dispone come soluzione

1
Plurale tonalme.
2
Vocabolo di nostro conio per indicare le riflessioni indigene sull’uomo e sul posto da
questi occupato nel cosmo. Ovviamente il concetto è del tutto generale e non vuole as-
solutamente ammettere che presso le popolazioni della fascia mesoamericana, di etnie e
culture diversissime, siano presenti identiche credenze e formulazioni. Piuttosto si cerca
di evidenziare il carattere autoctono e sincretico.
3
Si badi a non ritenere il presente lavoro come un ennesimo saggio sulla natura del tote-

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là dove si celano i tonalme

alla discontinuità fra le due grandezze; grazie a una particolare conformazione


dell’essere umano e alla presenza di un doppio zoomorfo, l’«antropología india»
arriva a costruire un medium armonizzatore che concede all’uomo d’inter/agire
nell’altrimenti incontrollabile sacro spazio della selva.

1. Praeliminaria: dualismo uomo/natura nella world view indigena

Non diversamente dagli altri gruppi umani, le popolazioni indigene del Mes-
sico e del Centroamerica hanno sviluppato personali considerazioni sull’uomo,
sulle differenze individuali, sulle relazioni tra i sessi, sugli stati di coscienza,
l’origine della salute e della malattia etc. Riflessioni costruite sulla base di un
sentire locale che avverte un universo governato dal dinamismo oppositivo tra
forze extraumane le quali, implicate in una contrapposizione agonistica costan-
te, generano realtà e movimento.
Nell’immaginario preispanico, l’idea dialettica veniva espressa essenzialmen-
te tramite il linguaggio mitico e rituale. Così, per esempio, nella cosmogonia
azteca della Leyenda de los soles, il mondo sorge grazie alla lotta fra le divinità
che incarnano i principi contrari dell’universo, Quetzalcoatl e Tezcatlipoca, in
un ciclo di creazioni e distruzioni. Allo stesso modo, i miti dei maya Quiché
contenuti nel Popol Vuh evidenziano la guerra fra le forze contrarie simbolica-
mente rappresentate dai Signori dell’Inframondo (Xibalba) e gli Eroi Gemelli,
Xbalanque e Hunahpu. Ma questo dualismo viene tal volta incarnato da una
stessa figura extraumana, come nel caso del Creatore Ometeotl, letteralmente
“il dio due”, sintesi a sua volta della coppia eterosessuata composta da Omete-
cuhtli e Omecihuatl.4
Il pensiero indigeno contemporaneo traduce e introduce questa dialettica
nella geografia bipartitica discernente dimensione umana e ambiente selvati-
co, che rappresentano rispettivamente i due grandi àmbiti o spazi del mondo:
lo spazio antropico, fatto di riti, leggi, usanze, campi coltivati, centri urbani e

mismo tout court per la quale si rimanda ai saggi di Lévi-Strauss (1962 & 1962). Lungi
dal prendere in considerazione degli “universali”, qui si cercherà fra le righe di mostrare
come un singolo dispositivo culturale, quale la credenza nel totem, possa assolvere a più
funzioni contemporaneamente.
4
Ma gli stessi Quetzalcoatl e Tezcatlipoca nelle fonti indigene post coloniali vengono
sovente identificati come i Tezcatlipocas, o Tezcatlipoca bianco (il primo) e Tezcatlipoca
nero (il secondo) (Botta 2009).

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strutture socioeconomiche ordinate e controllabili, e lo spazio selvaggio, dei


boschi e delle foreste, delle montagne, dei fiumi, degli animali e delle piante
selvatiche, nascondiglio di forze potenti e incontrollabili, e dunque un luogo
misterioso, attraente e pericoloso. Mercedes de la Garza riporta come fra gli
Tzeltal di Los Altos il mondo socializzato venga detto «lum, y al bosque, balu-
milal, palabra que significa la totalidad del mundo, pero que hace alusiόn a las
tierras no socializadas»5 mentre fra i maya Tzotzil è naetik lo spazio umano e
te’tik quello selvatico (1984; p. 31).
Tuttavia, per i nativi i due àmbiti non sono alieni l’uno all’altro e costitu-
iscono due entità compenetranti, armonizzate sia sulla base dei riti effettuati
dagli uomini, sia – e più profondamente – da una connaturata tendenza alla
mescolanza. Nella Guerra Rossa (Ts’ahal Guerra), momento rituale del Carneva-
le dei Bachajόn, di etnia Tzeltal, la contrapposizione fra “selvaggi” (k’abinales) e
“responsabili in carica” (a’teles), al di là dei suoi echi storici, possiede un fondo
simbolico legato al dualismo spazio antropico/spazio selvaggio. A conclusione
della festa:

los k’abinales permanecen más de quince días en la selva, donde matan


animales para proveerse de carne y pieles para el rito; recogen también
plantas y frutos silvrestres, constituyéndose en representantes del Señor
de los animales, que les ha permitido entrar en sus dominios. Con sus
presentes del mundo selvaje, los k’abinales se encuentran con los a’teles en
el “claro”, un sitio intermedio entre los dos ámbitos; los salvajes llegan
vestidos con harapos, tocando conchas y cargados de pieles y costales
llenos de plantas silvestres; ahí los esperan los a’teles, silenciosos y vestidos
límpidamente de blanco. Éstos ofrecen a los salvajes “trago” [alcohol]
llamado pox y cigarros, productos civilizados, en tanto que los k’abinales
dan a los a’teles aguamiel o miel fermentada, producto natural. Luego
regresan todos al pueblo por distintos caminos. Así se ha producido,
simbólicamente, la armonía de las dos regiones contrarias del mundo (de
la Garza 1984; p. 31).6
5
«lum, e il bosco, balumilal, parola che indica la totalità del mondo, che fa però allusione
alle terre non socializzate» (trad. mia).
6
«I k’abinales permangono più di quindici giorni nella foresta, dove cacciano gli animali
per rifornirsi di carne e pelli per il rito, raccolgono inoltre piante e frutti selvatici, costi-
tuendosi come rappresentanti del Signore degli animali, che ha loro permesso di entrare
nei suoi domini. Con i loro doni del mondo selvaggio, i k’abinales si incontrano con gli

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là dove si celano i tonalme

Proprio per l’idea di una dialettica armonizzatrice fra i contrari, l’integrazio-


ne consustanziale dello spazio antropico con quello selvaggio si verifica mag-
giormente all’interno delle credenze totemiche mesoamericano, che colgono
questa fluidità del limen spazio-concettuale nell’immagine dell’alter ego terio-
morfo.

2. Immagini dell’anima e del corpo fra i popoli del Messico e del Centroamerica

Andando con ordine, proviamo a cogliere la visione corrente fra gli indios
sulla persona umana e in che modo quest’ultima vada inserendosi – se lo fa –
entro la dialettica fra spazio antropico e spazio selvaggio.
Per gli indios la persona umana è un aggregato temporaneo e mutevole di
parti caratterizzate da attributi, funzioni e destini differenti. A. Lupo, schema-
ticamente, definisce le considerazioni dell’«antropología india» sulla persona
secondo questi termini: la persona è complessa (composta da più elementi),
mutevole (l’aggregato è instabile e in continua mutazione), temporanea (lo stato
aggregativo ha durata limitata e si conclude con la morte), diffusa (non tutti gli
elementi risiedono nel medesimo luogo, che si tratti della stessa parte corporea
o d’una regione geografica distinta), dipendente (l’agentività degli individui è
governata da forze esterne e sovrumane) (Lupo 2009; pp. 28-30).
Concentrando la nostra attenzione sui Nahua della Sierra de Puebla, possia-
mo notare due tratti peculiari: 1) una sviluppata e complessa riflessione sulla
parte psichica umana, rappresentata in forma tripartita e riflesso dell’architet-
tura dell’universo a sua volta strutturato lungo un asse verticale e tripartitico7;
2) la totale assenza di un termine specifico e unanime per indicare l’elemento
fisico, ovvero il “corpo” (Lupo 2009; p. 32).

a’teles nel “claro”, un sito intermedio fra i due ambiti; i selvaggi giungono vestiti di stracci,
raccogliendo conchiglie e caricandosi di pelli e sacchi di legna e piante selvatiche; lì atten-
dono gli a’teles, silenziosi e vestiti di candidamente di bianco. Questi offrono ai selvaggi
“trago” (alcool) chiamato pox e sigari, prodotti del mondo civilizzato, mentre i k’abinales
donano agli a’teles idromele o miele fermentato, prodotto naturale. Dopodiché ritornano
al villaggio per distinti cammini. Così s’è riprodotta, simbolicamente, l’armonia delle due
regioni contrarie del mondo» (trad. mia).
7
La struttura cosmologica si compone di un piano inferiore o Inframondo (Mictlan per
gli Aztechi, Xibalba per i Maya, Mictan per i Nahua della Sierra) governato dalle divinità
infere, della Terra dimora degli uomini e, in fine, del Cielo (Ilhuicac, fra i Nahua).

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Questa apparente disparità, benché lasci supporre a primo acchito un duali-


smo mente/corpo à la Descartes, in verità non si deve a preferenze nei confronti
della psiche rispetto la corporeità né ad un’assenza di cognizione da parte indios
del proprio sé corporeo. Al contrario evidenzia come, per i nativi, sia arduo pen-
sare il corpo in termini separati rispetto l’anima.8 La dicotomia ontologica fra res
extensa e res cogitans è estranea al pensiero Nahua che, lungi dall’utilizzare lin-
guaggi metaforici, associa a ciascuna parte organica elementi psichici e morali se-
condo una libera analogia su basi concettuali autoctone. L’individuo, in pratica,
è un tutt’uno equilibrato e i suoi aspetti fisici si integrano alle qualità spirituali.
L’opposizione fra umano e non umano non può così interessare l’integrità
della persona. Piuttosto deriva da un sostrato socioculturale preispanico for-
temente gerarchico, che suppone un uomo “diminuito” (tlacatl), invalido e
disabile, sottomesso alle richieste e ai capricci delle potenze extraumane dello
spazio selvaggio. Per questo la distinzione non è sostanziale ma spaziale, fra
luoghi abitati da potenze sovraumane e centri urbani.
In tutto questo, il legame con l’alter ego animale, noto agli antropologi come
tonalismo, si configura quale componente animica ed essenziale della persona
umana strutturalmente composta, almeno in termini generali, da una parte
spirituale immortale e una o due parti spirituali mortali.
Vediamo di analizzare brevemente queste componenti della personhood
(Mancuso 2014), provando a evidenziare lo stretto rapporto che unisce psiche
e corporeità, e co-essenza umana con co-essenza animale.
La componente immortale dell’uomo destinata a una vita ultraterrena pres-
so i Nahua prende il nome di yolo (k’ux per i Maya), dall’organo in cui è creduta
abitare e con il quale si identifica, cioè il cuore; un legame psiche-organo che
cessa solo al momento della morte. Allo yolo si associano le facoltà mentali
della memoria e dei sentimenti, rappresentando così «l’essenza condivisa dagli
appartenenti a un medesimo gruppo, sociale o etnico» (Botta 2009; p. 65).
Quale fonte dell’identità culturale lo yolo risulta anche la componente animica
meno soggettiva.
Allo yolo/yolia si accostano due costituenti che concorrono alla costruzione
dell’Io individuale. Queste “frazioni” non si danno al momento del concepi-
8
I vocaboli adoperati per indicare la metà materiale dell’uomo sono a un tempo empirici,
estetici e mitici: al di là di cuerpo ed envoltura ricavati direttamente dallo spagnolo, taluni
adottano l’espressione nequetzaliz, dalla radice quetza “ergere, drizzarsi”, adoperato anche
per indicare le statue. Un’alternativa lessicale, altrettanto riduttiva, è nacayo che indica la
carne e i muscoli.

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là dove si celano i tonalme

mento, bensì si acquistano o sviluppano lungo tutto l’arco della vita e sono
caratterizzate dalla capacità di abbandonare i propri involucri corporei.
L’ecahuil o “ombra”, che in condizioni normali è contenuta nel corpo e
maggiormente concentrata nella testa e nel sangue, viene associata all’agenti-
vità (tanemililiz in nahuatl). Può vagare al di fuori della propria sede durante
gli stati alterati di coscienza o nel sonno e andar perduta a sèguito d’un forte
spavento (nemouhtil) rendendosi facile preda di creature extraumane e divinità
ctonie. Alla perdita dell’ecahuil si collega regolarmente l’insorgere di malattie
psico-fisiche che vanno dalla depressione alla morte. La resistenza allo spavento
e ad altri “attacchi”, d’altra parte, è soggettiva e dipende esclusivamente dalle
condizioni astrologiche occorse alla nascita dell’individuo cui l’“ombra” appar-
tiene o al dio patrono al quale l’uomo è legato.
Il terzo e ultimo elemento, anch’esso fortemente dipendente dalle forze
astrali e intimamente legato all’ecahuil, è il tonal ossia l’alter ego. Questo dop-
pio si manifesta prevalentemente sotto forma animale (ma in rari casi può pre-
sentarsi come fenomeno meteorico) e conduce una vita autonoma in regioni
distanti dalla controparte umana.

3. Sul tonalismo e il nahualismo

Visto il legame che presuppone con un alter ego animale, il tonalismo è la


più nota e diffusa forma di totemismo in Mesoamerica.9 La sua antichità è
probabilmente attestabile già nei reperti archeologici olmechi del I millennio
a.C. in cui i sovrani vengono rappresentati durante quella che si suppone es-
sere una metamorfosi in giaguaro, simbolo panamericano del potere regale.
Altra occasione, inaspettata, per accedere alle concezioni sulla consustanzialità,
contiguità e trasmutabilità uomo-animale ci è offerta dalla traduzione dei do-
cumenti epigrafici maya databili al periodo classico (III-X sec. d. C.), in cui un
glifo la cui pronuncia sarebbe way rappresenterebbe l’alter ego dei personaggi di
spicco10; d’altronde, fra gli odierni Tzotzil del Chiapas il wayhel (pl. wayheletik)
9
In verità si usa parlare di nahualismo (sp. nagualismo) intendendo la credenza nell’alter
ego. Come vedremo meglio più avanti, il termine da cui la categoria antropologia si fa
derivare è fortemente ambiguo, pertanto, onde evitare confusioni, seguendo Lupo (2009;
2011), adotteremo tonalismo per la credenza nell’alter ego, mentre nahualismo indicherà
in questa sede la credenza nel mago metamorfico.
10
Se si osserva con attenzione si potrà notare quanto il possesso di un alter ego e dunque

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identifica, per l’appunto, il compagno animale. Da ultimo, i miti precolom-


biani non difettano nel menzionare queste figure accostate anche agli dèi: per
esempio, nella cosmogonia azteca Quetzalcoatl si accompagna ai suoi quattro
nanahualtin11, colloquiando con loro o in loro trasformandosi, mentre il Te-
peyollotl, il “cuore della montagna”, era personificato nel dio giaguaro nonché
alter ego di Tezcatlipoca.
Tonal traduce in nahuatl il vocabolo “sole”, benché il suo significato più
proprio sia “radianza, l’emanazione dei raggi solari”, la cui radice tona era già
presente nel tonalli, componente spirituale nella tripartizione azteca dotato di
caratteristiche assai simili a quelle del tonal (Botta 2011) benché non nei ter-
mini di ego-alterità. Dalla connessione con il sole è possibile dedurre il fonda-
mentale nesso con gli influssi astronomici e calendariali che influenzano per-
petuamente l’uomo: il tonal non si riceve, infatti, all’atto del concepimento
biologico, bensì lungo lo svolgersi della life history individuale. Riprendendo
le credenze Nahua, la dotazione spirituale di una persona avviene in due fasi:
al concepimento corrisponde l’infusione dello yolo/yolia da parte della Gloria
(Dio, il paradiso). L’ecahuil e l’alter ego verrebbero invece assegnati nell’ora
della nascita, secondo gli influssi temporali che dominano quel determinato
momento o le forze sovrannaturali che in quel momento esercitano la propria
influenza.
Sulle modalità d’assegnazione della co-essenza spirituale è interessante sof-
fermarsi un attimo, fornendo qualche esempio concreto. Nel Ramo d’oro, Fra-
zer (2011 [1922]; p. 796) riporta il rituale per l’assegnazione dell’alter ego pra-
ticato dagli Zapotechi: al momento di una nascita, mentre nell’abitazione la
puerpera era in travaglio, all’esterno i parenti disegnavano in terra varie figure
di animali, cancellandole appena fatte. Si procedeva così fino a parto avvenuto.
A quel punto arrestavano il proprio lavoro; la figura animale risparmiata alla
distruzione si credeva rappresentare il tona del nascituro. E ancora: Hernando
Ruiz de Alarcόn, menziona l’alter ego animale parlando dei calendari e del
“battesimo”12 dei bambini spiegando che in quell’occasione veniva assegnato al

l’acquisto di doti sovraumane combaci con l’ottenimento e la gestione del potere. Nel
pensiero precoloniale le élites cittadine si configuravano come mediatori fra umano ed
extraumano, assolvendo quotidianamente a una serie di rituali sovente anche molto dolo-
rosi pur di garantire il corretto equilibrio fra i due àmbiti (Botta 2009).
11
Plurale ricostruito di nahualli (Gonzales R. 1944; vedi più avanti).
12
I popoli di etnia Nahua usavano offrire i bambini appena nati agli dèi in una cerimonia
che, agli occhi degli occidentali, molto ricordava il battesimo: nel corso di questa ceri-

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là dove si celano i tonalme

fanciullo un animale cui sarebbe rimasto legato per tutta la vita (De La Garza
1984; p. 33).
All’assegnazione, la co-essenza animale è già autosufficiente e non deve se-
guire di pari passo la crescita della controparte umana. Ciò non significa che il
tonal non subisca evoluzioni durante la vita. Al contrario, la sua forza e la sua
resistenza aumentano in accordo con lo sviluppo sociale della persona; scalando
il cursus honorum comunitario, una persona vedrà anche il rafforzamento del
proprio alter ego e, in alcuni casi, ne acquisterà anche più di uno.
Le specie animali sotto le cui spoglie può celarsi il doppio animale sono di-
sparate: al di là del già citato giaguaro, tonalme possono essere uccelli da preda,
serpenti o animali la cui forza apparentemente irrisoria è compensata da una
straordinaria vitalità, come la rondine o il colibrì (che presso i mexica-aztechi
era identificato con Huitzilopochtli, il dio guerriero patrono della città di Te-
nochtitlan). Il nesso animico, inoltre, plasma la personalità della co-essenza
umana sfruttando le caratteristiche comportamentali dell’alter ego teriomorfo:
se una persona, per esempio, ha la sfortuna di possedere un tonal-falco, noto-
riamente “carogna”, seguirà comportamenti moralmente disdicevoli, mentre se
il suo alter ego è un coniglio, allora sarà pauroso e facile agli spaventi, sicché la
sua salute sarà cagionevole. Non è tuttavia impossibile correggere o controllare
le proprie tendenze ferine, mediante un impiego consapevole e un impegno
personale; come ricorda un anziano terapeuta nahua, «se prega molto Dio, non
gli succede nulla» (Lupo 2009; p. 43).
Considerato il legame fra salute corporea e destino del tonal, ça va sans dire
che il numero elevato dei doppi teriomorfi e la presenza di “compagni” potenti
permette a una persona di sopravvivere a lungo e resistere meglio alle malattie,
garantendosi così una sorta di assicurazione sulla vita.
Il numero, l’identità e la dimora dei tonalme né l’Io umano né altro indivi-
duo possono conoscerli, «solo alcuni – i terapeuti più potenti – sostengono di
saperli, nel qual caso si pensa siano anche capaci di controllarne il comporta-
mento e di proiettare in esso/i la propria “ombra”». Questi soggetti dal grande
potere magico e animicamente dotati sono noti come nahualme (sing. nahual
o nagual).
Il termine nahuatl nahualli13 indica ora un personaggio capace di trasfor-
monia i raggi solari venivano raccolti nell’acqua di un recipiente, acqua che subito dopo
si versava sul capo del neonato. In questo modo si credeva di infondergli la forza del dio
che governava quel giorno.
13
Richard Andrews e Ross Hassig lo fanno derivare dal verbo tlanahua, «interporre qual-

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animal studies 18

marsi, cioè di “frapporre qualcosa fra sé e il pubblico” (Lupo 2011; Martìnez


Gonzàles 2010), ora il compagno animale che si “possedeva” e in cui ci si
poteva trasformare. Presso gli indios della Sierra il termine nahual ricorre oggi
indicando esclusivamente lo stregone metamorfico – e così qui lo intenderemo.
Anche il nahualismo si attesta già con le fonti preispaniche e quelle im-
mediatamente successive alla Conquista. Nel IV libro del Codex florentinus
Bernardino de Sahagún annota a proposito del nahualli che quanti nascevano
sotto il segno “1 Quiahuitl”14: «si faceva nahualli […]. Faceva di qualcosa il
proprio nahualli, si trasfigurava in qualcosa; forse aveva per nahualli una fiera.
[…] forse estraeva da sé un tacchino, una donnola o un cane. Qualsiasi cosa
era la sua trasfigurazione, diveniva il suo nahualli» (cfr. in Lupo 2011; p. 184).
Sebbene nel passato azteco vi fossero sacerdoti creduti provvisti di poteri
metamorfici (per esempio il Tlacatecolotl, “uomo-gufo”), nel Messico presente
la figura del nahual è stata lungamente accostata all’immagine oscura dello stre-
gone cristiano di cui ha ereditato i tratti tutt’altro che sacri o benevoli. Donde
ne viene che il nahual è sovente chiamato in causa durante i riti terapeutici,
considerato come possibile origine della malattia (nel ruolo di divoratore di
“ombre” o di embrujador) o come unica soluzione per recuperare l’ecahuil pre-
data dalle creature extraumane dell’Altrove.

4. Dove sta? Lo spazio dell’alter ego come middle ground

L’abilità magico-terapeutica dei nahualme risiede dunque sia nell’assumere


l’aspetto di un animale o controllarne le azioni, sia nell’effettuare viaggi onirici
attraverso cui è possibile “vedere” e riconoscere le componenti spirituali oltre
il velo di questo mondo, sia nel liberare le stesse dall’eventuale prigionia in cui
sono state nelle altre dimensioni.
Parlando brevemente di questi “spazi negli spazi” va precisato che il più delle
volte possiedono una precisa ubicazione. La tripartizione cosmica in cielo, terra
e inferno non esclude la presenza di regioni aggiuntive, cioè non miscelate per
intero ai tre grandi àmbiti dell’universo. Senza dubbio, poiché privi di con-
notati morali, questi Altrove non possono però che partecipare del solo piano

cosa (tra sé e il pubblico, la pelle e il vestiario esteriore, l’uomo e gli dèi, e così via)» (cfr.
in Lupo 2009; p. 133).
14
“1 Pioggia”, uno dei segni calendariali mesoamericani.

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là dove si celano i tonalme

intermedio, ossia la terra, condividendone e accentuando in sé tutta la natu-


ra ambivalente. Ed è questo carattere contraddittorio, mediano e “meticcio”
(middle ground), a un tempo imitatore e sovvertitore dello spazio antropico,
che li rende altresì adeguati a ospitare un egualmente ambiguo alter ego.
Qualche esempio contribuirà a illustrare meglio il concetto. Secondo gli
Tzotzil, il wayhel abita la montagna sacra, chiamata ch’iebal (“discendenza
da lignaggio maschile”) perché anche luogo di riposo degli Antenati. Questa
montagna si ripartisce in tredici livelli congiunti da una scala e nell’aspetto
complessivo appare molto simile alle piramidi maya. Ivi le co-essenze animali
vanno ubicandosi ciascuna presso uno dei gradoni, conformemente al posto
occupato dal corrispettivo umano nella società – e dunque replicandone in
qualche modo la struttura gerarchica.
Per i Nahua di Puebla, invece, il rifugio dei tonalme è sotterraneo, sito nel
ventre della terra o nel “cuore della montagna sacra”, il Tepeyollotl. Il nome
dato a questo luogo è Talocan15, connesso etimologicamente alla terra e ai fe-
nomeni meteorici. Al suo interno s’immaginano tutte le ricchezze della terra,
dai beni di prima sussistenza al denaro, e poi ogni principio primo, ogni vita:
il “cuore” (yolo) di ciascun essere di là da venire, quando non lo si considera
emanato dalla Gloria, è conservato nel Talocan. Ma a un volto benigno si ac-
costa anche quello inquietante di divoratore di “ombre”. Sede di avide divinità
telluriche e Signori degli animali, il Talocan si fa luogo insidioso, interdetto
agli uomini, che riescono ad accedervi solo proiettandovi la propria “ombra” o
tramite l’alter ego.
Quindi questi luoghi si configurano come regioni appartate del mondo me-
diano, uno sprazzo di sacro nel profano e di profano nel sacro, così come l’alter
ego animale non è che una scintilla divina nell’uomo.

5. Conclusioni

Nella concezione mesoamericana – lo ripetiamo – fortemente gerarchica,


il posto occupato dall’uomo quale soggettività asservita al volere delle entità
extraumane e, al tempo stesso, capace di intervenire nel mondo e influenzare il

15
Il nome deriva da Tlalocan, spazio catactonio dagli eguali caratteri e posto nelle regioni
più interne della montagna sacra. Era il regno del dio Tlaloc, signore della pioggia e per-
sonificazione dei fulmini.

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animal studies 18

comportamento delle stesse potenze, è un posto di mediazione fra dimensioni


antitetiche. Per gli Aztechi l’uomo era macehualli16, ossia “medio, che sta nel
mezzo”, non al livello delle sostanze inanimate, ma nemmeno sul piano degli
dèi (e degli animali!).
Lo spazio antropico, che pur si costituisce intorno e per azione diretta
dell’uomo, poiché prodotto, non può identificarsi tout court con il suo creato-
re. Diversamente, lo spazio selvaggio, quantunque opposto al kosmos umano e
in conflitto con il carattere ordinatore di quest’ultimo, ne resta pur sempre la
matrice originaria, della quale l’uomo porta con sé parte dell’essenza sovrau-
mana. Non combaciando né con l’uno né con l’altro àmbito, l’essere umano
resta irrimediabilmente nel liminale, auto-esiliatosi nello spazio che per sé si è
ritagliato, pur continuando ad anelare e dipendere dallo spazio selvaggio che
lo ha generato.
Nella riflessione indigena il totemismo interviene onde placare questo inti-
mo dissidio: il possesso dell’alter ego teriomorfo stringe i legacci che uniscono
l’uomo allo spazio selvaggio, regno degli animali e degli dèi, dimora ancestrale,
senza però costringere l’uomo a disfare lo spazio antropico così faticosamente
costruito. Nell’alter ego sono visibili quei tratti che la riflessione indigena in-
consciamente attribuisce alla persona, dalla natura ambigua – civile e ferina –
al middle ground in cui dimora.
Dunque, il posto dell’uomo non potrà che essere là dove dimorano i tonal-
me: nella congiuntura, il centro.

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16
Macehualli nella struttura sociale azteca era l’uomo comune, a metà strada fra lo schiavo
e l’appartenente alle élites (pipiltin). È quindi in quest’ottica in cui va visto l’uomo all’in-
terno del cosmo, che altri non è se non una replica “mitizzata” della dimensione sociale.

60
là dove si celano i tonalme
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61
ANIMAL STUDIES
Rivista italiana di antispecismo

Rivista trimestrale peer-review che affronta da un punto di vista filosofico problemi di tipo etico, politico, scientifico e
culturale legati al nostro complesso rapporto con la natura, con particolare attenzione alla questione del rapporto con
gli animali non-umani. Oltre ad articoli di approfondimento e interviste ai protagonisti dei dibattiti nazionali e interna-
zionali su tali tematiche, la rivista presenta al lettore un’aggiornata documentazione sull’argomento (libri, convegni, film
ecc.) in un’apposita rubrica di recensioni, utile strumento di orientamento. La rivista si pone infine come luogo ideale di
dibattito, offrendo ampio spazio ad interventi che discutono e problematizzano le tesi ed i contenuti pubblicati, in un’ap-
posita sezione dedicata al confronto tra gli autori e tra autori e lettori. Animal Studies intende così proporre al lettore un
panorama aggiornato e ampio delle diverse posizioni teoriche nella convinzione che solo la spassionata ricerca della verità
possa condurre a soluzioni praticabili dei problemi posti e contribuire ad un reale avanzamento morale e civile della società
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