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ANIMAL studies

Rivista italiana di antispecismo


trimestrale
anno vi numero 20

Occhi di gatto
Felinità e dintorni
ANIMAL STUDIES
Rivista italiana di antispecismo

trimestrale
20 – Occhi di gatto. Felinità e dintorni

numero a cura di Sonia Campa

Direttore responsabile ed editoriale


Roberto Marchesini

Comitato scientifico
Ralph R. Acampora (Hofstra University)
Carol Adams (Southern Methodist University)
Matthew Calarco (California State University Fullerton)
Felice Cimatti (Università della Calabria)
Enrico Giannetto (Università degli studi di Bergamo)
Oscar Horta (Universidade de Santiago de Compostela)
Andrew Linzey (University of Oxford)
Peter Singer (Princeton University)
Tzachi Zamir (The Hebrew University of Jerusalem)
Redazione
Eleonora Adorni, Matteo Andreozzi, Laura De Grazia,
Alessandro Lanfranchi, Manuela Macelloni, Valentina
Mota, Roberta Papale, Lucia Zaietta, Nicola Zengiaro.

ISSN 2281-2288
ISBN 978-88-97339-77-9

Reg. Trib. Roma n. 232 del 27/7/2012


© 2017 NOVALOGOS/Ortica editrice soc. coop.
via Aldo Moro, 43/D - 04011 Aprilia
www.novalogos.it • info@novalogos.it
finito di stampare nel mese di dicembre 2017
presso la tipografia ristampa s.r.l., cittaducale (ri)
Sommario

5 Editoriale
Di Sonia Campa

Articoli

8 Well-being: le motivazioni del gatto


Di Roberto Marchesini
19 Limiti e limitazioni nella ricerca del legame del gatto all’uomo:
comparazione con il cane
Di Chiara Mariti
25 Il rischio burnout per le professioni in ambito etologico
Di Beatrice Caverni, Angelo Gazzano, Chiara Mariti
32 Psicoanalisi e animalità. Il luogo dell’Io nello sguardo animale
Di Nicola Zengiaro
40 Everything has Jaguar. Un simbolo animale nella
sacralizzazione del potere regale
Di Luca Campione
51 Le pantere di Dioniso. Ferocia e follia nel menadismo greco
Di Nicolò Pasqualini
60 L’irresistibile ascesa del gatto nella mente dell’uomo
Di Marina Alberghini
69 Il migliore amico di mio padre
Di Davide Celli

74 Letture
L’identità del gatto – Storia sociale dei gatti – Il gatto e la filosofia
EVERYTHING HAS JAGUAR.
UN SIMBOLO ANIMALE NELLA SACRA-
LIZZAZIONE DEL POTERE REGALE1
Di Luca Campione
Università degli Studi di Roma “la Sapienza”

A Maicol e la sua gatta Xena


«Una montaña podía ser la palabra del dios, o un río o
el imperio o la configuración de los astros… Quizá en mi
cara estuviera escrita la magia, quizá yo mismo fuera el fin
de mi busca. En ese afán estaba cuando recordé que el ja-
guar era uno de los atributos del dios».
J. L. Borges, L’Aleph, 1971

L’antropologia non è nuova allo studio delle relazioni simboliche tra l’umano e
il non umano; nei suoi saggi sul totemismo Lévi-Strauss (1962; 1962a) individua
nella struttura relazionale uomo-animale un’intenzione classificatoria della realtà
fenomenica e sociale che egli definisce tipica del pensiero “selvaggio”. Per l’antro-
pologo francese gli animali offrivano un «supporto concettuale per la differenzia-
zione sociale» (cfr. in Busatta 2007; p. 5). Gli studi di americanistica, dal canto
loro, hanno notato quanto fosse fondamentale, nelle società mesoamericane, l’u-
so di figure animali per intercettare e sussumere concetti legati ad alcuni aspetti
dell’esistenza, spesso sfruttandone i tratti fisici o etologici. Caso emblematico è
quello del giaguaro (Panthera onca), il più grande dei felini americani e terzo al
mondo, noto presso i locali di lingua nahuatl come ocelotl e fra i maya con il ter-
mine balam. Nei reperti archeologici, monumentali e letterari, il simbolo e l’icona
del giaguaro ricorrono quasi ossessivamente ogni qualvolta si fa riferimento a un
oggetto o personaggio rivestito di un particolare potere magico-sacrale: accosta-
menti metaforici che perdurano sin dall’età precoloniale e mai cambiati.2 Non
1
Colgo qui l’occasione per ringraziare quanti mi hanno assistito nella stesura e soprattut-
to nella revisione di questo lavoro, in particolare la dott.ssa Isabel Modica e Sara Bisello
per le revisioni e i preziosi consigli, e il dott. Ricardo Garcia per il preziosissimo aiuto con
i testi in spagnolo antico e le traduzioni.
2
Un caso sicuramente interessante che collega il giaguaro – e il felino in generale – alle
figure di potere è dato dalle comunità indigene tlapaneche di Zapotitlan Tablas e di Acate-

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è erroneo, da questo punto di vista, dire che «the feline can be considered the
great unifying factor in Pre-Columbian cultures» (Busatta 2007; p. 5). D’altro
canto, che la figura del tlatoani, ossia l’imperatore azteco, fosse quella d’un vero
e proprio re sacro frazeriano è stato chiaramente evidenziato da molti studiosi,
fra tutti Daniéle Dehouve (2006).
Quel che ci interessa analizzare in questo lavoro è il perché della centralità
ossessiva assunta dal giaguaro nell’arte e della religione mesoamericane nonché la
sua sinonimia con l’establishment nahuatl. Partendo dalla monarchia azteca avvie-
remo, così, un’analisi storico-comparativa sul complesso apparato di significati e
metafore celati “sotto la pelle” del jaguar-symbol complex, che Nicholas J. Saunders
ha sagacemente definito una «deeply rooted, pan-American, and fundamentally
shamanic conception of political power» (Saunders 1993; p. 43, cfr. in Busatta
2007; p. 5).

1. Ocelopetlatl. Il re-giaguaro in Tenochtitlan

Il mondo azteco non era parco nell’uso di metafore e simboli iconografici per
riferire concetti astratti. A tal consuetudine non si sottraeva il potere regale, nei
confronti del quale sacerdoti e artisti svilupparono una complessa costellazione di
titoli e attributi per indicarne le molteplici funzioni. Ocelopetlatl3, per esempio,
era a un tempo nome del seggio regale e soprannome di colui che vi stava assiso,
mentre il difrasismo cuauhtli ocelotl, “aquila e giaguaro”, richiamava lo status di
guerriero e supremo capo militare del re.

Fig. 1 – Il tlatoani Acamapichtli, primo


signore di Tenochtitlan, raffigurato sul suo
trono regale, visibilmente composto d’una
stuoia intrecciata e pelle di giaguaro. Co-
dice Chimalpopoca.

pec con il rituale di intronizzazione caratterizzato dal sacrificio di un gatto (vedi Dehouve
2008).
3
Lett. “stuoia di (pelle) di giaguaro”, da ocelotl “giaguaro” e petlatl “stuoia”. Il seggio regale
non era altri che una stuoia di canna intrecciata coperta da pelli di giaguaro.

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Come s’evince dagli esempi, l’icona più ricorrentemente relazionata alla figura
del sovrano è quella del giaguaro che, Sahagún ci informa, le genti del Nuovo
Mondo credevano controparte ferina del re, il «príncipe y señor de los otros ani-
males» (Codice Fiorentino, lib. XI, cap. I). D’altra parte è stato registrato come i
cacciatori-raccoglitori delle foreste tropicali americane ritenessero uomo e giagua-
ro simili, uniche prede l’uno dell’altro, distinti solo dal modo di cibarsi – l’umano
cuoce la carne, il giaguaro la divora cruda.
Uno dei tratti maggiormente caratterizzanti delle società precolombiane era
la rigida e pronunciata stratificazione sociale. I mexica-aztechi distinguevano fra
classi nobili (pipiltin), l’establishment, e classi medio-basse (macehualtin), ovvero
produttori e commercianti. All’ultimo livello erano posti gli schiavi, i quali però,
a nostro giudizio, non sembravano formare un vero e proprio gruppo sociale. Al
vertice della piramide, invece, stava l’imperatore, lo huey tlatoani4 “il grande ora-
tore”, figura regale con caratteristiche magico-sacrali. Dehouve definisce il re sacro
azteco a un tempo «responsable», ovvero unico garante della prosperità nei periodi
favorevoli e causa di sfortune nei periodi bui, e «personnage central» poiché situato,
in forza del suo ruolo cerimoniale, al centro di una relazione di equivalenza fra
l’universo e la società (Dehouve 2007), nonché fulcro “spazio-concettuale” della
geografia sociale azteca, imitazione del cosmogramma teologico. Come afferma
Johanna Broda, infatti, nel Messico antico «existió el deseo de situar simbólica-
mente al gobierno dentro del orden del universo, de ligarlo con la cosmovisión.
El orden humano se concebía como réplica del orden divino»5 (Broda 1978; pp.
222-223). Pertanto, come il sole domina i cieli e nutre le piante e il giaguaro si-
gnoreggia sulle fiere del bosco, così il “re divino” presiedeva all’ordine politico. Ciò
ovviamente attraverso una serie di funzioni alle quali doveva attendere; «si le roi
manquait à ses devoirs […] les gens pensaient que la cité risquait d’être détruite
par des catastrophes naturelles et sociales»6 (Dehouve 2006; p. 39).
Quanto detto in sé parrebbe pur bastare a un occhio superficiale per giustifi-
care l’accostamento del giaguaro alla figura del sovrano. Tuttavia riteniamo che

4
Si fa derivare da tla-ihtoa-ni “colui che enuncia delle cose”, dal verbo ihtoa “enunciare”
(Dehouve 2006; p. 40). È stato da lungi osservata l’importanza delle parole all’interno
della teologia politica nahuatl: la parola era ritenuta portatrice di particolari poteri magici
che il tlatoani esercitava pienamente.
5
«V’era il desiderio di situare simbolicamente il governo entro l’ordine dell’universo, di
legarlo alla cosmovisione. L’ordine umano si concepiva come replica di quello divino»
trad. mia.
6
«Se il re mancava ai suoi doveri […] i sudditi temevano che la città rischiava d’essere
distrutta da catastrofi naturali e sociali» trad. mia.

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una semplice analogia non sia sufficiente a spiegare la persistenza del simbolo.
Occorre, quindi, ricercare le molteplici sfaccettature, ovvero le funzioni assegnate
al giaguaro e riflesse nella persona dell’imperatore.
Le principali preoccupazioni del tlatoani consistevano nella guerra e nell’eser-
cizio del culto divino – funzioni principali –, cui seguiva l’amministrazione della
giustizia; compiti attraverso cui il re badava a «far marciare il sole e la terra, che qui
significa […] lavorare perché non manchino sacrifici di sangue e [perciò] nutri-
mento al sole, affinché non arresti il suo corso, e poi alla dea terra, che dona noi la
sussistenza» (Motolinía 1858, cfr. Dehouve 2006; p. 38, trad. mia). Nello svolgi-
mento dei suoi doveri il tlatoani era altresì assistito da una sorta di “re in seconda”,
il cihuacoatl7, considerato suo ixiptla8 (doppio) e controparte, coerentemente con
la worldview duale azteca.
Sempre in Tenochtitlan esistevano due particolari ordini militari, i Guerrieri
Giaguaro (ocelomeh) e i Guerrieri Aquila (cuacuauhtin)9, da cui deriva il citato
titolo regale.
Unitamente alla presenza del cihuacoatl ci è possibile, con questi elementi, scor-
gere uno schema che lega tre simboli animali – il giaguaro, il serpente e l’aquila
– alle funzioni del tlatoani.
Anzitutto emergono due interessanti combinazioni: giaguaro/aquila e giagua-
ro/serpente. Della prima coppia è chiara la funzione bellica, ma è bene specificare
che questa si svolgeva prevalentemente in occasione della Guerra Fiorita, atta a
reperire vittime umane per i sacrifici. Le due milizie erano altresì poste sotto la
protezione di Tezcatlipoca, per i Giaguari, e di Huitzilopochtli, per le Aquile. Per
quanto riguarda il cihuacoatl, qui ci interessa sottolineare che una delle sue prin-
cipali occupazioni era la cura delle cose sacre, ossia dei culti, in Tenochtitlan.10 Al
7
Da cihuatl “donna” e coatl “serpente”. A dispetto del nome, il cihuacoatl era sempre
impersonato da un uomo, in rispetto all’onnipresente androcentrismo mexica. La partico-
larità del nome dipende dall’esigenza azteca di adeguare la struttura sociale alla struttura
cosmica, organizzata secondo un rigido dualismo, opponendo pertanto al tlatoani, dichia-
ratamente maschile, un personaggio almeno nominalmente femminile.
8
Il concetto di ixiptla “forma, immagine” [leggasi “isciptla”], o ancor meglio di ixiptlayotl
“rappresentazione”, si fonda sulla credenza secondo la quale le divinità potevano assumere
spoglie mortali, incarnandosi o possedendo dei corpi. Al termine dell’anno solare, l’ixipt-
la del dio veniva sacrificato, ripetendo così il grande gesto che lo stesso aveva compiuto
al tempo del mito. Il caso forse più noto è quello dell’ixiptla di Tezcatlipoca, sacrificato
durante la festa Toxcatl.
9
Forme plurali di ocelotl “giaguaro” e cuauhtli “aquila”.
10
Nel pantheon azteco figurava anche una divinità, questa volta autenticamente fem-
minile, chiamata Cihuacoatl, protettrice delle ostetriche. In alcuni miti della creazione

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cihuacoatl spettava soprattutto l’elezione dei sommi sacerdoti del Templo Mayor.
Affinità fra il serpente e la dimensione rituale che le figure dei due sommi sacerdoti
contribuiscono a sottolineare con l’assunzione del titolo di Quetzalcoatl11, “Ser-
pente piumato”, in richiamo all’omonima divinità patrona del clero.

Possiamo così riassumere il nostro schema:

Fig. 2 – Icone simboliche dei due or-


dini militari di Tenochtitlan, Aquile e
Giaguari, riconoscibili dagli stendardi
che recano legati sulle spalle. Codice
Borbonico, tavola 11.

Il quadro generale non è ancora adeguatamente chiaro e pecca d’eccessiva elu-


cubrazione. Onde render più solide le nostre conclusioni occorre fare qualche
passo in avanti. Anzi, indietro.
affianca Quetzalcoatl come creatrice dell’umanità, mentre in altri è madre di Mixcoatl o
dello stesso Quetzalcoatl.
11
Il Templo Mayor, la grande piramide in Tenochtitlan, era suddivisa in due metà com-
plementari, secondo lo schema dualistico nahuatl. Una metà spettava al dio lunare Tlaloc,
signore delle piogge e incarnazione dei fulmini. L’altra apparteneva a Huitzilopochtli,
dio tribale mexica nonché guerriero e personificazione del sole. I rispettivi templi erano
affidati ai due sommi sacerdoti, Quetzalcoatl Tlaloc Tlamacazqui “sacerdote Quetzalcoatl
di Tlaloc”, e Quetzalcoatl Totec Tlamacazqui “sacerdote Quetzalcoatl di Nostro Signore
(Huitzilopochtli)”.

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2. Historia general de los jaguares por sus pinturas. Diffusione ed evoluzioni del
jaguar-symbol complex nella storia del Centro America

Il cluster simbolico-metamorfico evidenziato, serpente-giaguaro-aquila, ridotto


alla forma più generica di «felino-uccello-rettile», ricorre in contesti culturali distanti
geograficamente e cronologicamente da quello precolombiano. Questo par sugge-
rire una sua remota antichità, forse riconducibile al Paleolitico superiore (30.000 ±
10.000 anni fa ca.), ovvero prima dell’arrivo di Homo sapiens nelle Americhe. Furst
afferma a tal proposito: «I think this is very ancient. Maybe it goes back to Asia,
where you get the association of the bird, the tiger, and the serpent, which becomes
the dragon. All through tropical South America you have jaguar, bird and the ser-
pent» (Furst P., in Benson 1972; p. 46).
Le attestazioni più antiche del jaguar-symbol complex sono state rinvenute pres-
so San Agustín in Colombia, sito che contiene il più alto numero di statue mega-
litiche scoperte in «any prehistoric context in the western hemisphere» (Reichel-
Dolmatoff 1970; p. 51). Nelle raffigurazioni di San Agustín possiamo distinguere
tre categorie di base: a) raffigurazione realistica in cui il giaguaro attacca o copula
con una donna; b) in cui un uomo possiede attributi felini o si trasforma parzial-
mente in un giaguaro (fig. 3); c) in cui l’uomo-giaguaro si combina con altre cre-
ature animali, come uccelli o rettili, dando vita a nuovi esseri mostruosi (ibidem;
p. 54).

Fig. 3 – Scultura raffigurante un giaguaro sovrapposto ad


una figura femminile. Sito di La Parada, Municipalità di San
Agustín. © César Velandia, 1999 fig. 10.15.

Reichel-Dolmatoff fa notare come in ciascuno di questi casi il felino venga mo-


strato sempre in associazione con una figura umana. Questo dettaglio si rivela cen-
trale nella nostra indagine poiché lascia supporre una diretta relazione che la figura
ibrida, convenzionalmente chiamata were-jaguar, e quella del felino intrattengono
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con specifici individui, gruppo etnico o una categoria sociale. Fra gli indigeni di lin-
gua Chibcha, stanziati nei territori della Colombia, è tutt’oggi possibile rintracciare
narrazioni che ancora conservano, dopo millenni, tratti in comune che gli antichi
sistemi di credenze di San Agustín. La figura di Sxî’hra’cu’ (oggi Juan Chiracol),
eroe culturale Páez, è un buon esempio: legato all’ambiente lacustre e alla pioggia,
il suo nome significa “tuono-bambino”, che lo collega ai fenomeni meteorici, alla
fertilità e alle pratiche sciamaniche.12 Chiracol era figlio di una fanciulla Páez, vit-
tima di un attacco sessuale da parte di un giaguaro. I miti degli indiani Kogi della
Sierra Nevada di Santa Marta, invece, narrano di giaguari creati all’inizio dei tempi,
i quali a loro volta generarono il popolo di uomini-giaguaro, antenati degli odierni
Kogi. Medesimo tema spunta nelle cosmogonie dei Tukano, dei Caribi dell’Orino-
co, degli Arawak e di molti altri popoli, giustificando in ogni occasione la dicotomia
giaguaro/non-giaguaro alla base dell’esogamia tribale e dei rapporti uomo/donna. È
interessante notare come il ratto sessuale di una fanciulla a opera del giaguaro sembri
riecheggiare pure nel mito azteco di Xochiquetzal, la giovane e bella dea della prima-
vera e sposa di Tlaloc, rapita dal dio giaguaro Tezcatlipoca.

Fig. 4 – Las Lima Monument 1.


Fig. 5 – Painting 1-d, Oxtitlan, Guerrero. So-
Figura in pietra verde di una ado-
vrano che evoca il proprio nahualli (?). (da M.
lescente che “presenta” un infante
D. Coe, 1970, fig. 8)
were-jaguar. © O. Cadena
Senza sostanziali cambiamenti iconografici, il medesimo tema mitico e gli stessi
gruppi rappresentativi furono ereditati dagli Olmechi e dai popoli della Valle del
Messico. Circa il ritrovamento di una statua olmeca in cui un giaguaro sopraffà
una donna, l’archeologo Matthew Stirling, autore della scoperta, così commenta:
«The episode represented must have been an important feature of Olmec mytho-
logy. It is particularly interesting in view of the frequent representation of part hu-
12
Secondo le credenze Paeces, i loro uomini-medicina (the’wala) riceverebbero i poteri da
un fulmine e si recherebbero poi in apprendistato presso un lago. Cosa importante, Chi-
racol nei miti odierni viene immaginato come compagno di Dxi’pam, il principale eroe
culturale dei Paeces, anch’egli legato sia al tuono sia ai laghi.

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everything has jaguar

man and part jaguar figures in Olmec art.» (cfr. in Reichel-Dolmatoff 1970; 54).
Che questa statua si colleghi a un altro gruppo di reperti, raffiguranti una giovane
donna che tiene tra le braccia un infantile were-jaguar (fig. 4), sembra plausibile
ma non ancora probante. Però, se così fosse, resterebbe da intendersi l’esatta posi-
zione del soggetto iconografico all’interno del perduto quadro mitologico.

Fig. 7 – Scultura raffigurante la testa di un


Fig. 8 – Vaso in ceramica
giaguaro con lingua biforcuta di un rettile.
Fig. 6 – Figura sedu- con bassorilievo di creatu-
Teotihuacan.
ta con elmo decorato ra ibrida giaguaro-uccello-
© Robin Heyworth
secondo il motivo serpente. Museo Regional,
dell’ibrido. Museo di Teotihuacan. (da Kubler,
Anahuacalli. (da Ku- 1970, fig. 1)
bler, 1970, fig. 15)

Ancor più emblematica è la pittura parietale 1-d rinvenuta a Oxtotitlan (fig. 5),
nello stato di Guerrero, dove – se si vuol ammettere l’interpretazione di Coe – un
giaguaro rampante par fuoriuscire dai genitali di un sovrano olmeco, forse durante
un’azione cultuale legata ai riti di fertilità13 (Coe 1972; p. 11).
Infine, a Teotihuacan (100 a.C. – 550 d.C.), compaiono accanto al giaguaro i
simboli del serpente e dell’uccello, sovente fra loro appaiati in forme ibride mo-
struose. Pittogrammi e bassorilievi con immagini antropomorfe di esseri in parte
giaguaro, in parte uccello e in parte serpente compaiono frequentemente nell’arte
teotihuacana, costantemente inseriti in circostanze cultuali, belliche o d’esaltazio-

13
In effetti, non sarebbe gramo pensare che emerga qui chiaramente la credenza nell’alter
ego teriomorfo. Questo complesso di idee, che prende nome di nahualismo (o naguali-
smo), ho già provveduto ad affrontarlo in un precedente lavoro cui rimando (Campione
2017). Per ulteriori approfondimenti si vedano Lupo 2009 e 2011, e Botta 2006.

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ne della regalità, affini, pertanto, a quanto osservato fra gli Aztechi.14
Va detto che anche nel contesto teotihuacano, come precedentemente indica-
to per San Agustín, queste tre figure compaiono per lo più affiancate o ibridate
all’essere umano. Secondo questo modello, D. Caso (1966; p. 254, cfr. in Kubler
1970; p. 19) separa la forma “uomo-giaguaro-serpente” da quella “uomo-uccello-
serpente”, connettendole alle due divinità patrone di Teotihuacan, il dio “serpen-
te-giaguaro” e il dio “serpente piumato”, identificati dagli studiosi con Tlaloc e
Quetzalcoatl.

3. Teotl e tlatoani. Il giaguaro come rappresentazione delle potenze naturali

Fra gli indigeni colombiani, abbiamo detto, il giaguaro continua a occupare


un posto di rilievo nei miti e nei culti. Oggi, come nella preistoria, l’associazione
principale fra lui e un essere umano si concretizza nella figura dello sciamano-
sacerdote, principale operatore cultuale delle tribù. La persona dello sciamano
o del medicine-man contiene molti aspetti di quelle energie fecondatrici parzial-
mente derivanti da, e parzialmente riflesse su, gli esseri extraumani o sugli oggetti
materiali ai quali essi si affidano onde eseguire i loro rituali. Il giaguaro esprime
pienamente questa energia, legata soprattutto alle oscure potenze dell’acqua e del-
la pioggia; il suo ruggito è il ruggito del tuono, la sua dimora è nelle profonde
caverne dentro la terra. Come signore degli animali concede buona riuscita al
cacciatore, garantendogli l’apporto nutritivo necessario a un completo fabbisogno.
Un detto degli indigeni Arawak recita «hamáro kamungka turawati / ogni cosa ha
il giaguaro», ovvero il giaguaro è presente in ogni cosa (Reichel-Dolmatoff 1972;
p. 61).
La «jaguarness» sciamanica (ivi) dei cacciatori-raccoglitori ricorda molto l’idea
di mana diffusa fra i popoli polinesiani o il manitou degli Indiani del Nord Ame-
rica, con i quali potrebbe effettivamente possedere lontane parentele: una potenza
impersonale, simile a uno stato o qualità intrinseca di un oggetto/persona o di una
specifica situazione, difficile da rendere secondo le categorie occidentali.
Questa medesima credenza la ritroviamo fra gli aztechi. Anche loro credevano
nell’esistenza di una potenza impersonale – una qualità delle cose – che alimentava

14
La presenza di piume nei mostri ibridi di Kubler potrebbe non necessariamente indicare
un incrocio con la figura dell’uccello ed essere nulla più che un’insegna regale; le piume
dell’uccello quetzal, in particolare, erano giudicate assai preziose, per questo sovrani e
divinità se ne rivestivano. L’unione fra serpente e giaguaro, invece, sembrerebbe inoppu-
gnabile.

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e garantiva il funzionamento del cosmo attraverso un complesso gioco dialettico


fra opposte e complementari polarità, padrona del destino umano. Questa energia
creativa, dal significato fortemente versatile, incarnata nel dio Ometeotl “Dio-
Due”, trovava esatta definizione nel concetto di teotl.
La straordinaria somiglianza con il greco theós (θεός), oltre la difficoltà di de-
scriverlo secondo le categorie linguistiche europee, trasse in inganno i missionari
cristiani che tradussero teotl con “dio”. Eppure, «like the Tao of Taoism, teotl is not
only the force or energy but also the equilibrium, rhythm, and regularity imma-
nent within the endless, dialectical oscillation of these polarities. Teotl is the warp
and woof of the fabric of the universe. Like the Tao, it is both what the universe is
and how the universe is.» (Maffie 1999; p. 16).
Come “discendente” dello sciamano tribale, il tlatoani possedeva in sé questa
particolare essenza, che lo rendeva diverso dal resto dei cittadini, tant’è che a nes-
suno era consentito rivolgere liberamente parola al sovrano e ancor meno fissarlo
negli occhi. Nel rispetto di questo stesso potere divino il tlatoani riceveva, alla
stregua degli dei, un ixiptla15 che agiva in sua vece e che, al contempo, gli fosse
controparte, il cihuacoatl.
Attraverso i rituali religiosi, l’amministrazione della giustizia, la “confessione”,
le pratiche di mortificazione e di autosacrificio16 e la guerra, i sovrani aztechi cer-
cavano di imbrigliare o mantenere dentro di loro le forze che governano il cosmo.
Questi poteri venivano posti al servizio delle esigenze comunitarie. Potremmo dire
che ben si adattano al nostro caso le parole di Brad Shore circa i popoli polinesiani:
«quella che viene comunemente chiamata religione polinesiana [nel nostro caso
“religione azteca” nda] potrebbe essere adeguatamente descritta come una sorta di
vitalismo» (cfr. in Notarangelo 2000; p. 9).
In conclusione, il simbolo del giaguaro smise di identificare un gruppo etnico,
come nella preistoria, o di regolare i rapporti esogamici fra gruppi e tribù. Ora de-
signava unicamente tutti quegli individui che, per la loro centralità nell’esistenza
stessa della società, venivano considerati e posti ad un livello intermedio – se non

15
Sul rapporto fra teotl e ixiptlayotl si veda il lavoro di Hvidtfeldt A. (1958), Teotl and
Ixiptlatli: some central conceptions in ancient Mexican religion: with a general introduction
on cult and myth, Munksgaard, Copenaghen.
16
Poiché gli dei, in origine, si sacrificarono onde far muovere il sole e permettere la vita,
oggi gli uomini sono chiamati a restituire periodicamente quelle stesse energie concesse
dagli esseri extraumani. Il sovrano per primo si sottoponeva a periodici salassi o pratiche
mortificatorie come il forarsi gambe e braccia con aghi o il far passare più e più volte una
corda irta di aculei in un foro praticato nella lingua, al fine di versare il proprio sangue e
restituire agli dei quanto dovuto. Questo concetto era la base dei sacrifici umani.

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animal studies 20
completamente differente – dell’esistenza, prossimi alle divinità. Per questo dai
successi del tlatoani dipendeva il benessere della città, allo stesso modo in cui dal
retto agire degli dei dipendeva il buon funzionamento della macchina universale.

Bibliografia

Benson E. P. (ed.) (1972), The Cult of the Feline, Dumbarton Oaks, Washington, p. 166.
Botta S. (2006), La religione del Messico antico, Carocci, Roma, p. 140.
Busatta S. (2007), “The Jaguar: The Aztecs’ Dark Side of Power”, Antrocom, Vol. 3, n. 1, pp. 5-7.
Campione L. (2017), “Là dove si celano i tonalme. Il totemismo indigeno mesoamericano nella
dialettica fra spazio antropico e spazio selvaggio”, Animal Studies, n. 18, pp. 50-61.
Coe M. D. (1972), “Olmec jaguars and Olmec kings”, in The Cult of the Feline (ed. E. P. Benson),
Dumbarton Oaks, Washington, pp. 1-18.
Dehouve D. (2006), Essai sur la royauté sacrée en république mexicaine, CNRS Editions, Paris, p.
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ANIMAL STUDIES
Rivista italiana di antispecismo

Rivista trimestrale peer-review che affronta da un punto di vista filosofico problemi di tipo etico, politico, scientifico e
culturale legati al nostro complesso rapporto con la natura, con particolare attenzione alla questione del rapporto con
gli animali non-umani. Oltre ad articoli di approfondimento e interviste ai protagonisti dei dibattiti nazionali e interna-
zionali su tali tematiche, la rivista presenta al lettore un’aggiornata documentazione sull’argomento (libri, convegni, film
ecc.) in un’apposita rubrica di recensioni, utile strumento di orientamento. La rivista si pone infine come luogo ideale di
dibattito, offrendo ampio spazio ad interventi che discutono e problematizzano le tesi ed i contenuti pubblicati, in un’ap-
posita sezione dedicata al confronto tra gli autori e tra autori e lettori. Animal Studies intende così proporre al lettore un
panorama aggiornato e ampio delle diverse posizioni teoriche nella convinzione che solo la spassionata ricerca della verità
possa condurre a soluzioni praticabili dei problemi posti e contribuire ad un reale avanzamento morale e civile della società
contemporanea. Il curatore di ogni numero è responsabile esclusivo dei contenuti pubblicati nel rispetto del processo di
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Animal Studies pubblica testi in italiano. Testi in altre lingue, e originali di articoli tradotti, saranno pubblicati solo nella
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