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Alla mia famiglia

Ringraziamenti

Ringrazio sentitamente il gentilissimo prof. Bernardo Fortunato che permesso la


realizzazione di questo lavoro.
Un particolare ringraziamento va all’ing. Lorenzo Dambrosio per l’attenzione e
disponibilità mostrata; il suo impegno e i suoi preziosi consigli sono stati fondamentali
per la realizzazione del presente lavoro.
Il prof. Giuseppe Pascazio per il suo importante contributo e la sua sempre
puntuale attenzione nel corso di questi mesi trascorsi presso la sezione Macchine ed
Energetica del Dipartimento di Ingegneria Meccanica e Gestionale.
Voglio infine ricordare gli ingg. Caramia e Ranaldo per l’aiuto fornitomi in termini
di conoscenze tecniche in ambiente Linux.

ii
INDICE

Introduzione…………………………………………………………………………….1

CAPITOLO 1 - Cenni sui motori alternativi a combustione interna


1.1 Generalità...................................................................................................................3
1.2 Motore Diesel e Otto a confronto..............................................................................4
1.3 L’elettronica nei motori..............................................................................................6
1.4 Sovralimentazione......................................................................................................9

CAPITOLO 2 - Modello del motore


2.1 Il modello filling & emtying.....................................................................................12
2.2 Descrizione del modello...........................................................................................13
2.3 Sistema di equazioni del modello.............................................................................16
2.4 Modello dell’attuatore..............................................................................................26
2.5 Algoritmo risolutivo di Newton-Raphson................................................................31

CAPITOLO 3 - Logica fuzzy e sua ottimizzazione


3.1 Introduzione..............................................................................................................35
3.2 Teoria sulle relazioni fuzzy.......................................................................................37
3.2.1 Insiemi fuzzy.........................................................................................................37
3.2.2 Operazioni sugli insiemi........................................................................................40
3.2.3 Relazioni tra due insiemi.......................................................................................42
3.2.4 Composizione di relazioni su diversi spazi vettoriali............................................44
3.2.5 Implicazioni...........................................................................................................51
3.3 Costituzione di un FLS ( Sistema in Logica Fuzzy )...............................................53
3.3.1 Generalità..............................................................................................................53
3.3.2 Le regole................................................................................................................54
3.3.3 Il motore inferenziale............................................................................................55
3.3.4 Il fuzzificatore.......................................................................................................57
3.3.5 Defuzzificazione....................................................................................................59
3.4 Radial Basis Functions.............................................................................................62
3.5 Estimator-Based-Adaptive-Fuzzy-Logic..................................................................64
3.5.1 Funzionamento dell’algoritmo EAFL....................................................................67

iii
Indice

CAPITOLO 4 - Applicazioni al modello delle tecniche di controllo


4.1 Introduzione..............................................................................................................70
4.2 Applicazione della logica fuzzy al nostro sistema....................................................71
4.2.1 Definizione degli ingressi......................................................................................72
4.2.2 Definizione dell’uscita...........................................................................................73
4.2.3 Definizione delle MSF e del numero degli antecedenti........................................74
4.2.4 Definizione delle regole........................................................................................78
4.2.5 Legame ingresso-uscita.........................................................................................81
4.3 Logica fuzzy ottimizzata applicata al nostro sistema...............................................82
4.3.1 Schema di controllo finale.....................................................................................83

CAPITOLO 5 - Risultati
5.1 Premessa...................................................................................................................90
5.2 Caratteristiche delle prove effettuate........................................................................91
5.3 Controllore fuzzy statico..........................................................................................92
5.3.1 Vantaggi del sistema di controllo..........................................................................97
5.4 Controllore fuzzy totalmente adattativo...................................................................98
5.5 Controllore fuzzy parzialmente adattativo.............................................................105
5.6 Controllore fuzzy parzialmente adattativo in presenza di rumore..........................114

Conclusioni…….……………………………………………………………………..122
Bibliografia…………………………………………………………………………...124
Appendice A Dati tecnici del motore utilizzati nella simulazione…………..……125
Appendice B Algoritmo dei minimi quadrati….……………………….….……...127

iv
INTRODUZIONE

I moderni motori Diesel sovralimentati sono caratterizzati da alte prestazioni in


termini di rendimento ed emissioni inquinanti. La sovralimentazione consente di
realizzare una pressione nel collettore di aspirazione maggiore di quella ambiente. Con
l’aumento di carica da bruciare, ottenuta in tal modo, si accresce il lavoro prodotto dal
motore grazie all’innalzamento dei valori di pressione media effettiva del suo ciclo di
funzionamento. Ciò produce un aumento corrispondente di coppia motrice e potenza
sviluppata dal motore.
In questo lavoro sarà preso in considerazione un motore Diesel, quattro tempi, ad
iniezione diretta, sovralimentato mediante un turbogruppo con turbina a geometria
variabile (VGT).
Rispetto ai convenzionali turbogruppi la soluzione con VGT permette di avere ad
ogni condizione di funzionamento del motore il desiderato livello di sovralimentazione
variando, per mezzo di un attuatore pneumatico pilotato da un opportuno sistema di
controllo, l’angolo di calettamento delle palette statoriche della turbina in modo da
ridurre o aumentare l’area di passaggio a disposizione dei gas di scarico e quindi la
potenza trasmessa al compressore. A causa delle intrinseche non linearità che
caratterizzano un motore Diesel, uno dei problemi maggiori è la realizzazione di un
adeguato sistema di controllo che garantisca il desiderato livello di sovralimentazione.
La soluzione attualmente adottata utilizza un algoritmo di controllo PID
(Proporzionale-Integrale-Derivativo) tradizionale. Tale sistema di controllo tuttavia,
risulta poco robusto in quanto, per un corretto funzionamento, necessita di una
regolazione dei suoi parametri rispetto al particolare motore su cui è implementato.
Inoltre esso presenta un comportamento non ottimale in condizioni non stazionarie,
caratteristiche di un motore alternativo a combustione interna.
Il presente lavoro ha come scopo, la progettazione di un sistema di controllo
adattativo basato su logica fuzzy, che risulta essere particolarmente adatto al problema
proposto. Infatti, la sua natura adattativa permette di ottimizzare on line i parametri del
Introduzione

controllore, portandolo ad operare in condizioni ottimali in tutte le condizioni di


funzionamento del motore. Inoltre, la logica fuzzy presenta una elevata versatilità
progettuale basando il proprio funzionamento su un opportuno database di regole
attraverso cui si è in grado di stabilire una qualsiasi relazione che lega un insieme di
variabili indipendenti di ingresso con un'unica variabile di uscita.
Punto di partenza del lavoro è stato un modello numerico di funzionamento del
motore in esame, realizzato per semplicità con un approccio zerodimensionale. L’uso di
questo strumento di calcolo ha consentito di costruire la base di conoscenza, a cui si è
fatto riferimento per la definizione delle componenti essenziali del motore inferenziale:
ingressi, uscita, e base di regole.
L’algoritmo di controllo proposto in questo lavoro di tesi, implementato nel codice
di calcolo esistente, è stato utilizzato nella simulazione di due diversi casi test
caratterizzati da condizioni non stazionarie. I risultati sono confrontati con quelli
ottenuti usando un algoritmo di controllo adattativo [3].

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CAPITOLO 1

CENNI SUI MOTORI ALTERNATIVI A COMBUSTIONE INTERNA

1.1 Generalità

I motori a combustione interna sono macchine che hanno lo scopo di trasformare in


energia meccanica la maggior parte del calore derivante dalla combustione di sostanze
combustibili. Il fluido attivo è costituito dai prodotti della combustione, da cui la
qualifica interna, che imprimono il movimento ad un pistone collegato mediante un
manovellismo all’albero motore. Nel caso specifico dei motori alternativi a combustione
interna, l’aggettivo interna indica che la combustione avviene all’interno della
macchina. Le caratteristiche generali di queste macchine (consumi, leggerezza,
rumorosità, costi) fanno sì che attualmente costituiscano il tipo di propulsore largamente
più utilizzato per l’autotrazione.
La macchina può essere costituita da uno o più cilindri a tenuta d’aria all’interno
dei quali scorrono i pistoni. Il funzionamento è ciclico: ciascun ciclo inizia con
l’introduzione del fluido fresco (carica) all’interno del cilindro e termina con
l’espulsione dei gas combusti. La sostituzione della carica avviene mediante un sistema
di distribuzione basato su valvole comandate o luci. Il fluido immesso nel cilindro può
essere costituito da una miscela di aria e combustibile oppure da aria e combustibile
forniti separatamente. L’energia sprigionata dalla reazione di combustione causa un
innalzamento della pressione e della temperatura dei gas combusti che, espandendosi,
producono lavoro movendo il pistone.
Le caratteristiche dei motori e le loro prestazioni sono fortemente collegate al tipo
di combustibile utilizzato, che può essere liquido (benzina, gasolio, nafte, ecc.) o
gassoso (metano, GPL, idrogeno, ecc.). Nel caso in cui il combustibile abbia elevato
grado di volatilità, è possibile formare una miscela con il comburente la cui
Capitolo 1 Cenni sui motori alternativi a combustione interna

combustione può essere innescata da una o più scintille. Invece, se il combustibile è


poco volatile, esso deve essere iniettato nella massa del comburente, al momento
opportuno, finemente polverizzato in modo da facilitare l’innesco della combustione.
Questa è provocata dalla elevata temperatura raggiunta dall’aria in seguito alla forte
compressione subita ad opera del pistone.
In base a questa modalità di funzionamento, tali macchine vengono classificate
rispettivamente come motori a combustione interna ad accensione comandata (AC),
anche noti come motori Otto, o ad accensione spontanea (AS), anche noti come motori
Diesel.
La distinzione tra i due tipi di macchine non si limita, però, alla modalità di
accensione, bensì interessa tutta la fase di combustione. Infatti, nei motori ad accensione
comandata, l’accensione innescata in uno o più punti della miscela per mezzo di
scintille, si propaga a tutta la massa con una progressione che dipende dalle leggi di
propagazione del calore, delle onde di compressione e della velocità della reazione
chimica. Invece, nei motori ad accensione spontanea, se la durata della combustione
delle goccioline è breve rispetto alla durata dell’iniezione, il procedere della fase di
combustione può essere controllato dal ritmo dell’iniezione, attraverso opportuni
meccanismi.

1.2 Motore Diesel e Otto a confronto

In un motore Diesel, rispetto ad un motore Otto, occorre raggiungere più elevati


rapporti di compressione necessari per portare la pressione e la temperatura dell’aria a
valori sufficientemente elevati da far innescare spontaneamente la combustione nel
momento in cui il combustibile viene iniettato nel cilindro. Questa è una delle principali
cause che porta ad una costruzione più pesante per il motore Diesel rispetto a quello
Otto a parità di potenza. Infatti, tutte le componenti del motore devono essere
dimensionate per resistere a valori di pressione pressoché doppi in fase di compressione
e combustione, per cui risultano necessariamente (a parità di materiale) più pesanti.

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Capitolo 1 Cenni sui motori alternativi a combustione interna

Inoltre la maggiore lentezza con cui si svolge il processo di combustione, unita alle
elevate masse degli organi in moto alterno (grandi forze d’inerzia), impediscono al
Diesel di raggiungere alti regimi di rotazione. Ne deriva che le potenze specifiche per
unità di cilindrata sono sensibilmente più basse di quelle dei motori Otto di
caratteristiche equivalenti, con un conseguente maggiore ingombro a parità di potenza.
Per contro il motore Diesel presenta una serie di vantaggi:
1. presenta migliore rendimento globale perché, nonostante il fatto che a parità di
rapporto di compressione il massimo rendimento competa al ciclo con combustione a
volume costante (ciclo Otto), in pratica nel motore Diesel sono possibili (anzi, spesso
sono necessari per una pronta autoaccensione del combustibile) più elevati rapporti
di compressione (circa doppi di quelli tollerati nel motore Otto), senza pericoli di
fenomeni anomali di combustione;
2. il rendimento del motore peggiora meno rapidamente al diminuire del carico, come
conseguenza del sistema di regolazione adottato nel motore Diesel. Esso permette di
ridurre la potenza sviluppata nel motore aumentando progressivamente il rapporto
aria/combustibile, rendendo il motore Diesel particolarmente adatto per quelle
applicazioni (ad esempio propulsione stradale nel traffico urbano) che richiede al
motore di funzionare spesso in condizioni di carico parziale;
3. utilizza dei combustibili (gasolio, olio, combustibile, ecc.) meno pregiati da un punto
di vista energetico, perché la loro produzione in raffineria richiede un minor
dispendio di energia. Questo aspetto, unito ai minori consumi specifici di
combustibile evidenziati al punto precedente, contribuisce ulteriormente a rendere
più economica la gestione del motore.
Ne deriva che il motore Diesel trova un suo naturale campo di applicazione in tutti quei
settori in cui il costo di esercizio risulta prevalente rispetto ai problemi di peso e di
ingombro. Questo ha fatto sì che il motore Diesel coprisse la gamma delle potenze
medie ed alte, affermandosi principalmente come mezzo di propulsione nei settori dei
trasporti industriali su strada, dei mezzi ferroviari e navali, nonché come generatore di
potenza per impianti fissi.

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Capitolo 1 Cenni sui motori alternativi a combustione interna

Ma grazie alle nuove tecnologie, all’introduzione dei motori Diesel


turbosovralimentati, dell’iniezione diretta e al sempre maggior intervento della gestione
elettronica, ormai i motori Diesel si stanno affermando potentemente nella gamma delle
basse potenze, primo settore su tutti quello automobilistico.

1.3 L’elettronica nei motori

Negli ultimi anni l’utilizzo dell’elettronica è diventato indispensabile in quanto


grazie ad essa si cerca di garantire un funzionamento ottimale del motore in tutte le
condizioni di carico, in modo tale da innalzare il rendimento ed anche limitare le
emissioni nocive.
L’elettronica è molto più giovane dell’auto essendo nata nel 1947 con l’invenzione
dei transistor da parte dei tecnici dei laboratori Bell. Se 10 anni dopo fanno la loro
comparsa i primi circuiti integrati, solo nel 1964 in Usa e poi in Europa si cominciano
ad applicare i sistemi d’accensione con transistor al posto delle classiche “puntine
platinate”. Nel 1967 c’è la prima iniezione elettronica la quale sostituisce la classica
alimentazione a carburatore.
Nei motori a combustione interna ad iniezione il carburante (principalmente
gasolio o benzina) viene iniettato sotto pressione direttamente nella camera di
combustione, durante la fase di compressione, o nel condotto di aspirazione, durante la
fase di immissione dell’aria nel cilindro. L’iniettore è costituito da una valvola
meccanica o elettromagnetica, che regola l’afflusso di carburante, e da un
polverizzatore, che lo immette nella camera di combustine nebulizzandolo, così da
massimizzarne il contatto con l’aria. Il controllo della quantità di combustibile inviata a
ciascun iniettore può essere di tipo meccanico o elettronico. Nel primo caso, una pompa
d’iniezione invia il carburante a un distributore-dosatore che, mosso dal motore, lo
distribuisce a turno a ciascun iniettore nella giusta quantità, determinata
meccanicamente in base alla posizione dell’acceleratore, alla quantità d’aria aspirata e
alla pressione nel circuito del carburante. Nei sistemi elettronici, invece, il carburante

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Capitolo 1 Cenni sui motori alternativi a combustione interna

giunge direttamente agli iniettori: la quantità introdotta è regolata da un comando


elettrico, che determina il tempo di apertura della valvola elettromagnetica di ciascun
iniettore. Una centralina elettronica raccoglie i segnali provenienti da diversi sensori,
che servono a registrare lo stato di funzionamento del motore, la temperatura e la
pressione dell’ambiente e dell’aria nei condotti di aspirazione, e vari altri parametri,
come il rapporto stechiometrico aria-benzina della miscela bruciata o la quantità di
ossigeno nel collettore di scarico. Grazie a queste informazioni, la centralina dispone
l’apertura degli iniettori al momento opportuno e per un tempo tale da ottenere una
composizione della miscela che favorisca una combustione ottimale. Il primo motore a
iniezione fu quello proposto da Diesel (1892), mentre nei motori a benzina
l’alimentazione a iniezione è stata introdotta negli anni Cinquanta, per ridurre i consumi
e l’inquinamento caratteristici del sistema di alimentazione a carburazione.
Oramai la gestione elettronica nei motori a combustione interna è diventata
indispensabile appunto perché è la centralina elettronica che attraverso i sensori
acquisisce le grandezze caratteristiche (temperatura, pressione, rotazione, ecc.) del
funzionamento del motore, intervenendo poi opportunamente attraverso comandi
elettromagnetici (controllo dell’iniettore) per migliorarne il funzionamento, aumentarne
il rendimento e, cosa molto importante, diminuire l’emissione di sostanze tossiche
altamente inquinanti prodotte nel processo di combustione.
Per diminuire ulteriormente l’emissione di sostanze tossiche, nei motori a
combustione interna sono state applicate marmitte catalitiche costituite al loro interno
da un materiale il quale sotto l’azione dei gas di scarico, assume elevate temperature
portando a termine l’ossidazione delle sostanze tossiche (come una seconda
combustione) emesse dal motore durante il suo funzionamento.
Al fine di migliorare ulteriormente l’efficienza dei motori sotto tutti i punti di vista
(consumo, rendimento, inquinamento, prestazione, ecc.) sono stati introdotti nei motori
Diesel nuovi sistemi di iniezione ad alta pressione che rendono possibile una migliore
combustione, unitamente ad una più efficiente gestione dell’iniezione stessa (iniezione
frazionata).

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Capitolo 1 Cenni sui motori alternativi a combustione interna

Il lavoro sviluppato nella presente tesi si concentra sulla realizzazione di un sistema


di controllo della pressione di sovralimentazione (vedi paragrafo successivo) di un
motore Diesel ad iniezione diretta.
L’iniezione diretta mediante sistemi ad alta pressione (per es. Common Rail)
costituisce il cuore dei moderni motori Diesel. Infatti, la distribuzione delle normali
pompe di iniezione non è in grado di garantire una pressione ottimale per i moderni
motori Diesel. Il sistema Common Rail impiega, invece, una linea comune,
raggiungendo pressioni fino a 1600 bar in fase d’apertura degli iniettori. La disponibilità
di pressioni così elevate sugli iniettori permette una polverizzazione ottimale del gasolio
migliorandone la combustione. Per evitare il “battito in testa” e la ruvidità della
combustione tipica dei motori Diesel ad iniezione diretta, si sfrutta l’iniezione pilota:
prima dell’iniezione principale, il sistema di gestione elettronico apre per un breve
istante l’iniettore centrale, ciò permette di generare un inizio di combustione “morbida”
cui fa seguito quella del volume principale di gasolio (iniettato con un breve
sfasamento). L’iniezione pilota produce un rapido aumento della temperatura con una
conseguente emissione acustica più gradevole unitamente ad una migliore combustione,
frutto della gradualità della compressione dei gas nella camera di combustione.
Per incrementare le prestazioni dei motori Diesel, si utilizzano dei sistemi di
sovralimentazione, a comando meccanico o mediante turbogruppo, ottenendo così
motori più potenti rispetto ai motori aspirati. Nel paragrafo seguente si esporrà il
principio di funzionamento della sovralimentazione mediante turbogruppo, quale
sistema di sovralimentazione generalmente adottato per i motori Diesel.
Il sistema di alimentazione dei motori Diesel include non solo l’iniezione ottimale
del combustibile ma anche l’afflusso ideale di aria gestito dal turbogruppo con turbina a
geometria variabile ed intercooler. Infatti, l’adozione di un turbogruppo con turbina a
geometria variabile permette di convogliare l’aria compressa ad alta densità nei cilindri,
con pressioni di sovralimentazione fino a 2,1 bar.
La turbina a geometria variabile è dotata di palette statoriche che orientano il flusso
dei gas di scarico in modo da ottimizzare il rendimento della turbina. In pratica è come
se si disponesse di una turbina piccola per una risposta pronta ai bassi regimi di

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Capitolo 1 Cenni sui motori alternativi a combustione interna

rotazione del propulsore, ed una più grande per i regimi superiori. In tal modo è
possibile garantire una notevole coppia sull’intero campo di funzionamento del
propulsore.

1.4 Sovralimentazione

La sovralimentazione di un motore alternativo a combustione interna consente di


realizzare una pressione nel collettore di aspirazione maggiore di quella ambiente. Con
l'aumento di carica da bruciare, ottenuto in tal modo, si accresce il lavoro prodotto dal
motore grazie all'innalzamento dei valori di pressione media effettiva del suo ciclo di
funzionamento. Ciò produce un aumento corrispondente di coppia motrice e potenza
sviluppata dal motore.
In questo lavoro sarà preso in considerazione un motore Diesel sovralimentato
mediante turbogruppo con turbina a geometria variabile.
I convenzionali turbogruppi hanno il vantaggio di recuperare parte dell’energia dei
gas di scarico per incrementare la potenza di molti motori, ma lo svantaggio è che
operano in condizioni ottimali solo in prossimità di una determinata velocità di
rotazione del motore che, nel caso di un 4 cilindri 1900 cm3 di cilindrata, è intorno ai
2000 giri al minuto. Al di sotto di questa velocità, l’energia contenuta nei gas di scarico
risulta insufficiente per il raggiungimento del livello di sovralimentazione (rendimento
del turbogruppo troppo basso). Invece, al di sopra di tale velocità, la turbina tende ad
accelerare troppo dando luogo ad una eccessiva sovralimentazione. Esistono vari modi
per affrontare quest’ultimo problema; la soluzione più tradizionale consiste nell’utilizzo
della valvola waste-gate, mentre recentemente si sta affermando l’utilizzo di turbine a
geometria variabile.
In figura 1.1 è mostrato un turbogruppo con valvola waste-gate, che funziona nel
modo seguente: quando la velocità del motore è inferiore al valore per cui si ha un
funzionamento ottimale del turbogruppo, la turbina non riesce a produrre la potenza
necessaria a raggiungere il livello di progetto di sovralimentazione, e in tale condizione

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Capitolo 1 Cenni sui motori alternativi a combustione interna

la valvola non interviene. Quando, invece, la pressione di sovralimentazione inizia a


superare quella prefissata, entra in funzione la valvola waste-gate by-passando parte dei
gas di scarico. In questo modo una parte della portata di gas di scarico è convogliata a
valle della turbina, mantenendo pressoché costante il livello di potenza generata dalla
turbina e quindi il livello di pressione di sovralimentazione.

Figura 1.1: Turbogruppo con valvola waste-gate

Il funzionamento di una turbina a geometria variabile, invece, non necessita di una


valvola waste-gate, ma tutti i gas di scarico del motore attraversano la turbina. Quando
la velocità del motore è più bassa, le pale del distributore della turbina tendono a ridurre
l’area di passaggio in modo da aumentare il salto entalpico elaborato dalla turbina. In
questo modo la turbina può erogare una potenza sufficiente per raggiungere il livello di
sovralimentazione desiderato anche ai carichi parziali. A velocità elevate del motore,
invece, la portata di gas di scarico aumenta e la pressione di sovralimentazione
tenderebbe a salire; tuttavia, aumentando l’area di passaggio del distributore è possibile
ridurre il salto entalpico mantenendo un adeguato livello di potenza erogata ed una
conseguente pressione di sovralimentazione. In figura 2.1 è mostrato un turbogruppo
con turbina a geometria variabile.

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Capitolo 1 Cenni sui motori alternativi a combustione interna

Rispetto alla soluzione con la valvola waste-gate, la soluzione con turbina a


geometria variabile permette di avere ad ogni numero di giri del motore il desiderato
livello di sovralimentazione del motore.

1 Turbina 4 Tirante
2 Palette mobili 5 Anello rotante
3 Attuatore pneumatico

Figura 2.1: Turbogruppo con turbina a geometria variabile

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CAPITOLO 2

MODELLO DEL MOTORE

2.1 Il modello filling & emtying

Un modello di simulazione di un motore a combustione interna incontra una delle


maggiori difficoltà nella simulazione del flusso nei condotti e all’interno del cilindro.
Essi sono, infatti, sede di fenomeni decisamente non stazionari. In particolare, il flusso
dei gas è non stazionario, comprimibile, viscoso e tridimensionale. Ciò comporta la
risoluzione delle equazioni della conservazione della massa, della quantità di moto e
dell’energia, unitamente a una legge di stato e ad un opportuno modello di turbolenza.
La risoluzione teorica di questo sistema sarebbe impossibile, mentre quella numerica
risulta troppo complessa e onerosa in termini di tempi di calcolo. E’ necessario, quindi,
formulare alcune ipotesi sul modello, che semplifichino il sistema di equazioni
risolventi.
La geometria dei sistemi di aspirazione e di scarico dei motori automobilistici è tale
da suggerire l’utilizzazione di metodologie unidimensionali, poiché le dimensioni
trasversali dei condotti possono ritenersi trascurabili rispetto alle lunghezze. Potendo
supporre costanti, in ogni sezione trasversale del condotto, le grandezze termodinamiche
e di flusso, si ha il vantaggio di ridurre da quattro a due il numero di variabili
indipendenti: una ascissa curvilinea e il tempo.
Una ulteriore semplificazione è introdotta dal metodo della capacità o filling &
emtying, basato sull’osservazione che un motore può essere considerato formato da più
capacità, collegate tra loro da orifizi, che periodicamente si riempiono e si svuotano.
Quando la lunghezza dei condotti è abbastanza piccola, nel senso che il tempo che
un’onda di pressione impiega a percorrere l’intero condotto (nei due sensi) è piccolo
rispetto al tempo necessario al motore per compiere un giro, le condizioni
Capitolo 2 Modello del motore

termodinamiche ad ogni istante variano poco da sezione a sezione lungo il condotto e


sarà lecito quindi considerarle uniformi, anche se variano nel tempo. Pertanto la tecnica
di filling & emtying diventa un modello di simulazione molto competitivo se i condotti
non sono molto lunghi.
N. Watson [5] per primo ha messo a punto ed illustrato la tecnica del filling &
emtying per la simulazione dei motori alternativi a combustione interna in versione
esplicita. In tale metodo i condotti vengono assimilati a capacità, caratterizzate da
condizioni termodinamiche uniformi pur se variabili nel tempo. Al fluido in essi
contenuto si applicano le equazioni di conservazione di massa ed energia che, per le
ipotesi assunte, diventano equazioni differenziali alle derivate totali nelle grandezze
termodinamiche del fluido contenuto nelle capacità stesse. L’integrazione numerica
delle equazioni di conservazione fornisce, istante per istante, le condizioni
termodinamiche nelle varie capacità costituenti il sistema considerato, ovvero cilindri e
condotti di aspirazione e scarico. Tale tecnica risulta di più facile formulazione e
richiede tempi di calcolo decisamente più contenuti rispetto ai metodi classici di
propagazione, anche se unidimensionali, unitamente a buone capacità predittive. Questa
caratteristica del modello è di fondamentale importanza in vista della finalità del
presente lavoro, indirizzata allo sviluppo di algoritmi di controllo.

2.2 Descrizione del modello

Il sistema oggetto del presente lavoro di tesi è un motore alternativo a combustione


interna ad accensione spontanea, quattro tempi, ad iniezione diretta, sovralimentato da
un turbogruppo con turbina a geometria variabile azionata da un controllore elettronico
per la regolazione della pressione di sovralimentazione. In figura 1.2 è rappresentato
uno schema a blocchi dell’impianto, in modo da evidenziare e distinguere le parti del
motore ridotte a modello numerico e gli stati termodinamici distinti.

13
Capitolo 2 Modello del motore

Per caratterizzare lo stato termodinamico del fluido di lavoro in ogni punto del
sistema è necessario conoscere la temperatura, la pressione e il rapporto di equivalenza

mc / m a

 mc / ma  st , ove con i pedici a e c si intende aria e combustibile rispettivamente.
Il modello, zero dimensionale, riduce a sei gli stati termodinamici del fluido di
lavoro: lo stato 1 rappresenta le condizioni esterne; lo stato 2 quelle a valle del
compressore, che differiscono solo nella temperatura dallo stato 3 che rappresenta il
collettore di aspirazione; lo stato 4 è quello all’interno del cilindro; lo stato 5
rappresenta il collettore di scarico, mentre le condizioni 6 sono quelle a valle della
turbina.
Dunque lo schema, come si può osservare nella figura 1.2 , è suddiviso nei seguenti
elementi:

1 pe, Te, e pe, Tt, s 6

Attuatore
Controllore Pneumatico

i:
Turbogruppo
C T

Sistema di
Iniezione

2
pa, Tu, e
3 pa, Ta, a 4 5 p,T, s s s
pc, Tc, c
Collettore di Motore Diesel Collettore di
Aspirazione Scarico

14
Capitolo 2 Modello del motore

Figura 1.2: Schema a blocchi del motore diesel quattro tempi, iniezione diretta, sovralimentato, simulato.

Compressore. Il compressore aspira aria (e=0) dall’ambiente, ossia nelle condizioni 1,


e la comprime fino alle condizioni 2. Il rendimento e la portata volumetrica del
compressore sono ricavate attraverso una mappa sperimentale implementata nel
modello.

Collettore di aspirazione. I condotti di aspirazione sono modellati come una capacità,


di volume all’incirca pari a quella di tutti i condotti che, dall’uscita del compressore,
portano alle valvole di aspirazione. Questa capacità riceve aria dal compressore nelle
condizioni 2 e la porta ai cilindri nelle condizioni 3. Tra la condizione 2 e la 3 è stata
trascurata l’influenza dell’inter-refrigeratore. Lo stato 3 del fluido di lavoro è
caratterizzato dalle leggi di conservazione di massa ed energia secondo l’approccio
“filling & emtying”, che considera uniformi le condizioni in ogni punto del volume
in oggetto.

Cilindri. Attraverso le valvole avvengono gli scambi di massa tra il cilindro e l’esterno,
mentre attraverso le pareti avvengono gli scambi di termici con l’esterno. Le
equazioni di conservazione della massa e della energia permettono di valutare lo
stato termodinamico all’interno del cilindro, lo stato 4.
Collettore di scarico. Le equazioni che modellano i condotti di scarico sono analoghe a
quelle dei condotti di aspirazione. Anche in questo caso sono stati trascurati i
fenomeni termici.

Turbina. La parte motrice del turbogruppo è stata modella come un ugello adiabatico
solo convergente, con sezione ristretta variabile. Anche nel caso della turbina per il
calcolo del rendimento, e quindi della potenza, della turbina sono utilizzate delle
mappe sperimentali.

15
Capitolo 2 Modello del motore

Controllore Il controllore della turbina a geometria variabile confronta il valore della


pressione nel collettore di aspirazione con quelli ottimizzati, stabiliti dal motorista,
che sono disponibili nella memoria della centralina elettronica. Sulla base dell’errore
di controllo, il controllore varia l’aria equivalente del distributore della turbina per
inseguire il valore ottimale.

2.3 Sistema di equazioni del modello

In questo paragrafo vengono riportate le equazioni del modello del motore


sviluppato in [4]. La prima equazione del modello è quella di equilibrio dinamico
all’albero del turbogruppo:

d Pt  Pc
Jt  ,
dt 
(1a.2)

ove Jt è il momento d’inerzia dell’albero del turbogruppo e PT e PC sono le potenze


rispettivamente della turbina e del compressore e  è la velocità angolare dell’albero del
turbogruppo. I termini di potenza della turbina e del compressore hanno la seguente
forma:

 k s 1 
  pe  k s 
 2s c ps Ts 1  
PT  m 
 T , (1b.2)
  ps  

dove m
 2s è la portata in massa in uscita dalla capacità di scarico ed T il rendimento

della turbina; per il compressore:

16
Capitolo 2 Modello del motore

 ke 1 
  p a  ke  1
 1a c pe Te 
PC  m   1 , (1c.2)
p 
 e   C

dove m
 1a è la portata in massa in ingresso alla capacità di aspirazione ed C il

rendimento del compressore.


I rendimenti della turbina e del compressore nelle equazioni (1b.2) e (1c.2) sono
calcolati in base alle rispettive mappe. Le mappe sono state digitalizzate per consentirne
l’utilizzo nel modello. Sempre grazie alle mappe è anche possibile ricavare, in funzione
delle stesse variabili, la portata in ingresso al collettore di aspirazione; ed è infatti questa
la seconda equazione del sistema, che calcola la portata al collettore di aspirazione:

 p 
m 1a  f  , a  . (2.2)
 pe 

La terza equazione del sistema rappresenta la conservazione della massa nella


capacità di aspirazione:

d  paVa 
   m 1a  m 2a , (3.2)
dt  RaTa 

in cui m
 1a e m
 2a sono le portate in massa in ingresso e in uscita alla capacità di

aspirazione. Le grandezze al primo membro dell’equazione (3.2) si riferiscono a


quantità medie all’interno della capacità.
Oltre alla conservazione della massa, si può scrivere la conservazione dell’energia
nella capacità di aspirazione che costituisce la quarta equazione del sistema la cui
espressione è la seguente:

17
Capitolo 2 Modello del motore

d  paVa u a 
   m 1a hu  m 2a ha , (4.2)
dt  RaTa 

in cui si suppongono cv ed R costanti rispetto alla temperatura e alla pressione; inoltre hu


indica l’entalpia del fluido all’uscita del compressore ed ha quella della capacità di
aspirazione.
Usando le medesime assunzioni adottate per la capacità di aspirazione circa la
costante elastica dei gas e il calore specifico a volume costante, si possono scrivere in
modo del tutto analogo la quinta e la sesta equazione del sistema rappresentanti
rispettivamente la conservazione della massa e dell’energia nella capacità di scarico:

d  p sVs 
   m 1s  m 2s , (5.2)
dt  RsTs 

d  psVs u s 
   m 1s hc  m 2 s hs , (6.2)
dt  RsTs 

in cui m
 1s e m
 2 s sono le portate in massa in ingresso e in uscita alla capacità di

scarico, mentre con hc si indica l’entalpia del fluido all’interno del cilindro e con hs
quella della capacità di scarico.
La settima equazione del sistema modellizza la turbina come un ugello convergente
in modo da definire il legame tra portata dei gas di scarico e rapporto di espansione.
L’equazione è quella canonica del flusso stazionario in un condotto convergente;
particolare attenzione va posta al rapporto delle pressioni monte-valle dell’ugello, in
modo da correggere l’equazione nel caso di condizione subcritica o critica:
a) condizione subcritica:

ks
2 ks 1 pe
  1,
ks  1 ps

18
Capitolo 2 Modello del motore

 2 k s 1 
ps 2 k s  p e  k s  p e  k s 
 2s      
m
Rs Ts
Aeq
k s  1  p s  p s  ; (7a.2)
  

b) condizione critica:

ks
pe 2 k s 1 ,

ps k s  1

k s 1
ps  2  k s 1 . (7b.2)
 2s 
m Aeq k s  
Rs Ts  ks  1

E’ importante notare che il termine Aeq rappresenta l’area equivalente della turbina,
cioè la variabile su cui il sistema di controllo agisce in base alle condizioni della
pressione nella capacità di aspirazione.
Espressioni del tutto analoghe troviamo nelle equazioni otto e nove del sistema, in
cui si impongono le condizioni di funzionamento della valvola di aspirazione e scarico.
Queste sono modellate come ugelli convergenti, aperti o chiusi in rapporto alla fase del
ciclo in esame. Nel caso in cui le valvole siano aperte si distinguono i casi di flusso
inverso e nel caso di flusso diretto, i casi di condizioni subcritiche e critiche:
Per la valvola di aspirazione abbiamo quindi:
a) condizioni di flusso inverso:
pc
 1,
pa

 2 ka 1 
pc 2k a  p a  ka  p a  ka 
 2s 
m Aeq        0; (8a.2)
Rc Tc k a  1  p c   pc 
 
 

19
Capitolo 2 Modello del motore

b) condizioni subcritiche:

ka
 2  k a 1 p c
    1,
k
 a  1  p a

 2 k a 1 
pa 2k a  pc  ka  pc  ka 
 2a 
m Aeffa       
; (8b.2)
Ra Ta k a  1  pa   pa 
 

c) condizioni critiche:
ka
pc 2 k a 1 ,

pa k a  1

ka 1
pa  2  ka 1 ;
 2a 
m Aeff a   k a   (8c.2)
RaTa  ka  1 

dove con Aeffa() si indica l’area efficace della sezione di passaggio dei gas attraverso la
valvola di aspirazione. L’area efficace è funzione del diametro della valvola, dell’alzata
della valvola (quindi dell’angolo di manovella) e del coefficiente di efflusso, attraverso
relazioni interpolate di dati sperimentali [7].
Per la valvola di scarico si ha:
a) condizioni subcritiche:

kc
 2  kc  1 p s
    1,
k
 c  1  p c

 2 kc 1 
pc 2k c  p s  kc  p s  kc 
 1s 
m Aeff s        ; (9a.2)
RcTc k c  1  pc   pc 

 

20
Capitolo 2 Modello del motore

b) condizioni critiche:
kc
ps 2 k c 1 ,

pc k c  1

kc  1
pc  2  k c 1 .
 1s 
m Aeff s   k c   (9b.2)
RcTc  kc  1 

La decima equazione del sistema è quella che impone la conservazione della massa
all’interno del cilindro, espressa come:

m c  m 2a   f  m 1s , (10.2)

dove mc è la massa complessiva presente nel cilindro, m


 2a è la portata entrante dalla

valvola di aspirazione ed m
 1s è la portata di gas combusti uscente da quella di scarico,

mentre  f è la portata apparente di combustibile bruciato.


La pressione all’interno del cilindro, undicesima equazione, è valutata mediante
l’equazione di stato dei gas perfetti:

mc RcTc
pc  . (11.2)
Vc

Quindi altra importante informazione si ottiene imponendo la conservazione


dell’energia nel cilindro che, esplicitata rispetto alla variazione di temperatura nel
cilindro, permette di ottenere la dodicesima equazione:

 m c u c  Q w  pcVc  m in hin   f h f  m ex hex


Tc  , (12.2)
mc cvc

21
Capitolo 2 Modello del motore


ove uc è l’energia interna specifica della miscela presente nel cilindro, Q w è la potenza

termica scambiata con le pareti del cilindro; i pedici in ed ex si riferiscono alle portate e
alle entalpie dei fluidi in ingresso e in uscita al cilindro. Infine il pedice f si riferisce alle
condizioni del combustibile iniettato nel cilindro.
La tredicesima equazione esprime la portata degli elementi relativi alle
combustione, quindi dipende dal modello che scegliamo per la combustione. Il modello
assunto è un “single-zone”, in cui il contenuto del cilindro viene descritto dai valori
medi delle proprietà termodinamiche e chimiche, e che utilizza una o più formule
algebriche per definire il rilascio di calore. Le formule funzionali di dette equazioni
sono state scelte in modo da seguire al meglio l’andamento sperimentale delle curve di
rilascio del calore, mentre i coefficienti variano al variare del motore. Il modello usato,
sviluppato da Watson, si basa sulla descrizione di Lyn della combustione dei motori
Diesel [5,6] che afferma che la combustione comprende tre fasi principali: il ritardo di
accensione, la fase di combustione premiscelata e la fase di combustione diffusiva. In
base a questo modello si è scritto che:

 f   p   d , (13a.2)

dove i pedici p e d intendono i tassi di combustibile bruciato secondo la modalità


“premixed” e la modalità “diffusive”. La frazione, , di carburante che brucia secondo
la modalità premiscelata è espressa secondo la relazione:

0.37 0.26
  1  .88 ig td ,
(13b.2)

in cui  è legato empiricamente alla durata del ritardo di combustione, td, espresso nella
equazione (13c.2) e alla massa ,ig, degli elementi chimici provenienti dal combustibile
somma di quella presente nel cilindro durante la fase di compressione e di quella che

22
Capitolo 2 Modello del motore

dovrebbe essere iniettata in quel ciclo. Il tempo di ritardo è dato dalla seguente
espressione:

  1 1  
0.063 
 
t d     0.36  0.068v p   exp E A   
21.2
  (13c.2)
  RcTTC 17190  pTC  12.4  

ove vp è la velocità media del pistone,  è funzione della velocità di rotazione dell’albero
motore e della pressione di iniezione, EA è l’energia apparente di attivazione ed il pedice
TC si riferisce a caratteristiche all’interno del cilindro calcolate al punto morto superiore
[5,6].
Introducendo la seguente quantità:

 
     ig / b ,

in cui  b è la durata nominale della combustione, funzione del carico e della velocità
di rotazione dell’albero motore [6], esplicitando i termini della equazione (13a.2), si ha:


c c  c1 1 1   c1
 p   1 2
 c2 1
 f n,
 b

(13c.2)

 f  1  


c1c2  c2 1 exp c1  c2

fn,

b

dove i parametri c sono dipendenti dalla durata del ritardo di combustione e dalla massa
degli elementi chimici provenienti dal combustibile [4].

Infine, ultima equazione del sistema è quella di equilibrio dei momenti all’albero
motore:

23
Capitolo 2 Modello del motore

dn
Jm  Mt  M p  Mr , (14.2)
dt

dove il pedice t si riferisce al momento motore, il pedice p alle resistenze passive ed il


pedice r al momento resistente. Jm rappresenta il momento di inerzia, stimato
sperimentalmente [4], delle parti dotate di movimento rotatorio. La potenza delle
resistenze passive è funzione del regime di rotazione del motore e del carico; per
esprimerne l’intensità si è calcolata, in base ai dati sperimentali in regime stazionario,
una funzione approssimante di Cp utilizzando uno degli algoritmi di fitting dei dati
sperimentali basati sul metodo dei minimi quadrati [4]; tale funzione è stata utilizzata
nelle simulazioni in regime dinamico commettendo un errore del tutto trascurabile.
Infine, il carico resistente tiene conto della massa del veicolo e quindi della sua inerzia,
e delle forze resistenti dovute all’attriti dei pneumatici e aerodinamico: l’intensità di
queste forze è stata determinata sperimentalmente e descritta da una equazione
parabolica funzione della velocità dell’autoveicolo: F = a + bv + cv2 dove v indica la
velocità di avanzamento. Attraverso i rapporti al cambio, al differenziale e attraverso la
circonferenza della ruota si può risalire naturalmente al momento resistente all’albero
motore.

In conclusione il vettore x delle incognite del modello è il seguente:


x[0] = 
x[1] = m
 1a

x[2] = pa
x[3] = Ta
x[4] = m 2a
x[5] = ps
x[6] = Ts
x[7] = m
 1s

x[8] = m
 2s

24
Capitolo 2 Modello del motore

x[9] = pc
x[10] = Tc
x[11] = c
x[12] = mc
x[13] = f

con chiaro significato dei simboli.

25
Capitolo 2 Modello del motore

2.4 Modello dell’attuatore

La realizzazione della pressione di sovralimentazione desiderata avviene, come già


accennato nel primo capitolo, attraverso l’utilizzo di una turbina a geometria variabile,
modificando l’angolo di calettamento delle palette statoriche sulla base di un segnale
proveniente da un sistema di controlllo.
Come si può osservare dalla figura 1.2, tra il sistema di controllo e la turbina è
presente un attuatore elettromeccanico, composto da una elettrovalvola pilotata da un
segnale di tensione duty proveniente dal controllore. Tale elettrovalvola modula la
pressione in ingresso all’attuatore pneumatico. L’aumento o la diminuzione di questa
pressione farà in modo, attraverso un meccanismo di leveraggio, che le palette
statoriche della turbina a geometria variabile si aprano o si chiudano, attuando l’area
equivalente calcolata dal controllore. Il segnale di uscita dal controllore rappresenta il
valore del duty cycle di un onda quadra di tensione (012 V) alla frequenza di 200 Hz
legato all’area equivalente da realizzare attraverso la caratteristica (stazionaria)
rappresentata in figura (2.2).

6
Aeq ( cm2 )

1
0 10 20 30 40 50 60 70 80 90 100
duty ( % )

Figura 2.2: Caratteristica statica duty-area equivalente

26
Capitolo 2 Modello del motore

Dal momento in cui arriva il segnale di controllo al momento in cui l’attuatore


realizzerà il valore dell’area di passaggio sarà necessario un certo tempo, detto tempo di
ritardo, che è caratteristico del particolare attuatore utilizzato. In particolare, l’attuatore
presenta un diverso tempo di apertura rispetto a quello di chiusura delle palette, questo
perché il gradiente delle pressioni fra monte e valle delle palette può avere un effetto
favorevole o meno. Risultato è che nel caso in cui il sistema debba aumentare l’area
equivalente della turbina, le palette saranno aiutate nel loro movimento dalla pressione
dei gas di scarico, ottenendo un tempo di ritardo dell’attuatore quasi trascurabile. Nel
caso opposto in cui le palette devono chiudersi per ridurre l’area di passaggio in turbina,
il tempo di ritardo è più rilevante e va considerato.
Il modello dell’attuatore, già provato su un lavoro precedente [3] sul sistema di
controllo PID tradizionale, era un modello del primo ordine con due costanti di tempo
differenti nel caso di apertura o chiusura dell’area della turbina.
L’equazione è la seguente:

A  k  A  Ac   0 , (15.2)

ove A è il valore dell’area, k è dipendente dalla costante di tempo e Ac è il valore


dell’area fornita dalla caratteristica; la forma discreta di tale equazione è:

A Ac  A
 , (16.2)
t 

ove  è la costante di tempo, che è stata posta pari ad un valore di 0.01 nel caso di
apertura dell’area e ad un valore di 0.13 nel caso di chiusura.
Anche l’implementazione di un modello del primo ordine ha manifestato però
molte differenze rispetto all’andamento sperimentale, così è stata introdotta una
implementazione di un modello del secondo ordine.
Un modello del secondo ordine ha l’espressione del tipo:

27
Capitolo 2 Modello del motore

  cA  k  A  A   0 ,
mA (17.2)
c

ove la frequenza naturale n del sistema e la sua caratteristica di smorzamento , sono


definite nel seguente modo:

k
 2n  , (18.2)
m

c
2n  . (19.2)
m
Tale modello del secondo ordine dell’attuatore è stato discretizzato e implementato nel
modello del motore. Posto:

 ,
y  A (20.2)

si è potuto applicare al modello la seguente discretizzazione necessaria a calcolare la


nuova area equivalente per un sistema del secondo ordine:


y   2n yt 1  2n  A  Ac    , (21.2)

yt  yt 1  y , (22.2)

A  yt 1 , (23.2)

At  At 1  A . (24.2)

I parametri su cui agire in questo modello del secondo ordine sono il valore della
frequenza n e di , in modo tale che il modello si differenzi nella fase di apertura e
chiusura secondo le modalità già descritte in precedenza.

28
Capitolo 2 Modello del motore

Per la scelta di questi due parametri sono state intraprese due strade, nella prima si
sono determinati questi due parametri in modo da far assumere al sistema il
comportamento di un sistema del primo ordine, andando quindi in uno stato di
smorzamento ipercritico. Nella seconda, si sono determinati i due parametri in esame
imponendo la legge nota che valuta il decremento logaritmico delle ampiezze di un
onda che oscilla secondo una caratteristica del secondo ordine. Quindi dalla equazione:

A0 n
ln  , (25.2)
An 1  2

imponendo alle ampiezze di A i valori noti dalle ampiezze delle oscillazioni


dell’andamento sperimentale si sono ottenuti i valori di n e di , ed in particolare questi
ultimi caratterizzavano un comportamento sottosmorzato.
Tuttavia, i diversi modelli matematici dell’attuatore, per tutte le strade tentate, non
hanno dato alcun risultato realmente valido per la eccessiva complessità dei fenomeni
che vengono a sommarsi e che non possono essere tenuti in conto solo con questo
modello.

29
Capitolo 2 Modello del motore

Pressione di sovralimentazione
1200

1000

800
pressione (mbar)

600

Pressione set (blu)


400 Pressione calcolata (rosso)
Pressione sperimentale (verde)

200

0
0 2 4 6 8 10 12 14 16
tempo (s)

Figura 3.2: Controllo PID, confronto del valore sperimentale con il calcolato

Come soluzione di compromesso, è stato scelto come modello dell’attuatore un


modello del secondo ordine in fase di chiusura dell’area della turbina ed un modello del
primo ordine, con una costante di ritardo molto piccola, in fase di apertura. Questo
modello dell’attuatore, come si vede dalla figura 3.2, ha reso il più simile possibile la
pressione di sovralimentazione generata dal modello appena descritto, controllata per
mezzo di un algoritmo PID a quella misurata sperimentalmente sempre controllata da un
PID.
I valori utilizzati, anche per i risultati di figura 3.2, sono n = 20 e  = 1.4, per
quanto riguarda la chiusura dell’area equivalente, cioè la parte in cui l’attuatore ha uno
schema del secondo ordine. Mentre per quanto concerne la parte schematizzata con un
primo ordine si è usato un tempo di ritardo  = 0.01, riferita all’apertura dell’area
equivalente.

30
Capitolo 2 Modello del motore

2.5 Algoritmo risolutivo di Newton-Raphson

L’insieme di equazioni che descrivono il sistema fisico presenta sia equazioni


algebriche che equazioni differenziali non lineari. La strategia utilizzata per la
risoluzione numerica è stata quella di approssimare le equazioni differenziali mediante
differenze finite e quindi cercare la soluzione con il metodo di Newton-Raphson. Tale
sistema, opportunamente discretizzato è stato risolto adottando un passo di integrazione
temporale corrispondente a mezzo grado di manovella, così da ottenere le quattordici
incognite ricercate, per ogni ciclo, in 1440 punti (pari a due volte i due giri necessari a
compiere un ciclo del motore).
Indicando con:

dxi
 gi  x (26.2)
dt

la generica equazione differenziale e con x il vettore delle incognite del sistema,


l’equazione (26.2) viene approssimata alle differenze finite nella forma implicita:

xi t  t   xi t 
t
 
 g i x  t  t   0 , (27.2)

in cui le incognite sono rappresentate dai termini al tempo (t+t). Così le equazioni
risolventi costituiscono un sistema misto che viene risolto in modo implicito per
ciascuno dei punti in cui si è deciso di dividere il ciclo termodinamico del motore
Diesel.
Vista la discretizzazione utilizzata per il sistema di equazioni, basterà fornire a
questo l’ingresso, pari alla quantità di carburante introdotta, e le condizioni iniziali per
un certo angolo di manovella. Il simulatore risolverà il sistema di equazioni attraverso il

31
Capitolo 2 Modello del motore

metodo di Newton-Raphson (con backtracking lineare) calcolando i valori delle


incognite in tutti i punti in cui si è deciso di dividere il ciclo termodinamico.
Il metodo di Newton-Raphson costituisce uno strumento molto efficiente per
calcolare la soluzione di un sistema non lineare, purché si parta da una soluzione
sufficientemente vicina a quella cercata. In realtà questa condizione, desunta dalla
conoscenza del problema in esame, è estremamente importante in quanto in sua assenza
non si è certi di raggiungere la soluzione.
Sia x il vettore delle incognite del problema e sia

F  x  0 (28.2)

il sistema di equazioni non lineari di cui vogliamo trovare la soluzione. In prossimità di


x le equazioni del sistema possono essere espresse mediante espansione in serie di
Taylor

 
F  x  x   F  x   J  x  O x 2 , (29.2)

dove J indica la matrice jacobiana, i cui elementi sono:

Fi
J ij  . (30.2)
x j

Dalla equazione (29.2) trascurando i termini di ordine x2 e ponendo F(x+x)=0, si


ottiene un sistema di equazioni lineari per le correzioni x:

J  x   F , (31.2)

la cui soluzione, calcolata per mezzo dell’algoritmo di Householder, fornisce


l’incremento cercato:

32
Capitolo 2 Modello del motore

x new  xold  x . (32.2)

Il procedimento è ripetuto sino al raggiungimento della convergenza: questa si


verifica solo se la soluzione di primo tentativo è sufficientemente vicina alla soluzione
cercata. Tuttavia, esistono delle strategie che permettono di ottenere la convergenza
anche nei casi in cui tale condizione non sia verificata, consentendo di raggiungere la
convergenza a partire da una soluzione non ottimale. Una strategia ragionevole è quella
di imporre la condizione che la correzione x faccia decrescere |F|2 = F ·F. Detta
condizione equivale a minimizzare la funzione:

1
f  F F (33.2)
2

(il fattore ½ è stato introdotto per convenienza). Ogni soluzione del sistema (28.2)
minimizza l’equazione (33.2), ma ci potrebbero essere dei minimi locali di (33.2) che
non sono soluzione del sistema (28.2). Non è quindi possibile applicare semplicemente
un algoritmo di minimizzazione della funzione (33.2).
Per sviluppare una strategia migliore, basta osservare che la correzione del metodo
di Newton è una direzione di pendenza negativa per f:

 
f  x   F  J    J 1  F   F  F  0 . (34.2)

A questo punto è possibile delineare completamente la strategia adottata: dapprima si


valuta la correzione x, in modo da trarre vantaggio, quando si è abbastanza vicini alla
soluzione, della convergenza quadratica del metodo di Newton, controllando ad ogni
iterazione che la correzione riduca f. Se ciò non si verifica, si ritraccia lungo la direzione
della medesima correzione riducendone il modulo, fin quando non si ottiene una nuova

33
Capitolo 2 Modello del motore

correzione che riduce f, ovvero si cerca x’ = x, con 0 <   1, che faccia ridurre f. Si
è sicuri di trovare un valore accettabile perché stiamo cercando nella direzione corretta.
E’ da notare che questo metodo essenzialmente minimizza f prendendo le
correzioni di Newton calcolate per rendere F = 0.

34
CAPITOLO 3

LOGICA FUZZY E SUA OTTIMIZZAZIONE

3.1 Introduzione

In un sistema di controllo il regolatore, sulla base di opportuni ingressi, genera una


variabile di uscita u, variabile di controllo o manipolabile, che applicata al sistema
mediante un organo attuatore, cerca di far seguire alla variabile di uscita, y, del sistema
controllato, un andamento ottimale di set che indicheremo con r (il sistema controllato a
cui si fa riferimento è, dal punto di vista della regolazione, un SISO (Single Input Single
Output) ). La stretta relazione tra fuzzy logic ed i sistemi di controllo elettronico a bordo
degli autoveicoli moderni, ha spinto ad implementare, in questo lavoro, un sistema di
controllo basato proprio sulla teoria fuzzy.
La teoria degli insiemi sfumati o fuzzy è stata introdotta nel 1965 da L. Zadeh e si
basa sulla generalizzazione della funzione di appartenenza di un elemento ad un
insieme, che, invece di essere la funzione binaria della teoria classica degli insiemi, è
assunta essere una funzione qualsiasi avente un certo grado di dispersione. In tal modo
risultano trattabili in maniera formale anche i concetti linguistici (come “caldo”,
“freddo”, “alto”, “medio”, ecc.), che gli esseri umani trattano continuamente, al fine di
prendere decisioni. La logica fuzzy formalizza il ragionamento “approssimato” che
utilizza gli insiemi sfumati.
La tecnica utilizzata per realizzare un sistema fuzzy si basa su regole del tipo IF –
THEN – ELSE, le stesse su cui si basano i sistemi decisionali o, più in generale, quei
sistemi basati sulla conoscenza (Knowledge-based-processing) come i cosiddetti
Sistemi Esperti. Nel caso della logica fuzzy la base della conoscenza è costituita da un
database di regole. Mediante una opportuna combinazione delle regole, con questa
tecnica si è in grado di stabilire una qualsiasi relazione che lega un insieme di variabili
Capitolo 3 Logica fuzzy e sua ottimizzazione

indipendenti di ingresso con una unica variabile di uscita. In definitiva, la logica fuzzy
permette di mappare un qualsiasi sistema non lineare utilizzando variabili di tipo
linguistico. In questo capitolo si vuole dare un cenno ai concetti base della logica fuzzy
[2], riprendendo dapprima alcune nozioni fondamentali sulla teoria degli insiemi e delle
composizioni fuzzy, e dopo aver descritto in breve gli elementi fondamentali che
costituiscono un sistema in logica fuzzy (FLS), si propone una formula tanto semplice
quanto importante, che permette di esprimere in maniera immediata il legame tra
ingressi ed uscita di FLS. Gli elementi fondamentali di un FLS sono:
- il fuzzificatore,
- la base di regole,
- il motore inferenziale,
- il defuzzificatore.

Alla fine di questo capitolo, dopo aver descritto la logica fuzzy, sarà proposta una
tecnica di controllo che permette di adattare on line i parametri da cui dipende la logica
fuzzy, denominata Estimator-based-adaptive-fuzzy-logic (EAFL).

36
Capitolo 3 Logica fuzzy e sua ottimizzazione

3.2 Teoria sulle relazioni fuzzy

3.2.1 Insiemi fuzzy

E’ noto che un insieme A può essere definito elencando tutti i suoi elementi oppure
specificando la condizione secondo la quale esso viene definito. Se per esempio A è
l’insieme dei numeri reali compresi tra 4 e 7 allora si può scrivere che:

A   x  R 4  x  7 . (1.3)

Un altro modo per assegnare un insieme è quello di definire una funzione di


appartenenza, che assume valore 1 se l’elemento appartiene all’insieme e valore 0 se
avviene il contrario. In questo modo la funzione di appartenenza è quella definita dalla
relazione (2.3) ed è rappresentata in figura (1.3).

1 se x  A,
f  x   (2.3)
0 se x  A.
1.4

1.2

1
grado di appartenenza

0.8

0.6

0.4

0.2

0
0 1 2 3 4 5 6 7 8 9 10
x

Figura 1.3: Funzione di appartenenza di A

37
Capitolo 3 Logica fuzzy e sua ottimizzazione

E’ evidente che la definizione classica di insieme non lascia alcun equivoco


sull’appartenenza o meno di un elemento ad un determinato insieme.
Al contrario questo non è vero per un insieme fuzzy. Se prendiamo in esame una
regola del tipo “if (acqua bolle) then (butto la pasta)”, non vi sono sicuramente
incertezze a decidere quando buttare la pasta dato che (acqua bolle) è sicuramente vero
o sicuramente falso. Se prendiamo in esame invece la regola “if (acqua è calda) then
(abbassa la fiamma)” ci troviamo di fronte a dati incerti: che cosa significa calda? E
quanto devo abbassare la fiamma? Supponendo di poter misurare la temperatura con un
termometro, come faremo a decidere se quel valore rientrerà nella definizione “calda”?
Dovremo iniziare a definire un range di valori in cui la temperatura può variare e dei
subranges che rappresentino definizioni come “calda” e “molto calda”.
Il ragionamento cosiddetto sfumato dei sistemi fuzzy è dovuto al fatto che
un’ipotesi non è mai completamente vera né completamente falsa ma ha un suo “grado
di verità” che inciderà sulla forza con cui verrà eseguita la regola e quindi applicata la
conseguenza. Il grado di verità dell’ipotesi è in realtà il grado di appartenenza (di quel
valore di input a quel determinato range (es: calda) ).Tale funzione di appartenenza del
valore a un certo insieme non è più un gradino secco ma ha un andamento più sfumato.
Per esempio, potrebbe avere l’andamento di figura 2.3, in cui sull’asse delle x ci sono i
valori della temperatura e su quelle delle y il grado di appartenenza che in questo caso
può assumere un valore tra 0 ed 1. In generale una membership function (MSF) di un
insieme fuzzy B può avere andamento generico, anche se le funzioni più utilizzate sono
di tipo gaussiano, triangolare e trapezoidale.

38
Capitolo 3 Logica fuzzy e sua ottimizzazione

1.4

1.2

calda
1

grado di appartenenza 0.8

0.6

0.4

0.2

0
0 10 20 30 40 50 60 70 80
temperatura(° C)

Figure 2.3: Insieme fuzzy B associato a liquido “caldo”

Un insieme fuzzy è definito come un insieme ordinato di coppie costituite dal


generico elemento e dal suo grado di appartenenza:

B    x , f  x   x  B . (3.3)

Come si è già intuito, questi ranges non sono nettamente separati ma si


sovrappongono, per cui un valore di una variabile di input potrebbe appartenere a due
ranges con due differenti gradi di verità. Nell’esempio di figura. 3.3, il valore 25 °C
della temperatura appartiene alla classe tiepida con grado di appartenenza 0.6065 e alla
classe fredda con grado 0.1353.

39
Capitolo 3 Logica fuzzy e sua ottimizzazione

1.4

1.2

fredda tiepida calda molto calda


1

grado di appartenenza
0.8

0.6

0.4

0.2

0
0 10 20 30 40 50 60 70 80
temperatura(° C)

Figura 3.3: Esempio di diverso grado di appartenenza di una variabile di input a due classi

3.2.2 Operazioni sugli insiemi

Siano A e B due sottoinsiemi ordinari di U, l’unione di A con B che si denota con A


 B ed è un insieme che contiene sia gli elementi di A sia gli elementi di B, può essere
rappresentata da una MSF così definita:

1 se x  A o x  B,
 A B   (4.3)

0 se x  A e x  B.
L’intersezione di A con B che si denota con A  B ed è un insieme che contiene gli
elementi che appartengono simultaneamente ad A ed a B. La MSF che rappresenta
l’intersezione A  B è:

40
Capitolo 3 Logica fuzzy e sua ottimizzazione

1 se x  A e x  B,
 A B   (5.3)

0 se x  A o x  B.
Il complemento di A è un insieme che contiene tutti gli elementi che non
appartengono ad A e si denota con A . La sua MSF è:

1 se x  A ,
A   (6.3)

0 se x  A .
Una volta noti A e B e le loro funzioni di appartenenza è possibile poter calcolare le
MSF dell’unione, intersezione e complemento nel modo seguente:

 A  B  max  A  x  ;  B  x   , (7a.3)

 A  x ;  B  x ,
 A  B  min (7b.3)

 A  1   A  x . (7c.3)

Se A e B sono due insiemi secondo il concetto tradizionale allora le operazioni di


unione, intersezione e di complemento soddisfano le leggi aristoteliche che possono
essere così enunciate:
1) Legge di contraddizione : A A U

2) Legge di esclusione A A  
Se A e B sono due insiemi fuzzy allora le operazioni di unione, intersezione e di
complemento possono essere ancora rappresentate dalle relazioni (7.3), anche se le leggi
aristoteliche possono essere violate.

41
Capitolo 3 Logica fuzzy e sua ottimizzazione

Per verificare che la legge di esclusione non è più valida si supponga che A sia un
generico insieme fuzzy che ha come MSF una gaussiana. La figura 4a.3 rappresenta la
MSF di A mentre la figura 4b.3 mostra la MSF del complemento di A ottenuta
applicando la relazione (7c.3). Se ora si applica la relazione (7b.3) per calcolare la MSF
di A  A otteniamo il risultato di figura 4c.3 che dice che A  A   .

MSF di A MSF del complemento di A

1 1

0.5 0.5

0 0
0 5 10 0 5 10
(a) (b)
Intersezione di A e del suo complemento

0.5

0
0 5 10
(c)

Figura 4.3

Le operazioni di unione ed intersezione sugli insiemi fuzzy possono essere ottenute


in maniera alternativa alle relazioni (7a.3) e (7b.3).
Si indicheranno con il simbolo  (t-conorm), le operazioni di unione, e con il
simbolo * (t-norm), le operazioni di intersezione.

3.2.3 Relazioni tra due insiemi

Siano U e V due insiemi secondo la teoria tradizionale, denotiamo con x gli


elementi di U e con y gli elementi di V. Una relazione tra U e V rappresenta
esclusivamente la presenza o l’assenza di associazione, interazione o interconnessione

42
Capitolo 3 Logica fuzzy e sua ottimizzazione

tra i loro elementi x ed y. Il prodotto cartesiano di U con V si denota con U  V ed è


rappresentato dalle coppie (x,y) tali che sia verificata la seguente relazione:

U  V   x , y  x  U e y  V  . (8.3)

Si denoti con R(U,V) una generica relazione che intercorre tra gli elementi di U e
gli elementi di V, essa è un sottoinsieme dello spazio vettoriale U  V . Essendo le
relazioni, degli insiemi, anche queste possono essere definite sia elencando gli elementi
che vi appartengono (in questo caso sono delle coppie (x,y) di elementi), sia definendo
una funzione di appartenenza ad R(U,V) del tipo:

1 se e solo se  x, y   RU ,V  ,
 R x, y    (9.3)

0 altrimenti.
Nel caso in cui U e V sono due insiemi fuzzy R(U,V) viene analogamente chiamata
relazione fuzzy e rappresenta il grado di associazione, interazione o interconnessione
presente tra gli elementi di U e gli elementi di V. Ovviamente in questo caso la funzione
di appartenenza R(x,y) può assumere un qualsiasi valore tra 0 ed 1:


R(U ,V )    x , y  ,  R  U ,V    x, y   U  V  . (10.3)

R(U,V) è un sottoinsieme fuzzy dello spazio vettoriale U  V . Alle relazioni vengono


estese le operazioni di unione, intersezione e di complemento.
Siano R(x,y) e S(x,y) due relazioni nello stesso spazio vettoriale (sono due relazioni
tra gli stessi insiemi), l’unione e l’intersezione di R con S sono definite nel modo
seguente:

43
Capitolo 3 Logica fuzzy e sua ottimizzazione

 R  S   R (x , y)   S (x , y), (11a.3)
 R  S   R (x , y )   S (x , y). (11b.3)

3.2.4 Composizione di relazioni su diversi spazi vettoriali

Siano U,V e W tre insiemi e rispettivamente P(U,V) una relazione tra U e V e


Q(V,W) una relazione tra V e W. Per quanto appena detto P(U,V) e Q(V,W) sono due
sottoinsiemi degli spazi vettoriali U  V e V  W aventi in comune l’insieme V. In
queste condizioni è possibile comporre le relazioni P e Q per ottenere una relazione che
lega direttamente gli elementi di U con gli elementi di W:

R  U ,W   P  U ,V   Q  V ,W  . (12.3)

R(U,W) è un sottoinsieme dello spazio vettoriale U  W ed è composto dalle coppie


(x,z) tali che sia:

R  U ,W     x , z   R  U ,W    y 0  V  x , y 0   P  U ,V  e  y 0 , z   Q  V ,W   .
(13.3)

Ovviamente R(U,W) può essere definita tramite una funzione di appartenenza che può
essere calcolata con una qualsiasi delle seguenti definizioni:
1) composizione max-min , viene definita tramite la MSF:

   
 P Q  x , z    x , z  , maxy min P  x , y  ,  Q  y , z  ; (14a.3)

2) composizione max-prodotto, viene definita tramite la MSF:

  
 P  Q  x , z    x , z  , maxy  P  x, y   Q  y , z  . (14b.3)

44
Capitolo 3 Logica fuzzy e sua ottimizzazione

Facendo riferimento agli insiemi tradizionali si supponga di avere tre insiemi discreti
che chiamiamo U,V e W e denotiamo con x gli elementi di U, con y gli elementi di V e
con z gli elementi di W. U è composta da tre elementi e V e W sono composti ciascuno
da quattro elementi, per cui sarà: U={ x1, x2, x3 }, V={ y1, y2, y3,y4} e W = { z1, z2, z3, z4 }.
Siano R1(U,V) una relazione tra gli elementi di U e gli elementi di V, e R 2(V,W)
una relazione tra gli elementi di V e gli elementi di W:

y1 y2 y3 y4
x1 0 1 0 1
R1 U ,V   (15a.3)
x2 1 0 0 0
x3 0 0 1 1

z1 z2 z3 z4
y1 1 0 0 0
R2 (V ,W )  y 2 0 0 0 1 (15b.3)
y3 1 1 0 0
y4 0 0 1 0

Le (15.3) sono una rappresentazione in termini di matrici delle funzioni di appartenenza


delle relazioni R1 e R2. Ad esempio la relazione (15b.3) ci dice che R 2(y3, z1) = 1, quindi
è presente una interconnessione tra y 3 e z1; al contrario R2(y3, z3) = 0, ossia non c’è
nessuna relazione tra y3 e z3. Applicando le relazioni (15.3) si vuole calcolare
R3  U ,W   R1 U ,V   R3 V ,W  .

La successiva relazione (15c.3) rappresenta il risultato ottenuto applicando le


relazioni (14.3) che portano allo stesso risultato

z1 z2 z3 z4
x1 0 0 1 1
R3 U ,W   . (15c.3)
x2 1 0 0 0
x3 1 1 1 0

45
Capitolo 3 Logica fuzzy e sua ottimizzazione

Ad esempio si applichi la relazione (14a.3) (composizione max-min ) per ottenere


l’elemento 1-3 di R3(U,W):

z3
y1 0
y1 y2 y3 y4
y2 0 (15d.3)
x1 0 1 0 1
y3 0
y4 1

R3  x1 , z3   max min
 0,0  , min 1,0  , min 0,0  , min 1,1   1 . (15e.3)

Mentre applicando la relazione (14b.3) (composizione max-prodotto) otteniamo:

R3  x1 , z 3   max  0  0 , 1  0 ,  0  0 , 1  1   1 . (15f.3)

Ora si considerino le composizioni fuzzy tra relazioni agenti su diversi spazi


vettoriali che condividono un insieme. La composizione è definita in modo analogo al
caso precedente tranne per il fatto che ora le relazioni sono fuzzy e che quindi le loro
MSF assumono un qualsiasi valore compreso tra 0 ed 1. In questo caso la funzione di
appartenenza viene così definita:

 R  S  x , z   supyV   R  x , y  *  S  y , z   , (16.3)

in cui nel caso di insiemi discreti il sup va a coincidere con il max.


Nella relazione (16.3) compare il simbolo * che indica la t-norm, operazione
logico-matematica con cui come, già noto, si ottiene l’intersezione di due insiemi.
Questo è in accordo con le composizioni max-min e max-prodotto in cui compaiono le

46
Capitolo 3 Logica fuzzy e sua ottimizzazione

operazioni di minimo e di prodotto, che sono entrambe delle operazioni di intersezione e


quindi della t-norm.
Si supponga ad esempio che U e W siano due insiemi costituiti da tre elementi
ciascuno e che V sia costituito da 4 elementi ( U={ x1, x2, x3 }, V={ y1, y2, y3,y4 } e W={
z1, z2, z3 } ) e che le seguenti matrici relazionali rappresentino rispettivamente le MSF
delle relazioni: x è più grande di y e y è molto vicino a z

y1 y2 y3 y4
x1 0.8 1 0.1 0.7
 R1  x , y   ;
x2 0 0.8 0 0
x3 0.9 1 0.7 0.8

(17a.3)

z1 z2 z3
y1 0.4 0.9 0.3
 R2  y , z   y 2 0 0.4 0 ; (17b.3)
y3 0.9 0.5 0.8
y4 0.6 0.7 0.5

usando la composizione max-min si ottiene:

z1 z2 z3
x1 0.6 0.8 0.5
 R3  x , z   ; (17c.3)
x2 0 0.4 0
x3 0.7 0.9 0.7

usando la composizione max-prodotto si ottiene:

z1 z2 z3
x1 0.42 0.72 0.35
 R3  x , z   . (17d.3)
x2 0 0.32 0
x3 0.63 0.81 0.56

47
Capitolo 3 Logica fuzzy e sua ottimizzazione

Con questo esempio si è verificato che quando le relazioni sono di tipo fuzzy non è
più possibile ottenere lo stesso risultato applicando indifferentemente i due tipi di
composizione max-min e max-prodotto.

R(x,y) S(y,z)
Figura 5.3

La figura 5.3 rappresenta con un diagramma a blocchi la composizione tra due


relazioni sia di tipo classico sia di tipo fuzzy. Si supponga adesso che la prima relazione
dell’esempio precedente diventi semplicemente un insieme fuzzy, ossia la relazione x è
più grande di y diventa ad esempio y è mediamente grande, e la seconda relazione
rimanga y è molto vicino a z.

S(y,z)
Figura 6.3

In questo modo la figura 5.3 diventa la figura 6.3, che descrive come un insieme
fuzzy possa attivare una qualsiasi relazione. Quando si compone la relazione y è molto
vicino a z con un qualsiasi insieme fuzzy, otteniamo una MSF che costituisce il grado di
verità dell’affermazione quando l’insieme di partenza è proprio quello a cui viene
applicata la relazione; in questo modo la relazione (16.3) diventa:

 R  S  z   supxU   R  x  *  S  x , z   . (18.3)

Ad esempio se si suppone che R sia un insieme fuzzy discreto con MSF:

48
Capitolo 3 Logica fuzzy e sua ottimizzazione

x1 x2 x3 x4
 R  x 
0.6 0.8 0.5 0.4

(19a.3)

e che la relazione y è molto vicino a z sia rappresentata da:

z1 z2 z3
x1 0.4 0.9 0.3
 S  x , z   x2 0 0.4 0 (19b.3)
x3 0.9 0.5 0.8
x4 0.6 0.7 0.5

allora applicando la composizione max-min si ottiene:

z1 z2 z3
 RS  z  , (19c.3)
0.5 0.6 0.5

infatti  R  S  z1   max min


 0.4,0.6  ,min 0,0.8  ,min 0.9,0.5  ,min 0.6,0.4    0.5 e
così per gli altri termini.
Mentre applicando la composizione max-prodotto si ottiene:

z1 z2 z3
 RS  z  , (19d.3)
0.45 0.54 0.4

ad esempio  R  S  z1   max  0.4  0.6  ,  0  0.8 ,  0.9  0.5 ,  0.6  0.4    0.45 .

49
Capitolo 3 Logica fuzzy e sua ottimizzazione

3.2.5 Implicazioni

Le implicazioni sono delle relazioni del tipo IF THEN. La parte interrogativa delle
implicazioni ( IF ) è anche chiamata antecedente, mentre la parte conclusiva è detta
conseguente. Un esempio di implicazione potrebbe essere: se il coefficiente di
smorzamento è piccolo allora la risposta del sistema all’impulso oscillerà a lungo.
Anche per le implicazioni è possibile definire una funzione di appartenenza pq(x,y)
con cui è possibile valutarne il grado di verità e che si può calcolare mediante una tra le
seguenti relazioni:


 P  Q  x , y   1  min P  x  ,1   Q  y  , (20a.3)

 
 P  Q  x , y   max1   P  x  ,  Q  y  . (20b.3)

Le relazioni (20.3) permettono di calcolare la funzione d’appartenenza


dell’implicazione conoscendo quelle delle proposizioni che ne stanno alla base.
Considerando l’esempio precedente, basta conoscere le MSF delle proposizioni if
coefficiente di smorzamento è basso, e di, il sistema oscilla a lungo. Ovviamente
secondo la logica tradizionale un’implicazione può essere esclusivamente vera o falsa e
quindi le relazioni (20.3) danno come risultato esclusivamente 0 o 1. E’ possibile
estendere il concetto d’implicazione in logica fuzzy, tenendo conto del fatto che ora le
(20.3) possono dare come risultato un qualsiasi valore compreso tra 0 ed 1, che indica il
grado di verità dell’implicazione fuzzy. Le implicazione sono molto importanti in logica
fuzzy, perché come si vedrà nei paragrafi successivi, le regole sono un particolare tipo
di implicazione.
Il modus ponens è un particolare tipo di proposizione logica basato sulle
implicazioni, che assume la forma:

premessa1: x è A, premessa2: SE x è A ALLORA y è B, conseguenza: y è B. (21a.3)

50
Capitolo 3 Logica fuzzy e sua ottimizzazione

Estendendo in logica fuzzy il modus ponens si ottiene il modus ponens generalizzato


che ha la seguente forma:

premessa1: x è A*, premessa2: SE x è A ALLORA y è B, conseguenza: y è B*, (21b.3)

da cui si capisce bene che affinché la proposizione logica sia soddisfatta non è
necessario che gli insiemi A* e B* della prima premessa e della conseguenza siano gli
stessi della seconda premessa. Il modus ponens generalizzato è molto importante per un
sistema in logica fuzzy, perché, come si vedrà nel paragrafo successivo, rappresenta in
modo completo l’applicazione delle regole e quindi il processo che avviene nel motore
inferenziale. Note le funzioni di appartenenza della prima e della seconda premessa è
possibile calcolare quella relativa alla conseguenza mediante la relazione (18.3), che nel
caso particolare diventa:

 
 B*  y   supx A*  A*  x  *  A  B  x , y  . (22.3)

Infine, per il calcolo delle MSF delle implicazioni si possono utilizzare le seguenti
relazioni:

 A  x , B  y  ,
 A  B  x , y   min (23a.3)

 A B  x, y    A  x   B  y  . (23b.3)

La relazione (23a.3) viene denominata minimum implication, e la (23b.3) product


implication e per le applicazioni in logica fuzzy vanno utilizzate al posto delle relazioni
(20.3) che possono dare risultati non corretti in quanto non tengono conto della
relazione tra causa ed effetto.

51
Capitolo 3 Logica fuzzy e sua ottimizzazione

3.3 Costituzione di un FLS ( Sistema in Logica Fuzzy )

3.3.1 Generalità

Un sistema di logica fuzzy in materia di controlli è costituito da quattro componenti


fondamentali che sono:

1. Fuzzificatore
2. Motore inferenziale
3. Base di regole
4. Defuzzificatore

REGOLE

xU FUZZIFICATORE DEFUZZIFICATORE


y=V
Ingressi Uscita
Numerici Numerica
MOTORE
u U vV
INFERENZIALE
Insiemi fuzzy Insieme fuzzy
di ingresso di uscita

Figura 7.3: Costituzione di un Sistema in Logica Fuzzy

Fuzzificatore: come si vede dalla figura 7.3, il fuzzificatore è il primo elemento a


contatto con le variabili in ingresso: il suo ruolo è quello di agire su di esse. Infatti le
variabili di ingresso che sono caratterizzate da un valore deterministico non possono
attivare una o più regole fuzzy. Il fuzzificatore permette di trasformare le variabili di
ingresso in corrispondenti insiemi fuzzy.

52
Capitolo 3 Logica fuzzy e sua ottimizzazione

Base di regole: l’insieme delle regole costituisce la base della conoscenza del
sistema e quindi dalla sua bontà dipende anche la precisione della relazione ingresso-
uscita. In alcuni casi si può anche accettare di avere un insieme povero di regole base,
potendo aggiornarle durante l’evoluzione del sistema che si vuole controllare mediante
l’applicazione di opportuni algoritmi adattativi.

Motore inferenziale: il motore inferenziale può essere considerato il cervello del


FLS, esso ha il compito di combinare in maniera opportuna le regole. Il risultato della
composizione delle regole è una sola variabile di uscita sotto forma di insieme fuzzy.

Defuzzificatore: dopo aver ottenuto un insieme fuzzy come risultato


dell’applicazione delle regole, il processo di mappatura ha bisogno di una fase
conclusiva in cui si possa ottenere un valore unico ed inequivocabile di uscita. A questo
compito provvede proprio il defuzzificatore.

3.3.2 Le regole

Come già detto nell’introduzione le regole di un sistema fuzzy sono del tipo IF-
THEN-ELSE e possono essere espresse come segue:

R  l  : IF u1 is F1l and u 2 is F2l ..........


u p is F pl THEN v is G l , (24.3)

in cui si suppone di avere p ingressi, l regole ed ovviamente una unica uscita. Le


variabile u e v sono di natura linguistica mentre i rispettivi valori numerici sono x e y.

Fi j rappresenta l’insieme fuzzy a cui deve appartenere la variabile ui affinché sia

attivata la regola j-esima ed è denominato antecedente. La costituzione della base di


regole deve pertanto essere operata prendendo in considerazione non solo i dati

53
Capitolo 3 Logica fuzzy e sua ottimizzazione

numerico/sperimentale, ma anche regole che provengono dall’esperienza e dal buon


senso, curando che le regole non entrino in conflitto fra loro.

3.3.3 Il motore inferenziale

Nel motore inferenziale i principi della logica fuzzy vengono utilizzati per
combinare le regole base, ottenendo una relazione tra gli insiemi fuzzy in ingresso ed un
insieme fuzzy in uscita. Quindi il motore inferenziale vede sia in ingresso sia in uscita
solo insiemi fuzzy e non variabili numeriche o linguistiche. Ogni regola è considerata
come un’implicazione:

 A B  x, y  (25.3)

in cui:

A  F1l  F2l  ..........


.. F pl ,
(25b.3)

B  Gl (25c.3)

dove F pl rappresenta l’antecedente relativo al p-esimo ingresso per la l-esima regola, e

G l rappresenta il conseguente della l-esima regola. In questo modo l’insieme A che

rappresenta l’antecedente è uno spazio vettoriale p-dimensionale ed a sua volta la


variabile x rappresenta il vettore p-dimensionale delle variabili di ingresso. Se si assume
che gli antecedenti sono connessi con legami di tipo AND e di conseguenza con delle t-
norm (operazione d’intersezione per gli insiemi fuzzy che rappresenta il legame AND
nelle relative espressioni logiche) si può scrivere che:

54
Capitolo 3 Logica fuzzy e sua ottimizzazione


 A  B  x , y    R  l  x1 , x2 ,......... 
., x p , y   F l *  F l * ..........
1 2
. *  F l *  Gl .
p (26.3)

Sia Ax l’insieme fuzzy che rappresenta l’ingresso del motore inferenziale (uscita
fuzzificata), la relativa funzione d’appartenenza è così definita:

 Ax  x    X1 *  X 2 * .....
 X i .....*  X p , (27.3)

in cui  X i è la MSF dell’insieme fuzzy relativo all’i-esimo ingresso. Per ogni regola il
motore inferenziale determina in uscita un insieme fuzzy che chiamiamo Bl in modo tale
che:

B l  Ax  R  l  . (28.3)

La relazione (28.3) dice semplicemente che per ogni regola si può ottenere un
insieme fuzzy che è dato dalla composizione tra la relazione relativa alla l-esima regola
(vedi implicazione) ed il relativo insieme fuzzy Ax di ingresso. Per ottenere la MSF
dell’insieme Bl basta applicare la relazione (18.3) in cui ora l’insieme A relativo alla
premessa è p-dimensionale, in questo modo si ottiene:

 
 Bl  y    Ax  R  l   supx Ax  Ax  x  *  A  B  x , y  . (29.3)

Applicando la relazione (29.3) alle l regole avremo in uscita l insiemi fuzzy che
dovranno essere combinati in modo tale da averne uno solo. L’esperienza ha dimostrato
che per questa operazione la t-conorm (che rappresenta l’operazione di unione) dà i
risultati migliori per applicazioni in campo ingegneristico.

55
Capitolo 3 Logica fuzzy e sua ottimizzazione

3.3.4 Il fuzzificatore

Il fuzzificatore provvede a trasformare gli ingressi di tipo numerico in insiemi


fuzzy. Questa operazione è necessaria perché, come si è appena visto, il motore
inferenziale accetta in ingresso esclusivamente insiemi fuzzy. Il fuzzificatore più
comune è chiamato singleton e trasforma l’ingresso attribuendogli la seguente MSF:

 1 se x  x,
 A*  x   (30.3)

 0 se x  x .
Non sempre questo tipo di fuzzificazione può essere adeguato, specialmente
quando gli ingressi possono essere affetti da disturbi o da rumore. In questi casi si può

ricorrere al nonsingleton fuzzifier per cui  A*  x   1 se x  x  e diminuisce se x si


allontana da x  . Quindi questo tipo di fuzzificazione ci permette di ottenere una vera e
propria MSF (che può essere una gaussiana o di forma triangolare ecc.) a partire da un
valore numerico dell’ingresso. In queste ipotesi la relazione (28.3) diventa:

 X p  x p  *  F l  x1  * .....*  F l  x p  *  G l  y   ,
 Bl  y   supxU  X1  x1  * ...... (31.3)
 1 p 

in cui si suppone che gli insiemi fuzzy in ingresso sono definiti nello spazio vettoriale

U=U1 U2….UP. Il termine  F1l  x1  * ........


 F l  x P  *  Gl  y  rappresenta la MSF
P

AB(x,y) presente nella relazione (22.3), e  X1  x1  * .....*  X P  x p  rappresenta il

termine  A*  x  sempre nella relazione (22.3). Infine, l’operazione di supremum è estesa


a tutto lo spazio vettoriale U proprio a causa del fuzzificatore nonsingleton.
Grazie alle proprietà dell’operazione di supremum, la relazione (31.3) si può
scrivere nella seguente forma:

56
Capitolo 3 Logica fuzzy e sua ottimizzazione

   
 Bl  y    Gl * supxU  X1  x1  *  F l  x1  * .......*  X P  x P  *  F l  xP  .
1 P
(32.3)

Un caso applicativo molto importante è quello in cui le MSF del generico insieme
fuzzy in ingresso Xk e del generico antecedente Fk sono delle gaussiane, espresse
rispettivamente dalle relazioni:

2
1  xk  m X k 
  
2   , (33a.3)
 X k  xk   e  Xk 

2
x m 
1  k  Fkl 
  
2  l  . (33b.3)
 F l  xk  
F
e  k 
k

Se come t-norm si usa il prodotto la relazione (32.3) si può scrivere come segue:

 Bl  y    Gl  y    Ql  xk ,max
p
(34.3)
k 1 k

in cui il termine m X k rappresenta il centro dell’insieme fuzzy di ingresso Xk, ed il

generico termine x k ,max è ottenuto a seguito della massimizzazione (sup) del seguente
termine:

 Ql  xk    X k  x k   F l  xk  , (35a.3)
k k

e si può calcolare con la seguente relazione:


 2X k mF l   2F l m X k
xk ,max  k k
. (35b.3)
 2X k   2F l
k

57
Capitolo 3 Logica fuzzy e sua ottimizzazione

Massimizzando la (35a.3), la relazione (35b.3) trova il valore numerico di ingresso più


probabile e tale formula permette addirittura un filtraggio del rumore nel caso in cui
l’ingresso ne sia affetto.

3.3.5 Defuzzificazione

Il processo di defuzzificazione è esattamente opposto a quello di fuzzificazione. In


questo caso è possibile trasformare insiemi fuzzy in variabili numeriche. L’insieme
interessato da questa operazione è quello che si ha in seguito alla combinazione delle
regole operata dal motore inferenziale, ossia il risultato dell’applicazione delle l regole.
In letteratura sono stati rappresentati molti tipi di defuzzificatori anche se nessuno di
questi possiede delle appropriate basi teoriche. Di conseguenza in alcuni casi questa
fase è considerata un’arte basata sull’esperienza più che una scienza. Dal punto di vista
delle applicazioni ingegneristiche il defuzzificatore deve permettere di avere una
semplicità computazionale a cui corrispondono quelli di seguito esposti:

1. Maximum Defuzzifier: questo defuzzificatore fornisce come valore della


variabile in uscita quello per cui la funzione di appartenenza B(y) assume valore
massimo; questo porta in alcuni casi ad avere risultati imprecisi come si vede dalle
figure 8a.3 e 8b.3. Dalla figura 8a.3 si nota che utilizzando questo defuzzificatore si
prenderebbe il valore y pari a 40 non tenendo conto che B(y) è ben distribuito tra 8 e
40, e dalla b si vede che non esiste un unico valore per cui B(y) è massimo.
µ (y)

µ (y)

1 1

0.8 0.8

0.6 0.6

0.4 0.4

0.2 0.2

0 0
0 10 20 30 40 0 10 20 30 40
(a) y (b) y

Figua 8.3

58
Capitolo 3 Logica fuzzy e sua ottimizzazione

2. Mean of Maxima Defuzzifier: può essere considerato come un’immediata


evoluzione del precedente. In questo caso vengono esaminati tutti i valori di y per cui
B(y) assume valore massimo e successivamente y ne assume il valor medio. Nel caso in
cui esiste un unico valore di y per cui B(y) è massima allora non c’è differenza con il
defuzzificatore precedente. Anche con questo metodo però c’è una situazione che porta
ad un risultato non accettabile, come descritto dalla figura 9.3. L’insieme fuzzy in uscita
dal motore inferenziale è rappresentato da due triangoli con la stessa altezza, essi però
non sono uniti, ma è possibile trovare un intervallo di valori di y per cui la funzione di
appartenenza ha valore nullo. In questo caso il risultato del Mean of Maxima Defuzzier
sarebbe un valore di y per cui B(y) è proprio nulla, risultato che ovviamente non ha
nessun senso dal punto di vista ingegneristico.
µ (y)

0.8

0.6
B1 B2
0.4

0.2

0
0 5 10 15 20 25 30 35 40
y

Figura 9.3

3. Centroid Defuzzifier: fornisce come valore in uscita di y il centro di gravità


dell’insieme B. Il risultato è:

S y   B  y  dy
y , (36.3)
S  B  y dy

in cui S rappresenta il campo di esistenza per B(y). Spesso per semplicità


computazionale S viene discretizzato e la relazione (36.3) diviene:

59
Capitolo 3 Logica fuzzy e sua ottimizzazione

I
 yi   B  yi 
i 1
y I
. (37.3)
  B  yi 
i 1

A differenza dei primi due questo defuzzificatore ha il pregio di poter dare comunque un
unico valore in uscita.

4. Height Defuzzifier: deriva direttamente dal precedente anche se più sofisticato.


Prima di tutto si calcola yl che rappresenta il centro di gravità di B l , che a sua volta
rappresenta l’insieme fuzzy in uscita dalla l-esima regola. Successivamente si calcola y
come segue:

M
l
 y   Bl y
l 1
l
 
y ; (38.3)
M
  Bl
l 1
y 
l

questo defuzzificatore dal punto di vista computazionale è più semplice del precedente
perché gli insiemi B l presentano di solito delle MSF note e di conseguenza sono anche
noti i loro centri di gravità.

5. Modified Height Defuzzifier: il risultato dell’applicazione di questo


defuzzificatore è:

M l  Bl y
l
 
y 
l2
l 1
y M  , (39.3)
  Bl y
l 1
l
 

60
Capitolo 3 Logica fuzzy e sua ottimizzazione

dove  l è un coefficiente che tiene conto del grado di dispersione del conseguente della
l-esima regola.

3.4 Radial Basis Functions

Per poter applicare con semplicità i principi della logica fuzzy c’è bisogno di avere
una relazione diretta tra le variabili di ingresso e la variabile di uscita, ossia una formula
esplicita del tipo y=f(x), dove x rappresenta il vettore delle variabili numeriche in
ingresso ed y la variabile in uscita. Tali relazioni sono dette Radial Basis Functions. Per
quanto detto, e come si vede dalla figura 7.3, per ottenere questa formula è sufficiente
seguire il segnale x prima attraverso il fuzzificatore, in cui viene trasformata in un
insieme fuzzy, poi attraverso il motore inferenziale, in cui viene convertito in uno o più
insiemi fuzzy di uscita, e successivamente nel defuzzificatore, in cui finalmente si
ottiene un valore numerico per y. Questo procedimento così complesso fa ben capire che
comunque non è possibile scrivere una formula del tutto generale e che sia valida per
ogni FLS. Pertanto, prima di tutto si devono operare delle scelte specifiche per quanto
riguarda:

1. fuzzificatore
2. le funzioni di appartenenza (MSF)
3. il tipo di composizione
4. il tipo di motore inferenziale
5. il defuzzificatore
Se si sceglie un fuzzificatore singleton, max-product composition, product
inference e un height defuzzificatore, si ha che

61
Capitolo 3 Logica fuzzy e sua ottimizzazione

M p
 y   F l  xi 
l

y  f  x  l 1 i 1 i

M p
(40.3)
   F l  xi 
l 1i 1 i

Tale relazione si può facilmente ricavare andando a sostituire nell’equazione (38.3)


l’espressione:

   p
 
 
 Bl y l   A  B x, y l     F l  xi     G l y l , (41.3)
 i 1 i 

in cui si deve usare la (30.3). Assumendo poi che le MSF sono normalizzate, si ha

 
 G l y l  1 e la relazione (41.3) diventa:

   p
 
 Bl y l   A  B x , y l     F l  xi   . (42.3)
i 1 i

dove per semplicità di notazione si è posto il generico xi = xi  .


Nel caso in cui si scelga un fuzzificatore nonsingleton, max-product composition,
product inference, height defuzzificatore, e come MSF le gaussiane espresse dalle

 
relazioni (33.3), si ha che  Bl y l è data dalla relazione (34.3); inoltre, se si assume che

 
anche  Gl y l sia una gaussiana, si ha che il suo valore in corrispondenza di y  yl è

l’unità, per cui si ha:

 
 Bl y l    Ql  xk ,max ,
p

k 1 k
(43.3)

62
Capitolo 3 Logica fuzzy e sua ottimizzazione

dove  Qkl  x k    X k  x k    Fkl  x k  .

Infine, sostituendo la relazione (43.3) nella (38.3), si ottiene il legame tra ingresso
ed uscita che costituisce la radial basis function:

 y   Ql  xk ,max
M p
l

y  f  x  l 1 k 1 k
. (44.3)
   Ql  xk ,max
M p

l 1k 1 k

3.5 Estimator-Based-Adaptive-Fuzzy-Logic

La logica fuzzy si basa su una serie di regole che possono essere estrapolate sia
utilizzando dati sperimentali, sia dati numerici, sia dall’esperienza. Comunque partendo
anche da una base di regole iniziali povere, che in genere devono garantire la stabilità
del sistema, è possibile adattarle on line utilizzando l’algoritmo EAFL [9] al fine di
ottimizzare il funzionamento del controllore fuzzy.
La base di regole può essere rappresentata da una serie di parametri:

~
 
 k   A ij  k  ,  Ai  k  ,  i  k  ; i  1,2,...,l ; j  1,2,...,p ,
j
(45.3)

dove i è l’indice riferito alle l regole, l’indice j è riferito agli p ingressi, k fa riferimento
~i
agli istanti di tempo campionati, t = kT con T periodo di campionamento, A j (k ) il
centro insieme fuzzy antecedenti relativo alla i-esima regola e j-esimo ingresso, i(k) il
centro insieme fuzzy conseguenti i-esima regola. Le funzioni di appartenenza per gli
antecedenti sono di tipo gaussiano.

63
Capitolo 3 Logica fuzzy e sua ottimizzazione

Il controllo adattativo permette di aggiornare ad ogni passo temporale tutti i


parametri della relazione (45.3) al fine di minimizzare la funzione costo che viene
definita come segue:

1 2
Jk  ey  k  , (46.3)
2

in cui ey(k) rappresenta l’errore di controllo:

e y  k   r  k   y k  . (47.3)

L’errore di controllo può essere valutato solo se si ha a disposizione un modello


deterministico del sistema. Nel caso in cui questo non sia disponibile si può utilizzare
uno stimatore che permette di poter valutare un valore approssimato di y(k), che
indicheremo con ŷ  k  .

u(k) Plant y(k)

LSA

yst(k)

Figura 10.3: Algoritmo LSA

In questa tesi si è utilizzato l’algoritmo dei minimi quadrati, Least Square Algoritm
(LSA) (descritto in appendice B), che permette di esprimere ŷ  k  in funzione di y(k-1)
e di u(k-1), che indicano rispettivamente il valore effettivo della grandezza di uscita, e
dell’ingresso del sistema al passo temporale immediatamente precedente a quello in cui
si vuole valutare y(k):

64
Capitolo 3 Logica fuzzy e sua ottimizzazione

yˆ k   a k 1 y  k  1  bk 1u  k  1 . (48.3)

I coefficienti ak e bk non sono costanti ma variano nel tempo per tenere conto delle
nonlinearità e delle tempovarianze del sistema. Essi possono essere stimati on line
applicando proprio l’algoritmo LSA in forma ricorsiva. Inoltre, assumendo che essi non
cambiano tra l’istante k e l’istante k+1, è possibile stimare y(k) con un passo temporale
in anticipo, ossia è possibile stimare y(k+1) con la equazione (48.3) proiettata con un
passo in avanti:

yˆ k  1  a k 1 y  k   bk 1u  k  . (49.3)

Una volta stimata ŷ  k  1 è possibile valutare anche la funzione costo con un


passo temporale in avanti:

1
Jˆ k  1  eˆy2  k  1 , (50.3)
2

in cui eˆy  k  1 è la stima dell’errore al passo k+1:

eˆy  k  1  r  k  1   a k 1 y  k   bk 1u  k   . (51.3)

65
Capitolo 3 Logica fuzzy e sua ottimizzazione

3.5.1 Funzionamento dell’algoritmo EAFL

La figura 11.3 mostra uno schema a blocchi del funzionamento dell’algoritmo


EAFL.

Ingressi z(k) u(k) y(k)


Controllore Plant
numerici fuzzy

est(k+1) LSA

r(k+1) + yst(k+1)

Figura 11.3: Schema a blocchi EAFL

L’algoritmo parte con una base di regole R. Successivamente, ad ogni passo


temporale, i parametri (k) sono aggiornati per poter minimizzare la funzione di costo
stimata con un passo nel futuro. Al passo k agisce la base di regole R(k) il cui effetto è
quello di generare una uscita dal controllore u(k) che servirà a generare l’uscita futura
del plant. Lo stimatore valuta i coefficienti approssimati ak e bk che permettono,
mediante l’equazione (51.3), di stimare l’errore di controllo con un passo temporale in
avanti. A questo punto i parametri del controllore fuzzy possono essere aggiornati
tenendo conto di eˆy  k  1 , dando all’intero algoritmo un forte potere anticipativo del
fenomeno.
L’aggiornamento dei parametri (k) del controllore viene realizzato utilizzando la
formula ricorsiva:

66
Capitolo 3 Logica fuzzy e sua ottimizzazione

Jˆ k  1
 k  1   k    , (52.3)


in cui  rappresenta un coefficiente che esprime la velocità con cui la base di regole è
aggiornata e può essere scelto in modo arbitrario. In linea generale ad un  più alto
corrisponde un adattamento di (k) più repentino, viceversa ad un  più basso
corrisponde un aggiornamento più lento. Ad ogni modo la scelta di  deve derivare da
un giusto compromesso tra una velocità di assestamento adeguata e la stabilità
dell’algoritmo, un valore troppo grande di  infatti può comportare una continua
oscillazione della variabile controllata y(k) attorno al valore di riferimento.
Le derivate parziali di Jˆ k  1 rispetto a  sono date da:

l
 wij  k 
Jˆ k  1
 bk eˆy  k  1
j 1
, (53a.3)
 i N l
  wij  k 
i 1 j 1

N l
vij  k   cij  wij  k   i  k   u  k  
Jˆ k  1
 bk eˆy  k  1
i 1 j 1
~ , (53b.3)
A ij N l
  wij  k 
i 1 j 1

N l
~  k  vij2  k   cij  wij  k  i  k   u  k  
Jˆ k  1 Ai
 bk eˆy  k  1
j i 1 j 1
, (53c.3)
 Ai N l
j   wij  k 
i 1 j 1

in cui:

67
Capitolo 3 Logica fuzzy e sua ottimizzazione

~i
Aj  k   x j  k 
vij  k   , (54a.3)
 2Ai  k    2X j
j


~i

1 Aj  k   x j  k  2

2  i  k   X
2 2
, (54b.3)
wij  k   e
Aj j

dove xj(k) indica il vettore degli ingressi. I coefficienti cij presenti nelle equazioni
(53b.3) e (53c.3) sono pari ad 1 se la i-esima regola dipende dal j-esimo ingresso,
altrimenti sono pari a zero.

68
CAPITOLO 4

APPLICAZIONI AL MODELLO DELLE TECNICHE DI


CONTROLLO

4.1 Introduzione

In questo capitolo si descrive le modalità con cui i concetti di teoria fuzzy e di


controllo adattativo vengono applicati al modello del motore con turbina a geometria
variabile. L’obiettivo del sistema di controllo sviluppato nel presente lavoro è quello di
realizzare, nel collettore di aspirazione, opportuni valori della pressione di
sovralimentazione, ottimizzati dal motorista, agendo sulla turbina a geometria variabile.
Per mezzo di un attuatore pneumatico (il cui ingresso è il segnale di controllo) è
possibile variare l’angolo di calettamento delle palette statoriche della turbina in modo
da ridurre o aumentare l’area di passaggio a disposizione dei gas di scarico.
Il software di controllo risiederà, nelle applicazioni reali, su una EPROM della
centralina elettronica dell’autovettura. Nel controllo digitale, quindi, il regolatore è un
elaboratore digitale, gestito da un software di controllo, e all’interno del sistema totale
coesistono segnali di diversa natura, sia a tempo discreto (propri dell’elaboratore
digitale) che a tempo continuo (propri del processo da controllare); l’interfaccia tra i due
tipi di segnali è costituita da convertitori analogico-digitali (A/D) e digitale-analogici
(D/A) opportunamente sincronizzati da un clock di periodo T, tempo di
campionameno
Capitolo 4 Applicazioni al modello delle tecniche di controllo

4.2 Applicazione della logica fuzzy al nostro sistema

Come visto nel terzo capitolo, le fasi costruttive del controllore fuzzy possono
essere così riassunte:
- Definizione degli ingressi
- Definizione dell’uscita
- Definizione del tipo e del numero di insiemi per gli antecedenti/conseguenti
- Definizione del tipo di legame tra gli ingressi (AND oppure OR)
- Definizione del tipo di composizione
- Definizione del fuzzificatore e del defuzzificatore

La logica fuzzy si basa sulla definizione degli ingressi e di una base di regole che
rappresentano il cuore di questa logica e la cui creazione ha rappresentato la parte più
difficoltosa del presente lavoro. Come primo passo si è realizzato un controllo fuzzy,
che stabilizzasse la pressione di sovralimentazione rispetto al valore di set, a cui poi
andare ad applicare il controllo adattativo. Il problema più impegnativo era
rappresentato dall’esigenza di definire una matrice di regole che controllasse il sistema
in tutte le possibile condizioni di funzionamento.
Per la definizione di questa base di regole ci si è basati su dati sperimentali ricavati
osservando due precedenti test sullo stesso modello, controllato mediante un algoritmo
One Step Ahead (OSA) [3] su cui sarà presentato poi un risultato di confronto.
La definizione degli ingressi ha costituito un passo importante nella progettazione
del controllore fuzzy. Inizialmente si è pensato di considerare come ingressi della logica
di controllo la pressione di set di sovralimentazione, la pressione di set on line, cioè
quella realmente in uscita a valle del compressore, il carburante introdotto al ciclo per
ogni singolo cilindro, e il numero di giri del motore e come uscita direttamente il valore
di u rappresentante l’area equivalente di passaggio in turbina. In relazione a questi
ingressi e uscita è stata definita una base di regole che non ha dato buoni risultati,
soprattutto perché, il numero di giri e la quantità di carburante introdotta,
rappresentavano sostanzialmente variabili di disturbo legate al carico e alle condizioni

70
Capitolo 4 Applicazioni al modello delle tecniche di controllo

di funzionamento (la costruzione della base di regole con tali ingressi necessitava di
maggiori dati sperimentali di partenza rispetto a quelli a disposizione); quello che si è
ottenuto è stata una pressione di sovralimentazione molto instabile su cui non ha avuto
nemmeno senso applicare il controllo adattativo.
A questo punto, si è pensato di ragionare solamente sull’errore di pressione
(definito come differenza tra la pressione di riferimento e quella on line) e il carburante
introdotto, con in uscita sempre direttamente il valore di u opportuno. Anche in questo
caso la mancanza di dati sperimentali in tutte le possibili condizione di funzionamento
del motore, dati sperimentali che tra l’altro erano influenzati dalla dinamica relativa al
tipo di test effettuato, non ha permesso di generare una base di regole che permettesse di
ottenere una risposta perlomeno stabile su test differenti.
La soluzione è stata di definire la base di regole che considerasse come ingressi
l’errore di pressione, e la sua derivata temporale, e come conseguente della base di
regole non direttamente il valore di u (che pilota poi l’attuatore e che rimane comunque
l’uscita del controllore globale) ma un u che rappresentasse la variazione dell’area di
passaggio dei gas di scarico, legato alla u dalla relazione uk=uk-1+u. Sulla base di
questa definizione ingresso-uscita è stato molto semplice costruire una base di regole,
che ha dato subito buoni risultati, utilizzando semplici relazioni di buon senso, integrate
ai dati sperimentali a disposizione.

4.2.1 Definizione degli ingressi

Gli ingressi scelti per il controllore sono:


1. Errore: (indicato con E). Con errore si intende la differenza tra la pressione di set
(valore desiderato della pressione di sovralimentazione) e l’effettiva pressione nel
collettore di aspirazione che è possibile misurare tramite un sensore di pressione.
L’influenza di questo ingresso risulta evidente: un valore positivo significa che la
pressione effettiva è al di sotto di quella di set e che quindi occorre ridurre l’area di

71
Capitolo 4 Applicazioni al modello delle tecniche di controllo

passaggio in turbina al fine di aumentare la pressione di sovralimentazione, viceversa


nel caso in cui l’errore è negativo.

2. Differenza dell’errore: (indicata con E). Con esso intendiamo la differenza tra
l’errore al passo k e l’errore al passo k-1; esso risulta essere direttamente
proporzionale alla derivata dell’errore se si pensa al fatto che tra il passo k e k-1
intercorre il tempo di campionamento, valore costante. Tale ingresso è molto
importante in quanto esprime la velocità con cui la pressione si avvicina o allontana
al valore di riferimento.

Per semplicità di notazione indicheremo con x il vettore degli ingressi, che per quanto
detto è costituito da due componenti: x(k) = [ E(k), E(k) ].

4.2.2 Definizione dell’uscita

Il controllore deve determinare un segnale u, a cui corrisponde una certa apertura


dell’area di passaggio delle palette la cui relazione è definita da:

* u
Aeq  Aeq  (1.4)
k*

*
in cui Aeq indica appunto l’area di passaggio realizzata dall’attuatore, Aeq rappresenta
un opportuno valore di riferimento dell’area di passaggio, molto prossimo al valore
minimo, mentre k* è una costante utilizzata per aumentare la sensibilità e la precisione
di u. L’uso di valori di k* troppo piccoli può dare variazioni della grandezza di controllo
u in un intervallo troppo piccolo con eccessiva sensibilità da parte del sistema. Si è
scelto un valore di k*=100000 con conseguente intervallo di variazioni di u
*
sufficientemente ampio. Per quanto concerne la variabile Aeq , si è scelto il valore di
1.75 cm2, in modo da avere un campo di variazione intorno allo zero ma centrato su un

72
Capitolo 4 Applicazioni al modello delle tecniche di controllo

valore positivo, per ottenere un valore di u mediamente più grande in valore assoluto,
sempre per problemi di sensibilità.

Facendo notare subito che l’uscita finale del controllore resta comunque il valore u
direttamente rappresentante dell’area di passaggio da attuare, così come definito dalla
relazione (1.4), in questo contesto si intende il valore di uscita dalla mappatura fuzzy,
cioè il conseguente della base di regole. Per esso si è pensato di lavorare sulla
variazione dell’ area di passaggio in turbina rispetto al valore al passo precedente:

u k  u k 1  u . (2.4)

Questa scelta è stata molto importante in quanto ha permesso di svincolarsi dalla


parziale mancanza di dati sperimentali e soprattutto ha reso il controllore estremamente
robusto ai vari test effettuati.

4.2.3 Definizione delle MSF e del numero degli antecedenti

Definire il tipo degli antecedenti vuol dire scegliere una funzione di appartenenza
(membership function) per essi, che in questo caso sono delle gaussiane aventi
espressione:

2
 
 xjk ~
A ij 
 12  
  i  (3.4)
 Ai  k   e
Aj
 
j

~i
dove A j rappresenta il centro dell’insieme fuzzy dell’antecedente relativo alla i-esima
regola ed in corrispondenza del j-esimo ingresso.
A questo punto, dopo aver determinato il campo di variabilità significativo delle
variabili di ingresso, occorre definire il loro numero di insiemi fuzzy ed i valori delle

73
Capitolo 4 Applicazioni al modello delle tecniche di controllo

relative deviazioni standard in maniera tale da coprire tale intervallo in maniera


omogenea, tenendo anche conto che un basso numero di regole significa semplicità e
bassa occupazione di memoria nella centralina elettronica del controllore.
In particolare, per la variabile errore l’intervallo di variabilità è stato fissato in [-54
54] mbar ed è stato determinato osservando i dati sperimentali notando che oltre un
certo limite di errore l’area di passaggio in turbina raggiungeva il valore di saturazione.
Si è scelto di utilizzare sette insiemi fuzzy così come mostrato in figura 1.4:

1.4

1.2

E7 E6 E5 E4 E3 E2 E1
1
grado di appartenenza

0.8

0.6

0.4

0.2

0
-80 -60 -40 -20 0 20 40 60 80
mbar

Figura 1.4: Insiemi fuzzy degli antecedenti di E

Siano Ei i centri dei sette insiemi fuzzy rappresentati in figura ed in particolare


abbiamo che E1=54 mbar, E2=36 mbar, E3=18 mbar, E4=0 mbar, E5=-18 mbar, E6=-36
mbar, E7=-54 mbar; infine la deviazione standard è la stessa per tutti gli antecedenti ed
è pari E = 10.15. Agli estremi si sono usate delle mezze gaussiane e questo perché
quando l’errore è inferiore a –54 mbar oppure superiore a 54 mbar la regola da attivare
è quella relativa all’antecedente E7 oppure E1 rispettivamente. Inoltre, se si fossero usate
delle gaussiane semplici agli estremi, si sarebbe corso il rischio di non attivare alcuna

74
Capitolo 4 Applicazioni al modello delle tecniche di controllo

regola in quelle situazioni. Le funzioni di appartenenza delle mezze gaussiane che


descrivono gli insiemi E1 ed E7 sono:

1 se E1  k   54
 2
 E1   1  E1 k   E~1  , (4a.4)

 2  E1 
e se E1  k   54

1 se E7  k   54
 2
 E7   1  E7  k   E~7  . (4b.4)

 2  E7 
e se E7  k   54

Per quanto concerne la variabile Differenza Errore si è scelto un intervallo [-20 20]
mbar coperto da cinque insiemi fuzzy così come mostrato in figura 2.4

75
Capitolo 4 Applicazioni al modello delle tecniche di controllo

1.4

1.2

E5  E4 E3 E2 E1


1
grado di appartenenza

0.8

0.6

0.4

0.2

0
-30 -20 -10 0 10 20 30
mbar

Figura 2.4: Insiemi fuzzy degli antecedenti di E

In questo caso, osservando i dati sperimentali e dopo aver effettuato alcune


simulazioni, si è scelto E1 = 20 mbar, E2 = 10 mbar, E3 = 0 mbar, E4 = -10 mbar,
E5 = -20 mbar ed una deviazione standard ancora una volta uguale per tutti gli insiemi,
E = 6. Anche in questo caso agli estremi si sono poste delle mezze gaussiane per le
stesse considerazioni fatte in precedenza.

76
Capitolo 4 Applicazioni al modello delle tecniche di controllo

4.2.4 Definizione delle regole

Una volta stabilite le funzioni di appartenenza degli antecedenti relativi agli


ingressi, si è dovuta stabilire la base di regole R:

R   Rule1, Rule2, ......., Rule N  .


Rulei ,.......,

(5.4)

Per quanto riguarda la connessione tra le variabile di ingresso, si è utilizzato il legame di


tipo AND, per cui la generica regola assume l’espressione:

Rulei : IF x k  is Ai THEN y  k  is B i , (6.4)

dove x(k) indica il vettore degli ingressi all’istante t = kt, Ai rappresenta il vettore degli
insiemi fuzzy degli antecedenti relativamente alla i-esima regola, y(k) la variabile di
uscita, che nel nostro caso rappresenta la variazione dell’area di passaggio nella turbina
rispetto al valore al passo k-1, e Bi rappresenta l’insieme fuzzy del conseguente relativo
alla i-esima regola. Ad esempio esplicitando la relazione (6.4) per la prima regola si
ottiene:

Rule1 : IF  E  k  , E  k   is  E1 , E1  THEN u  k  is u1 (7.4)

con chiaro significato dei simboli.

Utilizzando la relazione (7.4) e tutte le possibili combinazioni dei due ingressi si può
costruire una base di 35 regole:

77
Capitolo 4 Applicazioni al modello delle tecniche di controllo

Base di E1 E2 E3 E4 E5


regole 20 mbar 10 mbar 0 mbar -10 mbar -20 mbar
E1 -20 -12 -6 7 11
54 mbar r1 r8 r15 r22 r29
E2 -12 -8 -4 6 9
36 mbar r2 r9 r16 r23 r30
E3 -8 -4 -2 4 6
18 mbar r3 r10 r17 r24 r31
E4 -4 -3 0 3 4
0 mbar r4 r11 r18 r25 r32
E5 -6 -4 2 4 8
-18 mbar r5 r12 r19 r26 r33
E6 -9 -6 4 8 12
-36 mbar r6 r13 r20 r27 r34
E7 -11 -7 6 12 20
-54 mbar r7 r14 r21 r28 r35

Figura 3.4: Base di regole del controllore fuzzy

Ad esempio la terza regola ha la seguente espressione:

IF E  k  is E3 AND E  k  is E1 THEN u  k  is u - 8 (8.4)

in cui u-8 rappresenta l’insieme fuzzy del conseguente con centro in –8.
Le regole sono state definite analizzando test precedenti, da cui si sono ricavati
alcuni punti base all’interno della tabella, integrate a criteri basati sul buon senso. La
prima cosa che ovviamente si è portati a pensare è che nel caso in cui l’errore di
pressione (pset-pon-line) sia positivo occorre ridurre l’area equivalente in turbina, viceversa
nel caso in cui l’errore è negativo. Non è però sempre così: occorre distinguere se, pur
avendo un errore positivo, si è in fase di diminuzione di tale errore o di aumento e
soprattutto con quale velocità. Questo ha portato a introdurre la variabile differenza

78
Capitolo 4 Applicazioni al modello delle tecniche di controllo

errore. Per meglio comprendere si analizzino alcuni esempi pratici: se, ad esempio,
all’istante k l’errore di pressione è di 36 mbar e la differenza errore di 10 mbar,
significa che al passo k-1 l’errore era di 26 mbar e che quindi sta aumentando e occorre
chiudere l’area di passaggio in maniera tanto più forte quanto maggiore è la velocità con
cui questo avviene (E). Si può però essere in una situazione in cui l’errore è sempre
pari a 36 mbar ma ad esempio una differenza errore pari a –10 mbar, questo significa
che in precedenza l’errore era pari a 46 mbar e che quindi la direzione è quella giusta.
Osservando la tabella, in questa situazione si nota un u positivo, si inizia infatti ad
aumentare l’area di passaggio per stabilizzare la pressione, altrimenti raggiungerebbe la
pressione di riferimento con una velocità così elevata da passare nella situazione
opposta, cioè con un errore negativo anche consistente, con conseguente instabilità del
sistema (con la u che passa dal valore di saturazione negativo al valore di saturazione
positivo); l’entità di tale apertura deve essere tanto più forte quanto maggiore è la
velocità (E) con cui la pressione effettiva si avvicina al valore di riferimento. Analogo
discorso vale se si parte da un errore di pressione negativo.
Ciò che salta agli occhi è che comunque l’entita del u, in valore assoluto, è
sempre più piccola quanto più l’errore di pressione e/o la sua differenza sono in
prossimità del valore nullo. Questo al fine di stabilizzare il sistema, poiché nel momento
in cui la pressione on line “aggancia” la pressione di riferimento, valori eccessivi del u
non farebbero altro che innervosire il controllo del sistema. E’ chiaro che occorre
comunque sempre raggiungere un compromesso tra stabilità e tempo di assestamento
del sistema.
Si noti, con un altro esempio, una ulteriore situazione gestita dal controllore: se si
suppone di essere con errore pari a 36 mbar ed una differenza errore pari a –5 mbar, la
logica restituisce un u valore medio tra –4 e +6, ossia un u positivo, e questo è giusto
essendo l’errore in fase di diminuzione e, per quanto detto prima, occorre iniziare ad
aumentate l’area di passaggio. Questo spiega perché per E positivi, a parità di errore, i
conseguenti per E pari a –10 mbar sono in valore assoluto maggiori dei conseguenti

79
Capitolo 4 Applicazioni al modello delle tecniche di controllo

per E nulli. Il discorso si ripete simmetricamente per valori di errore di pressione


negativi.
Infine, si vuol far notare un’ultima situazione, gestita direttamente dal software di
controllo, che impone la “prevalenza” dell’errore di pressione sulla differenza errore nel
caso in cui l’errore è fuori dall’intervallo [-54 54] mbar. In una situazione in cui si
presenta un errore molto elevato, e questo si verifica, come si vedrà dai risultati, quando
la pressione di riferimento ha una velocità di variazione così elevata, che per i limiti di
saturazione dell’area di passaggio in turbina non può essere seguita, il controllo inibisce
l’influenza della variabile E all’interno della tabella imponendo per errori positivi un
E pari a 20 mbar e per errori negativi un E pari a -20 mbar. Questo poiché,
indipendentemente dal valore effettivo del E, occorre imporre comunque la massima
riduzione o aumento dell’area di passaggio se l’errore è positivo o negativo
rispettivamente; altrimenti si va ad incorrere in tempi di assestamento estremamente
lunghi.

4.2.5 Legame ingresso-uscita

Una volta definita la base di regole R resta da definire il tipo di fuzzificatore e di


defuzzificatore ed il tipo di composizione. Come si è visto nel terzo capitolo se si
sceglie un fuzzificatore non-singleton, un defuzzificatore del tipo height-defuzzifier e la
composizione max-prodotto si può utilizzare l’equazione (44.3) per descrivere il legame
tra ingresso ed uscita che esplicitata in questo caso diventa:

 
35 2
 ~
u i   Qi x j ,max
u  k  
i 1 j 1 j
, (9.4)
 
35 2
   Qi x j ,max
i 1 j 1 j

in cui

80
Capitolo 4 Applicazioni al modello delle tecniche di controllo

 Qi  x j    X j  x j    Ai  x j  (10.4)
j j

~
 2X j A ij   2Ai x j  k 
x j ,max 
j
. (11.4)
 2X j   2Ai
j

4.3 Logica fuzzy ottimizzata applicata al nostro sistema

Il controllo della pressione di sovralimentazione di un motore, attraverso la logica


fuzzy che si basi su una serie di regole statiche, sicuramente non dà i risultati sperati
quando il sistema controllato è in regime non stazionario; solo se il sistema controllato
si mantenesse in un punto di funzionamento stazionario, per il quale le regole di base
sono state definite, avremmo un controllo ottimo del sistema, ma questo non dà senso al
controllo stesso.
In questo contesto si inserisce il controllo adattativo che ottimizza on-line i
parametri che definiscono la base di regole. Nel caso specifico tale parametri sono:


~  k  , E
 k   E j
~  k  ,   k  ,   k  , ~
i Ej Ei 
un  k  , (12.4)

con  j  1,2,...7 i  1,2,...5 n  1,2,...35 .


L’ aggiornamento dei parametri (k) del controllore viene realizzato utilizzando la
formula ricorsiva:

Jˆ k  1
 k  1   k    , (13.4)


81
Capitolo 4 Applicazioni al modello delle tecniche di controllo

in cui le derivate parziali sono quelle definite dalle formule (53.3) applicate al
controllore fuzzy proposto.
Una prima considerazione da fare è la seguente: nella (13.4) è presente la derivata
del termine Jˆ k  1 rispetto ai parametri, e per come è definita Jˆ k  1 , si evince che
la (13.4) è strettamente legata alla variabile di controllo u(k) e alla sua definizione;
questo ha comportato una mancanza dell’aggiornamento dei parametri quando gli
ingressi E(k) e E(k) sono oltre gli intervalli [-54 54] mbar e [-20 20] mbar
rispettivamente (fuori dalla tabella delle regole), poiché la relazione fuzzy (9.4) in
questa situazione non “distingue” gli effettivi ingressi fuori tabella.
Questo spiega l’andamento delle successive figure che riportano nel tempo
l’andamento dei parametri e in cui si nota che essi sono aggiornati a partire da un certo
istante temporale. In effetti in tutti i test effettuati la pressione di set inizialmente
aumenta troppo velocemente e la pressione reale non è in grado di seguirla per i limiti di
saturazione dell’area in turbina, ottenendo un errore di pressione molto elevato (oltre i
54 mbar) e per quanto affermato in precedenza, non si procede all’aggiornamento dei
parametri.

4.3.1 Schema di controllo finale

Nelle prime simulazioni effettuate si è considerato l’aggiornamento on-line di tutti i


parametri così come definiti dalla (12.4). Osservando la successiva figura 4.4, in cui è
riportato l’andamento della pressione reale a valle del compressore rispetto a quella di
riferimento in un generico test, con una legge di introduzione di carburante che portasse
il sistema in condizioni critiche, i risultati ottenuti hanno evidenziato una crescente
instabilità del sistema.

82
Capitolo 4 Applicazioni al modello delle tecniche di controllo

Confronto tra pressione di set e pressione reale


1200

1000

800
mbar

600

400
Andamento reale : blue
Pressione di set : rosso

200

0
0 2 4 6 8 10 12 14 16
tempo(s)

Figura 4.4: Andamento pressione con controllore totalmente aggiornato

Il problema è dovuto alla “incrocio” dei centri conseguenti che si verifica in un certo
istante, così come evidenziato nelle figure 5.4. In pratica, i valori di alcuni centri dei
conseguenti, adiacenti nella base di regole, tendono nel tempo ad assumere valori molto
prossimi, finché non si verifica addirittura una inversione rispetto alla posizione di
partenza.

83
Capitolo 4 Applicazioni al modello delle tecniche di controllo

Centri conseguenti (1..35)


25

20

15

10

-5

-10

-15

-20

-25
5 6 7 8 9 10 11 12 13 14 15
tempo(s)

Figura 5a.4: Andamento centri conseguenti

Centri conseguenti
-5.8

-6

-6.2

-6.4

-6.6

-6.8

-7

-7.2

5 6 7 8 9 10 11 12 13 14 15
tempo(s)

Figura 5b.4: Evidenzia il problema “dell’incrocio” su due particolari conseguenti


.

84
Capitolo 4 Applicazioni al modello delle tecniche di controllo

Tale problema nasce dalla natura iterativa della relazione (13.4) che dipende dal
parametro arbitrario . Essa tende ad ottimizzare nel tempo i parametri tanto meglio
quanto più il sistema si mantiene in condizioni quasi stazionarie, facendo tendere (k),
con l’uso di un  piccolo, man mano al valore di convergenza (se lo si raggiunge
avremo errore nullo e i parametri non saranno più modificati). Nel caso proposto, le
prove effettuate pongono il sistema in condizioni decisamente non stazionarie per cui i
parametri vengono aggiornati tenendo conto del nuovo punto di funzionamento. Un
valore piccolo di  implica un aggiornamento dei parametri troppo piccolo rispetto al
valore di convergenza, che cambia nel tempo, e quindi lo si raggiunge in tempi molto
lunghi; viceversa un valore eccessivo di  potrebbe “scavalcare” il valore di
convergenza, portando comunque l’ottimizzatore a rincorrere tale valore con
conseguente instabilità della pressione di sovralimentatazione.
Anche cercando di eliminare questo incrocio dei centri conseguenti non si sono
ottenuti risultati migliori, perché comunque i valori di alcuni centri tendevano ad
assumere valori molto prossimi tra loro. In conclusione l’applicazione contemporanea
della modifica di tutti i parametri porta ad effetti fra loro contrastanti.
Tutte queste considerazioni, unite al fatto che il controllo fuzzy senza
aggiornamento dei parametri dà dei risultati di per sé molto buoni, ha portato a pensare
che la base di regole dovesse essere modificata il meno possibile. Lasciando stare i
valori dei centri antecedenti, dei centri conseguenti e delle varianze degli insiemi fuzzy
antecedenti relativi alla differenza errore, si è posta l’attenzione sulla sola modifica
delle varianze relative alla variabile errore, cioè sulla distribuzione dei pesi degli
antecedenti della variabile errore. Le simulazioni numeriche hanno subito messo in
evidenza che questa era la strada giusta da seguire, come si può notare dalla figura 6.4
in cui è rappresentato l’andamento di una simulazione effettuata nelle stesse condizioni
in cui è stata effettuata la simulazione di figura 4.4.

85
Capitolo 4 Applicazioni al modello delle tecniche di controllo

Confronto tra pressione di set e pressione reale


1200

1000

800
mbar

600

400
Andamento reale : blue
Pressione di set : rosso

200

0
0 2 4 6 8 10 12 14 16
tempo(s)

Figura 6.4: Andamento pressione in condizioni di aggiornamento dei soli errore

Nella successiva figura 7.4 è riportato l’andamento della distribuzione dei pesi degli
antecedenti relativi alla variabile errore.

86
Capitolo 4 Applicazioni al modello delle tecniche di controllo

Varianze antecedenti relativi all'errore

12
 -36

10

 36
8  -54
54
 18

6 -18

4 0

0
5 6 7 8 9 10 11 12 13 14 15
tempo(s)

Figura 7.4: Andamento dei pesi degli antecedenti della variabile errore

Analizzando l’andamento delle varianze degli insiemi fuzzy relativi all’errore, si è


notato però che si è verificato uno sbilanciamento che penalizzava di molto le regole
relative ad un errore di pressione nullo. Tali regole, come sottolineato nel paragrafo
4.2.4, sono molto importanti in quanto in teoria una volta che la pressione reale ha
raggiunto la pressione di set, il controllore deve essere in grado di mantenere un errore
di pressione piccolo.
Partendo dai risultati ottenuti con l’aggiornamento dei soli pesi degli antecedenti
relativi alla variabile errore, una ulteriore evoluzione è stata quella di limitare i valori di
tali pesi entro un certo range, in modo tale da evitare un loro sbilanciamento eccessivo.
Tale limitazione ha permesso l’uso di un  maggiore e di conseguenza un più veloce
aggiornamento dei parametri senza incorrere in problemi di instabilità. Dopo alcune
simulazioni, il range ottimale entro cui sono stati limitati tali pesi è stato fissato per tutti

87
Capitolo 4 Applicazioni al modello delle tecniche di controllo

in [7.65 12.65]. In figura 8.4 è rappresentato lo schema di controllo finale in cui si nota
appunto che tra i vari parametri da cui dipende il controllore fuzzy, l’unico ad essere
aggiornato ad ogni passo di campionamento è E.

Controllore Fuzzy Ottimizzato

pset(k) Controllore

E k  
Fuzzy u Plant
Aeq  Aeq* 
*
 k Aeq
E  k  
p(k) u(k) + u(k) p(k)

+
u(k-1)

est(k+1)
LSA
u(k)
pset(k+1) + pst(k+1)
p(k)

Figura 8.4: Schema a blocchi del sistema di controllo EAFL

88
CAPITOLO 5

RISULTATI

5.1 Premessa

In questo capitolo sono presentati i risultati ottenuti con le simulazioni numeriche.


Il sistema di controllo è stato testato su due differenti prove, entrambe condotte usando
lo stesso modello del motore, con lo stesso rapporto di trasmissione (rapporto tra il
numero di giri del motore e il numero di giri delle ruote) e lo stesso carico resistente ma
con un diverso andamento nel tempo di carburante introdotto.
Nella prima prova si è testata la reazione del sistema di controllo ad una fase di
accelerazione del motore, nella seconda prova invece le simulazioni sono state effettuate
nel caso in cui si abbia una legge di introduzione nel tempo del carburante che pone il
controllo del sistema in condizioni critiche.
Per ogni prova si riportano i risultati delle simulazioni nel caso in cui:
1. il sistema di controllo sia un controllore fuzzy che si basi su una mappatura
fuzzy statica.
2. il sistema di controllo è totalmente adattativo, ossia tutti i parametri vengono
aggiornati.
3. il sistema di controllo è parzialmente adattativo.
4. il sistema di controllo è parzialmente adattativo e si suppone che il sensore di
pressione che preleva il valore di pressione nel collettore di aspirazione introduca
rumore.

Un limite del sistema di controllo, è stato l’imposizione del tempo di campionamento,


fissato in 65 millisecondi. Questo valore del tempo di campionamento risulta
insufficiente per descrivere l’evoluzione dinamica del motore a combustione interna,
Capitolo 5 Risultati

soprattutto ad elevati regimi di rotazione, in corrispondenza dei quali il motore è in


grado di compiere due cicli interi durante l’intervallo di campionamento. Il tempo di
campionamento è stato fissato a causa dei limiti della centralina.

5.2 Caratteristiche delle prove effettuate

La prima prova su cui si è testato l’algoritmo di controllo è un’accelerata con


rapporto di trasmissione  = n/nr =4.54 e con un carico resistente pari a quello richiesto
per avanzamento su strada: F = a + bv + cv2 dove v indica la velocità di avanzamento.
In figura 1.5 è riportato l’andamento del carburante introdotto al ciclo per ogni
cilindro.

Quantita' di combustibile iniettato


45

40

35

30

25
mg/c/cil

20

15

10

0
0 2 4 6 8 10 12 14 16
tempo(s)

Figura 1.5: Quantità di combustibile iniettato durante la prima prova

90
Capitolo 5 Risultati

Nella seconda prova si è mantenuto la stesso rapporto di trasmissione e la stesso


carico resistente, ma con andamento di carburante introdotto al ciclo per ogni cilindro
così come rappresentato in figura 2.5.

Quantita' di combustibile iniettato


45

40

35
mg/c/cil

30

25

20

15
0 2 4 6 8 10 12 14 16
tempo(s)

Figura 2.5: Quantità di combustibile iniettato durante la seconda prova

In tale andamento si alternano fasi di accelerazione e decelerazione (elevate


variazioni di carico) che pongono il sistema controllato in condizioni decisamente non
stazionarie.

5.3 Controllore fuzzy statico

L’algoritmo di controllo in questo caso viene gestito attraverso la base di regole


definita nel capitolo 4 in figura 3.4 senza alcun aggiornamento dei parametri.

91
Capitolo 5 Risultati

I risultati ottenuti nella prima prova sono forniti nelle figure 3.5, 4.5, e 5.5, che
riportano l’andamento in funzione del tempo, dell’area equivalente della turbina, della
pressione di sovralimentazione e del relativo errore espresso in percentuale.

-4
x 10 Andamento Aeq
8

6
Area ( m2 )

1
0 2 4 6 8 10 12 14 16
tempo(s)

Figura 3.5 Aeq con controllore statico (prima prova)

92
Capitolo 5 Risultati

Confronto tra pressione di set e pressione reale


1000

900

800

700

600
mbar

500

400
Andamento reale : blue
300 Pressione di set : rosso

200

100

0
0 2 4 6 8 10 12 14 16
tempo(s)

Figura 4.5: Andamento pressione con controllore statico (prima prova)

Andamento errore percentuale riferito alla pset


40

30

20

10
Errore %

-10

-20

-30

-40
0 2 4 6 8 10 12 14 16
tempo(s)

Figura 5.5: Errore % riferito alla pset con controllore statico (prima prova)

93
Capitolo 5 Risultati

in cui
Pset  Ponline
Errore%   100 . (1.5)
Pset

Dalle figure si può notare l’ottimo risultato ottenuto durante questa prova con il
controllore fuzzy statico; una volta che la pressione on line ha agganciato la pset, le
regole che governano l’andamento sono quelle relative all’antecedente errore nullo.
Nella fase iniziale e finale della prova è evidente la elevata pendenza della pressione di
set che non può essere seguita dalla pressione on-line per i limiti di saturazione dell’area
di passaggio in turbina, come si può notare osservando la figura 3.5 tra t=2s e t=4.4s.
Nel modello del motore l’area minima attuabile è di 1 cm 2 mentre quella massima è di
7.5 cm2.

Anche per la seconda prova, nelle figure 6.5, 7.5 e 8.5, si riportano gli andamenti
dell’area equivalente della turbina, della pressione di sovralimentazione e dell’errore di
pressione percentuale.
-4
x 10 Andamento Aeq
7

5
Area ( m2 )

1
0 2 4 6 8 10 12 14 16
tempo(s)

Figura 6.5 Aeq con controllore statico (seconda prova)

94
Capitolo 5 Risultati

Confronto tra pressione di set e pressione reale


1200

1000

800
mbar

600

400
Andamento reale : blue
Pressione di set : rosso

200

0
0 2 4 6 8 10 12 14 16
tempo(s)

Figura 7.5: Andamento pressione con controllore statico (seconda prova)

Andamento errore percentuale riferito alla pset


18

16

14

12

10
Errore %

-2
0 2 4 6 8 10 12 14 16
tempo(s)

Figura 8.5: Errore % riferito alla pset con controllore statico (seconda prova)

95
Capitolo 5 Risultati

In questo secondo caso i risultati ottenuti sono soddisfacenti nonostante la prova


ponga il sistema in condizioni critiche, ossia la decisa non stazionarietà della prova
necessiterebbe dell’aggiornamento dei parametri del controllore; questo testimonia la
bontà dei criteri che hanno portato alla definizione della base di regole.
Anche in questo caso nella prima fase l’area di passaggio della turbina raggiunge il
valore di saturazione.

5.3.1 Vantaggi del sistema di controllo

Il cuore della logica fuzzy è, come già sottolineato più volte, la base di regole del
motore inferenziale. La realizzazione di un buon controllore fuzzy è legata
essenzialmente proprio alla dimensione della matrice di regole e ai criteri con cui tali
regole sono state definite, e quindi al numero e al tipo di ingressi, al numero di
antecedenti e al tipo di uscita del motore inferenziale.
In questo lavoro, come già citato nel capitolo precedente, sono stati definiti come
ingressi che fornissero le informazioni necessarie al motore inferenziale l’errore di
pressione e la derivata dell’errore e come uscita la variazione dell’area di passaggio in
turbina.
Vantaggi legati alla natura degli ingressi e dell’uscita:
- l’errore di pressione e la sua derivata richiedono la pressione on-line come
unica variabile esterna al controllore (oltre ai valori di pressione di set che
provengono però dalla centralina elettronica) e questo implica una riduzione
massima di rumore introdotto nel sistema di controllo, che necessita di un
unico sensore di segnale. Rispetto ai controllori PID (Proporzionale-Integrale-
Derivativo) implementati sui motori con turbine a geometria variabile
attualmente in commercio, non è necessaria quindi strumentazione ulteriore.
- controllo rubusto ai vari test ed ai differenti sistemi da controllare:
l’iniziale carenza di dati sperimentali ha portato alla definizione di ingressi ed
uscita che svincolasse al massimo da questa tipo di mancanza. Proprio ciò si è

96
Capitolo 5 Risultati

rivelato in seguito il punto di forza dell’algoritmo di controllo che risulta essere


robusto per le diverse condizioni di funzionamento del motore. Basti pensare
alla possibilità di definire come uscita direttamente l’area da attuare e come
ingressi oltre alla necessaria pressione on-line, anche il numero di giri del
motore e/o la quantità di carburante introdotta, variabili legate a fattori esterni
(come il carico) e quindi imprevedibili come andamento; ciò avrebbe richiesto
non solo una enorme quantità di dati sperimentali di partenza, ma anche una
base di regole di dimensioni maggiori per gestire tutte le possibili situazioni, e
soprattutto il sistema di controllo ottenuto sarebbe stato estremamente legato al
tipo di motore su cui sono stati effettuati i test.
Vantaggi legati alla ridotta dimensione della base di regole: tali vantaggi non solo
sono legati al basso numero di ingressi ma anche al ridotto numero di antecedenti che
hanno permesso (dopo numerosi test effettuati proprio con tale obiettivo) di limitare a
35 il numero di regole della mappa; ancora una volta anche la sola introduzione di
ulteriori ingressi avrebbe portato a matrici tridimensionali o addirittura
quadrimensionali. Una ridotta dimensione di tale matrice implica:
- bassa occupazione di memoria nella centralina elettronica.
- elevata velocità computazionale del software di controllo.

5.4 Controllore fuzzy totalmente adattativo

Si riportano ora i risultati ottenuti per entrambe le prove nel caso in cui tutti i
parametri da cui dipende il controllore siano aggiornati.

Nelle figure da 9.15 a 14.5 si possono osservare gli andamenti ottenuti nella prima
prova; in particolare, essendoci l’aggiornamento dei parametri, nelle figure 12.5, 13.5 e
14.5 si riportano gli andamenti nel tempo, dei centri antecedenti, delle relative varianze
e dei centri dei conseguenti.

97
Capitolo 5 Risultati

-4
x 10 Andamento Aeq
8

6
Area ( m2 )

1
0 2 4 6 8 10 12 14 16
tempo(s)

Figura 9.5 Aeq con controllore totalmente adattativo (prima prova)

Confronto tra pressione di set e pressione reale


1200

1000

800
mbar

600

400
Andamento reale : blue
Pressione di set : rosso

200

0
0 2 4 6 8 10 12 14 16
tempo(s)

Figura 10.5: Andamento pressione con controllore totalmente adattativo (prima prova)

98
Capitolo 5 Risultati

Andamento errore percentuale riferito alla pset


40

30

20

10
Errore %

-10

-20

-30

-40
0 2 4 6 8 10 12 14 16
tempo(s)

Figura 11.5: Errore % riferito alla pset con controllore totalmente adattativo (prima prova)

Antecedenti errore

50

-50
5 6 7 8 9 10 11 12 13 14 15
(a) tempo(s)
Antecedenti differenza errore

20

10

-10

-20
5 6 7 8 9 10 11 12 13 14 15
(b) tempo(s)

Figura 12.5: Andamento centri antecedenti con controllore totalmente adattativo (prima prova)

99
Capitolo 5 Risultati

Varianze antecedenti errore


11

10  -18
 18

8 0

5 6 7 8 9 10 11 12 13 14 15
(a) tempo(s)
Varianze antecedenti differenza errore
10

5 6 7 8 9 10 11 12 13 14 15
(b) tempo(s)

Figura 13.5: Andamento varianze antecedenti con controllore totalmente adattativo (prima prova)

Centri conseguenti (1..35)

20

10

-10

-20

5 6 7 8 9 10 11 12 13 14 15
(a) tempo(s)
zoom su due conseguenti in particolare
0

-1

-2

-3

-4

-5
5 6 7 8 9 10 11 12 13 14 15
(b) tempo(s)

100
Capitolo 5 Risultati

Figura 14.5: Centri conseguenti (prima prova) , la figura (b) evidenzia il problema “dell’incrocio”
Anche per la seconda prova, nelle figure da 15.5 a 20.5, si riportano gli andamenti
dei risultati ottenuti.
-4
x 10 Andamento Aeq
8

6
Area ( m2 )

1
0 2 4 6 8 10 12 14 16
tempo(s)

Figura 15.5 Aeq con controllore totalmente adattativo (seconda prova)

Confronto tra pressione di set e pressione reale


1200

1000

800
mbar

600

400
Andamento reale : blue
Pressione di set : rosso

200

0
0 2 4 6 8 10 12 14 16
tempo(s)

101
Capitolo 5 Risultati

Figura 16.5: Andamento pressione con controllore totalmente adattativo (seconda prova)

Andamento errore percentuale riferito alla pset


20

15

10
Errore %

-5
0 2 4 6 8 10 12 14 16
tempo(s)

Figura 17.5: Errore % riferito alla pset con controllore totalmente adattativo (seconda prova)

Antecedenti errore

50

-50
5 6 7 8 9 10 11 12 13 14 15
(a) tempo(s)
Antecedenti differenza errore

20

10

-10

-20

5 6 7 8 9 10 11 12 13 14 15
(b) tempo(s)

102
Capitolo 5 Risultati

Figura 18.5: Andamento centri antecedenti con controllore totalmente adattativo (seconda prova)

Varianze antecedenti errore


11

 -18
10
 18
0
9

5 6 7 8 9 10 11 12 13 14 15
(a) tempo(s)
Varianze antecedenti differenza errore
10

5 6 7 8 9 10 11 12 13 14 15
(b) tempo(s)

Figura 19.5: Andamento varianze antecedenti con controllore totalmente adattativo (seconda prova)

103
Capitolo 5 Risultati

Centri conseguenti (1..35)

20

10

-10

-20
5 6 7 8 9 10 11 12 13 14 15
(a) tempo(s)
zoom su due conseguenti in particolare

-6

-6.5

-7

-7.5
5 6 7 8 9 10 11 12 13 14 15
(b) tempo(s)

Figura 20.5: Centri conseguenti (seconda prova) , la figura (b) evidenzia il problema “dell’incrocio”
Analizzando i risultati delle due prove, in entrambi i casi si ha un controllo del
sistema sempre più instabile al passare del tempo di simulazione. Il problema è legato,
come già spiegato nel paragrafo 4.3.1, alla iteratività della formula di aggiornamento dei
parametri e alla sua dipendenza da un parametro arbitrario  che porta questa metodo di
aggiornamento ad entrare in crisi quando il sistema da controllare è in condizioni non
stazionarie. Analizzando tale andamento, una prima causa di instabilità è legata al fatto
che il metodo di aggiornamento tende a penalizzare quelle regole che si attivano quando
l’errore di pressione è piccolo, diminuendo la loro influenza (basta osservare

l’andamento dei  E18 ,  E0 ,  E18 nelle figure 13.5 e 19.5) ed è chiaro che questo
destabilizza il sistema poiché si avranno sempre grosse variazioni dell’area di passaggio
in turbina anche quando l’errore è piccolo. Le figure 9.5 e 15.5 testimoniano le forti
oscillazioni dell’area equivalente calcolata. La seconda causa, osservando le figure 14.5
e 20.5, è l’inversione dei centri di alcuni conseguenti rispetto alle posizioni di partenza,
inversione che va contro i criteri con i quali è stata costruita la base di regole.

104
Capitolo 5 Risultati

5.5 Controllore fuzzy parzialmente adattativo

Gli ottimi risultati ottenuti con il controllore statico, uniti ai problemi sorti con il
controllore totalmente adattativo, hanno suggerito di modificare i parametri del
controllore più significativi.
In questo caso i risultati ottenuti fanno riferimento al sistema di controllo finale in
cui vengono aggiornati solo i pesi degli antecedenti relativi alla variabile errore di
pressione. La limitazione dei pesi all’interno del range [7.65 12.65] ha permesso l’uso
di un  elevato che porta il controllore ad essere più pronto alle variazioni dei punti di
funzionamento del motore e nello stesso tempo non si crea instabilità eliminando quei
problemi sottolineati nel paragrafo precedente.

I risultati ottenuti nella prima prova sono forniti nelle figure 21.5, 22.5 e 23.5, che
riportano l’andamento in funzione del tempo, dell’area equivalente in turbina, della
pressione di sovralimentazione e del relativo errore percentuale.

105
Capitolo 5 Risultati

-4
x 10 Andamento Aeq
8

6
Area ( m2 )

1
0 2 4 6 8 10 12 14 16
tempo(s)

Figura 21.5 Aeq con controllore parzialmente adattativo (prima prova)

Confronto tra pressione di set e pressione reale


1000

900

800

700

600
mbar

500

400
Andamento reale : blue
300 Pressione di set : rosso

200

100

0
0 2 4 6 8 10 12 14 16
tempo(s)

Figura 22.5: Andamento pressione con controllore parzialmente adattativo (prima prova)

106
Capitolo 5 Risultati

Andamento errore percentuale riferito alla pset


40

30

20

10
Errore %

-10

-20

-30

-40
0 2 4 6 8 10 12 14 16
tempo(s)

Figura 23.5: Errore % riferito alla pset con controllore parzialmente adattativo (prima prova)
Si effettua ora un confronto tra il sistema di controllo fuzzy e l’algoritmo OSA
implementato sullo stesso modello in un lavoro precedente [3]. In particolare nella
figura 24.5, si riporta il confronto delle pressioni di sovralimentazione ottenute con i
due metodi, mentre nelle 25.5 si effettua un confronto dei relativi errori percentuali.

107
Capitolo 5 Risultati

Pressione di sovralimentazione
1100

1000

900

800

700

600
mbar

500

400

300 Sistema di controllo fuzzy : blue


Sistema di controllo OSA : rosso
200 Pressione di set : verde

100

0 2 4 6 8 10 12 14 16
tempo(s)

Figura 24.5: Confronto tra controllore fuzzy parzialmente adattativo ed algoritmo OSA (prima prova)

Andamento errore percentuale riferito alla pset


40

30

20
Sistema di controllo OSA : rosso
Sistema di controllo fuzzy : blue
10
Errore %

-10

-20

-30

-40
2 4 6 8 10 12 14 16
tempo(s)

Figura 25a.5: Confronto tra controllore fuzzy parzialmente adattativo ed algoritmo OSA (prima prova)

Evidenziando l’errore percentuale attorno allo zero si ottiene:

108
Capitolo 5 Risultati

Andamento errore percentuale riferito alla pset


10

8
Sistema di controllo fuzzy : blue
6
Sistema di controllo OSA : rosso
4

2
Errore %

-2

-4

-6

-8

-10
2 4 6 8 10 12 14 16
tempo(s)

Figura 25b.5: Confronto tra controllore fuzzy parzialmente adattativo ed algoritmo OSA (prima prova)
Osservando le figure 24.5 e 25.5 si può notare il miglioramento ottenuto con il
controllore fuzzy rispetto all’algoritmo OSA. Non considerando le fasi iniziale e finale
della prova in cui la turbina è in saturazione e quindi il tipo di controllo è ininfluente, il
controllore fuzzy risulta essere molto più pronto nelle fasi in cui si hanno variazioni
della pressione di set e di carburante iniettato. In particolare si possono notare
l’eliminazione delle forti oscillazioni (con evidenti over_shoots) presenti nel controllo
OSA tra t=4s e t=5s ed un successivo migliore andamento della pressione reale rispetto
all’andamento ottenuto con il controllore OSA in cui si ottiene una pressione che tende
ad assestarsi al valore di set con una certa lentezza. Infine è nuovamente più pronto
nella fase finale quando la pressione di set si abbatte intorno a 400 mbar.

Nella figura 26.5 si riporta l’andamento dell’area equivalente in turbina, ottenuto


durante la seconda prova.

109
Capitolo 5 Risultati

-4
x 10 Andamento Aeq
7

5
Area ( m2 )

1
0 2 4 6 8 10 12 14 16
tempo(s)

Figura 26.5 Aeq con controllore parzialmente adattativo (seconda prova)

Tra t=8s e t=10s si può notare una diminuzione media dell’area equivalente
attuata; ciò è dovuto al fatto che a parità di pressione di set si ha una diminuzione di
carburante introdotto (vedi figura 2.5). Tale situazione a parità di area equivalente
porterebbe ad una diminuzione della pressione reale, il controllore reagisce riducendo
l’area di passaggio.
Nelle successive figure 27.5 e 28.5 si riportano l’andamento della pressione di
sovralimentazione e del relativo errore percentuale, sempre in riferimento al controllore
fuzzy parzialmente adattativo.

110
Capitolo 5 Risultati

Confronto tra pressione di set e pressione reale


1200

1000

800
mbar

600

400
Andamento reale : blue
Pressione di set : rosso

200

0
0 2 4 6 8 10 12 14 16
tempo(s)

Figura 27.5: Andamento pressione con controllore parzialmente adattativo (seconda prova)

Andamento errore percentuale riferito alla pset


18

16

14

12

10
Errore %

-2
0 2 4 6 8 10 12 14 16
tempo(s)

Figura 28.5: Errore % riferito alla pset con controllore parzialmente adattativo (seconda prova)

111
Capitolo 5 Risultati

Anche in questo caso è disponibile un confronto tra i risultati ottenuti con in controllore
fuzzy parzialmente adattativo e quelli ottenuti in un lavoro precedente con l’algoritmo
OSA, riportando nelle figure 29.5 e 30.5 l’andamento della pressione di
sovralimentazione e del relativo errore percentuale.

Pressione di sovralimentazione
1100

1000

900

800

700

600
mbar

500

400

300 Sistema di controllo fuzzy : blue


Sistema di controllo OSA : rosso
200 Pressione di set : verde

100

0 2 4 6 8 10 12 14 16
tempo(s)

Figura 29.5: Confronto tra controllore fuzzy parzialmente adattativo ed algoritmo OSA (seconda prova)

112
Capitolo 5 Risultati

Andamento errore percentuale riferito alla pset


20

15

10
Sistema di controllo fuzzy : blue
Errore %

Sistema di controllo OSA : rosso


5

-5

-10
2 4 6 8 10 12 14 16
tempo(s)

Figura 30.5: Confronto tra controllore fuzzy parzialmente adattativo ed algoritmo OSA (seconda prova)

Osservando la figura 29.5 e soprattutto la figura 30.5 si può notare come non ci sono
fasi in cui il controllore fuzzy generi un errore percentuale elevato, a differenza del
controllore OSA che produce errori più elevati tra t=4s e t=6s, ovvero quando si hanno
nuovamente variazioni della pressione di set e di carburante introdotto. In effetti basta
osservare l’andamento del combustibile iniettato in figura 2.5 e notare come solo nelle
fasi tra t=8s e t=10s, e tra t=13s e t=15s, in cui il carburante introdotto è costante, la
pressione, nel caso OSA, tende ad assestarsi al valore di set.

Dall’analisi delle due prove possiamo sicuramente affermare che il controllore


fuzzy ha un comportamento migliore dell’algoritmo OSA quando il sistema controllato
è in condizioni decisamente non stazionarie.
Si fa notare che il sistema di controllo interviene ogni 65 millisecondi (per vincoli
di centralina elettronica) e questo, a numero di giri elevato, come nel caso delle prove in
esame, si traduce in una frequenza di intervento del sistema di controllo molto bassa

113
Capitolo 5 Risultati

(circa ogni due giri completi). Questo aspetto conferma la bontà e la robustezza del
sistema di controllo implementato.

5.6 Controllore fuzzy parzialmente adattativo in presenza di rumore

Un algoritmo di controllo necessita per il suo funzionamento della conoscenza on-


line di alcune variabili rappresentanti lo stato del sistema controllato. Tali variabili,
rilevate da appositi sensori e riportati alla centralina elettronica su cui risiede il software
di controllo, saranno affette da errori di lettura dovuti al rumore che un sensore
inevitabilmente introduce, errori che sicuramente non permetterebbero di ottenere i
risultati sperati se non si pone rimedio. Un algoritmo realmente applicabile quindi, deve
essere in grado di filtrare tali disturbi.
I valori della pressione di set al passo k e al passo k+1, vengono stabiliti all’interno
della centralina elettronica, in funzione del numero di giri del motore e del carburante
introdotto prelevati attraverso opportuni sensori. Tali valori di set, affetti quindi da
rumore, sono comunque indispensabili per qualsiasi algoritmo, anche adattativo.
L’algoritmo fuzzy implementato nel presente lavoro, necessita ulteriormente della
sola pressione reale al passo k come variabile rilevata dall’“esterno”. Questo
rappresenta un notevole vantaggio in quanto in tal modo è ridotta al massimo
l’introduzione di rumore da filtrare, essendo presente solo quello introdotto dal sensore
di pressione del collettore di aspirazione. Tale rumore si ripresenta all’ingresso della
logica fuzzy nelle variabili errore di pressione e velocità dell’ errore di pressione.
La logica fuzzy implementata in questo lavoro si basa su un fuzzificatore
nonsingleton di tipo gaussiano, max-product composition, product inference con legami
di tipo AND tra gli ingressi. Sotto queste ipotesi, come osservato nel paragrafo 3.3.4, il
k-esimo elemento del vettore in ingresso alla logica è ottenuto massimizzando la
relazione:

 Ql  xk    X k  x k   F l  xk  , (2.5)
k k

114
Capitolo 5 Risultati

da cui si ottiene
 2X k mF l   2F l m X k
xk ,max  k k
(3.5)
 2X k   2F l
k

che rappresenta il valore di ingresso più probabile. E’ lo stesso algoritmo di controllo


fuzzy quindi, ad effettuare un filtraggio del rumore associato al vettore di ingresso,
prendendo il valore più probabile di quest’ultimo.

Si sono effettuati dei test per entrambe le prove simulando il caso in cui alla
pressione reale di sovralimentazione fornita al software di controllo, si aggiunga un
disturbo casuale.

Nella figura 31.5 si riporta l’andamento in funzione del tempo, del disturbo casuale
presente durante la prima prova. Si suppone che il rumore introdotto sia distribuito
casualmente in un intervallo di [-10 10 ] mbar.

115
Capitolo 5 Risultati

10

2
mbar

-2

-4

-6

-8

-10
0 2 4 6 8 10 12 14 16
tempo(s)

Figura 31.5: Rumore introdotto dal sensore di pressione del collettore di aspirazione (prima prova)

Nelle successive figure 32.5, 33.5 e 34.5 si riportano l’andamento dell’area equivalente
in turbina, della pressione di sovralimentazione nel collettore di aspirazione e del
relativo errore percentuale.

116
Capitolo 5 Risultati

-4
x 10 Andamento Aeq
8

6
Area ( m2 )

1
0 2 4 6 8 10 12 14 16
tempo(s)

Figura 32.5 Aeq con controllore parzialmente adattativo in presenza di rumore

Confronto tra pressione di set e pressione reale


1000

900

800

700

600
mbar

500

400
Andamento reale : blue
300 Pressione di set : rosso

200

100

0
0 2 4 6 8 10 12 14 16
tempo(s)

Figura 33.5: Andamento pressione con controllore parzialmente adattativo in presenza di rumore

117
Capitolo 5 Risultati

Andamento errore percentuale riferito alla pset


40

30

20

10
Errore %

-10

-20

-30

-40
0 2 4 6 8 10 12 14 16
tempo(s)

Figura 34.5: Errore % riferito alla pset con controllore parzialmente adattativo in presenza di rumore

Infine, nella figura 35.5 si riporta l’andamento del rumore introdotto durante la
seconda prova, e nelle figure 36.5, 37.5 e 38.5 i risultati ottenuti. Anche in questo caso il
rumore introdotto è distribuito casualmente nell’intervallo [-10 10 ] mbar.

118
Capitolo 5 Risultati

10

2
mbar

-2

-4

-6

-8

-10
0 2 4 6 8 10 12 14 16
tempo(s)

Figura 35.5: Rumore introdotto dal sensore di pressione del collettore di aspirazione (seconda prova)

-4
x 10 Andamento Aeq
7

5
Area ( m2 )

1
0 2 4 6 8 10 12 14 16
tempo(s)

Figura 36.5 Aeq con controllore parzialmente adattativo in presenza di rumore

119
Capitolo 5 Risultati

Confronto tra pressione di set e pressione reale


1200

1000

800
mbar

600

400
Andamento reale : blue
Pressione di set : rosso

200

0
0 2 4 6 8 10 12 14 16
tempo(s)

Figura 37.5: Andamento pressione con controllore parzialmente adattativo in presenza di rumore

Andamento errore percentuale riferito alla pset


20

15

10
Errore %

-5
0 2 4 6 8 10 12 14 16
tempo(s)

Figura 38.5: Errore % riferito alla pset con controllore parzialmente adattativo in presenza di rumore

120
Capitolo 5 Risultati

Entrambe le prove mostrano come il controllore dia ottimi risultati anche in


presenza di un rumore di ampiezza pari a 20 mbar, che rispetto ai 2000 mbar massimi
raggiunti dalla pressione assoluta nel collettore di aspirazione, incide con una
percentuale minima dell’1%.

121
CONCLUSIONI

Nel presente lavoro è stata proposta una tecnica di controllo adattativa basata su
logica fuzzy per la regolazione della pressione di sovralimentazione di un motore
alternativo ad accensione spontanea, sovralimentato mediante un turbogruppo con
turbina a geometria variabile (VGT). Il progetto del regolatore e l’analisi dei risultati
sono stati resi possibili grazie ad un modello numerico zerodimensionale del motore in
esame.
Dalle simulazioni numeriche si evince come l’algoritmo di controllo Estimator-
based-adaptive-fuzzy-logic (EAFL), rappresenta un’ottima soluzione al problema di
controllo proposto in questo lavoro. Infatti, la sua natura adattativa, permettendo di
ottimizzare on line i parametri da cui dipende la logica fuzzy, ha consentito di ottenere
ottimi risultati, sia in termini di prontezza che di precisione, nelle simulazioni di due
diversi casi test. Dai risultati ottenuti si è potuto notare inoltre come non ci siano fasi in
cui il controllore fuzzy generi un errore percentuale elevato, salvo che in condizioni di
saturazione. In particolare si è potuto notare l’eliminazione delle forti oscillazioni
caratteristiche degli algoritmi di controllo PID.
Tale risultato è stato ottenuto grazie ad un’opportuna scelta degli ingressi ed uscita
del motore inferenziale, e al numero di regole stabilite: l’iniziale carenza di dati
sperimentali ha portato alla definizione di ingressi (errore di pressione e sua derivata
temporale) ed uscita (variazione dell’area di passaggio in turbina) della mappatura
fuzzy, che non richiedessero grandi quantitativi di dati. Proprio ciò si è rivelato in
seguito il punto di forza dell’algoritmo di controllo che risulta essere robusto per le
diverse condizioni di funzionamento del motore. Inoltre, l’errore di pressione e la sua
derivata richiedono la pressione on-line come unica variabile esterna al controllore
(oltre ai valori di pressione di set che provengono però dalla centralina elettronica), e
questo implica una riduzione massima di rumore introdotto nel sistema di controllo,
che necessita di un unico sensore di segnale. Rispetto ai controllori PID (Proporzionale-
Integrale-Derivativo) implementati sui motori con turbine a geometria variabile

122
Conclusioni

attualmente in commercio, non è necessaria quindi strumentazione ulteriore. Inoltre, il


basso numero di ingressi e di antecedenti hanno permesso di limitare a 35 il numero di
regole della mappa, con una bassa conseguente occupazione di memoria nella centralina
elettronica ed una elevata velocità computazionale del software di controllo.
Infine, un ulteriore vantaggio del sistema di controllo, caratteristica intrinseca della
logica fuzzy, è la sua immunità al rumore. Osservando i risultati ottenuti nelle
simulazioni numeriche, si è potuto appunto osservare l’ottimo filtraggio del rumore
introdotto dal sensore di pressione nel collettore di aspirazione.
Lo sviluppo immediato di questo lavoro, consiste nella possibilità di poter
programma l’algoritmo EAFL (realizzato in C [8] e compilato in GCC in ambiente
Linux) su di una centralina elettronica e di simulare il comportamento del sistema su un
apposito banco di prova.

123
Bibliografia

[1] G. Ferrari. Motori a combustione interna. Il Capitello, 1992


[2] M. Mendel. Fuzzy Logic System for Engeneering: A Tutorial. Fellow, IEE, 1995
[3] S. de Robertis. Dinamica e controllo di un motore sovralimentato con turbina a
geometria variabile. Tesi di laurea in modellistica e simulazione degli impianti motore.
Bari, 2000
[4] M. Roncone. Modello di simulazione dinamica di un motore sovralimentato con
turbina a geometria variabile e relativo sistema di controllo. Tesi di laurea in controlli
automatici e meccanica delle macchine e macchine. Bari, 1998
[5] J.B. Heywood. Internal combustion engine fundamentals. McGraw-Hill, 1988
[6] J.I. Ramos. Internal combustion engine modeling. Hemisphere Publishing
Corporation, 1989
[7] W.A. Woods, S.R. Khan. An experimental study of flow through poppet valves.
Proc. IME, vol. 180, pt. 3N, paper 3, 1965-66.
[8] H. Schildt. La guida completa C++. McGraw-Hill, 1995
[9] G. Goodwin. K. Sang Sin. Adaptive filtering prediction and control. Prentice-Hall
Inc., Englewood Cliff, New Jersey, 1984

124
APPENDICE A

DATI TECNICI DEL MOTORE UTILIZZATI NELLA SIMULAZIONE

Cilindro
Alesaggio del cilindro: 79.5 mm
Corsa del pistone: 95.5 mm
Lunghezza della biella: 110 mm
Rapporto di compressione: 19.5
Cilindrata: 474 cm3
Volume dello spazio morto: 25.6 cm3

Valvole
Diametro della sede della valvola di aspirazione: 31.9 mm
Diametro della sede della valvola di scarico: 24.5 mm
Angolo di apertura valvola di aspirazione (AVO): 710°
Angolo di chiusura valvola di aspirazione (AVC): 230°
Angolo di apertura valvola di scarico (EVO): 484°
Angolo di chiusura valvola di scarico (EVC): 12°

Masse in movimento
Momento d’inerzia dell’albero del turbogruppo: 8.4  10-5 Kg m2
Momento d’inerzia dell’albero motore e delle parti rotanti connesse: 5.0  10-5 Kg m2
Massa delle parti in moto alternato: 1.0 Kg

Capacità di aspirazione e scarico


Volume dei condotti di aspirazione: 15 litri
Volume dei condotti di scarico: 1.3 litri

Condizioni ambiente
Pressione atmosferica: 101325 Pa
Temperatura atmosferica: 300 K

125
Appendice A

Carburante
Numero di cetano del carburante: 54.5
Potere calorifico inferiore: 41800 KJ / Kg
Rapporto stechiometrico tra carburante e massa di aria: 6.8  10-2
Densità del carburante: 0.837 Kg / litro

Dati di funzionamento
Temperatura media delle pareti del cilindro: 540 K
Esponente nella formula di scambio termico convettivo: 0.85
Esponente della politropica di compressione: 1.3

126
APPENDICE B

ALGORITMO DEI MINIMI QUADRATI

Un generico sistema può essere modellato usando uno schema ARMA che nel caso
di sistema SISO è:

y  k   a  y  k  1  b  u  k  1 , (1.B)

in cui i coefficienti a e b sono funzione del tempo. L’equazione (1.B) consente di


esprimere y all’istante k in funzione dei valori di y e di u all’istante k-1. E’ possibile
valutare i coefficienti a e b utilizzando uno stimatore a carattere ricorsivo. L’algoritmo
di stima dei minimi quadrati si rivela molto utile sia per la sua semplicità, sia per la sua
elevata velocità di convergenza (le grandezze stimate convergono in poche iterazioni ai
loro valori effettivi). Per meglio applicare l’algoritmo dei minimi quadrati conviene
rimaneggiare l’equazione (1.B) che assume la forma:

y  k    k  1  k  1 , (2.B)
in cui

yk 1
 k  1   a b  ,
k 1   
uk 1
. (3.B)

Le seguenti formule, che descrivono LSA in forma ricorsiva, danno una stima
ragionevole di :

127
T  k  1 P k  2 
 k    k  1   y k    k  1  k  1  , (4a.B)
1  T  k  1 P  k  2  k  1

128
Appendice B

P k  2   k  1 T  k  1 P k  2 
P k  1  P k  2   . (4b.B)
1  T  k  1 P k  2   k  1
Nelle equazioni (4.B) P(k-1) e P(k-2) rappresentano rispettivamente le matrici di
covarianza agli istanti k-1 e k-2. Essendo un algoritmo ricorsivo, i termini a primo
membro nelle equazioni (4.B) sono calcolati ad ogni passo temporale considerato ed
occorre chiaramente inizializzare alcuni parametri alla partenza:

 0    0 0  , (5a.B)

 p 0
P1    . (5b.B)

0 p 
L’equazione (4a.B) può essere riscritta nella forma

 k    k  1  M  e0 , (6.B)

che ci dice che i coefficienti a e b del vettore riga  vengono aggiornati ad ogni passo
temporale in modo direttamente proporzionale all’errore e0 , inteso come differenza tra il
valore effettivo di y e la sua stima:

e0   y  k    k  1   k  1  . (7.B)

La costante di proporzionalità M dell’equazione (6.B) dipende dalla matrice di


covarianza P che conserva memoria dei punti precedenti a quello considerato e che
come si può intuire dall’equazione (4b.B), ha la tendenza a decrescere nel tempo.

129
Appendice B

Pertanto è conveniente partire con una matrice di covarianza i cui elementi sono
piuttosto alti (per esempio P=106). Nel metodo tradizionale P è aggiornata secondo la
(4b.B) e dopo poche iterazioni assume valori troppo piccoli con conseguente drastica
riduzione di M e quindi una notevole riduzione sulla velocità di convergenza. Una
evoluzione del metodo, utilizzata in questa tesi, consiste nel memorizzare la matrice P
dopo un certo numero di passi e nel riaggiornarla dopo un certo numero di passi
successivi, e iterando questo processo (è stato scelto di aggiornarla ogni 5 passi), grazie
alla velocità dell’algoritmo dei minimi quadrati la matrice di covarianza dopo i primi 5
passi avrà sicuramente raggiunto un valore ottimale, che potrà essere utilizzato come
aggiornamento senza aggiungere alcuna incertezza 5 passi temporali dopo. Questa
complicazione del metodo ha il vantaggio di permettere una stima più precisa di y grazie
alla possibilità di annullare periodicamente l’influenza di punti troppo lontani nel
tempo. Un esempio di stima preso da una simulazione numerica è riportato in figura
1.B; l’errore tra il valore reale e quello stimato risulta evidente solo nei primi passi di
campionamento quando i vettori di stima passano dal valore di inizializzazione, nullo, a
quello stimato.
Confronto tra pressione reale e pressione stimata
1200

1000

800

600

400

200
mbar

-200

-400

-600 reale - blue


stimata - rosso
-800

-1000
0 2 4 6 8 10 12 14 16
tempo(s)

Figura (1.B): Confronto tra pressione reale e stimata con LSA ottimizzato

130

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