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LUCA NOVELLI

Scrittore e disegnatore, è autore di libri


di scienza e di natura tradotti in tutto il
mondo. Collabora con la Rai e come
giornalista ha diretto per dieci anni
G&D, periodico di Grafica e Design.
È premiato come migliore autore di
divulgazione per ragazzi: nel 2001 da
Legambiente e nel 2004 dal Premio
Andersen.
Le sue opere sono state pubblicate in 20
lingue.
Altre notizie, immagini e link su Luca
Novelli
e i suoi libri: www.lucanovelli.eu

LAMPI DI GENIO
Una serie di biografie di grandi
scienziati – tutte scritte e disegnate da
Luca Novelli – raccontate in prima
persona. Il modo più divertente e
coinvolgente per avvicinarsi alla
scienza e per conoscere i grandi che
hanno cambiato la storia dell’umanità.
La collana ha vinto il premio
Legambiente nel 2004.
Progetto grafico: Studio Link (www.studio-link.it)

www.editorialescienza.it
www.giunti.it

© 2003 Luca Novelli/Quipos, © 2003 Editoriale


Scienza srl
Via Bolognese 165 - 50139 Firenze - Italia
Via Romagna 30 - 34134 Trieste - Italia

ISBN 9788873075165
Edizione digitale realizzata da Simplicissimus Book
Farm srl

Prima edizione digitale 2010


Leonardo è un nome che unisce arte e
scienza: fu pittore, architetto,
tecnologo e ricercatore. Diventò un
mito già nel suo tempo. Ma fu anche
accusato di stregoneria e per molti suoi
contemporanei fu considerato una
specie di Mago Merlino al servizio di
nobili e potenti.
Inventò moltissimi oggetti che fanno
parte del nostro presente, comprese le
lenti a contatto e il carro armato. Da
un abile artigiano si fece costruire
anche una penna simile a una
stilografica: a differenza della penna
d’oca – unico mezzo per scrivere nel
suo tempo – non aveva bisogno del
calamaio dove attingere l’inchiostro.
In questo libro Leonardo in persona
racconta la sua vita, le sue avventure,
le sue amarezze e i suoi successi.
CHE COSA C’È
IN QUESTO LIBRO

Ci sono io, Leonardo, voce narrante.

C’è la mia infanzia in campagna nel


borgo dei nonni.
C’è il mio apprendistato a Firenze, nella
bottega d’arte del maestro Verrocchio.
C’è la mia vita e c’è il mio lavoro come
ingegnere e architetto al servizio dei
principi più potenti del Rinascimento.
C’è la vera storia delle mie opere più
conosciute e straordinarie.

Ci sono i miei scherzi scientifici e


tecnologici.
C’è infine un dizionarietto, dove sono
elencate le mie scoperte e le mie
invenzioni più stupefacenti.
Leonardo nasce quarant’anni prima della
scoperta dell’America da parte di
Cristoforo Colombo.
Viene alla luce in un borgo del territorio
di Firenze, allora capitale di uno dei
tanti staterelli in cui era divisa l’Italia.
Cresce alla fine del periodo storico che
in Europa è chiamato Medioevo, in gran
parte oscuro per le arti e per le scienze.
Si fa uomo, artista e scienziato all’inizio
di quello che viene definito
Rinascimento.
Anzi, per molti Leonardo è l’uomo del
Rinascimento, quello che più di ogni
altro rappresenta la riscossa dell’arte,
della scienza e della ragione.
1. Io, Leonardo
Bentrovati. Sono Leonardo, figlio di Ser
Piero da Vinci, notaio. Sono nato ad
Anchiano, un pugno di case vicino a
Vinci, il 15 aprile dell’anno 1452. Sono
nato di sabato, alle ventidue e trenta
direste voi, che avete al polso
l’orologio. “Nella terza ora della notte”,
così invece ha scritto nonno Antonio sul
suo libro. Lui annota tutto, è il suo
mestiere: quante olive sono state
raccolte, quanto olio ne è stato tratto,
quanto grano è stato trebbiato... e
quando sono nato io.
Sono venuto alla luce in un modesto
casolare di campagna di proprietà della
famiglia di mio padre.
Mia mamma si chiama Caterina.
La ricordo bella e dolce. Ma mio padre
non l’ha sposata. Lei è contadina, lui è
un nobiluomo, della famiglia più
importante di Vinci. In casa i nonni
parlano poco di questa storia, anche
perché papà Piero ha preso in moglie
Albiera, figlia di un notaio di Firenze.
Caterina invece ha sposato un tale di
nome Attaccabrighe, dal quale ha avuto
cinque figli: quattro femmine e un
maschietto. È andata a vivere in un
borgo vicino, in una casetta piccola
piccola. Da quando vivo con i nonni
l’ho rivista una volta sola. Aveva tanti
marmocchi appesi alle sue gonne. Mi ha
sorriso, la Caterina.
Mi piace vivere con i nonni: poca
scuola e molta libertà.
Nonno Antonio m’ha insegnato a
leggere. Per scrivere uso la mano
sinistra, perché sono mancino.
Vado a caccia nei boschi, da solo o con
zio Francesco.
Zio Francesco mi racconta favole
incredibili sugli animali e sulle piante
delle nostre parti. Con lui ho imparato
ad attraversare con sicurezza i corsi
d’acqua e le paludi. Amo l’acqua e la
rispetto. So quello che può fare un fiume
tranquillo come l’Arno quando
s’arrabbia.
L’ho visto travolgere tutto: case, persone
e bestiame. Niente poteva fermarlo.
Ricorderò quelle immagini per tutta la
vita.
Al tempo di Leonardo le sole
macchine abbastanza diffuse sono i
mulini.

Ogni villaggio e ogni castello ne ha


uno, costruito presso il ruscello più
vicino. Servono per macinare il
grano e trasformarlo in farina, per
schiacciare le olive e ricavarne
olio. In alcune regioni servono
anche per produrre carta o per
forgiare metalli.
L’acqua e le macchine
affascineranno Leonardo per tutta
la vita. Inventerà congegni
straordinari che saranno realizzati
soltanto ai nostri giorni.

Ma per tutta la durata della sua


esistenza e per i due secoli
successivi, l’acqua e il vento
resteranno le uniche fonti di energia
utilizzate, oltre a quella fornita
dall’uomo e dagli animali.
2. Mi piace disegnare
Ora sono con zio Francesco, all’osteria,
sotto il pergolato. È uno scapestrato. Zio
Francesco – dice nonno Antonio – pensa
solo alle fanciulle, a bere e mangiare.
Ma è molto gentile con me.
Mi sta insegnando a disegnare, con il
carboncino, su un foglio di carta.
La carta è un materiale prezioso.
Non se ne trova nelle case dei poveri e
dei contadini. A loro la carta non serve,
non devono leggere o scrivere. Papà
invece è notaio, per questo in casa
abbiamo carta, penne d’oca e calamai.
In casa abbiamo persino alcuni libri.
Sono oggetti molto rari. In verità li
chiamiamo “codici”. Sono scritti a
mano, come i libroni che sono
conservati in chiesa. Alcuni di questi
sono proprio belli: sono illustrati con
coloratissime figure all’inizio di ogni
capitolo.

Il nonno dice che oggi i libri si possono


stampare in molte copie. Il modo per
farlo lo ha scoperto un certo signor
Gutenberg di Magonza, in Germania. Ma
è una tecnica che impiegherà parecchi
anni prima di diffondersi dalle nostre
parti. Le novità non si propagano così
velocemente come nel vostro tempo.

Spesso vado alla bottega delle


terrecotte. Qui ho imparato a dar forma
alla creta, a modellare vasetti, piatti o
piccole sculture. Poi il vasaio li cuoce
al forno.
Talvolta, durante le mie esplorazioni
sulle colline attorno a Vinci, raccolgo
degli oggetti straordinari: sono
conchiglie e resti di strani animaletti
marini.
“Creature portate qui dal Diluvio
universale” dice la nonna. Ma io non ne
sono tanto convinto.
Insomma la mia vita qui scorre serena,
ma il paese mi sembra sempre più
piccolo. Mi piacerebbe essere un
uccello e prendere il volo. Anzi credo
che il volo sia nel mio futuro: da piccolo
ho persino sognato un grande nibbio che
atterrava vicino a me.

Oggi mio padre Piero è venuto a Vinci a


trovare i nonni. È un personaggio
importante. Io sono il suo primogenito,
ma sono un figlio illegittimo. Questo mi
impedirà di fare la sua professione. Le
classi sociali a Firenze funzionano così.
Ma chi se ne importa! A suo modo papà
Piero mi vuol bene: mi porterà con lui.
Firenze, quando Leonardo varca le
sue porte, è uno dei centri più
vivaci e prosperi d’Europa. Da
alcuni decenni c’è stabilità politica
e una straordinaria produzione
culturale e artistica.
Le famiglie dominanti sono di
banchieri e mercanti illuminati.
Dentro le mura mille sono le
botteghe e cento i cantieri aperti. Si
costruiscono splendidi palazzi,
immense chiese, conventi e
ospedali. Leonardo esplora la città
con la stessa curiosità che lo
animava durante le sue escursioni
sulle colline di Vinci.
Qui però trova immagini mai viste
che raccontano di battaglie, di santi
e di grandi uomini.
La pittura e la scultura del
Rinascimento hanno riscoperto la
bellezza dell’arte antica, greca e
romana, e la ripropongono in modo
nuovo e splendente.
3. Firenze
Ora vivo in città, nella casa di mio
padre Ser Piero.
Sono coccolato da cuoche e servette.
Mio padre si occupa di politica e di
affari ad alto livello. Si è sposato
un’altra volta e ho abbastanza fratellastri
per formare una squadra di calcio.
Mi ha mandato alla scuola dell’abaco.
Qui s’impara a contare con questa
specie di pallottoliere. È uno strumento
indispensabile in una città di mercanti
come la nostra. Il maestro dice che sono
bravo ma strano.
Non ha neppure provato a correggere il
mio mancinismo.
So che i maestri più duri lo fanno, a
suon di bacchettate sulla mano sinistra.
Che stupidi! La Natura non si corregge,
la si aiuta. Io peraltro disegno
benissimo, con la sinistra. Persino mio
padre se n’è accorto.
Oggi è un giorno decisivo per la mia
vita. Mio padre ha raccolto i disegni sul
mio tavolo e mi ha accompagnato nella
bottega d’arte più attiva della città,
quella di Andrea del Verrocchio.
Il maestro Verrocchio è un artista
affermato, ma anche un uomo che cura
bene i suoi affari.
La sua bottega assomiglia allo studio di
un grande designer dei vostri tempi: c’è
chi progetta, chi disegna, chi dipinge,
chi costruisce modelli e modellini.
Si fanno gioielli, statue, decorazioni e
scenografie.
Talvolta si crea, talvolta si esegue:
s’impara facendo.
Lo stesso Verrocchio è ingegnere e
grande pittore, ma non disdegna di fare
insegne per feste e sfilate, e persino per
funerali.
In bottega lavorano molti altri giovani e
giovanotti di belle speranze. Due nomi a
caso: Sandro Botticelli e Pietro
Vannucci, detto il Perugino.
Il mio primo compito sarà quello di
macinar pietre dalle quali si ricavano i
colori.
Comunque, m’ha assicurato il Botticelli,
è solo l’inizio.
Mentre Leonardo lavora in bottega,
i cittadini di Firenze vedono
finalmente terminata la grande
opera d’architettura cominciata da
Filippo Brunelleschi molti decenni
prima: la cupola della basilica di
Santa Maria del Fiore.
È da più di mille anni, dai tempi
degli antichi Romani, che in Europa
non si costruisce un’opera così
ardita.

Attorno alla cupola devono ancora


essere rimosse le ultime
impalcature, le gru e le macchine
che sono servite a costruirla. E
manca ancora un ultimo particolare.
4. Lavorando s’impara
Sono in cima alla cupola. Meno male
che non soffro di vertigini. Ho portato un
messaggio del maestro Verrocchio al
capomastro che sta lavorando quassù, a
80 metri d’altezza. Lavora, mangia e
dorme qui insieme ai carpentieri.
Verrocchio ha avuto l’incarico di
realizzare una grande sfera di rame da
installare sulla cupola della chiesa.
Rifletterà la luce del sole a cento miglia
di distanza. Sarà la luce di Firenze.
La città è bellissima vista dall’alto, da
qui gli abitanti sembrano formiche. Non
ci sono gli ascensori ai miei tempi.
Si può salire o scendere solo a piedi o
insieme a un carico di materiali
sollevato da una gru.
Ne ho progettata una anch’io.
In futuro ne disegnerò molte altre.
Ma nei miei scritti troverete anche il
progetto di un ascensore individuale.

Ormai non disegno soltanto.


Ho imparato a dipingere perfettamente.
Dipingo e completo i disegni del
Verrocchio.
Il mio maestro dice che ho una mano
eccezionale.
Un giorno però s’è arrabbiato. Ha detto
che se tutti i suoi apprendisti
dipingessero come me, smetterebbe di
farlo lui.

Fra qualche anno potrò iscrivermi alla


Compagnia di San Luca, l’associazione
dei Pittori di Firenze.
Sarò un pittore professionista. È un bel
mestiere ai miei tempi. Ma m’interessa
anche la scultura e soprattutto la fusione
di statue in bronzo.
Ci sono sempre più committenti in
questo campo: i principi di oggi
vogliono essere ritratti su grandi cavalli,
come gli imperatori della Roma antica.
Quello che ho imparato in bottega
comincia a non bastarmi più.

Questo dipinto a olio su legno ha


per titolo “L’Annunciazione”. È la
prima opera realizzata da Leonardo
autonomamente, fuori dalla tutela
del maestro Verrocchio. La scena è
ordinata in modo regolare e rispetta
– salvo qualche piccola libertà – le
regole della prospettiva.
Ogni figura e ogni oggetto hanno un
senso preciso e l’insieme ha il
ritmo di un racconto: l’angelo
appena sceso dal cielo, lo stupore
della Vergine che alza la mano
leggermente spaventata.
È un modo personale di dipingere
che si distacca dai modelli
precedenti e dai suoi stessi
contemporanei.
L’opera è stata commissionata a
Leonardo dal convento di San
Bartolomeo di Monte Oliveto.
Tutti ormai gli riconoscono un
talento eccezionale.
5. Artista e reporter
Vesto come un damerino. Porto tuniche
rosa fino al ginocchio. Canto e suono
mie composizioni. Mi sono persino
costruito una lira molto particolare, con
un teschio di cavallo. A Firenze sono
invitato alle feste in casa di nobili e
potenti.
Credo di poter dipingere qualsiasi cosa.
Mio padre m’ha portato una rotella di
legno che voleva dipingessi per un suo
fattore. L’ho riempita di piccoli mostri e
le ho dato un aspetto così orrendo e
stupefacente che mio padre l’ha tenuta
per sé.
Poi l’ha rivenduta a un prezzo
esorbitante.
Stupire, meravigliare... È questo il fine
delle opere!
Il primo gennaio 1478 ho ricevuto il mio
primo incarico da parte del governo
della città: compenso 25 fiorini. È una
pala d’altare (una tavola di legno) da
realizzare per Palazzo della Signoria.
Ma non la finirò mai.
La terminerà il mio collega Filippino
Lippi, che si pone meno problemi di me.

È un anno disgraziato per Firenze.


L’Arno è uscito dagli argini, c’è
un’alluvione, seguita da un’epidemia.
Poi accade una cosa ancora peggiore
che minaccia la stabilità della nostra
comunità. Il 26 aprile la famiglia
Medici, la più potente della città, è
aggredita in chiesa dalla famiglia rivale,
quella dei Pazzi. Giuliano Medici viene
assassinato. Il fratello Lorenzo, ferito e
sanguinante, sopravvive.
Un anno dopo, l’assassino di Giuliano
Medici è catturato e impiccato senza
alcun processo. Ho disegnato l’evento,
come un fotoreporter dei vostri tempi.
Ma non vengo scelto dalla famiglia
Medici per realizzare il quadro che
immortalerà l’episodio.
A Lorenzo e ai suoi parenti non piaccio
tanto. Preferiscono artisti diversi da me,
il mio amico Sandro Botticelli per
esempio. E Lorenzo non piace neppure a
me. Ormai è il signore assoluto di
Firenze.
Si fa chiamare il Magnifico anche se è
bruttino.
Poi è un maledetto presuntuoso. Pensa di
essere un uomo di talento solo perché da
bambino leggeva i poemi di Virgilio in
latino. Credo che il mio futuro sia
lontano da lui e dalle sue idee sull’arte e
sulla vita.
Ecco Lorenzo de’ Medici in un
dipinto di autore sconosciuto.
La sua famiglia di banchieri e
mercanti ha progressivamente
preso il potere a Firenze,
trasformando il sistema di governo
della città da libero comune a
signoria, retta da un solo principe.

La banca dei Medici è così potente


che presta denaro a re e a stati. La
famiglia possiede i più bei palazzi
della città e grandi fattorie in
campagna.
Lorenzo de’ Medici, come i suoi
parenti, si sente un uomo di grande
cultura, perché promuove la pittura,
la scultura e la poesia. Organizza
feste straordinarie e si fa costruire
meravigliosi giardini.
Ma possiede grandi biblioteche di
libri scritti solo a mano perché
considera volgari quelli riprodotti
grazie all’arte della stampa. Non si
cura degli sviluppi della scienza e
della tecnologia.
Questo atteggiamento infine
danneggerà la città e lo stesso
Leonardo.
6. Meglio emigrare
Ho sempre più motivi per lasciare
Firenze. Sono stato persino accusato,
insieme ad altri giovani, di atti
immorali. Se l’accusa fosse confermata
dal tribunale, potrebbe portarmi sul
rogo. Nel mio tempo i giudici sono
severissimi su queste cose.
Intanto i miei colleghi più bravi sono
inviati da Lorenzo a Roma, come
“regalo” a papa Sisto IV. Il Pontefice
deve far affrescare la cappella che
porterà il suo nome. È un lavoro molto
importante e mi avrebbe fatto piacere
essere tra i prescelti. Ma nessuno mi ha
proposto. La cosa mi avvilisce.
Certo il lavoro non mi manca, ma non mi
concentro e disperdo le mie forze in
mille cose diverse. Ho persino aperto
un’osteria con l’amico Botticelli.
Il lavoro di pittore non mi soddisfa. Mi
sembra che manchi sempre qualcosa alle
immagini che sto componendo.

M’era stato commissionato un grande


affresco dal convento di San Donato:
l’Adorazione dei Magi. Ma lo lascerò
incompiuto. E i frati si arrabbieranno.
Sono invece sempre più spesso nella
bottega del mio amico Zoroastro. È un
po’ artigiano, un po’ artista e un po’
mago. Gli porto i disegni delle macchine
che vorrei costruire e lui ne realizza i
modellini.

Sarà lui a costruire la macchina per


volare e molti altri congegni. Ma qui a
Firenze vedo sempre meno futuro,
sempre meno possibilità.
Milano è la più grande città del
Nord Italia. Al tempo di Leonardo
è attraversata da tanti corsi d’acqua
che muovono centinaia di mulini.
Sui canali artificiali, i Navigli,
transitano lente chiatte che portano
fin sotto la cattedrale merci e
materiali.
La città è prospera: nella Milano
tardo medioevale si commercia la
lana, si lavora la seta, si producono
tessuti, armature e armi da guerra.

L’edificio più imponente è il


grande castello abitato dal suo
principe, il duca Ludovico Sforza.
Il Duca ha bisogno di artisti e
pittori per abbellire la sua reggia,
ma anche di ingegneri e architetti
per il suo esercito e le sue
fortificazioni.
7. Eccomi a Milano
Da Firenze abbiamo impiegato tre giorni
a cavallo prima di arrivare sotto le mura
di questa città. Ai vostri tempi avremmo
impiegato meno di tre ore in treno o in
autostrada. Il duca Ludovico Sforza ci
aspetta, gli porteremo i saluti di Lorenzo
il Magnifico.
Mi accompagna un giovane di nome
Atlante Migliorotti, suonatore di lira.
Abbiamo preso alloggio in una locanda
e presto saremo ricevuti dal Duca.
Anch’io sono qui invitato come
suonatore di lira. Anzi, è già previsto
che canterò e suonerò alcune mie nuove
composizioni davanti al Duca e alla sua
sua corte.
In realtà sto cercando di essere assunto
con ben altri compiti. In una lettera che
ho inviato al Duca mi sono descritto
come abile ingegnere, inventore di
congegni e macchine da guerra. Credo
che queste mie competenze lo
interessino di più.
Ho però anche un altro asso nella
manica. Lavorando dal Verrocchio ho
imparato le tecniche della fusione. So
qual è il grande sogno del Duca: vuole
un monumento in bronzo per suo padre.
E vuole che sia la più grande statua
equestre in bronzo mai realizzata al
mondo. Io saprei farla.

In attesa del mio momento accetto vari


lavoretti. Tra i tanti, dipingo una tavola,
la Vergine delle rocce. Io ne sono
abbastanza soddisfatto, ma i frati che me
l’avevano commissionata rimangono un
po’ sconcertati. Anche tra i miei colleghi
pittori c’è scompiglio e
disapprovazione. Forse sono troppo...
moderno.
In compenso sono invitato dal Duca a
fare il ritratto della sua amata compagna,
la bellissima Cecilia Gallerani, alla
quale sono molto simpatico.
È un ritratto curioso. Lei tiene in braccio
un ermellino. Il ritratto è così bello e
intenso che mi farà guadagnare fiducia
illimitata da parte del Duca.
Ecco la “Dama con l’ermellino”,
ovvero il ritratto della bellissima
Cecilia Gallerani. È il quadro più
celebre di Leonardo dopo “La
Gioconda”. È un piccolo dipinto a
olio su legno (40 cm x 55 cm) che
ha molti significati nascosti e
misteriosi. Ora è conservato presso
il Museo Nazionale di Cracovia, in
Polonia. Cecilia, quando è ritratta,
ha solo diciassette anni.
Sta per cominciare il periodo di
maggiore attività di Leonardo.
Finalmente ha trovato l’ambiente
adatto alla valorizzazione dei suoi
innumerevoli talenti. Alla corte
degli Sforza conosce e diventa
amico del Bramante, pittore anche
lui, ma soprattutto architetto di
grande prestigio. Leonardo disegna
nuove soluzioni per la cupola del
Duomo di Milano. Progetta
modifiche al castello e poi palazzi,
cattedrali e fortificazioni. Il suo
pensiero è sempre più scientifico e
rivolto alla soluzione di problemi
concreti, anche quando sulla città si
abbatte una delle peggiori calamità
del secolo.
8. La peste!
Stava andando bene. Il duca Ludovico
mi aveva assegnato uno stipendio di
cinquecento ducati annui. Sono
sufficienti per il vestiario, per il vitto e
un alloggio in città, fuori dal castello.
Poi è arrivata la pestilenza. La povera
gente muore in gran quantità. I morti
vengono raccolti per le strade e
sotterrati in grandi fosse comuni. In tutta
la città sono accesi grandi falò dove
vengono bruciati i vestiti e le masserizie
degli appestati insieme a zolfo e
sostanze odorose. La peste è dovuta a
vapori diffusi nell’aria, dicono i gran
dottori. Io credo invece che la malattia
si diffonda per altri motivi: la mancanza
di fognature e la sporcizia che è
ovunque.
In campagna è più facile sopravvivere e
sfuggire al contagio.
I nobili e i ricchi si rifugiano nei loro
castelli e alzano i ponti levatoi. Ma
anche questo può non servire.
Io prendo le mie precauzioni. Proteggo
la mia salute in modo semplice ed
efficace. Mi lavo e mi mantengo pulito.
Non lo fanno tutti nel mio tempo.
Poi da molti anni ormai non mangio
carne d’animali morti. Sono – direste
voi oggi – vegetariano.
Ma per evitare le pestilenze le città
dovrebbero essere ben diverse da quelle
dei Medici o di Ludovico il Moro. Per
prima cosa dovrebbe esserci un sistema
di fognature, che porti via la sporcizia e
gli escrementi. Questo sistema dovrebbe
essere diviso dal sistema dei canali
navigabili. Le case dovrebbero essere
arieggiate e asciutte.

Così ho disegnato la mia città ideale,


che si sviluppa su più piani. Eccola!
Leonardo è nominato “ingegnere di
corte” dal duca Ludovico il Moro.
Come tale progetta nuovi edifici,
fortificazioni e opere di pubblica
utilità.
Deve seguire sul posto i lavori.
Visto che c’è, migliora le macchine
esistenti e ne inventa di nuove e più
potenti, come questa “tagliatrice
automatica”, o quella sotto, per
scavare canali e fossati... Il duca e
la sua corte lo stimano senza
riserve, ma lo amano ancora di più
quando mette la sua creatività al
servizio di feste e ricevimenti.
Alcuni di questi sono entrati nella
Storia.
9. Il Ballo dei Pianeti
Oggi è giorno di mercato in città. Mi
piace mescolarmi ai bottegai e ai
popolani.
Vesto come un principe, sono di
bell’aspetto e ho sempre con me almeno
un servitore.
Talvolta mi diverto a comprare uccelli
in gabbia, liberandoli subito, come mi
sembra giusto fare.
Ma oggi sono qui anche in cerca di
artigiani e operai. Devo organizzare una
grande festa per il duca Ludovico il
Moro. Gian Galeazzo Sforza, suo nipote,
sposa la principessa Isabella di
Aragona.
Devo disegnare i costumi, preparare una
scenografia ed essere il regista
dell’evento, che sarà, vi assicuro,
sorprendente.
Il Ballo dei Pianeti sarà ricordato per la
quantità di meraviglie che si
susseguiranno davanti agli occhi degli
ospiti.
Per costruire la scenografia e le
macchine di scena sarà necessario il
lavoro di centinaia di pittori e operai.
Ho disegnato la maggior parte dei
costumi.
Un esercito di sarte provette li hanno
tagliati e cuciti. Tra le sorprese ho
previsto un vulcano che erutta fuoco e
lapilli. Ma la macchina più stupefacente
che ho costruito è quella che simula il
moto dei pianeti. Stelle, Sole e Luna
ruotano intorno alla Terra in un ballo
straordinario.
L’ho disegnata in collaborazione con
l’astrologo di corte. Illustra il radioso
oroscopo dei due novelli sposi.
Purtroppo il bambino che ha interpretato
il Sole morirà, a causa della vernice
d’oro con cui era stato dipinto.
Ma il Ballo dei Pianeti mi fa pensare
anche a un’altra cosa.
“La Terra – scrivo – non è l’unico
pianeta dell’universo e le stelle sono
soli simili al nostro”.
Ecco Cristoforo Colombo.
Nel 1492 questo grande navigatore
“scopre” l’America. In realtà con
le sue navi ha attraversato
l’Oceano Atlantico perché cercava
una nuova via per raggiungere
l’India e l’Estremo Oriente, con i
quali l’Europa intrattiene sempre
più intensi rapporti commerciali.
Colombo voleva solo
circumnavigare il globo, che
pensava più piccolo. Invece sulla
sua rotta ha trovato un intero nuovo
continente.
La conquista del Nuovo Mondo
sconvolgerà antichi equilibri tra
popoli e nazioni. Ma non scompone
la vita di Leonardo, sempre più
proteso a inventare cose
sorprendenti, molte delle quali
pensate per un futuro allora
inimmaginabile.
10. La penna che
disegna il futuro
Come ingegnere di corte devo spesso
recarmi nei più lontani possedimenti del
duca Ludovico. Spesso sono a cavallo,
da solo o con i miei servitori, ma ho
sempre con me un taccuino e la mia
penna speciale. È un oggetto davvero
unico che io stesso ho progettato. È una
specie di stilografica, che mi consente di
scrivere e disegnare con lo stesso tratto
e soprattutto di non dover continuamente
intingere il pennino nel calamaio.
Con questa penna scrivo a mio modo, da
destra a sinistra, tutto, persino la mia
firma. Ma la mia scrittura non è un
codice indecifrabile, è solo speculare:
basta uno specchio per leggerla.
Ecco, a voi ho confidato questo mio
segreto.
Per molti profani invece i miei scritti
rimarranno per secoli un mistero.
Certo, io scrivo e disegno. Scrivo
quando occorre e disegno quando
occorre. E certe cose, vi assicuro, si
possono solo disegnare: come le mie
macchine per volare, che fino ad ora
nessuno aveva osato progettare e
neppure immaginare.
Disegno anche i cavalli più belli che
incontro. Voglio che il cavallo di bronzo
che devo costruire per il Duca, contenga
il meglio di tutti.

Come pittore sto lavorando attorno a un


grande affresco nel refettorio della
chiesa di Santa Maria delle Grazie,
sempre a Milano. Ha per titolo L’ultima
cena. Non è ancora finito e già vengono
a vederlo pittori e curiosi da tutte le
parti d’Europa.
Alcune novità in casa. Ho preso per
paggio un ragazzino di nome Salaì. Mi
farà da domestico, da tuttofare, ma anche
da modello per alcuni miei dipinti. È
irriverente, dispettoso, persino ladro...
un piccolo demonio. Eppure gli perdono
tutto.
Per certi versi somiglia a me, da
bambino.
Nella mia casa è anche arrivata
un’anziana e misteriosa signora. A voi
confido quest’altro segreto: è mia
mamma Caterina. Era rimasta vedova e
aveva perso l’unico altro figlio maschio
in guerra.
Aveva bisogno di aiuto e ora è a mio
carico, in casa mia. Mi sembra giusto,
anche se è un po’ spaesata qui a Milano.
Il monaco qui ritratto è Luca
Pacioli. L’autore del quadro è il
pittore Jacopo de’ Barbari,
contemporaneo di Leonardo. Anche
Fra’ Pacioli vive a corte. Insegna il
potere dei numeri ai giovani
rampolli del duca Ludovico.
Leonardo diventa un grande amico
di Pacioli e lo aiuta a illustrare un
libro di geometria che sta
scrivendo. Grazie a Pacioli,
Leonardo scopre Euclide e
Archimede. Soprattutto si rende
conto che matematica e geometria
possono aiutarlo a risolvere molti
problemi concreti, per esempio a
calcolare la quantità di bronzo
necessario per costruire l’enorme
cavallo promesso al Duca. Ma
questo cavallo forse non si farà
mai.
11. Nubi di guerra

Accidenti! (Scusate) Tutto filava liscio


qui a Milano: le amicizie, il lavoro e i
miei studi personali.
Ero amato e ricercato. Finalmente avevo
realizzato il modello in argilla del
“grande cavallo”, tanto atteso dal Duca.
L’ho esposto nel bel mezzo del cortile
del Castello Sforzesco. È grande come
una palazzina di tre piani. Nessuno,
neppure gli antichi Greci e Romani
avevano mai progettato nulla di così
grande. Ma non avevo fatto i conti con i
nemici di Ludovico il Moro. Nel corso
degli anni sono diventati tanti e potenti.
Luigi XII, nuovo re di Francia, è un
discendente dei Visconti, precedenti
signori di Milano. Erano stati spodestati
proprio dal papà del Moro. Con questa
scusa Luigi XII reclama come sue le
terre del Ducato di Milano e ha
dichiarato guerra a Ludovico.
Per realizzare il grande cavallo
occorrerebbe una piccola montagna di
metallo: ottanta tonnellate.
Il duca Ludovico ora ha bisogno di tutto
il bronzo che c’è per ben altri scopi.

Nell’estate del 1499 l’esercito di Luigi


XII invade il Ducato di Milano. Le
macchine e le difese che avevo
approntato servono ben poco. In ottobre
le truppe francesi entrano in città senza
che sia stato sparato un colpo di
bombarda o scoccata una freccia di
balestra.
Il duca Ludovico abbandona la città
insieme ai suoi amici più fedeli. Ho
visto le sue insegne bruciate dalla folla.
Il suo tesoriere, che conosco bene
perché era incaricato di pagare le mie
parcelle, è catturato e ucciso a
bastonate.
Ben presto cominciano le angherie da
parte delle truppe occupanti. Anche il
mio cavallo ne fa le spese.
I balestrieri che si sono installati nel
castello lo prendono di mira come se
fosse un bersaglio.
Tra risate e sberleffi la statua in creta
vien ridotta in mille pezzi.

Lascio Milano piuttosto amareggiato.


La mia vita è a una svolta.
A 48 anni Leonardo si trova
improvvisamente disoccupato ma
ormai il suo nome è sulla bocca dei
principi e regnanti di mezza
Europa.
Curiosità e leggende sulla sua
persona lo precederanno ovunque.
E ovunque sarà ben accolto.
Comincia però ad avere un
problema: non sa come mettere al
sicuro le sue carte e come
riordinare le sue innumerevoli
scoperte e invenzioni. Si tratta di
migliaia di fogli e di disegni solo
in minima parte raccolti e rilegati
in quelli che poi verranno chiamati
“codici”.
Leonardo sta pensando a un
dizionario di almeno 3000 termini
illustrati: dalla lampada da tavolo a
intensità variabile alle porte che si
aprono da sole, dal sifone per
svuotare i canali alle lenti a
contatto per gli anziani, dal
paracadute al carro armato,
dall’elicottero all’automobile...
12. Scienziato errante
Sono a Vaprio d’Adda. È un piccolo
borgo sul fiume a nord di Milano. Mi
piacciono questi luoghi ricchi d’acqua e
di verde. Qui ho dei buoni amici e le
mie carte sono al sicuro.

Il mio protettore Ludovico il Moro è in


esilio e Milano è tuttora occupata dai
Francesi. Così decido di accettare un
invito di Isabella d’Este. Sarò suo ospite
nella splendida città di Mantova. La
marchesa Isabella mi ha offerto un
lavoro come esperto militare. Ma so che
vuole un’altra cosa.

Vuole che le faccia un ritratto.


La disegno di profilo.
Ma è terribile e antipatica.
Pretende di scegliere colori,
inquadratura e soggetto.
Proprio non la sopporto.
Così l’ho piantata in asso. La marchesa
Isabella non avrà mai il suo ritratto.

Ora sono ospite della Serenissima


Repubblica di Venezia, lo stato più
libero e illuminato del mio tempo.
Ma temo sia il momento più critico della
sua storia millenaria. Sta per essere
attaccato dai Turchi che hanno
addirittura invaso in forze il suo
retroterra.
È una minaccia seria e terribile.
Sono nominato consigliere militare e
come tale propongo di deviare un fiume
per sommergere i nemici.
Progetto un piano di attacco che prevede
l’impiego di sommozzatori e guastatori
subacquei.
Ma i miei consigli non vengono messi in
atto.
Mi scontro con idee vecchie e con
potenti ammiragli. Non mi piace non
essere ascoltato.
Me ne vado.
Peccato, perché Venezia mi piaceva.
Leonardo decide di tornare per
qualche tempo a Firenze.
La trova molto cambiata.
Lorenzo il Magnifico è morto e la
famiglia Medici non controlla più
la città. Tra i giovani emergenti c’è
questo giovanotto di nome Niccolò
Machiavelli.
Leonardo ne diventa amico.
Machiavelli studia il
comportamento umano e applica le
sue osservazioni alla politica, a chi
governa e a chi è governato. Ma
sono tempi truci: nelle vie di
Firenze aleggia il puzzo del rogo
sul quale è stato bruciato il frate
domenicano Gerolamo Savonarola.
Predicava contro la corruzione, ma
aveva esagerato. Aveva fatto
bruciare tutti i dipinti che –
secondo lui – erano contro la
morale, persino quelli del
Botticelli.
Infine sul rogo è finito lui.

Leonardo così preferisce accettare


un lavoro che lo porta di nuovo a
vagare per l’Italia.
13. Al servizio di un
bieco assassino
Eccomi con Cesare Borgia. Il mio amico
Machiavelli dice che è il miglior
principe del mio tempo.
Questo perché è l’unico che avrebbe le
doti e la volontà per mettere insieme i
tanti staterelli in cui è divisa l’Italia.
Cesare Borgia mi ha assunto come
ingegnere militare. Paga benissimo e mi
tratta con rispetto.
In realtà ha bisogno di me. Le
fortificazioni delle sue città sono tutte da
rifare. Ora gli eserciti arrivano armati di
bombarde e cannoni. Le vecchie mura
non resistono ai proiettili lanciati da
queste nuove armi. Hanno tutte bisogno
di quello che voi oggi definireste un
“restyling”.
Il problema di Cesare Borgia è il suo
caratteraccio assassino. Non guarda in
faccia nessuno, parenti o amici che
siano.
Se si oppongono ai suoi progetti li fa
ammazzare senza tanti complimenti.
Sul modo non ha preferenze: va bene il
veleno, la spada, lo strangolamento,
purché sia fatto in fretta.
Meno male che per lui devo solo
disegnare fortificazioni e nuove linee di
difesa.

Per Cesare Borgia disegno, per usi


militari e difensivi, anche le mappe
delle sue città, come questa di Imola.
La novità di queste mappe è che sono in
scala, che sono orientate rispetto ai punti
cardinali e soprattutto molto precise.
È una cosa nuova nel mio tempo.
Ma Cesare Borgia è sempre più
insopportabile e terribile.
Persino i suoi fidi – e alcuni tra loro
sono miei amici – a un certo punto si
ribellano. Vorrebbero da parte sua un
comportamento... più umano.

Lui li invita nel suo palazzo. Loro


accettano, si siedono a tavola e li fa...
strangolare. Meglio cambiare aria!
Prima che sia troppo tardi.
L’esperienza presso Cesare Borgia
ha fatto di Leonardo un esperto
militare conteso e temuto da
principi e governi. È ritenuto
insuperabile in fatto di
fortificazioni. Ma ha anche
migliorato o progettato molte
macchine da guerra, come questa
lanciasassi e la sottostante
“bombarda a mitragliera”.

Il suo aspetto fisico comincia a


somigliare a quello del vecchio
saggio che tutti conosciamo: barba
fluente e lunghi capelli bianchi.

Quando torna a Firenze come


consulente militare della
Repubblica, pensa di non aver
rivali. Invece ne trova uno di tutto
rispetto, proprio nel campo che lo
inquieta di più, quello dell’arte.
14. Un insopportabile
antagonista
Rieccomi a Firenze. Sono stato accolto
con tutti gli onori. Mi rispettano e mi
pagano molto bene. Ma è bastato poco a
rovinarmi la festa.
C’è un giovane scultore di nome
Michelangelo Buonarroti che
m’inquieta. Tutti ne parlano bene.
Secondo me... troppo. Me lo trovo
sempre tra i piedi, nelle vie, nelle piazze
e nelle feste dei signori. Sostiene che la
scultura è superiore alla pittura. Come si
permette? È arrivato a dirmi che la
pittura è cosa da donne, da gente con le
mani delicate come le mie.
Allora ho preso una sbarra di ferro e
l’ho incurvata davanti ai suoi occhi.
“Raddrizzala tu ora, forzuto scultore”.
Raccontano che m’abbia risposto per le
rime, ma io non l’ho proprio sentito.
Ma torniamo alle cose concrete. Sono
qui come esperto militare e il nostro
secolare e temibile vicino, la
Repubblica di Pisa, è ancora una volta
in guerra contro di noi. Pisa è sullo
stesso fiume che attraversa Firenze, solo
che è molto più vicina al mare. Progetto
di deviare l’Arno e lasciare all’asciutto
Pisa e la sua gente. Il fiume sfocerà più
a sud inondando altri territori nemici.
Anche il Machiavelli appoggia la mia
idea. Ma occorrono migliaia di uomini
per realizzarla. Così progetto e disegno
delle grandi escavatrici, macchine
grandiose, mai immaginate prima.
L’idea nasce a scopi militari, ma penso
anche a come usare la forza dell’acqua
che verrà imbrigliata: vedo la valle
dell’Arno popolata da fabbriche, mulini,
cartiere, ferriere...
I lavori hanno inizio. Ma il governo
infine cambia idea.
L’Arno non sarà deviato.
In compenso mi assegnano un altro
compito grandioso: dipingere una grande
parete nella sala più grande del palazzo
del governo. Sarà una scena di guerra:
la battaglia di Anghiari, vinta dai
fiorentini sui milanesi nel 1440.
Ne sono contento. C’è solo un problema.
Sulla parete opposta alla mia dovrà fare
un affresco altrettanto grande, la
battaglia di Cascina, quel bellimbusto di
Michelangelo Buonarroti.
Mamma mia, quanto mi è antipatico!
Leonardo investe tutta la sua
esperienza e tutte le sue conoscenze
per realizzare il grande dipinto del
Salone del Governo di Firenze.
Sperimenta anche nuovi colori e un
procedimento per asciugarli col
calore di grandi bracieri. Ma il
calore fonde i colori e rovina il
lavoro già fatto. Così, furente,
abbandona l’opera.
Non avrà più occasione di
ricominciarla.
Michelangelo invece ha realizzato
solo alcuni disegni su cartone. Poi
vien chiamato a Roma dove
realizzerà i suoi famosi affreschi
(“Il Giudizio Universale”) della
Cappella Sistina. La grande sfida
tra i due maggiori artisti e architetti
del Rinascimento si conclude con
un nulla di fatto. La loro opera non
potrà mai essere confrontata nello
stesso luogo.
Intanto Leonardo ha iniziato anche
il suo ritratto più famoso, quello di
Monna Lisa, moglie del banchiere
fiorentino Francesco del Giocondo.
Ma non lo consegnerà mai al suo
committente.
Lo porterà sempre con sé,
ritoccandolo e perfezionandolo, per
tutto il resto della sua vita.
15. Ennesimo trasloco
Ecco Charles d’Amboise, maresciallo di
Francia e governatore di Milano.
Mi vuole alla sua corte.
Lascio volentieri Firenze.
Mio padre è morto lasciando, oltre a me,
dieci figli e due figlie: i miei fratellastri.
Vogliono l’eredità tutta per loro.
Vogliono persino portarmi via il podere
che m’ha lasciato zio Francesco.
A me queste storie proprio non
piacciono.
A Milano trovo invece molti nuovi e
vecchi amici.
E molti lavori piacevoli: progetto un
giardino con uccelliere, fontane e
scherzi d’acqua. Organizzo feste dove
compongo anche grandi opere fatte... di
frutta e verdura.
Cerco di mettere in ordine il mio lavoro.
Molte delle mie carte sono qui a Milano.
Oltre al solito Salaì, ora mi aiuta anche
il giovane Francesco Melzi, rampollo di
una nobile famiglia di Vaprio d’Adda.
In questo periodo studio la luce e la
visione. Penso che la luce si propaghi
come le onde. Faccio esperimenti di
ottica con lenti di vetro. Mi avvicino
all’idea del cannocchiale e costruisco
persino uno strumento molto simile a un
proiettore.
Anche i miei studi di anatomia
procedono.
Li avevo cominciati a scopo artistico,
poi ho scoperto che possono essere utili
per risolvere problemi meccanici e
architettonici.
Il corpo umano è una macchina perfetta,
con una perfetta architettura.
Purtroppo nuove nubi di guerra si
addensano sulla penisola italiana.
I francesi sono scacciati da Milano.
E ancora una volta devo fare i bagagli.
Vado a Vaprio d’Adda, poi non so.

Questo disegno di Leonardo è detto


“uomo vitruviano” perché illustra
un capitolo del libro di Vitruvio
(architetto e ingegnere dell’antica
Roma) dove vengono descritte le
proporzioni del corpo umano.
Leonardo è affascinato dall’antica
Roma e sta per avere l’occasione
di conoscerla da vicino. Infatti non
rimane per molto nel suo rifugio di
campagna. Viene invitato dal nuovo
Papa che ha preso il nome di Leone
X.
A Roma arriva nell’autunno del
1513, con i suoi servitori e il suo
bagaglio: vestiario, il suo liuto, una
cassa di disegni e appunti e
naturalmente La Gioconda.
Ma l’atmosfera che trova non è
tanto favorevole alle sue ricerche e
al suo lavoro.
16. Roma
Non l’avevo mai vista.
Le rovine sono imponenti.
Gli antichi Romani erano proprio dei
grandi ingegneri e architetti.
Invece non mi sento a mio agio nella
Roma di oggi.
Il Papa Leone X dice di amare le
scienze e le arti, ma ha un’idea tutta
personale della pittura. Così assegna i
lavori più interessanti a due giovincelli
come Raffaello e Michelangelo.

Avrei tempo per approfondire i miei


studi di anatomia.
Ma sono spiato proprio dai due
assistenti che mi sono stati assegnati. Mi
hanno visto sezionare un cadavere. Si
sono spaventati e mi hanno denunciato
per stregoneria.
Devo interrompere le mie ricerche per
divieto del Papa stesso. L’accusa è sulla
bocca di tutti.
I romani mi vogliono stregone? Bene.
Decido di divertirmi un po’ e preparo
uno scherzetto per chi viene a curiosare
a casa mia. Lo faccio accomodare in una
saletta dove ho installato un budello di
bue che posso gonfiare fino a fargli
occupare tutto lo spazio disponibile. Di
solito l’ospite non capisce cosa sta
accadendo, crede che la stanza stia
rimpicciolendo e urla terrorizzato.
Ho addestrato un grosso ramarro e gli ho
insegnato a salirmi sulle spalle. Gli ho
incollato sulla testa due spaventose
corna e, sul corpo, una dozzina di occhi
supplementari e due grandi ali
membranose.
Il risultato è un piccolo drago. Lo tengo
rinchiuso in una scatola che porto con
me.
Quando lo libero nelle sale del Vaticano
c’è un certo fuggi fuggi.
Costruisco dei piccoli draghi di carta
colorata che lancio dalle mie finestre.
Sono solo dei minuscoli alianti colorati,
ma vi assicuro che ai superstiziosi
abitanti di questa città appaiono come
dei piccoli mostri infernali più
terrorizzanti di qualsiasi Ufo dei giorni
vostri.
I piccoli mostri volanti che
Leonardo lancia sui tetti di Roma
sono solo innocui giocattoli.
In realtà da molti anni cerca di
costruire macchine volanti.
Ha studiato il volo degli uccelli, ha
progettato ali artificiali e costruito
congegni capaci di muoverle.
Alcune delle sue macchine volanti,
mosse da motori o realizzate con i
nuovi materiali sintetici, oggi
funzionerebbero egregiamente.
Ma nel ’500 tentare il volo umano
con una delle sue macchine è
un’impresa pericolosa.
Molti tentano ugualmente, tra questi
anche Zoroastro, il mago artigiano
amico di Leonardo.
17. Promosso
ambasciatore

Non so voi, ma io detesto le zanzare.


E ora ne ho nugoli intorno.
Sono in visita alle Paludi Pontine, una
vasta area malsana a sud di Roma. Il
Papa mi ha incaricato di progettarne la
bonifica. Non è cosa da poco. Per prima
cosa devo disegnarne la mappa, poi
tracciare su questa i canali che faranno
defluire al mare le acque stagnanti.
Sarà forse la più grande opera idraulica
realizzata in questo secolo. Questi
luoghi diventeranno abitati e coltivati
grazie a me.
Mi guardo intorno. Guardo le onde del
mare che s’infrangono sulla spiaggia
lontano. Penso agli effetti dell’acqua sul
paesaggio. Credo che lentamente tutto
muti a questo mondo sotto l’effetto degli
agenti atmosferici o dell’uomo. Mi
piacerebbe raccogliere tutti i miei
pensieri e disegni sull’acqua in un unico
libro.

A Roma intanto il giovane Raffaello è


stato promosso capo architetto della
fabbrica di San Pietro.
Ancora una volta il Papa non ha pensato
a me. In compenso mi nomina
ambasciatore e mi manda incontro al
nuovo re di Francia, Francesco I, che
alla testa di un grande esercito ha di
nuovo invaso l’Italia.

So bene il francese e sono gradito alla


sua corte.
Devo incontrarlo a Bologna, dove
organizzo i festeggiamenti in suo onore.
Come regalo di pace ho costruito un
automa a forma di leone d’oro.
È un leone stupefacente che avanza
verso il re, poi si apre riversandogli sui
piedi centinaia di gigli bianchi, simbolo
della corona di Francia.

Mi piace questo giovanotto...


Quando è alla testa delle sue truppe
indossa una armatura dorata. È alto un
metro e ottantacinque.
È una statura notevole per gli uomini del
mio tempo: più di venti centimetri
superiore alla media.
Ma la cosa più importante è che mi
stima come scienziato ed è molto
incuriosito dalle mie ricerche.
Ecco Francesco I, re di Francia, in
un ritratto degli anni della sua
discesa in Italia.
Re Francesco ha di nuovo asservito
il ducato di Milano e stretto
alleanze con tutti gli altri sovrani
della penisola.
È l’uomo più potente d’Europa.
Ama le arti e le scienze e invita
Leonardo a seguirlo in Francia. Gli
offre uno stipendio altissimo, una
residenza principesca e tutto il
tempo e le risorse che vorrà per
continuare le sue ricerche o
dipingere i suoi quadri. Leonardo
accetta.
Affronta così un lunghissimo
viaggio, da Roma fino ad Amboise,
in Francia.
Oggi per fare lo stesso tragitto
basterebbe una dozzina di ore in
auto.
18. Un sereno
tramonto, in Francia
Eccomi nel castello di re Francesco.

Ho per residenza una confortevole casa


di campagna, circondata da un giardino
e un frutteto che confina con il castello.
Il castello domina la cittadina di
Amboise e il fiume Loira. Amboise è a
160 km a sud ovest di Parigi.
Da Roma ho impiegato tre mesi per
arrivarci, carico di bagagli, quadri e di
appunti... Mi ha seguito Salaì, Melzi e
un gruppetto di domestici e assistenti.
Re Francesco mi ha assegnato una
rendita di 1000 scudi d’oro. È una cifra
iperbolica, pari a quelle d’ingaggio di
certi calciatori dei vostri tempi.
Re Francesco è giovane ma ascolta
volentieri, gli piace imparare da me. E
anch’io imparo molte cose da lui.
Un passaggio sotterraneo collega la mia
casa al castello. Spesso viene a trovarmi
e a chiedermi consiglio.
Certo, anche per lui progetto castelli,
opere di bonifica e scenografie, ma non
mi considera un geniale servitore
tuttofare... per lui sono un amico, un
confidente un po’ mago.
Ma gli anni passano. Ormai sono
anziano e pieno di acciacchi. Una forma
di artrite mi blocca le mani.

Faccio fatica a scrivere e disegnare.


Melzi e Salaì mi aiutano a completare i
miei ultimi dipinti, come il San
Giovanni che indica il cielo.
Così il 23 aprile 1519 faccio testamento.
Lascio ai miei fratellastri di Firenze
tutto ciò che ho lasciato in Italia,
compreso un conto di 400 scudi d’oro e
la piccola proprietà avuta da zio
Francesco.

A tutti i miei servitori e collaboratori


lascio qualcosa. E al giovane Melzi
lascio la mia eredità più preziosa.
Leonardo lascia il suo mondo il 2
maggio 1519.
Se ne va in pace, circondato
dall’affetto dei suoi amici.
Una leggenda racconta che il re di
Francia sia corso al suo capezzale, per
l’estremo saluto. Viene sepolto ad
Amboise, in una cappella vicino al
castello.
Leonardo è subito mito: nell’arte, nella
scienza e nella tecnologia. Non c’è
campo dove non abbia lasciato una
traccia o una concreta invenzione.
Tutto è documentato nell’inestimabile
patrimonio di scritti e disegni che ha
affidato al suo amico Francesco Melzi.
Purtroppo Melzi, quando ritorna in
Italia con questo tesoro, riesce a
mettere insieme solo il Trattato della
pittura. Il restante materiale alla sua
morte viene prima dimenticato nella
soffitta della casa di Vaprio d’Adda,
poi disperso e in parte perduto. Solo
più tardi (decenni e addirittura secoli
dopo) le più di 3500 pagine, scritte e
disegnate da Leonardo, cominceranno
ad essere ordinate e raccolte in
“codici”: Codice di Madrid, Codice
Foster, Codice Windsor...
Al codice più corposo verrà dato il
nome di Codice atlantico per le
dimensioni del volume, simili a quelle
di un atlante geografico, o forse per
ricordare il mitico Atlante, che secondo
gli antichi Greci portava sulle spalle il
globo terrestre, mentre qui porta una
enorme quantità di conoscenza.

La riscoperta e la catalogazione degli


appunti di Leonardo non è ancora
finita, e riserva continue sorprese.
Una cosa però è certa: se il lavoro di
Leonardo fosse stato subito
correttamente interpretato, ordinato e
divulgato, la civiltà sarebbe progredita
ai livelli attuali con alcuni secoli di
anticipo.
Forse Napoleone avrebbe viaggiato in
aeroplano e avremmo già colonizzato
tutti i pianeti del Sistema solare.
ABACO
Strumento per contare molto simile al
pallottoliere.
Inventato in Oriente fu introdotto in
Europa alla fine del Medioevo. Alla
“scuola dell’abaco” Leonardo imparò a
usarlo per fare operazioni aritmetiche
anche molto complicate.
AFFRESCO
Pittura eseguita su una parete con
l’intonaco ancora fresco. Leonardo
ricorse all’alchimia per produrre i
colori che poi usava nei suoi dipinti.
ALA BATTENTE
È l’organo che consente agli uccelli di
alzarsi in volo. Leonardo studiò il volo
degli uccelli e progettò vari tipi di ali e
di macchine che ne simulavano il
movimento.
ALCHIMIA
Arte di chi si proponeva di trasformare
metalli comuni in oro, magari attraverso
la ricerca della mitica Pietra Filosofale.
Ma è anche l’insieme delle conoscenze
chimiche e metallurgiche al tempo di
Leonardo. Leonardo in questo senso fu
anche alchimista.
ANATOMIA
Studio del corpo e degli organi che
compongono un essere vivente.
Leonardo dissezionò corpi di persone
decedute per disegnarne gli organi
interni. Per queste sue ricerche fu
accusato di stregoneria.
ARCHIMEDE
Ingegnere-filosofo della Magna Grecia.
Visse a Siracusa duemiladuecento anni
fa. Le sue leggi di fisica e le sue
macchine vennero studiate dagli Arabi e
riscoperte dagli Europei alla fine del
Medioevo. Leonardo fu un suo grande
ammiratore. Cercò persino di costruire i
mitici specchi che consentirono ad
Archimede di incendiare e distruggere
una flotta nemica.
ARCHITETTURA
Arte e tecnica del progettare e costruire
edifici e altre grandi opere. Leonardo
progettò castelli, cattedrali e un’intera
città.
ARTE
Per Leonardo, come per gli antichi
Greci e Romani, “arte” voleva dire
“saper far bene”. Così in ogni sua opera
metteva tutte le sue conoscenze e il suo
saper fare.
Oltre al suo grandissimo talento.

AUTOMA
Macchina che riproduce i movimenti e
l’aspetto di uomini o animali. Leonardo
nel corso della sua vita costruì diversi
automi, grandi giocattoli destinati a
stupire i potenti del suo tempo.
Funzionavano grazie a molle o
contrappesi ed erano pieni di ingranaggi.
AUTOMOBILE
Per definizione “automobile” è un
veicolo su ruote mosso da un motore
interno.
Leonardo ne progettò una che si
muoveva autonomamente grazie a un
sistema di molle.
AUTORITRATTO
Il volto di Leonardo ormai anziano ci è
pervenuto grazie a questo suo celebre
autoritratto. L’originale è conservato
presso la Biblioteca Reale di Torino.
BALESTRA
Arma composta da un fusto sul quale è
fissato in tensione un arco che si ricarica
con un dispositivo meccanico.
Leonardo ne progettò di enormi,
multiple e a ripetizione.
BICICLETTA
Il progetto leonardesco di una moderna
bicicletta è stato rinvenuto durante un
restauro del Codice atlantico. Il
disegno, nonostante qualche dubbio, è
stato attribuito al Salaì, servitore
furbetto e dispettoso di Leonardo. Una
stupefacente realizzazione
tridimensionale della bicicletta
leonardiana si può ammirare al Museo
Leonardiano di Vinci.
www.museoleonardiano.it
BOMBARDA
Bocca da fuoco primitiva, che lanciava
grandi palle di pietra o di ferro.
BONIFICA
Insieme di opere di canalizzazione che
consentono di eliminare l’acqua
stagnante dai terreni paludosi e malsani,
permettendo la loro successiva
coltivazione. Le zanzare odiano le
bonifiche.
CANALE
Corso d’acqua artificiale per irrigazione
o navigazione.
Leonardo progettò e seguì i lavori di
scavo e costruzione di molti canali
navigabili.
CARICATURA
Ritratto che accentua le caratteristiche
fisiche e psicologiche di un soggetto.
Leonardo ne disegnò moltissime di
personaggi a lui contemporanei.
CARTONI
Prima di realizzare un grande affresco i
pittori tracciavano su fogli di cartone
tutta una serie di disegni preparatori.
Queste opere erano dette appunto
“cartoni”. Di alcune opere di Leonardo
ci sono giunti solo i “cartoni” originali
che hanno un valore di mercato di
milioni di euro.
CARRO ARMATO
Inventato da Leonardo.
Di forma più simile a un disco volante,
era mosso a mano dai soldati che
trasportava.
CAVALLO
Leonardo studiò l’anatomia dei più bei
cavalli del suo tempo per realizzare il
famoso cavallo per il duca Ludovico il
Moro. Un grande cavallo di bronzo,
ricalcante i disegni di Leonardo, è stato
realizzato cinque secoli dopo dallo
statunitense Charles Dent, in
collaborazione con la scultrice Nina
Akamu.
Una copia è stata installata nel settembre
1999 davanti all’ippodromo di Milano,
mentre un’altra è stata inaugurata a
Grand Rapids, Michigan, nell’ottobre
dello stesso anno.
www.leonardoshorse.org
CODICI LEONARDESCHI
Venivano chiamati “codici” i libri scritti
e disegnati a mano. La maggior parte
degli appunti e i disegni di Leonardo
sono stati raccolti in “codici” solo dopo
la sua morte. Ad essi sono stati dati
nomi diversi, come il Codice
trivulziano, conservato a Milano, il
Codice Windsor, conservato
nell’omonimo castello in Inghilterra, il
Codice Hammer contenente le
osservazioni di Leonardo sull’acqua, il
Codice sul volo degli uccelli,
contenente tutte le sue osservazioni sul
volo.
CONCA
(E CONCHETTE)
Grande o piccola vasca tra un canale
navigabile e la sua continuazione a
livello diverso. È sbarrata a monte e a
valle da due chiuse. Consente alle
chiatte e alle barche di risalire la
corrente.
CRETA
O argilla. Terra grigiastra che si può
modellare a piacere e poi cuocere al
forno.
Con la creta si producono vasi, statuette
e modelli per le fusioni in bronzo.
DESIGNER
Architetto o ingegnere che progetta (e
disegna) oggetti belli e utili.
DILUVIO
Al tempo di Leonardo era opinione
diffusa che il Diluvio Universale,
raccontato dalla Bibbia, avesse
sommerso l’intera Terra dandole
l’aspetto attuale.
DIPINTO
I pittori al tempo di Leonardo, quando
facevano un ritratto, lo dipingevano su
tavole di legno. Leonardo per i suoi
celebri dipinti sperimentò nuovi colori e
nuove tecniche, con risultati non sempre
felici.
DRAGHI
Leggendarie creature molto popolari nel
Medioevo.
Per gioco Leonardo ne costruì diversi
con grande spavento di chi se li trovava
davanti.
Eccone uno, da un disegno di Leonardo.

EFFETTI SPECIALI
Leonardo ne inventò molti, utilizzando le
sue conoscenze di alchimia.
Nel corso di una festa presso il Castello
Sforzesco fece eruttare fumo e lapilli da
un piccolo vulcano portato in scena dai
suoi collaboratori.
ELICOTTERO
Leonardo disegnò una “vite aerea” che
consentirebbe di alzarsi in volo grazie a
un principio simile a quello delle pale
dell’elicottero.
EXTRATERRESTRE
Alcune invenzioni di Leonardo sono
così moderne per il suo tempo che
alcuni autori hanno pensato a una sua
origine extraterrestre.
FORTIFICAZIONI
A cavallo del ‘500 in Europa si
diffondono le armi da fuoco (bombarde,
spingarde e cannoni) che pian piano
sostituiscono quelle da lancio (balestre,
catapulte e lanciasassi).
Le vecchie mura e torri merlate
diventano fragili e indifendibili.
Leonardo le sostituisce con terrapieni e
torri arrotondate.
GIRARROSTO
AUTOMATICO
Il girarrosto era un oggetto molto diffuso
al tempo di Leonardo. Quello da lui
inventato girava automaticamente mosso
dalla stessa aria calda che saliva lungo
la cappa del camino.
LENTI A CONTATTO
Leonardo ne scoprì il principio
(prevedendo il loro impiego per
migliorare la visione degli anziani)
durante i suoi studi di anatomia sugli
occhi, che conservava bolliti nella
chiara d’uovo.
MACINA
Leonardo, anche se fu consulente
militare di principi e stati, inventò e
perfezionò moltissime macchine di uso
pacifico, usate nelle campagne e nelle
città. Come questa, in grado di macinare
il grano separando la farina dalla
crusca.
MANCINISMO
Tendenza a usare la mano sinistra invece
della destra. Non è un difetto. Molti
grandi personaggi erano mancini.
Leonardo è il più grande.
MAPPE
Solo al tempo di Leonardo le mappe
delle città e delle regioni diventano “in
scala”, cioè proporzionate alle distanze
reali. Ma si era ancora molto lontani da
una realistica percezione della
grandezza del mondo.
MULINO
Macchina per macinare il grano o altri
materiali. Il mulino ad acqua funziona
grazie a una ruota mossa dall’acqua.
Questa ruota può muovere anche altri
ingranaggi che a loro volta muovono
magli, mantici, presse, stampi e altre
macchine semplici in uso al tempo di
Leonardo.
NIBBIO
Uccello rapace di aspetto e dimensioni
intermedie tra l’aquila e il falco. Diffuso
nell’Europa centromeridionale.
PALLOTTOLE
Leonardo studiò gli effetti dell’aria sulla
traiettoria dei proiettili. Così progettò
una serie di pallottole di forma
aerodinamica molto simili per
concezione a quelle usate nelle armi
moderne.
PARACADUTE
Quello inventato da Leonardo è simile a
una piramide a base quadrata.
PENNA
Leonardo si era fatto fabbricare una
penna molto simile alle stilografiche
moderne, perfezionando un modello
usato dagli antichi Egizi.
PINNE
Leonardo le disegnò per le mani,
anticipando quelle più usate oggi, che si
calzano sui piedi.
PONTI
Leonardo ne progettò una gran quantità,
persino uno enorme per lo stretto dei
Dardanelli, per conto del gran Califfo di
Costantinopoli.
Ma i più interessanti ponti di Leonardo
sono quelli mobili e quelli montabili con
rapidità, come questo, realizzabile con
semplici pali di legno. Una bella sfida è
costruire un piccolo ponte leonardesco
con i fiammiferi.
SALVAGENTE
Leonardo ne disegnò un modello molto
simile a quelli di oggi.
SCAFANDRO
Fu progettato da Leonardo come sistema
per camminare sott’acqua, per
raggiungere e sabotare le navi nemiche.
SISTEMA PER
CAMMINARE
SULL’ACQUA
Curioso equipaggiamento disegnato da
Leonardo composto di scarpe
galleggianti e racchette per tenersi in
equilibrio sulla superficie dell’acqua.
SOMMERGIBILE
Leonardo ne propone l’impiego nella
guerra tra veneziani e turchi. E ne
disegna alcuni modelli.
STAMPA, TORCHIO PER
Leonardo introduce alcune innovazioni
in questa macchina ormai diffusa in tutta
Europa. Eppure nessuna delle sue opere
fu mai stampata nel corso della sua vita.
La prima, Trattato sulla pittura, fu
stampata più di un secolo dopo la sua
morte.
STILISTA
Disegnatore di abiti e modelli esclusivi.
Leonardo disegnò abiti, cappelli e
straordinari costumi per feste e
cerimonie.
TRATTATO SULLA
PITTURA
Raccoglie tutti gli scritti e schizzi di
Leonardo su questa materia, trattata
come una scienza. Fu il primo libro
stampato contenente testi e disegni di
Leonardo. La prima edizione è del 1651.
URBANISTICA
Disciplina che studia e progetta nuove
città. Leonardo fu architetto urbanista
quando immaginò e disegnò una città
ideale, provvista di tutti i servizi.
Avrebbe dovuto sorgere a Vigevano, una
splendida cittadina non lontano da
Milano.
VITRUVIO
Architetto che visse e operò nell’antica
Roma. Fu autore di un’opera, il De
architettura, che per gli architetti del
Rinascimento, Leonardo compreso, fu
fonte di ispirazione e insegnamento.
L’uomo vitruviano, inscritto in un
cerchio e in un quadrato, fu disegnato da
Leonardo come illustrazione di una delle
sue opere. Il disegno originale ora è
conservato presso le Gallerie
dell’Accademia di Venezia.
ZOROASTRO
Nome dell’artigiano-mago amico di
Leonardo, costruttore di modellini e
congegni. Si era dato il nome di un
grande saggio orientale, vissuto più di
tremila anni fa. Fu tra i primi uomini a
tentare il volo con una macchina di
Leonardo.
WWW.MUSEOSCIENZA.ORG

Indirizzo del sito internet del Museo


della Scienza di Milano, dedicato a
Leonardo. Qui sono stati ricostruiti
modelli funzionanti di molte delle
macchine di Leonardo. In questo sito
potete trovare anche i link con i siti
internet dei musei di tutto il mondo che
conservano opere leonardesche.
Indice

Introduzione

Che cosa c’è in questo libro


Il mondo di Leonardo
1. Io, Leonardo
2. Mi piace disegnare
3. Firenze
4. Lavorando s’impara
5. Artista e reporter
6. Meglio emigrare
7. Eccomi a Milano
8. La peste!
9. Il Ballo dei Pianeti
10. La penna che disegna il futuro
11. Nubi di guerra
12. Scienziato errante
13. Al servizio di un bieco assassino
14. Un insopportabile antagonista
15. Ennesimo trasloco
16. Roma
17. Promosso ambasciatore
18. Un sereno tramonto, in Francia

Fine
Dizionarietto leonardiano

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