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Restauro

1 INTRODUZIONE: COSTRUZIONI IN MURATURA

Lo studio di un costruzione esistente riguarda la valutazione del degrado, dei danni e delle modifiche che
eventualmente ha subito l’opera. La normativa prevede tre livelli di approfondimento per ognuno dei quali si
assumono dei diversi coefficienti chiamati “FATTORI DI CONFIDENZA” i quali permettono una stima
cautelativa in termini di sicurezza. I fattori di confidenza saranno funzione delle indagini conoscitive eseguite che
possono essere di tipo:
1) storico: comprendono la sismicità del sito
2) sperimentali: per determinare le caratteristiche dei materiali su una struttura esistente.

1.1 MODELLAZIONE E ANALISI


La muratura presenta comportamento differente da quello dell’acciaio e del calcestruzzo. Possiede un
comportamento meno noto degli altri materiali (costruiti in laboratorio) nonostante venga utilizzata da molto più
tempo di questi. La muratura è un materiale disomogeneo, inelastico e non lineare. Gli edifici in muratura
esistenti, non sono verificati per carichi verticali e orizzontali come la attuale normativa richiederebbe ed è per
questo che va eseguito uno studio approfondito su tutte le modalità di collasso possibili della struttura.
L’intervento sulle murature esistenti deve essere finalizzato a limitare i danni ed ad prevenire eventuali collassi in
seguito ad azioni esterne (esempio sisma) migliorando il comportamento strutturale o favorendo collassi meno
pericolosi. Per valutare le caratteristiche meccaniche della muratura ci sono delle difficoltà sperimentali visto che
non possiamo fare carote.

1.2 STORIA DELLA MURATURA

Dolmen: rappresenta storicamente il primo esempio di struttura a


blocchi. La struttura fondamentale del Dolmen è costituita da 4 lastre
formanti un cella quadrata: tre infitte nel suolo e un lastrone di
copertura orizzontale. Aveva una funzione funeraria. Costituisce il
primo esempio di trilite (2 elementi verticali -piedritti- ed uno
orizzontale -architrave-)

Mura Megalitiche: mura formate da grandi blocchi come trovati in


natura o rudimentalmente tagliati giustapposti. Venivano utilizzate
come mura di cinta delle citta o come sostegni per i terrapieni. Le
dimensioni dei blocchi erano maggiori in basso riducendosi via via
verso l’alto per rendere la costruzione più agevole. Si utilizzavano le
ARENARIE perché più facilmente lavorabili, oppure veniva utilizzato
il tufo VULCANICO, perché più facilmente reperibile.

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Cinta Murarie Etrusche: sono costituite da blocchi di dimensioni
minori rispetto alle mura megalitiche anche per i problemi di messa in
opera e trasporto (meglio molti blocchi piccoli che pochi blocchi grandi e
pesanti). Le murature etrusche sono simili a quelle che vediamo oggi, cioè
costituite da blocchi squadrati di pietra di diverse dimensioni e materiali
accostati a formare filari orizzontali.

Pseudo-archi e pseudo-volte: lo pseudo arco rappresenta un sistema


intermedio tra la mensola e l’arco. Vengono utilizzati dei blocchi
parallelepipedi per coprire una luce (esempio una apertura) disposti in
maniera aggettante verso l’interno fino ad incontrarsi in sommità. Nello
pseudo-arco la risultante di compressione può essere molto inclinata
rispetto alla normale ai conci e se dovesse uscire fuori dal cono d'attrito
tra i conci può provocare uno scorrimento relativo tra i conci. Per
impedire ciò ci deve essere un peso sopra cosi da incrementare lo sforzo
normale tra i conci, che quindi vengono interrari. La pseudo-volta è
l’estensione dello pseudo-arco ottenuta per rotazione dello stesso attorno
ad un asse verticale che passa per il centro. Il fatto che per contrastare gli
scorrimenti siano necessari dei pesi, fa si che queste due strutture siano
inefficienti. Il tesoro di Atreo a Micene è la più grande volta (diametro
14.5 m), di essa è più grande solo il Pantheon (diametro di 43 m). Gli
archi compaiono in Italia con gli Etruschi: è costituito da conci
trapezoidali che portano il carico dalla chiave ai piedritti.

Templi Dorici: Gli elementi caratteristici sono sicuramente:

Basamento: è la fondazione del tempio e risulta formata da blocchi di


pietra disposti a formare tre o più gradini. I materiali utilizzati hanno
caratteristiche tali da favorire il degrado per fessurazione e sgretolamento.

Colonne: originariamente erano monolitiche poi sostituite da blocchi


sovrapposti detti rocchi. In cima alla colonna sono presenti capitello e abaco.
I danni tipici delle colonne sono lesioni sottili a sviluppo verticale dovuti
a fenomeni di schiacciamento indotti da rotazioni relative tra i blocchi,
scorrimenti tra i blocchi dovuti alle azioni sismiche. In alcuni casi per
impedire lo scorrimento, venivano posizionati all’interno dei rocchi dei
perni metallici.

Architrave: di forma parallelipipeda, è composto da elementi che si


congiungono sui capitelli in corrispondenza degli assi delle colonne
(schema statico di trave semplicemente poggiata). Non è monolitico bensì
è costituito da blocchi con giunti. Il sistema è dotato di una buona
resistenza a compressione ma scarsa resistenza a trazione. Il
danneggiamento tipico, a tal proposito, è rappresentato dalla fessurazione
per trazione nell’intradosso. I templi meglio conservati presentano, oltre
che colonnati e architravi, anche fregi, formati da triglifi e metope, e
frontoni (natura prettamente estetica).
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1.2.1 MURATURE ROMANE

Opus Quadratum: deriva dalle murature greche. E’ caratterizzato da blocchi lapidei parallelepipedi che
possono essere assemblati in diversi modi:
Sistema Romano Arcaico: l’assemblaggio era piuttosto irregolare
Sistema Greco Isodomo: blocchi disposti con la direzione lunga
parallela alla direzione longitudinale (di taglio) con i giunti
verticali sfalsati tra un filare a l’altro
Ma il muro fatto con due blocchi accostati genera una superficie di discontinuità: poco efficace, è come
avere due muri distinti. Per ovviare a questo problema i blocchi venivano disposti con il lato lungo,
alternativamente, nella direzione parallela e ortogonale (ortostati e diatoni)
Sistema a Ortostati e Diatoni alternati: blocchi di testa e blocchi
di taglio si alternano in modi diversi nel filare e tra un filare e
l’altro al fine di evitare superfici di discontinuità all’interno del
muro stesso.
L’Opus Quadratum risultava impegnativo a causa della squadratura dei blocchi, del loro trasporto, del
loro posizionamento.

Opus Caementicium: il muro in opus caementicium è costituito da due cortine che


fungevano da casseformi per un getto di impasto formato da calce e inerti (sabbia o
pozzolano). Le casseformi erano paramenti in muratura di laterizio che venivano
lisciate e inglobate nella struttura.

Opus incertum: Il più antico tipo di paramento per muri a sacco con nucleo in opus
caementicium è l’opus incertum, costituito da tufelli immersi nel nucleo del muro, con
la parte in vista di forma irregolare. Nell’opus incertum, la forma degli scapoli
dipendeva dalla frantumazione naturale o dalla conformazione del banco di estrazione.
Per scongiurare lesioni, si evitavano gli allineamenti sulla verticale.

Opus Reticulatum: i paramenti in questo caso erano caratterizzati da tufelli a forma


di piramide con punta verso l’interno del muro. I tufelli erano disposti a 45° per un
fatto puramente estetico.

Opus mixtum: consisteva nell’interrompere con fasce orizzontali in laterizio murature


in opus reticulatum. Anche le ammorsature agli stipiti e agli angoli sono realizzate in
opus latericium.

Opus Latericium: i mattoni cotti in fornace rappresentano la grande innovazione della


tecnica edilizia romana. Prima del laterizio i mattoni erano soggetti al degrado per eventi
climatici e ciò richiedeva continua manutenzione. I mattoni cotti in fornace, formano
dei legami tra le molecole di argilla tali da non essere sciolti dall’acqua. I mattoni erano
tenuti insieme da malte formate da calce più sabbia o pozzolana. Il muro in Opus
Latericium veniva utilizzato come muratura piena o in alternativa come cortina da
riempire in opus caementicium.
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Opus Testaceum: nell’opus Testaceum, i mattoni quadrati venivano tagliati a metà
secondo una diagonale formando cosi due pezzi triangolari che venivano collocati verso
l’interno in modo da ammorsarsi bene con il nucleo interno in opus caementicium. Si
utilizzavano inoltre bipedali, mattoni in terni molto sottili, per legare le cortine al nucleo.

1.2.2 ACQUEDOTTI

Gli acquedotti sono costituiti da “canali” in muratura di pietra o di laterizi su pile


di archi. L’acqua scorreva a pelo libero entro il condotto (specum) normalmente
caratterizzato da sezione rettangolare e di dimensioni tali da poter essere
facilmente accessibile per la pulizia e le ispezioni. Gli archi a tutto sesto
scaricavano su pile di sezione grande. Quando lo speco doveva attraversare una
valle una valle troppo lunga per essere aggirata, la soluzione era di sostenere il
condotto attraverso archi portanti. La sequenza di archi rappresenta uno schema statico soddisfacente perché in
ogni arco la spinta è contrastata dall’arco adiacente e dunque le spinte si annullano vicendevolmente. Per la
filosofia di elemento lineare e lungo e poiché in muratura, l’arco è soggetto a fessurazione in particolar modo in
tre punti: in chiave e alle reni. Il sistema di consolidamento più frequente consisteva nella realizzazione di
sottoarchi di sostegno a più ghiere: se considero archi di piccole dimensioni questi si fessureranno
negli stessi punti ma con entità delle fessurazioni minori ed in tal modo la riparazione risulta più
agevole. Pertanto già al momento della costruzione erano ammessi futuri interventi di
consolidamento come provato dai "cagnoli" delle centine sospese, lasciate in opera per essere
riadoperate.

1.2.3 PONTI

La forma dell’arco utilizzata per queste strutture era quella dell’arco a tutto
sesto seguita dal sesto ribassato. Di particolare interesse era la fondazione
delle pile che poteva essere costituita da un’unica piattabanda o da una
grande platea. La parte più delicata era costituita dalle pile che oltre a dover
resistere alla pressione dell’acqua dovevano servire anche da contrafforte per
la spinta degli archi e delle masse gravanti su di essi. Per assecondare il corso
della corrente esse erano talvolta oblique rispetto a questa. Poiché nella costruzione si adoperava per lo più l’arco
a tutto sesto, con l’aumentare della luce il ponte diventava sempre più alto, cosicché spesso la carreggiata
risultava più alta delle rive del fiume. In tal caso, rampe inclinate su archi minori rendevano possibile l’accesso al
ponte. Spesso gli intradossi delle arcate erano realizzati con blocchi tra loro imperniati e ingrappati.

1.2.4 ARCHI TRIONFALI

Gli elementi essenziali della struttura dell’arco trionfale sono la volta, i pilastri portanti e l’elemento di
coronamento. Gli archi possono essere ad 1 fornice o 3 (rari a 2). Sono costituiti da blocchi in pietra posti a
semplice contrasto oppure tenuti uniti da grappe metalliche. Il problema principale degli archi riguarda
l’assorbimento della spinta; questo è il motivo per cui i pilastri sono di grandi dimensioni e del perché spesso
all’arco centrale grande vengono accostati archi laterali di dimensioni minori. La spinta
in questo modo viene annullata in parte da controspinte laterali; la parte residua deve
necessariamente essere assorbita dai pilastri. La causa delle spinta è la “curva delle
pressioni” che, se l’arco è bene fatto, risulta essere tutta interno a questa. La curva delle
pressioni si instaura nella struttura indipendentemente dalla forma dei conci: la forma
trapezoidale di quest’ultimi è legata all’esigenza di contrastare lo scorrimento tra questi.

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1.2.5 VOLTE ROMANE

Le più comuni sono le volte a botte e a crociera ma anche volte a tutto sesto e a sesto
ribassato trovano largo impiego. Il problema del contrasto della spinta era risolto in vari
modi tra i quali quello di addossare ai piedritti dei contrafforti od altre volte. Un ulteriore
accorgimento consiste nell’alleggerire il peso delle volte stesso adottando materiali più
leggeri man mano che si sale.

1.2.6 CUPOLE ROMANE

PANTHEON: è una delle più grandi cupole mai


costruite in muratura. Il muro cilindrico che
sorregge la cupola è spesso 6 metri ed è alleggerito
grazie a 8 grandi vani, dei quali 2 coperti ad arco
(ingresso ed abside) mentre 6 coperti con architravi.
La parti in muratura comprese tra i vani servono a
portare sia i carichi verticali sia la spinta della cupola
e sono costituite al loro interno da archi di scarico
visibili dall’esterno
La cupola è alleggerita da cinque anelli concentrici di
28 cassettoni ciascuno realizzati direttamente nella
gettata e di misura decrescente verso l'alto. In
sommità si trova l’oculo di diametro pari a 8.92
metri e spesso 1.4 m. Si ha una perfetta uguaglianza
tra altezza e diametro (H=D=43.44 m), cosicché
entro l'aula può essere inscritta una sfera la cui metà
superiore costituisce l'intradosso della cupola e la
metà inferiore è tangente al pavimento. La copertura è stata realizzata attraverso una gettata a strati orizzontali di
materiali diversi più leggeri all’aumentare dell’altezza. Anche lo spessore della cupola va diminuendo in altezza.
La cupola presenta un meccanismo di collasso per cui si abbassa in chiave e alle reni muovendosi dunque verso
l’esterno. Attualmente per contrastare il meccanismo di collasso si introducono delle catene o dei tiranti
all'altezza delle reni.

1.2.7 TERME ROMANE

E' un altro esempio di architettura romana, gli elementi costruttivi sono : pareti in muratura e volte a botte e a
crociera per coprire gli ambienti (terme di Caracalla, terme di Diocleziano)

1.2.8 TEMPLI ROMANI

Sono edifici costituiti da blocchi e rocchi in travertino uniti da grappe metalliche;


dal punto di vista tipologico esso è un edificio frontale costruito su un podio al
quale si accede da una scalinata e circondato da colonne. Elemento tipico del
tempio romano è la PIATTABANDA ovvero un elemento assimilabile
all’architrave dal punto di vista architettonico e all’arco dal punto di vista statico.
Essendo una “struttura spingente debole” non poteva essere usata per coprire
grandi luci.

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1.2.9 TEATRI ROMANI

Ha origine nel 55 a.C. con la costruzione a Roma del teatro di Pompeo. La


gradinata per gli spettatori (cavea) era sostenuta da 2 o 3 ordine di pilastri ed
era ricavata su un pendio sostenuto e regolarizzato da uno o più muri
curvilinei. Gli analemmata (muri di sostegno) sono spesso rinforzati da pilastri
per sostenere la spinta notevole del terrapieno. I muri di sostegno inoltre,
grazie a coperture in opera cementizia, divengono dei veri e proprio corridoi.
La cavea è semicircolare o a ferro di cavallo con gradinate lignee. Il teatro
romano è un edifico chiuso in cui manca solo una copertura fissa : grandi telo
lo potevano coprire temporaneamente.

1.2.10 ANFITEATRI

Sono una costruzione tipicamente romana nati come edifici destinati ad accogliere gli spettacoli dei gladiatori.
Sono stanzialmente rintracciabili due tipi di anfiteatri:
1) Anfiteatro su terrapieno: cerca di utilizzare la morfologia del terreno: solo dietro al
primo e più basso ordine di posti corre un passaggio in muratura; tutti gli altri ordini
di posti consistono in un terrapieno.

2) Nella seconda tipologia, la cavea poggia su muri radiali spesso uniti da volte che
formano passaggi anulari; non si sfrutta più il terreno bensì si sviluppa una struttura
fatta di archi che permetteva anche l’accesso e il deflusso degli spettatori.

- ARENA DI VERONA: muri radiali in opus caementicium con volte a botte che ospitano la gradinata
in pendenza. Tali volte non hanno apertura costante ma va riducendosi “ad imbuto”. (possiamo pensare
che la serie di archi permetteva l’assorbimento della spinta nella direzione circonferenziale però c’è una
componente radiale in quanto il bilanciamento della spinta non è completo per via della pendenza).

- COLOSSEO (ANFITEATRO FLAVIO): la costruzione del


Colosseo iniziò nel 72 d.C. sotto l’imperatore Vespasiano. Sorge su un
lago artificiale; Vespasiano bonificò il lago facendo realizzare la
fondazione e due ordini di posti prima della propria morte. Il figlio Tito
aggiunge il terzo ed il quarto ordine. L’edificio ha una forma ellittica con
asse maggiore di 187.5 metri e asse minore 156 metri con altezza di circa
50m. il perimetro esterno è maggiore di 526 metri e la superficie
dell'arena è maggiore di 3000 metri quadrati. L’anello esterno si sviluppa
su quattro piani di cui i primi tre sono ad arcate e l’ultimo è costituito da
un muro pieno interrotto da finestre squadrate ed è diviso in scomparti
da lesene. I tre ordini inferiori hanno 80 arcate ciascuno; il quarto ha
invece 80 scoparti con una finestra ogni due. Immediatamente sopra il
livello delle finestre vi sono tre mensole per ogni scomparto nei quali
venivano alloggiati i pali in legno utilizzati per aprire e chiudere il velarium,
il telo di copertura che riparava gli spettatori.
Le gradinate sono sostenute da volte le quali hanno il duplice scopo di
sostenere le gradinate e creare corridoi di passaggio; l’edificio poggia su
una platea in tufo di spessore pari a 13 metri foderata da un muro in
laterizio.

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MATERIALI: L’anello esterno e buona parte di quello interno sono in travertino; i massi sono connessi
senza malta e sono tenuti insieme da perni metallici. Si è calcolato che il ferro per le grappe superasse le
300 tonnellate. Incendi e terremoti hanno richiesto diversi restauri ma, nonostante gli effetti naturali, la
manomissione peggiore è legata all’opera antropica: i blocchi in travertino furono infatti
sistematicamente asportati per essere utilizzati in nuove costruzioni (XV e XVI secolo). Altra
asportazione in epoca medievale è stata quella dei perni metallici de connessione dei blocchi ed a ciò si
devono i numerosi fori ben visibili nella seconda fascia muraria.
I primi restauri iniziarono nel 1806 dopo il danneggiamento in seguito ad un
terremoto. Sono visibili fessure sub-verticali nel IV ordine e scorrimenti
importanti (anche 10 cm) nei primi due ordini che hanno richiesto un
intervento di emergenza. Raffele Stern ipotizzò due diverse modalità di
intervento che dovevano passare al vaglio dell’Accademia di San Luca: “per
via di togliere” che passava per l’eliminazione delle arcate danneggiate (ipotesi
scartata), e “per via di aggiungere” che comprendeva la chiusura delle prime
due arcate con muratura in laterizio e l’aggiunta di uno sperone d’emergenza
in laterizio in grado di assorbire la spinta degli archi. Lo sperone venne
realizzato senza badare alle forme architettoniche delle arcate esistenti
dovendo far fronte ad un urgenza di intervento che doveva dunque risultare
più economico e veloce possibile. Un altro ntervento (sul lato opposto nel 1823) fu fatto ad opera di
Giuseppe Valadier il quale si occupò del recupero dell’anello perimetrale. La differenza rispetto al
precedente intervento è che non vi era un pericolo immediato. Anche in questo caso si tratta di un
intervento “in via di aggiungere” : anche in questo caso è stato posizionato uno sperone in muratura con
archi che riprendono lo stile originale in laterizio.

1.2.11 COLONNE COCLIDI

Sono colonne isolate erette con scopo celebrativo costituite da enormi rocchi marmorei sovrapposti a secco la
cui connessione era assicurata oltre che dalla superficie di contatto anche da perni alloggiati in appositi fori. La
colonna è decorata con un fregio a spirale, e il fusto è scavato all'interno per ospitare una scala a chiocciola.

La prima colonna coclide costruita è quella di traiano 113 d.C. La colonna fu eretta
dopo la conquista della Dacia da parte di Traiano e rievoca tutte le fasi della battaglia.
La colonna è alta 29.78 metri, ovvero 100 piedi romani (colonna centenaria) ed è
costituita da 19 blocchi di marmo in cime dei quali era collocata una statua bronzea di
Traiano. Il rilievo esterno a nastro è stato eseguito quando la colonna era già stata
montata; stesso discorso per la scala a chiocciola interna. Altro esempio è la colonna
di Marco Aurelio per celebrare le vittorie sui Germani.

Danni tipici sono dissesti legati ad eventi sismici visibili dagli spostamenti dei fregi.
Per alcuni punti gli spostamenti relativi sono prevalentemente radiali, per altri
prevalentemente circonferenziali, e sono prodotti da rotazioni intorno a un centro
istantaneo che si sposta sulla superficie di appoggio.

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1.2.12 ARCHITETTURA ROMANTICA

Dopo la caduta dell’impero roman0, l’architettura in Oriente entra in un periodo di stasi fino all’anno 1000.
Dall’XI secolo si verifica in Europa un periodo di grande modernizzazione con l’affinamento delle tecniche
agricole, un incremento demografico, riprendono i commerci e crescono le zone urbane con una graduale
affermazione di un nuovo ceto sociale detto “borghesia”. Si assiste ad una ripresa dell’attività edilizia e di
produzione artistica. L’architettura romanica sorge quasi contemporaneamente in tutta Europa con le stesse
caratteristiche grazie agli scambi di cultura resi possibili soprattutto con il diffondersi dei pellegrinaggi. Il
romanico è caratterizzato dalla riscoperta delle tecniche costruttive dell’architettura romana e dall’uso di elementi
quali l’arco a tutto sesto, il pilastro la volta etc. Esempi notevoli sono il Duomo di Modena e la Basilica di San
Ambogio a Milano.

S. AMBOGIO : fu edificata fra il 379 e il 386; i materiali principalmente


impiegati nella ricostruzione romanica (tra il 1088 e 1099) sono i mattoni. La
struttura longitudinale è a 3 navate e ciò è buono dal punto di vista statico,
oltre che dal punto di vista simbolico (trinità) poiché la spinta delle volte sulla
navata centrale è parzialmente compensata dalla spinta delle volte sulle navate
laterali. E' lo stesso schema del Duomo di Milano che poi fu esportato in
diverse regioni.

1.2.13 COMPORTAMENTO STRUTTURALE DELLE CHIESE

La struttura delle chiese è costituita da un insieme di macroelementi con comportamento relativamente


indipendente. I macro elementi sono:
Facciata
Pareti laterali
Copertura
Arco trionfale
Abside
Torre campanaria
Cappelle laterali

Ad ogni macro elemento corrisponde un insieme di meccanismi locali anno analizzati le riposte locali dei singoli
elementi. Ad esempio la facciata può subire questi tre tipi di fenomeni:

Le caratteristiche strutturali comuni delle chiese sono: la presenza di grandi luci, di grandi altezze, pochi
collegamenti intermedi. Tutto ciò determina in generale una vulnerabilità maggiore delle chiese rispetto agli
edifici, anche se questi ultimi hanno una qualità muraria mediamente inferiore.

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1.2.14 ARCHITETTURA GOTICA

L’architettura gotica nasce nel XII secolo in Francia e si


diffonde nel resto d’Europa. Essa è caratterizzata
dall’uso di tecniche costruttive già note (arco a sesto
acuto, volta a crociera) ma impiegate in un sistema
strutturale originale. Gli elementi caratterizzanti sono
l’arco acuto il quale permette di ridurre la spinta e
dunque la sezione dei muri. Altro elemento caratteristico
dell’architettura gotica è rappresentato sicuramente dalla
volta ogivale la quale permette di risolvere problemi
geometrici legati all’intersezione di volte di uguale
altezza e luci differenti; la volta a crociera impostata
sull’arco acuto è estremamente versatile. Altro elemento
caratterizzante è costituito dalla presenza di costoloni i
quali rendono le intersezioni più regolari, permettono di
concentrare il carico sui pilastri e permettono di ridurre
le centine in fase di esecuzione. Di notevole rilevanza
sono anche gli archi rampanti i quali forniscono un
sistema di contrasto attivo alla spinta esercitata dalle
volte: la spinta dell’arco rampante funge da controspinta
per le volte finendo su elementi esterni (contrafforti).
Con questo sistema dunque non sono necessarie pareti spesse in quanto l’opposizione alla spinta e spostata verso
l’esterno con concentrazione di carichi verticali sui pilastri: le strutture risultano slanciate verso l’alto e colorate
con vetrate esternamente al posto dei muri. Gli archi rampanti sono coadiuvati da elementi “passivi” come i
contrafforti ed i pinnacoli.
SCHEMA: in genere abbiamo a che fare con tre navate: la
centrale coperta da volte a crociera con achi rampanti che
scaricano su contrafforti e pinnacoli. Le piante grazie alla
libertà offerta dalla volta a crociera possono essere anche
molto complicate. Si ricordano: in Francia (Notre Dame,
Cattedrale di Chartes, Cattedrale di Bourges, Cattedrale di
Reims), in Inghilterra (Westminster Abbey, Canterbury), in
Spagna (Cattedrali di Burgos r Toledo), in Italia il Duomo di
Milano. L’architettura gotica risulta più vulnerabile rispetto
alle azioni orizzontali ed ai cedimenti del terreno rispetto a quella romanica e alle successive rinascimentale e
barocca. L’arditezza strutturale porta a collassi deformazioni e fessure permanenti (cattedrale di Beavais).

1.2.15 MEDIOEVO - TORRI MEDIEVALI

Rientrano in questa tipologia di opere le torri campanarie le quali sono in genere caratterizzate da aperture maggiori
salendo verso l’alto. Tali torri sono caratterizzate da elevati sforzi di compressione (Torre di Pisa, Campanile di
Giotto a Firenze..). In epoca medievale tendono a svilupparsi centri storici (aggregati) nei quali tutte le
costruzioni risultano a stretto contatto con genesi complessa e articolata.

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1.2.16 RINASCIMENTO
Il Rinascimento si sviluppa a Firenze e si diffonde in Europa in un arco di tempo che va dalla seconda metà del
XIV secolo fino al XVI secolo. Eventi storici determinanti sono sicuramente la nascita degli stati moderni (tra
cui le monarchie nazionali in Francia Spagna ed Inghilterra), la scoperta dell’America. Il Rinascimento è
caratterizzato dalla riscoperta dell’architettura classica ed in particolare di quella romana con la ricerca di forme
geometriche regolari semplici e armoniose.

SANTA MARIA DEL FIORE (1420-1436): la cupola di Santa Maria del Fiore
rappresenta un nuovo modello e costituirà un riferimento per tutte le cupole rinascientali
e barocche sucessive. A differenze delle cupole classiche di forma emisferica, è una cupola
ogivale, derivata dall’arco gotico (arco acuto). La forma ogivale permette di ridurre la
spinta alle imposte. Lo spessore diminuisce verso l’alto così come il peso; la tecnica è
analoga al Pantheon ma mentre quest’ultimo in sommità presenta un foro, la cupola di S.
Maria del Fiore presenta un carico concentrato (lanterna): il peso della lanterna è portato
dalla struttura grazie alla forma a cuspide. Si ha dunque un ribaltamento del
funzionamento statico rispetto alle cupole classiche, nelle quali in sommità il carico
doveva essere il minore possibile.
E’ la cupola più grande che sia mai stata costruita con un diametro esterno di 54 metri e interno di 45 metri;
l’imposta della cupola si trova a 55 metri dal suolo con una altezza della cupola di 34 metri. La base dell’imposta
è ottagonale e dunque a rigore si tratterebbe di una volta a padglione a pianta ottagonale ma, nonostante ciò, il
comportamento è proprio quello di una cupola.
La spinta alla base è contrastata con 24 catene lignee collegate da staffe di ferro. Le
principali difficoltà con le quali dovette scontrarsi Brunnelleschi furono legate al diametro
(il più grande mai realizzato), l’altezza da terra, tale da non consentire l’utilizzo di centine,
la base ottagonale. Per risolvere queste difficoltà si opta per la scelta di una doppia
cupola con calotta interna di 2.50 metri e d esterna di 0.9 metri, con 1.20 m di
intercapedine tra di esse con scale che conducono alla lanterna. La calotta esterna ha uno
scopo strutturale oltre che estetico essendo collegata alla calotta interna (è come se la
cupola avesse spessore 2.5+1.2+0.9 m ma in realtà è allegerita dall’intercapedine).
La cupola è stata costruita senza l’ausilio di centine ma mentre una cupola a base circolare può essere costruita a
partire dalle imposte procedendo verso l’alto (autoportante in fase costruttiva) ciò non può ritenersi vero per
una volta a padiglione. La tecnica costruttiva venne scoperta negli anni ’60 a seguita della rimozione della
copertura di uno spicchio di cupola: i mattoni non erano paralleli bensì convergevano vero un ipotetico centro.
L’idea di base è che nello spessore della cupole fosse inscritta una cupola a pianta circolare (ecco perché
l’intercapedine di 1.2m) e che quindi fosse autoportante anche in fase costruttiva: è come se la cupola fosse stata
costruita come una cupola a pianta circolare affettando idealmente parti di muratura per realizzare le facce piane.
Il concetto è analogo a quello della piattabanda ossia un elemento lineare ma con funzionamento ad arco.
Poiché inoltre la distanza dall’asse della cupola è maggiore
agli spigoli che al centro degli spicchi, i corsi dei mattoni
non sono orizzontali ma formano una curva “a corda
blanda” così da non creare problemi di giunzione e
discontinuità.L’inclinazione dei corsi di mattoni è resa
possibile dalla tessitura a “spina pesce”, ossia mattoni
disposti in direzione ortogonale alla giacitura dei corsi a
intervalli regolari. In questo modo si assicuravano
all’intradosso della cupola delle sponde provvisorie tra due file di mattoni che evitavano lo scivolamento
dell’ultimo strato di mattoni posto inopera fintanto che la malta non facesse presa. I mattoni stesi in verticale
avrebbero tenuto fermi gli altri; con questa struttua ogni mattone scarica il proprio peso su quello precedente e
l’ultimo sulla base della cupola. Le due cupole sono autoportanti grazie a questa disposizione. Le spinte laterali
dei mattoni erano contrastate dai costoloni e da anelli in legno ed in pietra.

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SAN PIETRO (1588-1593): fu costruita 150 anni dopo S. Maria del Fiore da Giacomo
Della Porta su progetto di Michelangelo e con la quale si notano somiglianze ma anche
differenze. La pianta è circolare e la cupola poggia su un tamburo su cui si aprono 16
finestroni rettangolari separati da costoloni e definiti all’esterno da colonne binate. La cupola
è ogivale (a differenza del progetto iniziale di Michelangelo) in quanto questa forma è più
adatta a portare un carico concentrato insommità riducendone le spinte.
Il progetto inizialmente prevedeva una basilica a pianta centrale ma, dopo che Clemente
VIII affidò la direzione dei lavori a Carlo Moderno, vennero aggiunte altre due navate
più un portico in facciata (pianta a croce latina).
La cupola, come S. Maria del Fiore, è a doppia calotta e tra le due è situata una scala per
raggiungere la lanterna. La calotta interna è spessa 2 metri mentre quella esterna 1 metro;
fu costruita su centine smontate solo dopo la costruzione della seconda calotta. In questo
modo l’attivazione del peso proprio conseguente alla rimozione delle centine andò a
sollecitare entrambe le calotte. Lo spessore dei costoloni disposti tra le due calotte varia da 2-5 metri. La cupola
raggiunge l’altezza di 136 metri con un diametro di 42 con un peso stimato di 14.000
ton ed è portata da 4 pennacchi sferici che poggiano su quattro pilastroni.
Per contrastare le fessurazione nella direzione dei meridiani sono presenti cerchiature
metalliche. A seguito di dissesti sorti nella cupola dopo la sua realizzazione, venne
commissionato lo studio del quadro fessurativo della stessa a Giovanni Poleni e a
Vanvitelli. Durante lo studio si riscontrarono numerose fessure della calotte interna
secondo le direzioni dei meridizani ed inoltre una cechiatura in ferro disposta da Della
Porta venne trovata spezzata. Poleni calcolò la curva delle pressioni sulla base dei pesi
stimati e notò che, pur passando in chiave ed all’imposta per il baricentro della sezione,
nelle altre sezioni si discostava dalla cupola. In particolare la curva alle reni si avvicinava
all’intradosso fin quasi ad esservi tangente. Ciò indicava che il materiale era ivi prossimo
allo schiacciamento e fessurato all’estradosso (la cupola avrebbe dovuto avere una
sagoma ancor più ogivale). Tuttavia l’equilibrio risultava ancora soddisfatto e questo
spiega perche la cupola seppur danneggiata non fosse crollata.

Le fessure nella calotta interna vennero spiegato dal Poleni ipotizzando un


cinematismo che considera gli “spicchi” nei quali la cupola può essere idealmente
suddivisa: a causa della pressoflessione nelle sezioni delle reni, si ha una fessurazione
all’estradosso con spostamento verso l’esterno. Il conseguente aumento della
circonferenza, fa nascere delle fessure tra i diversi spicchi secondo la direzione dei
meridiani. L’intervento di consolidamento proposto da Poleni consistette in un
ulteriore cerchiatura della cupola con anelli in acciaio incassati nella calotta esterna (vedi
2.3.2).

11
1.2.17 Il BAROCCO

La concezione architettonica del barocco (XVI secolo) è principalmente rivolta alla ricerca di nuove forme più
che innovazioni strutturali: le forme divengono più arrotondate con stucchi e decorazioni abbondanti e colorate
(Bernini, Piazza San Pietro Borromini, Ivo alla Sapienza).

CATTEDRALE DÌ SAINT PAUL A LONDRA (1675-1708): è l’espressione del


classicismo barocco inglese ad opera di Christopher Wren. La cupola è a tripla
calotta: a quella intermedia, che porta sia la lanterna sia la calotta superiore in legno,
è attribuita funziona strutturale mentre la calotta interna ha la funzione decorativa.
Le calotte, a forma di arco e di catenarie, furono progettate da Hooke.

IL PANTHEON DI PARIGI (1758-1789): è un opera di Soufflot. Anche in


questo caso la cupola consta di tre calotte tutte in muratura delle quali quella
superiore e intermedia collaborano a portare la lanterna e quella inferiore ha lo
scopo di decorare l’interno.

1.2.18 LA RIVOLUZIONE INDUTRIALE

La rivoluzione industriale è un processo di evoluzione economica che da un sistema agricolo-commerciale porta


ad un sistema industriale caratterizzato dall’uso di macchine azionate da energia meccaniche o da altre fonti. Ha
luogo inizialmente in Inghilterra tra 1760 ed il 1830 diffondendosi in tutti gli altri stati. Nel campo della
siderurgia, un processo decisivo viene conseguito all’inizio del 700 attraverso il quale si riusci ad eliminare dai
materiali ferrosi le sostanze che avrebero
inquinato i processi di fuzsione. Viene
inventato il convertitore Bessemer che
permette la produzione dell’acciaio dalla ghisa
liquida. L’introduzione dell’acciaio nelle
costruzioni permette di svincolare la
progettazione dalla scarsa resistenza a
trazione.
Nel 1824 viene brevettato il processo per la preparazione del cemento Portland nel quale viene annegato acciaio
per aumenarene la resistenza a trazione. Viene compreso dunque il meccanismo di collaborazione tra
calcestruzzo e acciaio introducendo i primi principi di dimensionamento della armature. Emil Morsch sviluppa
un modello di calcolo ancora oggi utilizzato per il dimensionamento delle armature a taglio nel calcestruzzo.

12
2 PARETI IN MURATURA

2.1 INTRODUZIONE
La muratura è un materiale costituito da elementi inerti di grosse dimensioni di origine naturale (pietre) o
artificiale (mattoni) e da un legante ovvero la malta. Le differenze principali con il calcestruzzo sono legate alle
dimensioni degli inerti ed al fatto che questi, nell’impasto del calcestruzzo, hanno un ordine caotico mentre nelle
opere in muratura sono organizzati nella cosiddetta tessitura muraria.

OPUS QUADRATUM: l’obbiettivo è quello di realizzare un sistema monolitico tramite


l’assemblaggio dei blocchi evitando superfici di discontinuità. Vanno in particolare evitate
superfici di discontinuità verticali sia parallele al muro, ed a ciò provvedono i diatoni, sia
ortogonali al muro ed a ciò provvedono gli ortostati. L’unica superficie di discontinuità
ammessa è quella orizzontale sulla quale agisce uno sforzo di compressione dovuto ai
carichi verticali. La discontinuità orizzontale risulta una risorsa in caso di azione sismica
in quanto lo scorrimento tra due filari consente la dissipazione di energia senza rottura dei
blocchi.

Esempi di effetti negativi


MANCANZA Di ORTOSTATI : se bisogna ampliare una costruzione esistente risulta
difficile creare un'alternanza degli ortostati e restano quindi due costruzioni diverse e
separate, si crea una superficie di discontinuità verticale che sotto azione sismica crea dei
danni (può innescarsi il martellamento)

MANCANZA Di DIATONI : l'effetto è il distacco del paramento murario esterno


causato dalla mancanza di diatoni ; essi fungono da collegamento trasversale e la loro
assenza causa una discontinuità parallela al muro e si ha l'espulsione del paramento
esterno.

Consideriamo ora la snellezza geometrica (h/l) e assembliamo un muretto di soli diatoni o solo ortostati su una
tavola inclinabile, utile per simulare l'azione sismica. Si osserva che :
- a parità di snellezza la pendenza è maggiore per il muretto di solo ortostati poiché ha una maggiore superficie
su cui sviluppare l'attrito
- all'aumentare della snellezza la resistenza si riduce
(NB : non conviene realizzare un muretto di soli diatoni perché lo scopo degli ortostati è quello di
realizzare un migliore ingranamento e lo sviluppo di un maggiore attrito che contrasta lo scorrimento)

La muratura oggi presente in Italia, molto spesso si discosta notevolmente dal


modello dell’opus quadratum. La muratura in pietrame, a differenza dell’opus
quadratum, può presentare superfici di discontinuità oblique cioè possibili piani di
scorrimento sotto l’azione dei carichi verticali estremamente pericolosi. Per evitare
ciò in genere si introducono delle “listature di mattoni” che interrompono tali
superfici. Gli angoli, nelle murature in pietrame, vengono detti “cantonali”; è
necessario prevedere un ammorsamento tra i pannelli che costituiscono l’angolo
al fine di garantire una continuità strutturale.
13
2.2 GERARCHIA DELLE MODALITÀ DI COLLASSO
Per le opere in muratura si distinguono principalmente tre diverse modalità di collasso:
1) disgregazione della tessitura muraria;
2) collasso della parete al di fuori del piano;
3) collasso della parete nel piano.
Queste probabilità di collasso non sono equivalenti bensì esiste tra loro una gerarchia: se avviene 1) non può
avvenire 2) in quanto richiede comportamento monolitico della parete ; se avviene 2) non può avvenire 3). Negli
interventi risulta fondamentale impedire la 1) e a seguire 2) e 3)

1) DISGREGAZIONE DELLA TESSITURA MURARIA

Questo meccaiso di collasso avviene per :


- espulsione o spanciamento del paramento esterno dovuto alla mancanza di diatoni
- degrado della malta dovuto all'assorbimento dell'umidità della mlata da parte delle pietre porose che portano la
malta a perde di consistenza non esplicando più la sua funzione legante.

2) COLLASSO DELLA PARETE AL DI FUORI DEL PIANO

Rientrano in in questa categoria diversi meccanismi:


Estensione - Rotazione : consideriamo una cella muraria con
solaio in legno; le travi sono inserite nella muratura senza
collegamento e possono dunque sfilarsi. Si verificano distacchi della
parete di facciata con sfilamento delle travi. Questo meccanismo
può avvenire quando non c’è ammorsamento tra i cantonali tra
parete e trave. L’assenza di ammorzamento provoca il ribaltamento
della facciata (comportamento monolitico della parete). Può
accadere che, in presenza di un discreto ammosamento, la parete
ribaltandosi porta con se parte della facciata: tale meccanismo è
sicuramente postivo in quanto la parte di facciata coinvolta nel
meccanismo contribuisce alla stabilità inducendo un momento che si
oppone al ribaltemento. Per impedire il meccanismo è possibile far
uso di catene (tiranti in acciaio) in corripondenza delle pareti. (1°
meccanismo di rondelet)

Flessione : si verifica quando i collegamenti tra parete-parete (ad


esempio per mezzo di catene) e parete-travi sono eficcaci. Avviene
un' inflessione della parete che può essere in alcuni casi facilitata da
una copertura spingete. Si può avere un'inflessione asimmetrica se i
due angoli sono ammorsati diversamente (2° meccanismo di
rondelet) oppure si può avere un'inflessione simmetrica quando i due
angoli della parete sono ammorsati nello stesso modo (3°
meccanismo di rondelet). Il ribaltamento è sempre verso l’esterno
visto e considerato che all’interno qualcosa ne blocca il movimento.

14
Questi meccanismi di collasso vengono studiati da Rondelet: l’approccio di Rondelet è essenzialmente statico ed
è basato sul confronto tra momento ribaltante (forza *semi-altezza del muro) e momento stabilizzante ( peso del
muro * spessore/2) oppure, in maniera equivalente, tra i rispettivi lavori virtuali.

I Meccanismo di Rondelet: meccanismo relativo ad un muro vincolato solo alla


base. In tale situazione il meccanismo di collasso avviena per ribaltamento (rotazione o
estensione) intorno alla base.

II Meccanismo di Rondelet: meccanismo relativo ad un muro vincolato da un solo


lato. In tale situazione il meccanismo di collasso avviene per RIBALTAMENTO
attorno ad una CERNIERA cilindricaposta lungo un asse individuato dal rapporto tra
base e altezza degli elemeti della muratura (flessione asimmetrica)

III Meccanismo di Rondelet: meccanismo relativo ad un muro vincolato da entrambi


i lati. Per questa situazione Rondelet riconosce che avviene un collaso per separazione
di due porzioni triangolari. (flessione simmetrica)

L'approccio di Rondelet non tiene conto della natura dinamica dell’azione sismica che porta numerosi effeti non
sempre prevedibili quali:
- aumenta il grado di sicurezza
- occorre distinguere tra oscillazioni monolatere e bilatere
- effetto scala (a parità di rapporto base altezza, pareti grandi si comportano meglio delle pareti piccole)
- forte dispersione dei risultati

Sperimentazione DINAMICA sul I MECCANISMO DI RONDELET

L'effetto dell'azione sismica può essere studiato attraverso una tavola vibrante, una
base e un blocco bosto sopra di esse. Tramite questa prova sono state valutate:

- effetto della snelezza (viene definito un valore critico della snelezza)


- effetto della dimensione (blocchi grandi tendono a ribaltare meno dei blocchi piccoli)
- azione sismica (modellata da accellerogrammi e sono stati valutati i terremoti irpinia-basilicata e umbria-marhe)
- ripetibilità dei risultati ( per ogni combinazione sono stati valutati 2 blocchi nominalmente identici (stessa
snellezza e stessa accellerazione sismica) , però essi differiscono per piccole imperfezioni sufficienti a cambiare il
comportamento dei blocchi e quindi a rendere la ripetibilità bassa)

I risultati vengono elaborati in tabelle per h fissata, sisma fissato e facendo variare la snellezza m=6-10 e la base
b=100-1200 mm; si è visto che i risultati erano molto dispersi e che per il terremoto di umbria-marche bastano
piccole spessori per impedire il ribaltamento a differenza del terremoto irpinia-basilicata. Le conclusioni sono:

- L'approccio statico, che utilizza l'accelerazione massima alla base, permette solamente di valutare l'attivazione
delle oscillazione. In alcuni casi alle oscillazioni fa seguito il ribaltamento mentre in altri no.
- In generale si ha un aumento dei ribaltamenti al diminuire della dimensione del blocco (effetto scala); in altri
termini, blocchi di grandi dimensioni sono più sicuri nei confronti del ribaltamento.
- La transizione tra la zona dei ribaltamenti e quella dei non ribaltamenti è estremamente frastagliata e i risultati
sono molto dispersi.
- Nella zona di transizione, piccole variazioni di snellezza e/o di larghezza possono capovolgere completamente
l’esito (problema della ripetibilità dei risultati
15
3) COLLASSO DELLA PARETE NEL PIANO

Per taglio : in genere la rottura per taglio nella muratura avviene se la resistenza
della malta è maggiore della resistenza della muratura: può essere controproducente
adottare una malta molto resistente a mattoni poco resistenti se la muratura è
disordinata. L’effetto di tale rottura può essere un pericoloso scorrimento su piani
inclinati con conseguenti lesioni diagonali. Il danneggiamento più frequente è una
lesione “a scaletta” con scorrimenti all’interfaccia tra elementi e malta (scorrimenti
tra i giunti orizzontali). Sotto azione sismica le strutture collassano quando il
danneggiamento è tale da rendere la struttura non più in grado di sostenere il carico
verticale. E’ importante osservare che tale fenomeno di rottura attiva l’attrito e
dunque si ha anche un fenomeno di dissipazione di energia durante lo scorrimento.
La rottura a taglio può innescare su pannelli affiancati da due aperture (maschi
murari) 2 lesioni a “X” che possono creare un doppio triangolo di muratura che
può essere espulso.

Per flessione : è più corretto parlare di pressoflessione; si verifica la rottura per


schiacciamento della muratura. Si verifica prevalentemente per pannelli snelli
sulla sezione di base dove nasce un momento indotto dalle azioni orizzontali.
La risultante si sposta sul bordo del pannello e ciò porta ad incrementi
significativi della tensione e conseguente schiacciamento della muratura.

2.2.1 Meccanismi di danno delle pareti in muratura

Oltre ai meccanismi sopracitati possono sussistere meccanismi composti (collasso nel piano più collasso fuori
piano) ed inoltre possono generarsi danni legati ad:

- irregolarità altimetriche: concentrazioni di tensioni in prossimità dell’attacco dei muri di


confine;

- martellamento: in edifici costruiti in epoche differenti accostati tra loro senza


ammorzamento, in seguito ad oscillazioni legate al sisma si martellano danneggiandosi a
vicenda. Questo meccanismo di martellamento avviene se i periodi propri di oscillazione dei
due edifici sono diversi, altrimenti si muovono insieme e non si toccano. Si possono
predisporre, per ovviare a questo fenomeno, dei “giunti sismici”, in grado di distanziare le due
strutture evitandone il contatto.

16
2.3 ORIZZONTAMENTI E COPERTURE

2.3.1 Solai in legno

Possiamo avere a che fare con diversi


tipi di coperture. Tipicamente le travi
sono innestate ma non collegate nella
muratura e pertanto possono sfilarsi;
sopra l’orditura di travi in legno c’è il
tavolato (tipicamente in legno) oppure
le pianelle (mattoni). Tutti i solai in
legno possiedono la caratteristica di
avere una rigidezza trascurabile nel Schema A) trave su due appoggi; Schema B) trave su tre appoggi; Schema C): Trave su due appoggi
proprio piano e quindi si possono
modellare come infinitamente deformabili (diverso dai solai in cemento armato).

2.3.2 Tetti in legno

Per quanto riguarda i tetti in legno si possono avere tetti non spingenti
(nei quali le travi principali orizzontali poggiano sulle murature di
estremità; prima fig. a sinistra) o tetti spingenti (nei quali le travi
inclinate poggiano su un muro: i tetti esercitano una azione spingente sul
muro già in condizioni statiche; seconda fig. a destra).

2.3.3 Archi, Cupole, Volte

Quando si ha a che fare con queste coperture, preliminarmente va individuata


la “curva delle pressioni” ovvero il luogo geometrico dei centri di pressione
delle diverse sezioni dell’arco. In ogni sezione la forza assiale N risulta essere
tangente alla curva delle pressioni ed esiste inoltre una spinta orizzontale la
quale costituisce il presupposto necessario per il comportamento ad arco. Da
ciò ne consegue che i piedritti sono sollecitati non solo da una forza verticale
ma anche da una forza orizzontale trasmessa dall’arco stesso. In generale la posizione e l’intensità della spinta in
corrispondenza della chiave dell’arco sono incognite. Tuttavia si possono adottare una posizione ed una intensità
di tentativo della spinta in chiave e costruire la funicolare concio per concio procedendo verso le imposte e
componendo la spinta con il peso del concio. Se la funicolare è tutta contenuta all’interno dell’arco si è trovata
una soluzione staticamente ammissibile e per il teorema statico del collasso plastico, la soluzione è in favore di
sicurezza(approccio statico). [Poleni dimostrò che nella cupola di San Pietro la curva delle pressioni fosse interna
allo spessore].

CINEMATISMI DEGLI ARCHI:

Al collasso l’arco si trasforma in un sistema articolato di cerniere tra i diversi conci. In alternativa all’approccio
statico è possibile adottare un approccio cinematico: in alcune sezioni dell’arco possono verificarsi rotazioni
relative tra i conci dovute all’apertura all’interfaccia tra due zone adiacenti; raggiunto un certo numero di cerniere
l’arco collassa.

17
MECCANISMO DI MASCHERONI per l’arco caricato simmetricalmente: Mascheroni propose un
meccanismo a rottura dell’arco che prevedeva, per arco caricato simmetricalmente, la formazione di 5 cerniere
con formazione di lesioni all’intradosso della chiave
e all’estradosso delle reni. Se si formano tutte e 5 le
cerniere (1 estradosso chiave, 2 estradosso reni, 2
alla bese dei piedritti) l’arco è labile ed il sistema è
indeterminato. Le cernire si formano nei giunti in
cui la curva delle pressioni si avvicina al bordo
dell’arco uscendo dal 3° medio (nocciolo centrale di
inerzia). Inizialmente l’arco è un sistema 3 volte
iperstatico; con la formazione delle prime tre
cerniere (chiave e reni) il sistema diviene isostatico.
Tale struttura con le tre conseguenti fessurazioni
non è pericolosa ed anzi consente all’arco di
adattarsi agli spostamenti dei piedritti a patto di
verificare che la curva delle pressioni continui a
trovarsi internamente all’arco stesso.
L’inversione delle cerniere rispetto al meccanismo
di Mascheroni è molto rara e può aver luogo solo
se vi è una fortissima controspinta. Per trasformare il sistema da isostatico a labile occorre la formazione di un
ulteriore cerniera: tuttavia, in un arco simmetricamente caricato, le due cerniere alle imposte si formano
contemporanemante. A diferenza di una rotazione in chiave, la rotazione dei piedritti risulta estremamente
pericolosa per la stabilità. In tutti i casi, a prescindere dal meccanismo, l’arco esercita una spinta sui piedritti già in
condizioni statiche e dunque può contribuire al ribaltamento di questi ultimi se la spinta non è assorbita da
speroni o catene:
SPERONI: muri rastremati in altezza posti in adiacenza dei piedritti. Rappresenta un
intervento invasivo che richiede spazio e fondazioni specifiche. In alternativa agli
speroni, si possono mettere dei contrafforti ossia elementi isolati collocati ad un
certo interasse. Entrambi i provvedimenti hanno la finalità di modificare la curva
delle pressioni dell’arco garantendone la stabilità anche in condizioni statiche. La
tessitura degli speroni deve essere ortogonale alla curva delle pressioni.

CATENA ALLE RENI: la catena è una invenzione medioevale che ha influenza sul
comportamento globale dell’arco.

CATENA ALL’ESTRADOSSO: può essere visto come un elemento che assorbe la


spinta (approccio statico) o come elemento che contrasta il meccanismo di Mascheroni
(approccio cinematico)→il meccanismo deve compiere lavoro per allungare la catena:
l’arco preferisce modificare il meccanismo di collasso. Si tratta in genere di un intervento
meno efficace ed utilizzato esclusivamente per motivi estetici per non coprire gli
affreschi delle volte per esempio.

INCREMENTO DEL CARICO VERTICALE: in alcuni casi potrebbe risultare conveniente rimuovere alcune
colonne al fine di aumentare i lcarico verticale sull’arco. Incrementando la forza verticale rispetto alla spinta
orizzontale si centra la curva delle pressioni
N.B. Condizione essenziale affinché possa svilupparsi il meccanismo ad arco è che i piedritti possano
sopportare la spinta; solo in tal caso può formarsi la curva delle pressioni ed il conseguente
meccanismo
18
2.3.3.1 Azione Sismica

Quando l’arco è soggetto a forze orizzontali, il meccanismo di rottura è a 4


cerniere alternate intradosso/estradosso con disposizione che di solito è
emisimmetrica; l’arco tende a ruotare in direzione delle forze orizzontali e
l’effetto delle azioni sismiche è più gravoso sui piedritti (in nero la curva delle
pressioni). Analisi dinamiche mostrano che, in assenza di scorrimenti relativi
alle imposte, gli archi a conci possono sopportare azioni sismiche con
accelerazione massima al suolo anche superiore a 0.8 g.

L’azione sismica può modificare la forma della funicolare al rischio che la risultante esca dal cono d’attrito con
conseguente scorrimento dei giunti dei conci. Già i Romani erano intervenuti inserendo tra i conci delle grappe
metalliche. Il danneggiamento dovuto all’azione sismica nelle colonne invece si manifesta con fessure ad unghia
al di sotto del capitello.

ARCO RAMPANTE
Rappresenta un elemento tipico dell’architettura gotica finalizzato a trasferire le spinte
verso l’esterno della struttura che risulterà dunque priva di muri spessi di bordo e dunque
più slanciata. Tra le curve staticamente ammissibili è di particolare interesse la
funicolare di spinta minima detta anche funicolare passiva. La spinta esercitata dalla volta
sull’arco rampante ( ) (w=peso per unità di lunghezza misurato sull'orizzontale)
deve essere maggiore del valore minimo corrispondente alla funicolare passiva affinchè
l’arco rampante non inneschi il collasso della volta verso l’interno.

CUPOLE
Lo sforzo per unità di lunghezza nella direzione dei paralleli è:
a = raggio
w = peso per unità di superficie

Lo sforzo per unità di lunghezza nella direzione dei meridiani è:

Se f < 52° sono nella zona superiore della cupola, lo sforzo è negativo
(compressione)

Se f > 52° sono nella zona inferiore della cupola, lo sforzo è positivo
(trazione)

Tutto ciò deriva da un analisi elastica del problema, quando si formano le fessure il comportamento cambia,
diventa plastico e le fessure vanno anche oltre i 52°
NB: lungo i meridiani solo compressione, lungo i paralleli compressione e trazione

19
VOLTE A CROCIERA

la cupola da un punto di vista statico è più efficiente, ma


necessita di un appoggio continuo e questo deve essere
circolare o quasi circolare. La volta a crociera, invece,
necessita solo di 4 appoggi puntuali → possono dunque
coprirsi anche ambienti di forma quadrata o rettangolare
(in generale poligonali). Si tratta di una struttura
gerarchica dove gli elementi principali sono senza dubbio
gli archi diagonali. Su di essi vengono riportati degli archi
trasversali: gli archi diagonali rappresentano l’imposta per
gli archi trasversali. Affinchè gli archi diagonali possano offrire un supporto efficce agli archi trasversali, devono
avere conci disposti a spina di pesce; questa disposizione consente la formazione delle superfici di appogio.
Una cosa importante da osservare per quanto riguarda le volte a
crociera, è caratterizzata dal fatto che la spinta risultante non
agisce a livello delle imposte ma ad una altezza pari a 0.468 a,
circa metà altezza della volta. Pertanto, per assorbire
correttamente la spinta anche le catene e gli archi rampanti
dovranno essere poste a tale altezza: il trasferimento della
spinta dall’arco rampante alla volta è assicurato da un apposito
riempimento, fino a circa metà altezza (senza riempimento non
c’è nulla in grado di assorbire la spinta dell’arco rampante)

2.4 COMPORTAMENTO DEGLI EDIFICI


Per quanto riguarda un pannello in muratura, l’ipotesi di base che si adotta è quella di trascurare la deformabilità
della copertura e quindi potremmo avere che:

la rottura nel piano della muratura si verifica prevalentemente per taglio;

la rottura al di fuori del piano si verifica prevalentemente per ribaltamento, flessione o instabilità.

NB : La resistenza e la rigidezza di un pannello caricato nel proprio piano sono notevolmente superiori a quelle
al di fuori dello stesso.

2.4.1 Comportamento di una cella Muraria Elementare

a) Pannelli non collegati tra loro, solaio collegato ai due pannelli ai quali appoggia (cattivo ammorsamento), possono
presentarsi in questo schema principalmente due casi:
a.1) Solaio collegato ai pannelli ortogonali al sisma: le forze sismiche del solaio
vengono scaricate sulla sommità dei due pannelli ortogonali all’azione sismica, le
forze sismiche dei pannelli paralleli al sisma vengono scaricate direttamente a terra.
I pannelli ortogonali al sisma vengono sollecitati a mensola caricata con una forza
concentrata in sommità e con un carico distribuito che ne determinano
rapidamente il collasso per flessione o instabilità; i pannelli paralleli al sisma
vengono sollecitati a taglio e flessione nel loro piano con tensioni modeste. (I
MECCANISMO DI RONDELET)
20
a.2) Solaio collegato ai pannelli paralleli al sisma: le forze sismiche del solaio
vengono scaricate sulle sommità dei due pannelli paralleli all’azione sismica, le
forze sismiche dei pannelli ortogonali al sisma vengono scaricate direttamente a
terra. I pannelli ortogonali al sisma vengono sollecitati a mensola soggetta ad un
carico distribuito, con alto rischio di collasso per flessione o instabilità. I pannelli
paralleli al sisma sono sollecitati a taglio e flessione nel loro piano con tensioni
modeste. (questo secondo caso è migliore rispetto al primo poiché le pareti non
sono soggette alle forze del solaio)

b) Pannelli collegati tra loro, solaio molto deformabile nel suo piano collegato solo a due od a
tutti e quattro i pannelli (buon ammorzamento dei cantonali):
i pannelli in direzione ortogonale al sisma sono soggetti alle forze del solaio,
applicate in sommità, e alle proprio forze sismiche distribuite
uniformemente. I pannelli in direzione ortogonale al sisma scaricano in parte
tali forze ai pannelli paralleli al direzione del sisma (distribuzione triangolare).
La situazione è migliore rispetto al caso a), funzionando i pannelli a piastra
vincolata su tre lati ma il rischio di collasso dei pannelli ortogonali all’azione
sismica rimane elevato. (III MECCANISMO DI RONDELET)

c) Pannelli non collegati, solaio molto rigido nel suo piano, collegato a tutti e quattro i
pannelli (no ammorzamento):
le forze del solaio si scaricano, per effetto della sua rigidezza largamente
prevalente, sui pannelli paralleli all’azione sismica. Le forze dei pannelli
ortogonali, con un funzionamento a trave appoggiata o con un vincolo di
semi-incastro alle estremità, vengono per metà scaricate sul solaio che a sua
volta le riporta sui pannelli paralleli all’azione sismica. Questa situazione
risulta decisamente più favorevole delle precedenti. I pannelli ortogonali non
solo non devono sostenere le forze del solaio, ma sopportano il carico
uniforme ortogonale secondo uno schema statico a due vincoli che consente
una drastica riduzione delle tensioni.

d) Pannelli ben collegati tra loro ed al solaio (solaio rigido + ammorzamento):

il solaio trasferisce attraverso la sua rigidezza le forze ai pannelli paralleli alla


direzione del sisma. I pannelli ortogonali trasmettono le loro forze, oltre che
al solaio, anche ai pannelli paralleli mediante un modo di funzionamento a
piastra appoggiata o semi-incastrata su tutti e quattro i lati, con ulteriore
significativa riduzione delle sollecitazioni di flessione. Evidentemente questa
situazione risulta la più favorevole. Il collasso si manifesta solo se i vincoli
reciproci non sono in grado di sostenere gli sforzi cui sono soggetti o se la
resistenza a taglio della muratura è inadeguata.

21
2.4.2 Funzionamento di una Parete Muraria

Il funzionamento di una parete muraria soggetta ad


azioni orizzontali può spiegarsi attraverso il
meccanismo tirante-puntone: azione sismica e peso
proprio danno vita ad una azione obliqua. La parete
resiste all’azione sismica sviluppando un sistema di
isostatiche di compressione che congiungono i punti
di applicazione delle forze sismiche orizzontali con i
vincoli a terra. Al sistema di isostatiche viene fatto
corrispondere un sistema di puntoni obliqui in
muratura. L’equilibrio delle forze verticali dei puntoni
è assicurato dal peso proprio dell’edificio sovrastante e
dalla muratura compressa sottostante; l’equilibrio delle
componenti orizzontali dell’azione sismica è assicurato dalla reazione del terreno e dalla reazione di appositi
tiranti (catene, cordoli) disposti ai piani. In assenza di questi ultimi, le spinte orizzontali producono spesso il
distacco di parte dell’edificio di forma triangolare o trapezoidale nella zona superiore. Catene e cordoli sono
dunque deputati al riassorbimento delle spinte a vuoto e alla ridistribuzione tra i puntoni disposti lungo il
cammino delle isostatiche di compressione che giungono a terra.

3 COMPORTAMENTO DELLE CHIESE

Le chiese rappresentano circa l’80% del patrimonio storico-monumentale architettonico italiano. Le


caratteristiche peculiari di tali edifici sono:
 pareti molto snelle: tipicamente con altezze superiori ai 10 metri e spessori non oltre 1.2 metri con forte
pericolo di ribaltamento. Va inoltre osservato che, in molte circostanze, pareti e facciata di una chiesa
sono costruite in periodi diversi con materiali differenti: ciò provoca uno scarso ammorzamento con
pericolo di separazione tra i due elementi strutturali;
 presenza di elementi spingenti: coperture a capriate o volte che in generale spingono sulle pareti anche
per carichi statici (azione orizzontale anche in assenza di sisma);
 assenza di orizzontamenti intermedi: pareti molto alte senza l’effetto benefico fornito dai solai;
 elementi architettonici particolari (fregi e stucchi): la fessurazione, inevitabile sotto azione sismica,
danneggia questi elementi.
Per quanto finora detto, risulta evidente che, anche per terremoti di bassa intensità, si evidenzia in questi edifici
un certo danneggiamento che può essere strutturale o solo architettonico.
Le piante delle chiese possono avere 1 o 3 navate con o senza abside. Tuttavia, pur
tenendo conto della varietà di forma e del tipo di materiali utilizzati, è possibile
riconoscere delle parti strutturali anche detti macroelementi: facciata, abside,
transetto, arco trionfale, torre campanaria.
Per le chiese esistono metodi di indagine che permettono valutazioni di vulnerabilità
più precise rispetto agli edifici ordinari: anzitutto vi sono solo due interlocutori
ovvero l’ente proprietario (la curia) e l’ente di tutela (sovraintendenza) a differenza
delle decine di proprietari per gli altri edifici. Vengono definite strategie di
prevenzione che si basano su un’ipotesi di scenario del danno sismico sul territorio

22
analizzando l’impatto del sisma in modo da indirizzare le opere di pronto intervento e le successive risorse
finanziarie. Il danno che si verifica a seguito del terremoto è associato ad una serie di meccanismi di collasso che
individuano, attraverso la semplificazione di corpo rigido, le modalità con cui la costruzione arriva al collasso. I
dati di danno rilevati sulle chiese a seguito di terremoti costituiscono un’importante banca dati per la valutazione
della vulnerabilità e per la messa a punto delle strategie di prevenzione. I macroelementi hanno risposte
indipendenti tra loro; in particolare si è provveduto a mettere a punto un abaco di tutti i meccanismi ricorrenti
nei vari macroelementi:

1) Ribaltamento della Facciata: se c’è un buon


ammorzamento la facciata porta con se parte della
parete;
2) Martellamento della sommità della facciata (espulsione
del timpano oppure tipo 3° meccanismo di Rondelet);
3) Meccanismi a taglio nel piano della facciata;
4) Risposta sismica trasversale dell’aula (fessurazione in
chiave tipica delle volte);

5) Arco trionfale (meccanismo di Mascheroni: 5 cerniere


per carico verticale - 4 cerniere per sisma);
6) Volte dell’aula (lesioni diagonali – distacco volta arco);
7) Martellamento della copertura;
8) Cupola (per il sisma fessure oblique non più lungo i
meridiani come per i carichi verticali);

9) Ribaltamento dell’abside (fessura a forma di unghia);


10) Fessure nelle volte del presbiterio e dell’abside;
11) Ribaltamento di pareti di estremità;
12) Discontinuità murarie;

13) Rottura a taglio delle pareti nel piano;


14) Torre campanaria (piani di scorrimento inclinati,
concentrazione di tensioni più martellamento);
15) Cella campanaria (se la campana è collegata alla
muratura rappresenta una grossa massa che induce
sollecitazioni);
16) Aggetti locali (vela, guglie).

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MECCANISMI DI RIBALTAMENTO DEL TIMPANO

I principali meccanismi che riguardano il timpano sono associati alla


formazioni di una cerniera orizzontale che comprende tutto il
timpano, in presenza del colmo o di più cerniere oblique e di una
centrale verticale.

MECCANISMI DI RIBALTAMENTO PARZIALE DELLA FACCIATA


Si può avere se c’è un cattivo ammorzamento e ciò è visibile da lesioni oblique in corrispondenza dei
cantonali (murature d’angolo).

MECCANISMI DI RIBALTAMENTO PARZIALE DELLA FACCIATA

Può avvenire nel caso di buon ammorzamento dei cantonali. In questo caso le fessure si aprono nelle pareti
laterali con buone probabilità in corrispondenza di aperture. Oppure può avere in alternativa ribaltamento
globale a seguito dello snervamento o della rottura delle catene. In alcuni casi il vincolo fornito dalla catena fa
variare il meccanismo di collasso inducendo la cerniera a spostarsi (possono aversi per esempio fenomeni di
inflessione nel piano della facciata). In ogni caso comunque la catena non impedisce il ribaltamento del timpano.

Buon ammorsamento Snervamento catene Flessione verticale Timpano

MECCANISMI DI ROTTURA A TAGLIO

Per quanto riguarda la rottura a taglio nel piano della facciata distinguiamo tipicamente tre meccanismi:

- rottura a taglio con lesione centrale in corrispondenza delle aperture;

- rottura a taglio dei maschi murari alla base;

- lesione trasversale unica su tutta la facciata.

Lesione centrale Taglio nei maschi murari Lesione su tutta la facciata

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RISPOSTA TRASVERSALE DELL'AULA

Considerata la capriata spingente sui muri orizzontali, si può avere:

- ribaltamento del muro verso l’interno o verso l’esterno, oppure un ribaltamento globale con rotazione
concorde delle pareti (ribaltamento a parallelogramma).

Se consideriamo invece la capriata e la volta si può avere:

- il ribaltamento di entrambi i piedritti, di uno solo dei due o il ribaltamento della parte superiore ad essi.

ABSIDE
Anche per l’abside possono aversi meccanismi di ribaltamento o di taglio solo che, la particolare geometria
dell’abside, può rendere i collassi meno prevedibili e intuitivi di quelli osservati in precedenza.

Ribaltamento Taglio Lesione ad unghia

TORRE CAMPANARIA

Per le torri campanarie si hanno delle lesioni a taglio prossime alla verticale (forti carichi verticali) ed in
corrispondenza delle aperture. Cosi come nei pilastri vengono messe le staffe , qui ci sono le CATENE (non
impediscono il danneggiamento ma inediscono il collasso)

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3.1 VALUTAZIONE DEL RISCHIO SISMICO
A seguito del terremoto dell’Irpinia, sono state catalogate più di 400 chiese e sono state redatte le cosiddette
matrici di probabilità di danno dove in ascissa è posto il grado d’intensità del sisma in scala Mercalli ed in
ordinata l’entità del danno. Si nota che per bassi livelli dell’azione si danneggiano più gli edifici ordinari in quanto
per tali azioni conta la qualità muraria da cui può dipendere il disgregarsi della muratura (le chiese hanno migliore
qualità muraria). All’aumentare dell’entità sismica il danno sulle chiese diventa molto significativo in relazione al
fatto che gli edifici presentano livelli di vincolo dati dagli orizzontamenti (meccanismi di ribaltamento più gravi
nelle chiese che negli edifici). Ad ogni modo per tutti i tipi di edifici il danno medio sale con l'inensità.

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4 PROVE MECCANICHE DI LABORATORIO

Le prove meccaniche di laboratorio servono a determinare le caratteristiche meccaniche della muratura di cui si
compone la struttura. Le prove di tipo distruttivo si scontrano con difficoltà con le dimensioni degli elementi
che sono dell'ordine della decina del cm e pertanto il provino dovrebbe essere dell'ordine della decina di cm per
dare informazioni significative. Le prove meccaniche di laboratorio, possono dividersi in:
 prove su componenti (elementi, malta, interfaccia elementi malta);
 prove su assemblaggi di piccole dimensioni ( tra 10 cm e 1 m)
 prove su pannelli (maggiori di 1 m)

4.1 PROVE SUI COMPONENTI


4.1.1 Prove su Malte

Possiamo avere molti tipi di malta della quale analizziamo le caratteristiche meccaniche. Si fa riferimento in
genere a provini del tipo

- cilindrici : diametro 50 mm e altezza 150 mm (prova a trazione indiretta ; brasiliane)

- prismatico: sezione quadrata 40 mm per 40 mm e altezza di 160 mm (più frequenti)

 Prove di trazione per flessione : all’interno della muratura, in seguito alle sollecitazioni sismiche, la
malta è sottoposta a trazione e se ne studia la resistenza attraverso questa
prova. Sono adatti a tale prova i provini prismatici. L’apparecchiatura di
prova è costituita da una pressa che consente di applicare una
compressione in corrispondenza della mezzeria del provino (provino
visto come una trave semplicemente appoggiata con un carico
concentrato in mezzeria). Il provino si rompe per trazione per flessione e
lesione in mezzeria si espande dal basso verso l’alto. La resistenza a
trazione per flessione è data da: .

 Prova di compressione : vengono eseguite sui due mezzi provini


ottenuti nella prova di trazione per flessione. I due campioni vengono
portati a rottura per compressione al di sotto di una pressa che applica un
carico verticale. Serve un ADATTATORE per adattare il provino nella
pressa standard. Rc = P/A

 Prova di trazione indiretta (brasiliana) : stessa prova usata per stimare


la resistenza a trazione del cls. Vengono utilizzati provini cilindrici
compressi in direzione del diametro. Così facendo, in direzione
perpendicolare al diametro si genera trazione che può essere stimata
attraverso la relazione con .

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Correlazione tra i risultati delle tre prove:

Dalla correlazione tra i risultati delle tre prove si nota che la resistenza a flessione è circa due volte più grande
della resistenza a trazione (Rf = 2 Rt). Attraverso relazioni empiriche è possibile stimare la resistenza a
compressione della malta se è nota quella a trazione.

4.1.2 Prove su Triplette

Si tratta di tre mattoni che vengono sovrapposti l’uno sull’altro e collegati con
malta; la tripletta viene compressa e con dei comparatori se ne misurano le
deformazioni. La malta per effetto della pressione vorrebbe espandersi ma questa
espansione è impedita dai mattoni. Il mattone è soggetto ad una trazione
orizzontale mentre la malta è compressa. Queste due tensioni devono essere
autoequilibrate: modello di hilsdorf → abbiamo 2 materiali (malta e mattone) con
caratteristiche diverse, in particolare il coefficinete di Poisson (nmalta>nmattone). La
rottura risulta innescata dal mattone (la malta conta poco)→la resistenza cambia in
relazione al tipo di mattone utilizzato e non al tipo di malta. Risulta dunque intuitivo capire perché la resistenza a
compressione della tripletta è maggiore per mattoni pieni rispetto a mattoni semipieni: l'area resistente a trazione
è maggiore. La rottura del provino avviene per innesco di fratture verticali nel mattone. Risulta possibile inoltre
stimare la resistenza a compressione della malta attraverso relazioni empiriche a partire dalla conoscenza della
resistenza a compressione della tripletta.

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4.2 PROVE SU ASSEMBLAGGI DI PICCOLE DIMENSIONI
4.2.1 Prove su moduli

Si tratta di assemblaggi di medie dimensioni (40 cm) ancora non adatti a valutare la muratura ma
utili a valutare alcune caratteristiche importanti. Il modulo è messo in una pressa e si possono
esercitare compressioni in direzione paralleli ai giunti che simulano le azioni sismiche e si può
ruotare di 90° per esercitare una compressione anche in direzione ortogonale ai giunti. Anche in
questo caso si misurano le deformazioni con dei trasduttori. Si formano lesioni verticali molto
pericolose (muratura soggetta a schiacciamento) alternate tra malta e giunto: in questa prova sono
importanti sia la malta che i mattoni: incrementando la resistenza della malta cresce la resistenza
del modulo e, chiaramente, mattoni pieni hanno una resistenza maggiore di mattoni semipieni.

Resistenza a compressione ortogonale ai giunti

Mi aspetto TRAZIONE nei mattoni, quindi fessure verticali in corrispondenza dei giunti verticali che
attraversano il mattone. Anche in questo caso è possibile rintracciare una correlazione empirica tra resistenza dei
moduli e resistenza della malta; come già detto la resistenza dei mattoni pieni è maggiore di quella dei mattoni
semi-pieni. Si ottiene una correlazione superiore rispetto alle triplette poichè la malta è più resistente (più rigida) e
quindi ritarda le fessure). Inoltre facendo una correlazione tra resistenza a compressione normale ai giunti
(moduli) e resistenza a comressione triplette si nota che le due resistenza sono poco correlate.

Resistenza a compressione parallela ai giunti

La compressione della muratura è applicata di solito ortogonalmente ai giunti, ma piochè si creano isostatiche di
compressione (bielle compresse) in resenza di azione sismica ho componente di compressione in orizzontale
(parallela ai giunti). Anche in questo caso è possibile rintracciare una correlazione empirica tra resistenza dei
moduli e resistenza della malta; come già detto la resistenza dei mattoni pieni è maggiore di quella dei mattoni
semi-pieni.

NB : la Rc ortogonale ai giunti e maggiore della Rc parallela ai giunti.


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4.2.2 Prove su coppiette

Si tratta di una prova all’interfaccia malta – mattone. Tale prova consente di


simulare le azioni di taglio indotte da una azione sismica (l'azione sismica provoca
sollecitazioni a taglio e i mattoni scorrono all'interfaccia con la malta). Il
comportamento meccanico non dipende più da un solo materiale, bensì dipende
dalla malta, dagli inerti, dalla rugosità e dal contatto malta mattone (si usano in
particolare superfici scabre, ottenute con sabbiature del mattone, per evitare lo
scorrimento). La prova è a controllo di spostamento imponendo uno scorrimento
attraverso due piastre in seguito ad una sollecitazione verticale. In questo caso
l’utilizzo di mattoni semipieni agevola l’incremento del coefficiente di attrito
conferendo delle macro-rugosità (ingranamento della malta). Oltre a valutare lo spostamento orizzontale e
verticale attraverso i trasduttori, è possibile anche valutare:
Coefficiente di attrito e Coesione: a rottura il comportamento è all’incirca lineare, si
raggiunge un picco di tensione per rottura all'interfaccia, cui corrisponde una brutta
caduta di tensione; sulle due superfici tutta via una volta rotta l'interfaccia, il
comportamento è governato dall'attrito e stabile (rotta la malta non si manifesta un
degrado del comportamento meccanico). La resistenza a taglio aumenta linearmente
con la tensione normale secondo una legge puramente attritiva dopo la rottura
dell’interfaccia (alla rottura dell’interfaccia si assegna il coefficiente di coesione c). se la
malta è poco resistente c=0; inoltre la coesione si ricava in funzione del coefficiente di attrito c = t - s0*f.
Si nota che la coesione dei mattoni semipieni è decisamente superiore di quella dei mattoni pieni ma per qualità
scarse di malta questo dislivello diminuisce.

Modulo di elasticità tangenziale: gli stessi ragionamenti in merito all’influenza della resistenza della malta e dei
mattoni possono estendersi alla determinazione e valutazione del modulo di elasticità tangenziale G = t/g

Energia di frattura: è inoltre possibile valutare con tale prova l’energia di frattura la quale
rappresenta l’energia spesa per rompere l’interfaccia malta-mattone. L’area sottesa alla
curva rappresenta l’energia necessaria a rompere il contatto all’interfaccia:

Si vuole massimizzare questa area in modo tale che, durante un evento sismico, venga
dissipata più energia possibile. La coesione rappresenta la parte che sommata all’attrito
determina tutta l’energia dissipabile. L’ Ef dunque risulta essere maggiore per i mattoni
semipieni rispetto ai mattoni pieni e questo perché le asperità sono dell’ordine dei cm e non dei mm.

4.3 PROVE SU PANNELLI


Possono essere di compressione, di compressione verticale (taglio), di compressione diagonale e forniscono la
resistenza del pannello murario in maniera affidabile. I pannelli sono in genere
di dimensioni rilevanti 1mx1m. La resistenza a taglio del pannello (simulazione
sisma) viene valutata in presenza di una forza di compressione verticale al fine
di simulare il peso proprio del pannello stesso (senza compressione la resistenza
a taglio sarebbe molto più bassa).
Lo schema della prova è composto da una trave in testa che ha lo scopo di
diffondere la forza impressa dai 1 e 2 martinetti montati su un grande telaio di
contrasto. Un terzo martinetto oltre a generare taglio, genera un momento
flettente alla base che è compensato regolando adeguatamente le forze dei martinetti
verticali. Sebbene la prova risulti molto complessa, risulta la più affidabile per la
determinazione delle resistenze specie a taglio di un pannello compresso. E’ possibile
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anche eseguire la prova sul pannello ruotato di 45° e sottoponendolo ad una forza in testa (1 solo martinetto): si
ottiene uno scorrimento lungo i giunti con una lesione a scaletta. La prova è abbastanza cautelativa facendo
risultare il pannello particolarmente fragile.

4.4 PROVE IN SITU


Le prove in situ sono di diversi tipo e possono sostanzialmente differenziarsi in:
prove su pannelli;
prove moderatamente distruttive (indagine endoscopica, prova con martinetti piatti, prova penetrometrica, prove
su malta prelevata in sito);
prove non distruttive (prova sonica, georadar, termografia, vibrazione ambientale..........non ci permettono di
quantificare le caratteristiche dei materiali);

4.4.1 Prova di Compressione diagonale su pannello: si può realizzare su una struttura destinata alla
demolizione; la normativa consente di ottenere dati da prove in situ in zone prossime a quelle degli
edifici su cui si vuole intervenire;

4.4.2 Indagine Endoscopica (moderatamente distruttive) : si realizza un foro mediante carotiere a


rotazione con testa diamantata; all’interno di tale fori si introduce un endoscopio collegato ad una
apparecchiatura fotografica ed una videocamera. Non consente di identificare la tessitura muraria ma
consente di ottenere informazioni utili su vuoti e sulla presenza di fessure. Inoltre, dalla carota è
possibile ottenere campioni per prove di laboratorio.

4.4.3 Prova con martinetto piatto singolo o doppio (moderatamente distruttive): la prova consta di due
fasi: in una prima si esegue un taglio nel quale, in una seconda fase, viene alloggiato un martinetto piatto
costituito da due lame distanziate di pochi mm (all’interno di tale spazio andrà inserito un olio che
genera una forza alle estremità). Con un deformometro si misurano le distanze della muratura
indeformata; si realizza il taglio con una sega circolare e, per effetto dello scarico tensionale, si avrà una
deformazione che verrà misurata. A questo punto si inserisce il martinetto immettendo olio fintanto che
non si ripristina la situazione iniziale (la pressione applicata coincide con quella inizialmente applicata alla
muratura quando la media delle distanze tra i pioli torna quella iniziale). La muratura che circonda il
volume di prova è usata come elemento di contrasto (il problema è che a seguito di queste forze
potrebbe sollevarsi la muratura stessa → utilizzo limitato ad edifici alti). La prova da informazioni sul
modulo elastico della muratura e in alcuni casi sulle caratteristiche meccaniche della muratura in termini
di deformabilità oltre che allo stato di sollecitazione e sulla resistenza. Tra i svantaggi si annoverano la
difficoltà di utilizzo in murature di pietrame informe e le informazioni limitate.

4.4.4 Prove su malte incoerenti prelevate in situ (moderatamente distruttive): si considerano in queste
prove il tipo di legante, il tipo di aggregato, il rapporto tra questi. La malta va prelevata ad almeno 5-6
cm di profondità nello spessore murario. Per le malte incoerenti si possono fare prove di taglio con la
scatola di Casagrande (angoli di attrito ≈ 35°).

4.4.5 Prove penetrometriche (moderatamente distruttive): i risultati


consistono nel numero di colpi e nella profondità di infissione: si valuta la
tensione verticale e/o il coefficiente di attrito della malta. Essendo la punta
del penetrometro dell’ordine di pochi millimetri, la prova risulta poco
distruttiva.

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5 VALUTAZIONE DELLA SICUREZZA

5.1 IL PATRIMONIO EDILIZIO ITALIANO


Il 61% del patrimonio edilizio italiano è costituito da edifici in muratura per la maggior parte in un buono stato di
conservazione. Le NTC per le costruzioni esistenti consentono considerazioni generali in merito anche al fatto
che tali strutture possono essere danneggiate. Le informazioni sul livello di degrado sono fondamentali nell’ottica
di prevedere il comportamento dell’opera e valutarne la sicurezza; tali informazioni dipendono dalla
documentazione disponibile e dal livello di approfondimento delle indagini conoscitive.

5.2 VALUTAZIONE DELLA SICUREZZA


Per valutazione di sicurezza si intende un procedimento quantitativo volto a:
 stabilire se una struttura esistente è in grado di resistere alle combinazioni di progetto delle NTC

 determinare l’entità massima delle azioni che la struttura è capace di sostenere

La valutazione della sicurezza delle costruzioni esistenti in muratura richiede la verifica degli stati limite definiti
per l’azione sismica. Si assume inoltre che la verifica dello SLV (stato limite di salvaguardia della vita) implichi
anche il soddisfacimento dello SLC stato limite di prevenzione del collasso). Per la valutazione della sicurezza
sarà opportuno tener conto delle informazioni derivanti dall’esame del comportamento di costruzioni simili
sottoposte ad azioni somiglianti a quelle di verifica. Le verifiche di sicurezza rese obbligatorie dalle NTC
riguardano due grandi categorie di opere riconducibili ad un significativo peggioramento delle condizioni iniziali
e delle condizioni di sicurezza:
 variazioni improvvise o lenti indipendenti dalla volontà dell’uomo (danni dovuti a terremoti, a carichi
verticali eccessivi, urti, incendi, errori progettuali…)

 variazioni dovute all’intervento dell’uomo sia nella struttura sia nei carichi

Le modalità di verifica dipendono dal modo in cui tali variazioni si riflettono sul comportamento della struttura.
Se infatti le variazioni riguardano porzioni limitate, la verifica potrà essere fatta localmente considerando le
singole parti interessate; se le variazioni invece incidono sul comportamento globale sarà necessaria una verifica
globale. Gli esiti delle valutazioni delle sicurezza dovranno stabilire che provvedimenti adottare (modificare
destinazione d’uso, continuare l’uso attuale, migliorare e/o adeguare con interventi). Quando abbiamo a che fare
con beni tutelati, le esigenze di sicurezza devono essere coniugate con le esigenze di conservazione del bene,
evitando dunque interventi eccessivamente invasivi. In particolare, per gli interventi finalizzati alla riduzione della
vulnerabilità sismica sui beni culturali, il riferimento è alla Direttiva del Presidente del Consiglio dei Ministri del 9
febbraio 2011: si specifica che è importante una analisi storico – critica.

5.2.1 Rilievo:

il rilievo deve individuare l’organismo resistente della costruzione tenendone presente la qualità e lo
stato di conservazione dei materiali e degli elementi. Piano per piano vanno analizzati solai, coperture,
volte, scale etc. Va valutato il quadro fessurativo e deformativo al fine di individuarne la causa e l’origine
con una previsione sulle evoluzioni delle problematiche che possono sorgere;

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5.2.2 Dettagli Costruttivi:

a) qualità dei collegamenti tra le pareti verticali;


b) qualità dei collegamenti tra i solai e le pareti verticali ed eventuale presenza di elementi di
collegamento;
c) esistenza di architravi strutturalmente efficienti al di sopra delle aperture;
d) presenza di elementi atti ad eliminare le spinte;
e) presenza di elementi ad elevata vulnerabilità (guglie, campanili, etc);
f) tipologia di muratura e sue caratteristiche costruttive.
I dettagli costruttivi vengono poi analizzati attraverso le verifiche in situ le quali sono basate su rilievi di
tipo visivo effettuati ricorrendo alla rimozione dell’intonaco e sondaggi nella muratura. In assenza di un
rilievo diretto, o di dati sufficientemente attendibili, è opportuno assumere in sede di modellazione,
analisi e verifica, le ipotesi maggiormente cautelative.

5.2.3 Caratterizzazione Meccanica dei materiali:

si valuta la qualità della tessitura muraria (presenza di collegamento, forma, dimensioni, giunti, malta). La
caratterizzazione avviene con ispezione diretta che tuttavia da solo informazioni locali e parziali e
attraverso prove in sito. Le indagini in sito possono essere limitate (esame visivo rimozione intonaco al
fine di determinare forma e ammorzamento dei blocchi), estese (prove parzialmente distruttive e non
distruttive) esaustive (prove che servono a completare le descrizioni delle precedenti – caratteristiche
meccaniche dei materiali).

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PROVE NON DISTRUTTIVE IN SITO

Indagini soniche: si basa sulla generazione di impulsi sonici o ultrasonici in un punto della struttura, attraverso
la percussione con un martello strumentato (prova sonica) o con trasduttori piezoelettrici (prova ultrasonica). Il
ricevitore, tipicamente posizionato sulla superficie opposta, è un accelerometro. Queste indagini sono utilizzate
nella diagnosi della muratura per qualificare la morfologia della sezione, individuando la presenza di vuoti o
difetti o lesioni. In presenza di lesioni, infatti, la velocità diminuisce. Le misure di velocità soniche possono essere
svolte secondo tre procedure: diretta, semidiretta, di superficie, radiale (tra queste procedure cambia il modi di
posizionare i ricevitori e trasduttori). La velocità sonica è influenzata dal numero di giunti trasversali, dalla
presenza delle fessure e dalle caratteristiche del materiale superficiale. Inoltre le indagini soniche vengono
utilizzate anche per controllare le caratteristiche della muratura dopo interventi di consolidamento, verificando i
cambiamenti delle caratteristiche fisiche del materiali.
Vantaggi :
• Applicabilità a vaste porzioni di murature;
• Affidabilità in relazione al periodo di impiego.

Svantaggi:
• I risultati colgono caratteristiche qualitative e non quantitative della muratura;
• Le prove ultrasoniche mostrano limiti severi per indagini su materiali altamente porosi;
• Il costo delle operazioni, dato l’elevato numero di misure richieste;
• L’elaborazione dei risultati, data la disomogeneità del materiale;
• La necessità di una calibrazione dei valori per le differenti tipologie murarie.

Georadar: è un metodo basato sulla propagazione di onde elettromagnetiche (EM) le quali vengono riflesse in
corrispondenza di discontinuità fisiche ed elettriche presenti nel mezzo. Gli impulsi sono emessi da un'antenna,
che viene fatta scorrere sul mezzo da indagare; la stessa antenna registra poi gli echi di ritorno. Nel caso della
muratura, gli impulsi possono essere riflessi dalla superficie, dai vuoti, dalle discontinuità. Si misura il tempo che
gli impulsi impiegano ad attraversare la sezione e ad essere captati dall'antenna come echi di ritorno. Nota la
velocità di propagazione nel mezzo si possono individuare le posizioni dei diversi ostacoli.

Utilizzi:
• ricerca di elementi strutturali nascosti in murature portanti e orizzontamenti;
• individuazione di tessiture murarie nascoste da intonaci e affreschi;
• controllo dell’efficacia di iniezioni;
• individuazione di difetti, fessure e vuoti, inclusioni di materiali diversi;
• rilievo della presenza di umidità nelle murature.

Vantaggi
• Applicabilità a vaste porzioni di murature;
• Rileva anomalie anche in murature di consistente spessore e coglie la presenza di umidità;
• Utilizzabile nella diagnostica di pareti affrescate o rivestite in quanto non richiede il contatto diretto.
Svantaggi
• Tecnica ancora in via di sviluppo;
• Disturbi del segnale per echi laterali che si sovrappongono;
• Calibrazione preliminare della frequenza di emissione.

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Prova termografica: La termografia all’infrarosso è basata sulla proprietà che tutti i corpi (con temperatura
superiore a 0 K) emettono una radiazione infrarossa (IR), ossia energia elettromagnetica nella banda 1012-1014
Hz dello spettro EM. Attraverso una fotocamera IR (termocamera) è possibile leggere le radiazioni emesse dai
corpi sottoposti a sollecitazione termica. Il risultato è una immagine termica dell’oggetto, visualizzabile attraverso
scale di colori o di toni di grigio. A ogni colore – o tono della scala di grigi – corrisponde un intervallo di
temperatura. Generalmente le differenze di temperatura rilevabili sono dell’ordine di frazioni di grado centigrado.
L’analisi termografica può essere condotta in modo attivo o passivo:
• nelle applicazioni di tipo passivo si analizzano gli effetti di cicli termici naturali (insolazione e successivo
raffreddamento);
• nel caso attivo, invece, le superfici sono riscaldate artificialmente.

Mentre la termografia passiva interessa solo lo strato più superficiale della muratura, quella attiva può essere
utilizzata per indagare strati collocati ad una certa profondità (fino a 10÷20 cm). In tal caso, la superficie da
indagare è riscaldata per diverse ore, in modo che il calore, grazie alla conducibilità termica del materiale, interessi
strati più profondi nel muro.
Vantaggi
• Applicabilità a vaste porzioni di murature;
• Utilizzabile nella diagnostica di pareti affrescate o rivestite in quanto non richiede il contatto diretto;
• Individua vuoti, umidità, inclusioni, anomalie.

Svantaggi
• In assenza di adeguata sollecitazione termica, la termovisione di antichi manufatti si limita agli strati più esterni;
• Sensibile alle condizioni al contorno;
• Necessità di calibrazione degli algoritmi di acquisizione.

Prove di vibrazione ambientali (non distruttive): viene posta una rete di accelerometri o velocimetri, nei
punti significativi della struttura che registrano, per un tempo sufficientemente lungo, le accelerazioni della
struttura provocate dalle condizioni ambientali. L’analisi spettrale permette di determinare i parametri modali
dalle registrazioni, in termini di frequenze e forme modali. Quindi queste prove sono prove dinamiche per la
verifica del comportamento strutturale e dell'integrità di una struttura.

FINALITA' DELLE PROVE NON DISTRUTTIVE :

 Individuazione di zone non omogenee nella muratura


 Individuazione di elementi strutturali nascosti
 Valutazione dell'estensione del danno meccanico
 Individuazione del degrado superficiale
 Verifica della proprietà meccaniche e fisiche dei componenti
 Controllo di alcune tecniche di riparazione

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5.2.4 Livelli di conoscenza e fattori di confidenza: Sulla base degli approfondimenti effettuati nelle fasi
conoscitive, si individuano i cosiddetti livelli di conoscenza dei diversi parametri coinvolti e si
definiscono i corrispettivi fattori di confidenza da utilizzare come ulteriori coefficienti parziali di
sicurezza. Per gli edifici in muratura abbiamo:

 LC1 – indagini in situ limitate FC=1.35;


 LC2 – indagini in situ estese FC=1.2;
 LC3 – indagini in situ esaustive FC=1.

5.3 AZIONE SISMICA


Le azioni sismiche si definiscono a partire dalla PERICOLOSITA’ SISMICA DI BASE del sito in esame definita
in normativa in termini di accelerazione massima orizzontale attesa. Il valore di ag è definito per diversi valore del
periodo di ritorno TR : terremoti più intensi hanno accelerazioni elevate e ricorrono raramente (periodi di ritorno
lunghi) , terremoti più deboli hanno accelerazioni basse e ricorrono frequentemente (periodi di ritorno brevi). Il
valore di ag è definito su un reticolo di riferimento (latitudine, longitudine) per diversi periodi di ritorno TR. La
vita nominale VN di una struttura è il numero di anni in cui la struttura, purché soggetta alla manutenzione
ordinaria, deve poter essere usata per lo scopo al quale è desinato. In presenza di azioni sismiche, con riferimento
alle conseguenze di un’interruzione di operatività o di un eventuale collasso, le strutture sono suddivise in classi
d’uso. La classe d’uso, moltiplicata per la vita nominale dell’opera, fornisce il periodo di riferimento per l’azione
sismica VR = Cu * Vn. Si definiscono in normativa diversi stati limiti (2 slu e 2 sle) in relazione alla periodo di
ritorno dell’azione:

SLC, stato limite di prevenzione del collasso; a seguito del terremoto la costruzione subisce gravi rotture e crolli e
conserva un margine di sicurezza per azioni verticali ed un esiguo margine di sicurezza per azioni orizzontali.
PVR=5%

SLV, stato limite di salvaguardia della vita: a seguito del terremoto la costruzione subisce gravi rotture e crolli; la
costruzione conserva ancora un margine di sicurezza per azioni verticali ed un esiguo margine di sicurezza nei
confronti di collasso per azioni orizzontali. PVR=10%

SLD, stato limite di danno: a seguito del terremoto, la costruzione, nel suo complesso, subisce danni tali da non
mettere a rischio gli utenti e da non compromettere significativamente rigidezza e resistenza. PVR=63%

SLO, stato limite di operatività: a seguito del terremoto, a costruzione nel suo complesso, non deve subire
interruzioni di uso significative. PVR=81%
Definito lo spettro di interesse, è possibile determinare la risultante delle forze statiche equivalenti attraverso la
relazione:

in cui:

- rappresenta l’ordinata dello spettro di risposta di progetto corrispondente al primo periodo proprio
(con il coefficiente F0 che quantifica l’amplificazione spettrale massima ed è definito sul reticolo di riferimento
- è posto pari a 0.85 se la costruzione ha almeno tre orizzontamenti e pari ad 1 in tutti gli altri casi
- W è il peso complessivo della costruzione
- g è l'accelerazione di gravità
- q è il fattore di struttura che dipende dal tipo struttura
- S tiene conto della categoria di sottosuolo Ss e delle condizioni topografiche St; S = Ss * St
(NB: vedere anche relazione progetto sismica per apprfondimenti)

36
5.4 VALUTAZIONE IN PRESENZA DI AZIONI SISMICHE
Nelle costruzioni esistenti in muratura soggette ad azioni sismiche, si possono manifestare meccanismi locali e
meccanismi globali.

5.4.1 Meccanismi Locali

I meccanismi locali interessano singoli pannelli murari o più ampie porzioni della costruzione, e sono favoriti
dall’assenza o scarsa efficacia dei collegamenti tra pareti orizzontali e negli incroci murari (pareti lunghe soggette
a spinte della copertura o scarsi ammorsamenti). Per l’analisi sismica dei meccanismi locali si può far ricorso ai
metodi dell’analisi limite: con tali metodi è possibile valutare la capacità sismica in termini di resistenza
(applichiamo q) o di spostamento, valutando l’andamento dell’azione orizzontale che la struttura è in grado di
sopportare durante l’evolversi del meccanismo. L’ipotesi di base che si fa è quella di corpo rigido e, in alcuni casi,
è possibile portare in conto in maniera approssimata della tessitura muraria, della connessione tra le pareti, della
presenza di catene etc. i meccanismi di collasso al di fuori del piano si possono verificare solo se è impedita la
disgregazione muraria (bisogna assicurare la monoliticità). Le verifiche si basano nell’applicazione dell’analisi
limite, secondo l’approccio cinematico, che si basa sulla preventiva scelta del meccanismo di collasso. Si richiede
dunque l’analisi dei meccanismi locali significativi che possono essere:
 ipotizzati sulla base del comportamento sismico di strutture analoghe (ABACHI DEI MECCANISMI);
 individuati considerando lo stato fessurativo e deformativo anche per natura non sismica.
Nella scelta dovranno considerarsi:
- la qualità delle connessioni tra le pareti
- l’eventuale presenza di catene
- le interazioni con altri edifici adiacenti

Una volta scelto il meccanismo si procede a determinare il moltiplicatore tale da trasformare la costruzione in un
sistema labile con i corpi rigidi che formano il cinematismo liberi di scorrere e ruotare tra loro. Noto il
meccanismo (es: rotazione rispetto uno spigolo) lo schema è il seguente:

dipende dall’angolo di rotazione del meccanismo ed è massimo ( nel caso di configurazione ancora
indeformata (in questo istante si attiva il meccanismo), e tende in genere a diminuire man mano che si
accumulano spostamenti in quanto tende ad aumentare, in genere nella configurazione deformata, il braccio delle
forze instabilizzanti.

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Il nostro obbiettivo è quello di determinare una curva che, a partire dal moltiplicatore che attiva il
meccanismo, ci restituisca un valore generico di corrispondente alla generica configurazione deformata
dipendente da in funzione di fino all’annullamento di in corrispondenza dello spostamento . La
curva moltiplicatore spostamento, può essere trasformata nella cosiddetta curva di capacità nel piano -
(piano di accelerazione spostamento spettrale) con la quale è possibile eseguire le verifiche allo SLD e allo SLV.

NB: quando si attiva un meccanismo di ribaltamento, le rotazioni in gioco sono grandi; non si può fare quindi
l'approssimazione di piccoli spostamenti, ma devo considerare la CINEMATICA ESATTA.

5.4.1.1 Caso generale

Consideriamo una parete di una facciata come quella in figura:

il primo piano è costituito da un orizzontamento a volta


(azione orizzontale e verticale)
la copertura è un solaio in legno

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 configurazione iniziale indeformata della parete
Peso proprio:
Peso proprio del blocco concentrato nel baricentro e lo chiamiamo P1,
dando indice i=1. Questa forza effettua un lavoro nello spostamento
virtuale del baricentro dy1 che è positivo se rivolto verso l'alto e negativo se
rivolto verso il basso, per convenzione. Considerando la forza orizzontale
corrispondente al peso proprio del blocco avremo che sarà pari al peso P1
per a0 poiché siamo nella configurazione indeformata. La forza orizzontale
compie lavoro nello spostamento virtuale orizzontale del baricentro dx1

Ragionamento analogo per gli altri pesi:


Orizzontamento a volta:
La volta scarica il peso P2 sulla parete in un punto diverso dal baricentro
della parete; la volta a botte ad esempio scarica nel baricentro dell'imposta
(per le volte a botte P2 = Pvolta/2). Questa forza effettua un lavoro nella
componente di spostamento virtuale dy2. Considerando la forza
orizzontale corrispondente a P2 avremo che sarà pari al peso P2 per a0
poiché siamo nella configurazione indeformata. La forza orizzontale
compie lavoro nello spostamento virtuale orizzontale del baricentro dx2

NB: le forze orizzontali derivano dai pesi attivati dall'azione sismica

Copertura:
Per il solaio bisogna distinguere il caso di travi principali parallele o
ortogonali alla parate: se sono ortogonali il caso è riconducibile a quello
precedente mentre se sono parallele il solaio è flessibile nel proprio piano.
Per effetto dell'accelerazione sismica la massa del solaio può spingere sulla
parete con un certa intensità a0 * P3. Non c'è però la forza verticale
perché, in base alla tessitura, scarica sulle altre pareti. Il punto di
applicazione della forza sarà interno allo spessore del solaio. Tale forza
orizzontale compie lavoro in uno spostamento orizzontale virtuale dx3.
L'indicatore diventa j perché non ci sono forze verticali.

Volta:
la normativa chiama "forza esterna" in questo caso trattasi di spinta statica
delle volte. Tale spinta c'è sempre anche se non c'è il sisma. Questa spinta F1
compie lavoro nello spostamento virtuale orizzontale d1 ( il verso è opposto
a quello della forza). L'ipotesi significativa che si fa è che F1 non vari durante
il movimento della parete in presenza di sisma (nella realtà F1 diminuisce)

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Per determinare a0 si utilizza il principio del lavori virtuali; ossia il principio per il quale il lavoro virtuale
compiuto dalle forze esterne agenti sul blocco deve uguagliare il lavoro delle forze interne del blocco (nell'ipotesi
di blocco rigido il lavoro interno è nullo):

Il lavoro delle forze esterne vale:

(NB: il meno c'è laddove forza e spostamento hanno versi discordi!!)

Applicando il PLV si determina il moltiplicatore a0 :

ESEMPIO: parete isolata (blocco singolo soggetto al solo peso proprio)


La parete in esame è questa mostrata in figura; R rappresenta la taglia, ossia la
distanza del baricentro dal centro di rotazione mentre f rappresenta l'angolo che R
forma con la base della parete. Le forze agenti sono proprio il peso proprio P 1 e la
forza orizzontale causata dal sisma che vale a0* P1.

Dobbiamo determinare prima gli spostamenti virtuali e tramite esse, applicando il PLV, ricavare a0. Gli
spostamenti virtuali infinitesimi possono essere calcolati con la cinematica del primo ordine. Ciò non è in
contraddizione con quanto detto prima, perché siamo nella configurazione indeformata; solo quando la parete
sarà ruotata ricorreremo alla cinematica esatta con rotazioni finite.
40
Rotazione virtuale infinitesima dq1 intorno al centro di rotazione O:

Tramite il PLV ricaviamo il moltiplicatore a0 :

E definendo la snellezza come il rapporto si ottiene che :

Avremmo potuto raggiungere lo stesso risultato senza il PLV ma con semplici considerazioni di equilibrio:
1) imponendo che l'attivazione del meccanismo sia determinato dal passaggio della risultante delle forze per il
centro di rotazione O (condizione limite):

2) imponendo l'equilibrio dei momenti attorno al centro di rotazione O:

Si osserva che l'imposizione della condizione di equilibrio risulta agevole nel caso di blocco
singolo, ma non, in generale, in sistemi più complessi, con diversi blocchi coinvolti nel
meccanismo. In questi casi è preferibile ricorrere alla soluzione generale basata sul principio dei
Lavori Virtuali, che richiede lo studio della cinematica del sistema, ossia la determinazione degli
spostamenti virtuali dei punti di applicazione delle diverse forza in gioco.

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 configurazione ruotata:

Si utilizza un'espressione del moltiplicatore analoga a quella iniziale:

Nella qual gli spostamenti sono determinati nella configurazione variata. La configurazione variata va analizzata
ricorrendo alla cinematica esatta, poiché si hanno grandi spostamenti. Per gli spostamenti virtuali infinitesimi che
si applicano alla configurazione variata si può, invece usare sempre la cinematica del primo ordine.

ESEMPIO: parete isolata (blocco singolo soggetto al solo peso proprio)

Tramite il PLV ricaviamo il moltiplicatore a:

a0 è relativo alla configurazione indeformata, cioè per q1=0. Man mano che q1 cresce a decresce fino a
raggiungere a=0 per q1,0 = p/2-f, in questo caso le forze orizzontali che tengono in equilibrio il corpo sono
nulle. La posizione q1,0 corrisponde alla configurazione di equilibrio instabile:

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Anche per la configurazione indeformata avremmo potuto raggiungere lo stesso risultato senza il PLV ma con
semplici considerazioni di equilibrio:
1) imponendo che l'attivazione del meccanismo sia determinato dal passaggio della risultante delle forze per il
centro di rotazione O (condizione limite):

2) imponendo l'equilibrio dei momenti attorno al centro di rotazione O:

1. dK

La determinazione della componente orizzontale dello spostamento del punto di controllo ha come obiettivo
quello di trasformare la curva moltiplicatore-rotazione (a , q) nella curva moltiplicatore-spostamento (a, dk) al
fine di effettuare un'analisi push-over. Consideriamo un quarto di blocco (q1 è lo spostamento del punto di
controllo su un arco di circonferenza):

La componente dello spostamento del punto di controllo è

Per ogni valore di q possiamo ricavare a e dk e quindi possiamo costruire una nuova
curva che ci dia a in funzione di dk :

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5.4.1.2 Trasformazione della curva - nella curva di capacità

Noto l’andamento del moltiplicatore orizzontale dei carichi in funzione dello spostamento del punto di controllo
della struttura, occorre definire la curva di capacità dell’oscillatore equivalente. Per poter ottenere una curva
accelerazione spostamento, si fa riferimento alla circolare attuativa del DM 2008. Definiamo i parametri
dell’oscillatore equivalente:

 massa partecipante al cinematismo

Ricordando poi che si ricava l'espressione delle NTC:

Gli spostamenti virtuali vengono riguardati come "auto-vettori", cioè come modi di vibrare

 Si definisce frazione di massa partecipante il rapporto:

Ricordando poi che si ricava l'espressione delle NTC:

Ora siamo in grado di definire l'accelerazione spettrale a*; imponendo che , dove è la somma
delle forze orizzontali ed , è possibile definire l’accelerazione spettrale:

dalla quale si ricava che:

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In particolare l'accelerazione sismica spettrale di attivazione del meccanismo è :

per il meccanismo non si attiva;


per la parete ruota;
per siamo in condizione di equilibrio limite: incipiente attivazione del meccanismo.

A questo punto le NTC introducono il “fattore di confidenza” FC sull’accelerazione spettrale e ciò è dovuto al
fatto che è legato alla forza orizzontale resistente del meccanismo:

Lo spostamento spettrale dell’oscillatore equivalente si ottiene, in via approssimata, noto lo spostamento del
punto di controllo con riferimento agli spostamenti virtuali:

L' espressione è analoga a quella definita per l'analisi push-over :

In molti casi pratici, la curva di capacità si può approssimare con un’espressione lineare:

dove è lo spostamento spettrale corrispondente a .

La curva di capacità rappresenta la capacità del meccanismo a resistere alle azioni sismiche. Tale curva è
intrinseca al meccanismo e andrà confrontata con l’azione sismica (confrontiamo la domanda sismica con la
capacità).

45
5.4.2 Verifica di Sicurezza

5.4.2.1 Stato Limite di Danno – SLD

La verifica di sicurezza nei confronti dello SLD è soddisfatta qualora l’accelerazione spettrale di attivazione del
meccanismo sia superiore all’accelerazione di picco della domanda sismica. Nel caso in cui la costruzione
interessata dal cinematismo sia appoggiata sul terreno di fondazione, la verifica risulta soddisfatta se:

[il terremoto passa ma non fa ruotare il blocco!]

Se la porzione di costruzione interessata dal cinematismo non è invece a contatto con la fondazione, bisogna che
sia verificata anche la seguente disuguaglianza che tenga conto dell’amplificazione dell’accelerazione sulla
struttura:

in cui:

- : valore dello spettro elastico di risposta in corrispondenza del periodo proprio della struttura;
- : primo modo di vibrazione nella direzione considerata. In assenza di considerazioni più accurate si può
assumere: ; z è l'altezza del baricentro delle linee di vincolo dei blocchi interessai dal meccanismo
- : coefficiente di partecipazione modale. In assenza di più accurate analisi può porsi pari a: , con N
numero dei piani dell’edificio.

La verifica allo SLD si tratta di una verifica non sempre richiesta se non per opere tutelate dal punto di vista dei
beni archeologici; se lo SLD non è verificato, una struttura ordinaria può comunque andar bene a patto di
soddisfare le verifiche SLV.

5.4.2.2 Stato Limite di Salvaguardia della Vita – SLV

Sussistono due tipologie di verifiche (una sostituiva all’altra):


 Verifica semplificata con fattore di struttura q: anche in questo caso, la verifica di sicurezza risulta
soddisfatta se l’accelerazione spettrale di attivazione del meccanismo risulta superiore all’accelerazione di
picco della domanda sismica:

il coefficiente di struttura q può essere assunto pari a 2.


Se il meccanismo interessa una porzione della costruzione posta a una certa quota, oltre alla verifica
precedente, un'ulteriore verifica, che tiene conto in modo approssimato dell'amplificazione
dell'accelerazione , è la seguente:

Si tratta di una verifica più severa rispetto alla verifica allo SLD in quanto la domanda nella misura di ag è
di molto maggiore (si passa da un TR= 50 anni ad un TR = 475 anni). Il vantaggio di questa verifica è che
si richiede la valutazione della sola accelerazione di attivazione del meccanismo e non di tutta la curva di
capacità.

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 Verifica mediante spettro di capacità: la verifica di sicurezza nei confronti dello Stato limite di
salvaguardia della vita consiste nel confronto tra la capacità di spostamento ultimo del meccanismo
locale e la domanda di spostamento ottenuta dallo spettro di risposta in termini di spostamento
in corrispondenza del periodo secante :

La capacità di spostamento è definita come il valore minore tra:

a) il 40% dello spostamento (spostamento in corrispondenza del quale si annulla il


moltiplicatore → innesco di un meccanismo instabile, la parete ruota e la risultante di tutte le
forze è verticale passante per il centro di rotazione);

b) spostamento corrispondente a situazioni localmente incompatibili con la sicurezza degli elementi


della costruzione (esempio: sfilamento delle travi di copertura).

Per la domanda di spostamento serve un periodo compatibile con l'innesco del meccanismo. Si
sceglie un periodo secante:

Sperimentazioni numeriche hanno dimostrato che (cioè è il 40% della capacità di


spostamento).

rappresenta una sorta di periodo di oscillazione medio in quanto, in realtà, non esiste un periodo
proprio del meccanismo locale. Ma si è osservato che oscillazioni grandi corrispondono a un periodo
grande e oscillazioni piccole corrispondono a un periodo piccolo. Questa cosa è in contrasto con
l'oscillatore elementare, per il quale il periodo è sempre lo stesso per qualunque tipo di oscillazione. Per i
meccanismi non è cosi, ecco perché prendiamo uno spostamento medio, un'accelerazione media relativi
al Ts, periodo secante. (periodo medio). Attraverso , siamo in grado di definire la domanda attraverso
lo spettro di risposta in spostamento:

SDe =0 significa struttura infinitamente rigida,


l'accelerazione è proprio quella del terreno
(infatti lo spettro in accelerazione ci dà
l'accelerazione assoluta della struttura che è
legata alla fase d'inerzia). Si osserva poi un ramo
crescente e tipicamente per i meccanismi si ha 1s
< T < 2s ; poi c'è un ramo piatto e un ramo
decrescente. Un aumento di T significa aumento
di domanda in termini di spostamento (a meno
che non finisco sul ramo piatto). Per T maggiore
di 10s la struttura è molto deformabile; la massa
rimane ferma perché è praticamente disaccoppiata dal suolo, quindi essendo uno spostamento relativo,
quello che leggiamo è lo spostamento medio del terreno; infatti nello spettro a = 0 per T > 10s.
47
Anche in questo caso, se il meccanismo interessa una porzione ad una certa quota della struttura e non a
contatto con il terreno, occorre che sia verificata anche la seguente relazione:

ESEMPIO: parete isolata (blocco singolo soggetto al solo peso proprio)


Dati:

t = arretramento della cerniera, distanza dallo spigolo perché in realtà il meccanismo non si realizza mai
perfettamente nello spigolo

1) Per prima cosa si determina la risultante delle compressioni:

P = 2b * 2h * L * g

2) La resistenza di calcolo vale:


fd = fm/FC
3) Imponiamo che P sia equivalente al diagramma triangolare delle tensioni, con tensione massima pari a fd :
P = fd * 3t * L /2
e ricaviamo il valore dell'arretramento della cerniera:

4) Noto t si determina f ed R :

5) Si determinano le grandezze che definiscono la curva di capacità, assumendo interpolazione lineare:

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Ora dobbiamo fare la trasformazione per passare alla curva di capacità: si determinano quindi le seguenti
grandezze:

ao* = accelerazione spettrale che attiva il meccanismo


do* = spostamento spettrale in corrispondenza dell'equilibrio instabile

Immaginiamo ora che il sito in esame sia il seguente:

1) verifica agli SLD (TR=50 anni)


Tramite gli spettri si determina ag (accelerazione su suolo rigido) che moltiplicata per S ( S = Ss * St) fornisce la
domanda sismica che deve risultare minore di ao* :

NB: la verifica agli SLD è richiesta solo se vogliamo evitare fessurazioni

1) verifica agli SLV (TR=475 anni)


Tramite gli spettri si determina ag (accelerazione su suolo rigido); Ss cambia poiché ci sono delle plasticizzazioni
del terreno
2. verifica con fattore di struttura:

3. verifica con spettro di capacità

NB: avvolte la verifica con lo spettro di capacità è soddisfatta anche se l'altra non lo è; in questo caso basta
cambiare categoria di sottosuolo perché la verifica torni.

La verifica semplificata col fattore di strutture la tento in quanto più semplice (occorre solo il punto iniziale della
curva) e se viene soddisfatta sicuramente sono in favore di sicurezza. Se non dovesse essere semplificata, la
verifica deve essere necessariamente eseguita con lo spettro in capacità.

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EFFETTO SCALA: due blocchi simili (stessa snellezza) sotto la stessa azione sismica si comportano
diversamente; il blocco più grande è più sicuro. Infatti se svolgessimo l'esempio precedente prendendo un blocco
più grande troveremo che dko aumenta e Ts è maggiore perché un blocco più grande ha un periodo d'oscillazione
al secondo più grande.

PARETE INCATENATA IN SOMMITA'


Prima abbiamo trattato il ribaltamento, ora vediamo cosa succede con una parete incatenata in sommità:

cerniera alla base + cerniera intermedia + tirante in sommità (vincolo di carrello)

di solito si scelgono F20 per i tiranti

Usiamo lo stesso metodo precedente: "studio cinematico" , studiamo gli spostamenti virtuali dei punti cui sono
applicate le forze nella configurazione deformata, poi applichiamo il TLV. Vediamo direttamente il risultato
finale:

ramo 1-2 : pendenza molto elevata, la parete ruota attorno alla cerniera al piede, la configurazione è ancora
monolitica (non si è ancora formata la cerniera intermedia). Il moltiplicatore dei carichi orizzontali cresce a causa
dell'incremento di contributo offerto dalla catena, che aumenta con l'allungamento della stessa.
ramo 2-3 : nel punto 2 si forma la cerniera intermedia e in questo ramo si crea quindi il meccanismo dei 2
blocchi.
ramo 3-4 : nel punto 3 si annulla il contributo della catena, ma non perché questa si rompe (è raro) ma perché
avviene il punzonamento della muratura.
Ramo 4-5 : ramo discendente in cui la rotazione dei due blocchi continua senza il contributo della catena sino al
collasso.

Alcuni esempi sono S.Biagio a l'Aquila (terzo meccanismo di Roundelet) , cattedrale a Troia dove sono presenti
degli elementi in acciaio che vincolano la sommità della facciata e si genera il meccanismo a 2 blocchi.

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5.4.3 Meccanismi Globali

Sono quelli che interessano l'intera costruzione e impegnano i panelli murari prevalentemente nel loro piano.
Meccanismi tipici sono la "presso-flessione" e il "taglio". L'analisi sismica globale deve considerare, per quanto
possibile, il sistema strutturale reale della costruzione, con particolare attenzione alla rigidezza e alla resistenza dei
solai (a differenza di quelli in c.a. che sono rigidi), e all'efficienza dei collegamenti degli elementi strutturali. Dalle
NTC abbiamo diversi tipi di analisi:
1) ANALISI ELASTICA LINEARE con fattore di struttura q (con q diverso da quello dei meccanismi locali):
bisogna determinare i valori del calcolo delle resistenze dividendo i valori medi per i rispettivi FC e per il
coefficiente parziale di sicurezza dei materiali :

2) ANALISI NON LINEARE


I valori di calcolo delle resistenze da utilizzare sono ottenuti dividendo i valori medi di resistenza per i rispettivi
FC :

manca gM perché si calcola una curva PUSH-OVER il più simile possibile a quella reale, poi si fanno verifiche in
termini di spostamento. Lo spostamento ultimo per azioni nel piano di ciascun pannello è:
0.6% hpannelo , nel caso della presso-flessione
0.4% hpannelo , nel caso del taglio
Per la sicurezza della costruzione devo controllare sia i meccanismi locali che globali. Tuttavia se si sviluppano i
meccanismi globali devono essere impediti tutti i meccanismi locali (se una parte ribalta fuori dal piano, non su
può sviluppare il meccanismo globale nel proprio piano; gerarchia dei meccanismi di collasso). E' possibile che in
alcuni casi non ci sia chiaro il comportamento d'insieme (es. chiese); in tali casi le NTC propone di effettuare la
verifica globale attraverso un insieme esaustivo di verifiche locali purché la totalità delle forze sismiche sia
coerentemente ripartita sui meccanismi locali considerati.

5.5 ANALISI STATICA EQUIVALENTE

La risultante delle forze statiche equivalenti al sisma vale:

in cui:

- rappresenta l’ordinata dello spettro di risposta di progetto corrispondente al primo periodo proprio
(con il coefficiente F0 che quantifica l’amplificazione spettrale massima ed è definito sul reticolo di riferimento
- è posto pari a 0.85 se la costruzione ha almeno tre orizzontamenti e pari ad 1 in tutti gli altri casi
- W è il peso complessivo della costruzione
- g è l'accelerazione di gravità
- q è il fattore di struttura che dipende dal tipo struttura
- S tiene conto della categoria di sottosuolo Ss e delle condizioni topografiche St; S = Ss * St
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Sostituendo Sd troviamo la seguente espressione :

Possiamo quindi fare delle considerazioni sull'accelerazione massima sul territorio nazionale. Consideriamo le
zone a sismicità maggiore sul reticolo di riferimento. Avremmo che:

Il coefficiente di amplificazione S è pari a :

Il coefficiente di struttura q è pari a :

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Noto Fh possiamo ricavare l'azione sismica corrispondente al valore massimo dell'ordinata spettrale,
adimensionalizzata rispetto al peso W , e ponderata con il coefficiente di sicurezza parziale gm=2 :

CONFRONTO TRA DM '96 e DM '08

Nel DM '96 il coefficiente di sicurezza parziale gm non era sempre 2. Per confrontare i diversi DM determiniamo
le nostre Fh con diversi gm :

NTC 08 con gm=2 con una media pari a 0,651

NTC 96 con gm=3 con una media pari a 0,69

Per l'azione sismica non c'è grande differenza tra NTC-08 e NTC-96; anzi l'NTC-96 era più cautelativo e aveva
un intervallo di confidenza molto più stretto attorno al valore medio; per l'NTC-08 il valore medio è simile, ma
l'intervallo di confidenza è più ampio; conta il terreno (Ss e St). Tutto ciò per gli edifici in muratura nuovi, le cose
cambiano per gli edifici esistenti.

EDIFICI ESISTENTI (NTC + ISTRUZIONI)

- analisi sismica corrispondente al valore massimo dell'ordinata spettrale,


adimensionalizzata rispetto a W e ponderata con gm e FC

Confrontando NTC 08 e NTC 96 abbiamo che:

NTC 08 con gm=2 ha una media pari a 0,8051

NTC 96 con gm=1 ha una media pari a 0,46

La maggiore severità delle NTC 08 e mitigata dal fatto che usiamo resistenze medie, mentre il DM 96 usa
resistenze caratteristiche.

53
5.6 METODI DI ANALISI DEI MECCANISMI GLOBALI

Sono 4 e si ottengono dalla combinazione di metodi statici e dinamici, lineari e non lineari

5.6.1 Analisi statica lineare

Applicabile nei casi previsti dal $7.3 anche per costruzioni irregolari in altezza purché si ponga l=1

1. Modello a mensola:

E' il modello di calcolo più


semplice ed costituito da elementi
murari continui dalle fondazioni
alla sommità, collegati ai soli fini
traslazionali alle quote dei solai. Le
mensole sono collegate ai solai con
elementi "biella" in modo che a
livello di piano le mensole hanno
tutte lo stesso spostamento. Non
c'è nessun collegamento flessionale fra le mensole; le bielle offrono solo collegamento traslazionale.
Questo modello non ha senso per la muratura ordinaria (non armata), perché le mensole collassano per
bassi valori di carico a presso-flessione. La normativa lo propone per muratura armata, ovvero dotata di
elementi che possono assorbire la trazione. Altro aspetto da considerare è la deformabilità a flessione e a
taglio:
la rigidezza complessiva è l'inverso della flessibilità dell'elemento (flessibilità a
flessione + flessibilità a taglio). Le NTC consigliano l'utilizzo di rigidezze
fessurate che in assenza di valutazione possono essere assunte pari alla metà di
quelle non fessurate.

2. Modello a telaio:

In questo modello possono essere


considerati anche montanti verticali
(maschi murari) più elementi di
accoppiamento orizzontali (fasce
murarie o travi di accoppiamento). Cosi,
a differenza del modello precedente, le
fasce, a livello di piano, accoppiano
comportamento a flessione e a taglio.
Nello zone d'intersezione tra maschio e
fascia, cioè nei nodi, si fa
l'approssimazione di intersezioni infinitamente rigide. Le fase murarie vengono considerate solo se
sorrette da un cordolo di cemento armato o da un architrave resistente a flessione e ben ammorsai alle
estremità, per evitare che l'elemento collassi o comunque si danneggi.

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5.6.2 Analisi dinamica lineare (modale)

I modelli sono gli stessi dell'analisi statica, cambia solo la modellazione dell'azione sismica (spettro di risposta). In
ogni caso la muratura ordinaria , già per bassi valori dell'azione sismica entra in campo non lineare (si fessura)

5.6.3 Analisi statica non lineare

E' un'analisi push-over, ossia in una prima fase i carichi verticali sono tenuti costanti, in una seconda fase i carichi
orizzontali (azioni sismiche) vengono incrementati progressivamente. Tale analisi è applicabile agli edifici in
muratura anche nei casi in cui la massa partecipante del 1° modo di vibrare sia inferiore al 75% della massa totale,
ma comunque superiore al 60%. Si studia cosi il comportamento della struttura fino al collasso.
I maschi murari vengono modellati con una legge elasto-plastica. Si individua un 1° ramo on rigidezza Ko che
contiene sia deformazione a flessione che a taglio (la formula vista prima per Ko era valida per le mensole; noi
tipicamente useremo modelli a telaio).

F = taglio ; d = spostamento orizzontale

dy = inizio ramo plastico ; du= fine ramo plastico

Conoscendo Ko ed R calcolo facilmente dy = R/Ko , mentre du è fornito dalla normativa

La duttilità è limitata infatti il ramo plastico non tende a infinito. I modelli per i maschi murari sono quelli visti
per l'analisi statica (mensola e telaio) ma si possono utilizzare anche altri modelli:

1. Modello POR:

Fasce infinitamente rigide e resistenti; oggi si usa solo per edifici molto bassi. Il forte limite di questo
modello era che ignorava il tira e spingi e l'equilibrio alla rotazione

2. Modello a telai equivalente:

Maschi murari e fasce di piano posso andare in crisi sia per taglio che per presso-flessione (supera i limiti
del POR)

3. Modello a macro-elementi:

Grossi elementi per modellare tutto il maschio o tutta la fascia di piano. Non sono l'estensione degli
elementi finiti (EF) che conosciamo, ma sono EF specifici, sviluppati per le murature che ne simulano il
comportamento con relativa resistenza a flessione e a taglio

4. Modello a elementi finiti:

Maschi e fasce suddivisi in tanti elementi per una modellazione che è accurata e permette di tener conto
delle irregolarità. Gli svantaggi sono che i parametri meccanici si cui si basano gli EF sono estesi e difficli
da quantificare e differenza dei macro-elementi

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5.6.4 Analisi dinamica non lineare

Si modella l'edificio e lo si sottopone ad un'azione dinamica (accelerogramma). Il problema è che occorre tener
conto del comportamento non lineare associato al danneggiamento, ma anche tener conto dell'energia dissipata
nei cicli d'isteresi del fatto che ad ogni ciclo la resistenza diminuisce; è difficile quantificare i parametri che sono
anche in numero maggiore rispetto a quelli dell'analisi statica. Ecco perché si preferisce l'analisi statica non
lineare.

5.7 VERIFICHE DI SICUREZZA

5.7.1 Analisi lineare

Per edifici nuovi e per ciascun elemento si verifica :


- pressoflessione nel piano
- taglio
- pressoflessione fuori dal piano

Per edifici esistenti si fa l'analisi dei meccanismi locali.

5.7.2 Analisi non lineare

La verifica consiste nel confronto tra la capacità di spostamento ultimo della costruzione e la domanda di
spostamento. Nelle NTC non c'è differenza tra il push-over per gli edifici in muratura o per gli edifici in c.a. Sia
per le costruzioni in muratura ordinaria, che per le costruzioni in muratura armata, nella quali il rapporto tra il
taglio totale agente alla base del sistema equivalente ad 1 grado di libertà calcolato dallo spettro di risposta
elastico e il taglio alla base resistente del sistema equivalente ad 1 grado di libertà ottenuto dall'analisi non lineare
eccede il valore di 3.0, la verifica risulta non soddisfatta.
La rigidezza elastica si individua tracciando la secante alla curva di capacità
(ottenuta a controllo di spostamento; curva blu), nel punto corrispondente a
un taglio alla base F* pari a 0,7 volte il valore massimo Fy*. Il tratto
orizzontale si individua tramite l'uguaglianza delle aree sottese dalle curve
tracciate fino allo spostamento ultimo del sistema.

Definiamo le modalità di crisi per i singoli pannelli e andiamo a vedere come valutare le resistenze a
pressoflessione e a taglio che ci servono per fare i legami

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1) PRESSOFLESSIONE NEL PIANO
Si manifesta con schiacciamento della muratura in una zona limitata del bordo del pennello.
La forza N si avvicina al bordo (esce la 3° medio); c'è trazione e il pannello si fessura. Il
pannello entra in crisi per pressoflessione quando lo stress-block raggiunge 0.85 fd con, in
corrispondenza, un momento ultimo Mu pari a :

l = lunghezza dell'elemento
s0 = tensione normalemedia sula sezione , positiva se di compressione ( se di trazione Mu = 0)
t = spessore pannello

Vediamo come varia Mu con s0 :

l'espressione di è quella di una parabola quadratica del 2° ordine, per s'o= 0 accade
che Mu= 0 , cioè va subito in crisi per pressoflessione non c'è N. Pannello non
compresso da una forza orizzontale. La compressione è fondamentale per portare
momento flettente e taglio.
Il problema è proprio sulla sommità degli edifici dove non c'è l'aiuto del peso proprio. Allora ci aiuta il tetto e
sottotetto, se però la tessitura comporta che io carico le stesse pareti sia col tetto che con il sottotetto quelle
parallele restano scariche. Allora si tessono in maniera ortogonale tetto e sottotetto.
Definita R, dobbiamo determinare lo spostamento ultimo. Per le NTC in caso di analisi statica non lineare, la
resistenza a pressoflessione può essere calcolata ponendo fd pari al valore medio della resistenza a compressione
della muratura e lo spostamento ultimo du pari allo 0.8% dell'altezza del pannello. Collasso del pannello per du
significa che il pannello azzera la resistenza, non riesce più a portare il taglio, non porta più il sisma. (NB: non è
detto che collassi, il pannello porta ancora i carichi verticali)

1. Dominio di resistenza a presso-flessione:


Data la geometria (h, l, t) e le sollecitazioni (N, V, M1, M2) in figura, il dominio di
resistenza a pressoflessione del pannello è definito dalle seguenti condizioni:

|M1|≤ Mu
| M2|≤ Mu

Mettendoci sul piano (M1, M2) abbiamo un dominio quadrato e semplice perchè si fanno verifiche separate per
M1 e M2. Se stiamo fuori il dominio si ha crisi per pressoflessione.

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2) TAGLIO NEL PIANO
Scorrimenti su giunti orizzontali concentrato alla base. Il taglio ultimo è pari a:

l' = lunghezza della parte compressa della parete ( in realtà s'intende pannello)
t = spessore

se l' < l allora (l' * t) è l'area che porta il taglio che moltiplicata per f vd ci da il taglio resistente (fvd dipende dalla
zona compressa, quindi da e*; ma se e* diminuisce la sn aumenta; quindi fra le diverse variabili ci sono delle
iterazioni che non sono immediate da individuare)

sn è la tensione normale sulla parete compressa, nel caso della pressoflessione avevamo delle tensioni medie.

La normativa impone delle limitazioni:


fvk < 1,4 fbk (in cui fbk = resistenza caratteristica a compressione di mattoni nella direzione orizzontale)
fvk < 1.5 MPa
In caso di analisi statica non lineare la resistenza a taglio può essere calcolato ponendo che:

con fvm0 = fvk/0.7 (resistenza media a taglio della muratura) e lo spostamento ultimo posto pari a 0.4%
dell'altezza del pannello. Lo spostamento ultimo è pari alla metà di quello a pressoflessione, il meccanismo a
taglio è un meccanismo più fragile.

1. Dominio di resistenza a taglio:


Data la geometria (h, l, t) e le sollecitazioni (N, V, M1, M2) in figura, si osserva che sul piano
(M1, M2) il taglio è dato da:

M1 = M2 (flessione doppia) , diagramma a farfalla con M=0 in mezzeria


M1 = - M2 (flessione pura) , tendono tutti e due o solo le fibre a destra o solo a sinistra

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Entrando nel dettaglio vengono fuori domini a ROMBO centrati sulle rette a 45°:

- dominio normale di resistenza a taglio (sez. parzializzata) - dominio limite di resistenza a taglio del pannello
(fvd raggiunge la resistenza a taglio limite, sez parz)

Il dominio di resistenza degenera in due rette parallele per sezioni interamente compresse (sezione interamente
reagente)

Il dominio di resistenza a taglio risulta dall'intersezione tra:


1) il dominio normale di resistenza a taglio con sezione parzializzata
2) il dominio limite di resistenza a taglio con sezione parzializzata
3) il dominio di resistenza a taglio con sezione interamente reagente

NB : la sezione deve essere verificata per tutti i domini: 3 per il taglio + quello limite + quello a presso flessione,
e la rappresentazione è un'intersezione di tutti questi domini.

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ESEMPIO NUMERICO:
Muratura con elementi artificiali con:
- fbk = 20 MPa
- malta a prestazioni garantite M10
Dalla tabella 11.10 V si ricava la resistenza a compressione caratteristica della muratura :
fk = 8 MPa
Dalla tabella 11.10 VII si ricava la resistenza caratteristica a taglio in assenza di tensioni normali:
fbk > 15MPa ; M10 ≤ M ≤ M10 ; fvk0 = 0.30 MPa
Dalla tabella 4.5 I si ricava il coefficiente di sicurezza parziale della muratura (elementi resistenti di categoria I,
malta a prestazione garantita, classe di esecuzione 1):

gM = 2

la resistenza a compressione di calcolo della muratura è :

Consideriamo ora la geometria del pannello:

Vogliamo determinare il dominio di resistenza e vedere in quali casi va in crisi per taglio e in quali per
pressoflessione:
1) dominio di resistenza a pressoflessione:
Il dominio di resistenza sul piano (M1, M2) sarà un quadrato poiché valgono le seguenti condizioni:

|M1|≤ Mu
| M2|≤ Mu

Ci interessa calcolare la tensione media so del pannello per la quale si considera l'area lorda della sezione
e non la sola parte compressa:

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1) dominio di resistenza a taglio:
1.a) In presenza di una sezione parzializzata calcolo M', M'', M'''

1.b) Dobbiamo considerare anche il Dominio Limite: cioè il raggiungimento della resistenza limite della
muratura fvd ; si tratta ancora di un rombo ma molto più simile ad un quadrato:

1.c) L'altro dominio è quello della sezione interamente reagente:

Intersecando questi 4 domini otteniamo che :

M1 = M2 rappresenta la condizione di flessione doppia , andamento del


momento a farfalla (nullo nella mezzeria). Per la flessione doppia il
dominio più gravoso e la rottura a taglio secondo il dominio normale
M2 = 0 rappresenta la condizione di flessione singola , è come se ci fosse
un incastro : comportamento a mensola, la rottura avviene a
pressoflessione

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COSA SUCCEDE AI DOMINI AL VARIARE DELLO SFORZO NORMALE???
All'aumentare di N il dominio di resistenza aumenta, ma l'espansione non è uguale per tutti i domini. Comunque
diventa più stringente il taglio
per la flessione doppia e la
pressoflessione per la flessione
singola. I domini a taglio
crescono al crescere dello
sforzo normale. Lo sforzo
normale è benefico per il taglio
(salvo raggiungere la crisi del
dominio limite). Non è cosi
per la pressoflessione. Fino a un certo punto la resistenza a taglio aumenta, poi si ha la rottura del pannello per
compressione, perciò la resistenza a taglio diminuisce.

Dove le curve si intersecano per bassi valori di N c'è crisi per taglio ,; per alti valori di
N c'è crisi per pressoflessione

La crisi avviene sempre per pressoflessione

COSA SUCCEDE AL VARIARE DELLA SNELLEZZA DEL PANNELLO???


Manteniamo l costante e facciamo variare h prendendo via via elementi sempre più tozzi. Osserviamo che il
dominio per pressoflessione non
cambia, esso infatti dipende da
so (che non dipende da h). I
domini per taglio invece si
restringono via via che il
pannello diventa più tozzo. Il
taglio resistente è più elevato nei
pannelli tozzi, anche se la crisi si
verifica prima che in quelli snelli.

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5.7.3 Travi murarie

Finora abbiamo parlato di maschi murari, ma se abbiamo il modello a telaio, dobbiamo vedere anche le verifiche
delle fasce di piano (la normativa parla di travi di accoppiamento). Le verifiche sono analoghe a quelle dei maschi
murari, ma sorge il problema di valutare le sollecitazioni in corrispondenza dei vari piani. Qualora si fa l'ipotesi
di solai infinitamente rigidi e siano presenti in prossimità della trave in muratura elementi orizzontali dotati di
resistenza a trazione (catene, cordoli), i valori delle resistenze potranno essere assunti non superiori ai valori
associati ai meccanismi di rottura a taglio o per pressoflessione. La normativa da delle indicazioni:

Il valore della resistenza a taglio per l'elemento trave in muratura ordinaria è pari al minimo tra Vt e Vp
(esempio numerico da slide 190 a 195)

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5.8 VALUTAZIONE IN PRESENZA DI AZIONI SISMICHE

Nel caso si muratura irregolare o caratterizzata da blocchi non particolarmente


resistenti, la resistenza a taglio di calcolo per azioni nel piano di un pannello in
muratura è calcolata con il criterio di rottura per fessurazione diagonale:

In cui:
t0d = valore di calcolo della resistenza a taglio di riferimento
ftd = valore di calcolo della resistenza a trazione per fessurazione diagonale (ftd = 1.5 t0d)
b = coefficiente correttivo legato alla distribuzione degli sforzi sulla sezione che dipende dalla snellezza della
parete :

ESEMPIO NUMERICO:

Intersecando i 2 domini di resistenza abbiamo che:

M1=M2 flessione doppia, rottura a taglio

M2=0 flessione singola, rottura a pressoflessione

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Nella modellazione degli edifici esistenti possono essere considerate le travi di accoppiamento in muratura,
quando siano verificate le seguenti condizioni:
- la trave sia sorretta da un architrave o da un arco o da una piattabanda
- la trave sia efficacemente ammorsata alle pareti che la sostengono, o si possa instaurare nella trave un
meccanismo resistente a puntone diagonale, cioè sia presente una componente diagonale di
compressione (ad esempio azione di una catena o di un elemento resistente a trazione in prossimità della
trave)
Un aggregato edilizio è costituito da un insieme di parti che sono il risultato di una genesi articolata e non
unitaria, dovuta a molteplici fattori. Nell'analisi di un edifico appartenente ad un aggregato occorre tenere conto
delle possibili interazioni con gli altri edifici. In tal caso i metodi di verifica di uso generale per gli edifici di una
nuova costruzione possono essere non adeguati. Per tener conto delle interazioni con gli altri edifici, dovrà essere
individuata l'unità strutturale (US) oggetto di studio, evidenziando le azioni che su di essa possono derivare dalle
unita strutturali contigue. L’US dovrà avere continuità da cielo a terra per quanto riguarda il flusso dei carichi
verticali e, di norma, sarà delimitata o da spazi aperti, o da giunti strutturali, o da edifici contigui strutturalmente
ma, almeno tipologicamente, diversi. Oltre a quanto normalmente previsto per gli edifici non disposti in
aggregato, dovranno essere valutati gli effetti di:
- spinte non contrastate causate da orizzontamenti sfalsati di quota sulle pareti in comune con le US adiacenti
- meccanismi locali derivanti da prospetti non allineati
- US adiacenti di differente altezza
La verifica di una US dotata di solai sufficientemente rigidi può essere svolta, anche per edifici con più di due
piani, mediante l'analisi statica non lineare, analizzando e verificando separatamente ciascun interpiano
dell'edificio, e trascurando la variazione della forza assiale nei maschi murari dovuta all'effetto dell'azione sismica.
Con l'esclusione di unità strutturali d'angolo o di testata, così come di parti di edificio non vincolate o non
aderenti su alcun lato ad altre unità strutturali, l'analisi potrà anche essere svolta trascurando gli effetti torsionali,
nell’ipotesi che i solai possano unicamente traslare nella direzione considerata dell'azione sismica. Nel caso invece
di US d’angolo o di testata è comunque ammesso il ricorso ad analisi semplificate, purché si tenga conto di
possibili effetti torsionali e dell’azione aggiuntiva trasferita dalle US adiacenti applicando opportuni coefficienti
maggiorativi delle azioni orizzontali. Qualora i solai dell'edificio siano flessibili si potrà procedere all'analisi delle
singole pareti o dei sistemi di pareti complanari, ciascuna parete essendo soggetta ai carichi verticali di
competenza ed alle corrispondenti azioni del sisma nella direzione parallela alla parete. Dovrà essere considerato
il possibile martellamento nei giunti tra US adiacenti.
EDIFICI SEMPLICI:
E’ consentito applicare le norme semplificate delle NTC, utilizzando al posto della resistenza caratteristica a
compressione fk il valore medio fm diviso per il fattore di confidenza. Oltre alle condizioni ivi prescritte, dopo
l’intervento di adeguamento, è necessario che risulti verificato quanto segue:
a) le pareti ortogonali siano tra loro ben collegate;
b) i solai siano ben collegati alle pareti;
c) tutte le aperture abbiano architravi dotate di resistenza flessionale;
d) tutti gli elementi spingenti eventualmente presenti siano dotati di accorgimenti atti a eliminare o equilibrare le
spinte orizzontali
e) tutti gli elementi, anche non strutturali, a elevata vulnerabilità siano stati eliminati;
f) le murature non siano a sacco o a doppio paramento, e in generale di cattiva qualità e scarsa resistenza (ad es.
muratura in “foratoni” o con spessori chiaramente insufficiente).

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INTERVENTI:
A seguito del terremoto dell'Umbria nel '97 e a quello del Friuli nel '76, sono cambiate le strategie d'intervento. Il
terremoto dell'Umbria del '97 è stata la prima prova sul campo di tecniche basate sull'uso estensivo del c.a. e si è
visto che in molti casi, tali interventi erano stati dannosi. La Normativa prevede 3 tipi d'intervento:
1) ADEGUAMENTO : è un intervento per cui la costruzione assume lo stesso grado di sicurezza delle nuove
costruzioni. Esso si attiva per:
a) Sopraelevare
b) Ampliare
c) Apportare variazioni di classe o di destinazione d'uso
d) Effettuare nuovi interventi strutturali
NB: l'adeguamento è d'obbligo se c'è incremento significativo del valore economico del manufatto

2) MIGLIORAMENTO : aumenta la sicurezza della costruzione, pur se non raggiunge il livello delle nuove
costruzioni. E' un intervento particolarmente oneroso. Si preferisce intervenire su un numero maggiore di edifici
piuttosto che intervenire su pochi. Sugli edifici storici e monumentali si preferisce adottare interventi più leggeri
(tutela del bene storico). Naturalmente questi interventi devono evitare il collasso della struttura a seguito di
terremoti molto intensi (pur con ammesso danneggiamento).

3) RIPARAZIONE o INTERVENTO LOCALE : ad esempio la sostituzione o riparazione di un solaio che


risulta danneggiato. Sono interventi su singole parti e comporta comunque un miglioramento . La Normativa
prescrive che prestazione e sicurezza possono essere riferite alla sola parte interessata, purché non si modifichi il
comportamento di insieme strutturale.

Gli interventi 2) e 3) sono i più utilizzati ; l'intervento 1) è solo per interventi strategici. Lo scopo è evitare il
collasso strutturale durante terremoti violenti. Ricordiamo che la gerarchia delle modalità di collasso di una
struttura in muratura è:
I. Disgregazione della tessitura muraria
II. Collasso fuori da piano
III. Collasso nel proprio piano
Vediamo ora nel dettaglio gli interventi da fare nel cado delle tre diverse modalità di collasso.

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 INTERVENTI PER LA DISGREGAZIONE DELLA TESSITURA MURARIA

1. INIEZIONI DÌ MISCELE LEGANTI :

Si effettuano solo se la disgregazione riguarda il legante. L'obiettivo è di ripristinare le caratteristiche


della muratura. Gli interventi possono essere
- teorici : il problema è solo la malta quindi si possono utilizzare le iniezioni per ripristinare le
caratteristiche meccaniche della muratura
- pratici : l'efficacia dell'intervento è legata alla possibilità della malta di permeare l'interno della massa
muraria

Le NTC dicono che quest'intervento deve migliorare le caratteristiche meccaniche, ma non gli si può
affidare il compito di correggere l'ammorsamento tra le pareti. Non tutte le murature sono iniettabili
(dipende dalla presenza dei vuoti). Gli strumenti utilizzati sono: compressore, miscelatore, serbatoio,
tubature in gomma, ugelli da inserire nei fori, manometro per il controllo della pressione d'iniezione. Le
miscele iniettate possono essere:
- per degrado diffuso, ma senza fessure evidenti; acqua + cemento
- per murature mal eseguite o con lesioni ampie < 5 mm ; acqua + cemento + sabbia
- per lesioni ampie > 5mm; acqua + cemento + sabbia + ghiaia
- per tempi di presa breve; miscela a base di resine organiche
- per elevate proprietà antiritiro, miscele reoplastiche

NB: il problema della granulometria cambia a seconda delle fessure. Per i beni tutelati si tende a evitare
l'uso di resine perché se in futuro si volesse cambiare il tipo di malta non lo si potrebbe fare, perché
trattasi di un intervento irreversibile.

Le fasi d'iniezione di malta in pressione sono le seguenti:

1) messa in sicurezza previsionale : puntellamenti che evitano dissesti


2) si scelgono i punti dove iniettare in funzione della tipologia muraria (tipicamente 2-4 punti/m2)
3) eventuale rimozione dell'intonaco con messa a nudo della tessitura muraria senza ricorrere a strumenti
a percussione
4) pulizia dei giunti con spruzzo di acqua e aria in pressione
5) sigillatura dei giunti murari con sabbia o ghiaia e cemento
6) lavaggio prima che la malta faccia presa
7) introduzione di tiranti d'acciaio per assorbire le pressioni d'iniezione
8) realizzazione dei fori
9) cementazione delle estremità se il foro è passante
10) inserimento di un bloccaggio anch'esso cementato alle estremità
11) immissione di acqua a bassa pressione nei fori dall'alto
12) iniezione della malta
13) immissione di latte di cemento a distanza di 24 e 48 ore del getto attraverso gli stessi fori per
riempire gli interstizi createsi nella fase di presa della malta
14) eliminazione della tuboforma e sigillatura del foro
15) ripetere lo stesso intervento appena descritto per il filare in alto

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Le fasi d'iniezione di malta per colo sono le seguenti:

1) eventuale rimozione dell'intonaco con messa a nudo della tessitura muraria


2) realizzazione dei fori d'ingresso
3) stuccatura dei giunti
4) inserimento nel foro di un ugello
5) immissione di acqua fino a riempimento complessivo dei vuoti
6) sigillatura dei eventuali lesioni segnate dalla fuoriuscita di acqua
7) immissione della boiacca di cemento
pulizia dei giunti con spruzzo di acqua e aria in pressione
5) sigillatura dei giunti murari con sabbia o ghiaia e cemento
6) lavaggio prima che la malta faccia presa
7) introduzione di tiranti d'acciaio per assorbire le pressioni d'iniezione
8) realizzazione dei fori
9) cementazione delle estremità se il foro è passante
10) inserimento di un bloccaggio anch'esso cementato alle estremità
11) immissione di acqua a bassa pressione nei fori dall'alto
12) iniezione della malta
13) immissione di latte di cemento a distanza di 24 e 48 ore del getto attraverso gli stessi fori per
riempire gli interstizi createsi nella fase di presa della malta
14) eliminazione della tuboforma e sigillatura del foro
15) ripetere lo stesso intervento appena descritto per il filare in alto

Le NTC prescrivono che particolare attenzione va posta nella scelta della pressione di immissione della
miscela, per evitare l’insorgere di dilatazioni trasversali prodotte dalla miscela in pressione. Nel caso si
reputi opportuno intervenire con iniezioni su murature incoerenti e caotiche, è necessario prendere
provvedimenti atti a ridurre il rischio di sconnessione della compagine muraria e di dispersione della
miscela. Particolare cura dovrà essere rivolta alla scelta della miscela da iniettare, curandone la
compatibilità chimico-fisico-meccanica con la tipologia muraria oggetto dell’intervento.
In base alle "Direttive tecniche della Regione Molise" si deve ricorrere a tale intervento solo se si
ipotizza la sua buona riuscita. Il problema è che visivamente non si può stabilire se l'intervento sia ben
riuscito, allora bisogna fare dei controlli periodici e sistematici :
- verifica dell'assenza di schiacciamento e cedimenti
- valutazione dei vuoti (indagine con endoscopio)
- prelievo di carote per condurre prove fisiche, chimiche e meccaniche
- controllo della presenza dei solfati
-controllo dell'umidità

2. PARETI IN C.A. :

Reti elettrosaldate poste sulla superficie della muratura e si realizza un intonaco di cemento. Si effettua
un "impacchettamento" della muratura con 2 r.e.s. Si tratta di un intervento particolarmente invasivo;
aumentano i pesi, lo spessore e la rigidezza della muratura; ne cambia il comportamento. Viene usato
quando siamo in presenza di un quadro fessurativo molto articolato e quindi non è possibile fare
iniezioni di miscele leganti. L'intervento ha lo scopo di aumentare la resistenza a flessione, trazione e
taglio oltre che la duttilità. L'accorgimento è che le 2 r.e.s debbano essere collegate trasversalmente
attraverso la muratura; si usano a tale scopo barre passanti nella muratura, fissate sulle reti con uncini
altrimenti collassano per conto loro.
Le NTC prescrivono l'utilizzo di quest'intervento per fori danneggiamenti e murature molto incoerenti.
L'intervento si può adottare in zone limitate. Se infatti fosse soggetta a schiacciamento un'intera sezione
muraria (tipo torri e campanili) non si eseguirebbe questo intervento, ma altri come ad esempio la

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cerchiatura. L'uso di intere pareti è sconsigliato per l'eccessivo aumento di rigidezza delle masse e quindi
dell'azione sismica.
I materiali da utilizzare sono :
- acciaio in rete elettrosaldata (acciaio inox o ferro zincato perché si ha corrosione per la presenza di
acqua)
- miscela legante (può essere diversa a seconda della procedura : conglomerato cementizio, miscela
legante, intonaco di malta cementizia

Le fasi della procedura sono:


1) puntellatura
2) asportazione dell'intonaco
3) muratura lavata e spazzolata
4) perforazione della muratura per far passare le barre di collegamento trasversale
5) posizionamento della r.e.s. distante almeno 2 cm dalla muratura per essere inglobate nel cemento
6) collegamenti
7) posizionamento della miscela legante

Tale tecnica è efficace solo nel caso in cui l’intonaco armato venga realizzato su entrambi i paramenti e
siano posti in opera i necessari collegamenti trasversali (barre iniettate) bene ancorati alle reti di
armatura. È inoltre fondamentale curare l’adeguata sovrapposizione dei pannelli di rete elettrosaldata, in
modo da garantire la continuità dell’armatura in verticale ed in orizzontale, ed adottare tutti i necessari
provvedimenti atti a garantire la durabilità delle armature, se possibile utilizzando reti e collegamenti in
acciaio inossidabile.
In base alle direttive tecniche della regione Molise la sovrapposizione va fatta anche negli angoli. Infatti
può capitare che:

1) sconnessione tra le pareti armate e il resto della muratura per assenza di collegamento trasversale.
L'intervento è risultato inutile e dannoso.
2) fessure verticali all'angolo : discontinuità per mancata sovrapposizione. Per risolvere il problema
vanno inseriti all'angolo dei ferri ad "L" che colleghino le r.e.s.
3) fessure orizzontali : discontinuità per mancata sovrapposizione delle r.e.s

Come fare a collegare le paretine interne avendo di mezzo un solaio tra un piano all'altro?
Vanno fatti dei fori nel solaio (nel caldone e non nei travetti) e si fanno passare i ferri per collegare le
pareti. I collegamenti vengono fatti sia in pianta che in elevazione. Se l'intervento è bene eseguito può
raddoppiare la resistenza dell'armatura. Tuttavia è un intervento fortemente invasivo. Sigilla la muratura
e riduce l'umidità, l'acqua non riesce ad evaporare e accelera il degrado della malta.

Controlli sulle aretine in c.a. :


in fase preliminare si fanno delle prove per mezzo di carote in modo da avere dei risultati da confrontare
con i risultati finali. Prima del getto in cls è consigliabile verificare il posizionamento dei ferri trasversali,
dopo l'intervento occorre controllare lo spessore finale delle paretine con lo spessore iniziale.

3. DIATONI ARMATI :

Quando abbiamo due paramenti scollegati tra di loro si effettua il collegamento


tramite diatoni in c.a. Le NTC prescrivono che tale intervento evita il distacco di uno
dei due paramenti o l'innesco di fenomeni d'instabilità per compressione. La parete
assume un comportamento monolitico. Nel caso dei paramenti degradati si può
effettuare una bonifica : si toglie la malta degradata e se ne inietta un altra per
ripristinare i giunti.

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4. CUCITURA ATTIVA DELLA MURATURA :

Consiste nell'adozione di tirantature diffuse nelle tre direzioni ortogonali, in particolare nella direzione
trasversale; migliora la monoliticità e il comportamento meccanico del corpo murario, incrementandone
la resistenza a taglio e a flessione nel piano e fuori dal piano. Tipicamente si adotta una griglia 60x60
nella muratura in pietrame. Si devono praticare dei fori di piccolo diametro 35-40 mm che vengono
eseguiti alternativamente (uno si e uno no) nei nodi della griglia. Il singolo nastro passa nel foro del nodo
della griglia, passa attraverso il foro dall'interno verso l'esterno e nei fori dove convergono più nastri
sarebbe meglio collegarli. Il tali nodi infatti vengono inseriti degli elementi ad imbuto e questi sono posti
tipicamente uno all'interno e uno all'esterno. Altro scopo degli imbuti è quello di dare una curvatura
opportuna al nastro in modo che possa essere messo in tiro. A differenza delle paretine in c.a. in cui le
r.e.s. sono messe lente, qui i nastri d'acciaio al momento della messa in opera sono messi in tiro e poi
bloccati. In pratica si realizza un impacchettamento della muratura. Esso deve essere continuo e non si
deve interrompere nemmeno ai solai.

 COLLASSO DELLA PARETE FUORI DAL PIANO

1° modo di collasso : ESTENSIONE. Esso si può impedire tramite


l'inserimento i catene che sono costituite da un tirante in acciaio e questo è
collegato all'estremità opposta della parete tramite dei capochiave. Le
catene si inseriscono in corrispondenza del solaio e hanno lo scopo di:
- realizzare un collegamento efficace tra solaio e parete
- assorbire la componente orizzontale di della sollecitazione di
compressione per sopperire alla scarsa resistenza a trazione. In sostanza le
catene impediscono il ribaltamento della parete e assorbono la spinta a
vuoto.
Le parti costituenti la catena sono:
- tirante in acciaio
- capochiave (elementi di ritegno)
- giunto di connessione se per esempio il tirante è troppo lungo (manicotto filettato)
- giunto di tensione (si utilizzano martinetti idraulici

Le verifiche da effettuare sono:


- verifica delle componenti (tirante a trazione, capochiave a flessione e a taglio)
- verfica della continuità della pretensione durante la tesatura

Le fasi di messa in opera sono:


1) scrostatura dell'intonaco per creare un'adeguata base d'appoggio per la piastra
2) interventi per la muratura in presenza di lesioni o di cavità
3) tracciamento dei livelli e degli assi dei tiranti
4) foratura a livello dei solai (h< 45m) con strumenti che evitano scuotimenti e vibrazioni
5) realizzazione di un incasso per alloggiare le piastre
6) consolidamento dell'area interessata dall'ancoraggio
7) inserimento dei tiranti
8) posizionamento organi di ritegno
9) messa in tiro
10) protezione per i capochiave
11) sigillatura dei fori e delle scalanature

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2° modo di collasso : FLESSIONE . mettere le catene agli angolo
potrebbe non essere sufficiente e si ha una flessione che si amplifica
maggiormente per pareti lunghe (tipicamente lunghezze > 5m) e si
aggrava ancor di più se la copertura è spingente.

3° modo di collasso : SCORRIMENTO . le pareti restano rettilinee e


ben collegate negli angoli, ma si ammette che possa esserci una rotazione
localizzata agli angoli. Si inseriscono dei profili in acciaio
sufficientemente rigidi per evitare la l'inflessione fuori dal piano e devono
essere collegati alla muratura e vincolati negli angoli con dei giunti a
cerniera. In alcuni casi conviene avere un solaio rigido in altri casi un solaio deformabile. Un solaio
rigido conviene quando abbiamo un edificio regolare in pianta. Negli altri casi conviene assecondare il
moto di scorrimento in quanto questo lascia inalterata la ripartizione delle forze sismiche tra le pareti. La
cinematica è quella di un quadrilatero articolato, la statica è tale per cui il profilo trasmette le forze nei
giunti secondo lo schema di trave appoggiata, per cui le
forze si ripartiscono a metà tra le due cerniere. Le due
cerniere trasmettono le forze ai 2 profili che funzionano
come catene e tramite la barra passante e i capochiave, le
forze vengono trasmesse alle pareti. Nel caso di solaio rigido
si ha torsione e quindi le forze vengono ripartite non solo
sulle due facciate.
In base alle NTC : va evitata l’esecuzione di cordolature ai
livelli intermedi, eseguite nello spessore della parete (specie
se di muratura in pietrame), dati gli effetti negativi che le
aperture in breccia producono nella distribuzione delle
sollecitazioni sui paramenti. Devono essere evitati cordoli
inseriti nello spessore della muratura ai livelli intermedi,
mentre possono risultare utili cordoli in acciaio, realizzati
con piatti o profili sui due paramenti, collegati tra loro
tramite barre passanti. Essi forniscono una certa rigidezza
flessionale fuori dal piano della parete e ostacolano lo sviluppo di meccanismi di rottura delle fasce sopra
porta e sotto finestra (meccanismo tirante-puntone).

 COLLASSO DELLA PARETE FUORI DAL PIANO

Ci posso essere due tipi di collasso:

per taglio per flessione

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Si ovvia con rinforzo, sostituzione o ricostruzione di parte degli elementi:

- iniezioni di malta
- lastre cementizie
- sostruzione muraria (cuci e scuci)

 Sostruzione muraria (1° strategia):

si usa per ripristinare le caratteristiche strutturali quando il degrado colpisce sia la malta che gli
inerti. Sostruzione significa rifacimento. Tuttavia essa produce un indebolimento momentaneo
della muratura, si può dunque ricorrere ad essa solo in zone limitate. La NTC prevede che:
l’intervento di scuci e cuci è finalizzato al ripristino della continuità muraria lungo le linee di
fessurazione ed al risanamento di porzioni di muratura gravemente deteriorate. Si consiglia di
utilizzare materiali simili a quelli originari per forma, dimensioni, rigidezza e resistenza,
collegando i nuovi elementi alla muratura esistente con adeguate ammorsature nel piano del
paramento murario e, se possibile, anche trasversalmente al paramento stesso, in modo da
conseguire la massima omogeneità e monoliticità della parete riparata. Tale intervento può
essere utilizzato anche per la chiusura di nicchie, canne fumarie e per la riduzione dei vuoti, in
particolare nel caso in cui la nicchia/apertura/cavità sia posizionata a ridosso di angolate o
martelli murari. Il materiale solitamente adoperato nell’intervento è rappresentato da mattoni
pieni di buona qualità e malta cementizia; soltanto in alcuni casi, in particolare nei restauri
architettonici, si utilizza come inerte la pietra dura. E’ possibile asportare il materiale
manualmente "a strappo" o, se lo spessore murario è consistente o i carichi gravanti sono
elevati, ricorrere a martinetti idraulici saldati a profilati HE che garantiscano la portanza nella
zona da sostituire.

Le fasi operative sono:


1) determinazione dell'ordine di intervento sulle diverse pareti da trattare
2) suddivisione della zona muraria in sottocantieri
3) puntellamento per portare i carichi allo stesso modo su tutte le murature
4) messa in carico dei puntelli con martinetti idraulici o meccanici
5)demolizione del singolo sottocantiere senza provocare vibrazioni
6) rifacimento
7) ammorsamento tra vecchia e nuova muratura con elementi spingenti verticali
8) sigillatura vecchio-nuovo

 Inserimento di nuovi elementi (2° strategia):

1) riquadratura aperture: inserimento di


elementi di acciaio sui bordi che vanno
incastrati ali angoli. Bisogna collegare i 2 telai
accoppiati sulle due superfici delle pareti. Gli
effetti sono 2:
- aumento della rigidezza
- si realizza un architrave che impedisce il
collasso della parte sovrastante dell'apertura
Si utilizza questo tipo di intervento quando il
rinforzo è insufficiente e tipicamente per edifici
con molte aperture che quindi hanno una
sezione resistente di muratura modesta. Le NTC prescrivono negli inserimenti di architravi di
curare il perfetto contatto e la messa in forza con la muratura esistente

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2) pareti di controventamento in acciaio: è in intervento invasivo; c'è un
problema di rigidezza soprattutto per i controventi in acciaio ma non
comportano un grande incremento dei pesi come quelli in c.a. ; inoltre c'è
bisogno di un'adeguata fondazione. Sono interventi che si adattano bene
qualora si voglia fare l'adeguamento (vuol dire portare le caretteristiche di
resistenza ai livelli delle nuove costruzioni.

3) incatenamenti di volte o di strutture spingenti: è un intervento


che non fa "mai male" a meno che non c'è un errore nel tiro delle
catene, e comunque potrebbe non bastare da solo. In base alle
NTC le catene vanno inserite alle reni di archi e volte e per ragioni
estetiche si possono mettere alle imposte ma bisogna controllare le
spinte. Tali elementi devono essere dotati di adeguata rigidezza
(sono da preferirsi barre di grosso diametro e lunghezza, per
quanto possibile, limitata); le catene devono essere poste in opera
con un’adeguata presollecitazione, in modo da assorbire parte
dell’azione spingente valutata tramite il calcolo (valori eccessivi del
tiro potrebbero indurre danneggiamenti localizzati). In caso di
presenza di lesioni e/o deformazioni, la riparazione deve
ricostituire i contatti tra le parti separate, onde garantire che il
trasferimento delle sollecitazioni interessi una adeguata superficie e
consentire una idonea configurazione resistente. Per
assorbire le spinte di volte ed archi non deve essere
esclusa a priori la possibilità di realizzare contrafforti o
ringrossi murari. Questi presentano un certo impatto
visivo sulla costruzione ma risultano, peraltro, reversibili e
coerenti con i criteri di conservazione. La loro efficacia è
subordinata alla creazione di un buon ammorsamento
con la parete esistente, da eseguirsi tramite connessioni
discrete con elementi lapidei o in laterizio, ed alla
possibilità di realizzare una fondazione adeguata.
L'intervento sulle volte è dovuto al fatto che se ho già un carico verticale, l'azione sismica va a
creare una forza orizzontale che si somma a quella verticale e quindi rischio il ribaltamento. Ci
sono varie strategie d'intervento:
1) sostituire il materiale di riempimento con materili più leggeri
2) inserire lastre c.a. all'estradosso
3) incatenamento

L'alleggerimento della volta avviene nelle seguenti fasi:


1) puntellamento
2) messa a nudo dell'estradosso
3) perni metallici che eliminano gli scorrimenti relativi tra gli elementi strutturali
4) realizzazione di una serie di archi con curvatura pari quella della volta (pannelli con interasse
pari a 0.6 - 1.2 m) che danno rigidezza alla volta e portano il piano di calpestio sovrastante.
5) messa in opera del nuovo solaio
6) eliminazione puntelli

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Vediamo alcune specifiche tecniche per il consolidamento delle volte:

1. TIRANTATURA ORIZZONTALE
E' come per le catene

2. TIRANTATURA VERTICALE
1) puntellamento della volta
2) si mette a nudo l'estradosso ( che va forato per inserire i tiranti fissati generalmente con
resine)
3) foratura
4) lavaggio dei fori
5) posizionamento dei tiranti
6) cementazione all'intradosso
7) creazione di un solaio in c.a. o in acciaio al quale si vincolano i tiranti per annegamento o per
saldatura o per bullonatura
NB: la volta perde il suo comportamento strutturale, resta solo per l'estetica

I carichi verticali compiono lavoro negativo e favoriscono il meccanismo di Mascheroni.


(abbassamento in chiave e movimento verso l'alto e verso l'esterno alle reni). La catena ostacola
la componente che va verso l'esterno. È possibile il ricorso a tecniche di placcaggio
all'estradosso con fasce di materiale composito. La realizzazione di contro-volte in calcestruzzo
o simili, armate o no, è da evitarsi per quanto possibile e, se ne viene dimostrata la necessità, va
eseguita con conglomerato alleggerito e di limitato spessore. Il placcaggio all’intradosso con
materiali compositi è efficace se associato alla realizzazione di un sottarco, in grado di evitare le
spinte a vuoto, o attraverso ancoraggi puntuali, diffusi lungo l’intradosso.

MARTELLAMENTO TRA I CORPI DI FABBRICA CONGIUNTI:


Due murature che oscillano a frequenze diverse sotto azione sismica subiscono martellamento. Le strategie di
miglioramento sono:

1) inserimento di collegamenti (catene) : evito i problema e i corpi diventano uniti, per situazioni più complesse si
fanno veri e propri giunti.

2) eliminazione e/o indebolimento piani deboli (chiudere o riquadrare le aperture)

3) irrigidimento dei solai: L’irrigidimento dei solai, anche limitato, per ripartire diversamente l’azione sismica tra
gli elementi verticali comporta in genere un aumento della resistenza, che migliora la robustezza della struttura.
Nel caso dei solai lignei può essere conseguito operando all’estradosso sul tavolato. Una possibilità è fissare un
secondo tavolato su quello esistente, disposto con andamento ortogonale o inclinato, ponendo particolare
attenzione ai collegamenti con i muri laterali; in alternativa, o in aggiunta, si possono usare rinforzi con bandelle
metalliche, o di materiali compositi, fissate al tavolato con andamento incrociato. Un analogo beneficio può
essere conseguito attraverso controventature realizzate con tiranti metallici. Il consolidamento delle travi lignee
potrà avvenire aumentando la sezione portante in zona compressa, mediante l'aggiunta di elementi
opportunamente connessi.

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