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Restauro
Restauro
Lo studio di un costruzione esistente riguarda la valutazione del degrado, dei danni e delle modifiche che
eventualmente ha subito l’opera. La normativa prevede tre livelli di approfondimento per ognuno dei quali si
assumono dei diversi coefficienti chiamati “FATTORI DI CONFIDENZA” i quali permettono una stima
cautelativa in termini di sicurezza. I fattori di confidenza saranno funzione delle indagini conoscitive eseguite che
possono essere di tipo:
1) storico: comprendono la sismicità del sito
2) sperimentali: per determinare le caratteristiche dei materiali su una struttura esistente.
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Cinta Murarie Etrusche: sono costituite da blocchi di dimensioni
minori rispetto alle mura megalitiche anche per i problemi di messa in
opera e trasporto (meglio molti blocchi piccoli che pochi blocchi grandi e
pesanti). Le murature etrusche sono simili a quelle che vediamo oggi, cioè
costituite da blocchi squadrati di pietra di diverse dimensioni e materiali
accostati a formare filari orizzontali.
Opus Quadratum: deriva dalle murature greche. E’ caratterizzato da blocchi lapidei parallelepipedi che
possono essere assemblati in diversi modi:
Sistema Romano Arcaico: l’assemblaggio era piuttosto irregolare
Sistema Greco Isodomo: blocchi disposti con la direzione lunga
parallela alla direzione longitudinale (di taglio) con i giunti
verticali sfalsati tra un filare a l’altro
Ma il muro fatto con due blocchi accostati genera una superficie di discontinuità: poco efficace, è come
avere due muri distinti. Per ovviare a questo problema i blocchi venivano disposti con il lato lungo,
alternativamente, nella direzione parallela e ortogonale (ortostati e diatoni)
Sistema a Ortostati e Diatoni alternati: blocchi di testa e blocchi
di taglio si alternano in modi diversi nel filare e tra un filare e
l’altro al fine di evitare superfici di discontinuità all’interno del
muro stesso.
L’Opus Quadratum risultava impegnativo a causa della squadratura dei blocchi, del loro trasporto, del
loro posizionamento.
Opus incertum: Il più antico tipo di paramento per muri a sacco con nucleo in opus
caementicium è l’opus incertum, costituito da tufelli immersi nel nucleo del muro, con
la parte in vista di forma irregolare. Nell’opus incertum, la forma degli scapoli
dipendeva dalla frantumazione naturale o dalla conformazione del banco di estrazione.
Per scongiurare lesioni, si evitavano gli allineamenti sulla verticale.
1.2.2 ACQUEDOTTI
1.2.3 PONTI
La forma dell’arco utilizzata per queste strutture era quella dell’arco a tutto
sesto seguita dal sesto ribassato. Di particolare interesse era la fondazione
delle pile che poteva essere costituita da un’unica piattabanda o da una
grande platea. La parte più delicata era costituita dalle pile che oltre a dover
resistere alla pressione dell’acqua dovevano servire anche da contrafforte per
la spinta degli archi e delle masse gravanti su di essi. Per assecondare il corso
della corrente esse erano talvolta oblique rispetto a questa. Poiché nella costruzione si adoperava per lo più l’arco
a tutto sesto, con l’aumentare della luce il ponte diventava sempre più alto, cosicché spesso la carreggiata
risultava più alta delle rive del fiume. In tal caso, rampe inclinate su archi minori rendevano possibile l’accesso al
ponte. Spesso gli intradossi delle arcate erano realizzati con blocchi tra loro imperniati e ingrappati.
Gli elementi essenziali della struttura dell’arco trionfale sono la volta, i pilastri portanti e l’elemento di
coronamento. Gli archi possono essere ad 1 fornice o 3 (rari a 2). Sono costituiti da blocchi in pietra posti a
semplice contrasto oppure tenuti uniti da grappe metalliche. Il problema principale degli archi riguarda
l’assorbimento della spinta; questo è il motivo per cui i pilastri sono di grandi dimensioni e del perché spesso
all’arco centrale grande vengono accostati archi laterali di dimensioni minori. La spinta
in questo modo viene annullata in parte da controspinte laterali; la parte residua deve
necessariamente essere assorbita dai pilastri. La causa delle spinta è la “curva delle
pressioni” che, se l’arco è bene fatto, risulta essere tutta interno a questa. La curva delle
pressioni si instaura nella struttura indipendentemente dalla forma dei conci: la forma
trapezoidale di quest’ultimi è legata all’esigenza di contrastare lo scorrimento tra questi.
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1.2.5 VOLTE ROMANE
Le più comuni sono le volte a botte e a crociera ma anche volte a tutto sesto e a sesto
ribassato trovano largo impiego. Il problema del contrasto della spinta era risolto in vari
modi tra i quali quello di addossare ai piedritti dei contrafforti od altre volte. Un ulteriore
accorgimento consiste nell’alleggerire il peso delle volte stesso adottando materiali più
leggeri man mano che si sale.
E' un altro esempio di architettura romana, gli elementi costruttivi sono : pareti in muratura e volte a botte e a
crociera per coprire gli ambienti (terme di Caracalla, terme di Diocleziano)
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1.2.9 TEATRI ROMANI
1.2.10 ANFITEATRI
Sono una costruzione tipicamente romana nati come edifici destinati ad accogliere gli spettacoli dei gladiatori.
Sono stanzialmente rintracciabili due tipi di anfiteatri:
1) Anfiteatro su terrapieno: cerca di utilizzare la morfologia del terreno: solo dietro al
primo e più basso ordine di posti corre un passaggio in muratura; tutti gli altri ordini
di posti consistono in un terrapieno.
2) Nella seconda tipologia, la cavea poggia su muri radiali spesso uniti da volte che
formano passaggi anulari; non si sfrutta più il terreno bensì si sviluppa una struttura
fatta di archi che permetteva anche l’accesso e il deflusso degli spettatori.
- ARENA DI VERONA: muri radiali in opus caementicium con volte a botte che ospitano la gradinata
in pendenza. Tali volte non hanno apertura costante ma va riducendosi “ad imbuto”. (possiamo pensare
che la serie di archi permetteva l’assorbimento della spinta nella direzione circonferenziale però c’è una
componente radiale in quanto il bilanciamento della spinta non è completo per via della pendenza).
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MATERIALI: L’anello esterno e buona parte di quello interno sono in travertino; i massi sono connessi
senza malta e sono tenuti insieme da perni metallici. Si è calcolato che il ferro per le grappe superasse le
300 tonnellate. Incendi e terremoti hanno richiesto diversi restauri ma, nonostante gli effetti naturali, la
manomissione peggiore è legata all’opera antropica: i blocchi in travertino furono infatti
sistematicamente asportati per essere utilizzati in nuove costruzioni (XV e XVI secolo). Altra
asportazione in epoca medievale è stata quella dei perni metallici de connessione dei blocchi ed a ciò si
devono i numerosi fori ben visibili nella seconda fascia muraria.
I primi restauri iniziarono nel 1806 dopo il danneggiamento in seguito ad un
terremoto. Sono visibili fessure sub-verticali nel IV ordine e scorrimenti
importanti (anche 10 cm) nei primi due ordini che hanno richiesto un
intervento di emergenza. Raffele Stern ipotizzò due diverse modalità di
intervento che dovevano passare al vaglio dell’Accademia di San Luca: “per
via di togliere” che passava per l’eliminazione delle arcate danneggiate (ipotesi
scartata), e “per via di aggiungere” che comprendeva la chiusura delle prime
due arcate con muratura in laterizio e l’aggiunta di uno sperone d’emergenza
in laterizio in grado di assorbire la spinta degli archi. Lo sperone venne
realizzato senza badare alle forme architettoniche delle arcate esistenti
dovendo far fronte ad un urgenza di intervento che doveva dunque risultare
più economico e veloce possibile. Un altro ntervento (sul lato opposto nel 1823) fu fatto ad opera di
Giuseppe Valadier il quale si occupò del recupero dell’anello perimetrale. La differenza rispetto al
precedente intervento è che non vi era un pericolo immediato. Anche in questo caso si tratta di un
intervento “in via di aggiungere” : anche in questo caso è stato posizionato uno sperone in muratura con
archi che riprendono lo stile originale in laterizio.
Sono colonne isolate erette con scopo celebrativo costituite da enormi rocchi marmorei sovrapposti a secco la
cui connessione era assicurata oltre che dalla superficie di contatto anche da perni alloggiati in appositi fori. La
colonna è decorata con un fregio a spirale, e il fusto è scavato all'interno per ospitare una scala a chiocciola.
La prima colonna coclide costruita è quella di traiano 113 d.C. La colonna fu eretta
dopo la conquista della Dacia da parte di Traiano e rievoca tutte le fasi della battaglia.
La colonna è alta 29.78 metri, ovvero 100 piedi romani (colonna centenaria) ed è
costituita da 19 blocchi di marmo in cime dei quali era collocata una statua bronzea di
Traiano. Il rilievo esterno a nastro è stato eseguito quando la colonna era già stata
montata; stesso discorso per la scala a chiocciola interna. Altro esempio è la colonna
di Marco Aurelio per celebrare le vittorie sui Germani.
Danni tipici sono dissesti legati ad eventi sismici visibili dagli spostamenti dei fregi.
Per alcuni punti gli spostamenti relativi sono prevalentemente radiali, per altri
prevalentemente circonferenziali, e sono prodotti da rotazioni intorno a un centro
istantaneo che si sposta sulla superficie di appoggio.
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1.2.12 ARCHITETTURA ROMANTICA
Dopo la caduta dell’impero roman0, l’architettura in Oriente entra in un periodo di stasi fino all’anno 1000.
Dall’XI secolo si verifica in Europa un periodo di grande modernizzazione con l’affinamento delle tecniche
agricole, un incremento demografico, riprendono i commerci e crescono le zone urbane con una graduale
affermazione di un nuovo ceto sociale detto “borghesia”. Si assiste ad una ripresa dell’attività edilizia e di
produzione artistica. L’architettura romanica sorge quasi contemporaneamente in tutta Europa con le stesse
caratteristiche grazie agli scambi di cultura resi possibili soprattutto con il diffondersi dei pellegrinaggi. Il
romanico è caratterizzato dalla riscoperta delle tecniche costruttive dell’architettura romana e dall’uso di elementi
quali l’arco a tutto sesto, il pilastro la volta etc. Esempi notevoli sono il Duomo di Modena e la Basilica di San
Ambogio a Milano.
Ad ogni macro elemento corrisponde un insieme di meccanismi locali anno analizzati le riposte locali dei singoli
elementi. Ad esempio la facciata può subire questi tre tipi di fenomeni:
Le caratteristiche strutturali comuni delle chiese sono: la presenza di grandi luci, di grandi altezze, pochi
collegamenti intermedi. Tutto ciò determina in generale una vulnerabilità maggiore delle chiese rispetto agli
edifici, anche se questi ultimi hanno una qualità muraria mediamente inferiore.
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1.2.14 ARCHITETTURA GOTICA
Rientrano in questa tipologia di opere le torri campanarie le quali sono in genere caratterizzate da aperture maggiori
salendo verso l’alto. Tali torri sono caratterizzate da elevati sforzi di compressione (Torre di Pisa, Campanile di
Giotto a Firenze..). In epoca medievale tendono a svilupparsi centri storici (aggregati) nei quali tutte le
costruzioni risultano a stretto contatto con genesi complessa e articolata.
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1.2.16 RINASCIMENTO
Il Rinascimento si sviluppa a Firenze e si diffonde in Europa in un arco di tempo che va dalla seconda metà del
XIV secolo fino al XVI secolo. Eventi storici determinanti sono sicuramente la nascita degli stati moderni (tra
cui le monarchie nazionali in Francia Spagna ed Inghilterra), la scoperta dell’America. Il Rinascimento è
caratterizzato dalla riscoperta dell’architettura classica ed in particolare di quella romana con la ricerca di forme
geometriche regolari semplici e armoniose.
SANTA MARIA DEL FIORE (1420-1436): la cupola di Santa Maria del Fiore
rappresenta un nuovo modello e costituirà un riferimento per tutte le cupole rinascientali
e barocche sucessive. A differenze delle cupole classiche di forma emisferica, è una cupola
ogivale, derivata dall’arco gotico (arco acuto). La forma ogivale permette di ridurre la
spinta alle imposte. Lo spessore diminuisce verso l’alto così come il peso; la tecnica è
analoga al Pantheon ma mentre quest’ultimo in sommità presenta un foro, la cupola di S.
Maria del Fiore presenta un carico concentrato (lanterna): il peso della lanterna è portato
dalla struttura grazie alla forma a cuspide. Si ha dunque un ribaltamento del
funzionamento statico rispetto alle cupole classiche, nelle quali in sommità il carico
doveva essere il minore possibile.
E’ la cupola più grande che sia mai stata costruita con un diametro esterno di 54 metri e interno di 45 metri;
l’imposta della cupola si trova a 55 metri dal suolo con una altezza della cupola di 34 metri. La base dell’imposta
è ottagonale e dunque a rigore si tratterebbe di una volta a padglione a pianta ottagonale ma, nonostante ciò, il
comportamento è proprio quello di una cupola.
La spinta alla base è contrastata con 24 catene lignee collegate da staffe di ferro. Le
principali difficoltà con le quali dovette scontrarsi Brunnelleschi furono legate al diametro
(il più grande mai realizzato), l’altezza da terra, tale da non consentire l’utilizzo di centine,
la base ottagonale. Per risolvere queste difficoltà si opta per la scelta di una doppia
cupola con calotta interna di 2.50 metri e d esterna di 0.9 metri, con 1.20 m di
intercapedine tra di esse con scale che conducono alla lanterna. La calotta esterna ha uno
scopo strutturale oltre che estetico essendo collegata alla calotta interna (è come se la
cupola avesse spessore 2.5+1.2+0.9 m ma in realtà è allegerita dall’intercapedine).
La cupola è stata costruita senza l’ausilio di centine ma mentre una cupola a base circolare può essere costruita a
partire dalle imposte procedendo verso l’alto (autoportante in fase costruttiva) ciò non può ritenersi vero per
una volta a padiglione. La tecnica costruttiva venne scoperta negli anni ’60 a seguita della rimozione della
copertura di uno spicchio di cupola: i mattoni non erano paralleli bensì convergevano vero un ipotetico centro.
L’idea di base è che nello spessore della cupole fosse inscritta una cupola a pianta circolare (ecco perché
l’intercapedine di 1.2m) e che quindi fosse autoportante anche in fase costruttiva: è come se la cupola fosse stata
costruita come una cupola a pianta circolare affettando idealmente parti di muratura per realizzare le facce piane.
Il concetto è analogo a quello della piattabanda ossia un elemento lineare ma con funzionamento ad arco.
Poiché inoltre la distanza dall’asse della cupola è maggiore
agli spigoli che al centro degli spicchi, i corsi dei mattoni
non sono orizzontali ma formano una curva “a corda
blanda” così da non creare problemi di giunzione e
discontinuità.L’inclinazione dei corsi di mattoni è resa
possibile dalla tessitura a “spina pesce”, ossia mattoni
disposti in direzione ortogonale alla giacitura dei corsi a
intervalli regolari. In questo modo si assicuravano
all’intradosso della cupola delle sponde provvisorie tra due file di mattoni che evitavano lo scivolamento
dell’ultimo strato di mattoni posto inopera fintanto che la malta non facesse presa. I mattoni stesi in verticale
avrebbero tenuto fermi gli altri; con questa struttua ogni mattone scarica il proprio peso su quello precedente e
l’ultimo sulla base della cupola. Le due cupole sono autoportanti grazie a questa disposizione. Le spinte laterali
dei mattoni erano contrastate dai costoloni e da anelli in legno ed in pietra.
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SAN PIETRO (1588-1593): fu costruita 150 anni dopo S. Maria del Fiore da Giacomo
Della Porta su progetto di Michelangelo e con la quale si notano somiglianze ma anche
differenze. La pianta è circolare e la cupola poggia su un tamburo su cui si aprono 16
finestroni rettangolari separati da costoloni e definiti all’esterno da colonne binate. La cupola
è ogivale (a differenza del progetto iniziale di Michelangelo) in quanto questa forma è più
adatta a portare un carico concentrato insommità riducendone le spinte.
Il progetto inizialmente prevedeva una basilica a pianta centrale ma, dopo che Clemente
VIII affidò la direzione dei lavori a Carlo Moderno, vennero aggiunte altre due navate
più un portico in facciata (pianta a croce latina).
La cupola, come S. Maria del Fiore, è a doppia calotta e tra le due è situata una scala per
raggiungere la lanterna. La calotta interna è spessa 2 metri mentre quella esterna 1 metro;
fu costruita su centine smontate solo dopo la costruzione della seconda calotta. In questo
modo l’attivazione del peso proprio conseguente alla rimozione delle centine andò a
sollecitare entrambe le calotte. Lo spessore dei costoloni disposti tra le due calotte varia da 2-5 metri. La cupola
raggiunge l’altezza di 136 metri con un diametro di 42 con un peso stimato di 14.000
ton ed è portata da 4 pennacchi sferici che poggiano su quattro pilastroni.
Per contrastare le fessurazione nella direzione dei meridiani sono presenti cerchiature
metalliche. A seguito di dissesti sorti nella cupola dopo la sua realizzazione, venne
commissionato lo studio del quadro fessurativo della stessa a Giovanni Poleni e a
Vanvitelli. Durante lo studio si riscontrarono numerose fessure della calotte interna
secondo le direzioni dei meridizani ed inoltre una cechiatura in ferro disposta da Della
Porta venne trovata spezzata. Poleni calcolò la curva delle pressioni sulla base dei pesi
stimati e notò che, pur passando in chiave ed all’imposta per il baricentro della sezione,
nelle altre sezioni si discostava dalla cupola. In particolare la curva alle reni si avvicinava
all’intradosso fin quasi ad esservi tangente. Ciò indicava che il materiale era ivi prossimo
allo schiacciamento e fessurato all’estradosso (la cupola avrebbe dovuto avere una
sagoma ancor più ogivale). Tuttavia l’equilibrio risultava ancora soddisfatto e questo
spiega perche la cupola seppur danneggiata non fosse crollata.
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1.2.17 Il BAROCCO
La concezione architettonica del barocco (XVI secolo) è principalmente rivolta alla ricerca di nuove forme più
che innovazioni strutturali: le forme divengono più arrotondate con stucchi e decorazioni abbondanti e colorate
(Bernini, Piazza San Pietro Borromini, Ivo alla Sapienza).
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2 PARETI IN MURATURA
2.1 INTRODUZIONE
La muratura è un materiale costituito da elementi inerti di grosse dimensioni di origine naturale (pietre) o
artificiale (mattoni) e da un legante ovvero la malta. Le differenze principali con il calcestruzzo sono legate alle
dimensioni degli inerti ed al fatto che questi, nell’impasto del calcestruzzo, hanno un ordine caotico mentre nelle
opere in muratura sono organizzati nella cosiddetta tessitura muraria.
Consideriamo ora la snellezza geometrica (h/l) e assembliamo un muretto di soli diatoni o solo ortostati su una
tavola inclinabile, utile per simulare l'azione sismica. Si osserva che :
- a parità di snellezza la pendenza è maggiore per il muretto di solo ortostati poiché ha una maggiore superficie
su cui sviluppare l'attrito
- all'aumentare della snellezza la resistenza si riduce
(NB : non conviene realizzare un muretto di soli diatoni perché lo scopo degli ortostati è quello di
realizzare un migliore ingranamento e lo sviluppo di un maggiore attrito che contrasta lo scorrimento)
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Questi meccanismi di collasso vengono studiati da Rondelet: l’approccio di Rondelet è essenzialmente statico ed
è basato sul confronto tra momento ribaltante (forza *semi-altezza del muro) e momento stabilizzante ( peso del
muro * spessore/2) oppure, in maniera equivalente, tra i rispettivi lavori virtuali.
L'approccio di Rondelet non tiene conto della natura dinamica dell’azione sismica che porta numerosi effeti non
sempre prevedibili quali:
- aumenta il grado di sicurezza
- occorre distinguere tra oscillazioni monolatere e bilatere
- effetto scala (a parità di rapporto base altezza, pareti grandi si comportano meglio delle pareti piccole)
- forte dispersione dei risultati
L'effetto dell'azione sismica può essere studiato attraverso una tavola vibrante, una
base e un blocco bosto sopra di esse. Tramite questa prova sono state valutate:
I risultati vengono elaborati in tabelle per h fissata, sisma fissato e facendo variare la snellezza m=6-10 e la base
b=100-1200 mm; si è visto che i risultati erano molto dispersi e che per il terremoto di umbria-marche bastano
piccole spessori per impedire il ribaltamento a differenza del terremoto irpinia-basilicata. Le conclusioni sono:
- L'approccio statico, che utilizza l'accelerazione massima alla base, permette solamente di valutare l'attivazione
delle oscillazione. In alcuni casi alle oscillazioni fa seguito il ribaltamento mentre in altri no.
- In generale si ha un aumento dei ribaltamenti al diminuire della dimensione del blocco (effetto scala); in altri
termini, blocchi di grandi dimensioni sono più sicuri nei confronti del ribaltamento.
- La transizione tra la zona dei ribaltamenti e quella dei non ribaltamenti è estremamente frastagliata e i risultati
sono molto dispersi.
- Nella zona di transizione, piccole variazioni di snellezza e/o di larghezza possono capovolgere completamente
l’esito (problema della ripetibilità dei risultati
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3) COLLASSO DELLA PARETE NEL PIANO
Per taglio : in genere la rottura per taglio nella muratura avviene se la resistenza
della malta è maggiore della resistenza della muratura: può essere controproducente
adottare una malta molto resistente a mattoni poco resistenti se la muratura è
disordinata. L’effetto di tale rottura può essere un pericoloso scorrimento su piani
inclinati con conseguenti lesioni diagonali. Il danneggiamento più frequente è una
lesione “a scaletta” con scorrimenti all’interfaccia tra elementi e malta (scorrimenti
tra i giunti orizzontali). Sotto azione sismica le strutture collassano quando il
danneggiamento è tale da rendere la struttura non più in grado di sostenere il carico
verticale. E’ importante osservare che tale fenomeno di rottura attiva l’attrito e
dunque si ha anche un fenomeno di dissipazione di energia durante lo scorrimento.
La rottura a taglio può innescare su pannelli affiancati da due aperture (maschi
murari) 2 lesioni a “X” che possono creare un doppio triangolo di muratura che
può essere espulso.
Oltre ai meccanismi sopracitati possono sussistere meccanismi composti (collasso nel piano più collasso fuori
piano) ed inoltre possono generarsi danni legati ad:
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2.3 ORIZZONTAMENTI E COPERTURE
Per quanto riguarda i tetti in legno si possono avere tetti non spingenti
(nei quali le travi principali orizzontali poggiano sulle murature di
estremità; prima fig. a sinistra) o tetti spingenti (nei quali le travi
inclinate poggiano su un muro: i tetti esercitano una azione spingente sul
muro già in condizioni statiche; seconda fig. a destra).
Al collasso l’arco si trasforma in un sistema articolato di cerniere tra i diversi conci. In alternativa all’approccio
statico è possibile adottare un approccio cinematico: in alcune sezioni dell’arco possono verificarsi rotazioni
relative tra i conci dovute all’apertura all’interfaccia tra due zone adiacenti; raggiunto un certo numero di cerniere
l’arco collassa.
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MECCANISMO DI MASCHERONI per l’arco caricato simmetricalmente: Mascheroni propose un
meccanismo a rottura dell’arco che prevedeva, per arco caricato simmetricalmente, la formazione di 5 cerniere
con formazione di lesioni all’intradosso della chiave
e all’estradosso delle reni. Se si formano tutte e 5 le
cerniere (1 estradosso chiave, 2 estradosso reni, 2
alla bese dei piedritti) l’arco è labile ed il sistema è
indeterminato. Le cernire si formano nei giunti in
cui la curva delle pressioni si avvicina al bordo
dell’arco uscendo dal 3° medio (nocciolo centrale di
inerzia). Inizialmente l’arco è un sistema 3 volte
iperstatico; con la formazione delle prime tre
cerniere (chiave e reni) il sistema diviene isostatico.
Tale struttura con le tre conseguenti fessurazioni
non è pericolosa ed anzi consente all’arco di
adattarsi agli spostamenti dei piedritti a patto di
verificare che la curva delle pressioni continui a
trovarsi internamente all’arco stesso.
L’inversione delle cerniere rispetto al meccanismo
di Mascheroni è molto rara e può aver luogo solo
se vi è una fortissima controspinta. Per trasformare il sistema da isostatico a labile occorre la formazione di un
ulteriore cerniera: tuttavia, in un arco simmetricamente caricato, le due cerniere alle imposte si formano
contemporanemante. A diferenza di una rotazione in chiave, la rotazione dei piedritti risulta estremamente
pericolosa per la stabilità. In tutti i casi, a prescindere dal meccanismo, l’arco esercita una spinta sui piedritti già in
condizioni statiche e dunque può contribuire al ribaltamento di questi ultimi se la spinta non è assorbita da
speroni o catene:
SPERONI: muri rastremati in altezza posti in adiacenza dei piedritti. Rappresenta un
intervento invasivo che richiede spazio e fondazioni specifiche. In alternativa agli
speroni, si possono mettere dei contrafforti ossia elementi isolati collocati ad un
certo interasse. Entrambi i provvedimenti hanno la finalità di modificare la curva
delle pressioni dell’arco garantendone la stabilità anche in condizioni statiche. La
tessitura degli speroni deve essere ortogonale alla curva delle pressioni.
CATENA ALLE RENI: la catena è una invenzione medioevale che ha influenza sul
comportamento globale dell’arco.
INCREMENTO DEL CARICO VERTICALE: in alcuni casi potrebbe risultare conveniente rimuovere alcune
colonne al fine di aumentare i lcarico verticale sull’arco. Incrementando la forza verticale rispetto alla spinta
orizzontale si centra la curva delle pressioni
N.B. Condizione essenziale affinché possa svilupparsi il meccanismo ad arco è che i piedritti possano
sopportare la spinta; solo in tal caso può formarsi la curva delle pressioni ed il conseguente
meccanismo
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2.3.3.1 Azione Sismica
L’azione sismica può modificare la forma della funicolare al rischio che la risultante esca dal cono d’attrito con
conseguente scorrimento dei giunti dei conci. Già i Romani erano intervenuti inserendo tra i conci delle grappe
metalliche. Il danneggiamento dovuto all’azione sismica nelle colonne invece si manifesta con fessure ad unghia
al di sotto del capitello.
ARCO RAMPANTE
Rappresenta un elemento tipico dell’architettura gotica finalizzato a trasferire le spinte
verso l’esterno della struttura che risulterà dunque priva di muri spessi di bordo e dunque
più slanciata. Tra le curve staticamente ammissibili è di particolare interesse la
funicolare di spinta minima detta anche funicolare passiva. La spinta esercitata dalla volta
sull’arco rampante ( ) (w=peso per unità di lunghezza misurato sull'orizzontale)
deve essere maggiore del valore minimo corrispondente alla funicolare passiva affinchè
l’arco rampante non inneschi il collasso della volta verso l’interno.
CUPOLE
Lo sforzo per unità di lunghezza nella direzione dei paralleli è:
a = raggio
w = peso per unità di superficie
Se f < 52° sono nella zona superiore della cupola, lo sforzo è negativo
(compressione)
Se f > 52° sono nella zona inferiore della cupola, lo sforzo è positivo
(trazione)
Tutto ciò deriva da un analisi elastica del problema, quando si formano le fessure il comportamento cambia,
diventa plastico e le fessure vanno anche oltre i 52°
NB: lungo i meridiani solo compressione, lungo i paralleli compressione e trazione
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VOLTE A CROCIERA
la rottura al di fuori del piano si verifica prevalentemente per ribaltamento, flessione o instabilità.
NB : La resistenza e la rigidezza di un pannello caricato nel proprio piano sono notevolmente superiori a quelle
al di fuori dello stesso.
a) Pannelli non collegati tra loro, solaio collegato ai due pannelli ai quali appoggia (cattivo ammorsamento), possono
presentarsi in questo schema principalmente due casi:
a.1) Solaio collegato ai pannelli ortogonali al sisma: le forze sismiche del solaio
vengono scaricate sulla sommità dei due pannelli ortogonali all’azione sismica, le
forze sismiche dei pannelli paralleli al sisma vengono scaricate direttamente a terra.
I pannelli ortogonali al sisma vengono sollecitati a mensola caricata con una forza
concentrata in sommità e con un carico distribuito che ne determinano
rapidamente il collasso per flessione o instabilità; i pannelli paralleli al sisma
vengono sollecitati a taglio e flessione nel loro piano con tensioni modeste. (I
MECCANISMO DI RONDELET)
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a.2) Solaio collegato ai pannelli paralleli al sisma: le forze sismiche del solaio
vengono scaricate sulle sommità dei due pannelli paralleli all’azione sismica, le
forze sismiche dei pannelli ortogonali al sisma vengono scaricate direttamente a
terra. I pannelli ortogonali al sisma vengono sollecitati a mensola soggetta ad un
carico distribuito, con alto rischio di collasso per flessione o instabilità. I pannelli
paralleli al sisma sono sollecitati a taglio e flessione nel loro piano con tensioni
modeste. (questo secondo caso è migliore rispetto al primo poiché le pareti non
sono soggette alle forze del solaio)
b) Pannelli collegati tra loro, solaio molto deformabile nel suo piano collegato solo a due od a
tutti e quattro i pannelli (buon ammorzamento dei cantonali):
i pannelli in direzione ortogonale al sisma sono soggetti alle forze del solaio,
applicate in sommità, e alle proprio forze sismiche distribuite
uniformemente. I pannelli in direzione ortogonale al sisma scaricano in parte
tali forze ai pannelli paralleli al direzione del sisma (distribuzione triangolare).
La situazione è migliore rispetto al caso a), funzionando i pannelli a piastra
vincolata su tre lati ma il rischio di collasso dei pannelli ortogonali all’azione
sismica rimane elevato. (III MECCANISMO DI RONDELET)
c) Pannelli non collegati, solaio molto rigido nel suo piano, collegato a tutti e quattro i
pannelli (no ammorzamento):
le forze del solaio si scaricano, per effetto della sua rigidezza largamente
prevalente, sui pannelli paralleli all’azione sismica. Le forze dei pannelli
ortogonali, con un funzionamento a trave appoggiata o con un vincolo di
semi-incastro alle estremità, vengono per metà scaricate sul solaio che a sua
volta le riporta sui pannelli paralleli all’azione sismica. Questa situazione
risulta decisamente più favorevole delle precedenti. I pannelli ortogonali non
solo non devono sostenere le forze del solaio, ma sopportano il carico
uniforme ortogonale secondo uno schema statico a due vincoli che consente
una drastica riduzione delle tensioni.
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2.4.2 Funzionamento di una Parete Muraria
22
analizzando l’impatto del sisma in modo da indirizzare le opere di pronto intervento e le successive risorse
finanziarie. Il danno che si verifica a seguito del terremoto è associato ad una serie di meccanismi di collasso che
individuano, attraverso la semplificazione di corpo rigido, le modalità con cui la costruzione arriva al collasso. I
dati di danno rilevati sulle chiese a seguito di terremoti costituiscono un’importante banca dati per la valutazione
della vulnerabilità e per la messa a punto delle strategie di prevenzione. I macroelementi hanno risposte
indipendenti tra loro; in particolare si è provveduto a mettere a punto un abaco di tutti i meccanismi ricorrenti
nei vari macroelementi:
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MECCANISMI DI RIBALTAMENTO DEL TIMPANO
Può avvenire nel caso di buon ammorzamento dei cantonali. In questo caso le fessure si aprono nelle pareti
laterali con buone probabilità in corrispondenza di aperture. Oppure può avere in alternativa ribaltamento
globale a seguito dello snervamento o della rottura delle catene. In alcuni casi il vincolo fornito dalla catena fa
variare il meccanismo di collasso inducendo la cerniera a spostarsi (possono aversi per esempio fenomeni di
inflessione nel piano della facciata). In ogni caso comunque la catena non impedisce il ribaltamento del timpano.
Per quanto riguarda la rottura a taglio nel piano della facciata distinguiamo tipicamente tre meccanismi:
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RISPOSTA TRASVERSALE DELL'AULA
- ribaltamento del muro verso l’interno o verso l’esterno, oppure un ribaltamento globale con rotazione
concorde delle pareti (ribaltamento a parallelogramma).
- il ribaltamento di entrambi i piedritti, di uno solo dei due o il ribaltamento della parte superiore ad essi.
ABSIDE
Anche per l’abside possono aversi meccanismi di ribaltamento o di taglio solo che, la particolare geometria
dell’abside, può rendere i collassi meno prevedibili e intuitivi di quelli osservati in precedenza.
TORRE CAMPANARIA
Per le torri campanarie si hanno delle lesioni a taglio prossime alla verticale (forti carichi verticali) ed in
corrispondenza delle aperture. Cosi come nei pilastri vengono messe le staffe , qui ci sono le CATENE (non
impediscono il danneggiamento ma inediscono il collasso)
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3.1 VALUTAZIONE DEL RISCHIO SISMICO
A seguito del terremoto dell’Irpinia, sono state catalogate più di 400 chiese e sono state redatte le cosiddette
matrici di probabilità di danno dove in ascissa è posto il grado d’intensità del sisma in scala Mercalli ed in
ordinata l’entità del danno. Si nota che per bassi livelli dell’azione si danneggiano più gli edifici ordinari in quanto
per tali azioni conta la qualità muraria da cui può dipendere il disgregarsi della muratura (le chiese hanno migliore
qualità muraria). All’aumentare dell’entità sismica il danno sulle chiese diventa molto significativo in relazione al
fatto che gli edifici presentano livelli di vincolo dati dagli orizzontamenti (meccanismi di ribaltamento più gravi
nelle chiese che negli edifici). Ad ogni modo per tutti i tipi di edifici il danno medio sale con l'inensità.
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4 PROVE MECCANICHE DI LABORATORIO
Le prove meccaniche di laboratorio servono a determinare le caratteristiche meccaniche della muratura di cui si
compone la struttura. Le prove di tipo distruttivo si scontrano con difficoltà con le dimensioni degli elementi
che sono dell'ordine della decina del cm e pertanto il provino dovrebbe essere dell'ordine della decina di cm per
dare informazioni significative. Le prove meccaniche di laboratorio, possono dividersi in:
prove su componenti (elementi, malta, interfaccia elementi malta);
prove su assemblaggi di piccole dimensioni ( tra 10 cm e 1 m)
prove su pannelli (maggiori di 1 m)
Possiamo avere molti tipi di malta della quale analizziamo le caratteristiche meccaniche. Si fa riferimento in
genere a provini del tipo
Prove di trazione per flessione : all’interno della muratura, in seguito alle sollecitazioni sismiche, la
malta è sottoposta a trazione e se ne studia la resistenza attraverso questa
prova. Sono adatti a tale prova i provini prismatici. L’apparecchiatura di
prova è costituita da una pressa che consente di applicare una
compressione in corrispondenza della mezzeria del provino (provino
visto come una trave semplicemente appoggiata con un carico
concentrato in mezzeria). Il provino si rompe per trazione per flessione e
lesione in mezzeria si espande dal basso verso l’alto. La resistenza a
trazione per flessione è data da: .
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Correlazione tra i risultati delle tre prove:
Dalla correlazione tra i risultati delle tre prove si nota che la resistenza a flessione è circa due volte più grande
della resistenza a trazione (Rf = 2 Rt). Attraverso relazioni empiriche è possibile stimare la resistenza a
compressione della malta se è nota quella a trazione.
Si tratta di tre mattoni che vengono sovrapposti l’uno sull’altro e collegati con
malta; la tripletta viene compressa e con dei comparatori se ne misurano le
deformazioni. La malta per effetto della pressione vorrebbe espandersi ma questa
espansione è impedita dai mattoni. Il mattone è soggetto ad una trazione
orizzontale mentre la malta è compressa. Queste due tensioni devono essere
autoequilibrate: modello di hilsdorf → abbiamo 2 materiali (malta e mattone) con
caratteristiche diverse, in particolare il coefficinete di Poisson (nmalta>nmattone). La
rottura risulta innescata dal mattone (la malta conta poco)→la resistenza cambia in
relazione al tipo di mattone utilizzato e non al tipo di malta. Risulta dunque intuitivo capire perché la resistenza a
compressione della tripletta è maggiore per mattoni pieni rispetto a mattoni semipieni: l'area resistente a trazione
è maggiore. La rottura del provino avviene per innesco di fratture verticali nel mattone. Risulta possibile inoltre
stimare la resistenza a compressione della malta attraverso relazioni empiriche a partire dalla conoscenza della
resistenza a compressione della tripletta.
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4.2 PROVE SU ASSEMBLAGGI DI PICCOLE DIMENSIONI
4.2.1 Prove su moduli
Si tratta di assemblaggi di medie dimensioni (40 cm) ancora non adatti a valutare la muratura ma
utili a valutare alcune caratteristiche importanti. Il modulo è messo in una pressa e si possono
esercitare compressioni in direzione paralleli ai giunti che simulano le azioni sismiche e si può
ruotare di 90° per esercitare una compressione anche in direzione ortogonale ai giunti. Anche in
questo caso si misurano le deformazioni con dei trasduttori. Si formano lesioni verticali molto
pericolose (muratura soggetta a schiacciamento) alternate tra malta e giunto: in questa prova sono
importanti sia la malta che i mattoni: incrementando la resistenza della malta cresce la resistenza
del modulo e, chiaramente, mattoni pieni hanno una resistenza maggiore di mattoni semipieni.
Mi aspetto TRAZIONE nei mattoni, quindi fessure verticali in corrispondenza dei giunti verticali che
attraversano il mattone. Anche in questo caso è possibile rintracciare una correlazione empirica tra resistenza dei
moduli e resistenza della malta; come già detto la resistenza dei mattoni pieni è maggiore di quella dei mattoni
semi-pieni. Si ottiene una correlazione superiore rispetto alle triplette poichè la malta è più resistente (più rigida) e
quindi ritarda le fessure). Inoltre facendo una correlazione tra resistenza a compressione normale ai giunti
(moduli) e resistenza a comressione triplette si nota che le due resistenza sono poco correlate.
La compressione della muratura è applicata di solito ortogonalmente ai giunti, ma piochè si creano isostatiche di
compressione (bielle compresse) in resenza di azione sismica ho componente di compressione in orizzontale
(parallela ai giunti). Anche in questo caso è possibile rintracciare una correlazione empirica tra resistenza dei
moduli e resistenza della malta; come già detto la resistenza dei mattoni pieni è maggiore di quella dei mattoni
semi-pieni.
Modulo di elasticità tangenziale: gli stessi ragionamenti in merito all’influenza della resistenza della malta e dei
mattoni possono estendersi alla determinazione e valutazione del modulo di elasticità tangenziale G = t/g
Energia di frattura: è inoltre possibile valutare con tale prova l’energia di frattura la quale
rappresenta l’energia spesa per rompere l’interfaccia malta-mattone. L’area sottesa alla
curva rappresenta l’energia necessaria a rompere il contatto all’interfaccia:
Si vuole massimizzare questa area in modo tale che, durante un evento sismico, venga
dissipata più energia possibile. La coesione rappresenta la parte che sommata all’attrito
determina tutta l’energia dissipabile. L’ Ef dunque risulta essere maggiore per i mattoni
semipieni rispetto ai mattoni pieni e questo perché le asperità sono dell’ordine dei cm e non dei mm.
4.4.1 Prova di Compressione diagonale su pannello: si può realizzare su una struttura destinata alla
demolizione; la normativa consente di ottenere dati da prove in situ in zone prossime a quelle degli
edifici su cui si vuole intervenire;
4.4.3 Prova con martinetto piatto singolo o doppio (moderatamente distruttive): la prova consta di due
fasi: in una prima si esegue un taglio nel quale, in una seconda fase, viene alloggiato un martinetto piatto
costituito da due lame distanziate di pochi mm (all’interno di tale spazio andrà inserito un olio che
genera una forza alle estremità). Con un deformometro si misurano le distanze della muratura
indeformata; si realizza il taglio con una sega circolare e, per effetto dello scarico tensionale, si avrà una
deformazione che verrà misurata. A questo punto si inserisce il martinetto immettendo olio fintanto che
non si ripristina la situazione iniziale (la pressione applicata coincide con quella inizialmente applicata alla
muratura quando la media delle distanze tra i pioli torna quella iniziale). La muratura che circonda il
volume di prova è usata come elemento di contrasto (il problema è che a seguito di queste forze
potrebbe sollevarsi la muratura stessa → utilizzo limitato ad edifici alti). La prova da informazioni sul
modulo elastico della muratura e in alcuni casi sulle caratteristiche meccaniche della muratura in termini
di deformabilità oltre che allo stato di sollecitazione e sulla resistenza. Tra i svantaggi si annoverano la
difficoltà di utilizzo in murature di pietrame informe e le informazioni limitate.
4.4.4 Prove su malte incoerenti prelevate in situ (moderatamente distruttive): si considerano in queste
prove il tipo di legante, il tipo di aggregato, il rapporto tra questi. La malta va prelevata ad almeno 5-6
cm di profondità nello spessore murario. Per le malte incoerenti si possono fare prove di taglio con la
scatola di Casagrande (angoli di attrito ≈ 35°).
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5 VALUTAZIONE DELLA SICUREZZA
La valutazione della sicurezza delle costruzioni esistenti in muratura richiede la verifica degli stati limite definiti
per l’azione sismica. Si assume inoltre che la verifica dello SLV (stato limite di salvaguardia della vita) implichi
anche il soddisfacimento dello SLC stato limite di prevenzione del collasso). Per la valutazione della sicurezza
sarà opportuno tener conto delle informazioni derivanti dall’esame del comportamento di costruzioni simili
sottoposte ad azioni somiglianti a quelle di verifica. Le verifiche di sicurezza rese obbligatorie dalle NTC
riguardano due grandi categorie di opere riconducibili ad un significativo peggioramento delle condizioni iniziali
e delle condizioni di sicurezza:
variazioni improvvise o lenti indipendenti dalla volontà dell’uomo (danni dovuti a terremoti, a carichi
verticali eccessivi, urti, incendi, errori progettuali…)
variazioni dovute all’intervento dell’uomo sia nella struttura sia nei carichi
Le modalità di verifica dipendono dal modo in cui tali variazioni si riflettono sul comportamento della struttura.
Se infatti le variazioni riguardano porzioni limitate, la verifica potrà essere fatta localmente considerando le
singole parti interessate; se le variazioni invece incidono sul comportamento globale sarà necessaria una verifica
globale. Gli esiti delle valutazioni delle sicurezza dovranno stabilire che provvedimenti adottare (modificare
destinazione d’uso, continuare l’uso attuale, migliorare e/o adeguare con interventi). Quando abbiamo a che fare
con beni tutelati, le esigenze di sicurezza devono essere coniugate con le esigenze di conservazione del bene,
evitando dunque interventi eccessivamente invasivi. In particolare, per gli interventi finalizzati alla riduzione della
vulnerabilità sismica sui beni culturali, il riferimento è alla Direttiva del Presidente del Consiglio dei Ministri del 9
febbraio 2011: si specifica che è importante una analisi storico – critica.
5.2.1 Rilievo:
il rilievo deve individuare l’organismo resistente della costruzione tenendone presente la qualità e lo
stato di conservazione dei materiali e degli elementi. Piano per piano vanno analizzati solai, coperture,
volte, scale etc. Va valutato il quadro fessurativo e deformativo al fine di individuarne la causa e l’origine
con una previsione sulle evoluzioni delle problematiche che possono sorgere;
32
5.2.2 Dettagli Costruttivi:
si valuta la qualità della tessitura muraria (presenza di collegamento, forma, dimensioni, giunti, malta). La
caratterizzazione avviene con ispezione diretta che tuttavia da solo informazioni locali e parziali e
attraverso prove in sito. Le indagini in sito possono essere limitate (esame visivo rimozione intonaco al
fine di determinare forma e ammorzamento dei blocchi), estese (prove parzialmente distruttive e non
distruttive) esaustive (prove che servono a completare le descrizioni delle precedenti – caratteristiche
meccaniche dei materiali).
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PROVE NON DISTRUTTIVE IN SITO
Indagini soniche: si basa sulla generazione di impulsi sonici o ultrasonici in un punto della struttura, attraverso
la percussione con un martello strumentato (prova sonica) o con trasduttori piezoelettrici (prova ultrasonica). Il
ricevitore, tipicamente posizionato sulla superficie opposta, è un accelerometro. Queste indagini sono utilizzate
nella diagnosi della muratura per qualificare la morfologia della sezione, individuando la presenza di vuoti o
difetti o lesioni. In presenza di lesioni, infatti, la velocità diminuisce. Le misure di velocità soniche possono essere
svolte secondo tre procedure: diretta, semidiretta, di superficie, radiale (tra queste procedure cambia il modi di
posizionare i ricevitori e trasduttori). La velocità sonica è influenzata dal numero di giunti trasversali, dalla
presenza delle fessure e dalle caratteristiche del materiale superficiale. Inoltre le indagini soniche vengono
utilizzate anche per controllare le caratteristiche della muratura dopo interventi di consolidamento, verificando i
cambiamenti delle caratteristiche fisiche del materiali.
Vantaggi :
• Applicabilità a vaste porzioni di murature;
• Affidabilità in relazione al periodo di impiego.
Svantaggi:
• I risultati colgono caratteristiche qualitative e non quantitative della muratura;
• Le prove ultrasoniche mostrano limiti severi per indagini su materiali altamente porosi;
• Il costo delle operazioni, dato l’elevato numero di misure richieste;
• L’elaborazione dei risultati, data la disomogeneità del materiale;
• La necessità di una calibrazione dei valori per le differenti tipologie murarie.
Georadar: è un metodo basato sulla propagazione di onde elettromagnetiche (EM) le quali vengono riflesse in
corrispondenza di discontinuità fisiche ed elettriche presenti nel mezzo. Gli impulsi sono emessi da un'antenna,
che viene fatta scorrere sul mezzo da indagare; la stessa antenna registra poi gli echi di ritorno. Nel caso della
muratura, gli impulsi possono essere riflessi dalla superficie, dai vuoti, dalle discontinuità. Si misura il tempo che
gli impulsi impiegano ad attraversare la sezione e ad essere captati dall'antenna come echi di ritorno. Nota la
velocità di propagazione nel mezzo si possono individuare le posizioni dei diversi ostacoli.
Utilizzi:
• ricerca di elementi strutturali nascosti in murature portanti e orizzontamenti;
• individuazione di tessiture murarie nascoste da intonaci e affreschi;
• controllo dell’efficacia di iniezioni;
• individuazione di difetti, fessure e vuoti, inclusioni di materiali diversi;
• rilievo della presenza di umidità nelle murature.
Vantaggi
• Applicabilità a vaste porzioni di murature;
• Rileva anomalie anche in murature di consistente spessore e coglie la presenza di umidità;
• Utilizzabile nella diagnostica di pareti affrescate o rivestite in quanto non richiede il contatto diretto.
Svantaggi
• Tecnica ancora in via di sviluppo;
• Disturbi del segnale per echi laterali che si sovrappongono;
• Calibrazione preliminare della frequenza di emissione.
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Prova termografica: La termografia all’infrarosso è basata sulla proprietà che tutti i corpi (con temperatura
superiore a 0 K) emettono una radiazione infrarossa (IR), ossia energia elettromagnetica nella banda 1012-1014
Hz dello spettro EM. Attraverso una fotocamera IR (termocamera) è possibile leggere le radiazioni emesse dai
corpi sottoposti a sollecitazione termica. Il risultato è una immagine termica dell’oggetto, visualizzabile attraverso
scale di colori o di toni di grigio. A ogni colore – o tono della scala di grigi – corrisponde un intervallo di
temperatura. Generalmente le differenze di temperatura rilevabili sono dell’ordine di frazioni di grado centigrado.
L’analisi termografica può essere condotta in modo attivo o passivo:
• nelle applicazioni di tipo passivo si analizzano gli effetti di cicli termici naturali (insolazione e successivo
raffreddamento);
• nel caso attivo, invece, le superfici sono riscaldate artificialmente.
Mentre la termografia passiva interessa solo lo strato più superficiale della muratura, quella attiva può essere
utilizzata per indagare strati collocati ad una certa profondità (fino a 10÷20 cm). In tal caso, la superficie da
indagare è riscaldata per diverse ore, in modo che il calore, grazie alla conducibilità termica del materiale, interessi
strati più profondi nel muro.
Vantaggi
• Applicabilità a vaste porzioni di murature;
• Utilizzabile nella diagnostica di pareti affrescate o rivestite in quanto non richiede il contatto diretto;
• Individua vuoti, umidità, inclusioni, anomalie.
Svantaggi
• In assenza di adeguata sollecitazione termica, la termovisione di antichi manufatti si limita agli strati più esterni;
• Sensibile alle condizioni al contorno;
• Necessità di calibrazione degli algoritmi di acquisizione.
Prove di vibrazione ambientali (non distruttive): viene posta una rete di accelerometri o velocimetri, nei
punti significativi della struttura che registrano, per un tempo sufficientemente lungo, le accelerazioni della
struttura provocate dalle condizioni ambientali. L’analisi spettrale permette di determinare i parametri modali
dalle registrazioni, in termini di frequenze e forme modali. Quindi queste prove sono prove dinamiche per la
verifica del comportamento strutturale e dell'integrità di una struttura.
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5.2.4 Livelli di conoscenza e fattori di confidenza: Sulla base degli approfondimenti effettuati nelle fasi
conoscitive, si individuano i cosiddetti livelli di conoscenza dei diversi parametri coinvolti e si
definiscono i corrispettivi fattori di confidenza da utilizzare come ulteriori coefficienti parziali di
sicurezza. Per gli edifici in muratura abbiamo:
SLC, stato limite di prevenzione del collasso; a seguito del terremoto la costruzione subisce gravi rotture e crolli e
conserva un margine di sicurezza per azioni verticali ed un esiguo margine di sicurezza per azioni orizzontali.
PVR=5%
SLV, stato limite di salvaguardia della vita: a seguito del terremoto la costruzione subisce gravi rotture e crolli; la
costruzione conserva ancora un margine di sicurezza per azioni verticali ed un esiguo margine di sicurezza nei
confronti di collasso per azioni orizzontali. PVR=10%
SLD, stato limite di danno: a seguito del terremoto, la costruzione, nel suo complesso, subisce danni tali da non
mettere a rischio gli utenti e da non compromettere significativamente rigidezza e resistenza. PVR=63%
SLO, stato limite di operatività: a seguito del terremoto, a costruzione nel suo complesso, non deve subire
interruzioni di uso significative. PVR=81%
Definito lo spettro di interesse, è possibile determinare la risultante delle forze statiche equivalenti attraverso la
relazione:
in cui:
- rappresenta l’ordinata dello spettro di risposta di progetto corrispondente al primo periodo proprio
(con il coefficiente F0 che quantifica l’amplificazione spettrale massima ed è definito sul reticolo di riferimento
- è posto pari a 0.85 se la costruzione ha almeno tre orizzontamenti e pari ad 1 in tutti gli altri casi
- W è il peso complessivo della costruzione
- g è l'accelerazione di gravità
- q è il fattore di struttura che dipende dal tipo struttura
- S tiene conto della categoria di sottosuolo Ss e delle condizioni topografiche St; S = Ss * St
(NB: vedere anche relazione progetto sismica per apprfondimenti)
36
5.4 VALUTAZIONE IN PRESENZA DI AZIONI SISMICHE
Nelle costruzioni esistenti in muratura soggette ad azioni sismiche, si possono manifestare meccanismi locali e
meccanismi globali.
I meccanismi locali interessano singoli pannelli murari o più ampie porzioni della costruzione, e sono favoriti
dall’assenza o scarsa efficacia dei collegamenti tra pareti orizzontali e negli incroci murari (pareti lunghe soggette
a spinte della copertura o scarsi ammorsamenti). Per l’analisi sismica dei meccanismi locali si può far ricorso ai
metodi dell’analisi limite: con tali metodi è possibile valutare la capacità sismica in termini di resistenza
(applichiamo q) o di spostamento, valutando l’andamento dell’azione orizzontale che la struttura è in grado di
sopportare durante l’evolversi del meccanismo. L’ipotesi di base che si fa è quella di corpo rigido e, in alcuni casi,
è possibile portare in conto in maniera approssimata della tessitura muraria, della connessione tra le pareti, della
presenza di catene etc. i meccanismi di collasso al di fuori del piano si possono verificare solo se è impedita la
disgregazione muraria (bisogna assicurare la monoliticità). Le verifiche si basano nell’applicazione dell’analisi
limite, secondo l’approccio cinematico, che si basa sulla preventiva scelta del meccanismo di collasso. Si richiede
dunque l’analisi dei meccanismi locali significativi che possono essere:
ipotizzati sulla base del comportamento sismico di strutture analoghe (ABACHI DEI MECCANISMI);
individuati considerando lo stato fessurativo e deformativo anche per natura non sismica.
Nella scelta dovranno considerarsi:
- la qualità delle connessioni tra le pareti
- l’eventuale presenza di catene
- le interazioni con altri edifici adiacenti
Una volta scelto il meccanismo si procede a determinare il moltiplicatore tale da trasformare la costruzione in un
sistema labile con i corpi rigidi che formano il cinematismo liberi di scorrere e ruotare tra loro. Noto il
meccanismo (es: rotazione rispetto uno spigolo) lo schema è il seguente:
dipende dall’angolo di rotazione del meccanismo ed è massimo ( nel caso di configurazione ancora
indeformata (in questo istante si attiva il meccanismo), e tende in genere a diminuire man mano che si
accumulano spostamenti in quanto tende ad aumentare, in genere nella configurazione deformata, il braccio delle
forze instabilizzanti.
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Il nostro obbiettivo è quello di determinare una curva che, a partire dal moltiplicatore che attiva il
meccanismo, ci restituisca un valore generico di corrispondente alla generica configurazione deformata
dipendente da in funzione di fino all’annullamento di in corrispondenza dello spostamento . La
curva moltiplicatore spostamento, può essere trasformata nella cosiddetta curva di capacità nel piano -
(piano di accelerazione spostamento spettrale) con la quale è possibile eseguire le verifiche allo SLD e allo SLV.
NB: quando si attiva un meccanismo di ribaltamento, le rotazioni in gioco sono grandi; non si può fare quindi
l'approssimazione di piccoli spostamenti, ma devo considerare la CINEMATICA ESATTA.
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configurazione iniziale indeformata della parete
Peso proprio:
Peso proprio del blocco concentrato nel baricentro e lo chiamiamo P1,
dando indice i=1. Questa forza effettua un lavoro nello spostamento
virtuale del baricentro dy1 che è positivo se rivolto verso l'alto e negativo se
rivolto verso il basso, per convenzione. Considerando la forza orizzontale
corrispondente al peso proprio del blocco avremo che sarà pari al peso P1
per a0 poiché siamo nella configurazione indeformata. La forza orizzontale
compie lavoro nello spostamento virtuale orizzontale del baricentro dx1
Copertura:
Per il solaio bisogna distinguere il caso di travi principali parallele o
ortogonali alla parate: se sono ortogonali il caso è riconducibile a quello
precedente mentre se sono parallele il solaio è flessibile nel proprio piano.
Per effetto dell'accelerazione sismica la massa del solaio può spingere sulla
parete con un certa intensità a0 * P3. Non c'è però la forza verticale
perché, in base alla tessitura, scarica sulle altre pareti. Il punto di
applicazione della forza sarà interno allo spessore del solaio. Tale forza
orizzontale compie lavoro in uno spostamento orizzontale virtuale dx3.
L'indicatore diventa j perché non ci sono forze verticali.
Volta:
la normativa chiama "forza esterna" in questo caso trattasi di spinta statica
delle volte. Tale spinta c'è sempre anche se non c'è il sisma. Questa spinta F1
compie lavoro nello spostamento virtuale orizzontale d1 ( il verso è opposto
a quello della forza). L'ipotesi significativa che si fa è che F1 non vari durante
il movimento della parete in presenza di sisma (nella realtà F1 diminuisce)
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Per determinare a0 si utilizza il principio del lavori virtuali; ossia il principio per il quale il lavoro virtuale
compiuto dalle forze esterne agenti sul blocco deve uguagliare il lavoro delle forze interne del blocco (nell'ipotesi
di blocco rigido il lavoro interno è nullo):
Dobbiamo determinare prima gli spostamenti virtuali e tramite esse, applicando il PLV, ricavare a0. Gli
spostamenti virtuali infinitesimi possono essere calcolati con la cinematica del primo ordine. Ciò non è in
contraddizione con quanto detto prima, perché siamo nella configurazione indeformata; solo quando la parete
sarà ruotata ricorreremo alla cinematica esatta con rotazioni finite.
40
Rotazione virtuale infinitesima dq1 intorno al centro di rotazione O:
Avremmo potuto raggiungere lo stesso risultato senza il PLV ma con semplici considerazioni di equilibrio:
1) imponendo che l'attivazione del meccanismo sia determinato dal passaggio della risultante delle forze per il
centro di rotazione O (condizione limite):
Si osserva che l'imposizione della condizione di equilibrio risulta agevole nel caso di blocco
singolo, ma non, in generale, in sistemi più complessi, con diversi blocchi coinvolti nel
meccanismo. In questi casi è preferibile ricorrere alla soluzione generale basata sul principio dei
Lavori Virtuali, che richiede lo studio della cinematica del sistema, ossia la determinazione degli
spostamenti virtuali dei punti di applicazione delle diverse forza in gioco.
41
configurazione ruotata:
Nella qual gli spostamenti sono determinati nella configurazione variata. La configurazione variata va analizzata
ricorrendo alla cinematica esatta, poiché si hanno grandi spostamenti. Per gli spostamenti virtuali infinitesimi che
si applicano alla configurazione variata si può, invece usare sempre la cinematica del primo ordine.
a0 è relativo alla configurazione indeformata, cioè per q1=0. Man mano che q1 cresce a decresce fino a
raggiungere a=0 per q1,0 = p/2-f, in questo caso le forze orizzontali che tengono in equilibrio il corpo sono
nulle. La posizione q1,0 corrisponde alla configurazione di equilibrio instabile:
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Anche per la configurazione indeformata avremmo potuto raggiungere lo stesso risultato senza il PLV ma con
semplici considerazioni di equilibrio:
1) imponendo che l'attivazione del meccanismo sia determinato dal passaggio della risultante delle forze per il
centro di rotazione O (condizione limite):
1. dK
La determinazione della componente orizzontale dello spostamento del punto di controllo ha come obiettivo
quello di trasformare la curva moltiplicatore-rotazione (a , q) nella curva moltiplicatore-spostamento (a, dk) al
fine di effettuare un'analisi push-over. Consideriamo un quarto di blocco (q1 è lo spostamento del punto di
controllo su un arco di circonferenza):
Per ogni valore di q possiamo ricavare a e dk e quindi possiamo costruire una nuova
curva che ci dia a in funzione di dk :
43
5.4.1.2 Trasformazione della curva - nella curva di capacità
Noto l’andamento del moltiplicatore orizzontale dei carichi in funzione dello spostamento del punto di controllo
della struttura, occorre definire la curva di capacità dell’oscillatore equivalente. Per poter ottenere una curva
accelerazione spostamento, si fa riferimento alla circolare attuativa del DM 2008. Definiamo i parametri
dell’oscillatore equivalente:
Gli spostamenti virtuali vengono riguardati come "auto-vettori", cioè come modi di vibrare
Ora siamo in grado di definire l'accelerazione spettrale a*; imponendo che , dove è la somma
delle forze orizzontali ed , è possibile definire l’accelerazione spettrale:
44
In particolare l'accelerazione sismica spettrale di attivazione del meccanismo è :
A questo punto le NTC introducono il “fattore di confidenza” FC sull’accelerazione spettrale e ciò è dovuto al
fatto che è legato alla forza orizzontale resistente del meccanismo:
Lo spostamento spettrale dell’oscillatore equivalente si ottiene, in via approssimata, noto lo spostamento del
punto di controllo con riferimento agli spostamenti virtuali:
In molti casi pratici, la curva di capacità si può approssimare con un’espressione lineare:
La curva di capacità rappresenta la capacità del meccanismo a resistere alle azioni sismiche. Tale curva è
intrinseca al meccanismo e andrà confrontata con l’azione sismica (confrontiamo la domanda sismica con la
capacità).
45
5.4.2 Verifica di Sicurezza
La verifica di sicurezza nei confronti dello SLD è soddisfatta qualora l’accelerazione spettrale di attivazione del
meccanismo sia superiore all’accelerazione di picco della domanda sismica. Nel caso in cui la costruzione
interessata dal cinematismo sia appoggiata sul terreno di fondazione, la verifica risulta soddisfatta se:
Se la porzione di costruzione interessata dal cinematismo non è invece a contatto con la fondazione, bisogna che
sia verificata anche la seguente disuguaglianza che tenga conto dell’amplificazione dell’accelerazione sulla
struttura:
in cui:
- : valore dello spettro elastico di risposta in corrispondenza del periodo proprio della struttura;
- : primo modo di vibrazione nella direzione considerata. In assenza di considerazioni più accurate si può
assumere: ; z è l'altezza del baricentro delle linee di vincolo dei blocchi interessai dal meccanismo
- : coefficiente di partecipazione modale. In assenza di più accurate analisi può porsi pari a: , con N
numero dei piani dell’edificio.
La verifica allo SLD si tratta di una verifica non sempre richiesta se non per opere tutelate dal punto di vista dei
beni archeologici; se lo SLD non è verificato, una struttura ordinaria può comunque andar bene a patto di
soddisfare le verifiche SLV.
Si tratta di una verifica più severa rispetto alla verifica allo SLD in quanto la domanda nella misura di ag è
di molto maggiore (si passa da un TR= 50 anni ad un TR = 475 anni). Il vantaggio di questa verifica è che
si richiede la valutazione della sola accelerazione di attivazione del meccanismo e non di tutta la curva di
capacità.
46
Verifica mediante spettro di capacità: la verifica di sicurezza nei confronti dello Stato limite di
salvaguardia della vita consiste nel confronto tra la capacità di spostamento ultimo del meccanismo
locale e la domanda di spostamento ottenuta dallo spettro di risposta in termini di spostamento
in corrispondenza del periodo secante :
Per la domanda di spostamento serve un periodo compatibile con l'innesco del meccanismo. Si
sceglie un periodo secante:
rappresenta una sorta di periodo di oscillazione medio in quanto, in realtà, non esiste un periodo
proprio del meccanismo locale. Ma si è osservato che oscillazioni grandi corrispondono a un periodo
grande e oscillazioni piccole corrispondono a un periodo piccolo. Questa cosa è in contrasto con
l'oscillatore elementare, per il quale il periodo è sempre lo stesso per qualunque tipo di oscillazione. Per i
meccanismi non è cosi, ecco perché prendiamo uno spostamento medio, un'accelerazione media relativi
al Ts, periodo secante. (periodo medio). Attraverso , siamo in grado di definire la domanda attraverso
lo spettro di risposta in spostamento:
t = arretramento della cerniera, distanza dallo spigolo perché in realtà il meccanismo non si realizza mai
perfettamente nello spigolo
P = 2b * 2h * L * g
4) Noto t si determina f ed R :
48
Ora dobbiamo fare la trasformazione per passare alla curva di capacità: si determinano quindi le seguenti
grandezze:
NB: avvolte la verifica con lo spettro di capacità è soddisfatta anche se l'altra non lo è; in questo caso basta
cambiare categoria di sottosuolo perché la verifica torni.
La verifica semplificata col fattore di strutture la tento in quanto più semplice (occorre solo il punto iniziale della
curva) e se viene soddisfatta sicuramente sono in favore di sicurezza. Se non dovesse essere semplificata, la
verifica deve essere necessariamente eseguita con lo spettro in capacità.
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EFFETTO SCALA: due blocchi simili (stessa snellezza) sotto la stessa azione sismica si comportano
diversamente; il blocco più grande è più sicuro. Infatti se svolgessimo l'esempio precedente prendendo un blocco
più grande troveremo che dko aumenta e Ts è maggiore perché un blocco più grande ha un periodo d'oscillazione
al secondo più grande.
Usiamo lo stesso metodo precedente: "studio cinematico" , studiamo gli spostamenti virtuali dei punti cui sono
applicate le forze nella configurazione deformata, poi applichiamo il TLV. Vediamo direttamente il risultato
finale:
ramo 1-2 : pendenza molto elevata, la parete ruota attorno alla cerniera al piede, la configurazione è ancora
monolitica (non si è ancora formata la cerniera intermedia). Il moltiplicatore dei carichi orizzontali cresce a causa
dell'incremento di contributo offerto dalla catena, che aumenta con l'allungamento della stessa.
ramo 2-3 : nel punto 2 si forma la cerniera intermedia e in questo ramo si crea quindi il meccanismo dei 2
blocchi.
ramo 3-4 : nel punto 3 si annulla il contributo della catena, ma non perché questa si rompe (è raro) ma perché
avviene il punzonamento della muratura.
Ramo 4-5 : ramo discendente in cui la rotazione dei due blocchi continua senza il contributo della catena sino al
collasso.
Alcuni esempi sono S.Biagio a l'Aquila (terzo meccanismo di Roundelet) , cattedrale a Troia dove sono presenti
degli elementi in acciaio che vincolano la sommità della facciata e si genera il meccanismo a 2 blocchi.
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5.4.3 Meccanismi Globali
Sono quelli che interessano l'intera costruzione e impegnano i panelli murari prevalentemente nel loro piano.
Meccanismi tipici sono la "presso-flessione" e il "taglio". L'analisi sismica globale deve considerare, per quanto
possibile, il sistema strutturale reale della costruzione, con particolare attenzione alla rigidezza e alla resistenza dei
solai (a differenza di quelli in c.a. che sono rigidi), e all'efficienza dei collegamenti degli elementi strutturali. Dalle
NTC abbiamo diversi tipi di analisi:
1) ANALISI ELASTICA LINEARE con fattore di struttura q (con q diverso da quello dei meccanismi locali):
bisogna determinare i valori del calcolo delle resistenze dividendo i valori medi per i rispettivi FC e per il
coefficiente parziale di sicurezza dei materiali :
manca gM perché si calcola una curva PUSH-OVER il più simile possibile a quella reale, poi si fanno verifiche in
termini di spostamento. Lo spostamento ultimo per azioni nel piano di ciascun pannello è:
0.6% hpannelo , nel caso della presso-flessione
0.4% hpannelo , nel caso del taglio
Per la sicurezza della costruzione devo controllare sia i meccanismi locali che globali. Tuttavia se si sviluppano i
meccanismi globali devono essere impediti tutti i meccanismi locali (se una parte ribalta fuori dal piano, non su
può sviluppare il meccanismo globale nel proprio piano; gerarchia dei meccanismi di collasso). E' possibile che in
alcuni casi non ci sia chiaro il comportamento d'insieme (es. chiese); in tali casi le NTC propone di effettuare la
verifica globale attraverso un insieme esaustivo di verifiche locali purché la totalità delle forze sismiche sia
coerentemente ripartita sui meccanismi locali considerati.
in cui:
- rappresenta l’ordinata dello spettro di risposta di progetto corrispondente al primo periodo proprio
(con il coefficiente F0 che quantifica l’amplificazione spettrale massima ed è definito sul reticolo di riferimento
- è posto pari a 0.85 se la costruzione ha almeno tre orizzontamenti e pari ad 1 in tutti gli altri casi
- W è il peso complessivo della costruzione
- g è l'accelerazione di gravità
- q è il fattore di struttura che dipende dal tipo struttura
- S tiene conto della categoria di sottosuolo Ss e delle condizioni topografiche St; S = Ss * St
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Sostituendo Sd troviamo la seguente espressione :
Possiamo quindi fare delle considerazioni sull'accelerazione massima sul territorio nazionale. Consideriamo le
zone a sismicità maggiore sul reticolo di riferimento. Avremmo che:
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Noto Fh possiamo ricavare l'azione sismica corrispondente al valore massimo dell'ordinata spettrale,
adimensionalizzata rispetto al peso W , e ponderata con il coefficiente di sicurezza parziale gm=2 :
Nel DM '96 il coefficiente di sicurezza parziale gm non era sempre 2. Per confrontare i diversi DM determiniamo
le nostre Fh con diversi gm :
Per l'azione sismica non c'è grande differenza tra NTC-08 e NTC-96; anzi l'NTC-96 era più cautelativo e aveva
un intervallo di confidenza molto più stretto attorno al valore medio; per l'NTC-08 il valore medio è simile, ma
l'intervallo di confidenza è più ampio; conta il terreno (Ss e St). Tutto ciò per gli edifici in muratura nuovi, le cose
cambiano per gli edifici esistenti.
La maggiore severità delle NTC 08 e mitigata dal fatto che usiamo resistenze medie, mentre il DM 96 usa
resistenze caratteristiche.
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5.6 METODI DI ANALISI DEI MECCANISMI GLOBALI
Sono 4 e si ottengono dalla combinazione di metodi statici e dinamici, lineari e non lineari
Applicabile nei casi previsti dal $7.3 anche per costruzioni irregolari in altezza purché si ponga l=1
1. Modello a mensola:
2. Modello a telaio:
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5.6.2 Analisi dinamica lineare (modale)
I modelli sono gli stessi dell'analisi statica, cambia solo la modellazione dell'azione sismica (spettro di risposta). In
ogni caso la muratura ordinaria , già per bassi valori dell'azione sismica entra in campo non lineare (si fessura)
E' un'analisi push-over, ossia in una prima fase i carichi verticali sono tenuti costanti, in una seconda fase i carichi
orizzontali (azioni sismiche) vengono incrementati progressivamente. Tale analisi è applicabile agli edifici in
muratura anche nei casi in cui la massa partecipante del 1° modo di vibrare sia inferiore al 75% della massa totale,
ma comunque superiore al 60%. Si studia cosi il comportamento della struttura fino al collasso.
I maschi murari vengono modellati con una legge elasto-plastica. Si individua un 1° ramo on rigidezza Ko che
contiene sia deformazione a flessione che a taglio (la formula vista prima per Ko era valida per le mensole; noi
tipicamente useremo modelli a telaio).
La duttilità è limitata infatti il ramo plastico non tende a infinito. I modelli per i maschi murari sono quelli visti
per l'analisi statica (mensola e telaio) ma si possono utilizzare anche altri modelli:
1. Modello POR:
Fasce infinitamente rigide e resistenti; oggi si usa solo per edifici molto bassi. Il forte limite di questo
modello era che ignorava il tira e spingi e l'equilibrio alla rotazione
Maschi murari e fasce di piano posso andare in crisi sia per taglio che per presso-flessione (supera i limiti
del POR)
3. Modello a macro-elementi:
Grossi elementi per modellare tutto il maschio o tutta la fascia di piano. Non sono l'estensione degli
elementi finiti (EF) che conosciamo, ma sono EF specifici, sviluppati per le murature che ne simulano il
comportamento con relativa resistenza a flessione e a taglio
Maschi e fasce suddivisi in tanti elementi per una modellazione che è accurata e permette di tener conto
delle irregolarità. Gli svantaggi sono che i parametri meccanici si cui si basano gli EF sono estesi e difficli
da quantificare e differenza dei macro-elementi
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5.6.4 Analisi dinamica non lineare
Si modella l'edificio e lo si sottopone ad un'azione dinamica (accelerogramma). Il problema è che occorre tener
conto del comportamento non lineare associato al danneggiamento, ma anche tener conto dell'energia dissipata
nei cicli d'isteresi del fatto che ad ogni ciclo la resistenza diminuisce; è difficile quantificare i parametri che sono
anche in numero maggiore rispetto a quelli dell'analisi statica. Ecco perché si preferisce l'analisi statica non
lineare.
La verifica consiste nel confronto tra la capacità di spostamento ultimo della costruzione e la domanda di
spostamento. Nelle NTC non c'è differenza tra il push-over per gli edifici in muratura o per gli edifici in c.a. Sia
per le costruzioni in muratura ordinaria, che per le costruzioni in muratura armata, nella quali il rapporto tra il
taglio totale agente alla base del sistema equivalente ad 1 grado di libertà calcolato dallo spettro di risposta
elastico e il taglio alla base resistente del sistema equivalente ad 1 grado di libertà ottenuto dall'analisi non lineare
eccede il valore di 3.0, la verifica risulta non soddisfatta.
La rigidezza elastica si individua tracciando la secante alla curva di capacità
(ottenuta a controllo di spostamento; curva blu), nel punto corrispondente a
un taglio alla base F* pari a 0,7 volte il valore massimo Fy*. Il tratto
orizzontale si individua tramite l'uguaglianza delle aree sottese dalle curve
tracciate fino allo spostamento ultimo del sistema.
Definiamo le modalità di crisi per i singoli pannelli e andiamo a vedere come valutare le resistenze a
pressoflessione e a taglio che ci servono per fare i legami
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1) PRESSOFLESSIONE NEL PIANO
Si manifesta con schiacciamento della muratura in una zona limitata del bordo del pennello.
La forza N si avvicina al bordo (esce la 3° medio); c'è trazione e il pannello si fessura. Il
pannello entra in crisi per pressoflessione quando lo stress-block raggiunge 0.85 fd con, in
corrispondenza, un momento ultimo Mu pari a :
l = lunghezza dell'elemento
s0 = tensione normalemedia sula sezione , positiva se di compressione ( se di trazione Mu = 0)
t = spessore pannello
l'espressione di è quella di una parabola quadratica del 2° ordine, per s'o= 0 accade
che Mu= 0 , cioè va subito in crisi per pressoflessione non c'è N. Pannello non
compresso da una forza orizzontale. La compressione è fondamentale per portare
momento flettente e taglio.
Il problema è proprio sulla sommità degli edifici dove non c'è l'aiuto del peso proprio. Allora ci aiuta il tetto e
sottotetto, se però la tessitura comporta che io carico le stesse pareti sia col tetto che con il sottotetto quelle
parallele restano scariche. Allora si tessono in maniera ortogonale tetto e sottotetto.
Definita R, dobbiamo determinare lo spostamento ultimo. Per le NTC in caso di analisi statica non lineare, la
resistenza a pressoflessione può essere calcolata ponendo fd pari al valore medio della resistenza a compressione
della muratura e lo spostamento ultimo du pari allo 0.8% dell'altezza del pannello. Collasso del pannello per du
significa che il pannello azzera la resistenza, non riesce più a portare il taglio, non porta più il sisma. (NB: non è
detto che collassi, il pannello porta ancora i carichi verticali)
|M1|≤ Mu
| M2|≤ Mu
Mettendoci sul piano (M1, M2) abbiamo un dominio quadrato e semplice perchè si fanno verifiche separate per
M1 e M2. Se stiamo fuori il dominio si ha crisi per pressoflessione.
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2) TAGLIO NEL PIANO
Scorrimenti su giunti orizzontali concentrato alla base. Il taglio ultimo è pari a:
l' = lunghezza della parte compressa della parete ( in realtà s'intende pannello)
t = spessore
se l' < l allora (l' * t) è l'area che porta il taglio che moltiplicata per f vd ci da il taglio resistente (fvd dipende dalla
zona compressa, quindi da e*; ma se e* diminuisce la sn aumenta; quindi fra le diverse variabili ci sono delle
iterazioni che non sono immediate da individuare)
sn è la tensione normale sulla parete compressa, nel caso della pressoflessione avevamo delle tensioni medie.
con fvm0 = fvk/0.7 (resistenza media a taglio della muratura) e lo spostamento ultimo posto pari a 0.4%
dell'altezza del pannello. Lo spostamento ultimo è pari alla metà di quello a pressoflessione, il meccanismo a
taglio è un meccanismo più fragile.
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Entrando nel dettaglio vengono fuori domini a ROMBO centrati sulle rette a 45°:
- dominio normale di resistenza a taglio (sez. parzializzata) - dominio limite di resistenza a taglio del pannello
(fvd raggiunge la resistenza a taglio limite, sez parz)
Il dominio di resistenza degenera in due rette parallele per sezioni interamente compresse (sezione interamente
reagente)
NB : la sezione deve essere verificata per tutti i domini: 3 per il taglio + quello limite + quello a presso flessione,
e la rappresentazione è un'intersezione di tutti questi domini.
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ESEMPIO NUMERICO:
Muratura con elementi artificiali con:
- fbk = 20 MPa
- malta a prestazioni garantite M10
Dalla tabella 11.10 V si ricava la resistenza a compressione caratteristica della muratura :
fk = 8 MPa
Dalla tabella 11.10 VII si ricava la resistenza caratteristica a taglio in assenza di tensioni normali:
fbk > 15MPa ; M10 ≤ M ≤ M10 ; fvk0 = 0.30 MPa
Dalla tabella 4.5 I si ricava il coefficiente di sicurezza parziale della muratura (elementi resistenti di categoria I,
malta a prestazione garantita, classe di esecuzione 1):
gM = 2
Vogliamo determinare il dominio di resistenza e vedere in quali casi va in crisi per taglio e in quali per
pressoflessione:
1) dominio di resistenza a pressoflessione:
Il dominio di resistenza sul piano (M1, M2) sarà un quadrato poiché valgono le seguenti condizioni:
|M1|≤ Mu
| M2|≤ Mu
Ci interessa calcolare la tensione media so del pannello per la quale si considera l'area lorda della sezione
e non la sola parte compressa:
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1) dominio di resistenza a taglio:
1.a) In presenza di una sezione parzializzata calcolo M', M'', M'''
1.b) Dobbiamo considerare anche il Dominio Limite: cioè il raggiungimento della resistenza limite della
muratura fvd ; si tratta ancora di un rombo ma molto più simile ad un quadrato:
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COSA SUCCEDE AI DOMINI AL VARIARE DELLO SFORZO NORMALE???
All'aumentare di N il dominio di resistenza aumenta, ma l'espansione non è uguale per tutti i domini. Comunque
diventa più stringente il taglio
per la flessione doppia e la
pressoflessione per la flessione
singola. I domini a taglio
crescono al crescere dello
sforzo normale. Lo sforzo
normale è benefico per il taglio
(salvo raggiungere la crisi del
dominio limite). Non è cosi
per la pressoflessione. Fino a un certo punto la resistenza a taglio aumenta, poi si ha la rottura del pannello per
compressione, perciò la resistenza a taglio diminuisce.
Dove le curve si intersecano per bassi valori di N c'è crisi per taglio ,; per alti valori di
N c'è crisi per pressoflessione
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5.7.3 Travi murarie
Finora abbiamo parlato di maschi murari, ma se abbiamo il modello a telaio, dobbiamo vedere anche le verifiche
delle fasce di piano (la normativa parla di travi di accoppiamento). Le verifiche sono analoghe a quelle dei maschi
murari, ma sorge il problema di valutare le sollecitazioni in corrispondenza dei vari piani. Qualora si fa l'ipotesi
di solai infinitamente rigidi e siano presenti in prossimità della trave in muratura elementi orizzontali dotati di
resistenza a trazione (catene, cordoli), i valori delle resistenze potranno essere assunti non superiori ai valori
associati ai meccanismi di rottura a taglio o per pressoflessione. La normativa da delle indicazioni:
Il valore della resistenza a taglio per l'elemento trave in muratura ordinaria è pari al minimo tra Vt e Vp
(esempio numerico da slide 190 a 195)
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5.8 VALUTAZIONE IN PRESENZA DI AZIONI SISMICHE
In cui:
t0d = valore di calcolo della resistenza a taglio di riferimento
ftd = valore di calcolo della resistenza a trazione per fessurazione diagonale (ftd = 1.5 t0d)
b = coefficiente correttivo legato alla distribuzione degli sforzi sulla sezione che dipende dalla snellezza della
parete :
ESEMPIO NUMERICO:
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Nella modellazione degli edifici esistenti possono essere considerate le travi di accoppiamento in muratura,
quando siano verificate le seguenti condizioni:
- la trave sia sorretta da un architrave o da un arco o da una piattabanda
- la trave sia efficacemente ammorsata alle pareti che la sostengono, o si possa instaurare nella trave un
meccanismo resistente a puntone diagonale, cioè sia presente una componente diagonale di
compressione (ad esempio azione di una catena o di un elemento resistente a trazione in prossimità della
trave)
Un aggregato edilizio è costituito da un insieme di parti che sono il risultato di una genesi articolata e non
unitaria, dovuta a molteplici fattori. Nell'analisi di un edifico appartenente ad un aggregato occorre tenere conto
delle possibili interazioni con gli altri edifici. In tal caso i metodi di verifica di uso generale per gli edifici di una
nuova costruzione possono essere non adeguati. Per tener conto delle interazioni con gli altri edifici, dovrà essere
individuata l'unità strutturale (US) oggetto di studio, evidenziando le azioni che su di essa possono derivare dalle
unita strutturali contigue. L’US dovrà avere continuità da cielo a terra per quanto riguarda il flusso dei carichi
verticali e, di norma, sarà delimitata o da spazi aperti, o da giunti strutturali, o da edifici contigui strutturalmente
ma, almeno tipologicamente, diversi. Oltre a quanto normalmente previsto per gli edifici non disposti in
aggregato, dovranno essere valutati gli effetti di:
- spinte non contrastate causate da orizzontamenti sfalsati di quota sulle pareti in comune con le US adiacenti
- meccanismi locali derivanti da prospetti non allineati
- US adiacenti di differente altezza
La verifica di una US dotata di solai sufficientemente rigidi può essere svolta, anche per edifici con più di due
piani, mediante l'analisi statica non lineare, analizzando e verificando separatamente ciascun interpiano
dell'edificio, e trascurando la variazione della forza assiale nei maschi murari dovuta all'effetto dell'azione sismica.
Con l'esclusione di unità strutturali d'angolo o di testata, così come di parti di edificio non vincolate o non
aderenti su alcun lato ad altre unità strutturali, l'analisi potrà anche essere svolta trascurando gli effetti torsionali,
nell’ipotesi che i solai possano unicamente traslare nella direzione considerata dell'azione sismica. Nel caso invece
di US d’angolo o di testata è comunque ammesso il ricorso ad analisi semplificate, purché si tenga conto di
possibili effetti torsionali e dell’azione aggiuntiva trasferita dalle US adiacenti applicando opportuni coefficienti
maggiorativi delle azioni orizzontali. Qualora i solai dell'edificio siano flessibili si potrà procedere all'analisi delle
singole pareti o dei sistemi di pareti complanari, ciascuna parete essendo soggetta ai carichi verticali di
competenza ed alle corrispondenti azioni del sisma nella direzione parallela alla parete. Dovrà essere considerato
il possibile martellamento nei giunti tra US adiacenti.
EDIFICI SEMPLICI:
E’ consentito applicare le norme semplificate delle NTC, utilizzando al posto della resistenza caratteristica a
compressione fk il valore medio fm diviso per il fattore di confidenza. Oltre alle condizioni ivi prescritte, dopo
l’intervento di adeguamento, è necessario che risulti verificato quanto segue:
a) le pareti ortogonali siano tra loro ben collegate;
b) i solai siano ben collegati alle pareti;
c) tutte le aperture abbiano architravi dotate di resistenza flessionale;
d) tutti gli elementi spingenti eventualmente presenti siano dotati di accorgimenti atti a eliminare o equilibrare le
spinte orizzontali
e) tutti gli elementi, anche non strutturali, a elevata vulnerabilità siano stati eliminati;
f) le murature non siano a sacco o a doppio paramento, e in generale di cattiva qualità e scarsa resistenza (ad es.
muratura in “foratoni” o con spessori chiaramente insufficiente).
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INTERVENTI:
A seguito del terremoto dell'Umbria nel '97 e a quello del Friuli nel '76, sono cambiate le strategie d'intervento. Il
terremoto dell'Umbria del '97 è stata la prima prova sul campo di tecniche basate sull'uso estensivo del c.a. e si è
visto che in molti casi, tali interventi erano stati dannosi. La Normativa prevede 3 tipi d'intervento:
1) ADEGUAMENTO : è un intervento per cui la costruzione assume lo stesso grado di sicurezza delle nuove
costruzioni. Esso si attiva per:
a) Sopraelevare
b) Ampliare
c) Apportare variazioni di classe o di destinazione d'uso
d) Effettuare nuovi interventi strutturali
NB: l'adeguamento è d'obbligo se c'è incremento significativo del valore economico del manufatto
2) MIGLIORAMENTO : aumenta la sicurezza della costruzione, pur se non raggiunge il livello delle nuove
costruzioni. E' un intervento particolarmente oneroso. Si preferisce intervenire su un numero maggiore di edifici
piuttosto che intervenire su pochi. Sugli edifici storici e monumentali si preferisce adottare interventi più leggeri
(tutela del bene storico). Naturalmente questi interventi devono evitare il collasso della struttura a seguito di
terremoti molto intensi (pur con ammesso danneggiamento).
Gli interventi 2) e 3) sono i più utilizzati ; l'intervento 1) è solo per interventi strategici. Lo scopo è evitare il
collasso strutturale durante terremoti violenti. Ricordiamo che la gerarchia delle modalità di collasso di una
struttura in muratura è:
I. Disgregazione della tessitura muraria
II. Collasso fuori da piano
III. Collasso nel proprio piano
Vediamo ora nel dettaglio gli interventi da fare nel cado delle tre diverse modalità di collasso.
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INTERVENTI PER LA DISGREGAZIONE DELLA TESSITURA MURARIA
Le NTC dicono che quest'intervento deve migliorare le caratteristiche meccaniche, ma non gli si può
affidare il compito di correggere l'ammorsamento tra le pareti. Non tutte le murature sono iniettabili
(dipende dalla presenza dei vuoti). Gli strumenti utilizzati sono: compressore, miscelatore, serbatoio,
tubature in gomma, ugelli da inserire nei fori, manometro per il controllo della pressione d'iniezione. Le
miscele iniettate possono essere:
- per degrado diffuso, ma senza fessure evidenti; acqua + cemento
- per murature mal eseguite o con lesioni ampie < 5 mm ; acqua + cemento + sabbia
- per lesioni ampie > 5mm; acqua + cemento + sabbia + ghiaia
- per tempi di presa breve; miscela a base di resine organiche
- per elevate proprietà antiritiro, miscele reoplastiche
NB: il problema della granulometria cambia a seconda delle fessure. Per i beni tutelati si tende a evitare
l'uso di resine perché se in futuro si volesse cambiare il tipo di malta non lo si potrebbe fare, perché
trattasi di un intervento irreversibile.
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Le fasi d'iniezione di malta per colo sono le seguenti:
Le NTC prescrivono che particolare attenzione va posta nella scelta della pressione di immissione della
miscela, per evitare l’insorgere di dilatazioni trasversali prodotte dalla miscela in pressione. Nel caso si
reputi opportuno intervenire con iniezioni su murature incoerenti e caotiche, è necessario prendere
provvedimenti atti a ridurre il rischio di sconnessione della compagine muraria e di dispersione della
miscela. Particolare cura dovrà essere rivolta alla scelta della miscela da iniettare, curandone la
compatibilità chimico-fisico-meccanica con la tipologia muraria oggetto dell’intervento.
In base alle "Direttive tecniche della Regione Molise" si deve ricorrere a tale intervento solo se si
ipotizza la sua buona riuscita. Il problema è che visivamente non si può stabilire se l'intervento sia ben
riuscito, allora bisogna fare dei controlli periodici e sistematici :
- verifica dell'assenza di schiacciamento e cedimenti
- valutazione dei vuoti (indagine con endoscopio)
- prelievo di carote per condurre prove fisiche, chimiche e meccaniche
- controllo della presenza dei solfati
-controllo dell'umidità
2. PARETI IN C.A. :
Reti elettrosaldate poste sulla superficie della muratura e si realizza un intonaco di cemento. Si effettua
un "impacchettamento" della muratura con 2 r.e.s. Si tratta di un intervento particolarmente invasivo;
aumentano i pesi, lo spessore e la rigidezza della muratura; ne cambia il comportamento. Viene usato
quando siamo in presenza di un quadro fessurativo molto articolato e quindi non è possibile fare
iniezioni di miscele leganti. L'intervento ha lo scopo di aumentare la resistenza a flessione, trazione e
taglio oltre che la duttilità. L'accorgimento è che le 2 r.e.s debbano essere collegate trasversalmente
attraverso la muratura; si usano a tale scopo barre passanti nella muratura, fissate sulle reti con uncini
altrimenti collassano per conto loro.
Le NTC prescrivono l'utilizzo di quest'intervento per fori danneggiamenti e murature molto incoerenti.
L'intervento si può adottare in zone limitate. Se infatti fosse soggetta a schiacciamento un'intera sezione
muraria (tipo torri e campanili) non si eseguirebbe questo intervento, ma altri come ad esempio la
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cerchiatura. L'uso di intere pareti è sconsigliato per l'eccessivo aumento di rigidezza delle masse e quindi
dell'azione sismica.
I materiali da utilizzare sono :
- acciaio in rete elettrosaldata (acciaio inox o ferro zincato perché si ha corrosione per la presenza di
acqua)
- miscela legante (può essere diversa a seconda della procedura : conglomerato cementizio, miscela
legante, intonaco di malta cementizia
Tale tecnica è efficace solo nel caso in cui l’intonaco armato venga realizzato su entrambi i paramenti e
siano posti in opera i necessari collegamenti trasversali (barre iniettate) bene ancorati alle reti di
armatura. È inoltre fondamentale curare l’adeguata sovrapposizione dei pannelli di rete elettrosaldata, in
modo da garantire la continuità dell’armatura in verticale ed in orizzontale, ed adottare tutti i necessari
provvedimenti atti a garantire la durabilità delle armature, se possibile utilizzando reti e collegamenti in
acciaio inossidabile.
In base alle direttive tecniche della regione Molise la sovrapposizione va fatta anche negli angoli. Infatti
può capitare che:
1) sconnessione tra le pareti armate e il resto della muratura per assenza di collegamento trasversale.
L'intervento è risultato inutile e dannoso.
2) fessure verticali all'angolo : discontinuità per mancata sovrapposizione. Per risolvere il problema
vanno inseriti all'angolo dei ferri ad "L" che colleghino le r.e.s.
3) fessure orizzontali : discontinuità per mancata sovrapposizione delle r.e.s
Come fare a collegare le paretine interne avendo di mezzo un solaio tra un piano all'altro?
Vanno fatti dei fori nel solaio (nel caldone e non nei travetti) e si fanno passare i ferri per collegare le
pareti. I collegamenti vengono fatti sia in pianta che in elevazione. Se l'intervento è bene eseguito può
raddoppiare la resistenza dell'armatura. Tuttavia è un intervento fortemente invasivo. Sigilla la muratura
e riduce l'umidità, l'acqua non riesce ad evaporare e accelera il degrado della malta.
3. DIATONI ARMATI :
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4. CUCITURA ATTIVA DELLA MURATURA :
Consiste nell'adozione di tirantature diffuse nelle tre direzioni ortogonali, in particolare nella direzione
trasversale; migliora la monoliticità e il comportamento meccanico del corpo murario, incrementandone
la resistenza a taglio e a flessione nel piano e fuori dal piano. Tipicamente si adotta una griglia 60x60
nella muratura in pietrame. Si devono praticare dei fori di piccolo diametro 35-40 mm che vengono
eseguiti alternativamente (uno si e uno no) nei nodi della griglia. Il singolo nastro passa nel foro del nodo
della griglia, passa attraverso il foro dall'interno verso l'esterno e nei fori dove convergono più nastri
sarebbe meglio collegarli. Il tali nodi infatti vengono inseriti degli elementi ad imbuto e questi sono posti
tipicamente uno all'interno e uno all'esterno. Altro scopo degli imbuti è quello di dare una curvatura
opportuna al nastro in modo che possa essere messo in tiro. A differenza delle paretine in c.a. in cui le
r.e.s. sono messe lente, qui i nastri d'acciaio al momento della messa in opera sono messi in tiro e poi
bloccati. In pratica si realizza un impacchettamento della muratura. Esso deve essere continuo e non si
deve interrompere nemmeno ai solai.
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2° modo di collasso : FLESSIONE . mettere le catene agli angolo
potrebbe non essere sufficiente e si ha una flessione che si amplifica
maggiormente per pareti lunghe (tipicamente lunghezze > 5m) e si
aggrava ancor di più se la copertura è spingente.
71
Si ovvia con rinforzo, sostituzione o ricostruzione di parte degli elementi:
- iniezioni di malta
- lastre cementizie
- sostruzione muraria (cuci e scuci)
si usa per ripristinare le caratteristiche strutturali quando il degrado colpisce sia la malta che gli
inerti. Sostruzione significa rifacimento. Tuttavia essa produce un indebolimento momentaneo
della muratura, si può dunque ricorrere ad essa solo in zone limitate. La NTC prevede che:
l’intervento di scuci e cuci è finalizzato al ripristino della continuità muraria lungo le linee di
fessurazione ed al risanamento di porzioni di muratura gravemente deteriorate. Si consiglia di
utilizzare materiali simili a quelli originari per forma, dimensioni, rigidezza e resistenza,
collegando i nuovi elementi alla muratura esistente con adeguate ammorsature nel piano del
paramento murario e, se possibile, anche trasversalmente al paramento stesso, in modo da
conseguire la massima omogeneità e monoliticità della parete riparata. Tale intervento può
essere utilizzato anche per la chiusura di nicchie, canne fumarie e per la riduzione dei vuoti, in
particolare nel caso in cui la nicchia/apertura/cavità sia posizionata a ridosso di angolate o
martelli murari. Il materiale solitamente adoperato nell’intervento è rappresentato da mattoni
pieni di buona qualità e malta cementizia; soltanto in alcuni casi, in particolare nei restauri
architettonici, si utilizza come inerte la pietra dura. E’ possibile asportare il materiale
manualmente "a strappo" o, se lo spessore murario è consistente o i carichi gravanti sono
elevati, ricorrere a martinetti idraulici saldati a profilati HE che garantiscano la portanza nella
zona da sostituire.
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2) pareti di controventamento in acciaio: è in intervento invasivo; c'è un
problema di rigidezza soprattutto per i controventi in acciaio ma non
comportano un grande incremento dei pesi come quelli in c.a. ; inoltre c'è
bisogno di un'adeguata fondazione. Sono interventi che si adattano bene
qualora si voglia fare l'adeguamento (vuol dire portare le caretteristiche di
resistenza ai livelli delle nuove costruzioni.
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Vediamo alcune specifiche tecniche per il consolidamento delle volte:
1. TIRANTATURA ORIZZONTALE
E' come per le catene
2. TIRANTATURA VERTICALE
1) puntellamento della volta
2) si mette a nudo l'estradosso ( che va forato per inserire i tiranti fissati generalmente con
resine)
3) foratura
4) lavaggio dei fori
5) posizionamento dei tiranti
6) cementazione all'intradosso
7) creazione di un solaio in c.a. o in acciaio al quale si vincolano i tiranti per annegamento o per
saldatura o per bullonatura
NB: la volta perde il suo comportamento strutturale, resta solo per l'estetica
1) inserimento di collegamenti (catene) : evito i problema e i corpi diventano uniti, per situazioni più complesse si
fanno veri e propri giunti.
3) irrigidimento dei solai: L’irrigidimento dei solai, anche limitato, per ripartire diversamente l’azione sismica tra
gli elementi verticali comporta in genere un aumento della resistenza, che migliora la robustezza della struttura.
Nel caso dei solai lignei può essere conseguito operando all’estradosso sul tavolato. Una possibilità è fissare un
secondo tavolato su quello esistente, disposto con andamento ortogonale o inclinato, ponendo particolare
attenzione ai collegamenti con i muri laterali; in alternativa, o in aggiunta, si possono usare rinforzi con bandelle
metalliche, o di materiali compositi, fissate al tavolato con andamento incrociato. Un analogo beneficio può
essere conseguito attraverso controventature realizzate con tiranti metallici. Il consolidamento delle travi lignee
potrà avvenire aumentando la sezione portante in zona compressa, mediante l'aggiunta di elementi
opportunamente connessi.
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