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1 Dario Vangi

L’opera offre una panoramica sui modelli e Sommario


sulle formulazioni empiriche generalmen- Prefazione
te utilizzati per l’analisi e la ricostruzione
1 Introduzione
delle varie fasi degli incidenti stradali. Con 1.1 La ricostruzione degli incidenti stradali
un’impostazione metodologica rigorosa, i 1.2 Struttura dell’opera
fenomeni che intervengono in un sinistro 2 Le forze agenti sul veicolo
vengono trattati come una branca della

Dario Vangi
2.1 Forze aerodinamiche
2.2 Contatto ruota-terreno
fisica e dell’ingegneria, senza limitarsi a un
approccio semplicemente manualistico o 3 Analisi del moto pre e post-urto del veicolo
3.1 Moto rettilineo
alla collezione della casistica di incidenti

Ricostruzione
3.2 Moto in curva
tipo. Lo scopo è quello di fornire una base 3.3 Moto roto-traslatorio
3.4 Ribaltamento del veicolo
teorica che consenta l’applicazione dei
modelli anche in casi non canonici, che nel-

Ricostruzione della dinamica degli incidenti stradali


4 Analisi della fase di urto: modelli impulsivi

della dinamica degli


4.1 Urti centrali coassiali: modello ad un grado
la ricostruzione degli incidenti sono spesso di libertà
la norma. Lavoro unico nel suo genere nel 4.2 Urti nel piano: modelli a due gradi di libertà

incidenti stradali
4.3 Urti nel piano: modelli a tre gradi di libertà
panorama editoriale italiano, si indirizza
in par ticolar modo ai professionisti che 5 Analisi della fase di urto: forze e risposta
strutturale del veicolo
operano nel settore giudiziario/assicurativo 5.1 Urti contro barriera
e ai tecnici della sicurezza stradale. 5.2 Stima dell’energia di deformazione
5.3 Urti tra due veicoli

Dario Vangi è professore di Progettazio- 6 Ricostruzione degli incidenti stradali


6.1 Approccio per la ricostruzione degli incidenti
ne meccanica e costruzione di macchine
presso la Facoltà di Ingegneria di Firenze
6.2

7
Applicazione del PDOF

Urto con mezzi a due ruote


Principi e applicazioni

PRINCIPI E APPLICAZIONI
e direttore del corso di perfezionamento 7.1 Accelerazione e decelerazione dei mezzi
in Ricostruzione degli incidenti stradali. a due ruote
Autore di molte pubblicazioni in riviste 7.2 Tecniche per la ricostruzione degli incidenti
con veicoli a due ruote
scientifiche nazionali ed internazionali
sulla sicurezza e l’infor tunistica stradale, è 8 Incidenti con pedone
8.1 Cause dei sinistri
anche coordinatore del Gruppo di lavoro 8.2 Tipi di veicoli
UNI (Ente Nazionale di Unificazione) per 8.3 Fenomenologia dell’urto
8.4 Danni sul veicolo
la ricostruzione degli incidenti stradali e 8.5 Lesioni del pedone
della commissione RINA per la cer tifica- 8.6 Meccanica dell’urto veicolo-pedone
8.7 Modelli per la ricostruzione degli urti veicolo-
zione dei tecnici per la ricostruzione degli pedone
incidenti stradali.
9 Incertezze nella ricostruzione degli incidenti
stradali
9.1 Incertezze dei dati e loro propagazione
9.2 Sensibilità all’errore

Bibliografia ragionata
Indice dei concetti

120,00 € ISBN 978-88-8453-783-6 FUP


FIRENZE
UNIVERSITY
PRESS
9 788884 537836
Biblioteca delle professioni

1
Sicurezza ed infortunistica stradale

Comitato Scientifico

Dario Vangi, Università di Firenze (Direttore)


Renzo Capitani, Università di Firenze
Anna Morandi, Università di Pavia, Centro interdipartimentale ricerche sulla
sicurezza stradale
Antonio Pagano, Ministero dei Trasporti, Motorizzazione Civile
Paolo Pascolo, Università di Udine
Lucio Pinchera, Key Safety Systems
Virginio Rivano, EVU-Associazione europea per lo studio e l’analisi degli
incidenti
Hermann Steffan, Università di Graz (Austria)

Titoli pubblicati

Dario Vangi, Ricostruzione della dinamica degli incidenti stradali. Principi e applica-
zioni, 2008
Dario Vangi

Ricostruzione della dinamica


degli incidenti stradali
Principi e applicazioni

Firenze University Press


2008
Ricostruzione della dinamica degli incidenti stradali :
principi e applicazioni / Dario Vangi. - Firenze : Firenze
University Press, 2008.
(Biblioteca delle professioni ; 1)

http://digital.casalini.it/9788884537843

ISBN 978-88-8453-783-6 (print)


ISBN 978-88-8453-784-3 (online)

363.12565

Progetto grafico: Alberto Pizarro Fernández

© 2008 Firenze University Press


Università degli Studi di Firenze
Firenze University Press
Borgo Albizi, 28
50122 Firenze, Italy
http://www.fupress.com/

Printed in Italy
Sommario

Prefazione IX

Capitolo 1 Introduzione 1
1.1 La ricostruzione degli incidenti stradali 1
1.2 Struttura dell’opera 5

Capitolo 2 Le forze agenti sul veicolo 9


2.1 Forze aerodinamiche 9
2.2 Contatto ruota-terreno 12
2.2.1 Pressioni di contatto 14
2.2.2 Resistenza di rotolamento 14
2.2.3 Scorrimento e forza longitudinale 18
2.2.4 Forza laterale 23
2.2.5 Aderenza disponibile 25
2.2.6 ABS 28
2.2.7 Fattori che influenzano l’aderenza 30
2.2.8 L’aderenza sul fondo stradale bagnato 33

Capitolo 3 Analisi del moto pre e post-urto del veicolo 37


3.1 Moto rettilineo 37
3.1.1 Accelerazione uniforme 38
3.1.2 Distanza per l’arresto del veicolo ed evitabilità 41
3.1.3 Diagrammi velocità-tempo e distanza di sicurezza
fra due veicoli 45
3.1.4 Calcolo della velocità dalle tracce di frenata 50
3.1.5 Distribuzione del carico sugli assi 54
3.1.6 Frenatura ideale 58
3.1.7 Frenatura reale 61
3.1.8 Il sorpasso 63
3.2 Moto in curva 65
3.2.1 Sbandamento in curva: calcolo della velocità critica 65
3.2.2 Calcolo della velocità critica nel caso di veicolo
frenato 69
3.2.3 Sbandamento e rotazione attorno all’asse verticale
del veicolo: calcolo della velocità dalle tracce 70
VI Ricostruzione della dinamica degli incidenti stradali

3.3 Moto roto-traslatorio 72


3.3.1 Simulazione del moto a ruote bloccate 73
3.3.2 Simulazione del moto a ruote non bloccate 75
3.3.3 Moto post urto: modello semplificato 76
3.4 Ribaltamento del veicolo 79
3.4.1 Ribaltamento in condizioni quasi statiche 80
3.4.2 Ribaltamento in condizioni dinamiche 81
3.4.3 Analisi dell’incidente con ribaltamento 84

Capitolo 4 Analisi della fase di urto: modelli impulsivi 87


4.1 Urti centrati coassiali: modello ad un grado di libertà 89
4.1.1 Modello ad un grado di libertà 89
4.1.2 Coefficiente di restituzione 93
4.1.3 Calcolo delle velocità nel caso generale 96
4.1.4 Calcolo delle velocità in casi particolari 98
4.1.5 Energia 99
4.2 Urti nel piano: modelli a due gradi di libertà 104
4.2.1 Energia 113
4.2.2 Direzioni note pre e post-urto dei veicoli 115
4.2.3 Impatto contro muro con attrito 122
4.3 Urti nel piano: modelli a tre gradi di libertà 124
4.3.1 Centro di impatto, piano di contatto e coefficiente
di frizione 126
4.3.2 Urti centrati e urti eccentrici 128
4.3.3 Modello a tre gradi di libertà 128
4.3.4 Stima del momento di inerzia dei veicoli 135
4.3.5 Casi particolari 136
4.3.6 Energia 144
4.3.7 Variazione di velocità del veicolo a seguito dell’urto 148
4.3.8 Variazione di velocità del centro di impatto 155
4.3.9 Restituzione 156

Capitolo 5 Analisi della fase di urto: forze e risposta strutturale


del veicolo 165
5.1 Urti contro barriera 166
5.1.1 Coefficiente di restituzione 168
5.1.2 Curve forza-deformazione 169
5.1.3 Approssimazione delle curve forza-deformazione:
modello di Campbell 171
5.1.4 Modello di McHenry 175
5.1.5 Modello di Macmillan 182
5.1.6 Distribuzione dell’energia dissipata nella zona
deformata 185
5.2 Stima dell’energia di deformazione 186
5.2.1 Valutazione dell’energia dissipata dalla misura delle
deformazioni: approccio classico 187
Sommario VII

5.2.2 Fattori di correzione per l’energia di deformazione 191


5.2.3 Determinazione dei coefficienti di rigidezza A e B 193
5.2.4 Valutazione dell’energia dissipata dalla misura delle
deformazioni: approccio PDOD 197
5.2.5 EES – Energy Equivalent Speed 207
5.2.6 Valutazione dell’energia dissipata dalla misura delle
deformazioni: metodo del Triangolo 214
5.3 Urti tra due veicoli 227
5.3.1 Dall’energia di deformazione al ∆V 227
5.3.2 Coefficiente di restituzione nell’urto tra due veicoli 240
5.3.3 Durata dell’impatto 242
5.3.4 Integrazione diretta delle curve F(s) 244
5.3.5 Approccio di Macmillan 248

Capitolo 6 Ricostruzione degli incidenti stradali 253


6.1 Approccio per la ricostruzione degli incidenti 253
6.2 Applicazione del PDOF 256
6.2.1 Determinazione della posizione relativa dei veicoli
al momento dell’urto 256
6.2.2 Determinazione del punto d’urto sulla carreggiata 262

Capitolo 7 Urto con mezzi a due ruote 273


7.1 Accelerazione e decelerazione dei mezzi a due
ruote 275
7.1.1 Prestazioni in frenata dei motocicli 275
7.1.2 Prestazioni in accelerazione dei motocicli e
ciclomotori 277
7.1.3 Decelerazione durante la fase di strisciata a terra 278
7.2 Tecniche per la ricostruzione degli incidenti con
veicoli a due ruote 281
7.2.1 Conservazione della quantità di moto 281
7.2.2 Velocità della moto dalle tracce di frenata a terra 282
7.2.3 Velocità critica in curva 283
7.2.4 Tempo necessario al veicolo per cadere a terra
lateralmente 285
7.2.5 Velocità di impatto contro un ostacolo fisso 286
7.2.6 Velocità di un veicolo che urta un mezzo a due
ruote 287
7.2.7 Correlazione tra deformazioni dei veicoli e velocità
di impatto 287
7.2.8 Correlazioni empiriche tra velocità di impatto e
deformazioni 290

Capitolo 8 Incidenti con pedone 297


8.1 Cause dei sinistri 297
8.2 Tipi di veicoli 299
VIII Ricostruzione della dinamica degli incidenti stradali

8.3 Fenomenologia dell’urto 300


8.3.1 Moto pre-urto del pedone 302
8.3.2 Traiettorie libere 302
8.3.3 Traiettorie non libere 314
8.4 Danni sul veicolo 315
8.4.1 Danni dovuti all’urto primario 315
8.4.2 Danni dovuti all’urto secondario 316
8.4.3 WAD (Wrap Around Distance) 317
8.4.4 Correlazioni tra danno e velocità di impatto 317
8.5 Lesioni del pedone 318
8.5.1 Danni dovuti all’urto primario 320
8.5.2 Danni dovuti all’urto secondario, all’impatto a terra
e al successivo moto 320
8.5.3 Parametri descrittivi 321
8.5.4 Correlazioni tra danno e velocità di impatto 324
8.6 Meccanica dell’urto veicolo-pedone 325
8.6.1 Urto primario 325
8.6.2 Efficienza di proiezione 326
8.6.3 Urto secondario 328
8.6.4 Moto in aria 329
8.6.5 Moto a terra 330
8.7 Modelli per la ricostruzione degli urti veicolo-
pedone 331
8.7.1 Modelli basati sul moto del veicolo 332
8.7.2 Modelli teorici basati sul moto del pedone 336
8.7.3 Modelli semi-empirici basati sul moto del pedone 338
8.7.4 Correlazioni sperimentali basate sul moto del
pedone 339

Capitolo 9 Incertezze nella ricostruzione degli incidenti stradali 343


9.1 Incertezze dei dati e loro propagazione 343
9.1.1 Stima del massimo e minimo valore 343
9.1.2 Formula di propagazione degli errori di Gauss 345
9.1.3 Metodo MonteCarlo 346
9.2 Sensibilità all’errore 347
9.2.1 Analisi matriciale 348
9.2.2 Ridondanza dei dati 355

Bibliografia ragionata 359

Indice dei concetti 361


Prefazione

Quando si parla di incidenti stradali, la mia mente ritrova lo sguardo attonito


dei parenti delle vittime della strada. Poi la mente va al nesso causale e ai con-
ti; e con i conti si argomentano sentenze, i conti divengono verità giuridiche.
Ma sono sempre adeguati i conti? Direi proprio di no, anzi.
Dico questo perché capita sovente di imbattersi in ricostruzioni di in-
cidenti stradali ove il buon senso cede il passo ad una acritico gioco dei
numeri.
I numeri non rappresentano la realtà, essi sono frutto di modelli inter-
pretativi della realtà e i modelli spesso (troppo spesso) sono inadeguati.
Certe perizie peccano di superficialità: di fronte a un problema com-
plesso la tendenza è semplificare, ridurre il problema all’osso, di solito con
risultati che si può bene immaginare.
Un ipotetico incidente stradale, se lo si vuole studiare con un certa at-
tenzione, implica una competenza ‘complessa’. Non bastano i modelli del-
la fisica (si badi bene, uso il termine ‘modelli’, non ‘leggi’); non bastano i
modelli della scienza delle costruzioni; non basta sapere che mediamente
il tempo di reazione psicotecnica è un secondo, dove «mediamente» indi-
ca che non vi è alcun riferimento oggettivo relativo all’ipotetico incidente
in questione. Né basta la sua collocazione rispetto al punto d’urto, inteso
come inizio d’urto, oppure punto d’urto inteso come fine d’urto.
La fisica ci insegna a trattare punti materiali, ma i veicoli non sono pun-
ti materiali; la fisica non fornisce leggi atte a descrivere il processo d’urto,
ossia le modalità e i tempi di trasferimento della quantità di moto da un
veicolo ad un altro. E l’energia di deformazione? E gli attriti al suolo?
E le frenate? Quanto vale il coefficiente d’attrito? Mediamente 0,7, op-
pure…, di nuovo «mediamente».
Vi è poi una relazione univoca tra energie scambiate dai veicoli in fase
d’urto e le lesioni agli occupanti? Mediamente…
Un caso più che emblematico è il colpo di frusta. Anche se qualche
autore si ostina a proporre interpretazioni semplicistiche, va detto che non
vi è una relazione lineare tra l’energia trasmessa in fase d’urto e il danno
subito ad un rachide cervicale, ossia non c’è una diretta dipendenza tra la
velocità relativa tra i veicoli e i danni da colpo di frusta; addirittura in certi
casi pare non vi sia relazione o pare vero il contrario. In effetti la risposta
X Ricostruzione della dinamica degli incidenti stradali

di un sistema biologico è complessa: dipende dalla variabilità individuale,


dallo stato di attenzione del soggetto, ed altro ancora, come è facilmente
dimostrabile e come ho dimostrato.
Se si pensa a un urto a bassa velocità, l’assenza di cedimento strutturale
da parte del veicolo implica al livello del rachide impulsi di forza di note-
vole entità. Se le strutture cedono invece…, e se l’occupante è rilassato? Se
non lo è? Molti i se, poche le certezze.
Per essere padroni di un problema altamente complesso, come quello
che riguarda l’infortunistica stradale e la sicurezza (e qui si dovrebbe apri-
re anche un importante capitolo sui mobile workers) bisogna impadronirsi
di molte tecniche. Non è sufficiente né un diploma, né una laurea, e poi è
necessario investigare a tutto tondo. Il notevole lavoro di Vangi va in que-
sta direzione.
Questo volume è il primo di una serie, che non mancherà di proporre
argomenti multidisciplinari quali la biomeccanica, la neurofisiologia lega-
ta alla percezione, la sicurezza, e certo non mancherà di esporre anche
interessanti casi reali risolti o da porre in discussione.
Questa serie di volumi costituirà un utilissimo strumento di studio e
di consultazione, e non potrà mancare nella biblioteca di un ricostruttore,
così come non manca mai il manuale dell’ingegnere sul tavolo di un pro-
gettista che si rispetti.

Paolo B. Pascolo

Rappresentante governativo
nell’European Enhanced
Vehicle – Safety Commitee
Professore di bioingegneria
industriale
Capitolo 1
Introduzione
1.1 La ricostruzione degli incidenti stradali p. 1 – 1.2 Struttura dell’opera p. 5

1.1 La ricostruzione degli incidenti stradali

La ricostruzione degli incidenti stradali è nata in ambito giudiziario


ed assicurativo, dove viene generalmente svolta a supporto dell’individua-
zione delle responsabilità penali dei soggetti coinvolti o per la valutazione
delle azioni risarcitorie. In questo ambito, il compito di ricostruire la dina-
mica dell’incidente stradale risulta talvolta delicato e decisivo, coinvolgen-
do aspetti sociali ed economici, oltre che penali.
La ricostruzione degli incidenti gioca un ruolo essenziale anche nel-
l’ambito dell’analisi e del miglioramento della sicurezza stradale, poiché
permette di individuare e comprendere le cause ed i meccanismi degli in-
cidenti, le modalità di deformazione dei veicoli, del funzionamento degli
elementi di sicurezza passiva e attiva in condizioni reali, il comportamen-
to e l’interazione uomo/veicolo/ambiente in condizioni critiche reali o in
condizioni di mal funzionamento.
Perciò la ricostruzione degli incidenti stradali costituisce il naturale
sviluppo e completamento dell’analisi statistica del fenomeno incidentale
e fornisce gli elementi necessari a finalizzare lo studio e la messa a punto di
azioni mirate alla riduzione dei fattori di rischio e al miglioramento della
sicurezza della circolazione stradale.
Considerando anche il carattere multidisciplinare della attività di rico-
struzione, emerge la necessità di una elevata specializzazione e competen-
za degli esperti che effettuano le ricostruzioni.
Lo scopo generale della ricostruzione degli incidenti è, al di là dello
specifico ambito di applicazione, quello di individuare il succedersi più ve-
rosimile, o più probabile, degli eventi.
In ambito giudiziario ciò comprende, in generale:

• fornire una descrizione delle fasi di accadimento dell’incidente e


un’analisi cinematica del moto dei veicoli e degli occupanti;
• valutare l’evitabilità dell’incidente, sulla base dell’analisi del comporta-
mento di guida dei conducenti;
2 Ricostruzione della dinamica degli incidenti stradali

• individuare le eventuali trasgressioni al codice della strada ed il nesso


eziologico tra comportamenti dei coinvolti ed il verificarsi dell’incidente.

In ambito di sicurezza stradale la ricostruzione degli incidenti deve


principalmente:

• individuare le cause del sinistro ed i fattori di rischio, quali l’influenza


delle condizioni ambientali e dei fattori umani sulla determinazione
dell’incidente (conformazione della strada e della viabilità, condizioni
del fondo stradale, condizioni di visibilità, posizionamento e tipo di se-
gnaletica, ecc.).

Il raggiungimento degli scopi della ricostruzione degli incidenti avvie-


ne tipicamente attraverso le seguenti attività:

• Analisi della collisione: al fine di stabilire tutti i parametri significativi


dell’urto, della cinematica e della dinamica dei veicoli, quali le velocità
e le direzioni pre e post urto, l’analisi delle deformazioni e delle forze
in gioco, le manovre effettuate e la dinamica degli occupanti. In ambito
giudiziario, può essere analizzata anche la compatibilità delle deforma-
zioni dei veicoli con la dinamica dichiarata dalle parti, al fine di eviden-
ziare eventuali contraddizioni;
• Analisi delle cause e dei processi causali: in questo tipo di analisi ven-
gono individuate le diverse cause concomitanti dell’incidente; attraver-
so una analisi del processo che ha portato la situazione ad uno stato
di inevitabilità, è possibile effettuare una gerarchizzazione dei fattori
di rischio e delle cause individuate, generalmente suddividendoli nelle
tipologie: fattore umano, veicolo, strada e ambiente. In questo tipo di
analisi possono venire considerate anche le eventuali trasgressioni al
codice della strada e il nesso eziologico tra condotte dei coinvolti e la
determinazione dell’evento dannoso;
• Analisi di evitabilità: per stabilire, date le condizioni cinematiche, ad
esempio le velocità e le posizioni prima dell’urto dei veicoli, se e come
un incidente avrebbe potuto essere evitato o, comunque, se avesse po-
tuto produrre conseguenze meno severe. In questo tipo di analisi ven-
gono valutate le dinamiche derivanti da azioni che il conducente avreb-
be potuto mettere in atto al fine di evitare l’incidente, quali sterzare,
frenare o accelerare, ecc.. I fattori che vengono presi in considerazione
sono il fattore umano in termini di visibilità, tempi di reazione, stato
psicofisico, ecc, il fattore veicolo in termini di condizioni meccaniche,
manutenzione, rotture o manomissioni in grado di inficiare la control-
labilità e guidabilità del veicolo, il fattore infrastruttura in termini di
progetto della strada, condizioni di manutenzione, segnaletica, visuale,
dispositivi di controllo, ecc.;
• Analisi delle lesioni: in cui si individuano tutti i fattori fisici e biologi-
ci che permettono di descrivere come si sono prodotte le lesioni tem-
Introduzione 3

poranee e/o permanenti e individuare se queste sono effettivamente


compatibili con la dinamica dell’incidente. Questa analisi può essere
condotta solo a partire da una attenta analisi delle velocità di collisione
e della dinamica degli occupanti, considerando il moto degli stessi, i
contatti del corpo all’interno ed all’esterno del veicolo, il funzionamen-
to e l’azionamento dei dispositivi di sicurezza passiva, quali cinture di
sicurezza, airbags, pretensionatori, ecc., i limiti di tolleranza alle forze
e l’analisi dei dati delle lesioni.

Nonostante le diversità tra i vari tipi di incidente e le diversità di ap-


proccio utilizzate per la ricostruzione, nella gran parte dei sinistri stra-
dali si possono individuare delle fasi tipiche che possono essere affrontate
separatamente nella ricostruzione: fase pre urto (che va dalla percezione
del pericolo da parte dei conducenti dei veicoli, al momento in cui i veicoli
vengono a contatto tra loro o con altri ostacoli), fase di urto (che compren-
de tutta la fase in cui i veicoli sono a contatto tra loro o con altri ostacoli)
e fase post urto (che va dal momento in cui sui veicoli cessano le azioni
esterne provenienti da altri veicoli od ostacoli, fino al raggiungimento della
posizione di quiete o fino al momento in cui si ha un successivo urto).
L’approccio classico per ricostruire la cinematica dei veicoli e risalire ai
comportamenti di guida dei conducenti e alle cause del sinistro, consiste nel
procedere a ritroso nella sequenza temporale dell’evento, analizzando pri-
ma la fase post urto, poi quella di urto ed infine quella pre urto (backward
calculation). L’analisi di ogni fase fornisce come output i dati di ingresso
per l’analisi della fase successiva. La correttezza della ricostruzione globale
dipende quindi dalle approssimazioni effettuate nell’analisi di ogni fase.
Per ciascuna fase si possono distinguere vari metodi di analisi: quelli
basati su modelli del fenomeno e quelli basati su formulazioni empiriche.
L’approccio empirico è spesso impiegato negli incidenti che coinvol-
gono pedoni, biciclette o motocicli, in cui la difficoltà della modellazione
del fenomeno e del complesso moto del corpo umano, spingono ad una
drastica semplificazione dei modelli, portando a trascurare l’influenza
sul fenomeno di molti fattori; la conseguenza di tale semplificazione pro-
duce risultati spesso inaccettabili. In tal caso appare più conveniente uti-
lizzare formulazioni empiriche, che pur non tenendo in considerazione
molti fattori e parametri del fenomeno, risultano di semplice ed imme-
diata applicazione.
D’altra parte si sta sempre più diffondendo l’utilizzo dell’analisi nume-
rica del fenomeno, con software per la simulazione multibody o FEM, che
consentono di descrivere con accuratezza il moto dei corpi e le deforma-
zioni delle strutture. Tali tecniche numeriche risultano, allo stato attuale,
molto utili per lo studio dei vari tipi di urti, al fine di valutarne le conse-
guenza su veicoli e occupanti o per valutare possibili dinamiche a partire
da condizioni iniziali imposte.
Queste tecniche necessitano generalmente di dettagliate informazioni
circa le caratteristiche geometriche, meccaniche e cinematiche dei corpi
4 Ricostruzione della dinamica degli incidenti stradali

stessi e la ricchezza delle informazioni ricavabili dalle simulazioni spesso


non trova elementi oggettivi di confronto nell’incidente reale, per la man-
canza di dati sufficienti o incertezza dei dati disponibili; ciò le rende quindi
più adatte per la descrizione del fenomeno e per lo studio di azioni miglio-
rative della sicurezza stradale che per la ricostruzione degli incidenti.
Un approccio alternativo alla backward calculation per la ricostru-
zione degli incidenti stradali consiste nell’effettuare l’analisi del sinistro
partendo dalle condizioni iniziali, quelle prima dell’urto, per determinare,
attraverso il calcolo di tutti i parametri cinematici e dinamici delle fasi
intermedie, la risposta in uscita del sistema. Questa procedura, general-
mente utilizzata nei software di simulazione, viene ripetuta iterativamente
variando i parametri iniziali con opportuni criteri di ottimizzazione e di
convergenza, individuando la soluzione che risulta più coerente con i dati
di contorno, o vincoli. Questa analisi viene detta diretta o forward cal-
culation e la correttezza globale della ricostruzione dipende dal grado di
rispetto dei vincoli ottenuto nelle varie fasi di risoluzione.
Negli ultimi anni sono stati sviluppati diversi software di simulazio-
ne (PC-Crash, SMAC, CRASH3, …) i quali permettono di simulare sia
la cinematica pre e post urto che la fase di urto. Anche questi software
richiedono generalmente dati difficilmente rilevabili sulla scena del si-
nistro e necessitano quindi di numerose assunzioni che l’esperto deve
ipotizzare in base alle proprie valutazioni ed esperienza. Tuttavia l’uti-
lizzo di tali software consente, nei casi complessi caratterizzati spesso
anche da urti multipli, una semplificazione nello svolgimento dei calcoli,
una riduzione dei tempi per analizzare vari possibili soluzioni e offrono
una rappresentazione grafica 2D e 3D dello scenario; i risultati che si
ottengono tuttavia sono confrontabili con quelli ottenibili utilizzando le
formulazioni analitiche e non sempre si giunge ad una maggiore certezza
nella ricostruzione del sinistro.
La ricostruzione degli incidenti, come tutte le tecniche di failure
analysis, segue un procedimento logico che, partendo dai dati rilevati sul-
la scena del sinistro, deve determinarne le cause e le modalità di accadi-
mento. È un procedimento logico opposto a quello normalmente seguito
nella progettazione, verifica e collaudo di opere ingegneristiche, in cui
sono note le condizioni operative e si determinano in modo univoco le
risposte del sistema/struttura, ed è associabile, per analogia, ai processi
di reverse engineering.
La maggiore o minore probabilità che lo scenario ricostruito sia vicino
al ‘vero’, dipende, come già detto, in larga misura dal grado di rispetto dei
vincoli imposti. Uno scenario è tanto più verosimile e probabile quanto
più gli elementi a disposizione trovano una loro corretta giustificazione e
collocazione in un quadro coerente.
Una difficoltà che il ricostruttore deve spesso affrontare è legata al fatto
che possono esistere più scenari che soddisfano in tutto o in parte i vinco-
li, con risultati contrastanti sia sul piano tecnico che sul piano giuridico.
La molteplicità delle possibili soluzioni deriva dal fatto che i vari modelli
Introduzione 5

fisici utilizzati sono basati su ipotesi semplificative e schematizzazioni più


o meno accentuate e che il problema della ricostruzione risulta in genere
malcondizionato, con la conseguenza che piccole perturbazioni sui dati in
ingresso possono generare ampie variazioni sui risultati finali. In effetti,
nella quasi totalità dei casi, i dati di ingresso sono noti, o stimabili, solo con
un certo grado di incertezza.
Le conseguenze di tutto ciò si traducono in una perdita, o forse peggio,
in una distorsione delle informazioni ricavate, rendendo meno consistenti
le statistiche ricavabili dall’osservazione della incidentalità. In particolare
risultano meno affidabili quelle informazioni necessarie per la piena com-
prensione dei fenomeni che è alla base per una corretta progettazione degli
attuali sofisticati sistemi di sicurezza attiva e passiva dei veicoli, e anche
delle infrastrutture.
Da tutto ciò deriva l’importanza che la ricostruzione dell’incidente
sia effettuata anche con una adeguata analisi di sensibilità ai parametri
di ingresso.

1.2. Struttura dell’opera

La finalità dell’opera è quella di descrivere da un punto di vista fisico i


fenomeni che intervengono nei vari tipi di incidenti stradali e fornire una
panoramica sui modelli e sulle formulazioni empiriche generalmente uti-
lizzati per l’analisi e la ricostruzione delle varie fasi dell’incidente, quella
pre urto, quella di urto e quella post urto. Non sono trattati i temi legati
al fattore umano, al rilievo degli incidenti stradali, alla biomeccanica, alla
cinematica degli occupanti e alla loro interazione con le strutture inter-
ne e con i mezzi di ritenuta. Non sono, inoltre, trattati i temi legati alla
strada, alle barriere di sicurezza, alla segnaletica e loro interazione con gli
incidenti e gli aspetti giuridici e legati alle norme di comportamento nella
circolazione.
Il testo non è concepito come un manuale, in cui si possa trovare, a
fronte di una descrizione sintetica dei fenomeni, direttamente le formule
risolutive valide per una serie di casi applicativi particolari; né si presenta
come un libro con una collezione di incidenti ‘tipo’ ricostruiti come l’auto-
re pensa debbano essere accaduti.
Si è preferito, invece, considerare la ricostruzione degli incidenti stra-
dali come una branca della fisica e dell’ingegneria. In questa prospettiva,
i fenomeni che intervengono in un sinistro stradale sono stati analizzati
per una loro approfondita comprensione e sono stati descritti attraverso i
modelli che consentono di effettuarne una ricostruzione, mantenendo una
impostazione metodologica rigorosa, così da fornire una base teorica che
consente l’applicazione dei modelli anche in casi non canonici, che peral-
tro nella ricostruzione degli incidenti sono spesso la norma.
Considerando l’assenza di un testo in lingua italiana che tratti la mate-
ria in modo esauriente e che l’opera è destinata essenzialmente ai profes-
sionisti che operano nel settore, si è cercato, accanto agli aspetti teorici, di
6 Ricostruzione della dinamica degli incidenti stradali

non trascurare l’aspetto applicativo, fornendo numerosi esempi di come i


modelli possano venire utilizzati e di fornire tutti gli elementi necessari ad
ottenere soluzioni quantitative.
È stata inserita anche l’analisi di alcuni casi di incidenti reali, al fine di
mostrare l’applicazione di alcuni concetti, quale ad esempio la direzione
principale della forza (PDOF), che spesso la trattazione solo teorica rischia
di non mette sufficientemente in luce.
Per la comprensione del testo si presuppone una confidenza con gli ar-
gomenti di matematica e fisica tipicamente trattati nei corsi di base delle
lauree in materie tecniche-scientifiche.
Il testo è strutturato in modo da fornire nei primi capitoli (1-5) i princi-
pali modelli che descrivono la dinamica del veicolo e le fasi dell’incidente,
poi, considerando che i ‘corpi’ che collidono hanno caratteristiche diverse
per quanto riguarda i gradi di libertà e le masse (gli autoveicoli si consi-
derano vincolati a muoversi nel piano ed hanno grande massa, i mezzi a
due ruote hanno la possibilità anche di inclinarsi sul fianco e una massa
intermedia e i pedoni durante l’urto si muovono nello spazio ed hanno una
massa relativamente modesta) nei capitoli successivi (6-8) vengono analiz-
zati tenendo conto della suddetta specificità. Infine, al capitolo 9, poiché
nella ricostruzione degli incidenti stradali si parte sempre da dati con un
certo grado di incertezza, si è introdotto il tema della valutazione delle
incertezze nel calcolo.
In particolare l’opera è così suddivisa:

• Nel capitolo 2 vengono introdotte ed analizzate le forze agenti sul veico-


lo, la cui comprensione costituisce l’elemento necessario per affrontare
i capitoli successivi; particolare enfasi è stata posta sulle forze derivanti
dal contatto ruota-terreno, illustrando i principali modelli che consen-
tono di descrivere l’andamento di queste forze al variare dei parametri
fisici che descrivono la dinamica del veicolo.
• Nel capitolo 3 vengono analizzati i moti pre urto e post urto dei veicoli,
dando risalto ai metodi per determinare la velocità del veicolo a partire
dalle tracce lasciate sul terreno, che documentano il tipo di moto del
veicolo.
• Nei capitoli 4 e 5 viene analizzata la fase di urto tra i veicoli; nel capitolo
quarto attraverso i modelli impulsivi con schematizzazione dei veicoli
a 1, 2 e 3 gradi di libertà, mentre nel capitolo quinto viene analizzata la
risposta strutturale del veicolo e vengono descritti i principali modelli
per la stima dell’energia dissipata nell’urto e per il calcolo dei parametri
cinematici.
• Nel capitolo 6 vengono esposti i principi generali su come applicare i
modelli visti nei capitoli precedenti alla ricostruzione degli incidenti
tra autoveicoli e vengono proposte alcune applicazioni del PDOF (dire-
zione principale delle forze), utilizzando alcuni casi reali di incidente.
• Nei capitoli 7 e 8 vengono analizzati gli urti con i mezzi a due ruote
e con pedoni, fornendo una descrizione fenomenologica dell’evento e
Introduzione 7

analizzando i principali modelli e le principali correlazioni empiriche


per determinare i parametri cinematici dell’urto.
• Nel capitolo 9 viene affrontato il tema delle incertezze nella ricostru-
zione degli incidenti stradali. È bene, infatti, ribadire che qualsiasi rico-
struzione dell’incidente rappresenta soltanto uno dei possibili scenari
che possono essere desunti dai dati di partenza, dato che questi ultimi,
per loro natura, sono soggetti ad errori ed incertezze nella misura o nel-
la stima. È quindi buona prassi quella di effettuare sempre una analisi
di sensibilità del modello applicato ai dati iniziali e valutare gli inter-
valli di variazione delle soluzioni, per individuare quella più probabile
e realistica.
Capitolo 2
Le forze agenti sul veicolo
2.1 Forze aerodinamiche p. 9 – 2.2 Contatto ruota-terreno p. 12 – 2.2.1 Pressioni di contatto p.
14 – 2.2.2 Resistenza di rotolamento p. 14 – 2.2.3 Scorrimento e forza longitudinale p. 18 – 2.2.4
Forza laterale p. 23 – 2.2.5 Aderenza disponibile p. 25 – 2.2.6 ABS p. 28 – 2.2.7 Fattori che
influenzano l’aderenza p. 30 – 2.2.8 L’aderenza sul fondo stradale bagnato p. 30

Le forze agenti sul veicolo sono quelle derivanti dal contatto ruote–ter-
reno, le forze aerodinamiche, la forza gravitazionale, le forze inerziali e
le forze di contatto durante l’urto contro altri veicoli o infrastrutture. Le
azioni di queste ultime forze verranno trattate in modo esteso nel capi-
tolo 5, quella della forza gravitazionale, relativamente alla decelerazione
su strada in pendenza, verrà analizzata nel capitolo 3 mentre nel presente
capitolo saranno analizzati i primi due tipi di forze. L’insieme delle forze
agenti sul veicolo determina il moto dello stesso e la loro comprensione e
schematizzazione è fondamentale per l’analisi della dinamica del veicolo e
la ricostruzione degli incidenti stradali.

2.1 Forze aerodinamiche

Le forze dovute all’interazione del veicolo con l’aria risultano avere una
certa rilevanza, nella ricostruzione degli incidenti stradali, solo nel caso di
elevate velocità relativa tra veicolo e aria circostante.
Consideriamo nel seguito una situazione di aria immobile, cioè assenza
di vento. A veicolo fermo, l’unica forza che si esercita è la forza di ‘galleg-
giamento’ data dalla spinta di Archimede, ovvero la forza aerostatica che
agisce in direzione verticale, pari al peso dell’aria spostata dal veicolo. Data
la bassa densità dell’aria, tale forza è trascurabile.
Nel caso di movimento relativo tra veicolo ed aria circostante, in ogni
punto si ha una pressione dinamica calcolabile con la legge di Bernoulli, che
stabilisce la conservazione dell’energia lungo ciascuna linea di corrente:

(2.1) 1 1
p + ρV 2 = costante = po + ρVo 2
2 2

dove p0 e V0 sono i valori della pressione ambiente e della velocità in un


punto sufficientemente lontano dal corpo, a monte di esso. Nella (2.1) si è
trascurato il termine gravitazionale, che dà origine alle forze aerostatiche.
10 Ricostruzione della dinamica degli incidenti stradali

Nel caso di un corpo immerso in un fluido perfetto, cioè con viscosi-


tà nulla, le pressioni dinamiche che si esercitano in ogni punto risultano
normali alla superficie del corpo stesso, e la somma di tutte le pressioni si
annulla, come dimostrato da D’Alembert con il suo noto paradosso.
In un fluido reale, invece, la viscosità fa si che in ogni punto del corpo,
oltre alle azioni normali causate dalla pressione dinamica, ci siano anche
azioni tangenziali, dovute a fenomeni di attrito tra corpo e fluido. Inoltre,
l’effetto globale della viscosità produce anche una variazione del campo di
pressione dinamica attorno al corpo, la cui risultante non è più nulla. Que-
sta ultima forza assume maggiore importanza, rispetto alle forze di attrito,
per fluidi come l’aria, a bassa viscosità.
La risultante di tutte le azioni dinamiche sul corpo, detta forza dina-
mica totale, non è in generale diretta secondo la direzione del fluido e si
può scomporre in una componente lungo la direzione del fluido, chiamata
resistenza aerodinamica, ed una perpendicolare a questa, chiamata por-
tanza. Inoltre, se si fa riferimento ad un qualsiasi punto o asse del corpo, il
complesso delle forze locali determina un momento che tende a far ruota-
re il corpo stesso.
Le azioni dinamiche totali sono date dalla formula di Newton:

1
F = CAρVr2
(2.2) 2
1
M = C M ApρVr2
2

dove Vr è la velocità relativa tra corpo e fluido, ρ è la densità dell’aria, A la


superficie della sezione frontale del veicolo, p è una lunghezza caratteristi-
ca che in genere, per esprimere il momento di beccheggio, viene assunta
pari al passo del veicolo.
L’area della sezione frontale può, per gli autoveicoli, essere approssima-
ta in modo semplice attraverso la:

(2.3) A = ψth

dove t è la carreggiata ed h l’altezza del veicolo, ψ è un coefficiente che


assume generalmente valori compresi tra 0,85 e 0,95.
La (2.2) esprime la dipendenza lineare tra pressione dinamica e forza,
attraverso i coefficienti C e CM adimensionali, da determinare sperimen-
talmente. Questi coefficienti dipendono in generale dalla geometria, dal
numero di Reynolds e dal numero di Mach.
Questi ultimi numeri esprimono: l’importanza tra effetti inerziali e vi-
scosi, il primo, e il rapporto tra velocità del veicolo rispetto all’aria e la
velocità del suono, il secondo. In campo automobilistico la dipendenza dei
coefficienti C e CM da questi due numeri è trascurabile, così che si possono
considerare con buona approssimazione costanti.
Le forze agenti sul veicolo 11

Ai fini della ricostruzione degli incidenti stradali assume una certa rile-
vanza solo il caso in cui la velocità relativa tra veicolo e aria è diretta lungo
l’asse longitudinale del veicolo stesso. In questo caso si ha una componente
di resistenza lungo x, una portanza lungo z ed un momento di beccheggio
attorno all’asse y (la resistenza lungo l’asse y e i momenti di rollio ed im-
bardata, data la simmetria del veicolo, sono nulli):

1
Fx = C x AρVr2
2
1
(2.4) Fz = C z AρVr2
2
1
M y = C My ApρVr2
2

In Tabella 1 sono riportati i valori della densità e temperatura dell’aria a


varie altitudini, mentre in Tabella 2 sono riportati i valori del coefficiente
C x e della superficie A per alcune vetture.

Tabella 1 – Valori della temperatura e della densità dell’aria a varie altitudini.

Quota Z (m) Pressione (kPa) Temperatura (K) Densità (kg/m3)


-500 107 291 1,2857
0 101 288 1,2257
500 95 284 1,1680
1000 89 281 1,1123
1500 84 278 1,0586
2000 79 275 1,0070
2500 74 271 0,9573
3000 70 268 0,9095

Tabella 2 – Coefficiente Cx e superficie A per alcune autovetture.

Cx A (m2) Cx A (m2)
Alfa 90 0,40 1,92 Ferrari Testarossa 0,33 1,85
Alfa Romeo GTV 0,40 1,77 Fiat Croma 0,34 2,04
Audi 100 0,30 2,05 Fiat Panda 0,41 1,70
Audi Quattro 0,43 1,86 Fiat Ritmo 0,37 1,88
Austin Metro 0,39 1,73 Fiat Uno 0,34 1,83
BMW M 635 Csi 0,40 2,00 Ford Fiesta 0,41 1,76
Citroen BX 0,36 1,91 Ford Scorpio 0,35 2,02
Citroen CX 0,40 1,96 Ford Sierra XR 4i 0,34 1,98
Citroen Visa 0,4 1,75 Honda Prelude 16V 0,41 1,84
12 Ricostruzione della dinamica degli incidenti stradali

Cx A (m2) Cx A (m2)
Jaguar XJ-S 0,40 1,83 Porsche 911 Carrera 0,38 1,77
Lancia Thema 0,36 2,06 Porsche 928 S 0,39 1,96
Lancia Y10 0,33 1,76 Porsche 944 turbo 0,35 1,89
Mercedes 190 E 0,34 1,89 Renault 21 0,34 1,94
Mercedes 190 E2,3 0,33 1,94 Renault 25 0,31 2,03
Mercedes 200 0,29 2,07 Renault 4 0,49 1,83
Mitsubishi Galant 0,40 1,98 Renault 5 0,37 1,80
Mitsubishi Starion T 0,37 1,84 VW Golf GL 0,34 1,89
Opel Corsa 0,35 1,73 VW Golf GTI 16V 0,35 1,91
Opel Kadett Gsi 0,32 1,88 VW Jetta CL 0,36 1,89
Opel Omega 0,28 2,06 VW Passat GL 0,37 1,90
Peugeot 205 0,39 1,74 VW Polo 0,38 1,70
Peugeot 309 0,34 1,86 VW Scirocco 16V 0,38 1,78

Ad esempio, un veicolo di sezione trasversale paria 2 m2, C x = 0,4, che


viaggia alla velocità di 35 m/s (126 km/h) a quota 0 m s.l.m. è soggetto ad
una resistenza aerodinamica di 600 N.

2.2 Contatto ruota-terreno

Verranno analizzate le forze dovute al rotolamento degli pneumatici, alle


forze generate durante l’applicazione di coppie frenanti o motrici e quelle
generate durante la sterzata del veicolo.
Per descrivere le forze e momenti agenti sulle ruote si farà riferimento
al sistema di coordinate adottato dalla Society of Automotive Engineers1
(SAE), mostrato in Figura 2.1.
La forza che agisce sulla ruota si suppone che sia applicata al centro
dell’area di contatto col suolo, con componenti sugli assi Fx, Fy e Fz.
Fx è la forza longitudinale, orientata nella direzione definita dal piano di
rotazione della ruota, che può essere sviluppata dalla coppia motrice o dal-
la coppia frenante; Fy è la forza laterale, generata principalmente a seguito
di manovre di sterzata ed è diretta perpendicolarmente alla ruota; Fz è la
forza normale alla superficie di contatto.
Analogamente, il momento risultante dal contatto ruota terreno può
essere scomposto lungo i tre assi, dando luogo alle componenti Mx, My
e Mz.
Mx è il momento di ribaltamento, My è il momento dovuto alla resi-
stenza di rotolamento o alla coppia frenante o motrice, Mz è il momento di

1
  Vehicle Dynamics Terminology, SAE Recommended Practice, SAE Standard J670e, SAE
International, Warrendale, PA, 1976.
Le forze agenti sul veicolo 13

Figura 2.1 – Sistema di riferimento per lo studio delle forze e momenti tra ruote e
terreno. Sono indicate le direzioni delle forze e momenti e gli angoli di campanatura
γ e di deriva α.
Mz
(Momento di
autoallineamento)

γ
My (Momento dovuto
alla resistenza di
rotolamento)
X - Fx (forza longitudinale)

Direzione del moto della ruota

Mx
(Momento di
ribaltamento)

Y - Fy (forza laterale)

Z - Fz (forza normale)

autoallineamento. Sull’asse della ruota è applicato, dal veicolo, il momento


motore o frenante T.
L’angolo α di deriva è l’angolo formato dal piano di rotazione della ruota
e la direzione della traiettoria del punto di contatto ruota-terreno. La dire-
zione del piano di rotazione della ruota è fissata convenzionalmente come
coincidente con l’asse X. L’angolo γ di campanatura è l’angolo tra il piano
di rotazione della ruota e l’asse Z.
Ai fini della ricostruzione degli incidenti stradali i momenti applicati
nell’area di contatto non rivestono una importanza significativa e perciò la
loro analisi non verrà svolta; approfondimenti su tali momenti si trovano
in testi di dinamica dell’autoveicolo.
Risultano invece di interesse le forze scambiate sul piano di contatto.
La risultante F della forza longitudinale e laterale, F2 = Fx2 + Fy2, giace sul
piano di contatto e prende il nome di aderenza.
L’aderenza richiesta Fr è la forza necessaria ad un dato veicolo per ef-
fettuare una definita manovra (percorrere una curva, frenare, evitare un
ostacolo, opporsi alla forza del vento, etc.) in condizioni specifiche (veloci-
tà, assetto, carico ecc.).
L’aderenza disponibile Fd è la massima forza sul piano di contatto che
l’insieme di pavimentazione e ruota può fornire, mentre l’aderenza impe-
14 Ricostruzione della dinamica degli incidenti stradali

gnata Fi è la quota parte dell’aderenza disponibile che il veicolo utilizza per


compiere una data manovra e rappresenta il punto di equilibrio, se esiste,
tra l’aderenza richiesta e l’aderenza disponibile.
In generale si può dire che se:

Fd
>1
Fr

allora il veicolo può essere controllato. Se, invece si ha:

Fd
<1
Fr

allora si ha la perdita di aderenza e il veicolo non può essere controllato.

2.2.1 Pressioni di contatto

In condizioni statiche, di ruota ferma, la pressione di contatto in direzione


Z, perpendicolare al terreno, si distribuisce in modo simmetrico nell’area
di contatto. La distribuzione di queste pressioni non è costante ma dipen-
de dalla struttura del pneumatico, dal carico, dalla pressione di gonfiaggio,
ecc.; generalmente si hanno valori superiori della pressione di contatto in
corrispondenza dei fianchi del pneumatico, come visibile in Figura 2.2. La
risultante di queste pressioni passa per il centro dell’area di contatto.
La forza data dalla pressione di gonfiaggio moltiplicata per l’area di con-
tatto contribuisce generalmente per un 85% della forza verticale totale agen-
te sulla ruota, mentre il rimanente è sopportato dai fianchi del pneumatico.

2.2.2 Resistenza di rotolamento

La resistenza di rotolamento è dovuta principalmente all’isteresi del mate-


riale con cui è realizzato il pneumatico; l’isteresi si manifesta come conse-
guenza della deformazione della carcassa nell’area di contatto con il terre-
no durante il rotolamento. Questo fenomeno è dovuto alla viscoelasticità
caratteristica degli elastomeri che compongono il battistrada: applicata
una forza, la deformazione risultante è sfasata nel tempo rispetto all’azio-
ne, cioè la risposta del materiale non è istantanea, ma trascorre qualche
istante prima della reazione alla forza impressa. La deformazione, inoltre,
dipende dalla velocità con cui viene applicata la forza deformante.
Durante il contatto col suolo, a causa della cedevolezza del pneumatico,
gli elementi del battistrada subiscono micro-spostamenti tangenziali nel
piano di contatto, definiti scorrimenti secondari, anche se l’area di contat-
to, da un punto di vista globale, rimane istantaneamente ferma durante il
rotolamento della ruota.
Come si vede dalla Figura 2.3, dal punto di vista macroscopico, gli scor-
rimenti secondari sono dovuti allo schiacciamento che lo pneumatico su-
Le forze agenti sul veicolo 15

Figura 2.2 – Pressioni di contatto ruota terreno in condizioni statiche, lungo l’asse Z.

bisce a causa del carico verticale applicato. Quando durante il rotolamento


il punto A arriva nella posizione B, il raggio R diminuisce e quindi dimi-
nuisce anche la sua velocità periferica ωR, essendo la velocità angolare ω
rimasta invariata.
Poiché il battistrada deve diminuire la propria velocità periferica nel-
l’area di contatto col suolo, si trova a strisciare.
Oltre all’isteresi del materiale e agli scorrimenti secondari, altri contri-
buti alla resistenza di rotolamento sono dovuti alle azioni aerodinamiche
della ruota e all’attrito sui perni, ma complessivamente risultano trascura-
bili rispetto all’isteresi.
Dati sperimentali mostrano che la resistenza di rotolamento dovuta al-
l’isteresi, su asfalto, rappresenta approssimativamente il 87-94% della resi-
stenza totale, il 5-10% è data dagli scorrimenti secondari del battistrada e il
rimanente dalla resistenza aerodinamica. Se il terreno è molto deformabile
(fango, sabbia, neve fresca, ecc.), anche questa deformazione contribuisce
in modo sostanziale alla resistenza al rotolamento.
L’isteresi fa sì che durante il rotolamento e i conseguenti scorrimenti
secondari, la parte posteriore del pneumatico non ritorni immediatamente
a contatto col suolo e quindi la distribuzione delle pressioni perpendicolari
al suolo non risulti più simmetrica rispetto al centro dell’area di contatto;
la risultante di queste pressioni si sposta di una quantità ∆x nella direzione
del moto, producendo un momento di rotolamento My = Fz∆x che si oppo-
ne al rotolamento (vedi Figura 2.4).
16 Ricostruzione della dinamica degli incidenti stradali

Figura 2.3 – Micro spostamenti tangenziali (scorrimenti secondari) dovuti allo schiac-
ciamento del pneumatico.

Figura 2.4 – Distribuzione delle pressioni lungo Z durante il rotolamento.

La resistenza di rotolamento Frot è la forza di trazione, parallela al terreno e


applicata al centro della ruota, necessaria a equilibrare il momento suddetto.
L’equilibrio della ruota lungo la direzione parallela al terreno implica
che vi sia una forza tangenziale sul piano di contatto uguale e in verso
contrario alla resistenza di rotolamento; queste due forze, la resistenza al
rotolamento e quella di contatto, fanno equilibrio al momento di rotola-
mento My = Fz∆x.
Per mantenere in rotolamento una ruota folle è necessaria, quindi, l’ap-
plicazione di una forza tra ruota e terreno, cioè è necessario impegnare
una parte di aderenza disponibile.
In una ruota motrice, invece, il momento di rotolamento viene equi-
librato direttamente della coppia motrice, senza necessità di una forza
Le forze agenti sul veicolo 17

tangenziale alla ruota, ovvero senza impegnare l’aderenza disponibile. In


questo ultimo caso, se la ruota motrice deve fornire una forza traente per
una ruota folle, una parte di aderenza viene impegnata solo per vincere la
resistenza al rotolamento della ruota folle.
In un veicolo con tutte le ruote motrici la resistenza al rotolamento vie-
ne vinta dalla coppia motrice. Se alcune ruote non sono motrici, viene im-
pegnata una parte della aderenza disponibile; in terreni deformabili, carat-
terizzati da elevata resistenza di rotolamento e bassa aderenza disponibile,
l’aderenza richiesta può essere superiore a quella disponibile, rendendo la
marcia impossibile anche in pianura.
Con riferimento alla Figura 2.4, si può scrivere una equazione di equi-
librio, che risolta nella resistenza di rotolamento fornisce:

Fz Δx
(2.5) Frot =
R

Poiché nella (2.5) non è in generale facile determinare la quantità ∆x, si


valuta al resistenza di rotolamento attraverso la:

(2.6) Frot = f r Fz

dove f r è il coefficiente di rotolamento che viene determinato sperimen-


talmente.
In Tabella 3 vengono riportati valori tipici del coefficiente di rotola-
mento per autoveicoli al variare del tipo di superficie, a bassa velocità.

Tabella 3 – Coefficiente di rotolamento per autoveicoli.

Tipo di superficie Coefficiente di rotolamento


Asfalto 0,015
Cemento 0,017
Strada sterrata 0,045
Sabbia 0,05 – 0,3

Il coefficiente di rotolamento è funzione di numerosi fattori, tra cui il


tipo e dimensioni degli pneumatici, la pressione di gonfiaggio, il tipo di
terreno, la temperatura, la velocità di rotolamento, il carico sulla ruota, la
frenatura e la trazione, l’angolo di sterzo, ecc.
All’aumentare della velocità della ruota, il coefficiente di rotolamento
aumenta con una certa pendenza; raggiunti determinati valori della velo-
cità di rotazione, questa pendenza subisce un brusco aumento in quanto si
innescano fenomeni vibratori sul pneumatico, con la formazione di onde
stazionarie che si propagano circonferenzialmente, il cui effetto è quello
di spostare la risultante delle pressioni di contatto in avanti, aumentando
18 Ricostruzione della dinamica degli incidenti stradali

il ∆x e quindi il momento di resistenza al rotolamento. In Figura 2.5 sono


riportati alcuni andamenti del coefficiente di rotolamento per vari tipi di
pneumatico, al variare della velocità.

Figura 2.5 – Variazione del coefficiente di rotolamento al variare della velocità, per
alcuni tipi di pneumatico.

Cross-ply

Radiale SR, TR

Radiale HR, VR, ZR

Velocità km/h

2.2.3 Scorrimento e forza longitudinale

Solo con l’azione frenante, traente o di sterzatura si verifica un movimento


relativo tra area di contatto del pneumatico e suolo, che dà luogo allo svi-
luppo di forze longitudinali sul piano di contatto. Infatti, se in condizioni
di puro rotolamento, ad un giro di ruota corrisponde un avanzamento del
veicolo di 2πR, con R raggio della ruota, quando si applica, ad esempio, una
coppia frenante la velocità periferica della ruota ωR diventa inferiore alla
velocità del veicolo e mentre il veicolo avanza di 2πR, la ruota non compie
un giro completo (vedi Figura 2.6).
Lo scorrimento che si verifica è chiamato scorrimento primario, in con-
trapposizione allo scorrimento secondario che si manifesta nel rotolamen-
to puro; qui per brevità verrà chiamato semplicemente scorrimento. Tale
fenomeno è molto più marcato che non lo scorrimento secondario.
I meccanismi coinvolti nello scorrimento e che danno luogo allo svi-
luppo di forze longitudinali sono principalmente due: l’effetto dovuto alle
asperità della strada e l’effetto dovuto all’adesione molecolare.
La flessibilità della gomma del pneumatico fa si che, passando sopra ad
un asperità della strada, essa si deformi, seguendo il profilo dell’asperità
stessa. Tuttavia, in presenza di un movimento relativo tra pneumatico e
suolo, per il comportamento viscoso del materiale, il tassello non ritorna
immediatamente alla sua forma originale (fenomeno di isteresi), produ-
cendo una risultante delle pressioni di contatto rivolta in direzione oppo-
sta al moto relativo, come schematizzato in Figura 2.7. L’effetto dipende
Le forze agenti sul veicolo 19

Figura 2.6 – a) ruota in puro rotolamento a velocità ω; b) ruota frenata: a parità di


spazio percorso dal mozzo, 2πR, la ruota a)
non compie un giro completo.

b)

Figura 2.7 – Meccanismo di sviluppo delle forze longitudinali dovuto alle asperità della
strada e al comportamento visco-elastico della gomma.

quindi dalla presenza delle asperità nella strada (macrotessitura), che ge-
neralmente vanno da pochi micron a pochi millimetri ed è efficace anche
in presenza di acqua.
Il meccanismo di adesione molecolare, invece, necessità di un contatto
diretto tra l’elastomero del pneumatico e terreno (distanza relativa inferio-
re a 10-6 mm), cioè la strada deve essere asciutta e pulita. In tali condizioni
si creano delle interazioni molecolari all’interfaccia tra elastomero e terre-
no (forze di Van der Waals). Questi legami, in presenza di uno scorrimento
relativo tra gomma e terreno, vengono ciclicamente creati, sollecitati e rot-
ti, per poi ricrearsi, ecc., generando delle azioni tangenziali. Tale fenome-
20 Ricostruzione della dinamica degli incidenti stradali

no produce un lavoro visco-elastico all’interno del materiale che amplifica


l’energia di adesione.
Lo sviluppo delle azioni tangenziali in entrambi i meccanismi prende
origine, quindi, dalla presenza dello scorrimento relativo tra pneumatico
e terreno.
Il profilo delle forze tangenziali, che nel caso di ruota ferma o in puro
rotolamento era dovuto allo scorrimento secondario e risultava simmetri-
co a risultante nulla, in caso di coppia frenante o traente, varia. In Figura
2.8 è mostrata schematicamente la distribuzione delle azioni tangenziali
nell’area di contatto. Sono indicate la distribuzione delle tensioni tangen-
ziali nella ruota in rotolamento puro e la distribuzione di tensioni tangen-
ziali che si viene a creare a seguito dell’applicazione della coppia frenante.

Figura 2.8 – Distribuzione delle tensioni tangenziali nell’area di contatto per ruota
frenata.

La risultante delle azioni tangenziali costituisce la forza longitudinale


Fx, che tende a ‘tirare’ la parte di battistrada davanti all’area di contatto e
Le forze agenti sul veicolo 21

comprimere quella dietro. Nella parte posteriore della zona di contatto le


tensioni tangenziali dovute alla frenata e al rotolamento tendono a som-
marsi e si ha una zona di scorrimento. Nella zona anteriore, invece, si ha
ancora adesione senza scorrimento. All’aumentare della coppia frenante,
aumenta l’estensione della zona in cui si manifesta lo scorrimento e conse-
guentemente aumentano le tensioni tangenziali.
Nella condizione di ruote bloccate tutta la zona di contatto è interessa-
ta dallo scorrimento, che diventa macroscopico.
L’entità della forza tangenziale risultante Fx, dipende in modo non li-
neare dall’estensione della zona in cui si ha lo scorrimento.
Generalmente si utilizza un parametro s detto scorrimento, che qui vie-
ne definito in modo distinto per la ruota frenata e per la ruota soggetta a
coppia motrice.
Per ruote frenate lo scorrimento s è definito come:

V − Rω Rω
(2.7) s= = 1−
V V

dove V è la velocità del mozzo della ruota, R il raggio della ruota e ω è la


velocità angolare della ruota. Per una ruota libera di rotolare V = Rω e s =
0, cioè non vi è scorrimento nella zona di contatto. Se la ruota è completa-
mente bloccata per l’azione frenante, ω = 0 e quindi s = 1 e si ha la striscia-
mento della ruota sul terreno. Per valori intermedi della coppia frenante,
0 < s < 1.
Nel caso di ruota soggetta a coppia motrice, lo scorrimento s è definito
come:

Rω − V V
(2.8) s= = 1−
V Rω

Se V = Rω , si ha s = 0; se la ruota gira mentre il veicolo è fermo, risulta


s = 1. In tutti i casi intermedi, ancora una volta si ha 0 < s < 1.
Il vantaggio di usare due definizioni separate per lo scorrimento è quel-
la di ottenere un parametro che in entrambi i casi varia tra 0 e 1.
La forza, o aderenza, longitudinale, sia di trazione che di frenata, dipen-
de sperimentalmente da s, cioè Fx = Fx(s).
In caso di s = 1, cioè di ruota bloccata, si definisce un coefficiente di
aderenza longitudinale fx, come rapporto tra la forza longitudinale Fx e la
forza normale alla superficie di contatto Fz:

Fx ( s = 1)
(2.9) fx =
Fz

In molti testi tale coefficiente viene indicato come coefficiente di attri-


to, di attrito radente o di attrito dinamico o, ancora, di attrito cinetico, se-
22 Ricostruzione della dinamica degli incidenti stradali

guendo il modello di attrito di Coulomb. Qui si preferisce indicarlo come


coefficiente di aderenza, poiché il suo valore non dipende solo dal tipo di
materiali in contatto, come ipotizzato da Coulomb, ma da numerosi fatto-
ri, come esposto più avanti.

Si può esprimere la forza longitudinale Fx(s) in forma normalizzata al


valore Fx(s=1):

Fx ( s )
(2.10) Qx =
f x Fz
La Figura 2.9 mostra il tipico andamento della forza longitudinale nor-
malizzata al variare dello scorrimento s nel caso di ruota frenata. Un anda-
mento del tutto analogo si ha in caso di trazione.

Figura 2.9 – Tipico andamento della forza longitudinale normalizzata in funzione dello
scorrimento s.

Inizialmente, all’aumentare dello scorrimento e dell’area in cui si veri-


fica lo scorrimento, la forza aumenta in modo quasi lineare fino a raggiun-
gere un valore massimo per valori dello scorrimento attorno a 0,15 < s <
0,30. In tale situazione si verifica un elevato riscaldamento del pneuma-
tico, dovuto allo scorrimento relativo tra gomma e terreno, che deteriora
le caratteristiche viscose del pneumatico. Come conseguenza si attenua
l’effetto dovuto all’isteresi del materiale e diventa meno efficace il mec-
canismo di generazione delle azioni tangenziali relativo all’asperità della
strada. La forza quindi decresce all’aumentare dello scorrimento s e rag-
giunge il valore caratteristico della ruota bloccata, con totale strisciamento
dell’area di contatto.
Questo ultimo tratto di curva, che va dal massimo di aderenza al valo-
re a ruote bloccate è, nella pratica, un tratto di funzionamento instabile;
infatti all’applicazione di una coppia frenante tale da superare il valore di
Le forze agenti sul veicolo 23

scorrimento corrispondente al massimo valore della aderenza, la forza lon-


gitudinale non bilancia più la coppia frenante e si arriva immediatamente
al bloccaggio della ruota.

2.2.4 Forza laterale

Le forze laterali si sviluppano ogni qualvolta si ha una componente di velo-


cità perpendicolare al piano di rotazione della ruota, con un meccanismo
del tutto analogo a quanto succede per le forze longitudinali durante una
frenata. Tale circostanza si manifesta, sia sulle ruote sterzanti che fisse,
principalmente in conseguenza di una azione sterzante, anche se si può
verificare in altre situazioni, ad esempio durante i moti di imbardata post
urto o su strade ad elevata pendenza laterale.
Durante una manovra di sterzata, la direzione di moto del veicolo for-
ma un angolo α, detto angolo di deriva, rispetto alla direzione del piano di
rotazione della ruota, come mostrato in Figura 2.10.

Figura 2.10 – Forza laterale e componenti di velocità in una ruota in puro rotolamento.

Vx V
α

F laterale
Vy

L’angolo di deriva è definito come:

⎛V ⎞
(2.11) α = arctan ⎜⎜ y ⎟⎟
⎝ Vx ⎠

dove Vx e Vy sono le velocità del mozzo della ruota in direzione X e Y ri-


spettivamente.
24 Ricostruzione della dinamica degli incidenti stradali

Nel caso di una ruota libera di rotolare, con s = 0, la forza laterale è


una funzione non lineare dell’angolo di deriva, Fy = Fy(α). La forza laterale
dipende anche da altri numerosi fattori, quali l’angolo di campanatura, la
temperatura, la forza normale al piano di contatto, la pressione di gonfiag-
gio, il tipo di strada, ecc.; questi effetti sono però di secondaria influenza.
Per α = 0 la forza laterale è nulla e corrisponde al caso in cui la dire-
zione di moto della ruota è allineata con il piano di rotazione. All’estremo
opposto si ha il caso in cui α = π/2, cioè la ruota trasla perpendicolarmente
al piano di rotazione, e la forza laterale è pari al coefficiente di aderenza
laterale moltiplicata per la forza normale che grava sulla ruota, Fy = fy Fy. Si
può esprimere la forza laterale Fy(α) in forma normalizzata come:

Fy (α )
(2.12) Qy =
f y Fz

il cui andamento, simile a quello della forza longitudinale, è rappresentato


in Figura 2.11.

Figura 2.11 – Andamento della forza laterale normalizzata al variare dell’angolo di


deriva.

Valori della forza laterale prossimi ai valori massimi si raggiungono ge-


neralmente già per valori dell’angolo di deriva compresi tra 4° e 7° per gli
autoveicoli, mentre per valori compresi tra 6° e 10° per i mezzi industriali.
In una traiettoria circolare del veicolo, il guidatore aggiusta l’angolo di
sterzo in modo da seguire il percorso desiderato, mantenendo il richiesto
angolo di deriva. Nelle ruote posteriori, invece, si genera automaticamente
il necessario angolo di deriva tale da produrre una forza laterale centripeta
in grado di equilibrare la forza centrifuga (vedi Figura 2.12).
Le forze laterali sono diverse tra ruote anteriori e posteriori, essendo in
genere diverso l’angolo di deriva, ma anche tra ruote interne ed esterne alla
Le forze agenti sul veicolo 25

Figura 2.12 – Forze laterali in un percorso circolare. La componente trasversale delle


forze laterali sulle singole ruote equilibra la forza centrifuga Fc.

traiettoria circolare, a causa del trasferimento di carico tra le ruote dovuto


alla forza centrifuga.
L’angolo di deriva è funzione della forza Fy trasversale, della pressione
di gonfiaggio p0, del peso P che grava sulla ruota e del valore dello sforzo di
trazione Tx nella direzione teorica x; α = α (Fy, p0, P, Tx).
L’angolo α cresce proporzionalmente con Fy sino ad un certo valore cor-
rispondente alle condizioni limiti di aderenza, superato il quale aumenta
rapidamente anche per piccoli incrementi di Fy.
La dipendenza di α da p0 non è facilmente quantificabile, però si può
affermare che al diminuire di p0, α aumenta rapidamente: è comune osser-
vazione che un pneumatico sgonfio sbanda prima. La dipendenza di α dal
carico P è tale che al crescere di P fino ad un certo valore, α diminuisce;
superato tale valore, il fenomeno si inverte.

2.2.5 Aderenza disponibile

Spesso si hanno situazioni in cui il veicolo curva e frena o accelera contem-


poraneamente. In tali situazioni, per mantenere il controllo del veicolo, si
richiedono forze tangenziali, sia longitudinali che laterali, tali da equili-
brare le forze inerziali e centrifughe. In ciascuna direzione, longitudinale
e trasversale, non si può raggiungere il valore massimo della forza contem-
poraneamente. Applicando, ad esempio, una forza frenante ad una ruota
con un certo angolo di deriva, si ha una riduzione della forza di deriva
massima ottenibile; analogamente, se si applica un angolo di deriva ad una
ruota che sta frenando, la forza longitudinale massima si riduce. Questi ef-
fetti non sono simmetrici, ovvero, l’applicazione di una forza longitudinale
influenza in misura marcata la forza laterale massima disponibile, mentre
26 Ricostruzione della dinamica degli incidenti stradali

la massima forza longitudinale non è così influenzata dall’applicazione di


un angolo di deriva, come mostrato in Figura 2.13 e Figura 2.14.

Figura 2.13 – Andamento qualitativo della forza longitudinale (in nero, normalizzata
rispetto al valore a ruote bloccate) e forza trasversale (in grigio, normalizzata rispetto
al valore massimo) in funzione dello scorrimento.

1,2
forza longitudinale normalizzata
forza trasversale normalizzata

0,8

0,6

0,4

0,2

0
0 0,2 0,4 0,6 0,8 1

scorrimento s

Figura 2.14 – Andamento qualitativo della forza trasversale (in nero, normalizzata
rispetto al valore a 90°) e forza longitudinale (in grigio, normalizzata rispetto al valore
a 0°) in funzione dell’angolo di deriva.

1,20
forza longitudinale normalizzata
forza trasversale normalizzata

1,00

0,80

0,60

0,40

0,20

0,00
0,00 5,00 10,00 15,00 20,00

angolo di deriva °

Ciò può essere visto anche analizzando l’andamento delle curve della
forza longitudinale, tracciate per valori fissati dell’angolo di deriva, come
mostrato in Figura 2.15.

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