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Direttori
Caterina Furlan e Frederick Mario Fales,
Università di Udine
Comitato scientifico
Flavio Fergonzi, Scuola Normale Superiore di Pisa
Donata Levi, Università di Udine
Antonello Negri, Università Statale, Milano
Valentino Pace, Università di Udine
Simona Rinaldi, Università della Tuscia, Viterbo
Luigi Sperti, Università Ca’ Foscari, Venezia
Borean, Linda
La galleria Manfrin a Venezia : l’ultima collezione d’arte della Serenissima / Linda Borean. -
Udine : Forum, 2018.
(Fonti e testi : raccolta di archeologia e storia dell’arte)
Con appendice di documenti / a cura di Paola Benussi
ISBN 978-88-3283-058-3
Scheda catalografica a cura del Sistema bibliotecario dell’Università degli studi di Udine
La Galleria Manfrin
a Venezia
L’ultima collezione d’arte
della Serenissima
DIPARTIMENTO
DI STUDI UMANISTICI
E DEL PATRIMONIO
CULTURALE
In copertina
Giorgione, La tempesta, particolare, Venezia,
Gallerie dell’Accademia (su concessione del
Ministero dei Beni e delle Attività culturali).
Stampa
Press Up srl, Ladispoli (Rm)
© FORUM 2018
Editrice Universitaria Udinese
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Società soggetta a direzione e coordinamento
dell’Università degli Studi di Udine
Via Palladio, 8 – 33100 Udine
Tel. 0432 26001 / Fax 0432 296756
www.forumeditrice.it
ISBN 978-88-3283-058-3
Illustrazioni » 39
Documenti
a cura di Paola Benussi » 89
Bibliografia » 139
Abbreviazioni
Nel 1806 Giannantonio Moschini, attento osservatore della realtà culturale ve-
neziana negli anni successivi alla caduta della Repubblica, restituisce i tratti
salienti di un episodio che fu centrale sia per il collezionismo dei ultimi due
decenni della Serenissima, sia per il mercato artistico internazionale dell’Ot-
tocento, sia, infine, per l’immagine di Venezia in termini ‘museologici’. Vale la
pena riportare per intero il passo da lui dedicato alla collezione Manfrin nel
Della Letteratura veneziana:
Il marchese Girolamo Manfrin [fig. 1], uomo di grandi cose imprenditore ardito e
felice, ed uno di que’ geni, che tanto riescono più discari a’ sudditi, quanto riedono
più vantaggiosi ai Sovrani, già pochi anni defunto, non contento di conformare ad
ogni eleganza il domestico suo palazzo, volle di più renderlo un asilo di chiari monu-
menti delle nobili arti. Fra queste non dimenticando la Pittura, egli una Galleria di
più camere di quadri aperse de’ più sperti pennelli, incominciando da’ pittori primi
ed a’ nostri giorni discendendo; ed era di lui pensiero, se la morte non lo avesse
troppo presto mietuto, di offerire di mano in mano tele de’ diversi tempi e delle
diverse scuole, perché vi si potessero a un colpo d’occhio riconoscere gli scapiti ed
i vantaggi, che nelle varie età ebbe quest’arte1.
1
G. Moschini, Della Letteratura Veneziana del secolo XVIII fino a’ nostri giorni, 4 voll.,
Venezia 1806-1808, II, 1806, p. 107.
2
P. Selvatico, V. Lazari, Guida artistica e storica di Venezia e isole circonvicine, Venezia-Mi-
lano-Verona 1852, pp. 297-299; secondo G.J. Fontana, Cento palazzi fra i più celebri di
Venezia sul Canalgrande e nelle vie interne dei sestieri, descritti quali monumenti d’arte e di
storia, Venezia 1865, p. 327, la Galleria Manfrin «poteva dirsi piuttosto un’accademia, pei
capolavori d’arte, la maggior parte della scuola veneta, e di eccellenti opere de’ più illustri
maestri di tutte le scuole forestiere. Si raccoglievano reliquie dell’antica pittura italiana di
Cimabue, Giotto e Mantegna, primi anelli della catena, continuata da Antonello da Messina,
lato nelle guide cittadine almeno dal 1815, era aperto al pubblico due giorni a
settimana3. Sebbene la fama della Galleria Manfrin poggiasse principalmente
sulla pinacoteca allestita nel piano nobile dell’edificio, bisogna ricordare che gli
interessi di Girolamo includevano anche la statuaria, seppur probabilmente in
funzione decorativa, libri e stampe, queste ultime oggetto di crescente e specifi-
co apprezzamento nell’ambiente dei conoscitori ed eruditi veneziani4. Infine, in
un’ottica si direbbe enciclopedica, nel palazzo si poteva ammirare un «distinto
museo di pietre», prova del rinnovato interesse verso i materiali della natura
come fossili e conchiglie, non più appannaggio di medici e farmacisti o natura-
listi di professione, ma oggetto di conversazione nei salotti5.
dai Vivarini… e avrebbe voluto, se morte non lo colpiva, raccoglier opere di tutt’i tempi e
di tutte le scuole».
3
G. Moschini, Guida per la città di Venezia all’amico delle belle arti, 2 voll., Venezia 1815,
II, parte I, pp. 53-54: all’epoca il custode era Girolamo Zais. Nel 1838 l’allora custode An-
tonio Ragagioli risulta abitare in affitto in uno degli appartamenti del palazzo. ASPV, Parroc-
chia di San Geremia, Anagrafi, 1838, n. 299 e F. Zanotto Nuovissima guida di Venezia e delle
isole della sua laguna, Venezia 1856, p. 341.
4
Su questi aspetti sia consentito di rinviare a L. Borean, S. Mason (a cura di), Il colle-
zionismo d’arte a Venezia. Il Settecento, Venezia 2009, pp. 29-34 e 203-204. Testimonianza
della consistenza della collezione di stampe conservate a palazzo Manfrin, per quel che
concerne le stampe sciolte, è un elenco conservato nel Museo Correr (BCMVe, ms. P.D. c
835/4), purtroppo anonimo e senza data, dove sono descritti centinaia di esemplari, con
una prevalenza di autori moderni. L’insieme rispecchia in parte i criteri all’epoca ormai
invalsi per il collezionista di incisioni, la cui raccolta doveva configurarsi quale esposi-
zione di capolavori di tutti i tempi. A Manfrin vennero inoltre dedicati alcuni volumi di
stampe, dai Vari capricci inventati ed incisi dal celebre Gio. Batta Tiepolo [1785; D. Succi,
Giambattista Tiepolo. Il segno e l’enigma, in Id. (a cura di), Giambattista Tiepolo. Il segno
e l’enigma, catalogo della mostra (Gorizia, giugno-agosto 1985), Venezia 1985, pp. 54-56]
alla Collezione di ritratti delli più celebri pittori della Scola veneziana antichi e moderni nuo-
vamente raccolti e pubblicati (1787). Cfr. E.A. Cicogna, Delle inscrizioni veneziane raccolte
ed illustrate da Emmanuele Antonio Cicogna cittadino veneto, 6 voll., Venezia 1824-1853,
VI, 1853, p. 784.
5
G. Moschini, Della Letteratura Veneziana… cit., IV, 1808, p. 118; K. Pomian, Collezioni-
sti, amatori e curiosi. Parigi-Venezia XVI-XVIII secolo, Milano 1989, pp. 281-282. Ai colle-
zionisti si affida una nuova funzione, quella di servire alla conoscenza del mondo naturale
e allo sfruttamento più efficace delle risorse del territorio della Serenissima, tema questo in
armonia con gli affari di Manfrin (vedi infra). Il catalogo dei suoi naturalia era strutturato
sulla base del sistema di classificazione messo a punto da Carlo Linneo, e contemplava circa
ottocento pezzi, divisi tra conchiglie, spugne, cristalli, piriti, gemme, prodotti vulcanici,
stalattiti e fossili, rivelando una particolare predilezione per la mineralogia. La maggior
parte delle vetrine «con specchi a uso storia naturale» erano state sistemate nella stanza K
adibita pure a biblioteca. BCMCVe, ms. P.D. c 835/6 e ASVe, Conservatoria del registro e
tasse, b. 1581, Eredità nuove estinte, fasc. 1443. Nell’inventario dei mobili del palazzo del
I più recenti studi condotti sul fenomeno delle raccolte d’arte a Venezia
nel Settecento consentono di collocare la nascita e lo sviluppo della Galleria
Manfrin entro uno scenario meglio noto rispetto ai tempi in cui Francis Haskell
le dedicò pagine illuminanti nel suo Patrons and Painters (1963). Per contro,
l’assenza di uno studio organico che consideri nel suo complesso protagonisti e
dinamiche del ‘mercato’ artistico a Venezia, dall’avvio della dominazione asbur-
gica sino alla stagione post-unitaria6, consente di interpretare solo in superficie
le decisioni degli eredi di Girolamo Manfrin, responsabili di un progressivo e
inesorabile smembramento della collezione.
Rispetto ai precedenti interventi da noi dedicati alla collezione Manfrin e
resi noti in altra sede7, in questo volume abbiamo privilegiato la pubblicazione
delle fonti inventariali e di un censimento dei dipinti attualmente identificati
con un buon grado di certezza, accompagnando tali materiali con una serie di
mirate riflessioni sulla natura, formazione e dispersione della Galleria. La ri-
composizione della raccolta è un work in progress poiché quadri di provenienza
Manfrin emergono periodicamente nel mercato antiquario, come testimonia il
caso recente dell’Autoritratto in forma di Stupore di Pietro Bellotti, acquistato
nel 2017 dallo Stato italiano e assegnato alle Gallerie dell’Accademia di Venezia.
Le fonti
15 febbraio 1834, la stanza K era provvista di un «tavolone grande di noce con casselle e
tavole ad uso di scrittoio» e di scaffali per i libri. Un «Catalogo libri esistenti nella camera
K» si conserva in BCMVe, ms. P.D. c 835/4. Un foglio sciolto contiene il «Sommario de’
prezzi e numero de’ volumi contenuti nel presente catalogo acquistati a tutt’oggi, esistenti
nella camera K. Libri di architettura e matematiche 80 per 3280 ducati; Delle antichità di
ogni genere 160 per 8827 ducati; Libri appartenenti alla Pittura ed all’arte del disegno 297
per 7291 ducati; Libri appartenenti alla storia naturale 179 per 1180 ducati».
6
I. Collavizza, Dall’epistolario di Emmanuele Antonio Cicogna. Erudito, collezionista e co-
noscitore d’arte nella Venezia dell’Ottocento, Udine 2017, p. 163.
7
L. Borean, Il caso Manfrin, in Ead., S. Mason (a cura di), Il collezionismo d’arte a Venezia.
Il Settecento, Venezia 2009, pp. 193-216; L. Borean, Le Gallerie dell’Accademia di Venezia e
i quadri della collezione Manfrin. Il ruolo di Pietro Selvatico, in R. Cioffi, O. Scognamiglio
(a cura di), Mosaico. Temi e metodi d’arte e critica per Gianni Carlo Sciolla, Napoli 2012,
pp. 397-407.
8
Non si è ritrascritto un elenco molto parziale, non datato e organizzato per scuole pittori-
che, pubblicato in G. Pavanello (a cura di), Gli inventari di Pietro Edwards nella biblioteca
del Seminario Patriarcale di Venezia, Verona 2006, pp. 77-80. «Casa Manfrin. Classificazione
della Galleria Manfrin per ordine delle Scuole. Questa fattura era stata intrapresa di mia
scelta, e fu poi lasciata così imperfetta».
9
Nel 1795, secondo G.M. Urbani de Gheltof, Tiziano Vecellio. Deposizione dalla croce.
Quadro in tela della Galleria Manfrin di Venezia, Venezia 1880, pp. 16-17, Giovanni Maria
Sasso avrebbe a sua volta predisposto un inventario, ad oggi non rintracciato.
10
I. Collavizza, “Per la salvaguardia delle belle arti”: l’esercizio della tutela e le commissioni
accademiche, in N. Stringa (a cura di), L’Accademia di Belle arti di Venezia. L’Ottocento, vol.
I, Crocetta del Montello 2016, pp. 187-211.
11
G.J. Fontana, Cento palazzi fra i più celebri di Venezia sul Canalgrande… cit., 1865, p. 326.
12
Il 23 ottobre 1855 Otto Mündler [C. Togneri Dowd (edited and indexed by), J. Ander-
son (introduction by), The Travel Diaries of Otto Mündler 1855-1858 at the National Gallery
London, in «The Walpole Society», 51, 1985, p. 75] ricorda che il «signor della Rovere com-
municates to me the catalogue of the Manfrin collection, written in 1835 & accompanied
with notes by this Conte Corniani», cioè Bernardino Corniani, un documento che qualche
giorno dopo lo stesso Mündler si premura di copiare. Tra le carte di Mündler depositate nel
emissari dei Trustees della National Gallery di Londra in vista di una possibile
acquisizione di un nucleo della celebre collezione veneziana. Al 1856 risale il
primo catalogo a stampa della collezione, in occasione della vendita organizzata
in quell’anno dagli eredi Manfrin: si tratta di un testo molto succinto e sintetico,
parimenti a quello uscito nel 1870 a Parigi in concomitanza con il passaggio
presso Drouot di un nucleo di opere di Antonio Maria Plattis, figlio di Giulia
Angela Giovanna Manfrin e dunque nipote di Girolamo. Molto dettagliato, per
contro, è il catalogo predisposto nel 1872 dal vicedirettore del Museo Correr,
Giuseppe Nicoletti, allo scopo di dimostrare quanto la collezione fosse ancora
ricca di dipinti di qualità. Al 1897 risale, infine, l’ultimo catalogo noto, che ven-
ne compilato dall’antiquario milanese Giulio Sambon13. A tali materiali archi-
vistici si aggiungono note e ricordi di visitatori, artisti, letterati, storici dell’arte
(da George Byron a Jacob Burckhardt, da Gustav Friedrich Waagen a Edouard
Manet) che nel corso dell’Ottocento tributarono una visita a palazzo Manfrin: a
titolo puramente esemplificativo, citiamo il passaggio del francese Auguste Jal,
un militare esperto di storia della marina, risalente al 1836:
la galerie Manffreni est fort belle et dans un etat qui console du chagrin qu’on a
pris au palais Barbarigo […] un sublime portrait de Rembrandt! Là un carton du
Raphael cette Entrée dans l’arche qui est si justement admiré; là une Sainte Cecile de
Carlo Dolci, le peintre adoré des Anglais. Et une Madleine du meme, une Madleine
coquette, gracieuese, elegante, jolie et qui n’a pas encore beaucoup pleuré, de peur
de se rougir les yeux, car elle parait commencer seulement la carrière du repentir;
là enfin, un Annibal Carrache, Loth et ses filles, tableaux de six pouces, je ne sais
pourquoi caché derriere une porte, mais grande et superbe chose, dont toutes les
belle conditions de la peinture historique. Deux Marines de Michael Ritter et un
tableau du meme gerne de Verwer, Hollandais du commencement du XVII siècle, je
crois, m’arreterent long temps. J’empruntai à Ritter deux vaisseaux curieux, de cet
art intermediaire entre l’epoque de Primanguet et l’epoque de Tourville14.
Con quali mezzi e tramite quali intermediari uno spregiudicato parvenu come
Girolamo Manfrin – nato a Zara nel 1742 da Pietro Manfrin, un mercante ori-
ginario di Udine15 – è riuscito ad assemblare una galleria destinata a lasciare
un segno incisivo nella storia di Venezia? Prima di tutto grazie a una ricchezza
sfacciata, accumulata a partire dal 1777 quando, in un momento di promettente
sviluppo economico nella Serenissima16, Girolamo riuscì ad aggiudicarsi la gara
d’appalto per la condotta dell’impresa del tabacco, settore allora molto fioren-
te, mantenendone il monopolio sino alla morte17. L’ascesa a nouveau riche non
fu pacificamente accettata nella società veneziana, tanto che nelle satire con-
temporanee egli venne dileggiato come «in mezzo al fango e alla merda nato»18,
giudizio su cui dovette pesare anche il fatto che il solo incarico istituzionale
di cui Manfrin poteva fregiarsi era l’appartenenza, dal 1792, al Consiglio dei
nobili della città di Nona. In termini di immagine sociale, inoltre, non dovette
probabilmente giovare quello che lo stesso Manfrin definì «troppo sfortunato
matrimonio», da lui contratto con Angela Difnico Michete, appartenente a una
famiglia di aristocratici di Sebenico19.
15
Per una biografia di Manfrin vedi M. Frank, Manfrin Girolamo, in Dizionario Biografico
degli Italiani, 68, Roma 2007, pp. 758-760, ora aggiornata dal profilo tracciato da R. Tolo-
meo, Imprenditoria e società in Dalmazia. Il “partito” del tabacco e lo stabilimento Manfrin nel
Settecento, Venezia 2013, pp. 67-71.
16
G. Romanelli (a cura di), Dai dogi agli imperatori. La fine della Repubblica tra storia e
mito, catalogo della mostra, Milano 1997, p. 69.
17
R. Tolomeo, Un esperimento di coltivazione del tabacco in Dalmazia: lo Stabilimento di
Nona, in E. Motos Guirao, M. Morfakidis Filactos (a cura di), Polyptychon. Homenaje
a Ioannis Hassiotis, Granada 2008, pp. 565-575. I successi imprenditoriali gli valsero la
nomina nel 1791 di socio corrispondente della fiorentina Accademia dei Georgofili, un rico-
noscimento ottenuto dopo l’ispezione, nel 1790, dello stabilimento di Nona da parte di una
deputazione agraria, composta da tre agronomi, tra cui Ottavio Cristofoli di Conegliano,
socio dell’Accademia dei Georgofili. In occasione di tale riconoscimento Manfrin si fece
probabilmente ritrarre da Bernardino Castelli, nel dipinto oggi conservato nel Museo Cor-
rer dove l’impresario indica con la mano destra i volumi disposti sul tavolino, riferibili alla
pubblicistica economico-agricola dell’illuminismo europeo. Cfr. P. Delorenzi, La Natura e
il suo doppio. Ritratti del Sei e Settecento nelle raccolte dei Musei Civici Veneziani, in «Bollet-
tino dei Musei Civici Veneziani», s. III, 4, 2009, pp. 90-99, in part. p. 95.
18
F. Haskell, Mecenati e pittori. Studio sui rapporti tra arte e società italiana nell’età barocca,
Firenze 1985 (ed. orig. Patrons and Painters. A Study in the Relations Between Italian Art
and Society in the Age of the Baroque, London 1963), p. 573. Vedi anche E.A. Cicogna, Delle
inscrizioni veneziane raccolte ed illustrate… cit., VI, 1853, pp. 782-786.
19
Archivio di Stato di Zara, Famiglia Difnico-Micateo-Manfrin, b. 1 (HR-DAZD-350, Obi-
telj Divnić-Micateo-Manfrin, sv. 1), lettera di Manfrin a Prospero Valmarana del 28 maggio
1779. I documenti conservati tracciano la parabola dell’unione matrimoniale di Girolamo
Manfrin, naufragata a causa dei gravi problemi di salute della consorte e delle ingerenze
della famiglia di quest’ultima tanto da spingere il Manfrin a inviare una supplica ai capi del
Consiglio dei Dieci (ivi, documento del 7 settembre 1773). Angela Difnico, ritiratasi nel
monastero di San Gerolamo a Venezia, risulta morta alla data dell’8 maggio 1802. Le carte
Manfrin giunsero a Zara nel 1936 su disposizione di Filiberto Sardagna, discendente dei
Manfrin tramite Bortolina Plattis e Francesco Sardagna.
20
L’edificio, dal 2015 incamerato nel patrimonio immobiliare della Cassa Depositi e Pre-
stiti, era appartenuto prima ai Priuli poi ai Venier di San Vio. Cfr. V. Farinati, Interni e
architettura nel primo Settecento veneziano: palazzo Priuli Manfrin a Cannaregio, in «Ve-
nezia Arti», 6, 1992, pp. 53-66. Non è chiaro dove Manfrin abitasse in precedenza ma nel
1778 fece battezzare la figlia Giulia Angela Giovanna nella parrocchia di San Marziale. Cfr.
Venezia, Archivio parrocchiale della chiesa della Madonna dell’Orto, Parrocchia di San Cri-
stoforo, già San Marziale, Registro dei battesimi, b. 3, reg. 1778-1796, c. 3v. Nell’atto, del 30
maggio 1778, figura come padrino il conte Prospero Valmarana.
21
BMCVe, Epistolario Moschini, lettera di Girolamo Manfrin a Pietro Edwards del 3 di-
cembre 1793, pubblicata in F. Haskell, Mecenati e pittori… cit., p. 597 e qui riedita nella
sezione Documenti.
22
S. Rinaldi, Edwards Pietro, in Dizionario Biografico degli Italiani, 42, Roma 1993, pp. 296-
298. Edwards deteneva il monopolio del restauro di opere pubbliche, occupandosi però
anche di numerose perizie di quadrerie private, soprattutto a ridosso della caduta della
Repubblica e durante i governi francese prima e austriaco poi. In relazione all’attività di
stimatore, è interessante ricordare la cautela di Andrea Appiani nell’accettare la stima della
collezione Manfredini firmata da Edwards nel 1809: fuori Venezia il perito era praticamente
uno sconosciuto, non era noto né come artista né come letterato, non aveva mai stampato
nulla e i suoi scritti erano destinati a una circolazione privata, o al massimo burocratica. Cfr.
E. Noè, Per la storia della pinacoteca Manfrediniana nel seminario di Venezia. Il ritrovato
catalogo di Pietro Edwards (1809), in «Archivio Veneto», CLVIII, 2002, pp. 119-153, in part.
pp. 123-124.
23
ASABAVe, b. 1, Catalogo delli nobili signori Accademici di onore aggregati a questa nostra
pubblica Accademia di Pittura, Scultura ed Architettura, c. 49v, alla data 13 agosto 1786.
24
U. Von Heyl, Giambattista Mengardi 1738-1796: Umbruch zu Klassizismus in der vene-
zianischen Malerei, Hildesheim 2002, pp. 53 e 301. Mengardi tenne inoltre a battesimo i figli
di Manfrin.
25
Lettera di Gavin Hamilton a Giovanni Maria Sasso da Roma del 7 marzo 1795, in E.
Volpetti, Fonti per la storia del collezionismo e del mercato artistico tra Venezia, Roma e
Londra alla fine del Settecento, tesi di laurea, Università degli studi di Udine, a.a. 2007-2008,
p. 60. Nel 1800 Giovanni Antonio Armano aveva raccomandato all’architetto Giannantonio
Selva un tale scultore Rossi, con bottega a Bologna (probabilmente Giacomo Rossi), per
la realizzazione di un ciclo di statue in terracotta per Manfrin, ma il mancato accordo sul
prezzo fece fallire la trattativa: lo scultore pretendeva dai 15 ai 20 zecchini a pezzo, mentre
il collezionista era disposto a versarne non più di 9. Sicché Armano, supplicando Sasso di
mediare con Manfrin, gli suggerì di far notare al ricco imprenditore che «la circostanza del
huomo magnifico che vuol le cose più belle non deve calcolare a ragguaglio del falegname
o tagliapietre l’opera del uomo di genio». G. Tormen (a cura di), L’epistolario Giovanni
Antonio Armano-Giovanni Maria Sasso, Venezia 2009, p. 482.
26
G. Moschini, Della Letteratura Veneziana… cit., II, 1806, p. 107, ricorda che i seguenti
dipinti, frutto di una gara pittorica indetta da Manfrin, erano stati invece trasferiti nella villa
di Sant’Artemio a Treviso: Giuseppe e la moglie di Putifarre di Mengardi; Lot e le figlie di
Jacopo Guarana; Susanna di Bernardino Castelli e Betsabea al bagno di Francesco Maggiot-
to. Quest’ultimo realizzò per Manfrin anche una serie dedicata alle fatiche di Ercole. Cfr.
A. Tessier, Di Francesco Maggiotto pittore veneziano, in «Archivio Veneto», 23, 1882, pp.
289-315, in part. p. 303.
27
Vedi I. Cecchini, Attorno al mercato 1700-1815, in L. Borean, S. Mason (a cura di), Il
collezionismo d’arte a Venezia. Il Settecento, Venezia 2009, pp. 151-170.
28
[Selva G.A.], Catalogo dei quadri, dei disegni e dei libri che trattano dell’arte del disegno
della galleria del fu Sig. Conte Algarotti, Venezia [1776], p. II.
29
Il quadro giunse alle Gallerie dell’Accademia con l’acquisto dei quadri Manfrin del 1856
per il quale vedi infra. Sul dipinto, proveniente dalla chiesa dei Santi Cosma e Damiano
alla Giudecca, cfr. E.M. Dal Pozzolo, Giovanni Buonconsiglio detto Marescalco. L’opera
completa, Cinisello Balsamo 1998, n. A31, pp. 192-193 e A.D. Basso, I dipinti e le opere
d’arte nella chiesa dei santi Cosma e Damiano, in C. Spagnol (a cura di), La chiesa dei Santi
Cosma e Damiano a Venezia. Un tempio benedettino «ritrovato» alla Giudecca, Venezia 2008,
pp. 133-205, in part. pp. 174-177. Gli effetti delle esigenze collezionistiche determinarono
anche la segatura del cartellino, oggi spostato nell’angolo in basso a destra, ma che Carlo
Ridolfi ricordava collocato sotto il trono della Vergine.
30
Il quadro è ricordato da M. Boschini, Le ricche minere della pittura veneziana, Venezia
1674, p. 52.
31
C. Quattrini, Bernardino Luini, Torino 2017.
32
Sui giudizi, assai severi, espressi da Edwards sull’arte del Seicento cfr. C. Gambillara,
Pietro Edwards teorico e critico d’arte, in «Verona Illustrata», 15, 2002, pp. 103-135, in part.
p. 118.
33
P. Hendy, European and American Paintings in the Isabella Stewart Gardner Museum,
Boston 1974, pp. 284-286.
34
Corrisponde al n. 129 dell’elenco Edwards del 1794: «Bonifacio, Incendio di armata na-
vale». Sul quadro vedi N. Penny, National Gallery Catalogues. The Sixteenth Century Italian
Paintings, vol. II. Venice 1540-1600, London 2008, pp. 318-323, dove sono riprodotte altre
quattro tavole di collezione privata, associabili ai quadri Manfrin catalogati sotto il nome di
Bonifacio e rappresentanti fatti militari o di storia antica.
35
Sul dipinto cfr. O. Le Bihan, P. Ramade (a cura di), Splendeur de Venise, 1500-1600:
peintures et dessins des collections publiques françaises, Bordeaux-Caen 2005, p. 182, n. 77.
36
Ringrazio James Mundy per le verifiche compiute nell’archivio del museo.
37
La Fondazione Roberto Longhi a Firenze, Milano 1980, n. 60, pp. 260-261.
38
Cfr. V. Sgarbi (a cura di), Le ceneri violette di Giorgione. Natura e Maniera tra Tiziano e
Caravaggio, Milano 2004, n. 76, pp. 244-245; B. Couilleaux, Lambert Sustris, un artiste de
la Renaissance entre Venise et l’Allemagne, Caen 2017, passim.
39
Il ritratto, rimasto sino al 1977 nella dimora dei Rotschild a Mentmore, è stato discusso
sotto il profilo iconografico insieme al Ritratto maschile della National Gallery di Londra
(NG 1944), collocato intorno al 1510 circa, di cui costituisce una variante; gli indizi raccolti,
che porterebbero in direzione della famiglia Barbarigo, rimangono tuttavia insufficienti per
far uscire dall’anonimato i due personaggi. G. Tagliaferro, L’Ariosto di Tiziano (Londra)
non è Ariosto; e il Barbarigo non si sa chi sia, in «Venezialtrove», 4, 2005, pp. 119-128, in
part. pp. 123-128.
40
W. Blake, Memoirs of a vanished generation 1813-1855, ed. London 1909, p. 50.
41
L.A. Marchand (edited by), Byron’s letters and journals: the complete and unexpurgated
text of all the letters available in manuscript and the full printed version of all others, London
1976, V, pp. 212-214. Il poeta inglese visse a Venezia dal 1816 al 1819.
42
Più tardi, Pietro Selvatico avrebbe osservato che «L’Ariosto di Tiziano è nella testa quasi
tutto rifatto». ASVe, Presidenza della Luogotenenza, b. 221, titolo III, fasc. 13.
nel poema Beppo43, e altre due tele del maestro di Castelfranco, la Tempesta
e la Vecchia (entrambe Venezia, Gallerie dell’Accademia; figg. 10, 11)44. La
prima viene registrata da Edwards nel 1794 come «Giorgione quadro detto la
famiglia dell’autore», sulla base di una lettura iconografica già adottata in una
stima firmata da Giovanni Maria Sasso relativa alla collezione Bernardi, cui il
quadro era giunto dalle quadrerie Vendramin e Orsetti e dai quali lo avrebbe
acquistato Manfrin. Sasso aveva rimarcato, parimenti a Marcantonio Michiel
due secoli prima, l’elemento paesistico quale aspetto caratterizzante del dipin-
to: «Questo è un paese veramente di Giorgione e bello, della maniera finita,
con sole 3 figure, cioè una donna mezo ignuda che tiene un putino alle poppe
in positura di gu<a>rdarci ed un pastore che esce di una boscaglia. Intato»45.
Per quanto riguarda la Vecchia, invece, che condivide con la Tempesta i me-
desimi passaggi collezionistici, Sasso la reputava un autografo di Tiziano e «del-
la miglior sua maniera», avanzando un’attribuzione mantenuta negli inventari
di casa Manfrin del 1834 e del 1851. Fu Pietro Selvatico a caldeggiare l’acqui-
sto del quadro da parte del governo austriaco per le Gallerie dell’Accademia
«perché lo ritengo un Giorgione e de più belli»46, riproponendo così l’antica
paternità che sarebbe stata accolta dalla critica successiva non senza qualche
dissenso. La Tempesta invece rimase a palazzo Manfrin. Nel 1871 Giovanni
Morelli dissuase l’amico James Hudson, già ambasciatore inglese a Torino, dal
comprare il dipinto, dichiarando che «il quadretto in tela del Giorgione (dai co-
noscitori almeno ritenuto tale) si trova tuttora invenduto nella raccolta Manfrin
di Venezia […]. È una gran bella cosa, né lo stato di conservazione parvemi cat-
tivo, ma il prezzo, che se ne chiede – 30.000 lire – è esagerato. L’argomento però
parmi troppo lubrico per quella gente, e poi è un quadretto che non sarà mai
43
W. Hauptman, Some new nineteenth-century references to Giorgione’s “Tempesta”, in «The
Burlington Magazine», CXXXVI, n. 136, 1994, pp. 78-82, in part. pp. 81-82. Attualmente il
quadro è ricondotto a un seguace di Tiziano.
44
G. Nepi Sciré, S. Rossi (a cura di), Giorgione. “Le Maraviglie dell’arte”, catalogo della
mostra (Venezia, novembre 2003 - febbraio 2004), Venezia 2003, pp. 134-143, n. 5 e pp.
162-167, n. 9.
45
Per la puntuale ricostruzione della vicenda si rinvia a L. Borean, Il caso Manfrin cit.,
pp. 199-201. Problematica si rivela l’identificazione del dipinto nell’inventario Manfrin del
1834, a meno di non pensare a un errore dei periti nella compilazione della seguente voce:
«Giorgio Barbarelli suo ritratto moglie e figlio mezze figure» (camera B, n. 28), che pare più
aderente al Triplice ritratto di Alnwick Castle. Nell’inventario del 1851, invece, la Tempesta
è segnalata nella camera E, n. 17.
46
Così Selvatico aveva dichiarato nella relazione preliminare sulla collezione Manfrin del 30
luglio 1856. Vedi L. Borean, Le Gallerie dell’Accademia di Venezia… cit., p. 401.
gustato, se non da’ veri conoscitori d’arte»47. Solo quando, nel 1875, Wilhelm
Bode tentò di assicurare il dipinto ai musei di Berlino, Morelli si impegnò af-
finché la Tempesta passasse nella collezione del principe Giuseppe Giovannelli,
dal 1878 presidente dell’Accademia veneziana48, quasi a riscatto della sua co-
stante attività in favore di collezionisti e musei stranieri49.
Accanto ai maestri del Cinquecento veneziano, un capitolo affascinante del-
la raccolta Manfrin concerne quello dei primitivi, oggetto a partire dal tardo
Settecento di un crescente interesse erudito congiunto a un progressivo pro-
cesso di rivalutazione nella sfera del collezionismo e del commercio d’arte.
Secondo l’inventario del 1834, i pittori antichi erano stati raggruppati nella
sala H, una sistemazione che non mancò di essere rilevata da alcuni visita-
tori, come ad esempio Antoine Claude Pasquin (detto Valery), bibliotecario
del castello di Versailles: «les ouvrages des anciens peintres, de Cimabue, de
Giotto, de Mantegna, sont convenablement réunis dans une même pièce»50.
Qui erano esposti, tra gli altri, la Madonna in mandorla, san Giovanni Batti-
sta e santo monaco di Cimabue, oggi inserita nel corpus di Ambrogio di Bal-
dese (Vercelli, Museo Borgogna; fig. 12), la Carità già ascritta negli inventari
Manfrin ad Andrea del Verrocchio e attualmente ricondotta ad Hans Baldung
Grien (Vercelli, Museo Borgogna; fig. 13), il celebre San Giorgio di Andrea
Mantegna (Venezia, Gallerie dell’Accademia; fig. 16) ed infine La partenza di
Ceice di Vittore Carpaccio (Londra, National Gallery), un pittore quest’ultimo
che secondo Francesco Algarotti andava annoverato tra i padri fondatori della
scuola pittorica veneziana51.
47
J. Anderson, Collecting, connoisseurship and the art market in Risorgimento Italy. Giovan-
ni Morelli’s Letters to Giovanni Melli and Pietro Zavaritt (1866-1872), Venezia 1999, pp. 37 e
144; C. Togneri Dowd (edited and indexed by), J. Anderson (introduction by), The Travel
Diaries of Otto Mündler… cit., pp. 32-33.
48
I. Collavizza, “Per la salvaguardia delle belle arti”: l’esercizio della tutela… cit., pp. 187-
211, in part. pp. 198-199. Il 29 maggio 1876 il Ministero della Pubblica Istruzione aveva
richiesto alla Commissione permanente di pittura dell’Accademia veneziana un parere sul
dipinto – nel frattempo trasferito a Milano – ai fini di un suo eventuale acquisto per le Gal-
lerie veneziane.
49
D. Levi, “Let agents be sent to all the cities of Italy”: British public museums and the Italian
art market in the mid-nineteenth century, in J.E. Law, L. Ostermark-Johansen, Victorian and
Edwardian responses to the Italian Renaissance, Aldershot 2005, pp. 33-53.
50
A.C. Pasquin, Voyages historiques et littéraires en Italie, pendant les années 1826, 1827 et
1828, Paris 1831, vol. 1, pp. 404-405.
51
H. Posse, Die Briefe des Grafen Francesco Algarotti an den Sächsischen Hof und seine Bil-
derkäufe für die Dresdener Gemäldegalerie 1743-1747, in «Jahrbuch der Preußischen Kunst-
sammlungen», Beiheft, LII, 1931, pp. 1-73, in part. p. 42.
52
«Zibaldone di memorie di artefici veneti stese dal signor Giovanni Maria Sasso per la
storia della Venezia pittrice che aveva in animo di pubblicare arricchita di rami già preparati
e dopo la sua morte acquistati dall’abate Daniel Francesconi», pubblicato in R. Callegari,
Scritti sull’arte padovana del Rinascimento, Udine 1998, pp. 296-323.
53
Ivi, p. 309, capitolo su Francesco e Jacobello del Fiore.
54
Il passaggio è ricordato in una lettera di Sasso a Luigi Lanzi del 4 luglio 1795, come mi
comunica Paolo Pastres che ringrazio. A. De Marchi, Ritorno a Nicolò di Pietro, in «Nuovi
studi», 2, n. 3, 1997, pp. 5-24, in part. pp. 5 e 14, specifica la provenienza del dipinto sulla
base degli inventari della chiesa dei domenicani a Zara.
55
Cfr. «Zibaldone» in R. Callegari, Scritti sull’arte padovana del Rinascimento, Udine
1998, p. 312, capitolo su Alvise Vivarini.
56
Il quadro fu donato nel 1898 da Charles Loeser. Cfr. M. Davies, National Gallery Cata-
logues: Catalogue of the Earlier Italian Schools, London 1961, p. 558.
57
Cfr. lettera di Francesco Novelli a Giovanni de Lazara del 17 luglio 1796: «circa poi alle
madonne che io possiedo saranno da me incise terminata l’opera, ed avendole fatte vedere
al signor Sasso, mi assicurò che sono originali di Marco Zoppo Bolognese avendole rico-
nosciute specialmente dalla somiglianza di carattere che anno ad una Madonna che tiene
dipinta il signor Manfrino, io dunque incise che saranno vi porrò sotto il detto nome, ma
già prima mi consiglierò con V.S. che è tanto fino conoscitore di un tal genere». BNM, ms.
It. X, 514, c. 50.
La dispersione
58
L. Borean, Lettere artistiche del Settecento veneziano. Il carteggio Giovanni Maria Sas-
so-Abraham Hume, Fondazione Giorgio Cini, Verona 2004, pp. 12 e 218, lettera di Sasso a
Hume del 30 novembre 1791.
59
S. Avery-Quash, The travel notebooks of Sir Charles Eastlake, in «The Walpole Society»,
73, 2011, vol. I, p. 272. Secondo Eastlake il dipinto poteva essere ascritto a Hugo van der
Goes. Oggi è ricondotto alla cerchia di Jan van Eyck. Cfr. L. Campbell, National Gallery
Catalogues. The Fifteenth Century Netherlandish School, London 1998, pp. 224-227.
60
ASPV, Parrocchia di San Geremia, Registri dei morti, b. 79, reg. 44 (n. prec. 65), c. 201v:
«adi 8 ottobre 1801. Il nobile signor marchese Gio. Batta Girolamo Michele conte Manfrin
q. Pietro di anni 59 dopo 24 ore di decubito morì alle ore 10 antimeridiane di questo giorno
da apoplessia fortissima fulminante; il di cui cadavere resterà insepolto almeno 24 ore, come
da fede del medico Gio. Pietro Pellegrini, dal quale fu visitato. Si seppellirà nella chiesa
votiva di San Marcilian. Lo fa seppellire suo figlio. Fondamenta Savorgnan n. 5».
61
Le ricerche sinora compiute non hanno dato riscontro positivo.
62
Cfr. la lettera di Alexander Hamilton a Sasso da Padova, senza data ma post ottobre 1801:
«ho sentito con molto dispiacere la morte del Signore Manfrin; so che era un uomo che
faceva molto bene e che era dei vostri protettori ed Amici. Avete ragione d’essere rattristato
da sì crudele ed inaspettato colpo». La missiva è trascritta in E. Volpetti, Fonti per la storia
del collezionismo… cit., p. 85.
63
ASVe, Commissione araldica, b. 132, fasc. Manfrin, documento del 6 agosto 1802. Il titolo
poteva essere riconosciuto nella Matricola dei Nobili e Titolati del Regno Lombardo Veneto
della seconda dominazione austriaca ma solo nella Matricola dei titolati forestieri perché
conferito dallo stato della Chiesa. Pietro Manfrin poteva valersi del titolo solo se fosse stato
quello del dilettante Astolfoni67 ed è un quadro con tre figure di Giorgione copiato
divinamente dall’originale esistente nella galleria Manfrin; ed è copiato sì bene che
si scambierebbe facilmente con l’originale e Manfrin non vuole più oltre dargli a
copiare i suoi quadri, per gelosia che possa confondersi l’originale colla copia68.
in grado di dimostrare di aver adempiuto agli obblighi fiscali richiesti in occasione della
conferma del 1802, ma la documentazione da lui presentata alla commissione araldica il 18
novembre 1820 fu considerata insufficiente.
64
R. Tolomeo, Imprenditoria e società in Dalmazia… cit., p. 93.
65
G. Moschini, Guida per la città di Venezia... cit., II, p. 54: «né si lascia di andarlo – il pa-
lazzo Manfrin – sempre più arricchendo per la generosa premura del vivente conte Pietro,
figliolo del conte Girolamo». Nel 1816 Antonio Canova funse da intermediario tra Manfrin
e un certo Bassi pittore. H. Honour, P. Mariuz (a cura di), Antonio Canova, vol. I. Epistola-
rio (1816-1817), Roma 2002, p. 150.
66
Così risulta da una perizia di Giannantonio Selva del primo maggio 1805, allegata alla
notifica dei possedimenti immobiliari alla Regia Commissione del Censo, inviata da Manfrin
il 30 marzo 1808. Lo stabile «grande a uso di fabbrica di tabacchi» ubicato al civico 152 di
Santa Croce, invece, aveva raggiunto una rendita annua di 12.400 lire venete, sempre sulla
base dei calcoli del Selva (perizia dell’11 maggio 1805). Cfr. ASVe, Censo provvisorio, Notifi-
che Venezia, b. 37, n. 1220. Va comunque tenuto conto che le entrate dei Manfrin subirono
gli effetti dei rivolgimenti politici, come testimonia una lunga vertenza legale protrattasi sino
al tardo Ottocento per il credito loro spettante dopo l’abolizione, nel 1805, delle imprese di
esercizio delle regalie da parte del governo austriaco. Vedi il fascicolo della vertenza giudi-
ziaria in Sardagna-Plattis eredi del marchese Pietro Manfrin contro il r. ministero delle finanze
in punto revocazione della sentenza 10 dicembre 1880 della R. corte d’Appello di Roma, Roma
1882, in part. pp. 4-5.
67
Gaetano Astolfoni (Venezia, 1780-1840), pittore e professore di restauro all’Accademia
veneziana.
68
BMCVe, Cicogna 2845, cc. 4504-4505.
69
R. Giard, Victor Mottez, Lille 1934, p. 114, lettera del 28 ottobre 1835.
70
C.L. Eastlake, Contributions to the Literature of the Fine Arts… with a Memoir by Lady
Eastlake, London 1870, pp. 191-192.
71
Il riferimento è contenuto nel Rapporto sulle belle arti nel regno italico, spedito da Cicognara
il 9 dicembre 1809 al Direttore generale della pubblica istruzione: «i nazionali veneziani sono
portati al lusso […] e solo in Venezia trovasi accumulata modernamente una sontuosa e recen-
tissima collezione di quadri nella casa Manfrin la quale può mettersi a pari delle collezioni che
veggonsi nelle case principesche di Firenze e di Roma». Cfr. F. Mazzocca (a cura di), Scritti
d’arte del primo Ottocento, Milano 1998, p. 48. Il giudizio è ripreso nella guida in francese di
G. Moschini, Itineraire de la ville de Venise et des îles circonvoisines, Venise 1819, p. 221.
72
G.J. Fontana, Cento palazzi fra i più celebri di Venezia sul Canalgrande… cit., p. 327.
73
Gli acquerelli, rilegati in volume, sono stati resi noti e analizzati in L. Borean with A.
Cera Sones, Drawings of the Installation of a Nineteenth-Century Picture Gallery: a Study of
the Display of Art in Venice, in «Getty Research Journal», 2, 2010, pp. 169-176, al quale si
rinvia anche per una discussione generale sulla diffusione e sulle caratteristiche di tali fonti
in ambito veneziano. Sulla questione dell’allestimento delle collezioni in Italia in età moder-
na si veda l’introduzione al volume di G. Feigenbaum (a cura di), Display of art in the roman
palaces 1550-1750, Los Angeles 2014.
Pietro Manfrin morì il 28 agosto 1833 nella villa di Sant’Artemio nei pres-
si di Treviso, fatta ristrutturare dal padre all’architetto Giannantonio Selva74.
Nonostante i timori di alcuni intellettuali75, Pietro aveva saputo garantire la
conservazione della Galleria, consegnandola pressoché integra alla sorella Giu-
lia Angela Giovanna, cui toccò bilanciare l’uso residenziale del palazzo con
la crescente richiesta di visite, in concomitanza con l’aumento del flusso di
forestieri e turisti a Venezia. Che la collezione Manfrin venisse assimilata a
una specie di museo pubblico lo suggerisce il fatto che nella guida di Venezia
approntata nel 1852 da Pietro Selvatico in collaborazione con Vincenzo Lazari,
essa figuri come una vera e propria appendice a completamento delle Gallerie
dell’Accademia76.
Nel 1851, a tre anni di distanza dalla scomparsa della marchesa Manfrin, i
figli Antonio Maria e Bortolina Plattis, nati dal matrimonio con Giovanni Bat-
tista Plattis originario di Mantova (scomparso ante 1848), tentano di vendere
la Galleria. A spingerli in tale direzione dovettero essere tanto le spese derivate
dai numerosi lasciti in denaro stabiliti dalla defunta madre nel proprio testa-
mento e da lei dichiarati inoppugnabili dai figli, pena la perdita dell’eredità77,
quanto la crescente pressione fiscale applicata dal governo imperiale a sanzione
dell’insurrezione del 184878. Una circostanza, quest’ultima, che avrebbe porta-
to a un rapido aumento di beni sul mercato, da cui potevano trarre beneficio
antiquari e musei. Infatti, l’allora presidente dell’Accademia, Pietro Selvatico,
impegnato nella riorganizzazione del sistema di controllo sul patrimonio e sulla
circolazione delle opere entro e fuori dai territori del Regno, aveva caldeggia-
74
M. Azzi Visentini, Villa Manfrin a Sant’Artemio di Treviso, in M. Macera (a cura di), I
giardini del principe, atti del convegno (Racconigi, 22-24 settembre 1994), Savigliano 1994,
pp. 99-111, in part. pp. 100-101. Dal 1937 la villa e il parco sono di proprietà del Comune
di Treviso. V. Fontana, Villa Manfrin, Sant’Artemio, in M. Azzi Visentini (a cura di), Il
giardino veneto. Storia e conservazione, Milano 1988, pp. 173-174.
75
Nel 1830 il milanese Francesco Caffi, scrivendo a Cicogna, aveva manifestato una certa
preoccupazione sul futuro della collezione, chiedendosi «qual brutto fine farà la Galleria
Manfrin». I. Collavizza, Dall’epistolario di Emmanuele Antonio Cicogna… cit., p. 169.
76
P. Selvatico, V. Lazari, Guida artistica e storica di Venezia… cit., pp. 297-299.
77
ASMn, Pretura, Testamenti, b. 75, n. 4210, testamento di Giulia Angela Giovanna Manfrin
Plattis, 25 gennaio 1846. Tra i vari lasciti, uno tra i più consistenti è quello a favore del Semi-
nario vescovile di Treviso, ammontante a 30.000 lire da versare entro quattro anni a decorrere
dalla morte della nobildonna, avvenuta il 17 agosto 1848. Vedi anche ASVTv, 21 B 1, fondo
Opera pia Giulia Giovanna Manfrin Plattis. Nel 1849 Antonio Maria si era già stabilito a
Padova, mentre Bortolina Plattis trasferiva la propria residenza nel palazzo di Cannaregio in-
sieme alla famiglia, lasciando dunque Trento, città d’origine del marito, Francesco Sardagna.
78
Su tale aspetto cfr. G. Pillinini, Dal quarantotto all’Unità, in M. Gottardi (a cura di),
Venezia suddita. 1798-1866, Venezia 1999, pp. 77-95, in part. pp. 91-92.
79
Lettera di Selvatico del 15 marzo 1851 in PMV, Fascicolo Manfrin.
80
Sulla donazione Contarini si rinvia a M. Scarazzolo, «Tanto merito di generosità e di
amor patrio»: la donazione di Girolamo Contarini alla città di Venezia (1838), tesi di dotto-
rato di ricerca in Storia dell’arte, XX ciclo, Università degli studi di Udine, a.a. 2009-2010.
81
PMV, Fascicolo Manfrin, lettera di Selvatico del 15 marzo 1851.
82
Per un profilo generale di Selvatico si rinvia a F. Bernabei, Pietro Selvatico nella critica
e nella storia delle arti figurative dell’Ottocento, Vicenza 1974. Specifici aspetti della sua
attività sono stati oggetto degli interventi di M. Visentin, Pietro Selvatico e il «Giornale Eu-
ganeo» 1844-1848, tesi di dottorato in Storia dell’arte, Università degli studi di Udine, a.a.
2005-2006 e A. Auf der Heyde, Per l’“avvenire dell’arte in Italia”: Pietro Selvatico e l’estetica
applicata alle arti del disegno nel secolo XIX, Ospedaletto (Pisa) 2013.
83
Il passo è contenuto in una lettera del 29 marzo 1852 conservata in ASVe, Presidenza della
Luogotenenza delle province venete, b. 221, fasc. 13.
84
Dopo aver trascorso un periodo in India, appena uscito dall’accademia militare, Edward
Cheney (1803-1884) si trasferì dapprima a Roma per poi passare a Venezia dove rimase dal
1846 al 1852, stringendo amicizia con Rawdon Brown e dedicandosi soprattutto alla ricerca
di sculture e di dipinti di antichi maestri veneziani per la sua raccolta. Cfr. G.F. Waagen,
Galleries and Cabinets of Art in Great Britain, London 1857, pp. 170-171: «this gentleman
belongs to that class of lovers of art who are guided by a general taste for the beautiful»; R.
Monckton Milnes Houghton, Edward Cheney. In memoriam, in «Miscellanis of Philobi-
blon Society», 15, 1884, pp. 3-18, in part. pp. 16-18 e soprattutto T. Knox, Edward Cheney
of Badger Hall: a forgotten collector of Italian sculpture, in «The Sculpture Journal», 16,
2007, pp. 5-20.
85
NG5/86/11.
86
W. Hauptman, Some new-nineteenth-century references… cit., pp. 78-82, in part. p. 81.
87
Ivi, pp. 78-82, in part. p. 82.
the signor Manfrin to form the collection», il quale avrebbe viaggiato per conto
di Girolamo Manfrin in Germania, Olanda, Inghilterra, oltre che nei principali
stati italiani, al fine di reperire dipinti per la Galleria, un racconto che tuttavia
non collima con le biografie dei principali consulenti noti di Manfrin. I Truste-
es avevano esplicitamente richiesto una valutazione analitica della collezione,
predisposta da Woodburn scegliendo soltanto i pezzi giudicati ammissibili nel
museo, pari a centoventi dipinti, dunque un terzo del totale, convinto che la
qualità delle opere fosse troppo diseguale per concludere un acquisto in bloc-
co. Quest’ultima soluzione invece era auspicata dai Manfrin-Plattis che così
potevano minimizzare gli effetti della richiesta di esportazione all’Accademia,
in un momento in cui, in base a un decreto del 1818, tale istituto esercitava
un crescente controllo sulle esportazioni tramite una commissione deputata a
vagliare le domande dei privati88. La Commissione di pittura poteva rilasciare
o meno una ‘patente’ di libera circolazione, offrendo al governo l’opportunità
di esercitare il diritto di prelazione in caso di opere di particolare pregio e va-
lore storico-artistico. Nel dicembre del 1851 Antonio Maria Plattis, all’epoca
già trasferitosi a Padova, si era tuttavia mostrato disponibile a cedere al museo
inglese anche solo una quota, non inferiore comunque a centotrenta quadri e
per la cifra di 700.000 lire austriache; per far apparire più allettante la proposta
il suo intermediario, Felice Donato, sottolineò senza modestia il ruolo cruciale
assunto nella già citata vendita della pinacoteca Barbarigo89. Il tentativo fallì, ciò
nonostante l’anno successivo Eastlake, facilitato dall’aiuto di una scala90 – di cui
la prima sala della Galleria era dotata91 – ispezionò accuratamente i quadri Man-
frin, soffermandosi soprattutto su quelli del Cinquecento veneto, dall’Ariosto di
Tiziano alla Tempesta di Giorgione, la quale, pur rimarchevole per il «beautiful
landscape» e dunque ideale per ben rappresentare la rivoluzione di Giorgione
nella pittura di paesaggio, non fu reputata degna di un acquisto per il museo,
probabilmente perché, come è stato di recente suggerito, «its small size, enig-
matic subject and the nude woman suckling an infant spoke against it»92. La
88
A. Bernardello, Note archivistiche sul mercato antiquario a Venezia (1815-1850). Un pro-
gramma di ricerca, in «Atti dell’Istituto Veneto di Scienze, Lettere e Arti», vol. CLXXI,
2012-2013, pp. 171-176.
89
NG 5/ 88/10, lettera di Felice Donato a Thomas Uwins del 17 dicembre 1851.
90
S. Avery-Quash, The travel notebooks … cit., vol. I, pp. 167-169.
91
ASVe, Conservatoria del registro e tasse, b. 1581, Eredità nuove estinte, fasc. 1443, inven-
tario dei beni mobili del palazzo Manfrin a San Geremia del 15 febbraio 1834, testualmente:
«Primo appartamento galleria. Saletta segnata lettera A. Luogo contiguo. Tre scalette d’a-
bete per uso galleria».
92
S. Avery-Quash, The travel notebooks… cit., vol. I, p. 35; E. Greer, N. Penny, Giorgione
Tempesta era stata anche scartata dal lotto di opere d’arte che nel 1848 il go-
verno rivoluzionario veneziano, capeggiato da Daniele Manin, intendeva porre
a garanzia di un prestito internazionale per fronteggiare le precarie condizioni
finanziarie della città93.
Assunta la carica di direttore della National Gallery nel 1855, Eastlake ritor-
nò a Venezia per riesaminare la collezione in più occasioni, a partire da quello
stesso anno94. Il report del 4 febbraio 1856, riferito al soggiorno dell’autunno
del 1855, contiene interessanti osservazioni, che vale la pena riportare in esteso:
During that stay I again carefully and more than one inspected the Manfrini Gal-
lery […]. By far the larger portion of that Gallery, if bought, would require to
be disposed of by public sale; under such circumstances perhaps the transaction
would not be unprofitable95. With regard to the merits of the better part of the
collection I found many pictures of great interest though there are few by the most
familiar names. The Giorgione have I think been overrated, if not in some instances
misnamed; and I now feel quite certain that the Entombment attributed to Titian
is not even in part by that master. On the other hand there are in every room some
authentic and valuable works, and a very interesting small Gallery might be formed
from them. The question is the more worthy to be considered hereafter (should the
opportunity still exist) because I have no doubt the price that would be now taken
would be less than half the original demand. The original demand was £40.000, and
I have reason to believe that £18.000 would now be accepted96.
and the National Gallery, in «The Burlington Magazine», CXLII, n. 1287, 2010, pp. 364-
375, in part. p. 366. Uwins e Woodburn valutarono la Tempesta solo £. 100, mentre per il
Triplice ritratto proposero la stima di £. 2500.
93
Sull’episodio, dagli interessanti risvolti in tema di tutela e valorizzazione del patrimonio
artistico demaniale e privato, si rinvia a A. Bernardello, Venezia 1848: arte e rivoluzione, in
«Società e storia», 96, 2002, pp. 279-288.
94
Eastlake visitò palazzo Manfrin nel 1851, 1852, 1855, 1857, 1859, 1862 e 1863. S.
Avery-Quash, The travel notebooks… cit., vol. I, pp. 58, 167-168, 270-272, 380-381, 494-
495, 608-609, 632 e 643.
95
Eastlake preferiva comunque trattare e negoziare direttamente con i proprietari. Ivi, vol.
I, p. 27.
96
Ivi, vol. II, p. 102, report del 4 febbraio 1856.
97
Catalogo dei quadri esistenti nella Galleria Manfrin in Venezia, Venezia 1856. L’avviso
della vendita fu pubblicato nella Gazzetta Ufficiale di Venezia del 28 giugno 1856 (n. 147, p.
560). I potenziali acquirenti dovevano presentare una richiesta scritta ai proprietari.
avviso nella Gazzetta di Venezia, scatenando una vera e propria corsa al qua-
dro tanto che la vendita Manfrin divenne uno dei principali eventi del mercato
dell’arte del periodo.
Gli acquirenti erano spuntati come funghi98. Pochi i mercanti e i collezio-
nisti locali coinvolti, come Federico Della Rovere e il conte Giovanni Battista
Sardagna99, discendente di Girolamo Manfrin per linea materna essendo nato
dal matrimonio di Bortolina Manfrin Plattis con Francesco Sardagna. Un ruo-
lo preponderante fu al contrario giocato dagli stranieri, perlopiù angloameri-
cani: Charles Eliot Norton (acquirente di un ritratto attribuito a Tintoretto,
poi venduto a Isabella Stewart Gardner), Edward Cheney, Georg Planch, John
Gardner, Edward Pollignach (che si aggiudicò il Trionfo di Venezia di Pompeo
Batoni; fig. 21), John Young (membro della British Institution), Louis de Saint
Julien, George Augustus Frederick Cavendish Bentinck100 e Alexander Barker.
Intraprendente e aggressivo collezionista, Barker deve identificarsi con l’inglese
menzionato da Cicogna nei suoi diari, che si assicurò «per diecimila napoleoni
d’oro»101 una ventina di quadri Manfrin tra cui il Ritratto di Giovanni Bressani
di Giovan Battista Moroni (Edimburgo, National Galleries Scotland; fig. 22)
allora creduto un’effigie di Michelangelo102. Un intero piano dell’abitazione di
98
BMCVe, Minute del catalogo generale, Busta elenchi: purtroppo il documento è incomple-
to, come si evince dalla indicazione a termine della lista «segue foglio n. 2».
99
Nato nel 1828 a Trento e scomparso a Venezia nel 1888, dove si era trasferito insieme
alla famiglia nel 1849 (dopo la morte di Giulia Angela Giovanna Manfrin Plattis), fu socio
residente dell’Ateneo Veneto. Cfr. l’elogio di G. Nicoletti, Cavalier di Sardagna Giovan-
ni Battista, in «Archivio Veneto», XXXVI, 1888, pp. 486-492, dove si insiste soprattutto
sull’impegno patriottico profuso dal Sardagna durante le guerre di indipendenza. E.A. Ci-
cogna, Delle inscrizioni veneziane raccolte ed illustrate… cit., VI, 1853, p. 593.
100
N. Penny, National Gallery Catalogues. The Sixteenth Century Italian Paintings, vol. II.
Venice 1540-1600 cit., pp. 86-87. Importante raccoglitore soprattutto di dipinti di scuola ve-
neziana, oltre a due Paesi di Francesco Zuccarelli e a un Mosè che fa scaturire l’acqua dalla
roccia di Jacopo Bassano, Bentinck acquistò da casa Manfrin anche dei busti in terracotta
attribuiti ad Alessandro Vittoria come risulta da un promemoria del collezionista, redatto
nel 1871, in concomitanza con il prestito dei busti per una mostra al Victoria and Albert
Museum, dove furono definitivamente trasferiti nel 1948. Vedi L. Borean, Il caso Manfrin
cit., pp. 210-211, cui si rinvia anche per le altre statue ricordate a palazzo Manfrin nell’Otto-
cento, come la Vestale di Antonio Corradini sistemata nella sala A (F. Zanotto, Nuovissima
guida di Venezia… cit., p. 347; B. Cogo, Antonio Corradini scultore veneziano (1688-1752),
Este 1996, pp. 164-170) menzionata da Antonio Balestra (G. Moschini, Guida per la città di
Venezia all’amico delle belle arti, 2 voll., Venezia 1815, II, parte I, pp. 53-54).
101
BMCVe, Cicogna 2846, alla data 24 giugno 1856, quindi con qualche giorno di anticipo
rispetto all’avviso ufficiale della vendita pubblicato nella Gazzetta di Venezia.
102
Su Alexander Barker si rinvia a G.F. Waagen, Treasures of art in Great Britain, vol. II,
Barker a Piccadilly, dove si riunivano i membri del Burlington Fine Arts Club –
circolo aperto a collezionisti ed artisti103 –, fu destinato all’allestimento dei quadri
giunti da Venezia, un evento che non passò ovviamente inosservato a Londra104.
Barker dovette attendere le licenze di esportazione sino al 1857105, ma alla
fine il governo austriaco – poco incline a esercitare un controllo del mercato
artistico, soprattutto dopo l’istituzione del porto franco nel 1830106 – non ap-
plicò quella sorta di diritto di prelazione previsto dal 1819 per le opere d’arte
«che contribuiscono al decoro e all’ornamento dello stato»107. La norma era
stata invocata da Selvatico, membro della commissione che si espresse negati-
vamente in merito alla richiesta di esportazione di Barker il 12 luglio del 1856:
il 30 dello stesso mese, infatti, il presidente dell’Accademia propose a Vienna
l’acquisizione di 69 dipinti da palazzo Manfrin da destinare alle gallerie venezia-
ne, motivandone indirizzi e criteri in una dettagliata relazione consegnata alla
London 1854, p. 125; N. Penny, National Gallery Catalogues. The Sixteenth Century Italian
Paintings, vol. I. Paintings from Bergamo, Brescia and Cremona, London 2004, p. 3 e Id.,
National Gallery Catalogues. The Sixteenth Century Italian Paintings, vol. II. Venice 1540-
1600 cit., p. 372. Nel gruppo acquistato da Barker figuravano anche il cosiddetto Ariosto
di Tiziano già citato, la Donna con liuto di Giorgione e il Ritratto d’artista con cinque allievi
di Pordenone (entrambi a Alnwick Castle e rispettivamente ricondotti a Palma il Vecchio e
Bernardino Licinio).
103
D. Sutton, Aspects of British Collecting. Part XV. The Age of Robert Browning, in «Apol-
lo», 123, n. 282, 1985, pp. 96-110, in part. p. 104.
104
Come testimonia la recensione al volume di G.F. Waagen, Galleries and Cabinets of
Art in Great Britain (1857), apparsa nel fascicolo dell’aprile 1858 dell’Atlantic Monthly:
«Mr. Barker has also made an addition to his collection so recent as not to be described
even in the last volume of the “Art Treasures”, but which is of unsurpassed interest. He
has purchased from the Manfrini Gallery at Venice, a gallery which has long been famous
as containing some of the best works of the Venetian school, eighteen of its best pictures,
and was lately in treaty for a still larger number. He has already secured Titian’s portrait of
Ariosto, Giorgione’s portrait of a woman with a guitar, and other works by these masters,
by Palma Vecchio, Giovanni Bellini, and other chief Venetian painters. We trust that he may
bring to England (if it must leave Venice) Bellini’s St. Jerome, a picture of the most precious
character».
105
G.F. Waagen, Galleries and Cabinets… cit., p. 77.
106
F. Mazzocca, La promozione delle arti da L. Cicognara a P. Selvatico, in G. Benzoni,
G. Cozzi (a cura di), Venezia e l’Austria, atti del convegno (Venezia, 28-31 ottobre 1997),
Venezia 1999, pp. 21-36, in part. pp. 26-27 e A. Auf der Heyde, Gli inizi della Zentral-Kom-
mission di Vienna, in G. Perusini, R. Fabiani (a cura di), Conservazione e tutela dei beni cul-
turali in una terra di frontiera. Il Friuli Venezia Giulia fra Regno d’Italia e Impero Asburgico
(1850-1918), atti del convegno internazionale (Udine, 30 novembre 2006), Vicenza 2008,
pp. 23-38, in part. pp. 27-28, p. 35, nota 34.
107
Lettera di Selvatico al governo austriaco del 12 luglio 1856 in PMV, Fascicolo Manfrin.
108
Cfr. A. Auf der Heyde, Gli inizi della Zentral-Kommission… cit., pp. 23-38, in part. p. 28.
109
BMCVe, Codice Cicogna 2846, cc. 6347-6348: «Adi 21 dicembre 1856, fui a pranzo alla
tavola stessa di sua maestà l’imperatore, come consigliere straordinario accademico, ora
come membro effettivo pensionato dell’Istituto = Non v’intervenne l’imperatore perché
indisposto. Il pranzo fu buonissimo […], si fece come tutti gli altri solenni nella sala delle
colonne = Eravamo circa 70; dopo il pranzo sua maestà passò ognuno in rassegna, chie-
dendo ognuno di qualche cosa. A me parlò dell’Accademia ricchissima di pitture, ed io gli
risposi: esser vero, ma esser accresciuta di pregio pel generoso dono fatto da sua maestà de’
quadri della Galleria Manfrin».
110
Per la posizione di Selvatico sulla formazione del pittore di storia e su come l’arte con-
temporanea possa trovare alimento nel patrimonio artistico del passato cfr. A. Auf der Hey-
de (ed. con postfazione e indici a cura di), Sull’educazione del pittore storico odierno italiano.
Pensieri di Pietro Selvatico (Padova 1842), Pisa 2007.
dall’accademia non posseduti, o sopra quelli di cui essa possiede esemplari in-
felici»111. Così egli scartò Veronese e Tiziano, privilegiando invece Giorgione, i
cui autografi «sono ora pochissimi e nessuno sicuro in commercio»; caldeggiò
l’acquisto – poi approvato – della Vecchia giudicato «un Giorgione e de più
belli» ma che negli inventari Manfrin, lo ricordiamo, era reputato di Tiziano, e
della Tempesta definito «un Giorgione indubbio e di prima bellezza», che tut-
tavia sarebbe arrivato alle Gallerie nel 1932. Selvatico segnalò poi il San Pietro
e il San Giovanni Battista di Moretto (figg. 23, 24) insieme al Compianto sul
Cristo morto di Girolamo Romanino (fig. 25) perché l’Accademia ne era priva,
ammettendo per quest’ultimo che il prezzo era elevato, «ma dove si trova ora
un Romanino sicuro col nome in vendita?». Due anni dopo, Otto Mündler,
agente della National Gallery di Londra, avrebbe dichiarato che con questo di-
pinto l’artista «had then completely conquered all the difficulties of his art»112.
Pervenuto al museo veneziano nel 1909 dopo un passaggio nella raccolta di
Lord Wimborne a partire dal 1868113, il Compianto è firmato Hyeronimi Ruma-
ni Brixiani opus MDX mense decembris e condivide la presenza della firma solo
con altre due opere del catalogo del pittore114.
Fondamentale per Selvatico era pure l’apertura a maestri «di scuola non
veneta perché ne difettano [le pinacoteche venete] quasi interamente»; punta
così su nomi celebri della scuola nordica quali Rembrandt, oggetto nella prima
metà del XIX secolo di un recupero storiografico volto a ricostruirne il cor-
pus autografo infestato da copie, imitazioni e opere à la manière de115; proprio
in questo terreno scivolò Selvatico, suggerendo l’acquisizione di un «filosofo
111
ASVe, Presidenza della Luogotenenza, b. 221, titolo III, fasc. 13/2, n. 4.
112
C. Togneri Dowd (edited and indexed by), J. Anderson (introduction by), The Travel
Diaries of Otto Mündler… cit., pp. 212-213.
113
A Catalogue of the Pictures at Canford Manor in the possession of Lord Wimborne,
Edinburgh 1888.
114
Cfr. A. Nova, Girolamo Romanino, Torino 1994, n. 4, pp. 212-213: in origine pala d’al-
tare della cappella della Passione nella chiesa di San Lorenzo a Brescia, il quadro viene
considerato un’opera capitale per comprendere l’attività giovanile dell’artista che nell’intero
arco della sua pur lunga carriera firmò e datò soltanto tre opere. Un dettaglio che, secondo
Nova, riveste una certa importanza, come se Romanino avesse voluto sottolineare il signifi-
cato di svolta rappresentato da questo dipinto, che denuncia apertamente le sollecitazioni di
Giorgione e del giovane Tiziano, quasi un’opera di ‘dimostrazione’ verso i concittadini del
valore dell’apprendistato veneziano.
115
Vedi J. Boomgaard, R.W. Scheller, Le alterne vicende della fortuna di Rembrandt: una
breve panoramica, in Rembrandt. Il maestro e la sua bottega, catalogo della mostra (Berli-
no-Amsterdam-Londra 1991-1992), Roma 1991, pp. 106-123.
seduto al suo studio che scrive»116 assegnato dalla critica moderna a Thomas
Wijck (fig. 26) mentre si fece sfuggire un Rembrandt autografo, il Ritratto di
Johannes Wtenbogaert (Amsterdam, Rijksmuseum; fig. 27)117. Ancora sul fron-
te del Seicento olandese si colloca la proposta di includere Jan Steen, di cui i
Manfrin possedevano L’alchimista (Venezia, Gallerie dell’Accademia; fig. 28)
reputato «di prima bellezza» e per giunta firmato: dunque un affare, a opinione
di Selvatico, considerato che il prezzo richiesto era inferiore alla quotazione
raggiunta da The Dissolute Houseold (New York, The Metropolitan Museum
of Art) all’asta della collezione del cardinal Fesch tenutasi a Roma nel 1845118.
Un capitolo di particolare rilievo nella scelta delle opere Manfrin, riguarda i
primitivi e il loro recupero quali esempi di studio per gli allievi dell’Accademia
e quale stimolo per il ‘risorgimento’ dei pittori di storia, troppo legati – secondo
Selvatico – alle «teste coronate» del Cinquecento veneziano, percepite come in-
sostituibili riferimenti di identità culturale119. Tra i protagonisti di tale rinnovato
orientamento educativo propugnato dal marchese vi era Mantegna, maestro
assente dalle collezioni dell’Accademia120 e al quale Selvatico aveva dedicato
un contributo, uscito nel 1841, intitolato Sul merito artistico di Mantegna. Del
pittore padovano i Manfrin possedevano un’opera di qualità impareggiabile a
giudizio di Selvatico, ovvero la tavoletta con San Giorgio, uno tra i pochissimi
quadri della raccolta giudicati eccellenti da Eastlake.
Nonostante il ridimensionamento dettato dall’esiguità di denaro, Selvatico
era stato in grado di assicurare a Venezia quella che Mündler, agente di Eastla-
ke, aveva definito, durante la sua visita all’Accademia il 22 dicembre 1856, «a
choice little collection»121. La National Gallery aveva naturalmente seguito con
attenzione le vendite Manfrin di quell’anno. Sebbene Eastlake ritenesse che la
116
Così descritto nell’inventario Manfrin del 1834.
117
ASVe, Presidenza della Luogotenenza, b. 221, titolo III, fasc. 13: «Il Rembrandt quantun-
que benissimo dipinto a fresco, vien tenuto da molti copia; e di vero, gli manca una delle carat-
teristiche atte a provare la originalità dei dipinti di questo sommo, va a dire la sigla sua solita».
118
W. Liedtke, Dutch Paintings in The Metropolitan Museum of Art, New York 2007, vol. 1,
pp. 38, 254, 470; vol. 2, pp. 841-844, nota 196.
119
Cfr. F. Bernabei, Critica d’arte e pubblicistica, in G. Pavanello (a cura di), La pittura nel
Veneto. L’Ottocento, vol. II, Milano 2003, pp. 500-501. Su questa linea si inserisce anche la
nota messa al bando dei calchi dalle sculture di Canova, il cui mito, per Selvatico, non era
certo indiscusso.
120
Per una sintesi della circolazione delle opere di Mantegna in area veneta a inizio Otto-
cento utile è F. Magani, La “fortuna” di Andrea Mantegna a Padova tra Settecento e Ottocen-
to, in «Il Santo», XXXVIII, 1998, pp. 355-380.
121
C. Togneri Dowd (edited and indexed by), J. Anderson (introduction by), The Travel
Diaries of Otto Mündler… cit., p. 143.
122
NG A. IV. 4 37, lettera di Eastlake ai Trustees, 9 giugno 1856.
123
N. Penny, National Gallery Catalogues. The Sixteenth Century Italian Paintings, vol. II.
Venice 1540-1600 cit., pp. 371-374.
124
S. Avery-Quash, The travel notebooks… cit., vol. II, p. 54; C. Togneri Dowd (edited
and indexed by), J. Anderson (introduction by), The Travel Diaries of Otto Mündler… cit.,
pp. 77-78; N. Penny, National Gallery Catalogues. The Sixteenth Century Italian Paintings,
vol. II. Venice 1540-1600 cit., pp. 328-329. Francesco Galvagna (1818-1860), creato barone
dall’imperatore d’Austria, risiedeva a pochi passi da casa Manfrin, cioè a palazzo Savorgnan,
acquistato nel 1826 insieme a parte della collezione ivi contenuta e assemblata dalla famiglia
Savorgnan. Parimenti alla raccolta Manfrin, anche quella del barone Galvagna era aperta al
pubblico.
125
Nell’elenco parziale della vendita conservato al Correr (cfr. supra) sono registrati 130
quadri.
126
S. Avery-Quash, The travel notebooks… cit., vol. II, p. 108, report del 10 novembre
1856. Nel report del 14 novembre 1857 (ivi, p. 111), riferito al viaggio dell’estate di quell’an-
no, Eastlake si limita a comunicare che «The St Jerome in his study, ascribed to Bellini,
apparently an unfinished picture, is one of the best remaining but the price asked – 1800
napoleons – is absurd. The prices are equally extravagant for other pictures, not one of
which is of a high class, or unobjectionable».
127
Ivi, vol. II, p. 115, report del 27 novembre 1858. Nel 1863 (ivi, p. 136), i Manfrin declinaro-
no l’offerta di 12.000 franchi avanzata da Eastlake per una Sacra famiglia di Bernardino Licino.
128
Ivi, vol. I, pp. 31 e 33, vol. II, p. 131, report del 27 novembre 1862. In tempi successivi
pervennero alla National Gallery altri quadri di casa Manfrin: un Marco d’Oggiono (NG
1149) comprato direttamente a Venezia nel 1883, un Bernardino da Asola (NG 1372) giun-
to con il legato Gregory nel 1892, un Giovanni Mansueti (NG 1478) acquistato da Chri-
stie’s nel 1896, cui si unirono i dipinti pervenuti con la donazione di Austen Henry Layard
del 1916 (tra cui l’Adorazione dei magi di Bramantino, NG 3073, attribuita a Mantegna nei
cataloghi Manfrin).
129
C. Togneri Dowd (edited and indexed by), J. Anderson (introduction by), The Travel
Diaries of Otto Mündler… cit., pp. 212-213. Visite precedenti sono registrate nel novembre
del 1855 e nel settembre del 1857 (ivi, pp. 83 e 170).
130
La notizia è riportata nell’introduzione al catalogo della vendita dei quadri Manfrin del
1870: Tableaux provenant du Palais Manfrin à Venise et appartenent a M. Le Marquis A.-M.
Plattis de Padoue, Paris 1870 (Lugt 32032), p. IV. Le verifiche archivistiche non hanno dato,
per ora, esito positivo e il documento in questione non è stato rintracciato.
consigli del cognato, Austen Henry Layard131. Nel frattempo, Antonio Plattis
decise di mettere all’asta presso Drouot a Parigi i dipinti e gli oggetti d’arte a lui
spettanti dopo il summenzionato processo, per un totale di oltre un centinaio
di quadri e una sessantina tra vasi, mobili e porcellane132.
A fronte di una tale sistematico depauperamento, era inevitabile si associasse
un’immagine di impoverimento della collezione anche in termini qualitativi; lo
ricorda nella sua breve avvertenza al lettore – che vale la pena riportare – l’abate
Giuseppe Nicoletti133, vicedirettore del Museo Correr e autore nel 1872 di un
nuovo catalogo della Galleria Manfrin, praticamente dimezzata:
fu detto da alcuni, e ripetuto da moltissimi, che della celebre Galleria Manfrin non
esistesse più nulla di rimarchevole, e che meritasse una speciale visita dagli amatori
delle arti belle. Il presente Catalogo contiene la nota dei quadri che tuttavia si con-
servano nel Palazzo Manfrin in Cannaregio, e che appartengono alla Nobile Donna
la Marchesa Lina Plattis vedova di Sardagna; e crediamo basti a sbugiardare quelle
dicerie inconsiderate. La Galleria fu menomata della metà circa di quadri per ragio-
ni di eredità, ma pur rimane ancora una gran parte di quella preziosa raccolta messa
insieme dal suo illustre e intelligente fondatore che fu il Marchese Girolamo Man-
frin, in sul finire dello scorso secolo. Ne avrà la prova il lettore rilevando da questo
Catalogo un numero vistoso di quadri, pregevoli tutti, pregevolissimi non pochi, e
di autori il cui nome è una illustrazione nella storia delle arti belle.
131
N. Penny, National Gallery Catalogues. The Sixteenth Century Italian Paintings, vol. I.
Paintings from Bergamo, Brescia and Cremona cit., pp. 372-373; A Catalogue of The Pictures
at Canford Manor in the possession of Lord Wimborne, Edinburgh 1888, nn. 17, 32, 100, 117,
128, 151, 166, 275 (quest’ultima voce è riferita alla celebre Madonna con otto angeli musican-
ti di Marco Zoppo, nota anche come Madonna Wimborne, oggi al Louvre).
132
Catalogue des objets d’art provenant du palais Manfrin de Venise et appartenant à M. le mar-
quis A.M. Plattis de Padoue, Paris 1870 (Lugt 32049). Per il catalogo dei dipinti cfr. nota 130.
133
G. Nicoletti, La pinacoteca Manfrin a Venezia cit.
134
A. Martignon, Michelangelo Guggenheim (1837-1914) e il mercato di opere, di oggetti
d’arte e d’antichità a Venezia fra medio Ottocento e primo Novecento, tesi di dottorato, Uni-
versità degli studi di Udine, 2015, p. 438. Fu l’intermediario nel 1888 per il passaggio agli
André della pala di Luini (vedi supra), mentre nel 1889 vendette all’antiquario londinese
Edward Joseph, per mille lire, un disegno a pastello del settecento con due ritratti femminili.
135
E. Stumpo, Per una storia del mercato dell’arte nell’Europa dell’Ottocento. Le esportazioni
di antichità e oggetti d’arte in Italia dopo l’Unità, in «Studi storici Luigi Simeoni», vol. LV,
2005, pp. 243-273.
136
Italian and Spanish Paintings in the National Gallery of Scotland, catalogued by H. Brig-
stocke, Edinburgh 1993, pp. 201-204.
137
Catalogo della galleria Manfrin, Milano 1897.
138
Inv. 1906, XI, 9.
139
F. Belvisi, Elogio storico del pittore Ludovico Caracci, Bologna 1825, p. 60. Sul dipinto
si era interessato, nel 1843, Gaetano Giordani, all’epoca direttore dell’Accademia di Belle
Arti di Bologna, chiedendo precise informazioni a Cicogna. I. Collavizza, Dall’epistolario
di Emmanuele Antonio Cicogna… cit., pp. 170-171.
140
H.E. Wethey, The paintings of Titian: complete edition, vol. I. The religious paintings,
London 1969, n. 36, p. 90.
141
G.M. Urbani de Gheltof, Tiziano Vecellio. Deposizione dalla croce… cit., pp. 6-8, 14-15
per il riferimento alla più antica provenienza dell’opera, la collezione della famiglia Ruz-
zini di Venezia, da cui l’avrebbe acquistata Manfrin con l’intermediazione di Sasso prima
del 1795. Viene legittimo chiedersi se il dipinto non corrisponda al n. 103 dell’inventario
Edwards del 1794, descritto come «Santo Zago copia Tiziano Deposizione di Cristo».
142
ASABAVe, Giudizi e Pareri (1871-1878), b. 157, n. 317, 28 agosto 1877. Ringrazio Isa-
bella Collavizza per la segnalazione del documento. Vedi anche G.M. Urbani de Gheltof,
Tiziano Vecellio. Deposizione dalla croce… cit., pp. 24-27.
1.
1793, 3 dicembre. Venezia
Lettera di Girolamo Manfrin a Pietro Edwards
Nel desiderio di veder proceder il tutto con il migliore buon ordine nella scelta de
quadri, che devono essere inclusi nella mia Galleria, non potevo che bramare soggetti
di conosciuta esperienza e di celebre fama nella pittura, qual appunto è vostra Signoria
non che l’altro professore, signor Giovanni Battista Mingardi, i quali si assumessero il
pensiero di scieglierli, di riconoscerli, e di escludere quelli, che più loro piacesse, senza
riflettere al costo; mentre appunto io voglio che non entrino nella mia collezione che
opere di reale merito ed assoluto.
Molto me le professo obbligato per la facile adesione, con cui si mostra ella parata
a compiacermi; giacché nella di Lei vasta errudizione e virtù, unita alla cognizione del
signor Mingardi suespresso, potrò riposare tranquillo.
Ella non deve farsi il minimo riguardo a pronunciare un severo giudizio, né l’esclu-
sioni potranno cagionarle dispiaceri, diferenze, od inimicizie giacché ametto senza esi-
tanza la da Lei ricercata condizione di non publicare giammai il di Lei giudizio esclusi-
vo, o sia la di Lei disaprovazione, che servirà soltanto di segreta mia regola, e di norma
privata alle mie determinazioni.
Troppo riconosco fondata su giuste e convenienti basi la condizione medesima, e le
do la mia parola di esattamente osservarla.
Intanto Ella si assicuri della mia vera estimazione, di cui potrà rimarcarne una non
dubbia prova nella premura, che mi son fatto di averla per giudice in affare, che m’in-
teressa sommamente, e riservandomi a darle attestati della mia riconoscenza passo a
rispettosamente protestarmi
Di casa, 3 dicembre 1793 di vostra Signoria illustrissima
2.
1794
Inventario della Galleria Manfrin
16
17 } Giuseppe Leone Due animali, col nome dell’autore
R corretto da B
a
}
26 Cecchin Salviati Circe ed Ulisse
Giove,
27 detto Promoteo e bisognerà
Pandora tenerli lontano
dall’occhio
Partenza di
28 detto Adone da
Venere
29 Paulemburg Cantina con baccanale, in tavolai
30 Paris Bordone Ritratto, si crede del detto autore
c. [2]v 31 Iordans Ritratto di Guglielmo di Nasauj
32 detto Ritratto di Bernevelt
33 Filippo Brizio Santa Maria Maddalena
34 Carletto Caliari La morte di Adone
Figliuol prodigo, si cercherà di collocarlo
35 Gennari
fuor di veduta
36 Gennari Erodiade
Giovanni Battista Rugieri
37 Putti morti, studio
detto del Gessi
38
39 } Abramo Brughel Due quadri di frutti
c
sottolineato; precede B 101 depennato in altro inchiostro
d
in soprallinea, in altro inchiostro, sopra Girardau – Vecchia che abbevera fiori depennato
e
preceduto da *
f
in soprallinea, in altro inchiostro: Bellissima copia
g
in soprallinea sopra Guercino depennato
h
in soprallinea, in altro inchiostro, sopra detto depennato
i
tutta la riga in altro inchiostro
j
a margine destro, l’annotazione: Beccafumi Domenico, Paris, Perugino (…)
40k
41 } Abramo Brughell Due quadri, uno di frutti ed uno di fiorim
42
43 } Isacco Ostad Due mezze figure
44
45 } Salvator Rosa Due composizioni capricciosen
46
47 } Girardau Due mezze figure, bellissime
k
precede e segue la voce *
l
in soprallinea, sopra Monsieur Taru depennato
m
in soprallinea si esamini meglio depennato
n
precede +, segue per favore
o
in soprallinea, in altro inchiostro, sopra Carlino Dolce depennato
p
sottolineato; in soprallinea B 102 depennato
q
tutta la riga in soprallinea in sostituzione di Carlo Rutard, Paese con pastore depennato;
davanti a Sacra, Riposo d depennato
r
sottolineato; in soprallinea B 110 depennato
s
tutta la riga in soprallinea in sostituzione di Civetta (si crede), Predicazione di san Giovanni
Battista depennato
t
con doppia sottolineatura e segno di richiamo a margine sinistro; sopra B 104 depennato
u
tutta la riga in soprallinea, in sostituzione di Salvator Rosa, Paese con figura (per favore)
depennato
v
con doppia sottolineatura; in soprallinea B 105 depennato
w
in soprallinea Bella copia depennato
x
in soprallinea in sostituzione di Teniers, Uomo e donna in una cucina depennato
y
da N.B. ad avverte depennato, mentre le righe successive della frase non recano segni di
cancellatura. L’osservazione si riferisce probabilmente alla descrizione del dipinto poi sostituita
nell’elenco
z
segue +
aa
seguono le due voci qui depennate e riportate ai nn. 244 e 245: 80 Paolo Caliari, Ritratto di
Agostino e 81 Giacomo Tintoretto, Ritratto di un guerriero
bb
aggiunto in soprallinea
aggiunto in soprallinea
cc
dd
V corretto su D
ee
aggiunto in altro inchiostro
ff
in soprallinea, sopra la voce depennata: 125 kavalier Angelo Bronzino, La Carità, quadro di
pochissimo merito. Il numero è sottolineato.
}
140 kavalier Andrea Celesti Presepio
sono quadri che
dovevano porsi
Moltipplicazione in un posto
141 detto inferiore della
del pane
Galleria
preceduto da *
gg
Arianna e Bacco
171 Pietro Paolo Rubens Si spieghino li dubî e si accennino
li discapiti di ritocco
172 Giovanni Fytii Animali
173 van Nieuland Predicazione di san Giovanni Battista
Arca di Noé
Non lo credo originale di Giacomo, ma
174 Giacomo Bassano pure può passare nel concetto comune
per opera sua. Forse è una buona copia
di Francesco
175 detto La scaturiggine delle acque
L’età dell’uomo
Benché quest’opera debba considerarsi
176 Tiziano originale di Tiziano, bisogna ricordarsi
che gl’intendenti lo chiameranno un
quadro impasticciato
177 Arrigoni Pepona, o sia la Carità romanajj
178 Domenico Fetis
kk
David con la testa del gigante
Susanna
179 Paolo Veronese Neppure questo è pezzo da galleria,
attesa la poca preservazione
hh
corretto da La. Segue stragg depennato
ii
t corretta su altra lettera
jj
aggiunto in soprallinea, in luogo della riga depennata: 177 Andrea Mantegna, San Giorgio
kk
in soprallinea, sopra Giovanni depennato
pp
La corretto da da, preceduto da Partenza depennato
qq
segue, depennato: dovrebbe porsi in ultima classe essendo una copia appena passabile
rr
sottolineato; in soprallinea: B 106
ss
in soprallinea sopra la voce depennata: Clipis, Diana e Ateone
tt
in soprallinea su Incerto depennato
uu
segue insetti depennato
vv
in soprallinea su van Bruggen depennato
238
239 } Michiel Ritter Marine, in tavola
ww
in monogramma
1
Per il significato della lettera A che contraddistingue tutti i numeri dell’inventario e delle
lettere B e C che saltuariamente compaiono nei riferimenti ad altri dipinti della collezione
non inclusi nell’elenco si rinvia a L. Borean, Il caso Manfrin, in Ead., Mason S. (a cura di),
Il collezionismo d’arte a Venezia. Il Settecento, Venezia, 2009, pp. 193-216: 196.
2
Il riferimento è al Collegio dei pittori di Venezia.
3
Nell’inventario parziale per autore della Galleria Manfrin stilato dallo stesso Edwards
– edito in Pavanello G. (a cura di), Gli inventari di Pietro Edwards nella Biblioteca del
Seminario Patriarcale di Venezia, Verona 2006, pp. 77-80 – che pare l’abbozzo di un’elabo-
razione tratta dall’inventario che qui si trascrive, il numero corrisponde ad un dipinto di
Pietro Edwards.
3.
1834, 23 marzo
Inventario e stima della Galleria Manfrin
ASVe, Conservatoria del registro e tasse, b. 1581, Eredità nuove estinte, fasc.
1443
R enumera gli aggravi sul patrimonio. Gli allegati S e T sono costituiti rispet-
tivamente dalla «fede» di morte di Pietro Manfrin di Girolamo e dalla «fede»
di nascita di Giulia Angela Giovanna Manfrin Plattis;
–– prospetto di liquidazione dei diritti di registro con i conteggi analitici del cal-
colo della tassa dovuta (1834, 8 aprile) per un importo complessivo di lire
austriache 61.038,27. Il saldo della somma da parte dell’erede fu corrisposto il
6 maggio 1834;
–– corrispondenza tra Giulia Angela Giovanna Manfrin Plattis, tramite i suoi
procuratori, e la Conservatoria del registro e tasse al fine di ottenere dal Ma-
gistrato camerale la proroga di un mese al termine di legge di sei mesi dall’a-
pertura della successione per produrre all’ufficio la denuncia della sostanza di
Pietro Manfrin e l’annullamento della multa di quasi 20.000 lire austriache
irrogata per il ritardo (1834, 3 marzo), ottenuta per l’accoglimento del ricorso
contro il provvedimento (1834, 20 aprile).
Della documentazione appena descritta si propone l’edizione del solo allegato
F, cioè dell’inventario di stima delle opere d’arte che componevano la Galleria
Manfrin, sottoscritto dai pittori Odorico Politi e Francesco Bianchini il 23 marzo
1834. Il prospetto, esteso su 11 carte non numerate, è strutturato in forma di
tabella ed è organizzato topograficamente seguendo l’ordine alfabetico delle let-
tere che denominavano le dieci sale in cui era esposta la collezione. Per ciascun
dipinto è riportato, in apposite finche, il numero d’ordine (che riprende da 1 per
ogni «camera»), il supporto, l’autore, il soggetto (con eventuali sintetiche preci-
sazioni del formato o di qualche aspetto caratteristico della composizione). Esso è
di mano del copista incaricato di predisporre materialmente tutti gli allegati a cor-
redo dell’istanza presentata da Giulia Angela Giovanna Manfrin Plattis e fu ve-
rosimilmente trascritto a buono sulla base di una minuta redatta dagli stimatori.
La copia da parte di persona priva di competenze specialistiche di pittura permette
di spiegare le frequenti storpiature di cognomi e nomi degli autori dei quadri, che
sembrano derivare da fraintendimenti di nomi, spesso stranieri, non conosciuti,
o forse anche da incomprensioni nella dettatura. Pertanto, per avvicinare il testo
alle intenzioni degli autori della perizia e per facilitare la comprensione del lettore,
si è proposta in nota, quando identificabile, la lezione del nome dell’artista quale
riportato nel Catalogo de’ quadri della Galleria Manfrin in Venezia, Venezia,
Tipografia Clementi, 1856.
Sono autografe le sottoscrizioni dei due periti apposte in calce alla stima.
c. [1]r Allegato F
Venezia, 23 marzo 1834
Inventario e stima delli qui descritti quadri esistenti nella Galleria del defunto
marchese Pietro Manfrin del fu Girolamo eseguita da noi sottoscritti per commissione
della nobile signora marchesa Giulia Giovanna Manfrin Plattis
Camera A Valore
austriache
lire
1 Tela Giacomo Pontorno Madonna, Bambino ed un angelo, 320,00
mezze figure
2 Tela Carlo Cignani Santa Maria Madallena, mezza 195,00
figura ovale
3 Tela Girolamo Forabosco Testa di puttino 39,00
4 Tela Fiammingo Ritratto 39,00
5 Tela Rosa Paesaggio con animali e figure 104,00
6 Tavola Giovanni Santi Cosimo, Benedetto e Tecla, 520,00
Buonconsigli mezze figure
7 Tela Dionisio Calvart Santa Maria Madallena, figura intiera 190,00
8 Tela Quadro sulla Presepio con gloria di angioli, figure 312,00
maniera d’Alberto intiere ed in gran numero e molta
Duro architettura
9 Tela Lucca Giordano Lugrezia romana in atto di ferirsi, 39,00
mezza figura
10 Tela Pompeo Battoni Venezia trionfante con il ritratto del 325,00
doge, composizione richissima
11 Tela Giorgio Barbarelli Mezza figura di donna con 2900,00
istrumento in mano
12 Tavola Giovanni Bellino Madonna, Bambino, san Pietro e 1450,00
santa Elena, mezze figure
13 Tela Morone Ritratto, mezza figura 325,00
14 Tela Lucca Giordano Porzia, mezza figura 39,00
15 Tela Carlo Cagliari La Vanità, figura intiera 455,00
16 Tela Carpioni Baccanale con moltissime figure 104,00
17 Tela Autore incerto Architettura ionica con macchietta 52,00
18 Tela Bartolomeo Litterini Madonna e Bambino sulle nuvole 12,00
19 Tavola Bonifacio Giuditta, composizione di molte figure 7,00
20 Tavola Voaman , copia
a
Paese con animali 19,00
a
per Wouwerman
b
per Brusasorzi
c
per Cardi
d
per Damini
e
il risultato della somma è in realtà 24.560
f
per Testa
g
per Testa
h
per Testa
i
per Fouquieres
j
per Carpioni
k
per Lanzano?
l
per Tam
m
per Molenaer
n
per Damiano
o
per Monsù? Tam
p
per Testa
q
per Steen?
r
per testa
s
per Franciabigio
t
per Pietro
u
per Cuyps
v
per Prospero
w
per Cagnacci
x
per Tinelli
y
per Lavinia
per augure?
z
per Fevre
aa
bb
per Vandech
cc
per van der Werf
dd
per Sesto
ee
per Tenier
ff
per Dow
gg
per Sesto
hh
per Holbein
ii
per Nassau
jj
per Callott
kk
per Berneveld
ll
per Brand
mm
per Manenos
nn
per van Ostade
oo
per Testa
pp
per Murillo
qq
per Nieulandt
rr
per Lionello
ss
per Vander
tt
per Vander
uu
per Joode
vv
per Girard
ww
per Joode
xx
per Ruysdael
yy
per Neefs
zz
per Ruysdael
aaa
per Concezione
bbb
per Nogari
ccc
per Gessi
ddd
per Vernet
eee
per Bencovich
fff
per Nogari
ggg
per la testa
hhh
per Poussin
iii
per Lanfranco
per Holbein
jjj
kkk
per mezza figura
per mezze figure
lll
mmm
per Costantini
nnn
per Mansueti
ooo
così
per Verbruggen
ppp
qqq
per detto
per Tito
rrr
per Giovanni
sss
per Bolchmann
ttt
4.
1851, 16 giugno. Venezia
Elenco e stima dei dipinti della Galleria Manfrin selezionati dagli incaricati
della National Gallery di Londra
Inventory and Valuation of Pictures made from the Manfrin Collection at Venice
Valuation made by Mr. Uwins & Mr. Woodburn of those pictures in the Manfrin Col-
lection which they considered worth acquiring for the National Gallerya
Stanza Segnata A
1 Gia. Pontormo, Madonna Bambino ed Angelo £ 200
2 Car. Cignani, St.a Maria Maddalena 50
3 Gio. Bonconsili, S.to Cosimo, Benedetto e Fede
b
150
7 D. Calvert, S.ta Maria Maddalena 100
8 A. Durer, Presepio con Gloria d’Angeli 200
per Tecla
b
Stanza Segnata B
11 Paris Bordone Ritratto di Donne 100
15 Bonvicino St. Gio. Batt.a 100
20 Pietro Dominici la SS.a Trinità e due Santi
d
50
21 Campagnola Filosofo con il motto “si io penso non dormo” 100
23 Gio. Steen Alchimiste e sua famiglia 200
24 Maniere Rembrant Paese Grottesco 50
26 Savoldi St. Antonio Abate e S. Paulo primo Eremito 150
27 Tiziano Turchitta 500
28 Giorgone Tre Mezzi figure 2500
33 Titiano Ritratto dell’Ari<o>sto 500
34 Ag. Caracci Ritratto d’un Antiquario 150
35 Gio. Savoldo Elia 150
c
per chitarra
d
per Damini
Stanza Segnata C
2 Honthorst Omicido 100
3 Bernardini di Milano Madonna Bambino e Santi 300
6 Honthorst Cristo in Emaus 100
11 Canaletti Veduta della Piazza di San Marco 50
16 Tintoretto Adorazione de Pastori 150
20 T. Tinilli Ritratto di Mari Antonio Viero 50
22 Canaletti Veduta dell Ospitale di SS. Gio. Paolo 50
26 M.A. Caravaggio Giocatori 200
30 Rocca Maconi L’Adultera presentata 300
35 Padovanino Paisi con Bambini 60
Stanza Segnata D
1 Bonafacio Sacra Famiglia e Santi 400
7 Del Sarto Sacra Famiglia e San Giovane 200
8 Perugino Cristo che lava i piedi agli Apostoli 100
9 P. Bordone Deposizione di Croce 350
15 Giorgone Astronomia 2500
18 Albano Presepio 100
21 F. B. di S. Marco St. Giov.i Evangelisti 100
22 Caravaggio Ecce Homo con due Manigoldi 150
28 L. Lotto Sacra Famiglia e Santi 200
31 P. Veronese Ritratto d’un Generale con friccia in mano 100
33 Tintoretto Ritratto d’un Generale 100
Stanza Segnata E
7 C. da Sesto Madonna e Bambino 100
12 Giorgone Donna con ramo in Mano 40
15 Slingslandt Baccanale 100
16 J. Romano Adorazione de Maggi 200
Stanza Segnata F
1 Pietro Perugino Madonna Bambino e due Angeli 200
2 Fra’ Bartolomeo Incoronazione della Madonna 100
11 Giorgone Donna con Chitarra 200
13 N. Bergham Paese 50
17 And. Schiavone Pordenone co’ cinque suoi Scolare 150
18 Palma Vecchio Donna 200
25 Isau Ostade Paese 250
27 Morone Ritratto di M. Angelo 400
33 Palma Vecchio Sacra Famiglia St. Giovanni ed altri Santi 500
41 C. Dolci St.a Maria Madalenna 500
44 Previtali Madonna Bambino e St. Giovannino 200
Stanza Segnata G
2 Bonafacio Parte della Favole de Cibele 250
7 Detto Detto 250
10 Cigoli Ludovico Re di Francia a mensa dei Poveri 200
11 Gio. Bellini Cristo in Emaus 300
Stanza Segnata H
1 Fra. Bissuola Annunciata 150
2 Marco Bosaiti Madonna e Bambino 50
3 Cimabue Madonna St. Gio. Batt.a e St. Benedetto 50
4 Carotti Sacra Famiglia 60
5 Donato St. Gerolama 50
6 Conegliano Madonna e Bambino 30
7 Mantegna Adorazione dei Magi 70
8 Detto St. Giorgio 50
10 Holbein Ritratto di Uomo con mani giunto 30
11 Fra. Carotto Storia 30
12 Detto Simile 30
13 Dom. Campagnola Battaglia 100
14 V. Carpaccio St. Orsola in atto di congedarsi del Padre 150
per Concezione
e
28 Callastinif Ritt(ratto) 50
39 G. Padovano Ingresso del Cavallo di Troja 100
Stanza Segnata I
13 Tintoretto St. Giorgio, Margarita e St. Agostino 50
20 Girolamo S.ta Croce Adoration de Magi 200
24 Bellini St. Girolamo 100
32 Guardi Veduta della Dogano di Venezia 30
34 Detto Veduta di S. Giorgio Maggiore 30
Stanza Segnata K
1 L. Caracci Fuga in Egitto 50
3 L. d’Olanda Ritratto 30
8 Gio. Savoldi Adoratione di Pastore 150
30 Titian Ritratto di Vecchia creduta sua madra 40
46 L. Carracci Ariana e Bacco 150
Having carefully examined the Pictures contained in this inventory as admirable in the
British National Gallery, one hundred and twenty Pictures amounting together at upon
(?) valuation to the Sum of Twenty two Thousand, Three Hundred and Forty Pounds
William Woodburn
Venice, 16 June 1851
al verso:
1851 July 14
Inventory and Valuation of a selection of 120 Pictures of the Manfrin Collection sub-
mitted to the Trustees at their meeting of this day.
f
per Costantini?
Tra parentesi quadre viene indicata la voce corrispondente nell’inventario del 1834.
Alnwick Castle
Bernardino Licinio, Ritratto d’artista con cinque allievi, inv. 03350 [camera F, n. 35;
fig. 34]
Palma il Vecchio, Donna con liuto, inv. 03355 [camera F, n. 30]
Tiziano, seguace di, Triplice ritratto, inv. 03356 [camera B, n. 32 o n. 28?]
Amsterdam, Christie’s
Jan Marienhof, Paesaggio fluviale (2002, sale n. 2546, lotto 130) [camera E, n. 47]
Amsterdam, Rijksmuseum
Rembrandt, Ritratto di Johannes Wtenbogaert, inv. SK-A-4885 [camera D, n. 23; fig. 27]
Londra, Christie’s
Giuseppe Caletti (attr.), Maddalena (24 aprile 1981, lotto 8) [camera C, n. 20]
Adrian van Ostade, seguace di, Ritratto femminile (29 ottobre 1997, lotto 224) [camera E, n. 51]
Domenico Theotokòpoulos detto El Greco, bottega, Espolio (6 luglio 2006, lotto 47)
[camera F, n. 58]
Joseph Vernet, cerchia di, Paesaggio (18 dicembre 1998, lotto 200) [camera F, n. 39]
Londra, Sotheby’s
Anonimo, Un filosofo nel suo studio (21 aprile 1993, lotto 230) [camera F, n. 60]
Anonimo, Meleagro e Atalanta (17 maggio 1989, lotto n. 40) [camera A, n. 39]
Anonimo, Ritratto femminile (10 novembre 1954, lotto 72)
Anonimo, Ritratto maschile (28 febbraio 1990, lotto 201)
Anonimo, Scena di guerra (30 giugno 1965, lotto 39)
Peter van Bredael, Scena campestre con bestiame (7 dicembre 1994, lotto 121)
Nicolò Giolfino, Incoronazione di Dario (7 luglio 2011, lotto 270) [camera H, n. 5 o 14
o 30 o 39?]
Nicolò Giolfino, Morte del mago Smerdis (7 luglio 2011, lotto 270) [camera H, n. 5 o
14 o 30 o 39?]
Marco Palmezzano, bottega di, San Girolamo (2009, lotto 143) [camera H, n. 3?]
Girolamo da Santacroce, Nozze di Alessandro e Rossana (6 dicembre 2007, lotto n. 232)
[camera J, n. 11]
Andrea del Sarto, bottega di, Sacra famiglia con san Giovannino, inv. 1906, X, 177 [ca-
mera D, n. 7]
Lionello Spada, Carnefice con la testa di san Giovanni Battista, inv. 1906, XII, 5 [camera
F, n. 72]
Tiziano, bottega di, Deposizione di Cristo, inv. 1906, XI, 116 [camera D, n. 1;]
Vienna, Dorotheum
Guercino, Rinaldo trattiene Armida (21 aprile 2010) [camera F, n. 44]
Ubicazione ignota
Bernardino Licinio, Sacra conversazione (già Lockinge House, Wantage, Berkshire, col-
lezione Christopher Loyd)
Bernardino Licinio, Sacra conversazione (già Canford Manor, Dorset, collezione Lord
Wimborne)
Palma il Giovane, ambito di, Venere, Cupido e il Tempo [camera J, n. 23]
Antonio Vivarini (attr.), Santo vescovo [camera H, n. 17?]
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L’indice è riferito al saggio introduttivo.
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