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Rivoluzione passiva,
fascismo,
americanismo in
Gramsci
1. Per Gramsci
9
Q., p. 1774.
10 Q ., p.
1775 . 11
Q., P.
1827.
12
Ti rifiuto della teoria della rivoluzione passiva come
programma netto
in Gramsci ed ha referenti preoisi.
13
Q., p. 1181S.
luzionario nei paesi sviluppati dall'affermarsi di una
soluzione capitali-
stica della crin— tutto oggetto un importante e
decisivo
saggio di Leonardo Paggi con cui concordo ed a cui
rinvio ". Rilevanti ai fini di una piú puntuale
specificazione della categoria di rivoluzione passiva
come definizione di un nuovo campo teorico mi
sembrano le osservazioni di Mario Teló sul
sup eramento che con essa si operava di « categorie
l
116
7
modificazione di questi giudizi: la sconfitta del
movimento rivoluzionario apre una fase di lunga durata
e caratterizzata da trasformazioni profonde, rispetto a
cui la « stabiliz-zazione » diversamente aggettivata
risultava del tuno inadeguata e mo-strava tuno il suo
limite di canone empirico.
14
Cfr. L. Paggi, La teoria generale del marxismo in
Gramsci, in Annali Feltrinelli 1973, a. XV, Milano, 1974; dello
stesso Paggi si veda la splendida intro-duzione a A.
Rosenberg, Origini della Repubblica di Weimar, Firenze,
1972.
15
Cfr. M. Teló, Note sul problema della democrazia
nella tradizione gram-sciana del leninismo, in Problemi
del socialismo, 1976, n. 3, p. 167.
16
Ibidem, p. 169. TI riferimento di Gramsci é in La costruzione
del Partito comunista (1923-1926), 'l'orino, 1971, p. 473.
17 Gr. ji testo di una relazione presentata da Gramsei al
Comitato direttivo del partito nell'agosto 1926, ora in La
costruzione del Partito comunista, cit., pp. 121 e 123.
Senza voler continuare ad approfondire questi aspetti
'della catego-ria gramsciana, nell'economia del discorso
che sto sviluppando a me preme sottolineare altro, e cioé
la funzione di cerniera che la categoria di rivoluzione
passiva assolve in Gramsci perlomeno rispetto ad altri
due aspetti importanti della sua riflessione: il molo e la
dimensione estremamente alivia che ha in Gramsci la
concezione politica e l'altra fondamentale categoria della
« guerra 1i posizione ».
Gli elementi essenziali della rivoluzione passiva
erano giá presentí nella elaborazione politica di
Gramsci prima dell'arresto, sin da guando cioé, come é
stato giustamente osservato ", il centro dell'analisi sí
sposta dal « perché siamo stati sconfitti » 19 all'analisi
delle forme di sviluppo del processo rivoluzionario in
una fase profondamente diversa da quella del biennio
postbellicp: intorno a questo spostamento di campo si
salda il processo di costruzione di un altro gruppo
dirigente, l'impostazione e soluzione del;apporto tra
collegamento internazionale e elaborazione di una
linea naiiónale, il problema della specificitá occi-
dentale e del modo in cui il processo aperto in Russía
puó generalizzar-
si. noto il molo determinante che, in un famoso testo del
1926,
Gramsci riconosce alla politica nel frenare e
stravolgere una contrad-dizione aperta sul terreno
economico 20 e questo é un tema — essenzia-le per la
comprensione della rivoluzione passiva — che ritorna
esplicita-mente nei Quaderni nella critica
all'economicismo largamente presente nella
interpretazione dell'attualitá della rivoluzione e della
crisi del capitalismo in termini catastrofici o nella
critica alla « teoria dell'intran-sigenza » nella sua
forma specifica di rifiuto dei compromessi 21, e so-
prattutto, in modo molto articolato, nelle note relative
ai rapporti
· 18
Cfr. l'importante contributo di C. Buoi-Glucksmann, Gramsci e
lo Stato, Roma, 1976, p. 17.
19
Un documento di questo orientamento puó ancora
rintracciarsi nella lettera del 1923 Che ¡are?, ora in A. Gramsci,
Per la venta, Roma, 1974, pp. 267 sgg.
168
2°
« ...nei paesi a capitalismo avanzato la dlasse dominante
possiede dele riserve politiche e organizzative che non
possedeva per esempio in Russía. Ció si gnifica che anche le
crisi economiche gravissime non hanno immediate tipercus-
sioni nel campo politico. La politica é sempre in 'Sardo e in
grande Sardo sul-l'economia. L'apparato statale é moho piú
resistente di quanta spesso non si pub credere e riesce ad
organizzare nei rnomenti di crisi forze fedeli al regime piú di
guante la profonditá della crisi potrebbe lasciar supporre »
(cfr. La co, struzione del Partito comunista, cit. pp. 121-122).
21
Q., p. 1612: «In tau i modi di pensare... non si capisce
come i fatti ideolo-gici di massa sono sempre in arretrato sui
fenomeni economici di musa e come pertanto in certi
momenti la &pinta automatica dovuta al fattore economico ral-
lentata, impastoiata o anche spezzatá momentaneamente da
elementi ideologici
tradizionali. ...Una iniziativa politica approptiata sempre
•necessaria per liberare
la :spinta economica dalle pastoie della politica tradizionale, per
mutare cial la direzione politica di certe forze che'é necessario
assorbire... ».
·diforza: « Si verifica una crisist,cheh talvolta si
prolunga per decine d'anni. Questa durata
eccezionale significa che nella strúttura si sono
•
rivelate (sono venute a maturitá) contraddizioni
insanabili e che le forze politiche operanti
positivamente alla conservazione e difesa della
struttura stessa si sforzano tuttavia di sanare entro
certi limiti e di superare. Questi sforzi incessanti e
perseveranti (poiché nessuna forma sociale vorrá mal
confessare di essere superata) forman() il terreno
dell'"occasionale" sul quale si organizzano le forze
antagonistiche che tendono a dimostrare... che
esistono giá le condizioni necessarie e suffi-cienti
perché determinad compiti possano e quindi debbano
essere risolti storicamente... » n. Sono osservazioni
molto importanti non solo perché ripropongono in
termini espliciti il collegamento rivoluzione passiva-
centralitá della politica, ma soprattutto perché
contribuiscorio a chiarire una questione non certo
secondaria. É indubbio infatti che la riflessione
gramsciana sul nesso politica-economia nasce
storicamente determinata (sconfitta del movimento
operaio in Occidente e approfon-dimento delle
particolaritá degli Siati capitalisticamente sviluppati ri-
spetto alla Russia zarista) ma tende ad affrancarsene
fino a giungere a fissare alcuni elementi di una scienza
della politica che ha nella teoria dello Stato ed in
quena dell'egemonia gli elementi portanti. Non é
compito di questa relazione sviluppare questi aspetti
della rifles-sione gramsciana, tuttavia per rendere piú
chiaro ancora il nesso stretto tra rivoluzione passiva-
primato della politica e la riproposizione che per tale
via Gramsci faceva del nodo crísi-rivoluzione in termini
accen-tuatamente antideterministici, basterá
richiamare un punto particolar-mente importante.
Nella Critica al Manuale di Bucharin, tra le questioni
generali che esso solleva Gramsci segnala la mancata
trattazione di un «punto fondamentale »: «come nasce
11 movimento storico sulla
base della struttura... Questo il punto cruciale di tinte le
quistiai
che sono nate intorno alla filosofía della praxis e senza
169
averlo risolto non si puó risolvere l'altro dei rapporti tra
la societá e la "natura" i>. Ancora una volta ripropone,
come punto di partenza per l'impostazione di questa
questione, i due temi centrali della Prefazione del '59 e
poi conclude: « Solo su questo terreno pub essere
eliminato ogni mec-canicismo e ogni traccia di
"miracolo" superstizioso, deve essere posto il problema
del formarsi dei gruppi politici attivi e, in ultima analisi,
anche il problema della funzione delle grandi
personalitá della sto-ria » ". Testo questo che va letto in
stretto rapporto con le osservazioni
22
Q., pp. 1579-1580.
23 Q., p. 1422.
gramsciane sulla interdipendenza e sul modo di
operare tra le condizioni oggettive e quelle soggettive,
sviluppate come approfonclitnento della categoria
della rivoluzione passiva: l'esistenza delle prime rende
possi-bili le seconde, ma il loro pieno svilupparsi (il «
movimento storico sulla base della struttura ») é tutto
consegnato all'organizzazione consa-pevole, politica,
delle forze sociali in contrasto 24 L'iniziativa politica
costituisce cosí ii « momento catartíco » e la
condizione stessa dello sviluppo 25.
avuta
politicarnente dal marzo 1917 al marzo 1921 ed é seguita una
guerra di posizione II cui rappresentante, oltre che pratico [per
l'Italia], ideologico, per l'Europa, é ji. fascismo».
28
Q., p. 860. La rivoluzione d'Ottobre come ultimo esempio della
guerra di movimento.
29
Ibidenz.
per la guerra di posizione un demento essenziale di
definizione della rivoluzione passiva —; o,
ancoá iiil t;recisamente, il rapporto da stabi-lirsi tra
A i
37
Q., p, 1824.
174
'tqt"'".• •••
38
t un tema che ritorna
frequentemente nei Quaderni. In una
nota del 1930, rubricata Passato e
presente, Gramsci e/allega quella che
veniva chiainata « ondata di
materialismo» con la « crisi di
autoritá ». «Se la classe dominante
ha perduto fi consenso, cioé non 1
•piú «dirigente", ma unicamente
"dominanté", detentrice della pura
forza coercitiva, ció appunto significa
che le grandi masse si sano staccate
dalle ideologie tradizionali, non
credono piú a ció in cui prima
credevano, ecc. La crisi consiste
appunto nel fatto che il vecchio
muore e il nuovo non puó nascere: in
questa interregno si verificano i
fenameni morbosi piú svariati ». (Q.,
p. 311). Analoghe le osservazioni a
proposito della forza e del consenso
(Q., pp. 912-913).
39
L'apparato egemonico delle
classi dominanti si é disgregato « 1)
perché grandi masse,
precedentemente passive, sano
entrare in tnovimento, ma in un
movimento caotico e disordinato,
senza direzione, cio senza precisa
volontá po-litica collertiva; 2) perché
classi medie che nella guerra
avevano avuto funzioni di comando e
di re.sponsabilitá, ne sono state
privare con la pace, restando di-
soccupate, proprio dopo ayer Sto un
apprendissaggio di comando, ecc.; 3)
perché le forze antagonistiche sono
risultate incapaci a organizzare a
loro profitto questo dásordine di Sto
» (Q., p. 912). La citazione riportata
nal testo é .wrte di queste stesse
note ed é ibidem, p. 913.
forme politiche non apertamente autoritarie«), ma
Gramsci non tra-scura di osservare che la crisi dei
partiti francesi, « documenti storico-
politici diverse •fasi della storia passata francese », «
puó diventare
ancora piú catastrofica di quella dei partid tedeschi » ".
Ma il nesso crisi organica-sviluppo dell'organizzazione o
uscita dalla passivitá di grana masse ha anche un'altra
ímplicazione importante: riproporre ed individuare il
modo in cui continua ad operare fi significato univer-
sale della rivoluzione russa, ji suo essere momento di
modifica della struttura del mondo anche guando
l'intera fase dello scontro diretto con il dominio
borghese sembrava essersí chiusa, la differenziazione
nello sviluppo del processo rivoluzionario andava
accentuandosi, l'espe-rienza sovietica veniva sempre
piú isolata dal cordone politico degli Stati capitalistici e
da quello ideologico delle socialdemocrazie. L'Unio-ne
Sovietica ciol come fattore di organizzazione mondiale
delle masse, scomposte e disperse, ma tendenti
all'unitá: sono i temi dell'intervento del '26 sulle
questioni russe. L'individuazione nena possibilitá per il
proletariato ditcostruire fi socialismo dell'elemento che,
dopo 11 '17 5' 4
(conquista del potere), permette di continuare ad
Assegnare all'e'spe-rienza russa fi ruolo attivo di
organizzazione mondiale si combina stret-tamente con
la critica all'opposizione su di un punto essenziale: ji
modo e le forme con cui il proletariato realizzava il
suo ruolo di classe dirigente. Punto essenziale questo
non solo per l'unitá degli elementi .sociali su cui era
costruito lo Stato sovietico ma soprattutto perché
intorno tad esso poteva cogliersi l'identitá dei cornpiti
politici e dei problemi di fronte a cui era la classe
operaia — ad Est come ad Ovest: « Nella ideologia e
nella pratica del blocco delle opposizioni rinasce in
pleno tutta la tradizione della socialdemocrazia e del
sinda-calismo che ha impedito finora al proletariato
occidentale di organiz-zarsi in classe dirigente »". In
questo contesto l'ammonimento di Gramsci a non «
dimenticare che i vostri doveri di militanti russi
possono e debbono essere adempiuti solo nel quadro
176
degli interessi internazionali » acquista un significato
preciso: il venir meno della fiducia nella possibilitá di
costruzione del socialismo &venta parte integrante
della ricostruzione dell'apparato egemonico delle
classi dominanti sulle masse messe in movimento
dalla guerra e clall'esempio russo ".
Con l'elaborazione della categoria della rivoluzione
passiva — nel
40 Q . pp. 1635 sgg.
41 Q., pp. 1604-1605.
42
La costruzione del Partito comunista, cit., p. 130.
43
•G,iá nena relazione al Comitato centrale del febbraio
del 1925 Gramsci aveva posto la questione nei termini che poi
svilupperá nella lettera al partito russo: « L'atteggiamento di
Bordiga, come fu quello di Trotskij, ha delle riper -
· Ji
senso ampio in precedenza indicato, ricioé mutamento di
giudízio sulla fase " — il nodo centrale dell'ile"rvénio
gramsciano sulle questioni russe (Unione Sovietica,
proces:si mondiali, organizzazione !delle masse) viene
riproposto in una prospettiva ben piú ampia, e
penetrante. Non é in discussione la scelta del
socialismo in un solo paese: la critica insistente che
corre lungo tutti i Quaderni nei confronti di Trotskij
teorico dell'offensiva in una fase di guerra di posizione
non pub lasciare clübbi su questo punto: quella scelta é
la forma specifica che assume lo Sviluppo della guerra
di posizione su scala internazionale. Proprio perché la
riflessione gramsciana si muove all'intemo di questo
quadro di riferímento, le note critiche investono un
punto essenziale: la possibi-lita cioé che la rivoluzione
passiva come fase storica mondiale all'in-terno• della
quale avviene e procede la costruzione dello Stato
socialista, e caratterizzata dall'« assenza di elementi
attivi in modo dominante », condizioni i modi stessi
della costruzione del socialismo. Il complesso delle
note sul manuale di Bucharin, se colgono la
contraddizione tra l'impoverimento e la tendenziale
riduzione scolastica della teoria e la costituzione della
classe operaia in classe dirigente, processo che
richiede un'espansione ed arricchimento della teoria
senza precedenti ", vanno ad investire la dimensione
economico-corporativa entro cui tende a esprimersi la
costruzione dello Stato socialista. Se é yero, come
scrive Gramsci in una nota famosa, « che nessun tipo di
Stato •non pub non attraversare una fase di
primitivismo economico-corporativa », per cui «il
contenuto dell'egemonia politica del nuovo gruppo
sociale che
cussioni disastrose: guando un compagno che ha II valore di
Bardiga si apparta, nasce negli ope-rai una sfiducia sul
partito, e quindi si produce del disfattismo. Cosí come in
Russia, guando Trotskij assunse quel suo atteggiemento,
morid ope-rai pensaron° che nella Russia tuno fosse in
pericolo » (La costruzione del Partito comunista, cit., p. 474).
44
Su questo punto essenziale dissento dalle valutazioni
espresse da Mario Teló sulla differenziazáone Gramsci-
Togliatti nel 1926 (Note sed problema della democrazia, cit.,
pp. 163 sgg.) e non ritengo di dover modificare i giudizi
avanzan su questa questione nel mio sctitto su Togliatti e i
pro blemi del movimento comunista internazionale (Annali
177
Feltrinelli 1973, Cit.).
45
É necessario, scrive Gramsci, « determinare una ripresa
adeguata della filosofia della praxis, di sollevare questa
concezione che si é venuta, per la neces-sita della vita pratica
immediata, "volgarizzando", all'altezza che deve raggiungere
per la soluzione dei compiti piú cornplessi che lo svolgimento
attuale della lotta propone, cioé alla creazione di una nuova
cultura integrale, che abbia i caratteri di massa della Riforma
protestante e dell'illwninismo francest e abbia i caratteri
di classicitá della cultura greca e del Rinascimento (Q.' p. 1233).
Ancora piú Hm-pide e nene le osservazioni gramsciane
sull'importanza di ripensare Labriola: « dal momento che esiste
un num° tipo di Stato, nasce... li problema' di una nuova civiltá e
quindi la necessitá di elaborare le concezioni piú generali, le armi
piú raffinate e decisive. Ecco che Labriola deve espere rimesso in
ciroola-zione e la sin impostazione del problema filosofico deve
essere fatta predominare» (Q., p. 309).
ha fondato il nuovo tipo di Stato deve essere
prevalentemente di ordi-ne economico » 46, pure questo
difetto di egemonia non pub non incidere
negativamente sullo sviluppo della guerra di posizione
e sulla « reci: procitá dell'assedio ».
46
Q., p. 1053.
47
Q., p. 2139.
· .5--1•9tvlig+ii;ir
48 a , p . 1089.
49
Q., p. 1228.
hanno quindi un duplice ruolo: di collaudo e verifica di
categorie generali elaborate per la comprensione del
presente (la rivoluzione passiva e la molteplicitá dei
suoi significati) e di individuazione delle particolaritá
nazionali. Ma questo non basta: v'é ancora un altro
aspetto, non meno rilevante, relativo al modo di
analizare i fenomeni storici che va richiamato, e le note
sul Risorgimento sono significative a questo proposito.
Lo stretto collegamento che Grarnsci tiene fermo tra fi
processo di formazione dello Stato borghese in Italia e
fi grande modelo francese non é poste certo per
commisurare e valutare in rapport° a questo la
soluzione borghese realizzatasi in Italia, ma come
verifica della categoria della rivoluzione passiva: non
serve solo a ribadi-re, centro gli orientamenti autoctoni
presenti nella storiografia italiana, l'inseparabilitá del
movimento rísorgimentale dall'ascesa internazio-nale
della borghesia, ma soprattutto a sottolineare con
grande forza la impossibilitá di analízzare fenomeni
.specifici e particolari se non nel quadro di tendenze
internazionali: basta solo richiamare, a titolo
eseinplificativo, le osservazioni gramsciane sul
passaggio della lotta po-litica da guerra di movimento a
guerra di posízione, avvenuta dopo il 1848, e
l'incomprensione di ció da parte delle forze
democratiches°.
La inscindibilitá del nesso particolaritá nazionali-
processi interna-zionali é un orientamento costante
della riflessione gramsciana ed ha nel l Quíderni una
formulazione preds4, proprio nel quadro della rifles-
sione sull'esperienza della Restaurazione é del
rapporto Francia-Europa nella formazione degli Stati
moderni: « Quistione piú vasta: se é possi-bile pensare
la storia come "storia nazionale" in qualunque
momento dello svolgímento storico, — se il modo di
scrivere la storia (e di pensare) norr sia sempre stato
"convenzionale". Ii concetto hegeliano dello "spirito del
mondo" che si impersona in questo o quel paese 1 un
modo "metaforico" o immaginoso di attirare
l'attenzione su que-sto problema metodologico, alla cui
compiuta spiegazione si oppongono limitazioni di
180
origine diversa: la "boria" delle nazioni, cioé limita-
zioni cli carattere politico-pratico nazionale (che non
sono sempre dete-riore limitazioni intellettuali (non
comprensione del problema storico nella suda totalitá)
e intellettuali-pratiche » ". Le osservazioni gram-sciane
sulla traducibilitá dei linguaggi, a cominciare
dall'esempio das-sico del rapport° tra giacobini
francesi e idealismo tedesco, hanno al centro lo stesso
problema ", e troyano la loro genesi nel dibattito
50
Q., pp. 1768-1769.
51
Q, p. 1359. Si vedan° anche le osservazioni in Q., p. 53.
Cfr. l'intervento di Leonardo Paggi al convegno di studi
52
gramsciani te-
· ampio e « decisivo » sulla universalitá della
rivoluzione d'Ottobre e sul ,suo modo di operare in
conteStiiiidiversi, sulla costituzione di un centro
internazionale e sulla su a effettiva capacitá di
articolarsi e quindi operare permanentemente: come
interviene nella definizione di una linea •nazionale
l'appropriazione dei processi internazionali e quindi
come l'internazionalismo si combina con la capacitá di
dominio di una realtá nazionale ". Su questa base
GramIci individua la differenza profonda tra Lenin e
Trotskij 54, e, in termini ancora piú chiari, il dissídio
tra Trotskij e Stalin: i« Il punto che mi pare sia da
svolgere é questo: come secondo la filosofía della
prassi... la situazione inter-nazionale debba essere
considerata nel suo aspetto nazionale. Realmente ji
rapporto "nazionale" Iil risultato di una combinazione
"originále" unica (in un certo senso) che in questa
originalitá e unicitá deve, essere compresa e concepita
se si vuole dominarla e dirigerla. Ceno lo sviluppo é
verso l'internazionalismo, ma A punto di partenza é
"nazionale" ed é da questo punto di partenza che
occorre prendere le mosse. Ma la prospettiva é
internazionale e non pub che essere tale. °peone
pertanto studiare esattamente la combinazione di
forze nazionali che la classe internazionale dovrá
dirigere e sviluppare secondo la prospettiva e le
direttive internazionali » 55.
La definizione del fascismo come « forma » e «
rappresentante » della rivoluzione passiva ha quindi,
nel contesto di questo impianto analítico generale un
significato preciso: la comprensione della specifici-tá
del fascismo (« soluzione » italiana alla crisi del
dopoguerra), della sua dinamica interna, della
trasformazione degli strumenti politici ed istituzionali
di direzione e di dominio, non pub essere separata
dalla appropriazione di un processo internazionale.
Tale intreccio era giá
56
Cfr. La costruzione del Partito comunista, cit., p. 77.
57
Ibidem, pp. 1214'24.
‘,,182'
,
di due fenomeni, cioé la dissoluzione dello Stato liberale
e l'emergenza di nuove forme di aggregazione
Pdatlifiazione politica, che non pote-vano essere
ricondotte puramente e semplicemente a fenomeni di
reazio-ne capitalistica, ma di cui veniva colta la
dimensione sociale e di massa.
Tale contributo analitico, strettamente connesso
all'ottica particolare con cui Gramsci e il gruppo
dell'Ordine nuovo avevano interpretato il biennio rosso
— cioé il valore dirompente dello sviluppo dell'orga-
nizzazione delle masse lavoratrici —, porta Gramsoi ad
avere chiara, piú di tutti gli osservatori
conternporanei, la consapevolezza della irre-versibilitá
della crisi degli strumenti liberan di organizzazione
politica. Il fascismo é visto da Gramsci come un aspetto
ed un elemento della dissoluzione dello Stato liberale,
in quanto parte dello svolgimento della societá civile ed
espressione della insubordinazione della piccola
borghesia, ed al tempo stesso come strumento per
ricostituire su nuove basi la dominazione degli agrari e
degli industriali messa in discussione dalla offensiva
operaia. La consapevolezza lucida di questa
irreversibilitá della crisi aperta con la prima guerra
montdiale, riconducibile in definitiva ad una
modificazione del rapporto tra le masse e la politica,
caratterizza tutta l'elaborazione politica gramsciana
nel periodo 192426: cioé l'impossibilitá di una
iniziativa antifascista o di una soluzione democratica
duratura in termini di restaurazione della legalitá; una
soluzione ciol che non rimettesse al centro come
soggetto político decisivo la classe operaia: la durezza
critica contro le opposizioni aven-tiniane aveva qui la
propria radice.
Se mi sembrano dati acquisiti, nell'analisi
gramsciana, la irreversi-bilitá della crisi dello Stato
liberale e l'individuazione nena soluzione fascista di
una forma di organizzazione e direzione della
borghesia nueva rispetto alla storia precedente 58, il
problema é vedere iti quale misura questi elementi
contribuiscono a caratterizzare il fascismo come
rivoluzione passiva. Il primo nodo che si pone, ahora,
quello reláti-yo alla interpretazione del fascismo come
bonapartismo ed in quale misura tale interpretazione
sia identificabile o •risolvibile in quella di rivoluzione
passiva. Che Gramsci tenda ad applicare, nell'analisi
della esperienza italiana, le categorie marxiane del 18
brurnaio mi sembra
58
Si veda la tesi 15 approvata a Lione: « Nella sostanza il
fascismo modifica
programma di conservazione e di reazione che ha sempre
dominato la politica italiana soltanto per un diverso modo di
concepire il processo di unificazione dalle forze reazionarie.
Alla tattica degli accordi e dei compromessi esso sosti-tuisce
proposito di realizzare una unita organica di tutte le forze della
borghesia in un solo organismo politico sotto u controlo di una
unica contrate che dovrebbe dirigere insieme u partito, II
governo e lo Stato » (La costruzione del Partito comunista,
cit., p. 495).
183
difficilmente contestabile: ji rapporto del 1926 al
Direttivo, in prece-denza richiamato, esprime con
chiatezza questa forma di approccio, che viene
esplicitamente dichiarata in un articolo del settembre
dello stesso armo: « In Italia c'era un equilibrio
instabile tra le forze sociali in lotta. Ji proletariato era
troppo forte nel 1919-20 per assogget-tarsi piú oltre
passivamente all'oppressione capitalistica. Ma le sue
forze organizzate erano incerte, titubanti, deboli
interionriente, perché il partito socialista non era che
un amalgama di almeno tre partiti... Da questa
posizione di equilibrio instabile é nata la forza del
fascismol italiano, che éi é organizzato ed ha preso ii
potere con rnetodi e sistemi che, se avevano una loro
peculiaritá italiana ed erano legati a tutta la tradizione
italiana e alla immediata situazione del nos tro paese,
pur tuttavia avevano e hanno una certa rassomiglianza
coi metodi e i sistemi descritti da Carlo Marx nel 18
brumaio di Luigi Bonaparte, cioé con la tattica
generale della borghesia in pericolo, in tutti i paesi »
69
.
184
organizzazione Politica ben al di lá del nesso grande
personalitá-soluzione arbitrale, é relativo alla novitá
del cesarismo moderno: « Nel mondo moderno,
l'equilibrio a prospettive catastrofiche non si verifica
tra forze che in ultima analisi potrebbero fondersi e
unificarsi, sía pure dopo un processo faticoso e
sanguinoso, ma tra forze il cui contrasto é insanabile
storicamente e anzi si approfondisce specialmente con
l'avvento di forme cesaree » 61. Nel contesto di questo
scontro di fondo tra borghesia e proletariato, gli stessi
caratteri del cesarismo tendono a modificarsi:
Ibidem, p. 343.
60 Q., p. 1619.
61 Q p 1622 .
., .
• I
'
Itgt
186
·disarmo generale e prospettando il pericolo di una
guerra civile tra i propri armad e l'esercito di leva se
la classe alta mostra troppe velleitá di resistenza. » 66
" Q„ p. 1606.
65 « E da notare come questo carattere "militare" del gruppo
sociale in qui-stione, che era tradizionalmente un riflesso
spontaneo di certe condizioni di esi-stenza, viene ora
consapevolmente educato e predisposto organicamente... Si
pub dire che si verifica un movimento del tipo "cosacco", non in
formazioni scaglio-nate lungo i confini di nazionalita, come
avveniva per i cosacchi zaristi, rna lungo i "confini" di gruppo
sociale » (Q., pp. 1607-1608).
66 Q., pp . 1609-1610. Una forma specifica di cesarismo 1
-
187
classe della borghesia italiana, al suo orientamento ferocemente antipo-
polare, alla sua concezione appunto delle masse come « bestiame ». Se
questo collegarnento signilicava ceno evidenziare la natura borghese e
di classe del fascismo contro le interpretazioni piccolo-borghesi (esem-
pi: la « conquista dello Stato » come trastullo per i balilla, assurdo
parlare di rivoluzione, ecc.) pure l'accento é messo essenzialmente sulle
contraddizioni provocate dalla politica fascista tra i suoi stessi orga-
nizzati, all'interno della borghesia e con le masse popolari nel loro
complesso. Basterá ricordare, a conferma di questa tendenza il rapporto
tenuto da Gramsci al CC nell'agosto del 1924 70 , la valutazione della
politica fascista nelle Tesi di Lionen, infine, come testo piú noto, Alcuni
temi della questione meridionale. Tutti questa orientamenti tro-vavano
la propria saldatura nella convinzione che il fascismo non pote-va essere
una risposta alla crisi della borghesia: l'unica risposta possibile
era quella operala.
41.
Ció comportava un mancato'approfondimento dele implicazioni
connesse agli strumenti riubvi di rdirezione e organizzazione politica
sorti con il fascismo e quindi una costante tendenza alla sopravvaluta-
zione delle rotture interne 'al fascismo, cioé, come é detto tela tesí .18
bis, dello « squilibrio tra 11 rapport° reale dele forze sociali e fi
rapport° dele forze organizzate, per cui ad un apparente ritorrio alla
normalitá e alla stabilitá corrisPende una acutizzazione di contrasti
pronti a prorompere ad ogni :istante per nuove vie ». La relazione
svolta da Grarn:sci al Direttivó del pa`rtito nell'agosto del 1926 é tuna
tesa a cogliere l'awumularsi degli elementi delle crisi e la sua non
superabilitá da parte fascista. L'analisi é volta a cogliere la possibilitá
di riprodursi di una nuova situazione del tipo di quena verificatasi dopo
fi delittó Matteotti, ma moho piú ampia e profonda, a cui occorre-va
prepararsi. « II nostro partito deve porsi il problema generale dele
prospettive della politica nazionale. Gli elernenti possono essere cosí
stabiliti: se pur é ver° che políticamente il fascismo puó avere come
successore una dittatura del proletariato — poiché nessun partito o
coalizione intermedia é in grado di dare sic pure una minima soddisfa -
zione ale esigenze economiche dele classi lavoratrici che irrompereb -
bero violentemente nella scena politica al momento della ranura dei
rapPorti esistenti — non 1 peró ceno e neanche probabile che il passag -
gio dal fascismo ella dittatura del proletariato sia immediato. » 72 Po -
71
Cfr. le tesi 15-18bis (La costruzione del Partito comunista, cit., pp. 495-498). 28
sgg.
7
° Cfr. La crisi italiana, in La costruzione del Partito comunista, cit., pp.
72
Ibidem; p. 119. Su questa base Gramsci fissava i compiti del partito ten -
188
. :0:171
MP
chi mesi dopo, come é noto ' verranno varate le leggi
eccezionali e quasi l'intero gruppo dirigente del partito
verrá arrestato. II problema allora é proprio qui:
l'analisi degli spostamenti sociali profondi, — quel-la
che Gramsci chiamava la radicalizzazione a sinistra
delle masse picco-lo-borghesi, — rindividuazione degli
elementi esplosivi e delle linee• di rottura, portava a
non valutare pienamente il modo di operare, in
relazione a situazioni simili, degli strurnenti di
direzione politica introdotti dal fascismo, appunto di
quello squilibrio prima ricordato tra le forze sociali e
quelle organizzate.
Tra ii giudizio consegnato in questi scritti e quello
presente nei
Quaderni ji mutamento é relativo alla possibilitá, sottolineata
con forza
da Gramsci, di sviluppo e sistemazione organizzativa di una
formazione
sociale, per quanto marginale ed incapace di « fare
epoca » sia questa possibilitá. Tale differenza trova fi suo
anello di passaggio nell'operare di quei due criteri di
scienza politica formulati da Marx nella Prefa•
-
zione del '59 — e che costituiscono ii fondamento
teorico della rivo-luzione passiva —, e nella
registrazione del dato storico del passaggio del
fascismo da un sistema reazionario ad uno totalitario.
La crisi degli anni venti, in quanto crisi generale e
organica, imponeva alla borghesia una risposta
generale, non rivolta al passato ma originale e
creativa: se la sconfitta operaia e della sua proposta
di organizzazio-ne della societá e della produzione
era una condizione preliminare, pure essa non
costituiva una garanzia di per sé sufficiente per dare
validitá ad una risposta di destra, capace di inglobare
gli elementi oggettivi della crisi. Tale risposta non
poteva essere che un processo, dove si intrecciavano
economia e politica, societá e Stato.
189
é completamente mutata dopo il '48, dopo l'espansione
del parlamentarismo, del regime associativo sindacale e
di partito, del formarsi di vaste burocrazie statali e
"private" (politico-private, di partito e sindacali) e le
trasformazioni avvenute nell'organizzazione della
polizia in senso largo, cioé non solo del servizio statale
destinato alla repres-sione della delinquenza, ma
dell'insieme delle forze organizzate dallo Stato e dai
privad per tutelare il dominio político ed econornico
della classi dirigenti. »" In rapporto alla estrema
articolazione dello Stato moderno, la meccanica della
soluzione cesarista si complica in quanto implica il
coinvolgimento di ampi strati sociali, di una
riclassificazione dei loro rapporti, di una «
esplicitazione » dei rapporti tra apparati dello Stato e
ceti sociali in cui affondano la loro radice
assolutamente sconosciuta nel passato (vanno in questa
direzione le osservazioni sul molo militare indiretto
della burocrazia in precedenza richiamato). II punto piú
significativo di questo collegamento tra cesarismo e
tra-sformazione dello Stato é ilindividuazione del
partito come canale fon-datnentale di questa
riorganizzazione del blocco dominante e strumento
della guerra di posizione.
La socializzazione della produzione e la
standardizzazione del mo-
do di pensare e di operare di grandi masse umane rende
sempre piú debole e « oceasionale » la soluzione
earismatica come strumento di organizzazione. La critica
di Gramsei alla casistica proposta dal Michels e piú
specificamente al molo carismatico di Mussolini é netta e
precisa, sia per la sottolineatura di alcuni dati storici (il
ruolo di Mussolini
come « capo »legato alla proibizione di altre organizzazioni
politi
che) sia soprattutto per il fatto che « il cosiddetto
"charisma"..., ne mondo moderno coincide sempre
con una fase primitiva dei partid
di massa »74. Ma di piú: l'analisi dei caratteri e del ruolo
di questo
strumento é strettamente connesso alle questioni poste
190
dalla crisi orga-nica e dalla divaricazione tra le masse e
gli apparati di egernonia entro
cuí in precedenza tendevano a riconoscersi; •« la base
storica dello
Stato si é spostata. Si ha una forma estrema di societá
politica: o per lottare contra il nuovo e conservare il
traballante rinsaldandolo
73
Q., p. 1620.
74
Q., p. 233. « ... tanto piú avviene questo fenomeno —
continua Gramsci — quanto piú fi partito nasce e si forma non
sulla base di una concezione del mondo unitaria e ricca di
sviluppi perché espressione di una classe storicamente
essenziale e progressiva, ma sulla base di ideologie incoerenti e
arruffate, che si nutrono di sentimenti ed emozioni che non
hanno raggiunto ancora il punto terminale di dissolvirnento,
perché le dassi [o la classe] di cui é espressione, quantunque in
dis, soluzione, storicamente, hanno ancora una cena base e si
attaccano alle glorie del passato per farsene seudo contro
l'avvenire ».
coercitivamente, o come espressionerdel,nuovo per
spezzare le resistenze
che incontra nello svilupparsi, ecc. »". É
l'individuazione di una situa•
-
zione totalitaria, caratterizzata da una ristrutturazione
profonda della organizzazione della societá nazionale: «
Una politica totalitaria tende appunto: 1. a ottenere che i
membri di un determinato partito trovino in questo solo
partito tutte le soddisfazioni che prima trovavano in una
rnolteplicitá di organizzazioni, cioé a rompere tutti i ffii
che legano questi membri a organismi culturali estranei;
2. a distruggere tutte le altre organizzazioni e a
incorporarle in un sistema di cui ji partito sia fi solo
regolatore » 76.
Con l'introduzione della categoría del totalitarismo
si va ben oltre, nell'analisi dei fenomeni storici
contemporanei (fascismo ma anche esperienza
sovietica), il quadro ricavabile dallo schema del
cesarismo, soprattutto nella sottolineatura
dell'ampiezza e della profonditá nel coinvolgimento
delle rnasse che lo sviluppo di questa forma di organiz-
zazione politica comporta. Le osservazioni gramsciane
sulla funzione di polizia del partito 77 — che
costituiscono una specificazione del giudi-zio sul rucio
statale assolto dal partito nella societá civile — sono
una esplicitazione molto chiara di questa dimensione di
massa. 11 carat-tere di massa dei partid moderni, e il
loro ramificarsi nella societá civile e conseguentemente
la diffusione di una rete capillare in diversi strati della
societá di « agenti volontari dell'autoritá » " rende
possi-bile un controllo assolutamente sconosciuto nei
periodi precedenti. Se l'individuazione di questo nolo
del partito non é separabile dalla tra-sformazione ed
articolazione della societá civile nell'etá dell'imperia-
lismo, ed & quindi un fenomeno comune a tutti i paesí,
pure la tendenza a soluzioni totáitarie é strettamente
connessa all'ampiezza e profonditá fr del fenomeno
dell'uscita dalla passivitá di grandi masse e quindi dalla
crisi degli strumenti di direzione politica. Ma direi che
l'elemento piú significativo connesso all'analisi del
fenomeno totalitario é lo sposta-
191
mento di campo che ad essa I connesso: dai processi di
riorganizzazio-ne del blocco sociale dominante (che,
come ho cercato di dimostrare, é fi punto centrale del
cesarismo moderno) alle forme del dominio sul
complesso della societá, cioé ála ridefinizione dei
rapporti tra socie-tá civile e societá política. Come é
stato giustamente affermato, anche
75
Note sul Machiavelli, sulla politica e sullo Stato
moderno, Torino, 1953, p.• 161.
Q., p. 800.
76
Q., p. 1691.
77
79
Cfr., fra gli altri, lo studio di A. Lyttelton, La
conquista del potere. Il fascismo dal 1919 al 1929, Bari,
1974, p. 242.
80 Q., p. 233.
81 Q., p. 1940.
82 Q., p. 922. Ancora piú chiaramente v. pp. 1601-1602: «
Col partito totalitario queste formule [ del re o del presidente
della repubblica che " regna ma non governa " ] perdono di
significato e sono quindi dimínuite le istituzioni che
funzionavano nel senso di tali formule; ma la funzione stessa é
incorporata nel partito, che esalter il concetto astratto di "
Stato " e cercherá con van i modi di dare l'impressione che la
funzione di "forza imparziale "é attiva ed efficace ».
qual é la attribuzione di funzioni Cáfuillkostituzionali
ad un organismo privato (cioé la costituzionalizzazione
del Gran Consiglio), ed era diven-tata operativa quena
riforma della rappresentanza politica che assegnava a
questo organismo •un molo di mediazione essenziale
nella compila-zione della lista unica ". Se nelranalisi
della forma di organizzazione totalitaria sostituita a
quena liberale (scomparsa dei partid e quindi
(svuotamento del Parlamento) Gramsci ribadisce con
forza la debolezza della soluzione burocratiea che non
elimina i contrasti sociali e politici, che tendono a
ripresentarsi in forme diverse da quelle garantite dai
tneccanismi dello Stato liberale", pure a me pare che fi
complesso di queste note acquisti tutta la sua rilevanza
!guando venga collegato strettamente al modo di
funzionare della categoria della rivoluzione( passiva,
come critica dell'economicismo. .11 discorso di
(Gramsci infatti si sviluppa attorno a due questioni che
hanno nell'individuazione del rapport° tra forma
politica e realtá economica la loro radice comune.
Contro l'ideología della « terza via », di matrice
piccolo-borghese e fatta proprio con forza dal fascismo,
Gramsei ribadisce che « non si pub abolire una "pura"
forma, come é il parlamentarismo; senza aboli-re
radicalmente il suo contenuto, l'individualismo, e
questo nel suo preciso significato di "appropriazione
individuale" del profitto e di iniziativa economica per il
profítto capitalistico individuale » ". Al tem-po stesso
perb rifiuta di considerare la soluzione burocratica
realizzata dal regime totalitario in termini di pura
coercizione, per cui una volta eliminata questa sarebbe
possibile un ritorno al passato: « Teoricamente
l'importante é di mostrare che tra fi vecchio
assolutismo rovesoiato dai regimi costituzionali e il
nuovo assolutismo c'é differenza essenzia-le, per cui
non si pub parlare di regresso; non solo, ma di
dimostrare che tale "parlamentarismo nero" é in
funzione di necessitá storiche attuali, é un "progresso"
nel suo genere... Teoricamente mi pare si possa
spiegare fi fenomeno nel concetto di "egemonia", con
un ritorno
7 193
83
Pa una caratterizzazione delle funzioni di questo organismo
cfr. A. Agua-rone, L'organizzazione dello Stato totalitario, Torino,
1965, pp. 151 sgg. Un esem-pio di fondamentale incomprensione
dell'esperienza fascista e di interpretazione delle trasformazioni
da essa prodotte sul piano istituzionale in termini moralistici
(legalizzazione delPillegalitá) é dato dal saggio di P.
Calamandrei, La funzione parlamentare sotto il fascismo, in Il
regime fascista, a cura di A. Aquarone e M. Vernassa, Bologna,
1974, pp. 57 sgg.
84
Le contraddizioni ciol tendono a ripresentarsi, sia pure
in forme diverse, all'interno del nuovo sistema costituito o
all'interno del canale di espressione (partito unico); cfr. le
note sul parlamentarismo nero o tacita (Q., p. 1742), sulla
tostituzione di partiti della peggiore specie (Q., p. 1809);
sulla traduzione delle questioni politiche in forme culturali
con la conseguenza di renderle insolubili
p. 1939).
83
Q., p. 1742.
al "corporativismo"... nel senso moderno della parola,
guando la "cor-porazione" non pub avere limiti chiusi ed
esclusivisti; oggi é corporativismo di "funzione sociale",
senza restrizione ereditaria o d'altro » 86.
una applicazione molto límpida della categoría della
rivoluzione pas-siva: individuare attraverso le
modificazioni delle forme politiche (da una struttura
liberale ad una totalitaria) la registrazione di
fenomení irreversibili operanti nella societá civile
(l'impossibilitá di contenere in una dimensione «
privata » l'organizzazione delle forze produttive). In
questo senso fi ritorno al parlamentarismo liberale
sarebbe stato un « regresso antistorico ».
86 Q., p. 1743.
87
Su questa questione v. da ultimo lo scritto di M.L.
Salvadori, Gramsci e ji PCI: dile concezioni dell'egemonia,
in Mondo peraio, novembre 1976; P. Spria-no, Gramsci in
carcere e il partito, in Rinascita, 1° aprlle 1977; giudizio
diverso ,
Buci-Glucksmann, op. cit., pp. 281 sgg., che mi sembra
forzato in senso
· opposto, di « anticipazione ».
*”.
una modifica di posizioni sostenute da Gramsci e dal
partito fino al 1926 e, ancora piú specificamente, che
individuava una differenza tattica e non strategica con
la linea ufficiale: la Costituente cioé rima-_neva nella
impostazione gramsciana, cosí come riferisce Athos
Lisa, una formula d'agitazione ". Se gil argomenti
addotti a sostegno di questo giudizio sono
indubbiamente fondati, — permanenza cioé della linea
della doppia prospettiva, — pure credo debbano essere
tenuti presenti anche altri elementi, che
contribuiscono a caratterizzare meglio la questione.
Il primo elemento •é ricavabile dalle lettere di
Terracini dal carcere, recentemente pubblicate: in una
lettera del luglio-agosto del 1930, criticando la linea
della svolta, ricorda come fin dal 1928 riteneva, insieme
a Gramsci e Scoccimarro, una fase democratica come la
piú probable e realistica forma politica di sostituzione
al fascismo ". Rispet-to a questo orientamento che
accentuava, nella linea elaborata precedentemente
all'arresto, solo un aspetto della doppia prospettiva, la
posl-zione formulata da Gramsci a Turi presenta un
dato nuovo, cioé l'obiet-tivo della Costituente, che non
era presente nelle parole d'ordine transi-torie lanciate
dal partito fino al X Plenum 9°: la Costituente era un
obiettivo delle forze democratiche ed alludeva alla
questione della rior-ganizzazione dello Stato.
C'é perb un secondo elemento che 1 ancora piú
significativo e rende pregnante l'obiettivo indicato da
Gramsci: la questione della Costituente, come é noto,
e soprattutto la definizione negativa rispetto ad essa
da parte del movimento operaio, costituisce uno dei
grossi nodi politici dell'esperienza storica del primo
dopoguerra. 11 rifiuto della Costituente e il « fare
come in 'Russia » definivano l'orizzonte rivoluzionario
del socialismo italiano ed i termini della• sua inaiativa
politica. La riproposizione da parte di Gramsci di
questo obiettivo non poteva non avere,
consapevolmente — all'interno del ribadiMento
88
«L'e prospettive rivoluzionarie in Italia devono essere
fissate in numero di due, cioé la prospettiva piú probabile, e
quella meno probabile. Ora, secondo me, la piú probabile é
quella del periodo di transizione. Perció a questo obiettivo
19
5
deve ímprontarsi la tattica del partito senza tema di apparire
poco rivoluzionario. Deve far sua prima degli altri partid in
lotta contro il fascismo la parola d'ordine della "Costituente"
non come fine a sé, ma come mezzo » (A. Lisa, Memorie. In
carcere con Gramsci, Milano, 1973, p. 88).
89
U. Terracini, Sulla svolta. Carteggio clandestino dal
carcere 1930-3132, Milano, 1975, pp. 15 sgg. ed ancora piú
nettamente e distesamente pp. 35 sgg.
" Cfr. l'orientamento espresso da Togliatti a ribadire u
signifi cato della parola d'ordine del partito (Assemblea
repubblicana sulla base di comitati operai e con-tadini):
Osservazioni sulla politica del nostro partito, in Opere, v. II
(1926-29), Roma, 1972, p. 4110 e Rap porto sulla questione
italiana al segretariato latino del VI con gresso dell'IC, ivi, p.
526.
della necessitá dell'iniziativa politica e della
individuazione di obiettivi intermedi come parti
integranti del processo rivoluzionario — ji signi-ficato
di anclare oltre parole d'ordine d'agitazione per
individuare stru-menti, cerro transitori, ma capad di
esprimere concretamente l'unifica-zione delle masse
nella volontá del oambiamento. In una nota del
1932 Gramsci riflette sulla esperienza delle elezioni del
1919 e fornisce
piú di una tracoia per rendere piú chiara la proposta
della Costítuente: «Si puó affermare che le elezioni del
1919 ebbero per il popal° un carattere di Costitueute...
sebbene non l'abbiano avuto per nessun parti-to del
tempo: in questa contraddizione e distacco tra II
popolo e 1 partiti é consistito ji dramma storico del
1919, che fu capito immedia-tamente solo da alcuni
gruppi dirigenti piú aocorti e intelligenti... 11 popolo, a
suo modo, guardava all'avvenire...; i partiti
guardavano al passato (solo al passato) concretamente
e all'avvenire "astrattamente",
generícamente"... e non come concezione storico-politica
costruttiva....
In realt i siolittiani furono i vincitori delle elezioni, nel
senso che essi impressero carattere di costituente senza
costituente alle elezioni stesse e riuscirono ad attrarre
l'attenzione dall'avvenire al passato »". t una nota
questa che non fornisce solo spunti di riflessione critica
su « momead di vita intensamente collettiva », ma
contribuisce a rende-re piú chiare le riflessioni
sull'esperienza totalitaria e particolarmente quelle sul «
parlamentarismo nero », sulla necessitá cioé, pur
escludenda « accuratamente ogni apparenza di
appoggio alle tendenze "assoluti-ste" » 92 di assumere
come punto di partenza il carattere non « regres-sivo »
della sostituzione del vecchio parlamentarismo.
Non é mia intenzione, con queste osservazioni, date una
risposta
compiuta alle questioni connesse agli orientamenti
politici di Gramsci negli anni trenta né tanto meno
suggerirne una interpretazione « to-gliattiana », che
non avrebbe sexis°. Piú semplicemente penso Che non
sia possibile analizzare questa questione senza porla in
rapporto con l'operare della categoría della rivoluzione
4
passiva: in quale misura l'indi-viduazione di un prócesso
di trasformazione gestito dall'alto, come risposta
capitalistica al problemi posti dalla crisi di egemonia, si
traduce nella definizione di una forma politica della
transizíone adeguata at nuovo livello dello scontro (la
forma politica della guerra di posizione)? Dagli elementi
fichiamati in prece4denza mi .sembra di poter dire che
a Gramsci é chiaro il problema: ed una conferma di ció
puó ricavarsi dall'approfondimento del giudizio con cui
Gramsci accompagna Panalis"
quaderno 9, p. 1167.
Q., p. 1744.
92
dei fenomeni connessi alla rivoluzione passiva, ciol
quelle delle loro « transitorietá »: cosí é nel caso del
cesarismo moderno (possibilítá mar ginali di sviluppo
di una formazíone economico-sociale), cosí é ancora
nelle osservazioni relative alle forme moderne di
assolutismo, cosí é, in termini piú generali, nelle note
sal rapporti di forza, il giudizio di « occasíonale » con
cui si individuano gli sforzi di conserva-zione di una
formazione sociale storicamente superata. La «
transitorie-tá » di questi fenomeni, dice Gramsci, sta
nel loro « non far epoca »:
« da notare come troppo spesso si confonda il "non
far epoca"
con la scarsa durata "ternporale"; si puó "durare" a
lungo, relativamente, e non "f are epoca"; le forze di
vischiositá di certi regimi sono spesso insospettate,
specialmente se essi sono "forti" dell'altrui debo-lezza,
anche procurata » 9. In che rapporto é la categoria
della rivolu-zione passiva, come strumento di ianalisi
dello sviluppo storico e delle trasformazioni (il modo di
operare della contraddizione nell'assenza di elementi
attivi in maniera dominante), con questo giudizio di
transi-torietá? La contraddizione é solo apparente e
tanto meno quel giudizio puó risolversi in una
valutazione riduttiva dei processi riconducibili alla
rivoluzione passiva: il non fare epoca serve ad
individuare i confini estremi entro mi quei processi, e
la stessa categoria di rivoluzione passiva, possono
svolgersi, cioé modificazione e trasformazione di una
formazione economico-sociale ma non suo superamento
e quindi defini-zione di rapporti sociali di produzione
nuovi, capaci di segnare un'intera epoca. All'interno di
questo quadro i fenomeni connessi alla rivolu-zione
passiva, anche se non fanno epoca, non seno per questo
meno reali: non é certo casuale che sul terreno dell'«
occasionale » avvenga l'organizzazione e la coscienza
dei propri contpiti da parte delle « forze antagoniste »,
oí& del movimento operaio.
94 Q . , p . 1089 .
95
O., p. 70.
e accentuatamente capitalistico ibpproblema di un
ulteriore sviluppo dell'apparato economico italiano,
contro gli elementi semifeudali e pa-rassitari della
societá che prelevano una troppo grossa taglia sul
plusva-lore, contro i cosí detti "produttori di
risparmio" » ". Tuttavia, pur con tutte queste cautele,
le riflessioni di Gramsci pongono il problema: in quale
misura il fascismo oltre ad essere una forma di
reazione antioperaia é anche uno strumento attraverso
cui si opera un processo di ammodernamento
dell'apparato produttivo italiano senza che questo
provochi sconvolgimenti sociali di proporziorú
catastrofiche, e piú concretamente uno strumento a
due facce: di difesa dei ceti medi e di ristrutturazione
capitalistica e finanziaria; una forma ciol di organizza-
zione sociale e politica borghese che ripete dentro di
sé, tentando di mediarle, le contraddizioni generali del
capitalismo italiano. Vanno . in questa direzione sia i
giudizi di Gramsci sulla possibilita del corporativismo
di assolvere questo ruolo " e l'interrogativo su Fovel e
le forze eventuali che lo sostengono ", sia i giudizi sul
ruolo svolto dal
corporativismo fino a quel momento: « l'indirizzo
corporativo ha
funzionato per sostenere posizioni pericolanti di classi
medie, non per eliminare queste, e sta sempre piú
diventando, per gli interessi costi-tuiti che sorgono sulla
vecchia base, una macchina di conservazione
dell'esistente cosí com'é e non una molla di propulsione
» ".
Se tale questione, entro questi termini, rimane non
risolta ma solo proposta, pure Gramsci introduce un
altro elemento, moho importante, che serve a dipanare
alcune aporie prima presenti ed a individuare lo
sviluppo di un fenomeno che diventerá sempre piú
consistente e decisivo negli anni seguenti, cio il ruolo
dello Stato. Riflettendo sulla durata e gravitá della crisi
economica del 1929 e sui provvedimenti
202
movimento comunista internazionale ancora prima del
suo arresto) e soprattutto della decisivitá, per lo
scontro di classe, della esatta comprensione dei
processi aperti. Gramsci non ha dubbi infatti sul
contributo decisivo Che l'esperienza e l'ideologia
corporativa fornisce alla ricostituzione dell'apparato
egemonico delle classi dominanti, wnen-
106
Fascismo, capitale fi nanziario e capitalismo
monopolistico di Stato nelle analisi dei comunisti italiani,
in Critica marxista, 1972, n. 5.
10 7
C. Buci-Glucksmann, Gramsci e lo Stato, cit., p. 346.
10 8
Sereni, op. cit., p. 45. Per l'insieme di osservazioni
sviluppate nel testo dissento del saggio — ipur cosí ricco di
elementi di riflessione — di G. Santo-massimo, Ugo Spirito e
il corporativismo, in Studi storici, 1973, n. 1.
kliwt
do ad assolvere cosí un ruolo di cerniera tra governo -
delle masse e governo dell'economia. Dopo ayer
ribadito 11 carattere i strumento di rivoluzione passiva
che l'intervento legislativo dello Stato e l'organiz-
zazione corporativa pub assolvere, Gramsci osserva: «
Che tale schema possa tradursi in pratica e in quale
misura e in quali forme, ha un valore relativo, ció che
importa politicamente e ideologicamente é che esso
puó avere ed ha realmente la virtú di prestarsi a creare
un periodo di attesa e di speranze, specialmente in
certi gruppi sociali italiani, come la grande massa dei
piccoli borghesí urbani e rurali, e quindi a mantenere
11 sistema egemonico e le forze di coercizione militare
e civile a disposizione delle classi dirigenti tradizionali.
Questa ideologia servírebbe come elemento di una
"guerra di posizione" nel campo economico...
internazionale » 109.
L'egemonia ricostituita sulla base della
riorganizzazione della pro-duzione costituisce una di
quelle nuove casematte da analizzare ed espugnare e
quindi un tema auciale della guerra di posizione: per
questo la riflessione gramsciana si sviluppa su questo
punto secondo due linee strettamente intrecciate, cioé
la critica dell'Ideologia della rivoluzione passiva
connessa a queste nuove forme di governo della•
economia ed al tempo stesso il ribadimento forte della
realtá di questa ideologia, del suo riflettere processi
storici reali. Se oggetto specifico della critica
delPidedlogia della rivoluzione passiva seno le
elaborazioni di Ugo Spirito sulla corporazione
proprietaria 110 e sulla contusione
·tra Stato-dasse e societá regolata pare attomo alla
categoria ricar-
diana di « mercato determínate » che Gramsci sviluppa
le due linee della sua riflessione. Se il mercato
determinato si identifica con « "un determinato
rapporto di forze sociali in una determinata struttura
del-l'apparato di produzione", rapporto garantito (ciol
reso permanente) da una determinata superstruttura
politica, morale, giuridica » 112, una nuova scienza
economica diversa da quella consegnata nelle
elaborazioni dell'economia classica é possibile solo se
203
si é sviluppato un nuovo mercato determinato. La
radice della critica al carattere ideologico, di forzatura
oratoria e verbale, dalle teorizzazioni di Spirito ma pió
in generale di quelle connesse all'organizzazione del
capitalismo sta qui. Le osservazioni che Gramsci
sviluppa su quello che costituisce
204
VA . a le:44:,
•
205
criticata per essere una ideologia della nivoluzione passiva, pure é un «
segno dei tempi »: « La rivendicazione di una "economia secondo un
piano" e non sólo nel terreno nazionale, ma su scala mondiale,
interessante di per sé, anche se la sua giustificazione sia puramente
verbale...; I l'espressione 'ancora "utopistica" di condizioni in via di
sviluppo che, esse, rivendicano "economia secondo un piano" » 1 1 9 . Nel
quadro di questa impostaflidpe, < l'americanismo diventa un punto centrale
in quanto pub essere,interbretato come lo sviluppo di una
controtendenza alla caduta del saggio profitto e ció non solo (in
rapport° alle modificazioni, che glii so'no proprie, del processo produt-tivo e
dell'organizzazione del lavoro ma soprattutto perché é insepara-
bile dallo sviluppo di elementi razionalizzazione economica, cioé
da un intervento relativo allacom-. riduzione dei « costi generali » del
plesso dell'apparato produttivo nazionale ed internazionale 120 . In rap-
porto a questa questione oggettiva Gramsci legge l'esperienza corpora-
tiva come possibilitá di sviluppare le 'forze produttive dell'cindustria
sotto la direzione delle classi dirigenti tradizionali m. Se dunque con le
nuove forme di governo dell'economia e con tutte le questioni connes-se
all'americanismd non si ha la costituzione di un nuovo mercato
determinato, ma un tentativo di risposta alla crisi del capitalismo, pure
questi stessi interventi contribuiscono a far emergere come centrale la
questione della produzione, del modo e dei rapporti entro cui si
sviluppa, creando cosí le condizioni per un'ulteriore e piú profonda
accelerazione della crisi: la rivoluzione passiva contribuisce a «determi-
nare una maturazione piú rapida delle forze interne tenute imbrigliate
dalla pratica riformistica » 121.
In conclusione mi sembra si possa dire che sulla questione connessa al
corporativismo ed al capitalismo organizzato Gran-isci sviluppi la stesso
orientamento espresso sulla questione del parlamentarismo nero
137
Q., p. Bol. Una trasformazione radicale ed irreversibile 1 da Gral-1nd in-
dividuata nel corporativismo, con la moclificazione ad esso connessa della strut-
tura degli intellettuali: « nel Nord... ii collegamento tra massa operaia e Stato era
dato dagli organizzatori sindacali e dai partid. politici, 6)1 da un ceto intel-
lettuale completamente nuovo (l'attuale corporativismo, con la conseguenza della
diffusíone su scala nazionale di questo tipo sociale, in modo piú sistematico e
conseguente che non avesse potuto fare 11 vecchio sindacalismo, é in un certo
senso uno strumento di unitá mora1e e politica)» (Q., pp. 35-36).
138
Q., p. 2158.
139
Q., p. 2173.
tao Q., p. 2146: « L'egetnonia nasce dalla fabbrica e non ha bisogno per eser-
citarsi che di una quantitá minima di intermediad professionali della política e
dell'ideologia. fenomeno delle "masse" che ha tanto colpito 11 Romier non é
che la forma di questo tipo di societá razionalizzata, in cui la "struttura" domina piú
immediatamente le soprastrutture e queste sono "razionalizzate" (semplificate
e diminuite di numero)».
141 Q., p. 2165.
213
nessa all'americanismo] é che non si tratta di una nuova civiltá, perChé
non muta il carattere delle classi fondamentali, ma di un prolungamento
e intensíficazione della civiltá europea, che ha peró assunto determi-nati
caratterí nell'ambiente americano. L'osservazione del Pirandello sulla
opposizione che l'americanismo trova a Parigi e sull'accoglienza
immediata che trova invece a Berlino, prova appunto la non differenza di
qualitá ma di grado. » 142
La dimensione storico-mondiale dei processi in atto, le forze stori-
che che di tale processo sono protagoniste e le forme particolari che
assumono sono colte da Gramsci con le sue riflessioni sulla cadúta
dell'Impero romano, significativamente sviluppate nel contesto delle
osservazioni sulla crisi del '29 e piú specificamente in rapporto al
cambiamento di gerarchia tra Stati come effetto del mutamento della
moneta internazionale (stetlina e dollaro). La caduta dell'Impero roma no
viene presentata come un enigma « perché non si vuole riconoscere che
le forze decisive della storia mor diale non erano abra nell'Impero
romano i(fossero pure forze priráitive) », perché l'analisi della vita
interna dell'Impero si risolve in una « storia negativa », nella registra-
zione della « mancanza » di cene forze: « ma... lo studio dele forze
negative é quello che soddisfa di meno e a ragione, perché di per sé
presuppone l'esistenza di forze positive e non si vuol mai confessare di
non conoscere queste » 1 ". La rappresentazione del rapporto Europa-
America in quello Impero romano-barbari ha certo una funzione espli-
citamente polemica contro quanti. contrapponevano l'Europa carica di
storia e depositaria di una grande tradizione culturale ad un'America
giovane e « barbara » fondando su questi elementi la permanenza di
un'egemonia europea, ma a mio avviso ha fi suo punto di forza nella
individuazione nell'Europa-Impero romano delle forze positive, concul-
cate o inespresse, cio i.l movimento operaio. « Ció che oggi viene
chiamato "americanismo" é in gran parte la critica preventiva di vecchi
strati che dal possibile nuovo ordine saranno appunto schiacciati e che
sono giá precia di un'ondata di panico sociale, di dissoluzione, di
disperazione, 1 un tentativo di reazione incosciente di chi é impo tente a
ricostruire e fa leva sugli aspetti negativi del rivolgimento. Non 1 dai
gruppi sociali "condannati" dal nuovo ordine Che si puó attendere la
ricostruzione, ma da quelli che stanno creando, per imposi-zione e con
la propria sofferenza, le basi materiali di questo nuovo ordine: essi
"devono" trovare Fi sistema di vita "originale" e non
142 a, p. 297.
143 p : 1/59 .
214
di marca americana, per far diventare "libertá" ció che
oggi é ne-cessitá » 144.
L'inclividuazione nell'esperienza americana
dell'interlocutore critico del movimento comunista 1 una
grande intuizione storica che pone Gramsci ben piú
avanti, nella comprensione dei processi reali, della
elaborazione contemporanea del comunismo
internazionale tranne poche eccezioni di rilievo,
peraltro molto isolate 145; l'importanza di questa
intuizione risulta ancora piú ampia se la •si collega,
come si é giá accennato in precedenza, alla possibilitá
di una fase di sviluppo delle forze produttive all'interno
dei rapporti sociali capitalistici (critica del catastrofismo
e rivoluzione passiva).
Americanismo e comunismo esprimono dunque le
due grandi forze storiche contemporanee, ed in
rapport° ad esse Gramsci formula un giudizio severo
sulla capacita di comprensione del revisionismo sociali-
sta "6: ma é proprio questa individuazione ad aprire
una grossa questio-ne, pur presente nei Quaderni, ciol
la definizione del rapporto tra classe operaia e sviluppo
delle forze produttive. Senza voler affrontare l'intero
ventaglio tematico connesso a tali questioni, alouni
elementi di chiarimento sono indispensabíli a
conclusione di queste pagine e come parte integrante
della riflessione gramsciana sull'americanismo.
Anni fa, in un suo saggio, Asor Rosa proponeva una
lettura delle note gramsciane sull'americanismo
strettamente combinata alla inter-pretazione del
progetto ordínovista coma costruzione di una « Civiltá
del lavoro », ciol « fi riassestarnento della produzione
in sé e per sé consideratam in un momento di isuo
oggettivo squilibrio, mettendo del tutto tra parentesi fi
segno di classe da cui quell'apparato produttivo
(compresa la sua strumentazione tecnologica) appariva
contrassegna-to » 147. n rapport° classe operaia-
produzione-sviluppo delle forze pro-duttive si risolve
nell'assegnare álla prima il compito di « perfezionare
144
Q., p. 2179.
145
Sull'analisi trotskista relativa al ruolo degli Stati Uniti si
sofferma a lungo I. Deutscher, Il profeta disarmato, Milano,
215
1959, pp. 273 sgg. Un momento importante d'analisi, su cui
verificare gli orientamenti del comunismo internazio-nale, é
rappresentato dal modo in cui si supera la crisi europea del
1923-24, e ten-dono a « normalizzarsi » i rapporti Germania-
Europa (Francia), attraverso la me-diazione americana. Tale
nodo, a mio avviso, rikvante anche ai fini della com-prensione
del giudizio di « stabilizzazione relativa» dato
dannternaziona1e comunista.
1 4 6 Q., p. 72: « 11 libro di De Man [Il superamento del
marxismo] é legato a questa questione. fl una reazione die
due forze storiche maggiori del mon do ». Nella
rielaborazione di questa nota u giudizio é ancora piú
pesante: « ... una espressione senza grandezza e senza
adesione a nessuna delle forze sto-riche maggiori che si
contendono il mondo.» (Q., p. 2147).
147
A. Asor Rosa, Intellettuali e classe operaia, Firenze,
1973, p. 584.
la linea di sviluppo del capitale stesso » 1". La simpatia
di Gramsci nei confronti dell'esperienza americana
esprimerebbe, anche nei Quader-ni, la permanenza di
tale orientamento di fondo. La progressivitá del
rnetodo Ford « é quakosa che non va rifiutata ma, piú
ancora che criticata, perfezionata, ossia sviluppata fino
in fondo, liberandola degli elementi negativi che sono
connaturati alla gestione capitalistica del processo di
produzione » 1". Tale orientamento sarebbe
riconducibile, oltre che alla concezione della
produzione ed ancor piú dell'industriali-smo come un
valore progressivo di per sé, alla tesi propria della III
Intemazionale di un capitalismo incapace di assicurare
lo sviluppo sia economico che tecnico: da quí la
tendenza a interpretare l'americani-smo come
espediente, congiunturale e dilatorio della crisi 150
.
Si tratta di una tesi ampiamente discutibile e
sostanzialmente ín-fondata nel suo nucleo centrale: la
concezione della produzione pon é assunta come un
dato estraneo ai rapporti sociali ed ai modi che lo
renciono possibile; la continuitá d'impianto tra
l'Ordine nuovo e le note su Americanismo e fordismo
é tutta da dirnostrare guando la si intenda, come mi
sembra Asor Rosa faccia, in termini diversi dalla
permanenza •del nodo produzione-politica 151; la «
simpatia » di Gramsci verso fi fordismo é relativa non
ai contenuti ma al processo oggettivo di cui é
espressione; é cioé la simpatia dello scienziato della
storia e della politica che individua i terreni roan
dello scontro; anche se 1 yero che Gramsci non
ritiene che l'americanismo possa essere una risposta
reale alla crisi capitalistica 152 , pure ció non significa
ridu-zione di questa esperienza ad « espediente »: al
contrario, proprio il collegamento con la rivoluzione
passiva porta a respingere ogni ipotesi riduttiva.
Tuttaviá, anche se questa lettura 1 da
respingere, contribuisce a porre un problema r'eale:
in quale misura cio il rapporto classico e positivo tra
socialismo e sviluppo delle forze produttive — ché in
Gramsci é netto — si accompagni ad elementi che
contribuiscano a chiarire come quel rapporto sia
inseparabile da una riqualificazione delle forze
216
produttive stesse. Ti nodo é moho complesso in
quanto
148
Ibidem, p. 585.
149
Ibidem, p. 580.
150
Ibidem, p. 587.
151
Cfr. su questo punto M. Tel.& Strategia consiliare e
sviluppo capitalistico in Gramsci, in Problemi del
socialismo, 1976, n. 2.
152
Cfr. le osservazioni sulla consapevolezza degli industrian
americani che « gorilla arnmaestrato » 1 una frase e che
l'operaio rimane « purtroppo » un uomo (Q., p. 2171),e sullo
svilupparsi anche negli Stati Unid di forme di paraslitismo
4
·„.4,*(Q.,npp. 2168-2169). „ , -. .• • •
investe la questione della costruzione - del socialismo e il
rapporto di Gramsci con l'esperienza sovietica, ed una
risposta richiede quindi una risistetnazione, attorno a
questo nodo, della riflessione gramsciana su di un arco
di temi specifici, anche se tutti connessi fra di loro
(amplia-mento dello Stato, egemonia, teoria del partito,
questione degli intellet-tuali, ridefinizione del marxismo).
Mi limiteró a fissare alcuni punti, che mi paiono non
secondari.
L'adesione alla scelta del socialismo in un solo
paese abbastanza china, come si té accennato nelle
pagine precedenti, e come 1 ribadita in una nota molto
límpida giá richiamata 153. Ma v'é di piú: l'adesione é
relativa anche ai madi attraverso cuí procede la
trasformazione della societá, che hanno nell'intervento
dello Stato il punto decisivo: « Tra la struttura
economica e lo Stato con la ,sua legislazione e la sua
coerci-zione sta la societá civile, e questa deve essere
radicalmente trasformata in concreto...; lo ,Stato é lo
strumento per adeguare la societá civile alla struttura
economica, ma occorre che lo Stato "voglia" far ció,
che ciol a guidare lo Stato siano i rappresentanti del
mutamento avve-nuto nella struttura economica » '.
Anche se si tratta di una nota polemica contro i teorici
della nuova economia (Spirito), il riferimento e
l'adesione all'esperienza sovietica é fin troppo
trasparente ed é ribadita con ancora maggior
chiarezza nelle note relative ialla « statólatria »,
ritenuta necessaria ed anzi opportuna come «
iniziazione alla vita statale autonoma » per gruppi
sociali subalterni 155. Gramsci cioé ha chiaro che la
stessa costruzione del socialismo nell'Unione Sovietica
non puó essere sottratta all'operare di akuni elementi
della rivoluzione passiva (ruolo della trasformazione
dall'alto) e, in quanto momento importante della
guerra di posízione su scala internazionale, non
•possono non operare anche in rapporto a questa
esperienza di costruzione di un nuovo Stato i dad
generali caratterizzanti la guerra di posizione: « enor-
mi sacrifici » per masse •sterminate, « concentrazione
inaudita della ege-monia », organizzazione
permanente per impedire la disgregazione interna 154.
217
Cosa significasse questa gigantesca tensione a cui
veniva sotto-posta la societ é formulato con chiarezza
da Gramsci in una sua lettera a Tatiana, nel contesto
di uno sforzo di comprensione delle crisi della moglie
157
. Ed una conferma dell'operare, anche in rapporto
153
Cfr. le osservazioni sullo scontro Stalin-Trotskij e il rifiuto
netto delle accuse di nazionalisino come « inette » (Q., p. 1729).
154
Q., p. 1254.
1 5 5 a , p. 1020.
1 5 6 Q . , p. 802.
157
« La situazione diventa drammatica in determinad
momenti storici in determinad ambienti, guando cioé
l'ambiente é surriscaldato fino a una tensione
all'Unione Sovietica, delle categorie della guerra di
posizione e della rivoluzione passiva, é data dal fatto che
una serie di fenomeni politici strettamente connessi,
come si é visto, all'operare di queste due catego-rie
(cesarismo, forme estreme di societá politica,
totalitarismo) presenta nell'analisi di Gramsci una
doppia faccia, regressiva e progressiva, a :seconda che
esprimano la difesa di un ordine storicamente superato o
l'organizzazione delle forze in sviluppo.
Nell'orizzonte di queste coordinate, proprie di
un'esperienza stori-
camente data, Gramsci sviluppa una serie di
osservazioni critiche di eccezionale importanza che, se
sono relative all'impossibilitá di una trasposizione di
esperienze di razionalizzazione da un contesto capitali-
stico ad •un altro segnato dalla direzione della •classe
operaia e se sono relative alla politica trotskijsta di
applicare metodi militad per « ade-guare i costurni alle
necessitá •di lavoro » 1", pure hanno una portata piú
generale in quanto individuano la possibilitá di
trasformazione degli elementi di rivoluzione passiva da
registrazione del modo di operare, anche in rapporto
all'Unione Sovietica, di un'intera fase storica,
in un programma positivo: « Nel caso... in cui non esiste
pressione coercitiva di una classe superiore, la "virtú"
viene affermata generica-mente, ma non osservata né
per convinzione né per coercizione e pertan-to non ci
sará l'acquisizione delle attitudini psicofisiche
necessarie per i nuovi metodi di lavoro. •La crisi pub
diventare "permanente", cioé a prospettiva catastrofica,
poiché solo la coercizione potra definirla, una
coercizione di tipo nuovo, in quanto esercitata dall'élite
di una classe sulla propria classe, non puó essere che
un'autocoercizione, cioé un'autodisciplina » 159. Anche
se non é secondario osservare che nella Prima stesura
di queste osservazioni fi bonapartismo é indivictuato
come una possibile soluzione complessiva a questa crisi
e non come orienta-mento proprio di una parte del
gruppo dirigente del partito russo (Trotskij) 1(1°, é
chiaro che nella nota riportata Gramsci individua nel
218
estrema, guando vengono scatenate forze collettive
gigantesche che premono sui singoli individui fino alio spasimo
per ottenerne ji massimo rendimento di impulso volitivo per la
creazione. Queste situazioni diventano disastrose per i tem-
peramenti molto sensibili e affinati, mentre sono necessarie e
indispensabili per gil elementi sociali arretrati, per esempio i
contadini, i cui nervi robusti possono tendersi e vibrare a un
piú alto diapason senza logbrarsi » (Lettere dal carcere, a cura
di S. Caprioglio e E. Fubini, Torino, 1965, p. 573. La lettera a
Tatiana 1 del 15 febbraio 1932). t un tema questo che ritorna
nei Quaderni, v. p. 1566.
158 Q., p. 2164.
159
Q., p. 2163.
160 Q., p. 139: « E se non si crea l'autodisciplina, nascerá
qualche forma di bonapartismo, o ci sará un'invasione
straniera, ciol si creerá la condizione di una coazione esterna
che faccia cessare d'autoritá la crisi ».
partito lo strumento di mediazione di, questa
autodisciplina: ma ció puó avvenire solo se fi nesso
partito-societá-Stato funziona corretta-mente e se
l'origine della disciplina é democratica 161 . Le
osservazioni famose sui rapporti tra governanti e
governati, sul centralismo demo-cratico e burocratico 1 "
•son° molto limpide nel sottolineare nel ruolo di
mediazione del partito un compito di attivizzazione,
educazione svi-luppo dell'iniziativa dele masse e non
quello di strumento del loro controllo.
Ii richiamo esplicito che Gramsci fa dell'esperienza
dell'Ordine nuovo come la migliore soluzione fino a quel
momento trovata, anche in rapporto ad una situazione
in cui dominante sia la produzione (Unio-ne Sovietica),
per garantire un rapporto positivo tra classe operaia,
progresso tecnico e modificazione delle qualifiche 163, é
estremamente significativa come esemplificazione
dell'autodisciplina, come critica di un'acquisizione
meccanica dell'americanismo e soprattutto come impe
stazione in termini qualitativamente nuovi del nesso
egemonia-produzio-ne: « Nella esposizione critica degli
avvenimenti successivi alla guerra
e dei tentativi costituzionali (organici) per uscire idaho
stato di disordi-ne e di dispersione delle forze, mostrare
come il movimento per valoriz-zare la fabbrica in
contrasto.., con la organizzazione professionale cor-
rispondesse perfettamente all'analisi che dello sviluppo
del sistema di fabbrica é fatta nel primo volume della
Critica dell'economia
· » . La « scissione » tra esigenza tecnica e suo
16 4
di produzione
e riproduzione — e la successiva ricomposizione tra
classe operaia
e progresso tecnico ha in Gramsci un posto centrale e
giustamente: non si tratta della coniugazione di due
realtá che non subiscono muta-menti ma—al contrario
essa pub avvenire « realmente », cioé esprimere un
•mutamento profondo (« la fabbrica come produttrice di
oggetti reali e non di profitto » 165) e gettare le basi di
una civiltá nuova solo creando un nuovo ceto
intellettuale. Ció •avviene « elaborando críticamente
l'attivitá intellettuale che in ognuno esiste in un certo
grado di sviluppo, modificando il suo rapporto con lo
sforzo muscolare-nervoso verso un nuovo equilibrio e
ottenendo che lo stesso sforzo inuscolare-nervoso, in
quanto elemento di un'attivitá pratica generale,
164
Q., p. •11138.
165
Ibídem.
219
che innova perpetuamente il mondo físico e sociale, diventi il fonda-
mento di una nuova e integrale concezione del mondo... Il modo di essere
del nuovo intellettuale non pub piú consistere nell'eloquenza... ma nel
mescolarsi attivamente alla vita pratica, come costruttore, orga-nizzatore,
"persuasore permanentemente" perché non puro oratore — e tuttavia
superiore allo spirito astratto matematico; dalla tecnica-lavoro giunge alla
tecnica-scienza e alla concezione umanistica storica, senza la quale si
rimane "specialista" e non si diventa "dirigente" (speciali-sta+politico) »
166
. Nella scissione e ricomposizione tra esigenza tecnica e classe operaia
c'é la registrazione della crisi del nesso scienza-dominio-capitale come
punto piú alto e decisivo nella lotta per l'egemonia e per la costruzione di
un nuovo Stato, e come crítica dell'americanismo.
In quale misura la ricchezza di questi elementi, qui rapidamente
richiamati, sia contenibile nelle forme storicamente date di costruzione
del socialismo (in cui pure Gramsci si riconosceva) o tenda invece a
rimandare a nuove e Originan formé politiche della transizione rimane ,
un nodo problematico di difficile soluzione: su questo punto specifico,
ceno fondamentale, non poteva non íncidere sulla stessa possibilita di
sviluppo teorico ii livello di esperienza storico-polítíca raggiunto dal
movimento operaio internazionale.
166 a, p. 1 5 5 1 .
220