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Odigitria

La Madonna Odigitria, (dal greco bizantino Oδηγήτρια, colei che conduce, mostrando la direzione,
composto di ὁδός «via» e ἄγω, ἡγέομαι «condurre, guidare»), altrimenti nota anche come Madonna
dell'Itria ("Itria" è una corruzione di "Odigitria")[2], è un tipo di iconografia cristiana diffusa in particolare
nell'arte bizantina e russa del periodo medioevale. L'iconografia è costituita dalla Madonna con in
braccio il Bambino Gesù, seduto in atto benedicente, che tiene in mano una pergamena arrotolata e
che la Vergine indica con la mano destra (da qui l'origine dell'epiteto).

San Luca che mostra un dipinto della Vergine (1652-1653). Questo dipinto del Guercino raffigura la creazione
dell'icona della Vergine Odigitria.

Odigitria di Berlinghiero Berlinghieri, mostra l'influenza bizantina nell'arte italiana del XIII secolo.
Questo tema figurativo trae origine dall'icona omonima che rappresentò, a partire dal V secolo, uno dei
maggiori oggetti di culto a Costantinopoli. Secondo l'agiografia, infatti, questa reliquia sarebbe stata una
delle icone mariane dipinte dall'evangelista Luca che Elia Eudocia (Aelia Eudocia, circa 401-460),
moglie dell'imperatore Teodosio II, avrebbe ritrovato in Terra Santa e traslato a Bisanzio.
L'icona era conservata nella basilica omonima che venne edificata per l'occasione in riva al mare, in
posizione decentrata rispetto al complesso costituito dal palazzo imperiale, il circo e le due chiese
di Santa Sofia e Santa Irene (nella parte più antica della città, corrispondente all'antica Bisanzio pre-
romana).L'icona originaria, che veniva portata in solenni processioni e durante i trionfi, andò perduta
quando Costantinopoli cadde in mano agli ottomani nel 1453. Alcuni resoconti - storicamente di dubbia
attendibilità - riferiscono che l'icona si sarebbe infranta, mentre veniva portata in processione, il 28
maggio 1453, esattamente il giorno prima della caduta della città che subiva l'assedio finale
dell'esercito di Maometto II. Più probabilmente, fu distrutta dagli stessi ottomani il giorno della caduta
della città.
Il culto di quest'icona fu particolarmente popolare: a essa sono intitolate chiese e luoghi di culto,
soprattutto in Grecia, nell'Italia meridionale, in Sicilia e in Sardegna.

Il culto in Sicilia
La Madonna Odigitria è la patrona della Sicilia, ed è ricordata dalla liturgia il martedì che segue la
domenica di Pentecoste. Il suo culto è diffusissimo sin da tempi remoti e si pensa sia un lascito delle
dominazioni bizantine. Numerosi paesi, quelli più antichi come Calascibetta (EN), conservano una
chiesa dedicata a questo titolo mariano, e moltissime sono le raffigurazioni. Diverso però è il soggetto
iconografico. Alcune raffigurazioni usano, infatti, rappresentare la Madonna in una cassa portata da due
anziani che apparentemente scelgono strade diverse. L'iconografia si rifà alla leggenda che narra di
una contesa tra due paesi che volevano impossessarsi di un simulacro mariano, e che si sia conclusa
con la costruzione del santuario là dove, al bivio, la Madonna divenne talmente pesante da non essere
più trasportabile. L'Odigitria è molto venerata da secoli dalla popolazione di minoranza albanese,
specialmente di Piana degli Albanesi, emigrata in Sicilia nel XV secolo, che portò con sé lingua,
costumi e riti orientali, e quindi santi della tradizione ortodossa.

L'Odigitria, venerata anche con l'appellativo di Maria Santissima di Costantinopoli. Ogni anno la Beata
Vergine Maria Odigitria è celebrata con solennità nel primo martedì di marzo secondo l'antica
tradizione.

Francesco da Paola
San Francesco da Paola

Eremita

Nascita Paola, 27 marzo 1416

Morte Tours, 2 aprile 1507

Venerato da Chiesa cattolica

Beatificazione Da papa Leone X il 28


luglio 1513

Canonizzazione Da papa Leone X il 1º


maggio 1519

Santuario Santuario di san


principale Francesco a Paola

Ricorrenza 2 aprile

Attributi Bastone, mantello, libro della


regola

Patrono di Calabria, Sicilia,


Regno delle Due Sicilie;
naviganti, bagnini di
salvataggio, gente di mare e
pescatori, è invocato contro
gli incendi, la sterilità e le
epidemie

Manuale

Francesco da Paola (Paola, 27 marzo 1416 – Tours, 2 aprile 1507) è stato un religioso italiano,
proclamato santo da papa Leone X il 1º maggio 1519. Eremita, ha fondato l'Ordine dei Minimi.

La giovinezza
Francesco nacque a Paola, in Calabria Citeriore (oggi in provincia di Cosenza), il 27 marzo 1416 da
Giacomo Martolilla,[1] e Vienna da Fuscaldo.[2] Il nome venne dato al bambino in onore a san Francesco
d'Assisi,[4] per l'intercessione del quale i due coniugi chiesero la grazia di un figlio, pur trovandosi già in
età avanzata.[2] Alcuni anni dopo nacque una seconda figlia, Brigida.[5] Da bambino, Francesco
contrasse una forma grave d'infezione ad un occhio, tanto che i genitori si rivolsero nuovamente
all'intercessione del santo d'Assisi. Fecero quindi voto che in caso di guarigione il piccolo avrebbe
indossato per un anno intero l'abito dell'ordine francescano. La malattia si risolse senza quasi lasciare
traccia.[6]
Fin da piccolo, Francesco fu particolarmente attratto dalla pratica religiosa, denotando umiltà e docilità
all'obbedienza.[7] All'età di tredici anni narrò della visione di un frate francescano che gli ricordava il voto
fatto dai genitori.[8] Accolto nel convento francescano di San Marco Argentano,[8] vi rimase per un anno,
adempiendo alla promessa dei genitori. Il tempo trascorso nella comunità evidenziò le attitudini
mistiche del giovane, compresi quei fenomeni soprannaturali che accompagneranno tutta la sua
biografia, aumentandone la fama in vita ed il culto dopo la morte. Durante quest'anno di dedizione al
convento, il piccolo Francesco si adoperò nell'osservanza regolare e nello sbrigare le mansioni umili
della casa, e praticava già molti digiuni e astinenze. Concluso l'anno, i frati avrebbero voluto trattenerlo
con loro, ma Francesco conservava il desiderio di conoscere anche altre modalità di vita consacrata
prima di fare la sua scelta.[9] Nel 1430 svolse, con la famiglia, un lungo pellegrinaggio che,
avendo Assisi come meta principale, coinvolse alcuni dei principali centri della spiritualità cattolica
italiana: Loreto, Roma e Montecassino, toccando anche i romitori del Monte Luco.[10]

La vita eremitica

Rientrato a Paola, iniziò un periodo di vita eremitica, utilizzando un luogo impervio compreso nelle
proprietà della famiglia e suscitando lo stupore dei paolani. Nel 1435, altri si associarono a questa
esperienza, riconoscendolo come guida spirituale. Con i suoi, costruì una cappella e tre dormitori,
dando di fatto inizio all'esperienza, tuttora in corso, dell'Ordine dei Minimi. Alle prime adesioni, se ne
aggiunsero molte altre, tanto che il 31 agosto 1452 il nuovo arcivescovo di Cosenza, monsignor Pirro
Caracciolo, concesse l'approvazione diocesana, atto che comportava la facoltà di istituire un oratorio,
un monastero e una chiesa. E proprio l'edificazione del nuovo monastero fu l'occasione che i
concittadini di Francesco utilizzarono per attestargli la loro profonda stima: persino i nobili paolani
fecero da operai per affrettarne la costruzione. La fama di santità di Francesco si diffuse rapidamente,
tanto che nel 1467 Papa Paolo II inviò a Paola un suo emissario per avere notizie sull'eremita
calabrese. Rientrato a Roma, l'inviato pontificio, monsignor Baldassarre De Gutrossis, presentava un
rapporto positivo sulla vita di preghiera e austerità che pervadeva il monastero. Talmente ne era
rimasto colpito da aggregarsi anche lui alla comunità dei Minimi, prendendo il nome di Baldassarre da
Spigno.[11]
Il 4 luglio dello stesso anno, quattro cardinali firmarono la lettera che concedeva l'indulgenza a coloro
che avrebbero contribuito alla costruzione della chiesa del monastero da Paola, nonché a coloro che
l'avrebbero visitata. Nel 1470 ebbe inizio il procedimento giuridico-canonico per l'approvazione
definitiva del nuovo ordine di eremiti. Il riconoscimento della regola di estrema austerità venne invece
con Papa Alessandro VI, in concomitanza col mutamento del nome in quello, ancora attuale, di Ordine
dei Minimi. Con l'approvazione, gli eremitaggi, sul modello di quello di Paola, fiorirono in Calabria
e Sicilia. Paterno Calabro nel 1472, Spezzano della Sila nel 1474, Corigliano Calabro nel 1476,
e Milazzo nel 1480, furono gli apripista. Francesco, che nel frattempo aveva trovato stabile dimora
a Paterno Calabro, divenne quindi un punto di riferimento essenziale per la gente e per i poveri della
sua terra. A lui ci si rivolgeva per consigli di carattere spirituale ma anche per consigli più prettamente
pratici.

La situazione politica
Francesco adempì anche in tale contesto storico la missione della diffusione della vita cristiana.

Francesco Capella, Miracolo di San Francesco da Paola, Olio su tela, 250 x 180 cm
Fra i fenomeni soprannaturali attribuiti a Francesco vi è quello della guarigione di un ragazzo affetto da
un'incurabile piaga ad un braccio, sanata con delle banali erbe comuni; lo sgorgare miracoloso
dell'acqua della "Cucchiarella", che Francesco fece scaturire colpendo con il bastone una roccia presso
il convento da Paola e che ancora è meta di pellegrinaggi; le pietre del miracolo che restarono in bilico
mentre minacciavano di cadere sul convento ("Fermatevi, per carità"). A Napoli davanti al Re che vuole
tentarlo con un vassoio pieno di monete d'oro offerte per la costruzione di un convento, San Francesco
rifiuta, prende una moneta, la spezza e ne fa uscire sangue. Il sangue che usciva dalle monete era
quello dei sudditi, del popolo che subisce i potenti. Di fronte ad una ingente offerta di denaro e ad una
proposta di prosperità e di ricchezza definitive, chiunque sarebbe capace di lasciarsi sedurre; così non
fu per il Santo Paolano. Egli era molto affezionato ad un agnellino che aveva chiamato Martinello. Un
giorno, gli operai, mentre lavoravano ebbero fame e decisero di mangiare il povero agnellino. Dopo
averlo cotto e consumato, gettarono le ossa e i resti nella fornace. San Francesco cominciò subito a
cercarlo e chiese agli operai che lavoravano al convento da Paola se avessero visto il suo Martinello;
essi negarono, ma quando cominciò a chiamarlo l'agnellino uscì dalle fiamme completamente sano e in
vita. Appena l'agnellino uscì dalla fornace fu grandissimo lo stupore e l'imbarazzo degli operai nei
confronti di San Francesco.
Del 1º aprile 1464 è il miracolo fatto dal Santo a Galatro. In quell'anno di carestia Cola Banaro ed altri
otto operai, tutti di Arena (Italia), si dirigevano verso la piana di Terranova per trovare lavoro.
Attraversato il passo di Borrello e giunti in territorio di Galatro, essi si imbatterono in San Francesco
diretto in Sicilia. Questi chiese loro un po' di pane ma essi, già a loro volta affamati, risposero che non
ne avevano neppure un pezzetto. Allora San Francesco disse: “Datemi le vostre bisacce, perché dentro
c'è del pane”. Cola diede le bisacce al Santo che le aprì e vi trovò pane bianchissimo, ancora caldo e
fumante. Tutti mangiarono di quel pane, e quanto più ne mangiavano tanto più esso aumentava. Per tre
giorni gli operai e San Francesco si alimentarono di quel pane. Esiste ancora oggi nella località del
miracolo un casolare sulla cui parete esterna è affrescata un'immagine del Santo che risale al ‘600. Ma
il "miracolo" più famoso è certamente quello noto come l'attraversamento dello Stretto di Messina sul
suo mantello steso, dopo che il barcaiolo Pietro Coloso si era rifiutato di traghettare gratuitamente lui ed
alcuni seguaci, che ha contribuito a determinarne la "nomina" a patrono della gente di mare d'Italia.
Altro "carisma" attribuito al santo eremita fu la profezia, come quando previde che la città
di Otranto sarebbe caduta in mano ai turchi nel 1480 e riconquistata dal re di Napoli.
L'esperienza francese[modifica | modifica wikitesto]
La notizia delle sue doti di santità e taumaturgia raggiunse anche la Francia, tramite i mercanti
napoletani, arrivando nel 1482 al re Luigi XI il quale, ammalatosi gravemente, lo mandò a chiamare
chiedendogli di visitarlo. Francesco era molto restio all'idea di lasciare la sua gente bisognosa, tanto da
indurre il sovrano francese a inviare un'ambasceria presso Papa Sisto IV affinché ordinasse a
Francesco di recarsi presso di lui. Il Papa e il re di Napoli colsero l'occasione per rinsaldare i fragili
rapporti con l'allora potentissima Francia, intravedendo, in prospettiva, la possibilità di raggiungere un
accordo per abolire la Prammatica Sanzione di Bourges del 1438. Ci vollero alcuni mesi però per
convincere Francesco, che aveva 66 anni, a lasciare la sua terra per attraversare le Alpi, e ad
abbandonare il suo stile di vita austero per passare a vivere in un palazzo reale. Il 2 febbraio 1483,
partendo da Paterno Calabro, Francesco, insieme a Bernardino Otranto di Cropalati, lasciò la Calabria
alla volta della Francia: risalendo per il Vallo di Diano si fermò prima a Polla, poi nell'abbazia di Santa
Maria La Nova di Campagna e a Salerno. Passò per Napoli dove fu accolto da una grande folla
acclamante e dallo stesso re Ferdinando I.
A Roma incontrò diverse volte Papa Sisto, che gli affidò diversi incarichi. S'imbarcò quindi
a Civitavecchia per la Francia. Al suo arrivo presso la corte, nel Castello di Plessis-lez-Tours, Luigi XI
gli s'inginocchiò. L'eremita non lo guarì dal male, ma la sua azione portò a un miglioramento dei
rapporti tra la Francia e il Pontefice. Francesco visse in Francia circa venticinque anni e seppe farsi
apprezzare dal popolo semplice come dai dotti della Sorbona. Molti religiosi francescani, benedettini ed
eremiti, affascinati dal suo stile di vita, si aggregarono a lui anche in Francia, contribuendo
all'universalizzazione del suo ordine. Questo comportò gradualmente il passaggio da un puro
eremitismo a un vero e proprio cenobitismo, con la fondazione di un secondo ordine (per le suore) e un
terzo (per i laici). Le rispettive regole furono approvate da Papa Giulio II il 28 luglio 1506. Il re Carlo VIII,
successore di Luigi XI, stimò molto Francesco e contribuì alla fondazione di due monasteri dell'Ordine
dei Minimi, uno a Plessis-lez-Tours e uno sul monte Pincio a Roma. Nel 1498, alla morte di Carlo VIII,
ascese al trono Luigi XII che, benché Francesco chiedesse di tornare in Italia, non lo concesse. Il santo
eremita aveva ormai 82 anni, e da 15 viveva in terra straniera.

Il sereno epilogo e la grande eredità spirituale[modifica | modifica wikitesto]


Dopo aver trascorso gli ultimi anni in serena solitudine, morì in Francia a Plessis-lez-Tours il 2
aprile 1507, un venerdì santo, a ben 91 anni, età più che ragguardevole per l'epoca. Approssimandosi
la sua fine, chiamò a sé i suoi confratelli sul letto di morte, esortandoli alla carità vicendevole e al
mantenimento dell'austerità nella regola. Provvide alla nomina del vicario generale e infine, dopo avere
ricevuto i sacramenti, si fece leggere la Passione secondo Giovanni.

Culto[modifica | modifica wikitesto]


Fu canonizzato il 1º maggio 1519, a soli dodici anni dalla sua morte, durante il pontificato di Papa
Leone X (al quale predisse l'elezione al soglio pontificio quando questi era ancora bambino[12]), evento
molto raro per i suoi tempi. Il 13 aprile 1562, degli ugonotti forzarono la sua tomba, trovarono il corpo
incorrotto e vi diedero fuoco.[13] A causa dell'incendio sono rimaste pochissime reliquie, conservate in
massima parte nei conventi dei Minimi, fra cui Palermo, Milazzo e Paola. La sua festa si celebra il 2
aprile, giorno della sua nascita al Cielo. Tuttavia, non potendosi spesso celebrare come festa liturgica
perché quasi sempre ricorre in Quaresima, la si festeggia ogni anno a Paola nell'anniversario della
sua canonizzazione, il 1º maggio. La notizia, però, arrivò a Paola tre giorni dopo; per questo i
festeggiamenti si tengono dall'1 al 4 maggio.
Urbano VIII il 23 marzo 1630 lo dichiara Patrono del Regno di Sicilia.

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