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1.

BANDA CRITICA
Pensiamo a 2 suoni puri: se sono di frequenza molto vicina possiamo
immaginare che, oltre a competere con i medesimi ricettori nella membrana basilare
dell’ orecchio, percorreranno la medesima strada per giungere al cervello, ossia le
medesime fibre nervose che portano i segnali acustici. In tal caso si disturberanno a
vicenda e la sensazione dei due suoni ci apparirà per così dire “sporca”. Se invece le
2 frequenze sono più distanziate, percorreranno strade differenti col risultato che tra
loro non vi sarà disturbo e la nostra sensazione sarà più netta e precisa. La
differenza fra le frequenze al di sotto della quale si verificano i fenomeni di disturbo
è chiamata “ banda critica”.

Larghezza della banda critica

La banda critica dipende dalla frequenza: al di sopra di 450-500 Hz essa si


mantiene costante nel senso che aumenta proporzionalmente alla frequenza. In
queste condizioni si può dire, con buona approssimazione, che due frequenze
cadranno entro la banda critica se la loro distanza é inferiore alla 3^ minore, mentre
risulteranno fuori se la loro distanza è pari o superiore a tale intervallo (fig . 24). Al
di sotto di quel limite (450/750 Hz) l’orecchio si mostra meno capace di selezionare
i suoni. Pertanto anche ad un intervallo di 3^ minore e, naturalmente, a intervalli più
piccoli, il suono ci apparirà sporco e dissonante.
Figura 24: grafico della banda critica

Media tra le 2 frequenze

Da 500 Hz (circa) in su la terza minore si trova al di sopra della banda critica,


mentre al di sotto di quella frequenza si trova all’interno di essa Sull’asse verticale i
valori indicano la differenza tra le frequenze in esame, mentre sull’asse orizzontale
la loro media. In pratica: con due suoni rispettivamente di 850 Hz e 1100 Hz la
frequenza media è di 975 Hz. e la differenza di 250 Hz. Localizzato il punto, si può
constatare che la risultante si colloca al di fuori della banda critica.

Banda critica e suoni complessi

Di norma, nei libri di psicoacustica, quando si parla di banda critica si fa


riferimento ai suoni puri, quelli cioè che hanno una sola armonica (in genere la
sinusoide). In tali condizioni le caratteristiche delle singole frequenze si mostrano
senza che interferiscano altri fattori. Quegli stessi esperimenti riprodotti con suoni
complessi - ad es. i suoni di un pianoforte - non producono i medesimi risultati E’
infatti intuitivo immaginare che l’insieme delle armoniche superiori, in funzione
anche della loro energia relativa, influirà sulla qualità percettiva dell’intervallo (ad
esempio stemperando la crudezza dovuta alla banda critica che potrebbe interessare
solo le frequenze fondamentali e non quelle superiori).
Quindi, riepilogando: al di sotto di un certo registro, l’orecchio elabora male i
segnali provenienti da più eventi sonori e questo registro si colloca nel caso dei
suoni puri al di sotto dei 450-500 Hz, mentre per i suoni complessi si può scendere
ancora fino ai 250-300. Al di sotto di tale ambito, tuttavia, anche con i suoni
complessi, quelli cioè utilizzati in musica, occorre fare attenzione perché il risultato
percettivo sarà un suono aspro, dissonante, poco chiaro quanto a definizione di
intervallo. Se esaminiamo la letteratura musicale ci si rende conto di quanto
l’orecchio dei musicisti abbia tenuto in considerazione tale legge psicoacustica.
Riflessi sull’esperienza musicale della banda critica

La scrittura pianistica si presta bene allo scopo: ci concentreremo, in


particolare, sulle formule assegnate alla mano sinistra. Anche laddove le note
non siano simultanee ma in successione possono, in base al loro registro,
presentare proprietà timbriche che interessano il nostro argomento. Un tipico
caso è il così detto “basso albertino”, una formula di accompagnamento
pianistico assai in uso nella seconda metà del 700.

A) Questo è l’incipit della Sonata K 331 di Mozart. L’ambito delle note


della mano sinistra è Do4 - Sol 4, ossia 261,6 e 391,9 Hz, con i seguenti
valori:

Figura 25: W.A.Mozart, Sonata K 331 I tempo (frammento)

- una differenza. di 130,3 Hz tra. le fondamentali


- una media di 326,7 Hz
Osservando il precedente grafico della banda critica ci si accorge che, con
tali valori, ne stiamo fuori e, comunque, l’insieme è assai più consonante di
quanto possa apparire perché parliamo di suoni complessi e non puri.

B) Il successivo frammento (fig. 26), tratto dal Preludio n. 24, op. 28 di


Chopin, mostra un tipo di scrittura alla mano sinistra estremamente più estesa. La
cellula-figura di 5 note, che si ripete continuamente, è delimitata da un intervallo
di ben 20 semitoni, ed esattamente da Do2 (65,4 Hz) al Lab3 (207,6 Hz). Dunque
si ha:

- differenza tra fondamentali: 142 Hz


- media: 136,5 Hz
Figura 26: F.Chopin, Preludio n. 24 op. 28 (frammento)

Anche le note interne, che completano di volta in volta gli accordi,


risultano spaziate rispetto all’esempio precedente. In questo caso, infatti, i
registri sono più gravi (ad es. il Do2) e la spaziatura diventa indispensabile per
una migliore sonorità dell’insieme.

C) Infine analizziamo quest’altro esempio, tratto da F. Liszt, Studio


trascendentale per pf , n. 10.

Figura 27: F.Liszt, Studio trascendentale n. 10 (frammento)

L’accordo inscritto nel riquadro si compone di suoni estremamente bassi. Da


Fa1 a Fa2 si ha nell’ordine: 43,6; 51,9; 65,4; 87,3 Hz. Le due note più vicine e più
gravi (Fa1-Labl) distano solo 8,3 Hz, con una media di 47,75 Hz. Tenendo
conto che a livelli così gravi occorrerebbe stare almeno sui 100 Hz di distanza
siamo ben all’interno della banda critica.

Riassumendo: gli esempi di Mozart e Chopin mostrano un’attenzione alla


sonorità piena e consonante. Nel caso di Mozart - per il suo registro
centrale - con prevalenza verso la nitidezza del suono, nel caso di
Chopin con prevalenza verso la fusione e la risonanza complessiva. In
Liszt emerge invece un’idea di suono grezzo, materico, con risvolti rumoristici:
aspetti impiegati per funzioni di drammatica espressività.

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