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LEZIONE 9 10/11/2014

ARTICOLO 7: Il ruolo del manager (Hambrick, D’Aveni, 1992)


In una situazione di crisi, una delle soluzioni più efficienti è il “ciclo di boa” cioè di tornare indietro e di valutare l’intero
processo produttivo. Una situazione di turnaround è caratterizzata da un coinvolgimento degli stakeholder ampio.
Abbiamo la possibilità di operare nell’ottica dell’innovazione
o un’ottica della conservazione.
Dall’altro abbiamo il coinvolgimento degli stakeholder ampio
o ristretto. Nel turnaround devo coinvolgere più persone
possibili e devo cambiare radicalmente rispetto al passato.
Se cambio più persone possibili, devo cambiare per primo
quella persona che ha causato la situazione di crisi.

Il turnaround è una situazione in cui la diagnosi del momento di crisi è arrivata troppo in ritardo, probabilmente il
manager NON ha realizzato cambiamenti e quindi è colpevole NON tanto che l’impresa sia in crisi, quanto NON ha
cambiato la situazione nel tempo. Siccome per cambiare politica, la soluzione migliore è innovare/cambiare, l’idea di
base è che il primo soggetto da modificare è il manager, se cambio il manager è più sicuro che posso cambiare le
politiche.
In sostanza la genesi della crisi è l’errore manageriale (se il manager si fosse accorto prima, probabilmente la
situazione di crisi NON sarebbe intervenuta).

LA GENESI DELLA CRISI NELL’ERRORE MANAGERIALE:


1) Un elemento centrale della spirale viziosa del declino sta nella errata percezione degli eventi da parte del manager
e del perpetuarsi dell’ERRORE MANAGERIALE in situazione di crisi. Cosa fa un bravo manager? Anche se tutto va bene
inventa la crisi (anche se NON è in crisi, deve percepire la crisi).

2) Un elemento che potrebbe spiegare perché alcune imprese falliscono è proprio la direzione da parte di un manager
che differisce sistematicamente da quello di un impresa in salute o di successo. Gli autori analizzano le imprese in crisi
ed in successo, ed analizzano in particolare le caratteristiche del manager, che sono caratteristiche psico-grafiche (cioè
come si comporta questo manager? Che background ha? Che abitudini ha? Questo background può essere un fattore
determinante di crisi?). Valuterò una notevole differenza delle caratteristiche tra un imprenditore di un’impresa di
successo ed un imprenditore dell’impresa in crisi. In altre parole si confrontano le imprese in crisi e quelle sane, e si
valutano i manager secondo caratteristiche personali ed impersonali.
La differenza può essere imputabile a molti aspetti personali o professionali del manager, come il talento, l’esperienza,
l’istruzione, che sono stati studiati in maniera scientifica.
Alcuni di questi sono difficili da valutare (ad esempio il talento, l’istruzione è difficile valutare ad esempio un manager
che ha fatto un MBA ed uno che NON l’ha fatta. Può capitare che un manager con una laurea in lettere sia più geniale
nella percezione della formula imprenditoriale e riesca meglio di un manager specializzato in un MBA).

3) Gli studi più interessanti si concentrano sul top management team (TMT), cioè sul gruppo di manager di alto livello,
che comprende (ma NON si limita a) il CEO e di fatto dirige strategicamente ed operativamente l’azienda. Quindi chi
ha capo, ha delle caratteristiche diversa in un’impresa in crisi rispetto ad una sana.

Quindi il primo elemento da analizzare è la divergenza tra un’impresa con TMT sano ed una con TMT in crisi. In realtà,
queste caratteristiche diverse tra imprese, si vanno accentuando man mano che le imprese si avvicinino. Esiste un
rapporto di causalità NON solo tra le caratteristiche del manager e l’impresa in crisi (cioè NON solo le caratteristiche
del manager influenzano la crisi dell’impresa), ma è anche vero che la crisi porta ad una selezione del TMT che
comporta caratteristiche sempre più accentuate nel management dell’impresa.
Quindi in sostanza, questa spirale è un circolo vizioso. Alcune caratteristiche del manager portano alla crisi, inoltre più
la crisi si avvicina e comporta la selezione del TMT, per cui il TMT diventa composto ancor più di quegli elementi che
avevano portato alla crisi. Quindi la situazione peggiora, deteriora.

TMT DIVERGENCE AND DETERIORATION:


- TMT DIVERGENCE: negli anni che precedono il fallimento, la composizione del TMT delle imprese coinvolte è diversa
da quella delle imprese comparabili che sopravvivono. La prima cosa che notano questi studiosi è che c’è divergenza
tra TMT in termini di composizione delle imprese coinvolte in situazioni in crisi rispetto a quelle che sopravvivono (e
quindi che sono sane);

- TMT DETERIORATION: le divergenze fra i due tipi di TMT aumentano man mano che l’impresa si avvicina alla
bancarotta. Il secondo elemento che studiano è il TMT DETERIORATION: in altre parole visto che la situazione NON si
risolve, la divergenza tra i 2 tipi di TM aumenta. Quindi se io studio il momento lontano dalla crisi ed un momento
vicino alla crisi, la situazione di 1 anno fa è molto diversa rispetto alle caratteristiche dell’impresa sana. La situazione di
un TMT in crisi 2 anni fa, è simile a quella di dell’impresa con un TMT sano. È un processo che comporta divergenza
man mano che ci si avvicina alla crisi;

- ACCELERATING TMT DIVERGENCE: è possibile misurare un tasso incrementale di deterioramento del TMT man mano
che ci si avvicina alla bancarotta. È un processo che NON è lineare. Dunque NON solo peggiora, ma peggiora più che
proporzionalmente man mano che ci si avvicina alla crisi;

- TWO-WAY CAUSALITY: il deterioramento del TMT precede e consegue al deterioramento della performance
organizzativa. Il motivo per cui questo processo degenera in maniera più che proporzionale è che il deterioramento,
NON solo precede la situazione di crisi, ma consegue anche la situazione di crisi. La situazione crisi è una variabile
endogena della composizione del TMT (cioè il TMT è tale proprio perché c’è una situazione di crisi in corso, un
elemento influenza l’altro e viceversa).

QUALI SONO LE CARATTERISTICHE CHE INFLUENZANO IL DETERIORAMENTO NELLE IMPRESE IN CRISI: Quindi quali
sono gli elementi che hanno portato al deterioramento di un’impresa in crisi? Esistono due classi principali in cui
suddividere le caratteristiche del TMT da analizzare per comprendere il declino organizzativo:
- risorse del TMT: le potenzialità di turnaround presenti nel TMT dipendono dalle abilità di ciascun componente
(ciascuna risorsa umana) del gruppo. Quindi valutano l’elemento personale e professionale presente in ciascun TMT.
Per esempio in un’impresa familiare è probabile che ci sia un elemento parte della famiglia, ma NON è detto che sia
specializzato ed abbia le competenze professionali per occupare quella professione. Altro esempio si trova nelle
imprese controllate dallo Stato, nell’esecutivo invece di esserci manager meritevoli, ci sono dei soggetti collegati alla
politica (queste connessioni alla politica influenzano le qualità del management). Per cui se il proprietario Stato
individua dei soggetti che NON hanno le qualità, ma hanno un rapporto fiduciario politico, la risorsa personale umana
probabilmente sarà uno degli elementi fondamentali che porterà ad una situazione di crisi (invece in un’impresa sana
ci sono manager con adeguata competenza professionale);
- struttura sociale del TMT: NON solo le potenzialità del gruppo dipendono dall’abilità dei singoli componenti, ma
anche dalla struttura sociale interna del TMT, da cui dipende la velocità e la qualità dei flussi informativi, la
motivazione al miglioramento (che dipende dalla qualità delle relazioni nel gruppo), ecc. Cioè messi insieme più
soggetti, il risultato NON è una semplice somma, ma è un risultato che produce anche delle sinergie. Per cui conta
anche la qualità dei singoli componenti, ma la struttura sociale interna del TMT è importante (se i rapporti tra i
membri del TMT sono buoni, è più facile che si arrivi a soluzioni, altrimenti è più difficile che si arrivi a soluzione). Dato
che il TMT funziona a gruppo, è necessario che gli organismi sociali collaborino tra di loro.
È chiaro inoltre che dalla struttura sociale, quindi dai rapporti sociali interni dei vari soggetti, dipende la velocità e
qualità dei flussi informativi. Quindi se un soggetto ritiene che la situazione è in crisi e sia in grado di individuare il
colpevole della crisi, se c’è un buon rapporto tra i vari elementi, è probabile che questa situazione arrivi subito; invece
se il rapporto NON è buono, è probabile che l’informazione NON arrivi e quindi che NON si arrivi ad individuare la crisi.
Quindi la qualità delle relazioni del gruppo, è importante al pari delle risorse composte da ciascuna risorsa umana.

Sulla sinistra ci sono le risorse che si possono annoverare in un TMT. Nella seconda colonna si individua come
influenza ciascuna risorsa il deterioramento e quindi l’avvicinamento al livello default.
DIMENSIONE DEL TMT: Gruppi molto ristretti possono portare a problemi organizzativi, perché un gruppo molto
ristretto è probabile che resti convinto della bontà della sua amministrazione (ad esempio l’amministratore unico,
l’amministratore delegato che fa la propria scelta e NON ha nessuno che fa notare che tale scelta sia sbagliata e quindi
sia miope e NON in grado di prevedere la situazione di crisi in anticipo). Dall’altra parte un gruppo molto ampio,
comporta diseconomie nel trasferimento delle informazioni e comporta difficoltà nell’effettuare una scelta ottimale
(se si è in pochi a comandare, è facile che NON si arrivi mai in maniera decisa, invece è necessario un gruppo che sia
agevole da gestire in maniera organizzativa).
Altro elemento che influisce sulla situazione di deterioramento del TMT, è la presenza di CONSIGLIERI INDIPENDENTI
ED ESTERNI: la presenza di soggetti esterni (pur NON esecutivi) che collaborano, potrebbe aiutare all’individuazione di
una situazione di crisi, fornisce idee/soluzioni/prospettive diverse. Per cui molto spesso si affiancano al TMT, organi di
staff (per esempio l’internal auditor che è un organo di staff che fa il controllo di gestione ed ha come obiettivo
migliorare le performance dell’azienda, NON solo a livello operativo in termini di costi e di efficienza, ma anche a
livello direzionale valutando che il manager ed il collegio sindacale facciano il proprio dovere). La presenza di questi
organi, significa rendere pluralistica la gestione e quindi più facilmente individuare la situazione di crisi.
Altro elemento fondamentale è che tra le risorse umane di un TMT, ci siano degli ESPERTI FUNZIONARI:cioè soggetti
specializzati in alcune aree di gestione (ad esempio nell’area della finanza, è fondamentale la presenza di un esperto di
finanza in un’azienda in crisi ad esempio per trovare denaro. Oppure si potrebbe investire in un nuovo settore per
uscire dalla crisi e si potrebbe individuare un soggetto che sia sempre stato in quel settore e quindi sia un esperto nel
mercato).
Un altro elemento importante è la REMUNERAZIONE DEL TMT: a parità di settore industriale e di dimensione
dell’impresa, ci si aspetta che la remunerazione del manager sia proporzionata al suo carico. Vanno inoltre stabiliti i
premi, benefit ed i redditi accessori derivanti dalla crisi aziendale. In realtà se io remunero il valore del manager in
base alle prestazioni, è facile che la situazione di crisi possa incidere su una situazione di riduzione dei benefit nella
remunerazione in tasca all’amministratore, il quale si accorge prima della situazione di difficoltà.
Legare la remunerazione del manager al valore di mercato, può portare il manager ad un accorgimento del valore di
oggi rispetto al valore dell’impresa. Il valore reale di un’impresa è diverso dal valore di mercato. Pur cui se il valore di
mercato è maggiore del valore contabile aggiornato, la performance che percepisce il manager è maggiore, quanto
maggiore è il valore di mercato. Cosa fa l’imprenditore per aumentare il valore di mercato dell’impresa? Prima di tutto
distribuisce i dividendi (se distribuisco ciò, l’impresa ottimizza l’oggi al scapito del domani perché ciò che va a
dividendo NON va a riserva. Se invece il manager conserva invece che distribuire e cerca di puntare sulla performance
di lungo periodo, il mercato NON sarà entusiasta. E dalle performance del mercato otterrà una remunerazione
piuttosto limitata). Esiste un comitato remunerazioni composto da amministratori NON esecutivi (cioè che NON
possono influenzare la gestione e NON possono essere remunerati con contratti compensativi), che legherà i benefit e
contratti compensativi a fattori diversi (un po’ alla performance di mercato, un po’ alla performance di lungo periodo,
un po’ al risultato operativo o alla quota di mercato, ecc..). Nel momento in cui il manager ha una remunerazione
legata ai contratti compensativi, è più facile che la situazione di crisi venga evitata (perché la performance è collegata
alla sua paga).

ELEMENTI CHE COSTITUISCONO LA STRUTTURA SOCIALE DEL TMT:


1) anzianità delle cariche: la durata media in carica nel TMT è un indicatore della coesione del gruppo, poiché indica
che i componenti hanno più a lungo condiviso regole ed esperienze. I costi di transazione sono così minimizzati. La
struttura sociale di un TMT che lavora insieme da più tempo, avrà un effetto migliore rispetto ad un TMT che collabora
da poco tempo. In realtà poiché ci sono alcune regole NON scritte, per cui tutti le conoscono e sanno come ci si
comporta; per cui i costi transattivi sono minimizzati;
2) eterogeneità di inclusione nel TMT: l’inclusione nel gruppo in momenti diversi favorisce i processi di inclusione
sociale, per cui se un membro del TMT cade, cade tutto il gruppo. In una situazione simile, è una situazione pessima
per quanto riguarda i rapporti interpersonali di gruppo, perché nel momento in cui cade il gruppo per intero, cadono
tutte le esperienze poste in essere; il nuovo gruppo deve prima capire come funziona l’azienda, quali erano le politiche
portate in essere dal management ecc e poi potrà operare. C’è una fase in cui cade il management e bisogna
ricostituirla, in cui c’è primo una fase di inoperatività del management perché nel tempo necessario per ricostituire il
management, NON si prenderanno le decisioni importanti ma solo quelle essenziali. Poi c’è un secondo periodo, ossia
quello impiegato dal management per consolidarsi, per apprendere il modo di governare in quell’azienda. Quindi la
caduta intera del TMT, crea dei problemi di creazione di una nuova struttura sociale.
La situazione ideale è quella in cui i soggetti facenti parte del TMT, decadono uno per volta in maniera dilazionata nel
tempo (esistono regole condivise secondo cui un vecchio membro cade ed un nuovo membro si costituisce all’interno
del gruppo e gli altri lo aiutano a capire come funziona il gruppo, integrandosi individualmente. Ciò comporta meno
spese di costituzione del gruppo. Si parla di innovazione istruttiva e NON distruttiva, perché da le proprie opinioni ma
si integra a quelle precedenti).
L’appartenere ad un gruppo da uno stesso momento di “iniziazione” crea un senso di appartenenza alla “coorte”
troppo forte, che mal si adatta alle necessità di dinamismo dell’azienda. Il “pensiero unico di gruppo” porterebbe il
TMT verso soluzioni poco realistiche e quindi strategicamente pericolose. Tuttavia, l’eccesso di eterogeneità potrebbe
portare a difficoltà di comunicazione e organizzazione;
3) dominanza del CEO (Chef Executive Officer): la presenza di un soggetto dominante (autocrate, cioè un soggetto che
domina che NON vuole condivisione, ma vuole effettuare le proprie scelte in maniera autonoma senza dare il diritto di
replica) che NON lascia libertà di espressione al resto dell’organizzazione, è spesso legata a situazioni di insuccesso
(perché un soggetto autocrate difficilmente ammette il suo errore e quindi difficilmente si discosta dal passato e
cambiare).
Costui, infatti, imporrebbe la propria visione e porterebbe alla frustrazione i soggetti sottomessi (in effetti in un Cda in
cui un soggetto comanda sugli altri, se gli altri soggetti NON possono fare scelte autonome, probabilmente saranno
obbligati in una posizione di frustrazione) ed è probabilmente una situazione che porta all’insuccesso. In senso
opposto, una leadership troppo debole è anche una probabile occasione di insuccesso,

Notiamo come varia il processo di deterioramento. C’è una situazione deficitaria di performance organizzativa
(Deficient Organizational Performance), per cui si identificano alcune caratteristiche nella struttura sociale che porta al
deterioramento (Divergent TMT Social Structure), per esempio: CEO autocrate, Cda che cambia continuamente e NON
ha il tempo di adeguarsi, mancanza di omogeneità o eterogeneità nel TMT.
In questa maniera interviene una situazione di accelerazione del deterioramento della performance (Accelerating
Deterioration of Performance), che porta anche ad un’accelerazione del deterioramento delle risorse del TMT
(Accelerating Deterioration of TMT Resources) per esempio: una diminuzione dei membri del team, diminuzione degli
executive esterni, mancanza di esperti funzionali, riduzione dei livelli di compensazione.
Questa situazione comporterà una situazione di fallimento dal punto di vista organizzativo (Organizational Failure).
La prima fase del deterioramento dura da 3 a 5 anni, la seconda fase al massimo 1-2 anni (una volta deteriorate le
strutture, si deteriorano le risorse).
In sostanza in una struttura che NON funziona, le risorse umane valide NON vogliono entrare o vogliono uscire. In una
struttura che NON funziona, le risorse migliori cercano di uscire perché:
- da un lato NON hanno le compensazioni valide (NON viene pagato quanto si dovrebbe);
- dall’altro lato si rende conto che può fare poco per migliorare la struttura, vede a distanza l’arrivare della crisi, NON
vuole essere coinvolto dalla crisi e si rende conto che prima esce dall’azienda e meglio è.
Il deterioramento delle risorse porterà ad un ulteriore deterioramento della struttura.

CONCLUSIONI:
1) in un’impresa in crisi, le risorse finanziarie scarseggiano (e poi ci si accorge anche della crisi economica);
2) di conseguenza è difficile evitare che i manager migliori lascino l’impresa (cioè se mi rendo conto che la mia paga
NON può aumentare perché un TMT NON riesce ad uscire da una situazione di crisi, è facile che io esca dall’impresa).
Se NON c’è movente economico, il manager deve avere un movente diverso ad esempio sociale, per restare
nell’impresa in crisi (ad esempio in una situazione in cui il TMT si rende conto dell’errore e chiama un manager esterno
bravo nel TMT, questo soggetto è sottomotivato perché sa di andare a ristrutturare un’impresa in crisi. In questa
situazione NON c’è il deterioramento della struttura, quindi inserendo la risorsa umana la situazione potrà risolversi.
Invece in un TMT in una situazione in cui la struttura è deteriorata, ed il CEO impone la sua propria visione, chiamare
un soggetto esterno significa far un investimento inutile, perché quel soggetto esterno NON accetterà di essere
coinvolto in una situazione deficitaria);
3) in caso di CEO autocrate il movente sociale è completamente annullato (perché manca la condivisione), anzi la
permanenza nel TMT comporta frustrazione (quindi tutte le buone risorse che ci sono nel TMT, escono);
4) quindi la più evidente caratteristica del TMT in declino organizzativo, è proprio l’eccesso di dominanza del CEO,
accompagnato da altre caratteristiche di struttura sociale del TMT (quindi il primo soggetto colpevole della crisi è il
top management).

CONCLUSIONI 2:
a) entrati nella spirale viziosa del deterioramento organizzativo, le caratteristiche delle risorse del TMT accelereranno
il processo di deterioramento (per cui se manca la struttura e mancano le risorse, in sostanza NON c’è più niente che
può far cambiare la situazione, ma si cercherà di cambiare la struttura con piccole modifiche operative);
b) quindi, le imprese in bancarotta, man mano che il fallimento si avvicina, sono caratterizzate da TMT di poco
numerosi, con meno indipendenti, con meno specializzazione funzionale (il manager con buone competenze lascia
l’impresa) e remunerazioni complessivamente molto inferiori (chi sta dentro l’impresa, accetta l’idea di essere uno dei
soggetti che ha portato l’impresa in default, deve essere compensato economicamente dall’ipotesi di NON riuscire ad
ottenere contratti futuri. Nel mio curriculum indicherò che sono stato responsabile dei fallimenti);
c) lo “stigma” del fallimento è vicino, quindi le risorse migliori vanno via e NON vengono rimpiazzate (anche perché è
difficile trovare un altro soggetto che voglia accettare). È possibile che in questa fase il CEO autocrate NON sia più nel
TMT (perché la prima soluzione per superare la crisi è cambiare il responsabile della crisi), obbligato a lasciare la sua
posizione di potere o modificare il suo comportamento per via dell’evidente insuccesso del suo operato. Questo
perché se la situazione è particolarmente evidente, il gruppo di maggioranza si rende conto dell’incapacità del CEO (e
che la causa principale è in capo a tale soggetto) e destituisce il management.

Da una situazione di deterioramento, deriva la fuori uscita dei migliori, per cui cade la performance organizzativa. E
cosa succederà alle risorse migliori del management?
1) vanno via per cercare paghe migliori;
2) vanno via volontariamente per evitare lo “Stigma” (cioè essere ricordati come coloro che hanno portato l’impresa al
fallimento);
3) si cerca in maniera propositiva di cambiare questo team, evitando queste uscite e cercando di inglobare i soggetti
che possano migliorare la situazione;
4) si cerca di giustificare agli occhi dell’azionisti la crisi, individuando il capo espriatorio e si fa uscire dall’impresa il
soggetto individuandolo come colpevole (anche se potrebbe NON esserlo. In questo caso la situazione NON migliorerà
e peggiorerà ulteriormente, per cui ricominceranno i processi).
Sono tutte cause che determinano una diminuzione di risorse.

TMT TURNOVER (1):


Uno degli elementi fondamentali è il turnover nel TMT. Cos’è il turnover? Quando spesso decido di inserire un
elemento nuovo e togliere un elemento vecchio dal top management (se io innovassi continuamente sarei in grado di
portare nel top management continue idee/visioni nuove).
La conseguenza più immediata e che maggiormente alimenta la spirale viziosa è il numero di licenziamenti nel TMT in
situazione di crisi (se faccio ciò in una situazione di crisi, è automatico che l’impresa NON migliora ma peggiora). È
possibile che il licenziamento avvenga in modo diverso, con cause e conseguenza diverse:
1) dimissioni volontarie, alla ricerca di paghe migliori e di possibilità di carriera;
2) dimissioni volontarie, per evitare lo “stigma” del fallimento (soprattutto per i manager più giovani che NON hanno
un curriculum forte alle spalle; quella è l’unica occasione che hanno e se l’impresa va in fallimento è difficile trovare
altro lavoro);
3) licenziamenti imposti dal CEO autocrate, che dà la colpa del fallimento ai manager divisionali, capri espiatori delle
sue colpe;
4) licenziamenti o dimissioni finalizzati a innescare un processo di cambiamento (è l’unica modalità che potrebbe
variare qualcosa, ma è difficile da applicare in un’impresa in crisi).

TMT TURNOVER (2):


In realtà, l’unica delle soluzioni che può permettere all’impresa di invertire la spirale ed innescare un processo di
cambiamento è quella sub 4.
Il turnover nel TMT, se strategicamente pianificato, è la chiave del successo di un processo di turnaround (quindi il
ruolo del management è fondamentale; se faccio un turnover continuo, finalizzato, scegliendo le risorse migliori per
migliorare la situazione, è più probabile che l’impresa NON arrivi mai in crisi perché introduco sempre un elemento
nuovo nel TMT).
L’insuccesso dell’impresa deve essere imputato al TMT ed al suo CEO. La sostituzione immediata dei vertici aziendali al
momento della individuazione di una situazione di crisi preoccupante, è una delle variabili maggiormente correlate al
successo della strategia di risanamento. In generale all’aumentare del tasso di turnover, aumenta la probabilità che
l’impresa esca dalla crisi (cioè se io oltre ad eliminare la causa della crisi dell’azienda, cambio anche le teste che
pensano, è più probabile che riesca ad uscire dalla situazione di crisi)
Un buon manager previene la crisi con strategie di innovazione. Se NON è in grado di prevenire, allora un buon
manager si accolla tutta la responsabilità dell’insuccesso dell’impresa e si dimette dall’incarico, consentendo
l’innovazione più totale nelle strategie aziendali. Cioè se NON è in grado di trovare una soluzione, la prima cosa che
deve fare è proprio uscire (perché l’idea migliore NON è nella sua testa ma potrebbe essere in qualche altro).
Quindi l’INNOVAZIONE è una soluzione preventiva e successiva alla crisi
L’innovazione è l’elemento migliore per evitare la situazione di crisi, perché se ad esempio introduco un manager
nuovo ogni anno, ho sempre una visione nuova e prevengo la crisi. Però è anche una soluzione successiva perché una
volta individuata la situazione di crisi, devo innovare per migliorare qualcosa.

Il declino organizzativo è un elemento di stimolo all’innovazione.


Il declino organizzativo deve essere considerato dal TMT come occasione per innescare processi di innovazione. Alcuni
fattori ambientali ed organizzativi possono stimolare l’innesco di tali processi. Allo stesso tempo, alcune
caratteristiche psicografiche del manager possono interferire/agevolare i processi.

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