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Rivista di Storia della Filosofia (1984-)
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SARTRE E BRENTANO:
«COGITO PRE-RIFLESSIVO» E «COSCIENZA INTERNA»
di Silvano Sportelli
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anche Sartre in quella che lui stesso chiama «una dialettica - e assai complessa -
da Brentano a Husserl e da Husserl a Heidegger: influenze, opposizioni, accordi, nuove
opposizioni, incomprensioni, malintesi, rinnegamenti, superamenti, ecc.» ( Questioni di
metodo , in Critica della ragione dialettica (1960), Il Saggiatore, Milano, 1963, voi.
I, p. 42). Quasi mai, tuttavia, fa riferimento a lui, e quando lo fa normalmente lo
associa a Husserl. Scrive, per esempio, ne L'Essere e il Nulla (1943), Mondadori, Mila-
no, 1958, p. 62: «D'altra parte una delle direzioni della filosofia contemporanea sta
nel vedere nella coscienza umana una specie di fuga da se stessa: tale è il senso della
trascendenza in Heidegger; P intenzionalità di Husserl e di Brentano ha anch'essa in
molti punti il carattere di un distacco da sé».
3. Cfr. Ricerche logiche , V, § 2, Il Saggiatore, Milano, 1968, vol. II, pp. 140-142.
4. Scrive, per esempio, Brentano, in una lettera a A. Marty del 17 marzo 1905
( Warheit und Evidenz (1930), Felix Meiner Verlag, Hamburg, 1974, p. 88): «Se, nella
nostra rappresentazione, vediamo un cavallo, la nostra rappresentazione ha come pro-
prio oggetto immanente non un «cavallo rappresentato» ma un cavallo».
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Sartre e Brentano 497
5. Idee /, § 77, Einaudi, Torino, 1965, p. 166. «Ogni io vive i suoi Erlebnisse ,
nei quali è, in diversi modi, realmente ed intenzionalmente rinchiuso. Il fatto che egli
li viva non significa che li abbia «nello sguardo», essi e ciò che contengono, e che
li afferri nel modo dell'esperienza immanente. Ogni Erlebnis che non sia «nello sguardo»
può diventare «veduto», per una possibilità ideale, in quanto una riflessione dell'io
si diriga su di esso, che divenga così oggetto per l'io» (Ivi, § 77, p. 164).
6. Si tratta di psicologi e filosofi quali H. Maudsley, G.T. Fechner, W. Wundt,
H.L. von Helmholtz, H. Ulrici, F.E. Beneke, G.H. Lewes, J. Mill, J. Stuart Mill,
W. Hamilton, J.F. Herbart, E. von Hartmann.
7. Va però ricordato che da studente, Freud, animato da un forte interesse per la
filosofia, pur avendo scelto gli studi di medicina, non solo seguì, negli anni 1874-76,
come uditore, dei corsi di lezioni e dei seminari di Brentano (che proprio nel 1874
iniziava il suo insegnamento all'Università di Vienna), ma anche lo conobbe personal-
mente. È quindi anche possibile supporre che una qualche influenza la dottrina di
Brentano l'abbia esercitata su Freud. Qualche traccia brentaniana può essere vista,
per esempio, nella distinzione riproposta da Freud tra fenomeni fisici e psichici, e nel
suo rifiuto di ogni spiegazione fisiologica della vita psichica, nel problema del rapporto
oggettuale e delle sue diverse modalità, e nel concetto di investimento oggettuale (su
cui può aver agito la stessa teoria dell'intenzionalità). Ma va da sé che sull'inconscio
le posizioni non potevano essere che opposte, anche se si può ritenere che il pensiero
di Brentano sia stato, per il giovane Freud, uno dei primi incontri, pure se in senso
negativo, col problema dell'inconscio. Cfr. E. Funari, Il giovane Freud. Sigmund Freud
e la Scuola di Vienna , Guaraldi Editore, Rimini-Firenze, 1975, pp. 136-144; si può
inoltre vedere P. Merlan, Brentano e Freud , «Journal of History of Ideas», 6, 1945,
pp. 375-377; 10, 1949, pp. 451-453; e anche una lettera dello stesso Freud a H. Gomperz
del 9 giugno 1936.
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498 Silvano Sportelli
2. L'intenzionalità
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Sartre e Brentano 499
zionalità» il riferirsi
ai loro oggetti.
L'aggettivo determinati
della classe di vissuti [...
secondo la modalità dell
[...] (Ricerche logiche , V, § 13, vol. II, p. 168).
9. Cfr. Ricerche logiche , V, § 11, vol. II, p. 163. «Noi intendemmo per intenzionalità
la proprietà degli Erlebnisse di essere «coscienza di qualche cosa». Questa mirabile
proprietà [...] ci venne incontro dapprima nell'esplicito cogito : un percepire è percepire
di qualcosa, poniamo di una cosa spaziale; un giudicare è giudicare di un rapporto-di-
«cose»; un valutare è valutare di un rapporto-di- valore; un desiderare è desiderare
di un rapporto-di-desiderio, ecc. L'agire va all'azione, il fare al fatto, l'amare all'amato,
il godere al goduto, ecc. In ogni attuale cogito , uno «sguardo» uscente dall'io puro
si dirige all'«oggetto» di quello che di volta in volta è il correlato di coscienza, alla
cosa spaziale, al rapporto-di-«cose», ecc., e realizza la coscienza, diversissima secondo
ogni caso, di esso» (Idee /, § 84, pp. 186-187).
10. Dove Husserl, tra l'altro, esplicitamente nega che si trovino «di fronte due realtà»,
l'oggetto «reale», «l'albero là nel giardino», e «un secondo albero immanente», una
«immagine interna», una «copia», dell'albero reale (cfr. Idee /, § 90, p. 205).
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500
blematico lo sta
porto con l'ogge
Ma come recepi
volta dell'intenz
ma scritto nel 1933-34 a Berlino:
Immaginate ora una serie di esplosioni che ci strappino a noi stessi, che non
lascino neppure a un «noi stessi» il tempo di formarsi dietro di esse, ma
che ci gettino invece al di là [...] tra le cose. [...] Avrete colto il senso profondo
della scoperta che Husserl esprime in questa famosa frase: «Ogni coscienza
è coscienza di qualche cosa». [...]
Husserl chiama «intenzionalità» la necessità per la coscienza di esistere come
coscienza d'altro da sé11.
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Sartre e Brentano
Sartre - come abbiamo già detto - il noema, come «un nulla che
ha solo un'esistenza ideale, un tipo d'esistenza che si avvicina a quello
del lekton stoico»14, è, se deve essere il correlato delle noesi, inaccet-
tabile.
14. Idee per una teoria delle emozioni , Bompiani, Milano, 1962, p. 132.
15. H.L. Dreyfus, Husserl's Perceptual Noema, in Dreyfus (ed.), Husserl, Intentiona-
lity and Cognitive Science , MIT Press, Cambridge, Mass., 1982, pp. 97-98.
16. Cfr. Brentano and Husserl on Intentional Objects and Perception , in H.L. Drey-
fus (ed.), Husserl ', Intentionality and Cognitive Science , pp. 32-41, e Husserl's Notion
of Noema , «Journal of Philosophy», 66, 1969, pp. 680-687, ora anch'esso in H.L.
Dreyfus (ed.), Husserl, Intentionality and Cognitive Science , pp. 74-80.
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502 Silvano Sportelli
è non soltanto una percezione di una cosa determinta, ma anche una percezio-
ne determinata di questa cosa, cioè una percezione attraverso la quale la cosa
appare in una presentazione, e non in un'altra. [...] La percezione è un atto
che si caratterizza essenzialmente mediante l'intenzionalità; è un atto che pos-
siede una funzione oggettivante tale che il soggetto, quando vive un atto di
percezione, si trova di fronte a un oggetto (p. 146)18.
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Sartre e Brentano 503
19. D.W. Smith e R. Mclntyre, Husserl and Intentionality . A Study of Mind , Mea-
ning, and Language y D. Reidei Publishing Company, Dordrecht, 1982, p. 134 (corsivo
mio). Cfr. anche p. 160.
20. «L'albero ut sic , la cosa in natura, è tutt'altro da questo albero-percepito come
tale, che come senso della percezione appartiene inseparabilmente alla singola percezio-
ne. L'albero ut sic può bruciare, dissolversi nei suoi elementi chimici, ecc. Ma il senso
- il senso di questa percezione, cioè qualcosa che appartiene necessariamente alla sua
essenza - non può bruciare, non ha elementi chimici, forze, proprietà reali» ( Idee
/, § 90, p. 203).
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504 Silvano Sportelli
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Sartre e Brentano 505
di bussolotti, fondando
sionale e la sua oggettiv
né il trascendente dall'i
Nulla , p. 27).
Questa impressione visiva che fa presentemente parte della mia coscienza non
è il rosso. Il rosso è una qualità dell'oggetto, una qualità trascendente. Questa
impressione soggettiva che, senza dubbio, è «analoga» al rosso della cosa,
non è che un «quasi-rosso»: e cioè è la materia soggettiva, la «hyle» sulla
quale si applica l'atto intenzionale, che si trascende e che cerca di afferrare
il rosso fuori di sé (Ivi, p. 126).
Ciò vale anche nel caso dell'immagine mentale . Essa non è più un
contenuto psichico, ma, in quanto immagine di qualche cosa, è il
risultato di un «atto intenzionale immaginante» e di una «hyle» «ani-
mata» da esso (cfr. Ivi, pp. 126-127).
24. «Tutti i momenti iletici appartengono aìVErlebnis concreto come parte reale»
( Idee /, § 98, p. 222).
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506 Silvano Sportelli
dà in proprio, ma a titolo
specificazioni avvengono s
rimane sempre la medesim
L'immagine, in altri t
coscienza», ma una «coscienza una e sintetica in relazione con un
oggetto trascendente» ( L'immaginazione , p. 128). Naturalmente la ma-
teria (i dati psichici funzionanti come analogon) è scelta «fra gli oggetti
del mondo interno»26. Ma è solo se è vista come trascendente - ciò
che per Sartre non significa qui «esteriore» - rispetto alla coscienza
che la hyle può essere considerata, con Husserl, come una «materia»
«animata» da momenti noetici (cfr. Idee /, § 98, p. 222).
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Sartre e Brentano 507
Dando alla hyle insieme i caratteri della cosa e della coscienza, Husserl ha
creduto di facilitare il passaggio dall'una all'altra, ma, in sostanza, non fa
altro che creare un essere ibrido che la coscienza rifiuta e che non può far
parte del mondo ( L'Essere e il Nulla , p. 25).
dei suoi rapporti col mondo. Nello stesso tempo, questa pura «soggettività» si dà come
la base necessaria sulla quale bisognerà ricostruire tutte quelle relazioni trascendenti
che la sua apparizione ha appena fatto scomparire» (p. 391). «La sensazione, nozione
ibrida tra il soggettivo e l'oggettivo, concepita a partire dall'oggetto, ed applicata poi
al soggetto, esistenza bastarda che non si sa se viva di fatto o di diritto, la sensazione
è un puro sogno degli psicologi, e bisogna rifiutarla deliberatamente da ogni seria
teoria sui rapporti della coscienza col mondo» (Ivi, p. 392).
Anche Merleau-Ponty si oppone alla nozione di hyle, e, a proposito della sensazione,
scrive: «Ogni sensazione è già impregnata di un senso, inserita in una configurazione
confusa o chiara, e non c'è nessun dato sensibile che rimanga immutato quando io
passo dal sasso illusorio alla macchia di sole vera» (Fenomenologia della percezione ,
Il Saggiatore, Milano, 1965, p. 387; il corsivo è mio). Ma lo stesso Husserl aveva
scritto: «Le sensazioni e anche gli atti che le «apprendono» o «appercepiscono» vengono
vissute [erlebt], ma non si manifestano oggettualmente [gegenständlich]; [...]. Gli oggetti
d'altro lato si manifestano, vengono percepiti, ma non sono vissuti» (Ricerche logiche,
V, § 14, vol. II, p. 174).
28. La divisione, in altri termini, tra ciò che nell'atto è un «vissuto, cioè ciò che
forma una sua componente reale [reell]», e ciò che «è in esso» in un senso improprio
(«intenzionale)» (Husserl, Ricerche logiche , V, § 2, vol. II, p. 143). «La manifestazione
della cosa (il vissuto) non è la cosa che si manifesta [...]. Noi «viviamo» le manifestazio-
ni come appartenenti al nesso della coscienza, mentre le cose ci si manifestano come
appartenenti al mondo fenomenale. Le manifestazioni stesse non si manifestano, esse
vengono vissute» (Ivi, p. 142).
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3. «Coscienza int
Una peculiarità ulteriore comune a tutti i fenomeni psichici è che essi vengono
percepiti solo nella coscienza interna [sie nur in innerem Bewusstsein wahrge-
nommen werden], mentre dei fenomeni fisici si può avere solo una percezione
esterna» (Psychologie vom empirischen Standpunkt , Erster Band, Buch 2,
Kapitel I, p. 128; tr. it. cit., p. 157; corsivo mio).
29. Per Brentano, la percezione interna e la osservazione interna (che per lui è l'equi-
valente della riflessione), «vanno distinte con precisione. Anzitutto, è proprio della
percezione interna il fatto di non potere mai diventare osservazione interna» (Psycholo-
gie vom empirischen Standpunkt , Erster Band, Buch J, Kapitel II, p. 41; tr. it. cit., p. 93).
30. «Sono vissuti o contenuti di coscienza le percezioni, le rappresentazioni fantastiche
e immaginative, gli atti del pensiero concettuale, le supposizioni e il dubbio, le gioie
e i dolori, le speranze e i timori, i desideri e gli atti del volere, ecc., così come hanno
luogo nella nostra coscienza» (Ricerche logiche , V, § 2, vol. II, p. 139). È, questo,
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Sartre e Brentano 509
de nella «percezione i
gnare, sia in generale
presenti, rivolgendosi a
V, § 5, vol. II, p. 146). E nelle Idee scrive:
vivendo nel cogito , non siamo attualmente consapevoli della cogitatio stessa
come oggetto intenzionale; ma essa lo può diventare in qualunque momento,
poiché appartiene alla sua essenza la possibilità di uno sguardo riflessivo nella
forma di un nuova cogitatio , che si dirige apprensivamente, verificandola,
sulla prima. In altre parole, ogni cogitatio può diventare oggetto di una cosid-
detta «percezione interna», e successivamente oggetto di una valutazione rifles-
sa, di approvazione o disapprovazione, ecc. ( Idee /, § 38, p. 81)31.
un concetto di coscienza che può anche «essere inteso in modo puramente fenomenologi-
co», anziché in modo psicologico-descrittivo, se si neutralizza «qualsiasi riferimento
all'esserci empirico-reale» (Ivi, p. 140). Husserl introduce la nozione di «coscienza inter-
na» nella Quinta Ricerca , dopo aver parlato della «coscienza come unità fenomenologico-
reale dei vissuti dell'io» (Ivi, p. 139).
31. Nell'Appendice delle Ricerche Husserl riassume il punto di vista di Brentano:
«Ogni fenomeno psichico non è soltanto coscienza, ma al tempo stesso contenuto di
una coscienza, ed è cosciente anche nel senso più ristretto della percezione. Il flusso
dei vissuti interni è quindi al tempo stesso un flusso continuo di percezioni interne,
che sono tuttavia unificate in modo particolarmente stretto con i vissuti psichici corri-
spondenti. La percezione interna, cioè, non è un secondo atto, un atto autonomo che
si aggiunge al fenomeno psichico corrispondente, ma quest'ultimo contiene, oltre al
suo riferirsi ad un oggetto primario, ad esempio al contenuto esternamente percepito,
anche «se stesso rappresentato e conosciuto nella sua totalità». Nella misura in cui
l'atto è direttamente rivolto al suo oggetto primario, esso è al tempo stesso indirettamen-
te rivolto a se stesso» (Ricerche logiche, Appendice, vol. II, p. 534).
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510 Silvano Sportelli
Capita, tuttavia, che anche Husserl in altri luoghi veda ogni atto
intenzionale accompagnato da una coscienza non riflessiva:
32. «[Gli Erlebnisse ] come coscienza di qualcosa non sussistono soltanto se sono
essi stessi oggetto di una coscienza riflettente, ma sussistono già irriflessi, come «sfon-
do», e quindi sono pronti alla percezione in un senso analogo, inizialmente, a quello
in cui lo sono le cose inosservate» ( Idee /, § 45, p. 98).
33. Per la fenomenologia della coscienza interna del tempo , Franco Angeli Editore,
Milano, 1981, p. 152. Scrive ancora Husserl a p. 119: «Se parliamo di percezione
interna, con questa parola si può intendere soltanto: o, 1. la coscienza interna dell'ogget-
to immanente unitario che sussiste, anche se non vi facciamo attenzione, come costituti-
va di ciò che è temporale; ovvero, 2. la coscienza interna accompagnata dall'attenzione».
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Sartre e Brentano
la coscienza intern
atto, e per ciò essa
In Husserl, dunq
corrente degli Er
costituiti in unit
dei vissuti intenz
«unifica se stessa
sversali» che son
(La trascendenza
«è, secondo la leg
coscienza di esser
che il cogito pre
necessaria e suff
del suo oggetto -
di sé in quanto è questa conoscenza» (p. 16). E Sartre spiega:
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512 Silvano Sportelli
34. «Per Psiche intendiamo l'Ego, i suoi stati, le sue qualità ed i suoi atti. L'E
sotto la doppia forma grammaticale dell'Io e di Me, rappresenta la nostra pers
in quanto unità psichica trascendente» {L'Essere e il Nulla , p. 202).
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Sartre e Brentano 513
è la dimensione d'ess
Anche Descartes, d'altronde, se da un lato ci dà un cogito di tipo
riflessivo e personale (nelP«/o penso» c'è un Io che pensa), dall'altro
lato non solo definisce il pensiero mediante le sue diverse intenzionalità
(«E che cos'è una cosa che pensa? È una cosa che dubita, che concepi-
sce, che afferma, che nega, che vuole, che non vuole, che immagina
anche, e che sente»)35, ma lo mostra anche come consapevolezza im-
mediata di tutto ciò che accade in esso, esprimendo così in qualche
modo anche il carattere della preriflessività.
Col nome di pensiero io comprendo tutto ciò che è talmente in noi, che
ne abbiamo immediatamente conoscenza [tout ce gui est tellement en nous ,
que nous en sommes immédiatement connaissants ]. Così tutte le operazioni
della volontà, dell'intelletto, dell'immaginazione e dei sensi, sono dei pensieri.
Ma io ho aggiunto immediatamente y per escludere le cose che seguono dai
nostri pensieri [per esempio, il movimento volontario]36.
Con la parola pensiero, io intendo tutto quello che accade in noi in tal modo,
che noi lo percepiamo immediatamente per noi stessi [immediate conscii su-
mus]' ecco perché non solo intendere, volere, immaginare, ma anche sentire
è qui lo stesso che pensare [...]. [Iļntendo parlare solo dell'azione del mio
pensiero o del sentimento, cioè della conoscenza che è in me [...]37.
Une substance qui pense [...] c'est une substance qui s'aperçoit de toutes
les actions & passions, & generalement de tout ce qui se passe en elle immédia-
tement & non pas par reflexion38.
Quand l'Ame aperçoit quelque objet des sens, elle n'a pas seulement la con-
noissance de cét objet, mais encore de l'opération par laquelle elle l'aperçoit,
non pas par aucune reflexion qu'elle fasse sur soy-mesme [...]39.
35. Seconda Meditazione , in Cartesio, Opere filosofiche , Laterza, Bari, 1992, vol.
II, p. 27.
36. Seconde Risposte , Def. 1, in Cartesio, Opere filosofiche , vol. II, p. 148.
37. Principi della filosofia, in Cartesio, Opere filosofiche , Laterza, Bari, 1986, voi.
III, Parte Prima, § 9, p. 25. Cfr. anche Robinet, La pensée à l'âge classique , Puf,
Paris, 1981, pp. 28 e 27. Si ricordi inoltre la distinzione tra coscienza e conoscenza
stabilita da Malebranche, anche se egli vede nella coscienza una semplice coscienza
d'esistenza: cfr. ancora Robinet, Ivi, pp. 46-47.
38. La Forge, Traité de l'Esprit de l'Homme (1666), Georg Olms Verlag, Hildesheim-
Ziirich-New York, 1984, Pref., pagine non numerate.
39. E La Forge continua: «... autrement il n'atribueroit pas aussi cette mesme chose
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514 Silvano Sportelli
aux bestes, qu'on n'a jamais crû capable de réflexion; Il faut donc que ce soit immédia-
tement, parce que l'Ame agit, qu'il a crû qu'elle s'apercevoit de son operation. Personne
ne peut ignorer combien cela est conforme au sentiment de Monsieur Descartes, qui
apelle generalement pensée tout ce dont nous nous apercevons immédiatement, parce
que nous la faisons» (Ivi, Pref.). E cita Agostino: «L'animale infatti non potrebbe
aprire gli occhi e muoverli rivolgendoli a ciò che desidera vedere se non percepisse
di non vedere perché ha gli occhi chiusi oppure perché non li rivolge a ciò che vuole
vedere. Così se percepisce di non vedere quando non vede, è necessario che percepisca
anche di vedere quando vede, poiché se vede quello che desidera non ne allontana
lo sguardo, mentre continua a muovere gli occhi se non lo vede. In questo modo
sappiamo che percepisce entrambe le condizioni» (De libero arbitrio , tr. it. La libertà ,
Bur, Milano, 1996, p. 179). Scrive ancora La Forge: «Je vous diray donc que je prens
icy la Pensée pour cette perception, conscience, ou connoissance intérieure que chacun
de nous ressent immédiatement par soy mesme, quand il s'aperçoit de ce qu'il fait
ou de ce qui se passe en luy. Ainsi toutes connoissances de nostre Volonté, toutes
nos imaginations, & toutes les actions de nos sens, ne sont rien autre chose que de
différentes façons de Penser» (Ivi, cap. Ill, p. 14).
40. Cfr. I. Kant, Critica della ragione pura , tr. it. di G. Colli, Einaudi, Torino,
1957, § 25, p. 195.
41. Ivi, § 16, p. 155.
42. Cfr. Sartre, La trascendenza dell'Ego , p. 51 sgg.
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Sartre e Brentano 515
43. «Non esiste fenomeno psichico che non sia, nel senso esposto [«coscienza come
equivalente a fenomeno psichico o ad atto psichico»], coscienza di un obietto (. Psycholo-
gie vom empirischen Standpunkt , Erster Band, Buch 2, Kapitel II, p. 143; tr. it. cit., p. 168).
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516 Silvano Sportelli
ti coscienti, o vi sono an
p. 143; tr. it. cit., p. 168
alcuna «coscienza incons
gomentazioni dei sosten
le rappresentazioni incon
nostra esperienza, e dun
- che poi sarà utilizzato
e dei fatti e comportam
na» - «che quanto non può essere esperito direttamente potrebbe
forse venire dedotto indirettamente in base a fatti empirici» [Ivi, p.
147; tr. it. cit., p. 171]) fare appello all'esperienza per smentirne la
presenza o per fornire delle prove della loro esistenza, i difensori del-
l'inconscio hanno escogitato alcune argomentazioni per dimostrare il
loro punto di vista.
Una di esse parte dall'ipotesi che «certi fatti empirici esigono l'as-
sunzione di un fenomeno psichico inconscio quale loro causa » (Ivi,
p. 147; tr. it. cit., p. 171). È la via più seguita. Ma i suoi sostenitori
non considerano che dei fatti non verificati, come le «cosiddette mani-
festazioni della chiaroveggenza - presagi, presentimenti, ecc.» (Ivi,
p. 148; tr. it. cit., p. 172) -, o non tengono nel dovuto conto la
effettiva possibilità di spiegare il fatto esaminato riferendosi a una
causa inconscia (cfr. Ivi, p. 149; tr. it. cit., p. 173).
Una seconda argomentazione si fonda sul presupposto che un fatto
empirico possa avere come effetto un fenomeno psichico che non si
dà alla coscienza (cfr. Ivi, p. 147; tr. it. cit., p. 171). Ma anche questa
via trascura le condizioni necessarie per la validità della deduzione:
il fenomeno psichico, per esempio, può essere stato dimenticato, o
può avere una causa diversa dagli altri casi esaminati.
Una ulteriore prova si appoggia sull'argomento della regressione
all'infinito, col quale, dice Brentano, si vorrebbe dimostrare «non solo
la falsità, ma addirittura l'assurdità dell'assunzione secondo cui ogni
attività psichica è cosciente» (Ivi, p. 170; tr. it. cit., p. 187). Se non
ci sono fenomeni psichici inconsci, si afferma, si deve ammettere che
ogni rappresentazione presuppone una rappresentazione di secondo
grado, e questa una rappresentazione di terzo grado, e così via all'in-
44. Brentano dichiara di usare il termine «inconscio», non in «senso attivo» (come
quando ci si riferisce a «ciò che non è cosciente di qualcosa») - nel qual caso l'espres-
sione «coscienza inconscia» sarebbe contraddittoria -, ma in «senso passivo» (come
quando ci si riferisce a «una cosa di cui non si è coscienti») (Ivi, p. 143, n. *; tr.
it. cit., pp. 168-169, n. 5).
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Sartre e Brentano 517
finito. Quindi, o si co
chiuda la regressione,
atto dell'udire è conte
(/vi, p. 171; tr. it. cit., p. 188), il che è assurdo. Ma Aristotele45,
che per primo si era reso conto del problema, aveva già mostrato
che quest'ultima soluzione può essere evitata senza dover ammettere
fenomeni psichici inconsci. Prendendo ancora come esempio l'atto del-
l'udire, Brentano scrive:
45. «Poiché noi percepiamo di vedere e di udire, o con la vista si deve percepire
che si vede, o con un altro senso. Ma allora il medesimo senso percepirà la vista
ed il colore che ne costituisce l'oggetto, di conseguenza o due sensi avranno il medesimo
oggetto oppure un senso avrà per oggetto se stesso: inoltre se fosse un altro senso
che percepisce la vista, o si andrà all'infinito oppure un dato senso avrà sé per oggetto,
e quindi sarà meglio riconoscere tale capacità al primo» ( L'Anima , Luigi Loffredo
Editore, Napoli, 1979, III, 2, 425Ò12-17, p. 173; cfr. anche, 2, 425b20-426a20, p. 174;
e inoltre Metafisica XII, 9).
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518 Silvano Sportelli
se la mia coscienza non fosse di essere coscienza del tavolo, sarebbe coscienza
di questo tavolo senza aver coscienza di esserlo o, in altre parole, una coscien-
za che ignora se stessa, una coscienza incosciente - il che è assurdo (L Essere
e il Nulla , p. 16)46.
46. «Se la coscienza immaginativa di albero, per esempio, non fosse cosciente che
quale oggetto della riflessione, ne risulterebbe che sarebbe (allo stato irriflesso) inco-
sciente di sé, il che costituisce una contraddizione. Essa deve quindi, pur non avendo
altro oggetto che l'albero immaginato ed essendo da parte sua un oggetto solo per
la riflessione, contenere una certa coscienza di sé. Diremo che possiede di per sé una
coscienza immanente, e non-tetica» (Immagine e coscienza , pp. 25-26).
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Sartre e Brentano 519
[L]a riduzione della coscienza alla conoscenza implica P introduzione nella co-
scienza del dualismo soggetto-oggetto, che è tipico della conoscenza. Ma se
si accetta la legge della coppia conoscente-conosciuto, si rende necessario un
terzo termine, affinché il conoscente divenga a sua volta conosciuto; e si
presenta il dilemma: [1] o arrestarsi a un termine qualunque della serie: cono-
sciuto/conoscente-conosciuto/conoscente conosciuto del conoscente/ecc.; ed
in questo caso l'intero fenomeno nella sua totalità precipita nell'ignoto, e,
da ultimo, urta contro una riflessione non-cosciente di sé; [2] oppure afferma-
re la necessità di una regressione all'infinito (idea ideae ideae ecc.), il che
è assurdo. [...]. È chiaro dunque che non bisogna introdurre nella coscienza
la legge della coppia. La coscienza di sé non è coppia. Se si vuole evitare
la regressione all'infinito, essa deve essere rapporto immediato e non cogitati-
vo di sé a sé (L'Essere e il Nulla , p. 17).
47. Cfr., sui diversi tipi di coscienza interna concomitante, Brentano, Psychologie
vom empirischen Standpunkt , Erster Band, Buch 2, Kapitel III, pp. 195 sgg.; tr. it.
cit., pp. 205 sgg. J.N. Mohanty (cfr. The Concept of Intentionality , pp. 16-21) interpre-
ta diversamente queste pagine di Brentano, dove si mostra che «i fenomeni psichici,
quando sono oggetto di una coscienza, sono coscienti [...] in più modi» (Ivi, p. 195;
tr. it. p. 229). Tra l'altro, Mohanty, considerando la conoscenza, o coscienza cognitiva,
«simultanea» (peraltro vista come percezione interna) si mette in contraddizione (del
resto, consapevolmente: cfr. pp. 20-21) con quanto afferma lo stesso Brentano: «Se
la rappresentazione interna si trasforma in osservazione interna, l'osservazione risulterà
rivolta a se stessa. [...] In questo modo vediamo che in generale non è possibile nessuna
osservazione simultanea del proprio osservare, oppure di un altro proprio atto psichico»
(Psychologie vom empirischen Standpunkt , Kapitel II, pp. 180-181; tr. it. cit., pp.
194-195).
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520 Silvano Sportelli
48. «[L]a fessura intracoscienziale è un niente al di fuori di ciò che nega, e può
possedere dell'essere solo in quanto non la si vede. Questo negativo, che è nulla d'essere
e potere annullatore insieme, è il nulla. [...] Ma il nulla che sorge nell'intimo della
coscienza non è. È stato [être été , dove il verbo «essere» ha senso passivo]. [...] Così
il per-sé deve essere il proprio nulla (L'Essere e il Nulla , p. 122).
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Sartre e Brentano 521
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