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Giorgio Bocca.

L'INFERNO.
Profondo sud, male oscuro.

L'INFERNO.
A Giovanni Falcone e Paolo Borsellino che erano vi-
vi quando cominci� questa inchiesta e che sono morti
per la nuova Resistenza.

IL MALE OSCURO.
Ho conosciuto il profondo sud molti anni fa, alla fine degli
anni cinquanta, quando lavoravo all'Europeo. C'era sta-
ta una sommossa in una citt� del Molise di cui sentivo per
la prima volta il nome, Isernia: voleva diventare capoluogo
di provincia, di una provincia sassosa e povera e il governo
di Roma non capiva perch�. Neppure io capivo quando ci
arrivai su una corriera sgangherata che andava a carbonel-
la, su per una strada in terra battuta verso quella citt� ab-
bandonata a s�, dimenticata da dio e dalla Provvidenza,
che voleva diventare provincia. Un bombardamento a tap-
peto delle fortezze volanti americane l'aveva distrutta, pa-
re l'avessero scambiata per Montecassino, estrema difesa
dei tedeschi, chi � nato con la jella addosso non se ne libera
n� in pace n� in guerra. Sulla vicenda della provincia ne-
gata e desiderata, uno dei sogni che fa la gente povera di-
menticata fra montagne povere, c'era poco da capire,
quelli con cui parlavo negli uffici o per strada vivevano
una loro esaltazione che ora ricordo vagamente.
Ma ricordo bene lo sgomento di quel primo incontro con
il profondo sud, l'unica locanda, i suoi ospiti di rispetto, le
due prostitute. Per entrare nella locanda si scendevano cin-
que gradini sotto trofei di cipolle e peperoncini e si era nel-
lo stanzone del camino e del pranzo, separato dalla cucina
da una tenda rossa. La donna gatta con occhi grigi nel vol-
to pallido, affilato, stava accucciata al suo posto, vicino al
camino non ospite ma parte della locanda, come le sedie, i
tavoli, le tovaglie a scacchi bianchi e blu, i bicchieri di ve-
tro spesso, la tenda rossa sulla porta della cucina, l'odore
di grasso e di spezie. Era passato da poco mezzogiorno e
gli ospiti di rispetto erano gi� ai loro tavoli, un breve saluto
e poi ognuno alla sua melanconia: il sostituto procuratore
della repubblica che andava e veniva da Napoli, un profes-
sore di ginnasio, due tecnici del genio civile, un commesso
viaggiatore, il cronista del nord venuto per la rivolta. Lei e
noi come la sparuta guarnigione di un forte rimasto in pie-
di nella rovina. Che lei facesse parte della locanda era chia-
ro, noi potevamo prendere la caraffa del vino forte e resi-
nato, la minestra di ceci, l'olio, il pane come potevamo
servirci di lei, senza parlare, senza chiedere, bastava uno
sguardo e lei che conosceva le camere al primo piano saliva
leggera ad aspettare come una gatta che non fa rumore,
conosce tutto della casa, passa inavvertita fra il gemere di
un tavolato, lo scricchiolio di una porta, lo sbattere di
un'anta e il sotto gelido del vento che in quell'inverno e in
quella rovina mi rabbrividiva fin dentro le ossa. Cos� palli-
da, cos� rassegnata, cosa fra le cose di una locanda povera,
ma sembr� che le si gonfiasse il pelo, che sprizzassero scin-
tille dai suoi occhi grigi la sera che entr� nella locanda la
donna cagna, l'altra prostituta di Isernia, irsuta, olivastra,
non brutta, non vecchia ma ferina, che si era presa come
abitazione una delle case semidistrutte un po' fuori citt�,
senza porta e senza vetri alle finestre, un graticcio di canne
come porta, pezzi di lamiera alle finestre e per le fessure si
vedeva il braciere al centro della stanza e il pagliericcio po-
sato sulla terra fredda. Ma nelle notti gelide e ventose lei
attizzava il fuoco, faceva alzare la fiamma che la vedessero
dalla citt�, quelli che la odiavano e sbeffeggiavano, era
sempre l�, non era ancora morta, piaceva ancora ai suoi vi-
sitatori notturni. Entr� la donna cagna con un suo mugolio
minaccioso, si alz� pallidissima la donna gatta e sembrava
le fosse gonfiata la groppa e la coda e noi, gli ospiti di ri-
spetto, capimmo che la donna cagna poteva rivendicare
qualcosa dall'oste che sbuc� dalla cucina, rimand� al suo
posto vicino al camino la donna gatta e si porta l'altra die-
tro la tenda rossa per un piatto di minestra, che poi usc�
come da una incursione vittoriosa, con uno sguardo di
trionfo, ancora viva nella sua vita perduta.
Ero in quella citt� del basso Molise chiamata Isernia e
dal giornale mi telefonarono che dalle parti delle forche
caudine, sotto cui passarono i romani vinti, mai lasciarli
passare che poi tornano e per ringraziamento ti ammazza-
no, c'era un lebbroso. Dato che sei li vicino, fa un salto�
dicevano dal giornale, come quando sei a Hong Kong e ti
dicono visto che sei l� fai un salto in Giappone. Per arriva-
re a Arpaia ci impiegai una giornata di corriere sbilenche,
poi noleggiai un'auto e andai verso le Forche, ma nessuno
sapeva dove fosse e se ci fosse questo lebbroso. Finalmente
un messo comunale si offr� di accompagnarmi. Lungo la
strada si incontravano villaggi di pietra, abbandonati, solo
qualche vecchio impaurito che a vederci si intanava; vil-
laggi in cima a monterozzoli brulli, le case strette l'una al-
l'altra, in difesa da quale nemico non si capiva, in quella
miseria. Poi la strada sterrata fin� e continuammo per un
tratturo sino a un colle che dava su una conca. L� in fondo
c'era la casa del lebbroso, una stalla abbandonata che ave-
vano recintato con assi e fascine. Il lebbroso da l� non pote-
va uscire, gli portavano cibo e acqua due volte la settima-
na. Il messo comunale si port� le mani alla bocca e url�:
�Aah Nicola!,,. Nulla si mosse. Ripet� il richiamo due o tre
volte e finalmente qualcosa si mosse sulla porta della stalla,
una macchia scura di stracci e di carne piagata. Fece bar-
collando qualche passo, alz� una mano agli occhi per pro-
teggerli dalla luce radente del crepuscolo, cap� che non era-
vamo quelli delle provviste, rientr� nel tugurio.
Sono passati pi� di trenta anni, siamo nel 1992 e molte
cose sono cambiate nel profondo sud, la sua Gheenna non
� pi� atroce come allora: in Sicilia hanno chiuso le bolgie
infernali delle zolfare dove i carusi dovevano pagare il no-
viziato nei bordelli sotterranei, sodomizzati dagli anziani,
per diventare a loro volta sodomizzatori di altri giovani, a
catena continua, a setta perversa e inconfessabile nel paese
del virilismo. Sulle marine di Messina o di Palermo non
ardono pi� nella notte le centinaia di fal� per le prostitute
della miseria e neppure nei pi� desolati villaggi della Lo-
cride, a San Luca o a Plat�, vedi gli storpi, gli affamati, i
dimenticati di allora, i giovani indossano jeans e camicie
sportive come i loro coetanei di Roma e di Milano, fanno
caroselli per le vie con le loro motorette, nelle loro case ci
sono televisori, elettrodomestici. E' cambiato il profondo
sud, cerca di vivere come a Torino, a Francoforte, a Lon-
dra, � pieno di auto, di bar, di campi di calcio, di bouti-
ques, di laboratori di analisi mediche, di Telebari e di Ra-
dio Vittoria e se � morto il vecchio meridionalismo piagno-
ne vi alligna la specie nuova dei meridionalisti realisti, con
gli occhi aperti, non pessimisti. Alcuni per amore della lo-
ro terra, altri cogliendo i primi segni, i primi annunci di
un miracolo che non pu� non venire, di un riscatto che
non pu� mancare in eterno, altri ancora perch� il loro me-
stiere � di manipolare le cifre e di nascondere l'inferno, di-
cono: non esageriamo, non criminalizziamo intere regioni.
Parlare di una questione meridionale � improprio, il sud �
trino con province arretrate in Sicilia e in Calabria, in via
di rapido sviluppo nelle Puglie, ormai decollate e ricche in
Abruzzo e dovunque anche nelle terre pi� povere della
Campania c'� un principio di sviluppo �,a pelle di leopar-
do�. E se qualcuno come la sociologa Giovanna Zincone
gli chiede ,ma perch� queste macchie di leopardo non fan-
no mai un leopardo?,) Il nuovo meridionalismo sorride co-
me a una battuta. Il reddito medio del sud, dicono, � la
met� di quello lombardo, ma questa met� � gi� da paese
avanzato. Il sud non � pi� rassegnato, dicono, sui suoi
giornali si scrive di mafia, nelle sue vie, nelle sue piazze si
manifesta contro la mafia, ci sono industriali come Libero
Grassi che preferiscono morire che cedere alla mafia, ci so-
no i commercianti di Capo d'Orlando o di San Vito dei
Normanni che denunciano i taglieggiatori, a Palermo ci
sono i settantamila che hanno votato per la rete di Leoluca
Orlando, il cattolico nemico della mafia, e dovunque ci so-
no case editrici, universit�, giornali, riviste di gente one-
sta, di gente stanca, il profondo sud non � pi� chiuso nel
suo silenzio, nell'antica incomunicabilit�, il suo �grido di
dolore,, oggi arriva nell'Italia avanzata. Tutto ci� � vero e
l'ho visto, l'ho sentito nei viaggi che vado facendovi da due
anni e da cui questo libro � nato. Ma vedo anche e sento e
tocco con mano che questo profondo sud cos� mutato nella
quantit� della vita forse � tornato indietro nelle qualit�, ve-
do, sento che lo affligge, lo soffoca ancora il male oscuro
che ti svuota dentro, l'attesa di qualcosa che non arriva
mai, la possibilit� ragionevole di poter disporre della pro-
pria vita, di essere padrone del proprio destino.
Sulla ferrovia jonica da Bova Marina a Reggio Calabria
c'� un treno di primo mattino che chiamano il treno degli
studenti. Alle quattro, alle cinque le stazioni si riempiono
di giovani che vanno a Reggio a studiare non sanno bene
per cosa e di operai che vanno a Saline in fabbriche che
stanno per chiudere o per una manutenzione inutile di
quelle gi� chiuse. Ecco!?i giovani infermieri a Napoli o a
Bari, giovani impiegati a Palermo o a Catania, giovani in-
segnanti a Caserta o a Barletta ogni mattino partono da
periferie informi per andare a lavorare, se si � fortunati, in
ospedali fatiscenti, in uffici che non funzionano, in scuole
che non insegnano, in centri di produzione e di studio (�a
pelle di leopardo� che non fanno mai un leopardo. Molti-
tudini che ogni mattino sanno di andare a pestare acqua in
un mortaio e che continuano ad affidare a una bottiglia i
messaggi che nessuno legger�: vai bottiglia, vai, attraversa
il grande mare, risali i grandi fiumi, arriva nelle case edi-
trici, alla Rai, da Berlusconi, nelle banche, nelle imprese
dell'Italia fortunata e ricca, arriva nei ministeri dell'Italia
del potere, fai sapere ai ricchi e ai potenti che ci siamo an-
che noi, che ci ascoltino, che ci chiamino. A Taurianova
in un bar, a Reggio Calabria nell'aeroporto, a Locri in
una agenzia di viaggio sono stato avvicinato da questi che
spediscono messaggi in una bottiglia, li ho visti frugare
nelle loro borse, nei loro cassetti e mettermi fra le mani un
loro libretto di poesie o di politica, come rifondare la re-
pubblica, come attuare il regno degli onesti. <�Lo legger�,
dottore? Mi farebbe molto piacere, dottore.,, Come spie-
gargli che chi scrive non legge? Che chi passa dimentica?
Siamo nel 1992, il profondo sud � cambiato, non � pi�
terra di fame e di sevizie, ma un richiamo angoscioso, un
avviso arriva di continuo ai suoi giovani dalle radio, dalle
televisioni, dai giornali, li raggiunge nelle citt� sempre pi�
affollate, nelle campagne sempre pi� deserte: ma che fai
ragazzo? Vuoi lavorare i campi ,da scuro a scuro,,? Stare
in mare la notte intera per quattro pesci? Aspettare i ca-
pricci delle quattro stagioni, i raccolti avari, le rare feste, i
brevi amori? No, ragazzo, neppure se lo volessi sarebbe
ancora possibile. Per chi le fai le barche con l'ascia se non
ci sono pi� pescatori? Per chi le scarpe chiodate se tutti
vanno in auto e in motoretta? Per chi lavorerai tu bottaio,
cordaio, fabbro, contadino? No, ragazzo, se sei gi� in cit-
t� restaci e se non ci sei arrivaci, cercati anche tu un posto
di lavoro o di finto lavoro, su non fare l'ingenuo, lo sai
come si fa, diventa uno dei tanti che vendono quello che
hanno, la loro forza o il loro voto. Trovati un posto, un
finto posto, un servizio fonte quotidiana di consumi e di
miseria sociale e non lamentarti. Nessuno ti ha ingannato
salvo le mirabili sorti e progressive,,, dal lavoro duro del-
la campagna, dalle servit� del feudo sei scappato tu e allo-
ra che vuoi? Una scalata rapida? Una modernizzazione
pronta? Beh, le strade le conosci, o la rivoltella o la poli-
tica.
Il profondo sud � molto cambiato nelle quantit� della vi-
ta, ma se guardi le qualit� ti senti cadere le braccia, se pen-
si che in questo sud tanto cambiato, tanto migliorato la li-
bert� e la dignit� dell'uomo comune sono sempre sotto le
suole dei potenti e dei violenti puoi essere preso da una cu-
pa disperazione. Nel 1899 l'onorevole mafioso Raffaele
Palizzolo, condannato a trenta anni per aver fatto uccidere
il galantuomo Emanuele Notarbartolo, banchiere palermi-
tano, viene rimesso in libert� dalla Corte di Cassazione
che annulla la sentenza per difetto di forma. Nuovamente
processato nel 1904, assolto, sbarca a Palermo fra l'esul-
tanza popolare e fra cortei, bande musicali, fiori, richiama
i concittadini al rispetto dei potenti. Ma quante sentenze
sono state annullate negli ultimi dieci anni dalla I sezione
penale della Corte di Cassazione? Trecento? Quattrocen-
to? E come mai questa Corte di Cassazione venerata dai
finti garantisti trova difetti di forma nelle sentenze per i de-
litti di mafia o di bancarotta e mai una volta in quelle per
un piccolo furto, per un piccolo ammanco? Come mai sba-
gliano i presidenti delle Assise e mai i pretori?
Noi che il profondo sud lo viaggiamo e lo conosciamo, il
perch� lo sappiamo. Perch� oggi come ai tempi dell'onore-
vole Palizzolo il sistema al potere nel sud ha un bisogno as-
soluto, irrinunciabile della incertezza del diritto. Ecco per-
ch� i suoi delegati entrano nella Suprema corte, nel Consi-
glio superiore della magistratura, nelle Corti dei Conti,
nelle procure per mantenere l'anarchia del diritto, il gioco
delle sentenze contraddittorie. I magistrati sono i primi a
saperlo, met� dei magistrati che si sono riuniti a Caltanis-
setta dopo l'assassinio del giudice Livatino lo hanno scritto
nero su bianco in un loro terribile documento: (C'� un di-
segno politico volto a disarticolare ogni tipo di controllo
istituzionale e giurisdizionale per assicurarsi mano libera,
impunit� costante, e una ormai capillare appropriazione
delle risorse economiche e pubbliche,,. E come hanno ri-
sposto a questo atto di accusa della loro magistratura i si-
gnori della repubblica? Sono scesi a Palermo, dopo l'assas-
sinio di Salvo Lima, al centro del potere politico-mafioso
per due decenni, sindaco di Palermo negli anni del sacco di
Palermo, per dire al paese: i colpevoli, i calunniatori sono i
nemici della mafia, i nemici del martire Lima.
Non conta niente per questi sepolcri imbiancati il docu-
mento della commissione episcopale in cui si dice che gli
onesti nel sud non hanno pi� punti di riferimento, non
possono pi� contare su sicuri appoggi legali? No, non con-
ta niente. E non conta per questi europeisti in viaggio con-
tinuo fra Londra, Parigi, Bonn, Strasburgo per firmare ac-
cordi europei, non conta ci� che ha detto il cancelliere te-
desco Kohl: (�Se � vero che parte dell'economia italiana �
dominata dalla criminalit� organizzata, se � vero che que-
sto potere illegale e criminale dispone di enormi risorse fi-
nanziarie e se � vero che nel gennaio del 1993 nascer� la
nuova Europa unita allora il rischio per tutta l'Europa di
essere inquinata dal sistema della violenza e della tangente
� reale?�). No, non gliene importa niente.
Visto dall'alto l'inferno degli italiani � bellissimo. Dalla
rocca di Erice, dall'aereo che scende sul mare verde e fran-
to di Punta Raisi, dalle radure del Pollino su cui trascorro-
no nubi leggere fra i due mari esso sembra disegnato per
gli d�i. Alle porte di questo inferno, dentro questo inferno
ti avvolgono i profumi forti dei mirti, della macchia, degli
aranceti, del salso che arriva dall'Isola delle Femmine sulla
strada di Palermo, dentro i calori della terra calda. Quel
mattino sull'altopiano ondulato di Enna quando il fiato
torrido dell'estate scendeva <-come un falco giallo sulla ter-
ra giallo,,, certe notti sui traghetti dello Stretto, le luci di
Messina lungo la curva di falce del porto omerico che si al-
lontanano, quelle a ghirlanda di Reggio che si avvicinano
mentre il mare nero si muove sotto con il rombo e la forza
degli inferi. Questo inferno degli italiani pieno di linfe sul-
furee, di sorgenti fumanti, di lave scorrenti senza il quale
noi del settentrione che ci portiamo addosso gli odori scial-
bi delle marcite, i gusti tenui dei pesci di lago non ci senti-
remmo mediterranei, non ci sentiremmo anche noi figli
della terra �in cui fioriscono i limoni�.
E allora per quale peccato originale, per quali orgogli,
per quale maledizione della storia, per quale �fatalit� geo-
grafica� noi italiani del nord e del sud non riusciamo a fare
di questo paese un paese unito?
Gli anni, i decenni, i secoli sono passati, i pregiudizi
giusti o ingiusti sono mutati ma non scomparsi, le grandi
speranze sono cadute, le spiegazioni non arrivano mai alla
radice delle cose, dobbiamo ancora accontentarci della in-
tuizione dionisiaca della Anna Maria Ortese che sembra
sollevare il manto di un mistero che poi ricopre le sue lu-
centi parole: �Qui il pensiero non pu� essere che servo del-
la natura. Se appena accenna un qualche sviluppo critico o
manifesta qualche tendenza a correggere la celeste confor-
mazione di queste terre, a vedere nel mare soltanto acqua,
nei vulcani composti chimici, nell'uomo delle viscere, � uc-
ciso. E la natura che organizza, che regola la vita di queste
regioni, il dolore di queste regioni, Il disastro economico
non ha altra causa. Il moltiplicarsi dei re, dei vicer�, la
muraglia interminabile dei preti, l'infittirsi delle chiese e
Poi degli squallidi ospedali, delle inerti ragioni non ha un
diverso motivo. E qui dove si � rifugiata la antica natura
gi� madre di estasi, qui che la ragione dell uomo e quanto
vi � in essa di pericoloso per il regno di lei deve morire�.
Lucenti parole, in parte vere ma che non sciolgono l'e-
nigma di questo profondo sud e del suo male oscuro, il
quale resiste alle nostre indagini, alle nostre maldestre cure
per cui a centotrentun anni dall'Unit� Il succedersi dei ri-
medi sembra piuttosto un accumulo di fallimenti, e dove il
ceto politico che per decenni ha condannato queste terre
alla stagnazione sembra cambiato solo per dar mano alla
sua definitiva corruzione. �L'azzard�so, terribile esperi-
mento,, di cui scriveva un prefetto di Caltanissetta nel 1880
�di governare popoli come questi con leggi e ordinamenti
all'inglese o alla belga,, � sempre l�, assurdo e perverso.
Il guaio, per gli italiani dell'alta come della bassa Italia,
� che non sono due popoli l'un l'altro straniero, che non
esistono fra di essi diversit� insormontabili di religione, di
lingua, di razza. Il guaio � che il profondo sud, come nota-
va Ugo La Malfa, non � oriente, non � Terzo mondo, ma
occidente cristiano e mediterraneo che per un diverso cor-
so storico risulta come sfasato rispetto alle regioni pi�
avanzate. E questo sfasamento ogni volta si traduce in fal-
limenti o involuzioni che nessuna forza al mondo sembra
capace di impedire, di contenere. Ultimo il nuovo codice
di procedura penale che nel profondo sud fa pi� il gioco
della mafia che degli onesti. Dicono i difensori d'ufficio del
sud: non dimenticate le sue dimensioni, occupa il quaran-
tun per cento del territorio italiano, se a mezza Puglia
aprite un compasso fra Poggio Imperiale e capo Leuca ave-
te la distanza che c'� fra Venezia e Torino, il sud � grande
come la Grecia con una popolazione doppia, cinque milio-
ni in pi� dei paesi scandinavi riuniti. D'accordo la questio-
ne meridionale � grande e complessa. Ma centotrentun an-
ni dopo l'Unit� eccoci qui a ripetere nelle pagine di questo
libro il lamento di Giustino Fortunato: (Pensando al Mez-
zogiorno e studiandone il passato con intenso desiderio di
pi� fausto avvenire, la triste sua sorte � stata ognora viva
in me come tragedia spirituale, molto soffrendo di essere
costretto a dire cose che a me sembra necessario di non ta-
cere).

ASPRA CALABRIA.
Cuori di tenebre.
Nel 1968 a Saigon, Vietnam, alloggiavo all'hotel Metropo-
le in una stanza liberty color avorio, solo il geco incollato al
soffitto mi ricordava che ero nel lontano sud-est asiatico.
Nella sala da pranzo camerieri in giacca bianca servivano
tou-rnedos alla Rossini e, volendo, lo chef ci faceva le crepes
alla fiamma. Poi uscivo e a duecento metri passavo lungo
la caserma dei ranger vietnamiti con le porte e le finestre
murate, perch� non si vedessero, non si sentissero i prigio-
nieri vietcong chiusi nelle gabbie di bamb� nel grande cor-
tile, corpi martoriati dalle torture sotto i pigiama neri.
Oggi, 1992, sono in un hotel della Locride, Calabria: se
premo il bottone verde sul comodino si illumina un video,
C'� scritto se mi ha chiamato il giornale o se mi ha cercato
da Milano mia moglie; se invece premo il bottone rosso la
serranda della finestra si alza con un lieve fruscio e posso
vedere l'Aspromonte, i suoi boschi fitti e so che in uno di
quei boschi, forse vicino, c'� un uomo che sta da mesi, da
anni . due anni il giovane Celadon in una tana alta mez-
zo metro e quando lo fanno uscire deve star l� sulla bocca
della tana, legato a una gamba con una catena, come un
maiale. In greco Aspromonte vuol dire montagna bianca e
cos� io la vedo bianca di neve, bianca di crete scoperte nel bo-
Sco, ma il nome va bene per dire montagna aspra, monta-
gna deserta, dove non c'� niente di niente come ai tempi di
Omero, l'immensa selva vuota in questa Italia gremita e
noi dell'alta Italia che non sappiamo che � lunga come il
Piemonte o la Lombardia, cento chilometri da Serra San
Bruno a capo Spartivento fra jonio e Tirreno, noi non riu-
sciamo a capire come possano tenerci per mesi, per anni,
degli uomini legati a una gamba con una catena.
Nel 1968 a Saigon prendevo un taxi e mi facevo portare
nelle terre e negli acquitrini dei vietcong in quello stato
febbrile, fra paura e curiosit�, di chi rischia la vita perch� �
il suo mestiere e oggi 1992 a Locri di Calabria, a settanta
anni suonati, � un po' la stessa cosa: andare da solo nell'A-
spromonte � da stupido, ma se non ci vado che cronista so-
no? E allora saliamo sull'auto e andiamo nella grande sel-
va per cui scendono fiumare dai nomi bellissimi, Amendo-
lea, Amusa, Allaro, Torbido, Laudri, Careri. Da Locri al
passo del Mercante, fra i due mari incontro, tre, quattro
automobili. E una giornata limpida, dal passo vedo il mar
di Sicilia, laggi� Stromboli, Vulcano, Lipari stanno immo-
bili nell'azzurro come neri cetacei. Alle mie spalle la valle
che ho risalito fra guglie di arenaria, valloni precipiti, un
tumulto di terra e di alberi fino all'immensojonio glaciale
senza una vela,, come lo vide Matilde Serao in quella sua
vacanza alla Ferdinandea di Monasterace. Dal passo si di-
parte una strada che va nel cuore dell'Aspromonte. Su un
cartello c'� scritto Piani di Zomaro. E in un altro: �Atten-
zione, possibili scontri a fuoco,,. Andiamo? Ma? s�, andia-
mo. Pini cos� fitti, cos� vicini l'uno all'altro, cos� dritti li ho
visti solo in Carinzia quando seguivamo Krusciov alla sua
prima uscita nell'occidente. Una strada diritta, senza fine
o � l'ansia che la fa sembrare cos�? Ma poi gli alberi si dira-
dano e la pineta cede il posto a un bosco assolato di erica
arborea, merito suo se dai tempi dell'Unit� noi dell'alta
Italia diciamo �terre da pipe,,; � con i ciocchi duri dell'erica
arborea, vecchia di almeno tre secoli, che si fanno le pipe
migliori del mondo, quelle con la testa dell'ussaro o la
zampa d'aquila, o il diavolo, o il cane. Ma ora hanno so-
speso la fabbricazione, la mafia dei sequestri non vuole
estranei sull'Aspromonte, gli ultimi raccoglitori d' erica
hanno visto le lupare puntate, hanno sentito gridare: ,Non
vogliamo pi� vedervi, dite ai vostri padroni che sull'Aspro-
monte comandiamo noi,,. Poi � arrivata la raffica e uno di
loro ha avuto una spalla trapassata perch� si capisse che
non era uno scherzo. O le teste di cuoio dei carabinieri in
rastrellamento o mafiosi signori dell'Aspromonte, gli altri
fuori dai piedi. I cacciatori non si fanno pi� vedere, gli
hanno tolto le doppiette, li hanno pestati. L'ostello che
ospitava trecento persone � stato distrutto, il ristorante
aperto da un calabrese tornato dall'estero � chiuso. Prima
gli hanno ucciso i cani, poi visto che non capiva hanno uc-
ciso lui. La casermetta dei carabinieri vicina al valico viene
bruciata ogni anno in inverno e ricostruita in estate, ma
non ci sta nessuno fisso. Ora in localit� Zevio incontro il
Cristo ligneo, la prima forma umana che vide il salumaio
torinese Castagna quando lo liberarono. Hanno sparato
anche a lui, quattro pallottole nel costato, ma qualcuno ha
chiuso i buchi con lo stucco. La sola cosa che funziona
sempre � la cabina telefonica vicina al bivio dello Zomaro,
da l� sono partite otto telefonate su dieci ai parenti dei se-
questrati. Sto facendomi le stesse domande che mi facevo
nel Vietnam: se mi fermano cosa gli dico? Che sono un
giornalista? Che ho sbagliato strada? Ma visto che lo scri-
vo vuol dire che non mi hanno fermato n� i vietcong n� i
signori dell'Aspromonte. i cartelli antincendio messi chi sa
quanti anni fa li posso capire, ma quelli dell'Eni che dico-
no �amate la natura, usate l'energia pulita del metano,,?
Non deve essere lontano il santuario di Polsi dove banditi e
carabinieri, preti e boscaioli si davano tregua nei giorni
della festa. Una verde radura per il santuario e attorno il
suolo lacerato dalle scosse sismiche, le rocce sospese su vo-
ragini, la lussureggiante vegetazione.
Scendendo verso Plat� incontro una coppia di contadini
anziani, lui fa un timido gesto con la mano e fermo subito.
ingobbito
,,Dove andate?>, A Plat�� dice lui che � piccolo,
con capelli bianchi e faccia rugosa. Salgono e mi sento piU
tranquillo come se fossero un mio salvacondotto. Ora lei
che � vestita di nero e ancora forte e dura gli sta chiedendo:
,�Tu lo fermasti chistu cristiano?� �Io lo fermai,) dice lui.
�E buona la strada?� chiedo. (Buona se non la fai a piedi,>
dice lei ,E i banditi ci sono?,) �,Quelli noi non li vediamo,
ma chi conosce la sua giornata prima che sia finita? A
ognuno la sua ora, ma tu vai tranquillo.� Suona nella sua
voce una autorit� matriarcale: vai tranquillo forestiero che
io ti proteggo. Passiamo il ponte che fu spazzato dall'allu-
vione e quelli di Plat� vennero in processione a gettare nel
torrente una corona di oleandri e ginestre con il nastro su
cui avevano scritto La popolazione di Plat�, in ringrazia-
mento all'Anas,,. Visto dall'alto Plat�, il villaggio pi� duro
e isolato della Locride, � una macchia grigio-gialla schiac-
ciata sul fondo del vallone. Ci sono solo uomini seduti sulle
spallette dei ponti, sui gradini delle case, su cinquemila
abitanti i pregiudicati sono pi� di mille, a maggioranza li-
berali, alle ultime elezioni il partito liberale ha ottenuto qui
cinquecento voti.
Che cosa so di questa gente? Buoni o impietosi? Selvati-
ci per natura o piegati dalla miseria e dall'isolamento? For-
se meglio di quanto si pensi, forse peggio di quanto si im-
magini. Il padre di Corrado Alvaro, lo scrittore, aveva fat-
to �un patto con l'avvenire. Che quanti figli avrebbe avuti
li avrebbe fatti studiare�. Faceva il maestro di scuola qui a
San Luca e per trenta anni scrisse le lettere agli emigrati,
tenne vivo il legame fra mogli e mariti, fra figli e padri.
Suo figlio Corrado era molto legato a San Luca e all'a
spromonte, mai dimentico degli anni dell'adolescenza,
l'adolescenza� diceva �� una riserva per gli anni in cui la
fantasia avr� cessato di parlare), e quella adolescenza felice,
le memorie della solidariet� montanara gli impedivano di
vedere il resto, come la volta che torn� a casa da un viag-
gio chiese dove fosse il padre e la madre gli diceva,,� anda-
to all'organizzazione,) e lui sapeva quale ma non faceva do-
mande.
Siccome non si trova mai e poi mai un sequestrato nel
suo covo quelli della polizia ogni tanto dicono che forse i
covi non stanno sull'Aspromonte, ecco perch� non li trova-
no, ma � qui che stanno e lo si sa con certezza, il milanese
Ravizza � stato visto passare per San Luca in taxi, fra i
suoi sequestratori, Giuseppe D'Am'co su una betoniera.
Stanno sull'Aspromonte i covi, magari molto vicini agli
abitati. Il dottore De Feo, fuggito due volte, � stato ripreso
dalla gente di San Luca uscita alla sua caccia e riconsegna-
to ai rapitori, il ragazzo Fuci � stato visto giocare a palla
con il figlio del suo sequestratore davanti a una casa non
lontana da San Luca, ma nessuno parla, la gente che vive
�in questo cazzu 'i paisi� diffida dei forestieri, si sente in
guerra con i forestieri. Quando arriv� qui mamma Casel-
la, madre del sequestrato di Pavia, quelli della televisione
scoprirono San Luca e Plat�, si misero a interrogare i ra-
gazzi del luogo che gli giravano attorno in motoretta, osti-
li, irridenti: ,Ma non avevate piet� per un ragazzo come
voi? Tenuto per anni lontano dalla famiglia?�. Una alzata
di spalle. �E di sua madre non vi importava?� ,Pagare do-
veva.� E ora che il giovane Casella appare in televisione a
raccontare i suoi patimenti ci sono ragazzi di Plat� e di San
Luca che dicono: (,Carogna �, camminavamo ore per por-
targli da mangiare e ci insulta,,. Neppure io sono amato
nella zona. Uno dei sindaci, ha raccontato a Ornella Ma-
riani che dirige a Benevento l'istituto sulla mafia: (Se pos-
so dire una opinione, Giorgio Bocca � il pi� detestato dalla
nostra classe di intellettuali del sud, � un criminale proter-
vo, animoso. Gli altri mentono per mestiere, lui ci emargi-
na con lucidit�,,. Quasi quasi, passavo a trovarlo.
Che San Luca sia un paese di sequestratori lo si vede
dalle sue case, molte rimaste a met�, a un terzo in attesa di
nuovi riscatti, pareti di mattoni traforati che attendono gli
intonaci, pilastri di cemento per cui si vede la montagna
bianca. Anche qui un migliaio di pregiudicati su quattro-
mila abitanti, ma onesti o pregiudicati qui �,si resta amici,
non si ha il coraggio di rompere�. Don Pino Strangio, il
parroco di San Luca, cugino dello Strangio ferito dai cara-
binieri, che deve confortare le vedove degli uccisi, le mogli
i figli degli imprigionati, � nato qui, questo � il suo popo-
lo, � uno di quei preti di montagna che ti guardano e sem-
brano dire: <Non lo vedi che sono un povero come gli al-
tri?�.
Meglio di quanto pensiamo? Peggio di quanto immagi-
niamo? Difficile dirlo, per la diversit�. Pensa quando rapi-
scono la ragazza Ghidini, famiglia di tondinari di Lumez-
zane, bresciani, scesi con il benessere a Centenaro sul lago
di Garda, tutti in piedi alle sette del mattino perch� uno
che non va a lavorare da quelle parti si sente diverso come
un gay. E di fronte la famiglia dei rapitori in cui tutti e set-
te i figli di un nullatenente sono stati sull'Aspromonte,
hanno amici sull'Aspromonte e dall'Aspromonte hanno ri-
cevuto i ricavi di questo arcaico e poco redditizio delitto
che � il sequestro di persona. � un delitto che non riesci a
spiegare agli stranieri, ma che non capiscono neppure gli
italiani dell'Italia ricca, per cui si scatenano i furori delle
lettere a San Luca: Vorrei che la vostra razza venisse
estinta senza misericordia�. �Ai subumani degenerati di
San Luca.>, <,Siete la vergogna d'Italia, siete la peste bub-
bonica del nostro paese. Non � facile spiegare a un italia-
no dell'Italia civile la storia di Cesare Casella, il ragazzo di
Pavia sequestrato sull'Aspromonte, che un giorno vide dal
suo covo apparire tra i rami del sottobosco un uomo non
incappucciato, un boscaiolo e url�, grid�, ma l'uomo si
porta le mani alla faccia per nasconderla e fug�va e nei gior-
ni seguenti Cesare cap� che non aveva parlato con nessu-
no, neppure una telefonata anonima, gelato, paralizzato
dalla antica legge dell'omert�. Le taglie non servono sul-
l'Aspromonte, nessuno parla, l'esercito dei forestali, quin-
dicimila, ventimila, chi lo sa di preciso? fa da guardia alla
Indrangheta. Loro smentiscono indignati, ma poi si sa che
uno dei capisquadra era Antonio Nirta, uno dei boss, si sa
che vengono assunti diffidati, pregiudicati. Portano voti
anche loro e il politico che vuole essere eletto li arruola, in
qualche modo. Una legge dell'84 aveva bloccato le assun-
zioni, ma l'ex sindaco di Reggio, il democristiano Pietro
Battaglia, ha trovato un modo ingegnoso per eluderla, un
modo su cui la magistratura inquisisce, se ancora inquisi-
sce: non faceva assunzioni, ma trasferimenti, i nuovi as-
sunti apparivano nei registri come trasferiti da altre locali-
t�. o come un altro sindaco di Reggio, il socialista Pala-
mara, che quando era assessore alle foreste fece spendere
trenta o quaranta miliardi alla Regione, su cui la magistra-
tura indaga, indaga. Ai banditi dell'Aspromonte danno la
caccia in elicottero, ma ne catturano di rado. Funzionava
meglio Massaro Beppe, il leggendario maresciallo dei cara-
binieri che se la cavava male con l'italiano dei verbali ma
arrestava i mafiosi come nel west, gli legava i polsi dietro la
schiena, li faceva salire a cavallo e seguendoli con la sua
mula li portava gi� al carcere di Locri.
Gente sfortunata o cuori di tenebre? Lupi feroci o flagel-
lo di se stessi? Uomini che cercano di comunicare o chiusi
in una loro stoica e stolida durezza? Ne ho parlato per una
lunga notte con l'avvocato Giulio Medici e il procuratore
di Reggio Calabria Nino Montera, giU a Scilla, in una di
quelle notti stellate, di mare nero, invisibile ma ne senti il
respiro, di Sicilia illuminata oltre quel nero, sotto il castel-
lo dei Ruffo, vicino al mercato del pesce scavato nella roc-
cia, in uno di questi magici affondi al mare della Calabria
aspra e montana, in uno di questi riparati ma cupi borghi
marini da cui partono i pescatori di pescispada e di riccio-
le. All'avvocato Giul'o Medici hanno sequestrato pi� di
due anni fa un fratello e non � pi� tornato e lui, l'avvocato,
� ancora dentro al dolore, ancora ossessionato da quella
partita persa, ancora convinto di averla persa per un nulla,
lui nato e cresciuto a Bianco nella Locride. ��Vede, io le re-
gole della briscola calabrese le conoscevo, sapevo che lasso
vale undici e non quindici, ero certo, matematicamente,
che se avessi rispettato tutte le regole, tutti i rituali entro
qualche mese lo avrei riavuto in casa. Ma poi arriv� qui la
madre del Casella e fu come se vicino alla nostra cinque-
cento passasse una Ferrari. Non mi fraintenda, non ce l'ho
con la signora Casella, una gran donna, una gran madre,
ma con lei e le centinaia di giornalisti e telecronisti che se-
guivano il suo pellegrinaggio di "madre coraggio", di fron-
te allo spettacolo televisivo che ogni giorno portava l'A-
spromonte in tutte le case d'Italia c'� stato quel salto, quel
rapido mutamento che ha perso mio fratello. Non so bene
cosa sia passato per la testa dei sequestratori. Forse si sono
sentiti importanti, forse hanno pensato di poter tenere in
scacco il paese, forse si sono sentiti finalmente riconosciuti,
temuti, ammirati da un mondo che li aveva sin l� ignorati,
trascurati. E hanno alzato il tiro, le pretese. Che gente �?
Come spiegarlo. A volte sembrano fermi alla civilt� del
maiale, il maiale legato per una zampa. Feroci? Cattivi?
Impietosi? A me hanno ucciso un fratello, ma non saprei
giudicarli. Forse so una cosa sola, che sono peggio dei loro
padri e nonni. Almeno quelli avevano una identit�, una
storia, appartenevano a una cultura pastorale, dura con gli
estranei ma solidale con i paesani. Tutto ci� � finito o non
� pi� la stessa cosa da quando una parte di questa Calabria
montanara � scesa alla costa, a Locri, Bova Marina, Bova-
lino, Bianco e si � formata una miscela esplosiva, la durez-
za del clan montanaro mescolata all'avidit� delle clientele
politiche e affaristiche della costa. La Calabria dell'Aspro-
monte non � pi� quella. Chi � rimasto in montagna non
perdona a quelli della costa di aver fatto facile fortuna, ma
da quelli della costa ha imparato a chiedere molto, a chie-
dere sempre di pi�. In questo groviglio � difficile anche per
noi capire se dietro il rapimento di un farmacista, di un av-
vocato, di un medico ci sta soltanto voglia di denaro o an-
che un rancore sociale, una vendetta.,,
Gi�, non � facile capire quali antiche e sovrapposte me-
morie, quali patologie da paura o da ambizione, quali in-
trecci sociali sono entrati in questi anni nella cultura di una
mafia che continua a praticare il sequestro, unica nel mon-
do civile assieme ai pastori sardi. Il professor Francesco
Aragona che ha fatto l'autopsia di centinaia di banditi del-
l'Aspromonte ha accertato che molti erano ammalati di
cuore, con funzionamento anomalo delle ghiandole surre-
nali, da cui le ferocie incontenibili, le ferite emotive. Con
dentro un rancore antico, gi� esploso nel brigantaggio do-
po l'Unit�: ,Li sudditi son tutti immiseriti vui iiti a cac-
cia, fumate e durmiti ministri, senatori e deputati fanno
communa e sono intisi uniti e vui padre Vittorio non
guardate vui jiti a caccia, fumati e durmiti�. E leggendo
questa vecchia ballata in una libreria di Locri vedevo le ca-
se di caccia di Sua Maest� il re Vittorio in Val Grisanche o
a S. Giacomo di Entracque, i guardiacaccia che spingeva-
no camosci e stambecchi al punto fatale dello spari mae-
st�,,, le veglie scaldate dalle botticelle di Barolo e dalle vi-
vandiere. Eppure c'� qualcosa che sfugge in certi cuori di
tenebra, c'� qualcosa che non si capisce quando il farmaci-
sta De Sandro di Bovalino racconta: (E stato un inferno,
un inferno dal quale disperavo di uscire vivo. Erano delle
belve. Mi hanno seviziato, legato come un cane alla cate-
na, a piedi scalzi. E uno dei guardiani incappucciati ogni
due giorni mi picchiava a sangue, senza motivo�. Da quali
antichi dolori questa ferocia? �Vogghiu fari una casa di du-
luri li porti e li finestri di suspiri e tossicu li mura e cia-
ramidi.,,
Diceva l'avvocato Medici: �Sono calabrese, di famiglia
calabrese, ma c'� qualcosa che non capisco negli ultimi se-
questri, mi sento un po' come quel don Valera che guarda-
va il cielo paonazzo di Messina alla vigilia del terremoto e
ripeteva "questa cosa non � normale, non � normale". Io
continuo a ripetere che questi sequestri non sono normali,
che senso ha farli durare anni, che senso ha fare richieste
impossibili e insistere in un crimine che ormai costa pi� di
quanto rende? Cosa c'� dietro? La grande mafia di Gioia
Tauro che vuol tenere impegnate le forze di polizia in una
repressione impossibile? Che vuole umiliarle agli occhi del
paese?�. Ma il procuratore Nino Montera era di avviso di-
verso: �Le cose per me sono pi� semplici, pi� automatiche.
Continuano a sequestrare perch� non sanno fare altro, e
un delitto alla loro portata, e poi hanno messo in moto del-
le catene di montaggio che non possono fermare. A ogni
sequestro lavorano direttamente non meno di cinquanta
persone e ce ne sono centinaia che stanno attorno per colla-
borare, per coprire. Ci sono gli specializzati nella scelta
delle vittime, che conoscono i loro conti in banca, quelli
che provvedono ai trasporti, quelli che custodiscono il se-
questrato. I tempi lunghi servono ad alzare il prezzo e il
prezzo viene alzato per l'inflazione degli addetti, per il nu-
mero sempre pi� grande di persone che campano sui se-
questri�. Medici sembra in parte convinto: �Si, ho parlato
con il Celadon padre, credo che di miliardi per liberare il
figlio non ne abbia spesi sei ma dieci. Lo hanno ripulito
non solo i mafiosi, anche gli imbroglioni che promettevano
mediazioni e io ne so qualcosa�.
Quello che sa l'avvocato Medici � che dietro i sequestri
c'� qualcosa di sporco anche fra chi li combatte. Quando
gli sequestrano il fratello, i giudici decidono per la linea
dura, bloccano i beni della famiglia e i carabinieri eseguo-
no, se Medici va a Roma per farsi dare da una banca ami-
ca un miliardo per il riscatto �no, era di pi� e pesava nove
chili, me lo ricordo bene), gli saltano addosso in via Bon-
compagni, come se fosse un terrorista. Ma qualche mese
dopo per vie traverse un ufficiale dei carabinieri gli fa sa-
pere che in un carcere del nord c'� un mafioso che potreb-
be dargli la prova della �esistenza in vita�, cos� si dice, del
fratello. Purch� sia disposto a trattare solo con quell'uffi-
ciale e a pagare cento milioni. C'� dello sporco anche fra
chi da la caccia ai sequestratori, c'� la politica. Cutolo, il
camorrista, ha trattato per la liberazione del democristiano
Cirillo sequestrato dalle Brigate rosse. Candido Celadon
che da due anni aspetta la liberazione del figlio minaccia
uno sciopero elettorale nel suo paese che potrebbe avere ri-
percussioni nel Veneto bianco. Lo chiamano a Roma al
ministero degli Interni, lo invitano a pazientare ed aver fi-
ducia e qualche giorno dopo il Celadon figlio viene libera-
to. Con i fondi neri del ministero? Non � provato, ma �
possibile. Hanno ragione i parenti dei sequestrati minori,
ci sono sequestrati di serie A e di serie B. il rapimento del-
la Ghidini doveva essere di serie A, subito si riunisce un
vertice a cui partecipano il ministro degli Interni, il capo
della polizia, quello dell'Anticrimine, un generale dei cara-
binieri, il capo della Criminalpol. E importante che la Ghi-
dini venga liberata per togliere un'arma di propaganda al-
la Lega lombarda, fortissima a Brescia. Di certo c'� stata
una trattativa fra la polizia e il mafioso lerin , specialista
della 'ndrangheta nella riscossione dei riscatti. Lo abbiano
ricattato o lo abbiano pagato, fatto sta che la Ghidini torna
a casa, presto. Bruciati dal successo della polizia, i carabi-
nieri si mettono sulle piste di Ierin�), intercettano il suo te-
lefonino portatile e lo arrestano come un tordello. E quelli
della polizia zitti e buoni, mica possono dire che avevano
promesso al Ierin� di lasciarlo libero.
�Avvocato Medici, ma la briscola calabrese, poteva ser-
vire davvero a liberare suo fratello?), <,S�, poteva servire.
Noi eravamo disposti a pagare e loro non si sentivano sicu-
ri. Noi siamo nati a Bianco e quelli di Bianco non ci hanno
dimenticato. Venivano qui di notte a Scilla, nella mia ca-
sa. Li accompagnavo dai carabinieri del gruppo eliportato,
si incappucciavano e guidavano i carabinieri sull'Aspro-
monte, indicavano i covi, gli ovili. In alcuni furono trovati
cibi ancora caldi, indumenti, catene. I proprietari, indivi-
duati, dissero che erano andati agli ovili per fare la ricotta.
E la catena? Serviva per le bestie. Ma erano impauriti, sta-
vano per chiudere. Poi arriv� "madre coraggio".�
Trovandomi nell'Aspromonte sono andato a rivedere la
grande casa gialla dell'orrore sulla montagna di Girifalco.
Sar� stato dieci anni fa, risalivo una delle valli percorse dai
coloni greci per andare al Tirreno, una strada a tornanti
stretti per giungere a uno degli impervi valichi fra i due
mari e in quel deserto di boschi e di rocce vedo improvvi-
samente sopra di me una grande casa gialla. Sembra ab-
bandonata, il portone che d� in un cortile � spalancato, c'�
una targa ma cos� arrugginita che non si riesce a leggere. Il
cortile � deserto, le finestre del piano terreno con le ante
chiuse, quelle del piano superiore con sbarre di ferro. Una
prigione? Ma no, non si vedono guardiani. Uno scalone
porta al piano superiore, d� in una grande sala vuota come
un granaio abbandonato, venendo dalla luce abbacinante
fatico a vedere, poi mi accorgo di una scaletta, stretta co-
me i carrugi dei villaggi liguri. Salgo incespicando nel
buio, solo lass� in cima c'� una lampadina gialla, fioca e
mentre salgo incomincio a vedere una porta di ferro con
una finestrella. <C'� qualcuno?,, grido. Nessuno risponde.
Salgo gli ultimi gradini e d'improvviso come se qualcuno
avesse dato il massimo volume mi esplode sul capo un urlo
agghiacciante, tuonante, che si ripercuote nell'eco dei cor-
ridoi e delle sale e vedo dietro le barre della finestruola, vi-
cinissimi gli occhi, i denti, le gote tirate di un pazzo e die-
tro lui altre facce deformi. Rotolo gi� per la scaletta, corro
per il cortile, fuggo da quella sofferenza demente, dimenti-
cata sulla montagna dell'Aspromonte, vicina al valico fra i
due mari.
Capra e champagne
Viaggiatori inglesi dell'Ottocento, biondi, occhi azzurri,
camminatori instancabili e senza paura percorrevano la
valle d'Aosta e si chiedevano come fosse possibile che in
una natura cos� gloriosamente bella, sotto montagne eccel-
se e ghiacciai, tra vigneti e frutteti si aggirasse una umani-
t� cenciosa e selvatica. Me lo chiedo nella piana di Gioia
Tauro dove ci sono gli uliveti pi� belli e antichi d'Italia, al-
beri alti quindici, venti metri e sotto quel tetto argenteo,
l'oro degli agrumeti, aranci e mandarini profumati e sotto
ancora, in un mutar di verdi e di marrons, gli orti, i rampi-
canti, i prati d'erba tenera gi� fioriti di margherite a mar-
zo. Anche le reti di nylon per la raccolta delle olive, altrove
orrende, ci stanno nel grande incantesimo, le bianche co-
me rugiada posatasi sulle rasole, le azzurre come il manto
della fata turchina, le rose come l'aurora omerica �dal dito
di rosa�. Ai coloni greci questa oasi chiusa fra le montagne
aspre e boscose dell'Aspromonte dovette apparire come la
terra promessa, e ora come in un medioevo feroce vi detta-
no separata legge le cosche mafiose con pieno potere e cre-
scente ricchezza. Arroganti, rozze, pronte a uccidere don-
ne e bambini, ma il terrore chiude le bocche, � raro che uo-
mini politici, sindacalisti trovino il coraggio per esecrare,
per denunciare.
Devo incontrare a Taurianova il senatore comunista Ar-
giroffi che vive qui da quarant'anni, superstite di una bor-
ghesia colta che assiste allibita, disperata al regno dei bar-
bari, dei violenti astuti, degli ignoranti arricchiti. Fuori �
gi� primavera, ma il camino di casa Argiroffi � acceso, ar-
dore rossastro di brace sotto un grande olio di una dama di
corte austriaca, in veste ricamata bianca, la madre di mia
madre, dice il senatore che ha settant'anni, vive con la so-
rella, un comunista liberale che scrive poesie e non sa stac-
carsi da questa terra. Senatore sa cosa mi ha detto a Reggio l'avvocato Me-
dici, quello a cui hanno sequestrato e ucciso un fratello?
Noi che abbiamo avuto i privilegi di questa terra dobbia-
mo pagare il prezzo della storia, dobbiamo restarci come i
patrizi romani che non fuggirono a Bisanzio, che rimasero
nelle citt� e nelle campagne italiche.� �E monito bello quel-
che mi sta dicendo, qualcosa che sento profondamente), di-
ce il senatore. �Che cosa � mai un paese senza storia? Ma
questi voltano le spalle alla storia, la ignorano, la odiano.
A volte ho l'impressione che sia avvenuta una mutazione
genetica, che sia uscita dalla foresta una umanit� selvag-
gia. Ha sentito parlare di Rocco Zagari che fu ucciso qui a
Taurianova sulla poltrona del barbiere come il gangster
Anastasia? Quando arrivai qui dalla Sicilia, quarant'anni
fa, era comunista, mi aiut� a trovar casa, fra i primi, sem-
pre, nelle lotte contadine. Ma un giorno venne da me, po-
s� la tessera sul tavolo e disse: "Con voi ho chiuso". Da
quel giorno non scambiammo pi� parola. Dio mio che
scempio di vite umane. Ho visto il suo cadavere e il cada-
vere di suo figlio in un campo gi� roso dai topi un gio-
ne bellissimo, e le mattanze fra le cosche, a Giuseppe Gi-
raldi staccarono la testa e la lanciavano in aria per il tiro a
segno. Ne sono caduti di tiranni su questa terra, Franco,
Pinochet, Batista, Peron, PolPot, � caduto il muro di Ber-
lino, ma Francesco Macr� tiranno di Taurianova no, do-
vrebbe stare in galera da mesi ma sta nascosto qui da qual-
che parte, forse alla tonnara di Palmi, forse in casa di un
suo parente, ma nascosto o in galera Taurianova rester�
un suo feudo, le figlie, i loro mariti, i cognati, i nipoti oc-
cupano i posti di potere, l'intero apparato sanitario � nelle
loro mani.,,
Francesco Macr�, detto Ciccio Mazzetta: un personaggio
anomalo, un sopravvissuto del notabilato, uno dei pochis-
simi notabili che si sia adattato alla Calabria delle cosche
mafiose, come per decenni Lima in Sicilia, imponendo la
sua superiore arte del far politica, di tenere i rapporti con
Roma, di essere l'uomo dello sportello, quello a cui arriva-
no i soldi. E con i soldi a Taurianova si fa il bello e il catti-
vo tempo: seicento occupati, una minoranza in mezzo ai
mille disoccupati, i tremilacinquecento pensionati e 'nvali-
di, i settemila poco o nulla facenti. La campagna nelle ma-
ni dei grandi mafiosi, i piccoli proprietari superstiti in loro
balia, che fai se ti rompono il trattore, se ti tagliano gli uli-
vi? Tacere devi, accettare i prezzi che ti impongono. Ma
Ciccio Mazzetta no, lui qualcosa da opporre ai mafiosi ce
l'ha sempre avuto, il partito di governo, la Democrazia
cristiana, quei tre o quattromila voti di preferenza per cui
tutti i leader calabresi del partito hanno dovuto comparire
al suo fianco, sul balcone di casa Macr�, in piazza Macr�.
Non mafioso, ma necessario al mafiosi. In trenta e pi� an-
ni don Francesco Macr� non si � mai accorto della esisten-
za delle cosche, non ha mai denunciato la crescita della
mafia ma ha sempre tirato le fila del potere. Si sono prova-
ti a fare a meno di lui, hanno fatto una loro lista, ,La sve-
glia�, una sveglia a suon di lupara, ne facevano parte uo-
mini come Domenico Romeo del clan degli Avignone,
Marcello Villa e altri del clan Zagari, tutti uomini di ri-
spetto ma poco pratici di Ussl e di municipio. Li ha co-
stretti a tornare nel partito madre, ha ridato alla Democra-
zia cristiana nelle ultime amministrative dell'88 il 50,4 per
cento dei voti e si � tolto il gusto di gridarglielo in faccia ai
suoi concittadini sudditi: <,Se non fosse stato per me Tau-
rianova si sarebbe spopolata, voi sareste chi sa dove e inve-
ce tutti avete una casa, il televisore, gli elettrodomestici e
cibo assai�.
Il senatore attizza il fuoco nel grande camino, aiuta la so-
rella a servirmi il caff�, � alto il senatore con gli occhi az-
zurri e ora sembra parlare a se stesso. Ma come � possibile
che questo ignorante sia stato pi� forte della giustizia, dei
contadini e degli operai, dei presidenti della repubblica che
non sono riusciti a cacciarlo? Nascosto o in galera coman-
der� ancora, scriver� ancora i manifesti elettorali, gli ukase
municipali, il suo clan � sempre fortissimo, sua figlia.�
�Quella pure bestemmia), dice rapida la sorella del sena-
tore, che la zittisce: <Questo non centra, questa � un'altra
cosa. Qui � come se fossimo fuori dall'Italia. Quando han-
no ucciso a Lamezia il maresciallo di polizia Aversa lo sta-
to si � presentato anche da queste parti, sono venuti Cossi-
ga, il ministro della Giustizia Martelli, quello degli Interni
Scotti, hanno inaugurato un commissariato di polizia che �
come se non ci fosse�.
Restare a Taurianova? Pagare il prezzo della storia?
Gi�, ma come dice il giudice Misiani che � di qui: <,In seco-
li di storia Taurianova non era riuscita a produrre un uo-
mo noto, non lo era nemmeno lo scrittore viaggiatore Gio-
vanni Francesco Gemelli Careri. Ora tutta l'Italia conosce
Macr� Francesco. Ha vinto lui. A Taurianova non c'� 1 a-
busivismo edilizio ma lo spontaneismo, la concessione edi-
lizia � un optional, la politica dei sussidi ha rafforzato la
cultura del servilismo e della rassegnazione,,. Gente dura i
Macr� e garantista, come no? Olga Macr� sindaco di Tau-
rianova ha avuto parole di fuoco contro il governo libertici-
da che commissariava il Comune.
Ora mi aspetta Gioia Tauro dove torno per la quarta o
la quinta volta, sempre attendendomi il peggio. La prima
fu molti anni fa quando il centro-sinistra gonfiava le sue
vele e le nostre illusioni in una Italia riformata, in un Mez-
zogiorno rinato. Ma come facevamo ad essere cos� inge-
nui, a non vedere chi ci stava attorno, a pensare che quel
che non era stato possibile nei secoli lo sarebbe stato per
noi, i riformisti, i modernizzatori? Ricordo un pranzo elet-
l'uomo della nuova frontiera. Allora ero il giornalista di
torale dove c'erano Giacomo Mancini e Enrico Mattei,
punta del �Giorno,,, il suo giornale, il giornale dell'Eni, co-
s� mi avvicinai al suo tavolo per salutarlo. Lui si alz� a
stringermi la mano e diceva, da partigiano: �Questo � uno
che spara�. E ci stringevamo le mani, io di Cuneo e loro di
Reggio, di Bova Marina, di Cosenza, sicuri di aver vinto,
di essere ormai entrati nella nuova storia, che erano mai di
fronte all'Italia del lavoro e delle riforme quei quattro ma-
fiosi della piana? Si, ho sparato molto, allora e poi, ma con
un fuciletto di latta che ai Francesco Macr� e ai Piromalli
non faceva neppure il solletico. Allora, a Gioia Tauro,
Mancini voleva dare il quinto centro siderurgico e come
abbia potuto un calabrese conoscitore profondo della Cala-
bria pensare di poter paracadutare una grande azienda
proprio nella piaga pi� mafiosa della regione sembrer� og-
gi uno dei misteri dolorosi del profondo sud, ma allora
Mancini ci credeva davvero, ricordo i suoi occhi quando se
ne parlava in un ristorante della marina
pi� seminavo dubbi e pi� gli ero caro, assaporava gi� la gioia di quando
mi sarei ricreduto, di quando sarei venuto giU da Milano
per vedere il sud rinato, la Calabria rinata. Non si erano
neppure accorti, il buon Mancini e gli altri che ridevano,
Mi stringevano la mano, mi abbracciavano che la crisi
mondiale della siderurgia galoppava incontenibile, che
presto anche noi avremmo dovuto smetterla con quella foia
metallurgica. Scesi di nuovo a Gioia a vedere come anda-
vano i lavori ed era gi� il disastro, avevano gi� abbattuto
centinaia di ettari di ulivi e centinaia di camion muoveva-
no come scarafaggi sull'immensa piana giallastra nel pol-
verone. Li avevano comperati i Piromalli, signori della
mafia, con i miliardi del sequestro di Paul Gettyjr. A loro,
Potentissimi, i miliardi, alla manovalanza dell'Aspromon-
te le briciole. Il taglio degli ulivi aveva denudato e sfigura-
to la piana, la sua mafia che prima si nascondeva sotto il
tetto argenteo degli ulivi ti veniva incontro allo scoperto
con i suoi camion, i suoi sorveglianti armati che seguivano
il forestiero con le loro automobili, taciturni e minacciosi.
Gioia era gi� orrenda, un ammasso di case e casoni, ulti-
mate e rifinite quelle dei boss, in perenne costruzione quel-
le dei soldati e dei clienti. Il centro siderurgico come era
prevedibile non lo fecero, del grande progetto rimase il
porto, allucinante, un bacino lunghissimo a forma di fagio-
lo, protetto da enormi falli in cemento, frangiflutti, mi-
gliaia di possenti falli in cemento puntati contro il cielo del-
la Calabria in cui il pittore Enotrio Pugliese dipinge sem-
pre degli uccelli �per riempire un po' quel vuoto terso�. Mi
� capitato di passare delle ore nel deserto del porto e mi
sembrava di essere sull'isola di Pasqua o sulle Ande, in
quei luoghi misteriosi dove una civilt� dei giganti ha la-
sciato i suoi segni. Il porto � costato novemila miliardi . E
usato solo di notte dai contrabbandieri.
In uno dei miei viaggi andai a trovare il sindaco di
Gioia, sindaco per volont� di Mommo Piromalli di cui era
il medico di fiducia, Vincenzo Gentile, un uomo cortese,
afflitto pi� che arrogante. Mentiva con melanconia, la
stessa melanconia di quel ministro tagiko che ad Alma
Ata, sorvegliato da due funzionari russi, mi aveva mentito
sui raccolti, sulle fabbriche, sugli ospedali, su tutto. E
quando la gente � costretta a mentire in modo cos� spudo-
rato, cos� manifesto la voce le vien fuori bassa e atona.
�Nulla mi risulta� diceva la voce di Vincenzo Gentile (,cir-
ca la presenza della mafia nei lavori di sterro per il quinto
centro siderurgico.,) �Ma signor sindaco, lo sanno tutti che
i camion erano dei Piromalli, che qui non muove foglia che
i Piromalli non vogliano.� �Nulla mi risulta,) diceva la voce
di Gentile con tristezza ultimativa �in ordine alla influenza
della mafia nelle attivit� amministrative.� Non volevo cre-
dere che un signore cortese, un medico fosse cos� schiaccia-
to dalla paura ma ora il procuratore Cordova, che va dirit-
to al nocciolo, mi ha spiegato: i(I testimoni non corrono il
rischio di dichiarare il vero quando dichiarando il falso al
pi� possono incorrere nell'arresto per loro di gran lunga
preferibile a un colpo di lupara,,. Ma con Gentile non stava
solo cos�, credo, fra Gentile e i Piromalli non c'era solo la
violenza e la paura: era il medico di famiglia.
E in fondo dire a Gioia che la mafia non c'era era come
dire che c'era come lo diceva il direttore del jolly Hotel
quando andarono da lui i sindacalisti della Cgil regionale
che volevano tenere un congresso nell'albergo e lui li av-
vert�: �Per me va bene, ma parlatene con don Mommo�. I
Piromalli nella piana sono una monarchia, hanno il con-
trollo militare del territorio, esercitano la giustizia, ho visto
con i miei occhi la gente di Gioia in coda davanti alla casa
del boss, nel giorno fissato per rimettere al suo inappellabi-
le giudizio contese, questioni familiari, bisogni. Gente an-
data a scuola con lui o con i suoi figli, da rispettare sin dal-
la pi� tenera et� perch� destinati a un comando ora bona-
rio ora feroce, fondato sul consenso come sulla forza. Negli
anni di ascesa della dinastia, fra il '74 e il '77, ci f�rono in
provincia di Reggio 233 omicidi. Discendenti di pastori,
rozzi e intelligenti, capaci di essere incomprensibili e arcai-
ci, come le memorie del loro sangue e affabili, diplomatici.
�Durante l'ultimo processo� ricorda il giornalista Pantaleo-
ne Sergi (si scherzava con don Mommo, un bel signore
con gli occhiali montati in oro e un cappotto di cammello.
Eppure era lo stesso che festeggiava l'uccisione di un suo
nemico con un pranzo di capra arrostita e di champagne.�
Anche Antonio Piromalli a vederlo sembrava un contadino
bonario ma di lui il pentito Scrivia ha raccontato: �Per sa-
pere dove erano nascosti i Tripodi, presero un loro paren-
te, un certo Seminara, lo fecero cantare e poi lo uccisero.
Materialmente vi provvide Antonio, il macellaio, il quale
se lo mise fra le gambe e lo sgozz� come un capretto�. Al-
l'onomastico di don Mommo, ai matrimoni e ai battesimi
della famiglia accorrevano reverenti i proprietari terrieri, i
negozianti, i professionisti e i giornalisti locali cui don
Mommo dava la pagella. ,Don Mommo perch� non mi sa-
lutate?,) chiedeva trepidante un cronista di Palmi -ho sem-
pre parlato bene di voi.), E don Mommo: <,Si, ma hai par-
lato bene dei carabinieri,).
Un altro Piromalli, il latitante Giuseppe, spediva una
raccomandata al direttore del ,Giornale della Calabria,,
con tanto di indirizzo suo, via Monaceli 3, Gioia Tauro:
�Nel suo esclusivo interesse, onde dissociare la sua respon-
sabilit� da quella dell'inqualificabile autore, la invito a
smentire,,. Per i funerali di un Piromalli � arrivato da Reg-
gio per tenere l'orazione funebre un principe del foro che
poi cos� si � giustificato: ,Me lo avevano chiesto,,. E tutti
ne son rimasti convinti.
Chi sa per quali oscuri travagli, per quale stanchezza di
vivere sotto il tallone mafioso il medico Vincenzo Gentile
sindaco di Gioia, la mattina del 7 maggio 1987 si � rifiuta-
to di firmare l'ordine di pagamento per una fattura di Car-
melo Stillitano, nipote di Peppino Piromalli. Lo hanno as-
sassinato l'indomani e il giorno dopo la giunta ha fatto
passare l'ordine di pagamento. E chi sa per quale disperato
dolore o coraggio la vedova Gentile ha deciso di rompere
l'omert�, ha invitato a casa il nuovo sindaco Giuseppe
Cento, buon amico di suo marito, assessore con lui ai lavo-
ri pubblici e ha nascosto un registratore dietro i libri di
scuola di sua figlia. Cento si � confidato, le ha detto che a
uccidere Vincenzo era stato proprio Carmelo Stillitano e
quelli di Gioia hanno visto passare Stillitano sulla camio-
netta dei carabinieri, ammanettato e non volevano credere
ai loro occhi. Per qualche mese a Gioia sembr� che cadesse
il mondo: era arrivato a Palmi il giudice Agostino Cordo-
va, uno che non guardava in faccia a nessuno e la prima
cosa che aveva detto di Gioia era: <,Il Comune di Gioia �
una pura emanazione amministrativa dei mafiosi�; era ar-
rivato a Gioia un nuovo commissario di polizia, un poli-
ziotto vero che tirava fuori dai cassetti indagini e istruttorie
dormienti da anni. Si arriv� al punto che il ministro degli
Interni fu costretto a commissariare il Comune, ma la De-
mocrazia cristiana chiamata a designare il commissario fe-
ce il nome di Antonio Ped� gi� indiziato di reati nell'83 e
arrestato nell'84 per truffa aggravata alla Cee e al ministe-
ro dei Lavori pubblici, roba che per quelli di Gioia non so-
no neppure reati. E un bel giorno il mastino Cordova spa-
rava settantacinque comunicazioni giudiziarie contro am-
ministratori e funzionari della Ussl, ,burocrati le cui retri-
buzioni non trovano eguali neppure nelle pi� alte cariche
dello stato,,. Benedetto uomo, non aveva ancora afferrato,
non voleva afferrare che nella piana di Gioia e un po' in
tutto il sud malavitoso le Ussl non sono fatte per gli amma-
lati ma per i sani. Quella di Gioia non si era accontentata
di rilasciare a centinaia certificati falsi di malattia o di in-
validit� ma aveva assunto �per lavori di facchinaggio� lau-
reati e diplomati che prendevano lo stipendio facendo
niente, �assunti al solo fine di favorirli, molto legati da vin-
coli di parentela con esponenti malavitosi di spicco o con
militari dell'Arma aventi posizioni di comandlo e di re-
sponsabilit�,). Ma presto il mondo � tornato al punto di pri-
ma, gli arrestati sono stati rilasciati dal tribunale della li-
bert� e la Ussl � tornata di propriet� dei Piromalli. Sta,
questa Ussl, in un casone della famiglia mafiosa, abusiva-
mente sopraelevato di quattro piani. La famiglia lo affitta
alla Ussl per settantatr� milioni l'anno. Sette anni fa era
partito un ordine di sequestro che nessuno aveva eseguito,
ora che ci hanno riprovato � risultato di propriet� del dot-
tor Domenico Piromalli, incensurato. Eppure ai tempi del
primo sequestro proprietari risultavano i figli di Clementi-
na Mazzaferro in Piromalli, Domenico, Gioacchino, Giu-
seppe, Antonio. L'Antimafia ha chiesto spiegazioni alla
Ussl il cui direttore ha risposto in tono secco: �Il dottor Pi-
romalli Domenico non � una ditta a cui richiedere il certifi-
cato antimafia ma possiede beni immobili a titolo persona-
le e come privato,,. Nella Ussl c'� un grande laboratorio di
analisi quasi sempre chiuso, gli ammalati vengono dirotta-
ti ai centri diagnostici privati Minerva, Caruso, Gamma,
Roentgen fra 1 cui soci c'� il Piromalli medico che ha stu-
diato in America e una Concetta Piromalli.
A Gioia c'� poco da sbagliare, quasi tutte le cose d valo-
re sono dei Piromalli o dei loro prestanome. Neppure il
giudice Agostino Cordova ce l'ha fatta a sbaragliarli. In tre
anni di indagini, con l'aiuto dei pentiti era riuscito a por-
tarli in Corte d'Assise con un centinaio di loro soldati,
molti condannati all'ergastolo o a lunghe prigionie. Presto
tutti liberi o per scadenza dei termini di detenzione o per-
ch� la prima sezione del dottor Corrado Carnevale, dio lo pro-
tegga, nell'ottobre dell'88 ha annullato i tre processi prin-
cipali. Si era accorto, l'infallibile ,ammazzasentenze,,, che
�i due componenti togati della Corte d'Assise erano stati
assegnati a quei processi senza regolare decreto di nomi-
na�. Un piccolo errore formale e tre anni di indagini, il la-
voro di centinaia di poliziotti, di decine di magistrati se ne
� andato in fumo con esultanza degli avvocati di mafia.
�Carnevale � un simbolo delle garanzie processuali. E un
grande esempio. Noi avvocati siamo stanchi di sopportare
magistrati non neutrali.� Hanno ragione, Cordova non �
neutrale, sta dalla parte degli onesti.
Cos� il clan Piromalli ha potuto riprendere i suoi affari su
solerte commissione del nostro governo, che sembra molto
preoccupato di non lasciare i mafiosi con le mani in mano e
prima ha pensato di collocare nella piana uno scalo dei pe-
troli e ora una megacentrale termoelettrica per cui sono
stati immediatamente stanziati mille miliardi per i lavori di
sterro che forse consistono nel rimettere al suo posto origi-
nario la terra spostata nei lavori precedenti. Succedono co-
se turche: prima l'Enel dichiara inaccettabili le bassissime
offerte fatte dalle ditte dietro cui si nascondono i Piromalli
e altri mafiosi di rispetto e manda a vuoto la prima asta, poi
ne indice una seconda in cui accetta i prezzi del mafiosi im-
posti. Il nostro potentissimo ente di stato, costretto a fare la
centrale a Gioia, sta al gioco, prende per buone le dichiara-
zioni antimafia presentate dalle ditte, ma tutti sanno che in
Calabria un certificato antimafia non lo neghi a nessuno.
Si intromette purtroppo l'alto commissario all'Antimafia
Sica, mobilita il procuratore Cordova che non fatica a pro-
vare le infiltrazioni mafiose nel consorzio di cui fa parte an-
che la ditta del dottor Gianni Scambia, il coraggioso presi-
dente dei costruttori reggini che in un suo ordine del gior-
no, ampiamente riportato dalla stampa nazionale aveva di-
chiarato: �Riprendiamoci i cantieri invasi dalla mafia,,.
Bravo, ci e riuscito. Il 12 luglio 1990 Cordova ordina il se-
questro dei cantieri perch� (,le ditte aggiudicatrici fanno ca-
po a cosche mafiose locali" ma il giudice Corrado Carneva-
le sta all'erta e il 12 dicembre la sua prima sezione annulla il se-
questro; secondo la Cassazione non sono state provate le
infiltrazioni mafiose. A Gioia la mafia non c'�, come dice-
va il sindaco Gentile. E si continua. In uno dei luoghi pi�
belli del creato dove il cielo � terso e la sacra pianta dell'uli-
vo copre con un tetto d'argento la morbida terra, associa-
zioni di ladri e di assassine hanno seminato morte e distru-
zione, fanno cadere ogni speranza di giustizia, ogni civile
convivenza, rubano, uccidono, torturano per costruirsi
delle case orrende, dei paesi orrendi, dei municipi orrendi
in cui amministratori ladri o mitomani fanno a gara nel
progettare opere insensate, terme, metropolitane, parchi
naturali e quant'altro potr� servire a nuove ruberie.
Succedono cose turche nella piana. Francesco Macr�
aveva fatto assumere nella Ussl migliaia di persone, ma
quelli della �Sveglia,, hanno fatto di pi�, nel 1978 hanno
deciso di aggiungere all'apparato sanitario un �,ricovero
per disabili mentali,, e siccome non trovavano i locali adatti
hanno affittato la villetta di un certo Giuseppe Fazzari di
Rosarno, inquisito per associazione mafiosa, ma qui sono
quisquilie, e per un anno di affitto gli hanno versato 697
milioni. Poi hanno pensato che forse era meglio comperar-
la, ma per fare le cose regolari hanno indetto un'asta. Sono
stati fortunati, si � presentato solo un acquirente, un tale
Lavorato, un pregiudicato, uno dei loro. Lavorato si ritir�.
e l'affare � fatto il 4 marzo del '90 per soli 1281 milioni.
Ora la villetta � vuota e i disabili mentali devono aver tira-
to un sospiro di sollievo, figurati finire in una clinica di
malviventi.
Nella piana le Ussl servono ai sani, non agli ammalati.
Spendono ogni anno una quarantina di miliardi, ma per
sfamare i degenti di Gioia � necessario l'intervento della
polizia, quelli di Palmi versano in condizioni pessime e a
Lamezia l'ospedale in costruzione da venti anni sta andan-
do in rovina. Lamezia non sta nella piana, ma ne � degna.
E un paesone fatto di tre paesi, Sambiase, Nicastro e S.
Eufemia che d� il nome al golfo. Il senatore socialista Pe-
tronio si � molto indignato con la stampa che �-criminalizza
un onesto paese�, ma non aveva ancora finito di indignarsi
che i mafiosi hanno ucciso il maresciallo di polizia Salvato-
re Aversa e sua moglie. Lamezia ha un grande aeroporto
internazionale costato non so quanti miliardi dove non at-
terra mai un aereo che non sia il Roma-Lamezia. Quando
decisero di farlo dicevano che era il ponte fra l'Europa e il
Levante. Aspettavano per le vacanze i banchieri libanesi e
gli sceicchi degli emirati. Non sono arrivati e la mafia re-
gna sovrana, padrona dei supermercati, degli alberghi, dei
negozi, di tutto e provvede anche alle pulizie urbane. il
Comune paga egualmente i suoi quaranta spazzini inope-
rosi che non protestano perch� la mafia ne ha mandati due
al creatore l'ultima volta che al Comune � venuta la pazza
idea di gestire in proprio il servizio. Ora la mafia le pulizie
le fa a suo modo, cio� non le fa e la gente la prende con fi-
losofia, davanti a un cumulo di immondezze alle porte di
Nicastro qualcuno ha scritto su un muro,�alla grande!,,.
L'impiego pubblico non manca a Lamezia, su una po-
polazione di settantamila abitanti gli impiegati comunali
sono settecento, molti non si fanno mai vedere, ma tutti ri-
tirano ogni settimana i settanta litri di benzina che il Co-
mune d� come rimborso spese. I disoccupati sono cinque-
mila, gli invalidi seimila, i pensionati dodicimila; chi vuol
vedere come nel sud si possa vivere producendo niente puo
accomodarsi.
Centocinquanta aziende tutte infiltrate dai mafiosi si
spartiscono gli appalti per i servizi pubblici, ma qualcuna
va gi� di grosso. Quella che ha costruito il nuovo cimitero
ha sbagliato le misure dei quattrocento loculi, un falegna-
me del Comune, ogni volta, non potendo allargare i locu-
lo stringe la bara. Il concetto che hanno dello stato gli eletti
di questo angolo del meridione non deve essere dei pi� alti
a giudicare da un aneddoto raccontato dal giudice Salvato-
re Barresi: (,Il sottosegretario ai Trasporti Elio Tiriolo si �
molto seccato quando la polizia ha perquisito all'aeroporto
la valigia del suo guardaspalle che � un sorvegliato specia-
le. Questi supermen del cazzo� ha detto l'onorevole �gli
stanno dietro come cani�.
La ferocia mafiosa non si arresta con la morte: a Limba-
di hanno disseppellito e bruciato i resti del maresciallo dei
carabinieri Lagan�, altrettanto hanno fatto con il povero
Aversa. Pi� in l� sono andati ad Agrigento quelli che ave-
vano violentato e ucciso una infermiera, hanno profanato
la tomba e poi scritto sulla lapide, in verde, con il gambo
di un geranio: ,Ti abbiamo di nuovo uccisa�.
Il minotauro di Palmi
Il procuratore Agostino Cordova sta chiuso nel palazzo di
giustizia di Palmi come il Minotauro nel labirinto. Scale,
corridoi, porte, controlli, poliziotti in borghese, carabinieri
in divisa, pistoloni, mitra e in fondo Il suo ufficio con le
tapparelle abbassate su una stradina chiusa, vuota, il gran-
de accusatore, il mastino, capelli grigi corti, un volto qua-
drato, antico da scriba del faraone nel regno di Mezzo, il
sigaro sempre acceso, un abito nero da dignitoso servitore
di uno stato che non c'� pi�, una camicia bianca gonfiata
da un adipe onesto di chi � in pace con la sua coscienza co-
me ce l'avevano nell'Italia povera i burocrati del regno.
Cordova � di quelle teste fini cui � venuta la nausea delle
parole, in un paese dove tutti parlano in continuazione per
fingere di sapere quello che non sanno o per ingannarsi a
vicenda. Cos� si tiene accanto il giudice Francesco Neri,
che essendo giovane ha ancora voglia di parlare. Lo guar-
da come un figlio, gli d� l'avvio, lo lascia andare, intervie-
ne se gli sembra che divaghi, che non arrivi subito al noc-
ciolo delle cose. i camerieri che arrivano con i caff� e i bic-
chieri d'acqua gelata sono come i subacquei che prima di
emergere stanno nella stanza di compensazione, li tengono
qualche minuto in anticamera per perquisirli. Un altro
giudice duro che ho visto a Reggio, Francesco Macr�, dice
che questo, calabrese, � �un Far West senza sceriffi dove
gli infiltrati, i sorvegliati speciali siamo noi giudici). Ma a
Palmi uno sceriffo c'�, � il procuratore Cordova che non
guarda in faccia a nessuno e manda in galera mafiosi, av-
vocati, politici, geometri, ingegneri. E come una fiumara
in piena ma non basta ripetere l'antico consiglio �calati
juncu�, lascia che passi perch� ti sradica. E forse per farla
passare un giorno o l'altro lo promuoveranno a superpro-
curatore o roba del genere.
�E vero, dottor Cordova, che i socialisti hanno presenta-
to tre interpellanze per farla trasferire?� Lo scriba del fa-
raone sorride: �Dicono che in quel che faccio c'� il fumus
persecutionis. Forse vogliono dire che perseguito i malviven-
ti. Dicono anche che sono incompatibile con l'ambiente,
ma forse � l'ambiente che � incompatibile con me,,. Ci so-
no colleghi, avvocati e politici che lo detestano, �<ma che
vuole questo Cordova? Un poliziottone, un torero, un giu-
dice da inchieste giornalistiche, da televisione, da spettaco-
lo�. Lui tace e li manda in bestia, prima delle elezioni ha
ordinato centottanta perquisizioni di case mafiose, ha se-
questrato il materiale elettorale e i socialisti hanno gridato
allo scandalo, il loro leader Zavetteri ha detto che Cordova
�Violava i pi� elementari diritti democratici�. Poi hanno
ucciso a lupara suo cognato, un mafioso, e si � zittito. Di
strada in politica se ne fa poca da queste parti se non si �
d'accordo con le cosche. Giacomo Mancini, il PiU illustre
politico calabrese, � stato bocciato ed ha spiegato il perch�:
�Ho chiesto che venissero estromessi candidati sospetti.
Non mi sono associato all'aggressione contro il giudice
Cordova mentre dalle cosche di Rosarno venivano vere e
proprie dichiarazioni di voto a favore degli aggressori del
giudice. Ci sono eletti che fanno venire i brividi�.
Cordova sar� anche ambizioso e orgoglioso, come dico-
no, ma ci sa fare, ha elaborato negli anni una tecnica un
po' buddista, � o sembra uno che non si agita, non minac-
cia, non promette, ma aspetta che le schegge impazzite d�
questo mondo gli arrivino fra le mani grassocce, delicate e
allora le chiude, non le molla pi�. E stato lui il primo a
parlare in una sentenza del (rischio Calabria,,, il quindici
per cento in pi� che lo stato paga per i lavori pubblici alle
ditte, un riconoscimento ufficiale che le tangenti alla mafia
sono una necessit�: ,Non le fa effetto?� mi chiede. �A me
questo riconoscimento ufficiale � sembrato sorprendente,
una notizia che ci viene dalla direzione generale delle fer-
rovie. �
Nella circoscrizione giudiziaria di Palmi ci sono trenta-
tr� Comuni e cinquantasette cosche mafiose, ventinove
importanti, le altre ausiliarie. Nella regione sono un centi-
naio con cinquemila armati. ,E il Vietnam italiano� dice il
giudice Macr�<, lo stato qui fa la parte della Croce rossa,
soccorre i feriti, tiene il conto dei morti, avvisa le fami-
glie.,, Rogolino a Catona, i Polimeri a Schindilira, i Libri
a Vinco, i Marafioti a Locri, i Minniti a Ravagnese, i Di
Bella a Plat�, i Piromalli a Gioia Tauro, i Pesce-Pisano a
Rosarno, come un elenco biblico di trib� nemiche del po-
polo eletto. E in mezzo il minotauro di Palmi che fuma il
sigaro e sorride dell'inferno che lo circonda, forse � arriva-
to a pensare che indagare � pi� interessante che utile:
�L'altro mese ho fatto un esperimento, ho fatto passare in
questo ufficio i trentatr� sindaci della circoscrizione e gli ho
chiesto se sapevano che nel loro Comune c'era la mafia.
Lo sapevano solo tre,). Il procuratore accende un altro si-
garo e dice al giudice Neri: -(Gliela racconti lei la faccenda
delle auto,,. Il giudice Neri racconta, ma devo interrom-
perlo parecchie volte perch� non capisco, mi sembra incre-
dibile e ora mi provo a riferirla questa storia calabrese arri-
vata, senza che lui la cercasse, nelle mani grassocce e deli-
cate di Cordova.
Racconta il giudice Neri: �Un giorno incontro un amico
che mi fa: "Ma � vero che a Palmi si trovano delle auto a
prezzi incredibili? Cinque sei milioni per una Thema, per
un'Alfa?". Mi faccio dire quello che sa e ne riferisco al pro-
curatore,,. Cordova lo ascolta seduto in poltrona come ora
con la camicia bianca gonfiata dall'onesto adipe come una
vela. Sta succedendo questo a Palmi: il concessionario Fiat
per venire incontro alla clientela vende auto di lusso a rate,
anticipo di cinque milioni, trenta mesi di rate, garantite
dalla Fiat Sava, finanziaria Fiat. Paga lei se non pagano i
galantuomini che hanno ordinato l'auto. Naturalmente i
galantuomini non pagano, non si fanno pi� vedere. Passati
sei o sette mesi la concessionaria chiede alla Sava di inter-
venire e la faccenda arriva sul tavolo del giudice. Raggiun-
ti da una ingiunzione i galantuomini dicono che s� l'auto
ce l'hanno, ma purtroppo ha avuto un grave incidente re-
golarmente denunciato alle compagnie di assicurazione.
Sinceramente stupiti e s� che ne hanno viste il procura-
tore Cordova e il giudice Neri scoprono un imbroglio cora-
le gigantesco: le compagnie di assicurazione hanno accet-
tato delle denunce false, i periti giudiziari che hanno ispe-
zionato le auto hanno preso per buone delle fotografie da
CUI risultano ammaccate, spaccate grazie a sapienti mani-
polazioni con materiale plastico o con vernici lavabili. Che
fare se non recuperare il recuperabile? Le auto sinistrate
vengono messe all'asta, truccata anche essa, alla prima
non si presenta nessuno perch� si dovrebbe partire da un
minimo di cinque milioni, alla seconda compera l'auto per
niente lo stesso che l'ha ordinata o un suo prestanome.
Non sono riuscito a capire chi ci rimettesse alla fine del
grande imbroglio, il giudice Neri ha tentato invano di spie-
garmi che ci rimetteva solo lo stato perch� la Fiat Sava a
sua volta era assicurata con un'altra finanziaria che dedu-
ceva le perdite dalle tasse, ma la cosa non mi � risultata
chiara. La sola cosa chiara � che Cordova ha spedito in ga-
lera con scandalo enorme mafiosi, professionisti, commer-
cianti, anche quattro noti avvocati con sdegno della corpo-
razione che ha proclamato uno sciopero a Palmi e a Reggio
durato diciotto giorni. (�Come mai, giudice, li aveva accu-
sati ingiustamente? Ha fatto, come dicono, della giustizia
spettacolo?� �Ma no, c'erano talmente tanti arrestati che
nel carcere non ci stavano. Allora ne abbiamo sistemati al-
cuni nelle celle della polizia giudiziaria qui nel palazzo e
quelli della televisione li hanno ripresi mentre arrivavano
Dopo aver conosciuto Cordova e altri giudici come lui
incomincio a pensare che non sono i mezzi e i poteri che
mancano alla nostra giustizia, ma i buoni giudici. Qui a
Palmi � chiaro che tutti coloro che lavorano con Cordova si
sentono in stato di grazia, motivati dai suoi silenzi, dalla
sua imperturbabilit�, dal modo con cui sa leggere nelle
carte. Gli stanno attorno e ne ricavano un sentimento di
onnipotenza, tutto ci� che sembrava impossibile, tutti i ta-
b� del regno mafioso cadono, basta toccarli con un dito
vanno gi� come quinte di cartapesta. �<Sa cosa abbiamo ca-
pito?� dice il giudice Neri �che dove la giustizia � credibile
anche la famosa omert� mafiosa scompare. La gente non
parla con il giudice che passa il suo nome ai mafiosi ma
con quello che li protegge davvero, che non fa il doppio
gioco. Prenda il caso della faida di Cittanova fra i Facchi-
neri e i Raso-Albanese. La gente che non sta nell'universo
mafioso ha una strana idea delle faide, una vecchia idea,
i onore, per c
che si scannino per ragioni d' atene di vendet-
te. La vecchia idea della faida barbarica d' cui parla il poe-
1
ta "� orba e nun ccunnusce 'a verit� e ssurda e nun senti
ragioni prima dell'omu ammazza la piet�". No, oggi le
faide si svolgono fra due cosche per la conquista del territo-
rio, si uccidono a vicenda finch� una delle due si dichiara
sconfitta e passa all'altra i poteri. A Cittanova vinco no i
Facchineri e i loro soldati sostituiscono quelli dei Raso-Al-
banese nella riscossione delle tangenti. Ma esagerano,
mettons taglie insostenibili, i commercianti con il coraggio
della disperazione ci fanno sapere che sono pronti a resiste-
re, di noi si fidano, li riforniamo di registratori, di macchi-
ne fotografiche micro, i volti e le voci dei maflosi vengono
registrati, si fanno anche i riconoscimenti a futura memo-
ria che salvano la vita al testimoni, vivi o morti le loro te-
stimonianze sono incancellabili e magari al giudice Carne-
vale non basteranno, ma intanto noi che siamo qui a ri-
schiare la pelle li abbiamo mandati in galera.�
Purtroppo non tutti i giudici calabresi sono come Cordo-
va, Neri, Macr�. Quelli di Locri per anni non hanno fatto
un processo serio contro la mafia. A Reggio hanno sospeso
dalle funzioni il giudice Agostino Fortunato: concedeva le
libert� provvisorie ai mafiosi come se fossero decisioni col-
legiali, -come deciso da questo collegio da me presieduto e
dai giudici a latere,,, ma i giudici a latere non ne sapevano
mafiosi i suoi quadri, delicate marine. Il mestiere del giu-
niente. Un altro � stato trasferito, vendeva agli imputati
dice disonesto o vile � piuttosto facile, i modi per collabora-
re con la mafia senza correre rischi sono infiniti: accade un
delitto, il giudice sa chi � il mafioso colpevole ma finge di
prendere sul serio gli indizi che ci sono a carico di un pre-
giudicato che nel delitto non centra per niente. Il vero col-
pevole � coperto, il pregiudicato sta in carcere qualche me-
se e poi l'onesto giudice ammette che gli indizi non sono
validi e lo scarcera. Il caso � chiuso. Non tutti i giudici ca-
labresi si danno da fare per combattere la mafia. �Abbia-
mo avuto anche noi� mi dice Cordova �il nostro grande
pentito, un certo Marasco, che ha cantato fin che siamo ar-
rivati alla droga, allora si � pentito di essersi pentito. Co-
munque ci ha fatto una mappa aggiornata, precisa di tutte
le cosche mafiose, di tutti i responsabili delle guardianie,
diciamo gli esattori della mafia che si passano l'incarico di
padre in figlio. Ma non mi risulta che altre procure abbia-
no fatto uso di queste informazioni. Qualcuna, a posterio-
ri, ha dovuto ammettere che erano informazioni esatte, ma
dopo, quando i mafiosi si erano rovinati con le loro mani.�
Tutti i giorni il procuratore Cordova che abita a Reggio
viene e va da Palmi in macchina blindata e scortata. Ai
suoi nemici sembra uno spreco: �A Palmi dovrebbe stare�
dicono. Solerti e preoccupati per la buona amministra-
zione.
La lunga notte di Rosarno
Negli ultimi dieci anni la segreteria socialista di Reggio
Calabria � stata commissariata cinque volte, sono arrivati
a rimettere assieme i suoi cocci Tiraboschi, Marianetti,
Betulia, Franca, Presti, ma non c'� verso, prima o poi i so-
cialisti reggini tornano a fare elezioni e affari con la mafia
forse perch� non sono socialisti ma mafiosi. Il giudice Cor-
dova dice: �,I socialisti calabresi dicono che io li perseguito.
Ma non � cos�, non li cercavo proprio quando ho deciso di
far controllare le telefonate dei boss mafiosi di Rosarno.
L'indagine � durata due anni, ha interessato nove uffici
giudiziari, una ventina di magistrati, centinaia di poliziot-
ti,,. Ora che le registrazioni telefoniche sono state pubblica-
te da �Panorama�, si ha il quadro della naturale, quasi
normale alleanza fra politici socialisti ed esponenti della
cosca Pesce-Pisano, che parlano degli Zito come di vecchi
amici e della campagna elettorale come di una fatica che
gli tocca fare per accontentare ,gli onorevoli�. E a volte si
chiedono se questi lo hanno capito che chi riceve poi deve
dare: �glielo hai detto all'onorevole che deve darsi da fa-
re?�. Si trovavano spesso mafiosi e candidati al Cristal bar,
fra Rosarno e Gioia Tauro, elegante, ovattato, ottima pa-
sticceria, lo stesso bar in cui dopo le elezioni amministrati-
ve avevano alzato i loro canti di vittoria. �Siamo il primo
partito, abbiamo preso cinquecento voti in pi� a Rosarno,
siamo forti, siamo grandi.,, Privi ormai di ogni senso del
pudore. Ope legis il buon Cordova doveva chiedere la custo-
dia cautelare per i politici, pezzi grossi, il presidente della
commissione di controllo della Regione Calabria Battagli-
ni, il vicepresidente del Consiglio regionale Antonio Zito,
suo fratello il senatore Sisinio presidente della commissio-
ne Sanit� del Senato. E subito i parlamentari chiedevano e
ottenevano la immunit� parlamentare, si presentavano ad-
dirittura come dei perseguitati che miseria questo parla-
mento in cui gli inquisiti giudicano e coprono se stessi e
dichiaravano alla stampa: ,E riduttivo e banalizzante par-
lare dell'intreccio mafia politica�. Riduttivo? Dire che i
rappresentanti del popolo sono complici dei mafiosi. � ri-
duttivo? E banale? Povera lingua italiana, questa scono-
sciuta fra i nostri rappresentanti. Cos� molti dei pesci gros-
si sono sfuggiti all'arresto e sono finiti in galera solo Fran-
cesco Laruffa e Mario Battaglini con l'imputazione di ,as-
sociazione di stampo mafioso e alterazione dei voti nelle
elezioni amministrative del 1990,), subito rimessi in libert�
da una sentenza del giudice Carnevale, ma a noi sembra
che abbia perfettamente ragione Cordova quando in con-
trasto con altri magistrati, come Carnevale, afferma che
prendere voti dai mafiosi, chiedere voti ai mafiosi � reato
perch� � ben chiaro ci� che sta dietro a quei voti di violen-
za e di terrore. Cos� si fa la politica in Calabria e a Rosar-
no. Le famiglie Pesce-Pisano sono le padrone incontrasta-
te, i Pesce hanno una azienda agricola di settecento ettari
coltivata a kiwi e a eroina, ne hanno trovata a quintali as-
sieme a mitra Kalashnikov e tre fucili a pompa piU duecen-
tocinquanta milioni ben sistemati nel terreno in pozzetti
foderati di polistirolo. Chi ce li ha messi? Il boss dei boss
Beppino Pesce sta in carcere e non sa nulla, neppure suo
fratello ha idea di chi ce li abbia messi e neppure i loro ni-
poti Francesco Laruffa e Gaetano Rao che stanno nel Con-
siglio comunale. E Gaetano Rao riceve i giornalisti sulla
porta della sua fazenda e dice: �E tutta una montatura,
una risposta alle richieste che i socialisti hanno fatto perch�
si chiarisca l'attivit� della procura di Palmi�. Cordova sor-
ride e dice: ,Ma si, chiariremo al processo,). Uno dei penti-
ti ha detto: �Il coinvolgimento dei politici? Non chiedetelo
a me, chiedetelo a Craxi, sono tutti socialisti�.
A Rosarno la mafia ha il volto delle istituzioni, mette i
suoi uomini nei municipi, direttamente, senza pi� ricorre-
re agli uomini di paglia. Qualche volta va male, qualcuno
finisce in carcere ma se la caveranno, il tribunale della li-
bert� li far� uscire, il giudice Carnevale casser� le senten-
ze. Si � appena scoperto che la mafia ha uomini suoi nella
cancelleria della Suprema corte. E appena fuori ricomince-
ranno a minacciare chi non ci sta, a manipolare le liste, a
terrorizzare i votanti. Perch� questo � il fatto pi� ango-
sciante di Rosarno, la scomparsa della sinistra, la distru-
zione di ogni opposizione. Giuseppe Lavorato, deputato
del Pds � uno dei pochi che continuano a battersi e a guar-
darlo mi si stringe il cuore. E un uomo bello e fiero Lavo-
rato, l'onest� e il coraggio gli splendono negli occhi, nel vi-
so. Ora capisco cosa vuol dire �a viso aperto�, � il viso di
chi dice ci� che deve dire, che non ha da pentirsi per quello
che ha fatto e che continuera a fare. �Sa cosa mi ha detto
l'altro giorno un compagno passato dalla parte della ma-
fia? Giuseppe, mi ha detto, non fare fesserie, impara anche
tu a vivere, ti insegno io a vivere. No, gli ho detto, tu non
mi insegni niente perch� quello che io e i compagni abbia-
mo dopo venti anni di lotte � proprio questo che nessuno ci
deve dire come dobbiamo vivere, nessuno ci pu� chiedere
di vivere piegando la testa davanti ai mafiosi. E vero, sia-
mo rimasti in pochi e isolati e questo � un dramma della si-
nistra italiana che fa finta di non saperlo. Lei deve cono-
scere la storia vera di questa sconfitta. Trent'anni fa Bep-
pino Pesce era un contadino povero di una famiglia nume-
rosa e gli era capitata in eredit� la guardiania di una zona,
doveva fare da sentinella per conto della mafia. E campava
male, quella mafia campava ancora di abigeato e di miseri
scippi. Noi allora con questi mafiosi delle guardianie con-
vivevamo. La mafia c'era ma non soffocava il paese, erano
come dei cani che frugavano fra le 'mmondizie. i guardia-
ni come Beppino potevano anche farci dei favori, comun-
davano noia. Ma il governo sapeva come col-
que non ci davano noia, ma il governo sapeva come col-
pirli, come metterli contro di noi: alla vigilia delle elezioni
li convocavano nella caserma dei carabinieri e gli diceva-
no: "Dovremmo mandarvi al soggiorno obbligato, dipende
da voi, da come vi comportate". Loro sapevano come, ac-
compagnavano il candidato dei partiti di governo, gli si
piantavano a fianco sul palco, sul balcone perch� tutti ca-
pissero da che parte stava la mafia. Poi cominciarono i
grandi lavori pubblici e il Beppino Pesce come i Piromalli
come i mafiosi pi� intelligenti e decisi si mise nel lavoro del
movimento terra e per comperare i camion nel commercio
della droga. Allora i rapporti fra noi e la mafia cambiarono
radicalmente: non eravamo pi� il partito dei contadini che
dava una mano anche ai loro parenti rimasti a lavorare nei
campi, eravamo il nemico, quelli che ostacolavano la loro
scalata. Diciamo che si era al princ'pio degli anni ottanta.
Loro stavano crescendo in ricchezza e forza ma noi erava-
mo ancora numerosi, forti, uniti, attaccarci in pubblico
non osavano. Furono anni di grandi lotte, di grandi mani-
festazioni. Un giorno a Taurianova Ciccio Mazzetta stava
parlando in piazza quando in mille ci mettemmo a gridar-
gli di andarsene e se ne and�. A Palmi sfilammo contro i
Mammoliti e qui a Rosarno quando alcuni compagni furo-
no minacciati dalla mafia andammo in massa alla caserma
dei carabinieri. Una volta partimmo dalla piana con venti-
due pulman per andare a Gioiosajonica dove avevano uc-
ciso un compagno. Passammo sotto la casa dei mafiosi Ur-
sini gridando: "Ursini assassini! Ursini assassini!". Ma voi
di quelle nostre lotte non ve ne siete neanche accorti, voi vi
occupavate solo del terrorismo, i vostri giornali erano pieni
delle imprese di quei quattro avventurieri, persino il no-
stro partito non capiva che stava per cominciare la lunga not-
te in cui stiamo, che sembra non debba finire mai. Ogni
anno che passava i Pesce e i Pisano erano pi� forti, pi� ric-
chi, il loro clan poteva contare su un migliaio di voti e con
mille voti sicuri a Rosarno si � padroni del Comune. Che
potevamo dire ai contadini poveri? Resisti, fatti incendiare
la casa, fatti massacrare di botte, fatti tagliare la vigna?
No, non potevamo dirlo, ci rimettevamo alla loro scelta.
Cos� i giovani cominciarono a non rinnovare la tessera e se
passavano dall'altra parte facevi presto a capirlo, bastava
guardare come si vestivano, che orologio avevano, che
scarpe. Li chiamavamo " ragazzi dalle scarpe lucide
Erano diventati soldati della mafia e si facevano pure l'au-
tomobile. Nel 1980 assassinarono Giuseppe Vallarioti e fu
il segnale che Rosarno era diventata terra di guerra. Tutto
� stato rapinato, violentato, rubato cinque o sei volte, l'uf-
ficio postale, le banche, le pensioni, le automobili, persino
a un netturbino hanno portato via il portafogli, e di morti
ammazzati una trentina. Mi chiede perch� la mafia non
tenga un suo ordine a Rosarno? Non le interessa, i capi
stanno nelle loro tenute e lasciano mano libera in paese alla
piccola delinquenza, � il loro vivaio, reclutano i pi� duri,
eliminano gli incerti, ma non creda che non controllino la
zona. Nel 1989 ci fecero capire che potevano ammazzarci
tutti. Ci fu una manifestazione in piazza e alla fine i com-
pagni che abitano li dissero: "Perch� non vi fermate per
una spaghettata?". Restammo in una trentina con mogli e
figli, stavamo mangiando quando uomini armati e ma-
scherati ci circondarono. Le donne cominciarono a urlare,
i bambini a piangere, furono dieci minuti terribili, ma i ca-
rabinieri non si fecero vedere. Che rapporti ho con i mafio-
si di Rosarno? Nessuno, ma so cosa dicono quando passo,
ecco la rovina del paese, dicono, senza quello ci sarebbe da
viver bene tutti. E so che ci sono compagni che per paura
tacciono e magari gli danno ragione. Si, so che cosa dicono
di me i mafiosi: che criminalizzo il paese, che non mi fac-
cio gli affari miei, che se resto io il governo non manda pi�
i soldi.�
Che tristezza ascoltare il compagno Giuseppe Lavorato
E questa punizione dei migliori che incontro in ogni luogo
del profondo sud ad angosciarmi, questa umiliazione con-
tinua degli onesti, questo tradimento dello stato verso i
suoi cittadini migliori. E mi fa paura pi� della mafia: vede-
re che per una politica di rapina e di scrocco si � buttato
via questo patrimonio di civilt� che c'era nel Mezzogiorno,
le lotte dei lavoratori, la loro solidariet�, il loro orgoglio di
gente onesta. Che infelice sciagurato paese � mai il nostro!
La mafia non � solo crimine, � qualcosa di peggio e di irre-
sistibile, � un modo di vivere, di guadagnare, di risparmia-
re, di distribuire che nel sud non ha concorrenti perch� il
modello reale di sviluppo, il modello legale qui ti offre solo
povert� e sottomissione, ma se vuoi davvero essere persona
di rispetto, tenere i soldi per entrare nelle boutiques, per
comperarti l'auto, la casa, le scarpe lucide in qualche mo-
do con la mafia devi accordarti. Ero a Reggio e ho chiesto
a una guardia municipale dove fosse la sede dei comunisti.
Non lo sapeva. Con la sua radio si � messo in contatto con
il comando e gli hanno risposto che non sapevano, sapeva-
no che si era trasferita ma non sapevano dove. Bel capola-
voro abbiamo fatto: gli umili e gli onesti ci hanno voltato le
spalle, non si fidano pi� di noi, pensano che li mandiamo
avanti a farsi bastonare e intanto siamo d'accordo con
quelli che li bastonano. E siccome da noi � difficile capire
chi � di una classe e chi dell'altra, chi � nato con la camicia
e chi no, siccome siamo un popolo confuso si piegano ai
mafiosi che almeno quelli sanno chi sono.
Il mistero Ligato
�Sa dove � la casa di Ludovico Ligato?,) �-A chiddu cu spa-
rarunu?� chiede, illuminandosi negli occhi azzurri l'uomo
che sta sulla porta del negozio di ferramenta. �A chiddu.,)
L'uomo mi fa cenno di seguirlo, sale su una vecchia Sei-
cento e va per una stradina in terra battuta che dalla su-
perstrada per Reggio scende al mare. Siamo a Bocale,
trenta chilometri da Reggio, dalle parti di capo Spartiven-
to. Ora prende a sinistra per un tratturo che si ferma con-
tro la massicciata della ferrovia; quelle canne mosse dal
vento, quell'odor di acque putride nelle cisterne che senti
nelle marine povere. �Lei lo conosceva?,) gli chiedo. Sorri-
de con la sua faccia raggrinzita: �Tu mi chiedesti undu sta-
va e qui ti ho portato,,. �,Ma qual � la casa?� �La trovi dopo
il sottopassaggio,, Il sottopassaggio � un cunicolo largo un
metro, alto poco di pi�, bisogna passarci curvi camminan-
do nell'acqua di un rigagnolo. La casetta, un cubo bianco
a un piano, sta allineata quasi attaccata alle altre trenta,
identiche, serrate in una striscia di dieci metri fra la mas-
sicciata e la spiaggia strettissima, pensi che se il mare un
giorno si infuria si porta via tutto. Quando passano i treni
della jonica il frastuono sgretola le case. Gli assassini arri-
varono come sono arrivato io, per il sottopassaggio, forse
Ligato li conosceva e gli apr� la porta, forse lo trovarono
fuori al fresco: da dove era partito povero, dove aveva vo-
luto tornare ricco e potente, questo giornalista di provincia
diventato il presidente delle Ferrovie, la pi� grande impre-
sa dello stato italiano.
Lo avevo incontrato a Roma nei giorni dello scandalo
delle �lenzuola d'oro),, le lenzuola di carta per le cuccette
pagate a prezzo altissimo. Si era appena dimesso, rinviato
a giudizio come gli altri della direzione, ma ostentava un
grande ottimismo, mi dava del tu come a un vecchio colle-
ga: �Ti ricordi la prima volta che ci siamo visti a Reggio
alla "Gazzetta del Sud"? Adesso non posso raccontart' i ma
appena � possibile ti chiamo, ho dovuto pagare tutti dal di-
rettore generale ai consiglieri, comunisti e democristiani,
socialisti e socialdemocratici,). Non mi ha pi� chiamato.
Allontanato dalla presidenza, emarginato dal partito de-
mocristiano ha lavorato come un pazzo per prendersi la ri-
vincita e quale � la rivincita di un uomo di sottogoverno,
oggi, se non diventare ricco, diventare qualcuno che con-
ta? In pochi mesi aveva creato con il figlio una trentina di
societ�, gusci vuoti da riempire con gli affari del �Progetto
Reggio� una delle tante mangiatoie del sistema, strombaz-
zato sulla stampa di regime come 'rrecusabile per Reggio
�il cui risanamento e sviluppo urbano � di preminente inte-
resse nazionale�. E come sperava di ottenerli gli affari?
Con gli stessi strumenti politici con cui era arrivato alla
presidenza delle Ferrovie, qualcosa che aveva funzionato
molti anni prima facendo di uno sconosciuto giornalista un
leader del partito. Legami con la mafia? Nemica non gli
era, non si prendono ottantaduemila voti di preferenza se
si � nemici dei Di Stefano o dei Piromalli.
In Calabria non � necessario che un uomo politico faccia
parte della mafia, basta che dia qualche segnale di rispetto.
E qualcuno Vico lo aveva mandato. Nel 1982 aveva scritto
una apologia di Francesco Macr�, il signore di Taur' iano-
va, poi qualche intervento a favore dei forestali dell'Aspro-
monte o delle famiglie dei carcerati di Plat�. Saliva in cor-
data con Riccardo Misasi e fin che ci fu Moro non arriva-
rono molto in alto, ma quando venne l'ora di De Mita al-
lora spiccarono il volo l'uno verso il governo l'altro alla
presidenza delle Ferrovie. A chi mostrava sorpresa per
quella sua nomina, a chi chiedeva che ci facesse alla dire-
zione delle Ferrovie uno che sapeva niente di aziende e di
bilanci, i democristiani rispondevano: �,Ma � figlio d' i un
ferroviere,). Ottimista, frenetico, cordiale con i vecchi ami-
Ci giornalisti, �Vico� era un ottimo press agent di se stesso,
sapeva come lisciare il pelo ai cronisti, gli faceva regali, li
mandava all'estero per studi e congressi sulle strade ferrate
e alla maniera ferroviaria invece di dire ,signor' in carroz-
za� diceva �signori si cambia,,, si fanno i treni superveloci,
i treni che spaccano il minuto, le direttissime, gl' intercity.
E tanto per cominciare le Ferrovie acquistavano a Reggio
un bel palazzo �che c'� di strano, Reggio � il centro nevral-
gico del sistema ferroviario del sud�. Poi, secondo il codice
consociativo, bustarelle e tessere per le spese gratuite di
rappresentanza a tutti, che si comperassero scarpe, dischi,
gioielli per la moglie o per l'amica, un cappotto di cashe-
mire magari e viaggi di studio a New York, nel Canada, in
Australia. Niente di speciale, si faceva cos� dovunque, a
Torino la pentola era stata scoperchiata dal sindaco Novel-
li, un moralista, un �salesiano�.
E cos� a Roma il carnevale continuava, l'intraprendente
industriale Graziano ungeva come suol dire, le ruote e ot-
teneva dalla direzione dei contratti principeschi per la tor-
nitura delle lenzuola di carta per le cuccette. La vicenda
giudiziaria � ancora in corso, i direttori delegati dai partiti
si apprestano al lungo iter dei processi di primo, secondo e
terzo grado che non gli impediscono di stare in villa a Ca-
pri o a Cortina e di occuparsi di affari. Ma una cosa abbia-
mo visto, sbalorditiva: come il partito di governo lasci ca-
dere un personaggio incomodo, lo lasci proprio andar gi�,
come diceva Dante �come corpo morto cade),. Il partito as-
siste indifferente, ostile alla frenetica attivit� affaristica di
�Vico,, e quando muore assassinato �Il Popolo,,, organo
della Dc, esorta (,a stendere un pietoso velo,,. notabili del
partito disertano i funerali, l'amico protettore Riccardo
Misasi ne parla come di un estraneo: �L'assassinio di Li-
gato mi risulta incomprensibile. Non lo avevo pi� visto.
Aveva iniziato una attivit� economica personale. Perch�
non sono andato al funerale? C'� stato un disguido, crede-
vo che i funerali li facessero a Roma,,. <Non crede che si
tratti di un delitto di mafia? Che Ligato abbia in qualche
modo violato i patti che uniscono la mafia ai partiti?,, ��No,
non credo, non esistono rapporti organici fra la mafia e i
partiti.,)
Il silenzio che ha coperto tutti i delitti eccellenti della re-
pubblica cade sul caso Ligato, sin dai primi passi i giudici
istruttori Macr� e Lombardo hanno l'impressione di muo-
versi su sabbie mobili. Il presidente delle Ferrovie non ave-
va conti in banca, aveva messo assieme un patrimonio ar-
cheologico, ma i conti in banca erano intestati ai parenti.
Perquisiscono il suo ufficio romano e trovano la fotocopia
di una cambiale da sessanta milioni di dollari di propriet�
di una societ� libanese. Risulta che la cambiale � stata por-
tata dall'America da Carlo Remondino, un trafficante di
armi il quale ha dato la copia a Vincenzo Cafari, un fac-
cendiere amico di Ligato. Lo hanno ucciso i mercanti d'ar-
mi? Si era ingolfato in un traffico di armi? Ma arriva il 24
ottobre del 1989, entra in vigore il nuovo codice di proce-
dura penale e i giudici istruttori devono interrompere la lo-
ro ricerca e passarla ad altri giudici. I quali non lo dicono,
ma lasciano capire che il caso non � risolvibile perch� il
mondo politico in cui Ligato � vissuto chiude tutte le porte.
Per quattro volte i giudici vanno a Roma all'alto Commis-
sariato antimafia, si incontrano con il giudice Di Maggio,
capiscono che anche lui ne sa poco. Viene fuori una nuova
pista, forse Ligato era dentro il grande scandalo della Ban-
ca Nazionale del Lavoro, dentro il fiume di miliardi finiti
negli aiuti all'Iraq di Saddam. Ma anche quella pista si
perde, le banche non parlano, i servizi segreti non collabo-
rano. Ho chiesto a un giudice: �Vi siete fatti una idea di
quelle che erano le sue relazioni politiche? i suoi protetto-
ri? i suoi nemici?,,. �Abbiamo raccolto poco, era nel giro di
De Mita, aveva finanziato il centro culturale Tartaglione
di cui � presidente l'onorevole Giuseppe Gargani, braccio
destro di De Mita, per anni presidente della commissione
Giustizia alla Camera.� �Graziano era stato raccomandato
da qualcuno dell'entourage di Gargani?,, �Non lo sappia-
mo, certo quando ottenne da Ligato e dalla direzione delle
Ferrovie il contratto, era gi� stato accusato di truffa verso
lo stato.� �Le indagini sono chiuse? L'onorevole Calvi del-
la commissione antimafia ha chiesto pubblicamente di sa-
pere perch� tutto tace su questo delitto. Non un delitto da
poco, Ligato � stato il primo politico importante ucciso in
Calabria. A parecchi � sembrato che contenesse questo
messaggio mafioso: signori della politica adesso che arriva
il grande affare del "Progetto Reggio" non potete tirarvi
indietro, l'associazione che avete stretto con noi in questi
anni non � di quelle che si sciolgono da un giorno all'al-
tro.� �No,� mi ha risposto il giudice, <le indagini sono an-
cora aperte, ma � come se fossero gi� chiuse. Qualcuno a
Roma ha fatto scomparire tutte le carte interessanti, com-
promettenti. Capita sempre cos� dopo un delitto eccellente,
quelli dei servizi segreti passano negli uffici a fare pulizia
preventiva. Solo Oscar Luigi Scalfaro ha chiesto alla De-
mocrazia cristiana di prendersi la responsabilit� di questa
morte. Gli altri zitti. E posso capirli, uno di loro, anni fa
mi aveva fatto telefonare da un suo fratello perch� rinviassi
un processo contro il clan Piromalli.),
La villetta di Bocale � vuota, la vedova e il figlio di Liga-
to non ci vengono mai. Sta l� stretta fra le altre villette a
schiera dietro la massicciata della ferrovia ancora a binario
unico come nel 1900 quando ci pass� il primo treno e i no-
bili scesero in calesse dalle loro ville a veder passare il mo-
stro d , acciaio che per il Metaponto collegava Reggio a Na-
poli.
Il ritorno di Pitagora
Nella piana di Gioia Tauro scorrono cinque torrenti che si
riuniscono nel fiume che ora si chiama Petrace, ma che se-
condo il senatore Argiroffi � il Metauro omerico dove i
compagni di Ulisse vennero uccisi dall'ira di Giove per
aver mangiato i buoi sacri. Meno sicuro che Oreste si gett�
nelle acque del mare dalla punta che porta il suo nome, per
sfuggire alle Furie, ma dietro i miti e le leggende si sa c'�
sempre la verit� del mondo. <Secondo lei Omero passa da
queste parti?� gli ho chiesto. (Ma ne sono certissimo, chi
ama la poesia non pu� che esserne certissimo, la storia dei
molti Omeri, delle tradizioni orali messe assieme dagli
scribi dei secoli successivi � pura idiozia, bisogna essere
sordi di cuore e di orecchi, non avere vista o tatto per dubi-
tare delle cose che vide, che tocc�, che respir� come viag-
giatore e poeta.,) Forse il senatore � anche certo che Ercole
fu un eroe in carne ed ossa che venne a riposare delle sue
fatiche sulla riva sinistra dell'Amendolea dove da allora,
per non disturbare il suo riposo, tacciono le cicale. Omero
� vivo per i calabresi del sogno e della cultura come lo � Pi
tagora, di cui attendono il ritorno come del messia perch�
si realizzi �la lunga durata� dello storico Braudel secondo
cui le grandi civilt� possono appannar ' si, scomparire come
i fiumi carsici ma certamente ritornano. Se ne parla e se ne
scrive nei circoli che hanno nome Pandosio, Regnium Ju-
lii, Crimisio, Petelio, Hipponio, da gente che si chiede co-
me sia mai possibile che il passato glorioso della Magna
Graecia si sia esaurito in questo presente feroce e rozzo,
Ma a Omero-Ulisse marinaio credono un po' tutti i tirre-
nici, lo fanno arrivare, Zeus sa come, alle Bocche di Boni-
facio, il paese dei Lestrigoni dove butta le ancore nel calan-
co fondo di Porto Pozzo, passa in Sicilia dove lo coglie la
bonaccia, fermo otto giorni nel porto a forma di falce di
Messina, passa lo Stretto dove Scilla latra e le sirene canta-
no, si ferma a Metauro nella piana di Gioia, seppellisce un
compagno a Temesa, lascia un suo cippo alle 'sole dei Tre
Galli vicino a Sorrento, si rifugia nel porto di Nisida dove pu�
dormire senza ancore e ormeggi�.
C'� una Calabria che festeggia a capra e champagne
l'uccisione di un nemico, che vede bande assassine muove-
re a reciproca preda e morte e una che distoglie lo sguardo
dalla infamit� del presente e lo volge al passato, interpreta
i suoi segni, legge le sue epigrafi, su antichissime pietre e
coppi. Ho interrogato Felice Costabile, uno che legge le
pietre e i coppi in un magazzino del Museo, lui e quattro
operai artigiani che sanno come pulire le pietre, restaurare
un capitello. Lui mi guidava per l'immenso laboratorio
pieno del passato remoto che qui ti dice qualcosa, te lo ri-
corda, almeno, ad ogni passo. Indicava una lapide. (Su
quella ho letto di Giulia, la figlia scostumata di Augusto.�
Scostumata?� �Cosi dicono. Venne qui a Reggio da Pan-
telleria, quando suo padre un po' si impietos�, si fece una
piccola corte, amici e servi la ricordano nell'epigrafe. E
quel grande tegolo sa cosa dice? Copriva la tomba di un
funzionario romano, i fornaciai che lo conoscevano scrisse-
ro ci� che pensavano di lui, insulti derisioni come pseludo
camiciarius, una parolaccia met� in greco, met� in latino e
da quel coppo sappiamo che in epoca romana qui si parla-
va una lingua mista di greco e di latino. Da queste pietre
sappiamo che un greco di Reggio lavorava in media quat-
tro ore al giorno, il resto politica, sport, danza. Il lavoro
pesante lo facevano gli schiavi. Oggi chi fa politica ruba a
man salva, allora gli eletti versavano forti somme al Muni-
cipio, costruivano a loro spese terme e giardini. E sa di
quanti metri quadrati erano gli alloggi popolari? Di cento,
il doppio di oggi. Allora Reggio era un grande porto sulla
rotta per Pozzuoli e Ostia, le destinazioni restano scritte
sugli otri.,)
I professori, i notai, gli avvocati, i giudici della Calabria
civile aspettano il ritorno di Pitagora e se un allobrogo co-
me me viene a interrogarli sui mali presenti gli sale dentro
un mite furore, li riprende la secolare ossessione, l'enigma
di come sia stato possibile dimenticare, cancellare una cos�
alta qualit� della vita e nascondersi per secoli, come coni-
gli, come lupi sulle montagne. Ci pensano e il furore per
uno stato che fa poco e male per conservare le grandi me-
morie da mite si fa ruggente. Per tredici anni il Museo di
Reggio � rimasto quasi chiuso. Al sovrintendente in carica
non garbava che si vedesse il lavoro fatto dal suo predeces-
sore, teneva aperte solo le sale di Locri. Deve esserci un
nuovo sovrintendente perch� ora sono aperte le altre sale,
ma non sono riuscito a trovare quelle di Locri dove c'� la
stupenda serie delle tavolette in ceramica che raccontano il
matrimonio di Proserpina con Plutone che per Miss Elliot,
viaggiatrice inglese dell'Ottocento, fu <,Il primo sequestro
di persona ma senza riscatto),. Ma per i cittadini di Locri
Epizefiri in quel matrimonio fra una loro ricca concittadi-
na e il re degli inferi non c'era n� mistero, n� timor panico,
era un bel matrimonio di una fiorente colonia agricola
commerciale che aveva trovato in Calabria la sua Califor-
nia, felice delle sue navi veloci, delle sue terre fertili lavora-
l'altro capo della oscillazione onirica, da un lato Locri �fio
te da schiavi autoctoni, i Bretti, i calabresi di montagna,-
re d'Italia,, come la chiamava Platone, dall'altro i Bretti
che nelle accademie e nei seminari �si pongono senz'altro
come un riferimento culturale necessario, sia per capire
l'anima del calabrese, sia per recuperare l'unit� etnica,,.
Nelle tavolette Proserpina � la figlia d' un colono benestan-
te che ha trovato per lei un marito come si deve, Plutone,
questo signore del sottosuolo, dell'acqua che sgorga dai
pozzi, delle miniere di ferro e di rame. Un vero matrimo-
nio di notabili. Proserpina non � una gran bellezza, i suoi
occhi glaucopidi sono un po' bovini, a venti anni ha gi�
messo su fianchi abbondanti, ma sono le giovani inquarta-
te, le buone fattrici che piacciono ai colonie La madre le
spiega un po' come ci si comporta la prima notte di matri-
monio, poi assieme a una zia e a una vicina di casa la ac-
compagna a comperare l'abito da sposa e il corredo, un
tessuto ateniese per l'abito delle nozze, caro, ma ci si sposa
una volta sola specie se poi si scende nell'Ade. Poi eccole
dalla sarta per le prime prove mentre il padre provvede al
gran buffet con i vini di Cipro, i formaggi a cono e �le fu-
manti carni� di cui parlava il marinaio Omero che forse fu
tra gli ospiti. Gli invitati d�i, da parte di Plutone, arrivano
via i signori
con i doni, mica che si sono buttati ' ' ' dell'Olim-
po, mazzi di spighe, qualche pollastro, falci, carri, vasella-
me come se la madre di Proserpina avesse fatto la lista del-
le cose utili. E siamo alla cerimonia, gli sposi seduti l'uno
accanto all'altro, contegnosi, impettiti, gli invitati che si
spingono, che sghignazzano. Ora la madre aiuta Proserpi-
na a preparare i bauli, sotto le tuniche e i lenzuoli, sopra il
vestito da sposa costato un occhio della testa, ma ci si sposa
una volta sola. Questa religione concreta che a noi allobro-
ghi ricorda un po' le province bianche della Lombardia e
del Veneto con il banco San Paolo, lire e religione ben
combinate. Qui, come sappiamo da alcune lam ne bron-
zee, la banca era il tempio, sono rimaste le contabilit� dei
prestiti fatti ai coloni, degli investimenti nelle opere pub-
bliche e nelle guerre, per acquistare armi, costruire torri e
finanziare lafratria, la nomenklatura di Locri, i padri fon-
datori e i loro eredi. Uno studioso di qui di nome Delfino si
� chiesto da dove venissero quelle grandi ricchezze. Dal
frumento e dall'olio delle coste? Dal legno e dalla pece del-
l'Aspromonte? In parte s�, ma il grosso veniva dalle merce-
di alle sacerdotesse, divine prostitute, una vera holding
della prostituzione sacra con un fatturato imponente.
Scampato ai banditi dell'Aspromonte, fuggito dalla pia-
na dei mafiosi e dalla costa gremita di boutiques e di poli-
ziotti sono salito per la costa jonica a cercare Sibari: un
cartello con quattro case, un negozietto di alimentari che
promette �latticini locali�, un mare invisibile, una costa
lontana occupata da un camping, ma � rimasto il Crati, il
fiume dall'acqua verde e fonda lungo la riva destra coperta
di alberi, nuda e ciottolosa quella di sinistra. Qui in questo
vuoto sorgeva la �rrande citt� che nei secoli abbiamo sogna-
to, desiderato, temuto come il grande peccato colpito dal-
l'ira degli d�i, le case dei ricchi dove ogni mattino, secondo
lo storico Ateneo, si cambiavano i petali di rosa per i cusci-
ni e si stendevano i velari di porpora a protezione degli or-
ti, e le stalle di marmo dove si dava ai cavalli cibo in tale
abbondanza che quando arrivarono i crotoniati in armi,
quel cupo giorno del 510 avanti Cristo, trotticchiavano
lemmi e al suono delle trombe nemiche si mettevano a
danzare come i lipizzani-
Uscito per qualche ora dalla Calabria feroce mi � sem-
brato di risentire la voce di Tacito dopo la fine del terrore
di Tiberio �Nunc redit animus�, ora si respira. Che pace a Si-
bari e camminare nella piana fra aranceti e girasoli, guar-
dare il grano, gli eucalipti, le pecore, le bufale che anche
oggi potrebbero mantenere la grande citt� di duecentomila
abitanti scomparsa, cancellata dall'acqua del Sibari e del
Crati, lei che aveva mura lunghe undici chilometri, vasta
cinquecento ettari.
Non c'� pi� Sibari, ma c'� ancora l'incanto che la cir-
condava, ci sono la terra, l'acqua, il cielo, i vapori d'ar-
gento che a sera stanno a segno del golfo tra il mare blu in-
tenso e le valli boscose che scendono dal Pollino alle luci
dorate della piana, alla sua dolcezza raccolta, da cui nasce-
va la promessa dei vecchi sibariti �mai lontani da questa
citt�-. Era proprio qui Sibari la grande. Vado a visitare il
cantiere di Stombi che � la prova decisiva della sua scoper-
ta. Si sapeva che le citt� sorte sulle rovine di Sibari, Turi e
Copia erano pi� piccole. Dunque dovevano esserci dei
quartieri greci da disseppellire: Stombi � uno di essi, quar-
tiere operaio. Nello spazio di duecento metri ci sono tre
fornaci di ceramisti e orefici. In una hanno trovato un pet-
torale d'argento e d'oro, splendido ornamento femminile e
poi statuette votive, altarini, tutti datati in quei due secoli
in cui Sibari visse il suo effimero splendore, dal 709 al 510
avanti Cristo.
I calabresi colti e miti che non hanno ancora risolto l'e-
nigma di quel loro paradiso perduto, aspettano il ritorno di
Pitagora, della ragione solare, dell larmonia terrestre. Ma
altri calabresi sono i peggiori, i piU implacabili nemici, i
distruttori del grande passato. Quei notabili di Locri che in
anni recenti fecero una guerra dura al povero Ugo Serafi-
no scopritoree custode delle rovine greche racchiuse, di
Delfino, �come in uno scrigno fra la piana di Marasa e le
colline di Castellace�. Serafino non aveva fatto studi di ar-
cheologia ma aveva testa, intuito e amore. Fu lui che si ac-
corse che il belare delle pecore produceva strani effetti acu-
stici fra gli ulivi digradanti al mare nel luogo dove si � tro-
vato il teatro greco. Sono calabresi quelli che hanno di-
strutto rovine greche e romane a Reggio, fra cui la fontana
monumentale lunga cento metri e alta sei sul lungomare, e
chiese bizantine e tempietti greci fatti saltare con la dina-
mite per farci una passeggiata sopra la ferrovia. Dei bronzi
di Riace per cui Reggio sembr� pronta alla rivolta, da cui
part� per i suoi sogni di rinascenza turistica e commercia-
le, non si occupa pi� nessuno. Nel Museo hanno assunto
come custodi e guide degli analfabeti che rispondono alle
domande con grugniti. Non sanno niente di ci� che custo-
discono, come se fosse un capriccio del Municipio conser-
vare quei cocci di terracotta e quei marmi spezzati. Leggo-
no (�Il Corriere dello sport�, sonnecchiano, guardano im-
mobili il soffitto. �La costiera dello jonio,,, ha scritto Alva-
ro, �la pi� illustre per le memorie della fiorente vita antica
e di ci� le � rimasto una arcana bellezza.), La bellezza arca-
na e l'enigma.
La malavita di Garibaldi.
Elizabeth Gaskell scrittrice inglese trovatasi a passare per
l'Italia meridionale nell'anno dell'Unit� racconta: �All'ar-
rivo a Napoli di Garibaldi la camorra prese l'intero con-
trabbando sotto la sua speciale protezione. Pasquale Me-
notte, il capo mafia, si occupava dei dazi. Non appena ar-
rivava un carico di vino o di grano si presentava con i suoi
armati alle guardie gridando:
Lasciate passare, � roba di
Garibaldi",). Una cooptazione dell'eroe dei due mondi il
quale ha lasciato un segno cos� forte nella immaginazione
meridionale che anche la 'ndrangheta calabrese ne ha fatto
un suo padre fondatore, un suo eroe.
�Garibardo,� mi dice lo storico Gaetano Cingari, (�e il
grado pi� alto della 'ndrangheta, per primo se ne � insigni-
to Santo Aramiti poi � toccato a Mommo Piromalli e a
Paolino Di Stefano.,, Gli studiosi come Cingari sono dei
calabresi esiliati nelle loro belle case, conservano con la re-
gione e la loro gente un rapporto culturale, di rado fanno
delle sortite nell'inferno che li circonda, stanno come mo-
naci in convento nelle loro stanze piene di libri, di quadri,
con mogli amorose in attesa che la barbarie sia finita, se fi-
nir�. La casa di Cingari, autore della Storia della Calabria
dall'Unit� a oggi, � sopra Villa San Giovanni, a Campo Ca-
labro, e di sera si vedono le luci di Messina al di l� di un
�braccio di mare che � largo come un oceano), come dice il
biologo Enzo Mutolo, palermitano. A trecento metri dalla
casa di Cingari hanno assassinato mesi fa il giudice Scopel-
liti, a Villa San Giovanni hanno assassinato nell'ospedale
un dirigente della Democrazia cristiana ricoverato per un
attentato, in questa periferia, nel quartiere Archi la sera
circolano le ronde armate dei mafiosi, se vi fermate con la
vostra automobile vicino alla casa di un boss vengono a ve-
dere chi siete e vi dicono di sparire. Reggio feroce e insan-
guinata sembra concentrare nelle sue misere strade l'infeli-
cit� e le iniquit� della Calabria e noi siamo qui in poltrona
a occuparci di storie passate, di un tema elegante, la pre-
senza patriottica, risorgimentale nella vicenda della mafia.
Cingari � un bel signore magro a cui le molte letture hanno
insegnato a padroneggiare la parola, a regolarla come un
corso d'acqua limpida, ora impetuoso ora placato nella ri-
flessione. ,Vedi, prima dell'Unit� d'Italia la mafia non era
l'antistato, era una faccenda popolare che viveva fuori dal-
lo stato, in parte banditismo, in parte gestione rurale della
giustizia. Come organizzazione malavitosa che ha rapporti
con lo stato di conflitto e di complicit� si forma lentamen-
te, i prefetti piemontesi che pure tendono a raccontare il
sud a tinte fosche non se ne accorgono, nelle loro relazioni
insistono a parlare di criminalit� spicciola, non di un con-
trollo mafioso del territorio. Quando poi la mafia, che allo-
ra non si chiamava 'ndrangheta, afferma la sua presenza,
quando non � pi� possibile ignorare che nelle campagne e
un potere, viene scambiata dagli scrittori socialisti per una
sorta di societ� di mutuo soccorso. Francesco Arca, sinda-
calista rivoluzionario di Civitanova ne d� una immagine
populista, Giovanni De Nava la racconta come la buona
societ� che riscatta i poveri dalla miseria e dal lupanare. E
cos� deve essere vissuta dai suoi fondatori se il primo nome
della associazione � la Fratellanza.
Cingari � uno storico scientifico, come usa dire, uno che
scrive in base ai documenti di archivio, ma � anche uomo
di fantasia, gli piace avventurarsi per me in questo intrico
risorgimental malavitoso. �La prima mafia si chiamava la
Fratellanza o anche la Santa e la leggenda ripresa da tutti i
capitolari mafiosi � che a fondarla furono i tre Giuseppe
arrivati dalla Sicilia, Giuseppe Garibaldi, Giuseppe Maz-
zini, Giuseppe La Marmora. Forse questo confuso intrec-
cio massonico, carbonaro, risorgimentale nacque nelle pri-
gioni del Borbone dove i malavitosi dividevano le celle con
i ribelli, i fratelli Romeo carbonari si fecero anche banditi
contro il Borbone.� E andata lontano questa immagine di
una mafia liberale, � arrivata sino a Hobsbawm, lo studio-
so dei movimenti popolari, per lui � �la sola rivoluzione
borghese possibile nel sud italiano,,. �Professore, ma per-
ch� la mafia arriva qui dalla Sicilia occidentale saltando le
province orientali di Catania, Messina, Siracusa. Quella
che veniva chiamata la "Sicilia babba", bonaria, pacifica?
E perch� proprio a Reggio, che era una delle poche citt�
del sud ad avere aziende commerciali e agricole efficienti?�
�E un mistero della storia patria. Provo a gettar l� una ipo-
tesi. La Calabria fu scelta dal governo unitario come il luo-
go del primo intervento pubblico massiccio, i "Provvedi-
menti speciali per la Calabria" del principio del secolo, i
grandi lavori come la ferrovia jonica. E l� che i mafiosi cre-
sciuti nelle guardianie dei proprietari nobili, i gabellotti
che funzionavano da polizia rurale al servizio dei proprie-
tari assenteisti diventarono imprenditori, strinsero legami
di complicit� con i funzionari statali. I primi piccoli appalti
per il movimento terra dovevano essere concessi, secondo
la regola, solo a coloro che erano iscritti alla Camera di
Commercio, titolari di una piccola azienda, ma allora co-
me ora intervengono i terremoti, le alluvioni, le grandi ne-
cessit� impellenti, l'economia dell'emergenza e quindi il
funzionario amico o corrotto ti affida un lavoro senza
guardare i tuoi precedenti penali, c'� da riparare una mas-
sicciata crollata, una ripa smottata, cos� acquisti un titolo
di quasi imprenditore. Un processo lento e sottovalutato,
una mafia modesta che non preoccupa i governi dell'et�
giolittiana e del periodo fascista. Bisogna arrivare al 1952
perch� gli italiani sappiano che la Calabria non � poi molto
diversa dalla Sicilia mafiosa. In quell'anno i sequestratori
compiono un errore, per sbaglio tentano il sequestro del
deputato liberale Capua, sottosekretario, grosso proprieta-
rio della piana di Gioia Tauro. E la prima grande opera-
zione antimafia, il questore Marzano, quello che ha dato la
caccia al bandito Giuliano, piomba a Reggio con migliaia
di poliziotti e carabinieri.,,
<-Me lo ricordo, professore, me lo ricordo bene, stavo in
albergo con Tommaso Besozzi, giornalista leggendario,
che aveva scoperto che Giuliano era stato ucciso dai cara-
binieri d'accordo con Pisciotta. Ci caricavano sulle jeep e
ci facevano percorrere centinaia di chilometri sulle monta-
gne: arrestavano i malcapitati, dei veri mafiosi neppure
l'ombra. Quella repubblica non era garantista come l'at-
tuale, sped� centinaia di persone al conf'ino.�
La 'ndrangheta come associazione populista di ribelli,
secondo la tesi di Hobsbawm, la mafia come povert� recu-
perabile, come pensavano i comunisti degli anni sessanta:
storie passate, il filo rosso si � definitivamente spezzato con
la mafia imprenditrice e finanziariaLe memorie del ban-
ditismo popolare restano solo nei riti di iniziazione, ne so-
no stati trovati in codice una ventina e sono passati dalla
Santa calabrese alla Sacra corona unita pugliese: ,Santa
sera alli santisti,,. ,Santa sera.,, �Siete pronti per sformare
la Santa?,) �Siamo prontissimi.� ,In questa santa notte,
sotto la luce delle stelle e lo splendore della luna � sformata
la Santa. Fratelli chi sono i tre cavalieri d'onore?� (Giu-
seppe Mazzini, Giuseppe Garibaldi, Giuseppe La Marmo-
ra.� (�Buongiorno amici, buongiorno. Conoscete la fami-
glia dei muratori?,, �No.,) ��Impossibile.,) Frammenti di sto-
ria patria, personaggi da libri di scuola stravolti nelle fan-
tasticherie degli uomini-lupo, alla macchia sull'Aspromon-
te. Ma c'� una perseveranza nel modo che ha il patrio go-
verno di allevare la mafia. L'autostrada Cosenza-Reggio
oggi � un cantiere continuo aggiustano la corsia di destra
e poi si spostano ad aggiustare quella di sinistra che quan-
do � aggiustata � gi� l'ora di tornare dall'altra parte. E i
cantieri sono sempre gli stessi, infiltrati di mafiosi.
Reggio sciagurata
Reggio di Calabria non � assistita dalla fortuna, un terribi-
le terremoto l'ha rasa al suolo, la citt� ricostruita con basse
case antisismiche � segnata dalla sventura, le industrie pro-
messe dallo stato non sono arrivate o sono fallite, la societ�
mafiosa qui � la societ�, fiumi di denaro non sono stati ca-
paci di produrre altro che questo disastro urbano polveroso
e triste dinanzi a un mare fra i pi� belli del creato. Per an-
dare dal Museo che � al centro della citt� all'aeroporto, per
percorrere quei tre o quattro chilometri nel dedalo delle
viuzze, delle fiumare degli ingorghi si impiega mezz'ora,
non si capisce che senso abbia l'itinerario tortuoso fra pon-
ti, ferrovie, strade bloccate dai lavori, strade occupate da-
gli ambulanti.
E in questa citt� caotica si perderanno i miliardi del
(�Progetto Reggio,,, ancora lavori pubblici, niente altro che
lavori pubblici, non un investimento produttivo, non nuo-
vi posti stabili di lavoro ma strade, fognature, ponti, bre-
telle, campi sportivi, acquedotti, passeggiate a mare che
l'edilizia mafiosa costruir� con materiali scadenti e mano-
dopera frettolosa da tenere in qualche modo in vita con
nuovi lavori pubblici. I seicento miliardi del �Progetto), fi-
niranno in cemento, in villette a schiera sul litorale, in ville
con i nanetti di terracotta, in cancelli in ferro battuto, l'im-
pianto televisivo per avvistare la polizia, le botole nel pavi-
mento per scappare, le ronde armate per salvare la pelle in
questa giungla. Dice il sindaco di Reggio: �Il quindici per
cento dei consiglieri � mafioso, gli altri hanno paura della
mafia,,. E il consigliere Gangemi: ��In questa aula entrano
valigie piene di soldi e ne escono vuote,,. Allora il Consi-
glio regionale si riunisce in sessione straordinaria per de-
precare la criminalizzazione della citt� e uno scriba prezzo-
lato titola sul foglietto della Regione: ,Bocca spara a lupa-
ra�. Non lo sanno che la citt� � in preda alla mafia? Non
hanno letto le intercettazioni telefoniche dei carabinieri in
cui onorevoli e mafiosi si scambiano promesse e favori? Lo
sanno, le hanno lette ma a loro basta, per stare in pace con
la coscienza, fare un comunicato all'Ansa. Nessuna fabbri-
ca, una sinistra a pezzi, migliaia di mafiosi armati, nessun
rispetto della legge. Cinquanta compagnie di assicurazione
hanno chiuso i loro uffici, impossibile tener testa alla ma-
rea dei furti, degli incendi dolosi. La mafia � tutto a Reg-
gio, anche sindacato, organizza lei i blocchi dell'autostrada
o della ferrovia per ottenere posti di lavoro dal governo, in
lavori pubblici, si intende. Societ� senza solidariet�, di Lu-
dovico Ligato, dell'uomo politico pi� importante assassi-
nato dalla mafia qui non ha parlato nessuno, nessuno ha
chiesto che si facesse luce sul suo assassinio. Di Reggio,
Giacomo Mancini ha detto: �Un giudice un giorno mi ha
accusato di essere il trait d'union fra la 'ndrangheta e le
Brigate rosse, sono stato deputato per nove legislature, ma
non ho ricevuto una telefonata di solidariet�, nessuno ha
detto, ma questo Mancini � deputato da decenni, � stato
segretario del Partito socialista, forse quel giudice ha esa-
gerato. Niente�. Ora lo hanno sistemato definitivamente,
non lo hanno pi� eletto. E lui ammette sconsolato: (i parti-
ti politici in Calabria non tengono congressi da tempo im-
memorabile. Meglio non discutere sullo stato della politi-
ca-. Fino a poco fa nella questura di Reggio campeggiava
un cartello: vietato entrare in Questura armati. Adesso c'�
un questore in gamba, l'ho incontrato a Palmi nell'ufficio
di Cordova, non voleva parlare senza l'autorizzazione del
ministero ma poi ha detto: ��Nello stato cos� come si � for-
mato in Calabria non c'� solo corruzione, c'� anche una
specie di assuefazione, una non voglia di correggere le cose
che non vanno�. E le cose che non vanno sono tantissime:
non va la magistratura che ha centinaia di migliaia di cau-
se a dormire nei cassetti, non va la commissione antimafia
regionale, che negli ultimi cinque anni ha proposto dieci
sequestri di beni di mafiosi in una regione dove i mafiosi
sono padroni di tutto, non va la farraginosa confusione de-
gli strumenti repressivi, gli assassinii, le rapine e i seque-
stri " di persona continuano, ma abbiamo la Dia del genera-
le Tavormina e del questore Di Gennaro, la Criminalpol,
la squadra mobile di Reggio, la polizia giudiziaria, il nu-
cleo interforze antisequestri, la polstrada, la Finanza, i ca-
rabinieri specializzati di Roccella jonica, l'alto commissa-
riato antimafia, il Ros reparto operativo speciale, i Nocs
teste di cuoio della polizia, i Gis dei carabinieri. Ma quan-
do � stata liberata la Ghidini il colonnello dei carabinieri
che comanda la legione ha amaramente detto: �Lo abbia-
mo saputo dal telegiornale�.
Un impresario edile che ha dovuto mollare di fronte alla
mafia mi dice �qui il mondo delle partecipazioni statali �
perverso. Lo regge il triangolo mafia, amministrazioni lo-
cali, governo romano. Finita una emergenza, una torta di
lavori pubblici, se ne inventa un'altra, l'apparato mafioso
clientelare preme sul potere politico. Allora gli onorevoli
calabresi fanno urgenza a Roma che dice: <�Mandateci su-
bito un progetto�. ��Che progetto?,, �<Non importa, manda-
te un progetto generico di opere pubbliche che lo approvia-
mo, i soldi sono gi� stanziati.� In quindici giorni mettono
assieme un progetto, governo e assemblea regionale o Co-
mune lo approvano senza averlo minimamente studiato. E
riparte la ruota della fortuna che ha seminato la polverosa
povera Reggio di boutiques, la citt� che ha pi� telefonini
portatili d'Italia con una disoccupazione del 30 per cento,
con novanta evasori totali sui cento inquisiti, capoluogo di
una regione che negli ultimi dodici anni ha contato 1460
assassinii. L'anarchia vi gode un largo consenso, un comu-
ne appetito muove ricchi e poveri alla illegalit�, il popolo
ha dato l'assalto allo stato seguendo l'esempio, pu� ricatta-
re il resto del paese e magari l'Europa, come i chicanos
messicani che entrano negli Stati Uniti da El Paso, ricatta-
no impauriscono la pi� potente nazione del mondo. Il sud
del male oscuro pone al paese e forse all'Europa questo an-
goscioso dilemma: se viene abbandonato a se stesso diven-
ter� una piaga ingovernabile, un vivaio di delinquenza e di
corruzione; ma se si continua ad aiutarlo senza controlli,
affidando la spesa pubblica ai complici della mafia la gente
del sud, anche gli onesti, si confermeranno nella certezza
che questo � il solo modello di sviluppo praticabile. Come
del resto con parole forbite sostengono tutti i leader politici
del sud da Mannino a Cirino Pomicino.

L'ENIGMA SICILIA.

Centotrentadue anni fa. Il viaggio per la Sicilia enigmatica parte da


Marsala, dal porto di Marsala, che a togliere una gru gialla e una auto
cisterna � lo stesso, ovale e azzurro, incastonato nella pie tra
chiara, in cui centotrentadue anni fa, il primo maggio del 1860,
entrarono, come in scivolata, il Piemonte e il Lombar do, il Piemonte
guidato da Garibaldi, capitano di lungo cor so, figlio di capitano di
lungo corso, che lo dirigeva con mano ferma verso il molo mentre quel
matto di Bixio, fra ordini e contrordini andava in secca. Ma non lo
vedeva il fondale basso che dall'azzurro vien su, man mano, con il
verde delle alghe e il bianco delle pietre? Sono passati centotrentadue
anni e la Marsala che vedo dal molo � la stessa che guardavano
Francesco Nullo e i vo lontari padani arrivati fin qui dalla pianura
delle marcite e dei fontanili, un ruotare di case, di cupole, di
campanili maiolicati che salgono dal viluppo mediterraneo dei palmi zi,
dei cactus, degli oleandri dietro cui si stendono i vigneti bassi e
fitti, mai visti cos� bassi e fitti dalle nostre nordiche parti. C'era
da fare l'Italia e c'era il miraggio delle terre meridionali, del
paradiso terrestre immaginato dal roman ticismo padano, acque tiepide,
terre fertili. Ma appena fuori di Marsala dovettero capire di essere
arrivati in una terra dura e ostica e forse il primo a capirlo fu il
generale sceso sul molo, quando il notaio Fuci si fece largo fra la
gente e gli gridava: <,Garibaldi, tu sei la nostra luce, il no stro
ideale, noi sempre ti seguiamo). ,Ah, si,, diceva Gari baldi <perch�
non vieni con noi a Calatafimi?,, �Ci verrei, generale, ci verrei, ma
non tengo proprio genio per le bat taglie.� Si, il generale dovette
capire che c'era qualcosa di imprevisto, di incomprensibile in questa
sua gloriosa av ventura anche a Calatafimi, dopo la battaglia, che si
era messo a mangiare un boccone con le spalle a un muretto e i giovani
del paese gli stavano addosso per baciargli le mani: �Ma volete baciare
le mani di uno che mangia e beve come voi? Guarda che guasti hanno
fatto questi preti),. No, non solo ai preti, le mani i giovani della
Sicilia le avevano ba ciate ai principi, ai duchi, ai gabellotti, ai
massari e ora ai nuovi padroni. E' l�, a Calatafimi, che sono
cominciati i centotrentadue anni di equivoci e di inganni, la storia sa
cra che ha impedito agli italiani di conoscere la loro diver sit� e
disunit�. Quell'eroe biondo sapeva niente della Sici lia, lui e i suoi
mille erano convinti di trovarci l'esercito mazziniano di popolo. Non
sapevano che i siciliani dai Ve spri al loro sbarco non avevano mai
combattuto per uno stato, che mai c'era stata milizia popolare, ma solo
bravac ci in armi a servizio di questo o di quel potente, sgherri,
confraternite, sbirri dell'Inquisizione, briganti, cuncume, campieri,
burrache, picciotti al servizio dei mafiosi e che la cultura militare
del popolo era �megghiu porcu ca surda tu�, come sapeva il Borbone che
non vi faceva leva di mili ti. Cos� il biondo eroe e i suoi mille
scambiarono le squadre contadine di La Masa per patrioti e cos� ne
parlarono e ne parlano i libri di scuola, ma erano gli armati della
mafia e dei signori, gli stessi che dieci anni dopo l'Unit� avrebbero
acceso le prime rivolte contro lo stato. Del resto valeva l'inverso.
Che ne potevano capire i siciliani di quei gari baldini che arrivavano
come i liberatori delle plebi conta dine e poi fucilavano a Bronte i
contadini insorti contro la Ducea di Nelson, l'ammiraglio che aveva
fatto impiccare Caracciolo e gli altri della rivoluzione democratica
napole tana? Che potevano capire di una lontana monarchia pie montese
che si comperava i generali borbonici come il Pia nell, che si arrende
a Palermo con i suoi ventimila uomini e lo ritroveremo a Custoza nello
stato maggiore savoiardo? Sono passati centotrentadue anni e nel nostro
viaggio, appena fuori Marsala, troviamo la Sicilia ostica e dura, le
montagne solitarie e dirupate che mutano di colore al pas sar di una
nube, al soffiar di un vento, come camaleonti: in basso con alberi
radi, in fila come pecore che salgono a un pascolo, poi vuote con rocce
a forme bizzarre e violente presenze ostili. E come il buon Chevalley,
piccolo aristo cratico del Monferrato sceso a conoscere il nuovo
vecchis simo mondo, riascoltiamo il principe di Salina che spiega e non
spiega l'enigma siciliano: �Ho detto i siciliani, avrei dovuto
aggiungere la Sicilia, l'ambiente, il clima, il pae saggio siciliani.
Queste sono le forze che insieme e forse pi� che le dominazioni
straniere e gli incongrui stupri han no formato l'animo. Questo
paesaggio che ignora le vie di mezzo, fra la mollezza lasciva e
l'arsura dannata; che non � mai meschino, terra a terra, distensivo
come deve essere un paese fatto per la dimora di esseri razionali,
questo cli ma che ci infligge sei mesi di febbre a quaranta gradi, li
conti Chevalley, li conti, maggio, giugno, luglio, agosto, settembre,
ottobre, sei volte trenta giorni di sole strapiom bante sulle teste.
Questa violenza del paesaggio, questa crudelt� del clima, questi
monumenti del passato magnifici ma incomprensibili perch� non edificati
da noi, che ci stan no attorno come fantasmi muti�. Qualcosa di molto
simile al regno della natura, madre di estasi, di cui scrive la Or
tese.

Iside 2.

Chi ha progettato il palazzo di giustizia di Trapani ma anche di Gela,


di Palmi deve aver pensato alla trasparen za, alla chiarezza espresse
con i vetri, gli spazi vuoti, i luci di marmi, ma ha soltanto
inscatolato il vuoto di un potere incerto e sfuggente. Al centro del
tempio della chiarezza si trova l'ambiguit�, non sei mai sicuro se il
giudice che in contri � una sentinella dello stato o un suo traditore,
la ca tena degli uomini in toga sembra onesta, almeno ne ha l'a spetto,
ma uno dei suoi anelli potrebbe essere, sicuramente �, mafioso o �terzo�
come qui si dice di quelli che sembra no neutrali e invece sono
acquiescenti o complici. Le porte vetrate del palazzo di Trapani si
aprono solo dall'interno, puoi gridare, sbracciarti, ma nessuno dei
�gorilla� che stanno nelle anticamere come i bravi nel cortile dell'Inno
minato si degna, stanno stravaccati su panche e sedie nei loro giacconi
di pelle scura, mitra fra le gambe, baffoni ne ri, leggono i giornali,
fumano, sbadigliano. Ti apre final mente una segretaria sui quaranta,
in pantaloni marrone e golf ciclamino, testa di Minerva glaucopide,
quegli occhi senza pupille delle statue greche, un bel seno appena ca
dente, che sia lei la talpa che frugava nei cassetti del giudi ce
Taurisano? Giudice discusso anche lui, figlio del Tauri sano presidente
dell'acquedotto napoletano processato per le acque nere, si va per
dinastie nell'inferno degli italiani, per famiglie. I quattro sostituti
procuratori della repubblica che hanno chiesto nel dicembre '91 di
essere trasferiti mi aspettano nell'ufficio del giudice Messana che �
qui da meno di un an no, non potrebbe chiedere il trasferimento, ma si
considera �un trasferendo perch� la giustizia a Trapani non la si pu�
amministrare�. Gli altri sono i giudici Franco Messina, oc chi azzurri,
pullover rosso, Pietro Pellegrino, con musetto da topo giudizioso e
occhi vivi dietro gli occhiali, e Luca Pi storelli, arrivato fin qui da
Padova e ancora non si � reso conto perch� e come va ancora in giro in
abiti sportivi, da jogging, come per i portici bassi, gli acciottolati
lucidi, l'im mensa piazza del santo della sua Padova. Tre dei giudici
so no siciliani, uno padano, li ho appena conosciuti e li vedo
differenti. In cosa? Non nel coraggio, rischiano tutti la pel le. Non
nella intelligenza o nella laboriosit�, si muovono abilmente nelle bolge
infernali, lavorano anche di notte, tengono botta in questo avamposto.
In che cosa allora? Nel modo in cui le loro facce, i loro gesti, il loro
linguaggio si rapportano con il potere. I tre siciliani, anche se
democrati ci e progressivi, nel potere ci credono, il padano si e no,
pi� no che si. I tre siciliani sono nati e cresciuti in un paese in cui
c'� rispetto, senza attenuazioni e ipocrisie, per chi detie ne la forza,
in cui si interiorizza il potere, lo si vive come qualcosa di decisivo,
che definisce l'uomo di rispetto, il no do centrale, pirandelliano della
vita: �Il potere � una ener gia, una forza che l'opinione dei molti
attribuisce a una persona, la quale per accettare la parte deve
accettare la maschera del potere e non pi� dismetterla. Il potente �
agito dal potere in un ossessivo guardarsi allo specchio�. Ecco perch�
qui si pensa alla mafia non come soggezione ma come dominio. Ma come
posso, appena arrivato, dopo pochi minuti che li vedo e ascolto notare
la differenza? Ec co, i tre siciliani non sorridono mai mentre parlano e
se li interrompi, alzano perentoriamente, automaticamente, il tono della
voce secondo la regola che con un potente non si conversa, si ascolta e
si risponde solo se interpellati, sono abituati cos�, anche se hanno
quarant'anni meno di me sembrano loro i padri severi e io il
giovanottello impazien te. Non importa se uno � in pullover rosso e
l'altro con una giacca principe di Galles, � come se indossassero la
toga, non mi riesce immaginarli nel privato, a casa, con la mo glie e i
figli. E parlano il linguaggio del potere ermetico, macchinoso, a volte
li vedi faticare nel mettere insieme quel loro italiano con la vita, un
italiano fitto di espungere, notiziare, evidenziare, formalizzare e
altre ceralacche ver bali da cui fioriscono degli eclatanti e quando
dicono ecla tante � come scattasse il lampo per una fotografia di lau
rea, in gruppo. Proprio cos�, nati in una terra dove il po tente dice:
�Il comando lo do io, la Provvidenza la d� dio�. Come dire,
napoleonicamente: la sussistenza seguir�. Il padovano Pistorelli invece
parla con me come se ci fossimo incontrati davanti al bar Pedrocchi o in
un tram, non ha nessun potere da ricordarmi, da impormi, dice tranquillo
quello che i suoi colleghi non potrebbero mai di re cos�, che direbbero
disperatamente: �Guardi, qui un giudice perde la dignit� umana e
professionale, ha l'im pressione che la gente che lo incontra pensi: ma
che razza di magistrato � questo che non sa risolvermi le pi� elemen
tari faccende della vita associata? Se mi stufo cambio me stiere�. Fare
il giudice un mestiere? I tre siciliani lo ascol tano sconcertati.
Attraverso la porta a vetri, l� in fondo, dietro la vetrata pi� alta
vedo l'ufficio del procuratore capo Antonino Coci, che non riesce
proprio a capire perch� mai questi giovani giudici della procura siano
stati presi come da un ballo di San Vito e cosa voglia mai il Consiglio
superiore della ma gistratura che lo ha messo sotto inchiesta e cosa il
ministro di Grazia e Giustizia che ha dato di lui severi giudizi. Ai
giornalisti di qui, amici e fidati, il procuratore dice: �Il mi nistro
sar� male informato. Questo � uno degli uffici giudi ziari che
funzionano meglio,). Che tempi! E quel Franco Messina che sembrava
tanto tranquillo, tanto rispettoso e un bel giorno incontra un
giornalista, di quelli forestieri, e gli dice: �C'� una soglia che gli
uffici giudiziari di Trapani non sono mai riusciti a varcare: un
processo di mafia con imputati importanti. A guardare le carte di
questa procura � come se la mafia non esistesse,). Che gli ha preso al
Mes sina? Il procuratore Coci non � una cattiva persona e non � diverso
dai suoi colleghi che dirigono gli uffici giudiziari a Caltanissetta,
Agrigento, Catania, Messina, Palermo, tut ti arrivati a quel posto per
anzianit� e prudenza, per avere imparato da loro padre o da loro zio
magistrati prima di lo ro come si fa, come ci si muove nelle acque
infide del pote re in un paese in cui molti tuoi compagni di scuola sono
diventati dei <,presunti,), come si dice dei mafiosi non in ga lera, ma
se ne dicono tante e poi tante, se la vedano loro, prove non ce ne sono,
contigui alla mafia forse, ma chi non � contiguo da queste parti e dove
finiremmo se corressimo dietro a tutte le voci? Certo ogni tanto si
scopre che un sin daco democristiano, una persona cos� ammodo, dirigeva
la cosca che voleva uccidere il giudice Borsellino, ma inciden ti sono e
che dovrebbe fare un giudice anziano, titolare di un ufficio? Rinnegare
gli amici e i parenti? Mettersi a spa rare contro la societ� in cui �
nato e che lo ha favorito? Chi ha alzato la voce e mostrato troppo zelo
� sempre finito nei guai, anticipare gli eventi � da presuntuosi, ne
capitano gi� troppi da soli, grandinano eventi in questo difficile
mondo, e intanto devi pure andare alle nozze, ai battesimi, ai pranzi
del Rotary con i maggiorenti della citt�. Contigui? Forse, ma lascia
che lo dicano gli altri e se uno di loro, dei contigui, viene arrestato
dai carabinieri aspetta ancora che magari lo liberano con tante scuse.
�Volevo aiutare questa citt�� dice ai cronisti amici il giudice anziano
Antonino Coci �a vincere la cattiva fama che ha, citt� mafiosa, che
ingiustizia! La mafia c'� anche qui, non dico di no, ma � una mafia di
campagna, arretrata.� Forse al giudice anzia no Coci � sfuggita la
relazione della commissione parla mentare di inchiesta sulla mafia in
cui si legge: ,A Trapani la mafia � incombente in ogni genere di
attivit� economi ca,,. Forse il giudice anziano non sa che nel
Trapanese ci sono duecentoquaranta fra banche e finanziarie. Se glielo
chiedessi forse mi risponderebbe come, qualche anno fa, il prefetto: ,A
quel che mi risulta l'attivit� bancaria fu intro dotta dagli ebrei
spagnoli�. Solo nel grande ufficio dalle alte pareti in vetro, Antoni no
Coci non si capacita. E questo Pietro Pellegrino, che si agita tanto,
dice che vuol tornare al civile e fa scrivere dai giornali: �Siamo
stanchi di non fare indagini importanti, di rischiare la pelle senza
gratificazioni, di lavorare senza segretari anche di notte�. La mafia a
Trapan'? S�, dice l'anziano Coci, ma di campagna, bonaria. Ma la fama
di Trapani � diversa, da dieci anni a questa parte un solo giu dice ha
chiesto di essere trasferito in questa citt�, Carlo Pa lermo, e deve
aver capito che il rischio era eccessivo la mattina che percorreva con
la sua auto la strada di Custo naci e i venti chili di dinamite mafiosa
che dovevano spe dirlo al creatore per errore o per feroce avvertimento
fece ro a pezzi un'altra auto con la signora Barbara Asta e i suoi due
gemelli di sei anni, Salvatore e Giuseppe. Una Mafia di campagna? Per�
poco amica dei magistrati corag giosi: ha cercato di far la pelle a
Carlo Palermo, ha ucciso il giudice Ciaccio Montalto, ha assassinato un
altro giudi ce, Alberto Giacomelli, e per aggiunta ha ucciso il povero
Mauro Rostagno, l'arancione, l'amico trentino di Curcio, il ragazzo
invecchiato di Lotta continua venuto qui a cura re handicappati e a
parlar male della mafia in una televi sione locale. Si intende che la
convivenza con la mafia di pende anche dai magistrati, il giudice
Antonio Costa di Castellammare del Golfo, per dire, sapeva andarci d'ac
cordo, custodiva l'arsenale dei mafiosi, pistole e mitra con la
matricola cancellata e un po' di milioni che gli hanno trovato in casa.
Comandano questa mafia i fratelli Caloge ro e Antonio Minore che stanno
in via Agostino Pepoli, dalla parte del santuario di Borgo Madonna,
mafiosi da Cupola, imparentati con Magaddino, Buccellato e i Bonventre
di New York da cui, quando tira aria cattiva, vanno per qualche mese a
Long Island in villa. Gente di ri spetto, quando � qui vive ritirata
nella casa color vinaccia vicina al santuario e se chiedi al giornalaio
che tiene edico la a dieci metri di distanza quale � la casa dei Minore
ti guarda male e non risponde. Negli ultimi due anni questa mafia ha
fatto trecento quattordici attentati con una cinquantina di morti, la
legge del giudice Coci non la conosce nessuno, la legge � quella della
mafia o che ti fai da te se ce la fai. Racconta il giudice Di Lello una
storia di queste parti: �Anni fa feci arrestare un gruppo di pastori che
non avendo pascoli propri inva devano con le loro pecore i terreni dei
contadini i quali, terrorizzati, si guardavano bene dal protestare. Uno
di co storo, interrogato, mi fece osservare la inutilit� del mio in
tervento dato che mentre i pastori erano in galera le loro pecore
continuavano a pascolare indisturbate nel suo terre no. Il giudice
anziano forse non sa neppure cosa ci fanno in provincia le
duecentoquaranta banche e finanziarie. A me lo ha spiegato il direttore
di una banca nazionale: non servono, come si dice, per riciclare il
denaro sporco, queste sono sciocchezze, il denaro non � sporco e non
puzza e va dove vuole. No, servono per finanziare la mafia, i traffici
della droga. Succede questo: una Cassa rurale ha il fiato corto, i suoi
depositi non superano i cinquecento milioni, difficile investirli.
Allora si presenta un amico degli amici e dice: voi non mi conoscete ma
potrei aiutarvi, ho degli amici che depositerebbero volentieri cinque
miliardi. Tutti sanno chi sono quegli amici, ma puoi dirgli di no? Loro
depositano i cinque miliardi e nei giorni seguenti c'� una fila di
piccoli risparmiatori per cui � passata parola che vengono a depositare
in segno di rispetto. Tu della Cassa non hai firmato nessun contratto,
nessun impegno, ma sei uno che non pu� pi� tirarsi indietro, se la mafia
ha bisogno della tua Cassa per finanziare una partita di droga devi
aprirgliela. Ha ragione il giudice Di Lello: �La mafia se non c'� �
come se ci fosse, come se potesse esserci,,. Come tutti i suoi colleghi
anziani titolari di un ufficio il buon Antonino Coci si avviava a
concludere la sua onesta carriera giudiziaria, seduto in prima fila
accanto al prefet to, al questore e al colonnello dei carabinieri nelle
cerimo nie ufficiali, a pronunciare il suo discorso ufficiale all'aper
tura dell'anno giudiziario, riportato per intero nella pagi na
provinciale del �Giornale di Sicilia,, e non ti va ad arri vare da
Napoli il giovane procuratore Taurisano, uno di quei giovani impazienti
che non sanno dove mettere le ma ni, ma le mettono e si fa incastrare da
due pentiti che tira no in ballo il ministro Calogero Mannino, dicono
che � un mafioso, che il suo nome mafioso � Caliddu. Ma si pu� prendere
sul serio un nomignolo cos� chiaramente falso, inventato, che poi i
giornali d'Italia ci sparano su un titolo in prima pagina e radio e
televisioni fanno coro? E come non bastasse questo giovanotto va a New
York accompa gnato da una giudichessa che si scandalizzano anche gli
americani e poi si mette a dire che gli rubano i documenti dal cassetto,
che nel palazzo c'� una talpa, ma si pu�? Cos� bisogna che il giudice
anziano di Sciacca dove Mannino ri siede, suo buon amico, lo interroghi
e lo scagioni a tempo record. Ma non basta, no, non basta perch� il
Franco Messina che sembrava tanto tranquillo tira fuori la storia di
Iside 2, mettendoci di mezzo gente altolocata, un vice questore, un alto
funzionario di prefettura, un giudice, un assessore regionale assieme al
mafioso Mariano Agate con dannato all'ergastolo e assolto in Appello il
16 luglio '92 per l'omicidio del sindaco di Castelvetrano, Vito Lipari.
Di logge massoniche in Sicilia ce n'� dappertutto a Gela, Cefal�,
Marsala, Palermo, Catania, e tutti sapevano che ce n'era una anche a
Trapani, ma la scoperta di Iside 2 viene da una lettera anonima che pare
di scarsa importan za: un tal� si lamenta perch� non � stato indetto un
concor so per la nomina del comandante dei vigili urbani, dice che il
comandante in carica non ha i titoli necessari ma sta a quel posto
perch� � un noto massone. A Trapani, si stente r� a crederlo, �
arrivato un poliziotto vero, Saverio Mon talbano il quale s'informa
sulla loggia viene a sapere che la sua vetrina � il circolo culturale
Scontrino e ci arriva ina spettato per scoprire le scatole cinesi, le
matriosche della massoneria locale, incastrate l'una nell'altra, centro
studi musulmani, associazione mutilati d'Italia, circolo di teoso fia e
logge per tutti gli usi. �Con chiarezza solare,, si legge nel rinvio a
giudizio di Messina �� stata accertata la premi nenza del professor
Grimaudo, circondato da una sua cor te di devoti accoliti.,) Ma chi �
questo professor Grimaudo? E' uno che a me ricorda un po' i cervelli
fini che partecipa no all'assemblea degli azionisti delle grandi
societ�: po trebbero essere direttori di banca, professori universitari
ma preferiscono far le pulci agli amministratori, ricattarli,
spaventarli. �<Intelligentissima e coltissima persona') sento dire a
Trapani di Grimaudo. E' nato cos� il professore, ama il potere ma che
sia un potere mascherato, misterico, che tutti conoscono ma di cui si
parla sottovoce. intanto di Trapani ha capito una cosa decisiva: dello
stato non si fida nessuno, neppure il prefetto, neppure il questore,
neppure il colonnello dei carabinieri. Qui tutti sanno che solo con i
tuoi meriti, con il tuo lavoro di strada ne fai poca. Lo sot tolinea
nella sua sentenza il giudice Messina: �Chi qui vive cerca nei pi�
diversi settori della vita di tutti i giorni un pa drone, sotto la cui
ala protettiva ripararsi,,. Il professor Grimaudo non � nato padrone ma
ha capito che combi nando gli incerti poteri degli insicuri servitori
dello stato, pu� diffondere la fama di essere dotato di un grande potere
e se la gente ci crede � cosa fatta, se si sparge la voce che ha fatto
trasferire in Sicilia don Coppola, incarcerato a Pisa, amico degli amici
o sistemato il figlio del segretario comu nale lui � l'onnipotente, il
venerabile, come Licio Gelli. E in questo suo farsi da potere
immaginario, potere rea le moltiplica le logge, Iside, Iside 2, Osiride,
Cielo d'Alca mo, Hiram, Cafiero che non � la loggia coperta C, il cui ve
ro nome � Carducci. Ci� che succede in una loggia � igno to alle altre,
sicch� possono starci i professori di belle lette re che aspirano a una
pubblicazione dei loro studi sulla in termediazione finanziaria nel
Quattrocento come il Rosoli no Filippi della loggia coperta C, un
sorvegliato speciale, pluripregiudicato, imputato di molteplici omicidi
che in terrogato dal giudice Messina risponde: �Mi sono iscritto perch�
desideroso di far parte di una associazione che aves se quale scopo la
fratellanza�. Guarda un po', fratellanza, proprio il nome delle prime
cosche calabresi. Quella fratel lanza non gli � bastata, sei giorni
dopo l'interrogatorio lo hanno steso con la lupara. Le logge del
professor Grimau do funzionavano da anni, ma negli archivi della
questura non se ne trovava traccia e si capisce perch�, alti pubblici
ufficiali ne facevano parte. <Le capacit� penetrative del Grimaudo nel
comune di Trapani� dice la sentenza �erano notevoli. La gente in
assenza di ogni attiva presenza sta tuale capace di assicurare i bisogni
anche pi� elementari si aggrega a quei potentati che sono in grado di
assicurare la soluzione dei suoi problemi.� Dice bene il giudice Messi
na, il professor Grimaudo � un burattinaio abile, si sposta da un
teatrino all'altro ora facendo il premuroso, ora il mi sterioso: nel
tempio di via Carreca celebra le iniziazioni, incisione dei polsi, baci
sulla bocca, il Sacro concistoro dei venerabili alle sue spalle con
mantelli, cappe, compassi, triangoli. C'� un fratello per ogni bisogno:
Filippo Sparla �� in grado di inserirsi nei terminali della polizia�, il
dottor Zambio va raccomandato come assistente in dermatologia a Palermo,
per l'avvicinamento a Trapani di don Coppola �conviene incontrarsi a
Montelepre con persone addentro alla direzione degli istituti di
prevenzione e pena�. Si man di un telegramma all'ambasciatore bulgaro
Vladimir Ko stantinov �per felice risoluzione pista Antonov�, quello in
dagato per l'attentato al papa e qui si vorrebbe saperne di pi�, sapere
perch� un ambasciatore della Bulgaria comuni sta fosse amico del
Grimaudo, ma qui si entra nei giri delle dittature dell'est che usavano
le mafie e le logge per imbo scare i soldi rubati in patria o fare
affari lucrosi, vedi le re lazioni fra Gelli e il Ceausescu romeno."
Negli elenchi se greti tutti i numeri dei padrini americani da Rosario
Spa tola a John Gambino, pranzo in un ristorante della marina con
Michele Papa, rappresentante di Gheddafi, oblazione di cinquanta milioni
chiesta agli onorevoli Canino e Blon da �<per contributo elezioni,,,
visita dell'avvocato Sinagra �inviato da Licio Gelli,, e incontro con
sua eminenza Evlonghi, del patriarcato di Costantinopoli, (la miscela
scellerata,) come la definisce il giudice Messina ,di cui face vano
parte amministratori pubblici, politici e faccendieri ivi compresi
strani prelati ed esponenti del Gotha mafio so�. Ma io credo che non
sia soltanto il bisogno di prote zione, di sostituzione di uno stato
assente a mettere assie me queste un po' gonze e un po' truffaldine
associazioni, io credo che la gente qui si sia disabituata nei secoli a
pen sare in astratto a quelle cose qui astrattissime che sono lo stato,
la legge, la giustizia e si trovi pi� a suo agio se entra nella rete
stretta delle cose concretissime che sono i rappor ti personali di
paura, di invidia, di servit�, di gratitudine. E anche altro, anche una
subcultura sacrale, da Controri forma, che si dice laica e mangiapreti
ma scimmiotta la Chiesa con i rituali, le obbedienze, i giuramenti
sostituen do ai valori controriformisti di fedelt�, castit�, dogmaticit�
quelli della fratellanza misterica, dei sacri principi masso nici. E
altro ancora: le eco, i richiami di una cultura medi terranea minore in
cui si possono incontrare l'Islam e la Chiesa ortodossa. Non un
antistato, ma una rete di prote zioni e di interessi che passano per gli
stati, anzi per le so ciet�, spaziando dalla burocrazia alla malavita e
realizzan do la fratellanza nel furto e nella soperchieria. E anche, lo
sappiamo, una eredit� del periodo borbonico, della fronda della
borghesia liberale contro il monarca assoluto, anche l'alleanza che
nasce nelle prigioni con i ribelli e i malviven ti. Tanti teatrini
massonici, una cosa da ridere standone lontani, ma mica tanto a Trapani:
il commissario Saverio Montalbano, capo della squadra mobile, reo di
aver sco perto una delle pi� grandi raffinerie di eroina in contrada
Virgini di Alcamo e di aver sgominato la cosca di Pizzo lungo e ora di
aver perquisito con tanto zelo e cos� poco ri spetto per le persone di
riguardo le logge del professor Gri maudo, viene retrocesso e trasferito
con il risibile pretesto di uso abusivo di un automezzo pubblico, lo
stesso, ricor date? con cui i petrolieri amici di Saragat si
sbarazzarono del professor Ippolito, creatore del nucleare. E il
giudice Messina impotente non pu� far altro che mettere per iscrit to il
suo dissenso notando �la inopportunit� della espunzio ne di uno di
grande prestigio, il che non pu� che indurre a ritenere esistente
l'interessamento esterno di chi aveva tut to l'interesse a liberarsi di
un valido investigatore'). Il com missario Montalbano di cui ho
segnalato la vicenda su un giornale mi ha mandato due righe: ,Nella
speranza che nel nuovo anno 1992 sempre di pi� siano coloro che concorro
no alla crescita civile di questa regione, restituendola alla legalit��.
Sono stato facile profeta a dire al giudice Messina che il professor
Grimaudo se la sarebbe cavata, mi dicono che � gi� fuori dei guai per
amnistia fra il consenso generale, perch� la gente che � nata qui e che
sa come si lavora e si vive nelle province mafiose uno come Grimaudo non
solo non lo pensa come un criminale, ma come un demiurgo, come un capo,
come uno sciamano da rispettare e da ama re. Lo avevano capito molto
bene il barone Franchetti e Sidney Sonnino nella loro inchiesta, La
Sicilia nel 1876: (,Il potere mafioso si basa non tanto sulla paura
quanto sulla autorit� morale radicata nella affinit� della mafia stessa
con le norme culturali dominanti in Sicilia sempre presenti nei momenti
fatali della sua storia,,. Solo il giudice Lom bardo iscritto alla
Loggia Sciortino � stato trasferito per �incompatibilit��. Ma ha
ricorso al Tar. Con buona pace del procuratore Coci la mafia c'� a Tra
pani, temuta, venerata. Un cuore nero, un cervello nero stanno dietro
la citt� solare e tutto corrompono, controlla no, violentano. In
provincia si producono ogni anno sette milioni di ettolitri di vino, la
met� di quanti ne produca l'intera isola, ma altri sette milioni vengono
fatti con l'ac qua, lo zucchero e il bastone per mescolarli, esportati
quando il mosto sta ancora nei tini delle cooperative che possono essere
bianche o rosse ma partecipano tutte alla frode colossale con il
consenso della Regione. Dei seimila miliardi che la Regione spende per
l'agricoltura pi� di mil lecinquecento finiscono qui nel trapanese, la
maggior parte per finanziare la truffa. Poi se i vignaioli della
Francia me ridionale spaccano le botti del vino siciliano e minacciano
gli importatori complici della truffa, le nostre autorit� e la stampa
alzano il pianto greco sul �complotto sciovinista contro l'onesta e
laboriosa gente siciliana,,. L'altro giorno la polizia ha fermato un
contadino di Alcamo, un poveret to che coltiva un fazzoletto di vigna:
aveva ordinato quat tordici vagoni di zucchero. Altri, come lui senza
arte n� parte, hanno ordinato mille quintali di cemento destinati alle
cooperative per le cisterne interrate in cui nascondono il vino
adulterato. Nell'inferno degli italiani, Trapani sta sotto l'implacabi
le sole, il riverbero bianco delle case e non c'� via di fuga, non il
mare che sembra dare sul vuoto, non le strade che fi niscono su quel
mare vuoto, non la via del Capo che porta al vuoto del promontorio dove
cresce il finocchio selvatico. Dalla autostrada si entra in citt� per
una via dritta e lun ghissima fra due file di casette bianche ognuna
delle quali ha un suo negozietto di che cosa non si capisce, regali dico
no le insegne, ma che regali si faranno mai questi che cam pano di false
pensioni, di falsi posti, a ognuno la sua mise ria, la sua paura, la sua
automobile decrepita, ammaccata, arrugginita. C'� del metodo in questa
Democrazia cristia na mafiosa che � riuscita a trasformare la carit�
cristiana in una enorme, inaffondabile impresa clientelare. La legge di
Coci, quella scritta nei codici, nessuno la conosce in questa via lunga
e diritta dove le auto sono posteggiate in triplice fila, resta un
passaggio stretto ma se uno incrocia un amico e gli deve dire qualcosa
si ferma, blocca tutta la fila e tutti si mettono a suonare il clacson
sapendo che � inutile e i due lo lasciano suonare sapendo che nessuno li
prender� a calci nel sedere. Calca e auto in triplice fila scompaiono
improv visamente e al frastuono succede il silenzio nella enclave del
potere che non comanda niente, nello slargo su cui si affacciano
prefettura, questura, palazzo di giustizia, muni cipio. Su quegli
asfalti lucidi bruciati dal sole e spazzati dal vento possono stare solo
le auto bianco blu della polizia, ferme come i vagoncini di un Lunapark.
E' qui che lo stato finge di esistere e ai Minore che invece stanno nel
Borgo Madonna va bene cos�. Al santuario ci sono gli ex voto dei
miracolati e quelli che pregano la Madonna perch� li pro tegga dalle
fatture. Ieri hanno trovato al cimitero un te schio in cui erano stati
piantati dei chiodi. Un giornale lo cale ha intervistato il famoso
pranoterapeuta Michele di San Cipriano che ha detto: <Conosco persone
che sono chiuse in manicomio per una fattura�.

Il Triangolo rosso.

Tornato alla marina di Castellammare del Golfo la prima cosa che ho


cercato � il Triangolo rosso, ma non c'� pi�, hanno costruito al suo
posto delle villette e la spiaggia dei pescatori se l'� mangiata il
mare. Un nome che non si pu� dimenticare. Il Triangolo rosso, c'era
proprio un triangolo rosso, da segnale automobilistico, inchiodato su un
palo sopra la scritta Ristorante Alloggio. Una povert� talmente povera
e scoperta da essere preferibile a quella mascherata degli albergucci
per turisti senza lire. E poi dovevo fermar mi, avevo bisogno subito di
un letto su cui sudare quel l'improvviso febbrone o angoscia di essere
arrivato quasi fuori del mondo con moglie e figli. Era esattamente il
24 di settembre di dodici anni fa, i tre ragazzi erano fra gli otto e i
quindici anni, il gommone stava sul tetto dell'Alfetta, fa ceva un caldo
umido, forse la colpa era del limbisci, il ven to caldo che arriva
dall'Africa. L'auto si era come fermata da s� di fronte al Triangolo
rosso, c'era nella sua miseria qualcosa di amichevole e poi l'affanno
febbrile cresceva e con esso il terrore delle malattie di noi che
facciamo i duri. E dicevo alla Silvia: �Fermiamoci qui, non ce la faccio
a proseguire,). �Va bene, va bene,� diceva lei. Non si capiva dove
potessero essere le stanze, forse nella baracca con il tetto di lamiera,
l� c'era certamente la cucina, un po' di fu mo veniva da un tubo di
stufa che usciva da una finestrel la. Attorno alla baracca, come in un
domino, uno diritto l'altro di traverso, si reggevano l'un l'altro dei
capanni di canne e di paglia; sulla spiaggia deserta due barche da pe
sca, una rete stesa ad asciugare. Ai ragazzi stanchi, sudati andava
bene sostare, una donna vestita di nero usc� dalla baracca lui, il
padrone o cuoco o pescatore non si fece mai vedere e ci accompagnava
alle stanze senza chiedere i documenti, stanze basse, piccole con
divisori di compen sato da cui subito arrivavano le risate e i discorsi
fitti dei fi gli. La coperta era sporca, strappata, un solo lenzuolo
sul pagliericcio, ma avevo altro a cui pensare, la mia prossima morte in
quella sperduta terra, sulla riva di un mare che il fiato caldo del
limbisci faceva verde giallo, ansimante, mo ribondo in quel paese dei
lotofagi, del grande oblio. Qual cuno avrebbe avvertito il giornale? La
vedova e gli orfani avrebbero scavato una fossa nella sabbia della
spiaggia? A quanto pare non ci pensavano proprio: mi arrivavano le loro
voci giulive mentre correvano verso il mare e Silvia leggeva tranquilla
le Memorie di Madame de Sta�l. Non volevo alzarmi per la cena, ma visto
che Silvia non mi prendeva sul serio la seguii. La tavola era gi�
preparata sotto una tettoia di cannucce, la tovaglia di carta era a
scacchi rossi e bianchi, di bicchieri uno solo a testa come usa nel
popolo, non si vedeva nessuno a cui ordinare, si sentivano solo dei
rumori provenienti dalla baracca, di piatti, di ferri battuti, di voci
basse. I ragazzi mi guardava no e la mia estrema debolezza non li
impressionava pro prio. ,Si mangia?,, chiedevano. �Tu sai cosa si
mangia?� Tano usc� dalla baracca con la zuppiera degli spaghetti fumanti
che reggeva con il braccio destro. Avr� avuto dieci anni, piccolo, con
le gambe arcuate, il viso un po' inclina to nello sforzo e nella
preoccupazione per la grande zup piera che poteva sfuggirgli, calda come
era. Solo quando la pos� sul tavolo vidi che gli mancavano quattro dita
della mano sinistra. Non era bello, aveva quel viso ovale, dei si
ciliani che non sono n� greci, n� normanni, n� arabi, quel volto ovale
dei sicani che dopo i venti anni si fa di terracot ta, maschera ferma di
fronte alla incomprensibile malvagi t� del mondo, i volti ovali e
immobili dei mafiosi arrestati, dei braccianti in attesa di un lavoro
sulla piazza di Palma di Montechiaro, quando ancora c'erano i
braccianti, di quelli che salgono sui treni o sulle corriere nei
villaggi del l'interno. Ma gli occhi erano bellissimi, dentro c'era la
lu ce non ancora domata della fanciullezza, la felicit� di vive re anche
a servizio in un ristorante, anche con la mano mutilata. Nicoletta,
Davide, Guido lo guardavano di stu pore e di amore accesi, arrivati al
Triangolo rosso, sulla marina di Castellammare per capire, per toccare
la fortuna o la sfortuna del nascere. �Ma cosa ti � successo?,, ,Lavora
vo con mio padre nella segheria.,) (�Tuo padre sta in cuci na?,, <No,
mio padre mi ha affittato per un anno.� �Affitta to come?� �Sto qui,
faccio i lavori, mi danno da mangiare e da dormire.� Lo richiamava nella
baracca un grido del padrone, cuoco pescatore che non abbiamo mai visto,
trot terellava con le sue gambette arcuate, con le sue brache corte
sdrucite, la sua maglietta color vinaccia, nudi i piedi, un grumo di
vita segnata in partenza anche se negli occhi gli brillava ancora la
luce dei bambini che hanno voglia grande di vivere, di essere amati.
Torn� con l'acqua e con il vino, forte, aromatico. Poi corse nel
casotto per portarci i pesci cotti alla brace. (�Vuoi mangiare con
noi?,) scuoteva il capo, ma non si allontanava, ci guardava, guardava
Nico letta strana bambina dagli occhi azzurri e dai capelli bion di,
guardava Guido e Davide, strani bambini pettinati co me il piccolo lord
e anche loro lo guardavano. Quando ar riv� il cesto della frutta, non
so perch� gli dissi: �Tu verre sti a stare con noi a Milano?�. Lui si
ferm� con il cesto del la frutta circondato con il braccio sano e mi
guardava sen za rispondere. �Ma cosa ti � saltato in testa?� diceva
Silvia tornati in stanza mentre mi dava le aspirine e il bicchier
d'acqua. Gi�, cosa mi era saltato? Nella notte feci una gran sudata,
l'indomani stavo benissimo, studiavo la carta per vedere se ce l'avremmo
fatta, in giornata, ad arrivare fino a San Vito lo Capo, fino alle
tonnare, fino alle schegge di roccia nera che escono dal mare azzurro. I
ragazzi erano allegri, gli piacevano molto le olive nere e il pecorino
della colazione, il bambino con le dita mozzate non c'era, era partito
all'alba con il padrone per reggere il timone mentre calava la rete. Il
Triangolo rosso non c'� pi�. Che ne sia stato di Tano, come potrei
saperlo? L'altro giorno ho sen tito dire qui nell'isola: �Se il
padreterno ce l'ha con qualcu no lo fa nascere in Sicilia�.

Il giudice e il pentito.

Non vedevo Paolo Borsellino da quattro anni, da quando lavorava con


Falcone, Di Lello, Ayala al pool antimafia di Palermo, piano terreno,
reparto di massima sicurezza, porte blindate, controlli elettronici,
lampadine rosse palpi tanti da scatolette nere, bip bip, mitra, pistole
e quell'andi rivieni giulivo di camerieri in cappellino e grembiule bian
chi dai bar vicini, con i vassoi degli espressi forse l'e spresso ideale
dei siciliani � una goccia nera in cui sta la su perconcentrazione della
caffeinit� del mondo e dell'ac 1- qua
ghiacciata. Noi cronisti del continente entravamo in quel reparto di
massima sicurezza con emozione e rispetto, era la prima volta che
incontravamo uno stato forte e gio vane, un corpo di giudici crociati
per la guerra allo strapo tere della mafia, una forte speranza dentro la
Palermo che Durrenmatt ricorda �come rosa dalla lebbra�. E invece, ora
lo sappiamo, erano quei quattro gatti coraggiosi, invisi alla
maggioranza dei loro colleghi gelosi della loro notorie t�, impauriti o
infastiditi dalla breccia che avevano aperto nella routine. Ricorda il
giudice Di Lello: ,C'eravamo noi e le auto blindate, niente altro, con
la chiara sensazione, in noi, che ci� che facevamo non valeva niente se
non creava aggregazione nella citt��. Borsellino � tornato a Palermo
dopo gli anni di esilio alla procura di Marsala, promozione punizione, e
ora sta rites sendo con pochi altri la vecchia tela di Penelope.
Qualcuno a palazzo lo chiama il fascistone perch� lo ricorda giovane
alle manifestazioni del Msi, ma nella testa fascista non lo � per
niente, intanto non parla l'italiano del potere ma dei provinciali che
lo hanno studiato come una lingua stranie ra e ne hanno fatto qualcosa
di essenziale, di scarno con pochi aggettivi e nessun eclatante, un
italiano che va dirit to al cuore delle cose con evidente fastidio di
ghirigori e sa lamelecchi. Borsellino dava fastidio anche a Leonardo
Sciascia che non sopportava un altro siciliano capace di parlar chiaro,
cos� scrisse sul �Corriere della Sera,, un pez zo velenoso contro di lui
e il sindaco Orlando, ma ai sicilia ni questo gioco al massacro in fondo
piace: ,Amico si, ma guardati!�. Cos� Sciascia morente scriveva ancora
a Bor sellino spiegazioni che eran come sale sulla piaga, e Orlan do
faceva visita a Sciascia senza deporre inimicizia e dif fidenza. Del
resto non � facile essere distesi, comprensivi in una citt� dove ti sta
a lato un continuo senso di morte, una Citt� avviluppata,
�rintrecciata,) dice la Giuliana Saladino �una citt� di scale di quelle
che non si sa dove si scende e nemmeno dove si sale�. Trovo Paolo
Borsellino nella sua casa, in uno dei condo mini costruiti con i soldi e
la fretta della mafia in cui per ricco, potente e raffinato che tu sia
devi rassegnarti a into naci, ascensori, scale, finiture da edilizia
sovietica, lo stes so disinteresse di un potere indifferente al bene
comune, la stessa voglia di nascondere la ricchezza ladra in un mare di
mediocrit�. La bastonata che ha preso � stata dura, ma non � un uomo
che cambia, semmai si indurisce. Deve es sersi ripromesso di esser
cauto, gli uomini che lo hanno umiliato e punito sono sempre nel
Consiglio superiore del la magistratura a Roma o qui a Palermo nel
,palazzo dei veleni�: <,Lei mi chiede se ci fu una congiura contro il
pool? Guardi, io non credo a un disegno politico che partiva da
Andreotti e attraverso Lima, Vitalone, Carnevale e il Con siglio
superiore della magistratura arrivava fino a disinte grare il pool.
Forse � bastato il nostro radicato vizio corpo rativo, la regola
principe della anzianit� che fa grado, che ti permette di programmare
una vita, che ti difende dagli arrivisti voraci. Nel sangue dei
magistrati c'� come un an ticorpo per il magistrato diverso, super,
troppo noto. Noi davamo noia con la nostra sola presenza e la
corporazione appena ha potuto ha serrato i ranghi, poi, forse con l'as
senso dall'alto ha deciso di farci guerra aperta>,. Oh, bravo
Borsellino, cos� si parla, la cautela non � durata molto, non lo vedo
proprio alle prese con la diplomazia ipocrita. �Vuole una data precisa?
Il 19 gennaio del 1988 quando si nega a Falcone la successione alla
direzione dell'ufficio istruzione e gli si preferisce l'anziano Meli.
Qualcuno dal l'alto ha dato il via libera contando per� sul rigetto
corpo rativo che � duro a morire, guardi la reazione attuale dei giudici
alla Superprocura, all'Fbi italiano.,) Come faccia Borsellino, uno che
la mafia trapanese vole va ammazzare, che Cosa nostra schiaccerebbe, a
lavorare in uno studio da avvocato o da notaio umbertino, dietro una
scrivania massiccia, solennizzata da tagliacarte argen tei, calamai
barocchi, fermacarte ministeriali, agende rile gate in cuoio e attorno
alle pareti e sulle consolle scacchi in avorio, medaglieri, ventagli,
ricami, velluti non si capisce, ma queste sono ancora spesso le case
degli italiani moderni e innovativi, non � facile per nessuno, neppure
per i forti e duri venir fuori dall'Italia carducciana e dannunziana,
perch� quel periodo a cavallo della prima guerra mondiale fu davvero
quello della fondazione di una borghesia nazio nale, il periodo in cui
si riconobbe in quei mobili, in quei simboli, in quel galateo. Ma forse
Borsellino in casa non lavora mai, forse lavora bene solo in mezzo a
Mitra, pisto le, porte blindate, camerieri svolazzanti fra controlli
elet tronici. �La guerra al pool� dice �� stata una follia. Per i
nostri conservatori ogni giudice deve saper fare tutto. Idio zie.
Quando Falcone ed io abbiamo cominciato eravamo dei dilettanti, io
parlavo con quelli del Narcotic Bureau e non sapevo neppure che il corso
della droga � a senso uni co, dalla Sicilia agli Stati Uniti. Facevamo
le nostre do mandine e quelli dell'Interpol o della guardia di finanza
ci guardavano come degli scolaretti.� �D'accordo Borsellino, la
corporazione, l'anzianit�, l'autonomia, le vecchie idee sulla
polivalenza del giudice, ma le trecento e passa senten ze della prima
sezione penale della Cassazione e del suo presi dente Corrado Carnevale
che hanno annullato lavori e in dagini di anni, quelle come le mettiamo,
che peso hanno avuto?� Borsellino non si tira indietro: �Le sentenze
della I sezione hanno fatto un grandissimo danno. Per ripararlo ci
vorranno dieci o forse venti anni. Posso anche ammettere che dietro di
esse ci fu come un furore di efficienza e di on nipotenza di giudici o
di un giudice che pensava di essere l'unico capace di una giustizia
perfetta, ma il danno � stato enorme, quelle sentenze e non altro
aspettavano i direttori degli uffici, i signori prudenti delle procure e
delle corti d'Assise. E adesso cercano di usare al peggio il nuovo codi
ce di procedura penale: niente magistrati specializzati, niente
maxiprocessi, tanti piccoli processi in cui si torna ogni volta da capo
a spiegare cosa e' la mafia e l'associazio ne mafiosa. A Marsala avevo
individuato i duecento solda ti della cosca locale. quelli che uccidono,
minacciano, in cendiano, ma ho dovuto fare una cernita, da duecento li
ho ridotti a quindici e come finir� con questi quindici non lo so perch�
il nuovo codice non impedisce le indagini ma fa qualcosa di peggio,
impedisce la formazione della prova. Non le � chiaro? E allora senta: il
grande pentito Buscetta ha testimoniato al maxiprocesso contro
quattrocento per sone in modo preciso, convincente, direi con la forza
della verit�. Ma se noi chiamassimo Buscetta a testimoniare al tre
dieci o venti volte sulla associazione mafiosa degli im putati non ce la
farebbe; non � che smentirebbe le sue di chiarazioni, ma si svuoterebbe,
cadrebbe nel silenzio del l'impotenza, capirebbe che tutto � inutile,
che anche lui � stato usato nel gioco del formalismo alla fine del quale
non c'� nulla. Sembra che questo nuovo codice sia stato fatto per
aiutare la mafia. In America si processano solo i capi, ma qui il
codice dice che l'azione penale � obbligatoria, dunque dovrei processare
non i quindici che ho scelto, ma i duecento, per� non insieme. Come a
dire che dovrei fare dieci, venti processi con i pentiti che non si
sfarinano. Ma i pentiti sono merce delicata, delicatissima, sono loro
che scelgono il giudice a cui confessare non viceversa, sono de gli
sconfitti che abbandonano un padrone per servirne un altro, ma vogliono
che sia affidabile. Non si pentono per ragioni morali, non ripudiano
Cosa nostra come modo di vivere e di pensare, come codice di
comportamento, vo gliono semplicemente vendicarsi dei torti che qualcuno
di Cosa nostra gli ha fatto e confessano solo quando sono cer ti di due
cose: che il giudice sapr� fare le loro vendette e che difender� loro e
la loro famiglia. A Totuccio Contorno la mafia ha ucciso quarantasei
parenti, a Tommaso Bu scetta trentasei: non hanno rinnegato la
mafiosit�, hanno solo chiesto di sfuggire al massacro, di ripagare i
loro car nefici. E' un do ut des che ha i suoi rischi: loro vogliono
ven detta, noi giustizia. Il giudice che dispone di un grande pentito �
visto dai colleghi come un privilegiato, come uno che fa un gioco
scorretto. Quando Falcone riusc� a far ve nire dagli Stati Uniti il
pentito Contorno, si arriv� a dire al palazzo di giustizia, e il "Corvo"
lo scrisse nelle sue lettere anonime, che lo aveva fatto venire per
uccidere i corleone si, che lo lasciava libero per uccidere i
corleonesi. E lo pen savano anche alcuni dei magistrati che
incontravano Fal cone in ufficio e lo salutavano cordialmente. Il
pentito non parla mai dei politici o il meno possibile, non perch�
voglia coprire il "terzo livello" o perch� abbia paura che il politico
lo far� uccidere in carcere. La condanna a morte il pentito ce l'ha dal
giorno in cui ha parlato di Cosa nostra con un magistrato. Non parlano
perch� nella cultura mafiosa non esistono vie di mezzo: nella tua
associazione, nella tua "fa miglia" devi dire l'intera verit�, fuori
puoi, anzi devi total mente mentire. Entrato in questa nuova
associazione che � il rapporto pentito-giudice il pentito parla poco e
malvo lentieri dei politici perch� ne sa poco e non vuole parlarne a
vanvera. Nel rapporto con la mafia il politico � molto prudente, ha
pochi contatti e mediati, fuori della Cupola se ne sa poco. Buscetta si
decise a parlare dei cugini Salvo, gli esattori, solo perch� era rimasto
nascosto nella loro villa per mesi ed era in grado di descrivere
minuziosamente ogni stanza�. �Lei Borsellino che idea si � fatta del
rappor to Politica-mafia?,, �Sono due poteri che vivono sul con trollo
dello stesso territorio: o si fanno la guerra o si metto no d'accordo.
Il terreno su cui possono accordarsi � la spartizione del bene pubblico,
il profitto illegale sui lavori Pubblici. Ecco perch� i mafiosi e i
camorristi hanno deciso di entrare nei Municipi, nelle Ussl, nelle
Province, nelle Regioni e per noi giudici � sempre Pi� difficile stare
al pas so di queste combinazioni, non � facile essere i difensori di uno
stato amico dei mafiosi. (borsellino, siamo nel 1992, sono passati
novantadue anni da quando Napoleone Co lajanni affermava: "Per
combattere e distruggere il regno della mafia � necessario,
indispensabile che il governo ita liano cessi di essere il re della
mafia. Ma il governo ha pre so ormai gusto ad esercitare questa sua
disonesta e illecita attivit�, � troppo abile e incallito nei suoi
misfatti". Che ne dice, Borsellino, le sembra che le cose siano
cambiate? Non abbiamo buone ragioni di pessimismo? �No, uno della mia
generazione non pu� essere pessimista, uno che ha la mia et� ricorda che
cosa era la Sicilia quando era ra gazzo: la mafia non esisteva, chi ne
parlava diffamava la Sicilia. Oppure: s�, c'era, ma era una
associazione tutto sommato benefica, dalla parte dei siciliani. Oggi in
Sicilia la mafia c'�, i giovani sanno che c'� e incominciano a ne garle
il consenso. E siccome il consenso � la forza della ma fia, penso che
prima o poi andr� in crisi.� <Progressi a len tissimo piede, caro
Borsellino, la parola mafia � apparsa per la prima volta in una legge
italiana con la Rognoni-La Torre del 13 settembre 1982. Lei parla dei
giovani, spera nei giovani. Anche Giustino Fortunato ne parlava, ci spe
rava un secolo fa, aspetti che glielo leggo: "Vorr� almeno la giovent�
non ancora iscritta alle Chiese militanti insor gere contro le insanie
della politica e richiedere quella pu rificazione onde solo sia
possibile al Mezzogiorno un viver meno gramo". Le sembra che ci sia
questa giovent�?� �Ve de, Bocca, la cosa importante � che essere mafiosi
sia di ventato un disvalore, sia l'equivalente di malandrino, di
malvivente. Il progresso � lento, d'accordo, nessun sinda co di Palermo
prima di Orlando aveva mai pronunciato la parola mafia, ma Orlando l'ha
pronunciata.� Gi�, si parla molto di mafia oggi in Sicilia, la stampa
dell'isola ne parla molto, ne parla troppo, ogni giorno al meno due
paginoni con le fotografie della manovalanza mafiosa arrestata o
processata o latitante, una miniera sen za fondo per una giustizia che
gira a vuoto: facce di terra cotta, una eguale all'altra, che state a
fare gli identikit di persone che sembrano clonate, tutte stampate con
la faccia del mafioso? E, se notate, la stessa faccia cominciano ad
averla anche i pesci piccoli della politica, i consiglieri co munali e
provinciali inquisiti, pescati con le mani nel sac co. Ma in queste
quotidiane vetrine � come se mancasse la corrente, restano schiacciate,
opache, mai che si faccia il tentativo di spiegare, di capire cosa ci
sta dietro, di collega re. Paginoni di facce che stanno alla mafia come
le facce dei manifesti elettorali alla politica, come quelle dei roto
calchi alla societ�, un mare di immagini, ma anche l� di corrente non ce
n'�, cosa ci sia veramente dietro quelle fac ce nessuno lo racconta. E'
con questa finta informazione che si aiuta la gente siciliana a
respirare finalmente aria e luce di verit�? Il giudice Borsellino dice
che qui a Palermo e nell'isola c'� sempre pi� gente che non sta con la
mafia, dice che la mafia � diventata pi� feroce perch� avverte que sto
calo del consenso. Pu� essere. Ma non stare pi� con la mafia non vuol
dire stare con lo stato. Ho incontrato in questi giorni vecchi amici di
qui e gen te nuova: non stanno con la mafia ma non sono sicuri di dove
stanno e con chi stanno, hanno un sentimento di pre cariet� che li
accompagna, come se la loro vicenda umana fosse gi� stata scritta da
altri e potesse concludersi in una di quelle fotografie che pubblicano i
giornali, un corpo esani me sul marciapiede coperto da un lenzuolo che
si insangui na. E in questa incertezza non sanno pi� bene quale sia il
loro rapporto vero con la citt�, Palermo unico posto al mondo o Palermo
ultimo posto al mondo? Sull'aereo che mi portava nell'isola c'era una
nobildonna siciliana, con corona di molte palline sul biglietto da
visita. Me lo porta lo steward, la nobildonna ci aveva scritto: (Sono
d'accordo con lei su ci� che scrive della Sicilia, ma resto disperata
mente siciliana�. Vedere la Sicilia e la propria condizione umana ma
non riuscire a cambiare pelle. Ogni tanto un soffio di miracolo, i
ragazzi delle scuole che scrivono i loro temi contro la mafia, i cortei,
l'indimenticabile serata di ��Samarcanda),, Libero Grassi, i
commercianti coraggiosi di Capo d'Orlando e poi, come una mazzata, la
constata zione che mafia, partiti, regione, stato si legano in qualche
modo in un potere unico. Per cui anche gli onesti, anche i coraggiosi
hanno l'impressione di avere le mani sporche dovendo vivere in una citt�
in cui non si cerca mai di sape re, non si vuol sapere come � stato
fatto, da dove arriva il denaro con cui si vive e si lavora. La gente di
Palermo e dell'isola ha imparato a conoscere la mafia, ma ha imparato
anche altre cose sulla impunit� della mafia, ha letto delle trecento
sentenze della prima sezione della Cassazione, ha letto degli assassini
che da decenni frequentano i bar di via Ruggiero Settimo e solo per com
binazione qualcuno viene arrestato, ha saputo che nelle ru briche
telefoniche dei grandi mafiosi ci sono i numeri di al te autorit� dello
stato, i numeri segreti. Ed � cos� che que sta maggior informazione pu�
diventare, � giusto che di venti, cultura del sospetto, che sar� una
cattiva cultura co me dicono i garantisti, ma � qualcosa di reale, di
operante, di verosimile perch� quale assurdit� non � reale nell'isola
enigmatica e in questo nostro paese? La vedova di La Tor re, assassinato
dalla mafia, � arrivata a sospettare che il maxiprocesso di Palermo sia
stato una grandiosa messin scena per mettere alla gogna la mafia
sconfitta e nasconde re quella vincente. Non sar� vero, ma potrebbe
anche es serlo. Il presidente del Consiglio Giulio Andreotti ora anche
lui dice di essere meritevole dell'inferno -, il presi dente della
repubblica Francesco Cossiga, il segretario del la Democrazia Cristiana
Arnaldo Forlani non sono forse scesi in Sicilia nel marzo del '92 per
celebrare come un martire Salvo Lima, centoquarantanove volte citato
nella relazione dell'Antimafia, sindaco di Palermo quando era assessore
ai Lavori pubblici il mafioso Ciancimino e avve niva il sacco della
citt�? Si � fatto buio, vorrei chiamare un taxi ma il giudice Borsellino
deve andare in procura e si offre di accompa gnarmi a Villa Igiea.
Davanti alla porta di casa, nella luce fioca di un lampione si muovono
dei giovanotti in giaccone di pelle: �Sono la sua scorta?�. �No, non ho
scorta sotto ca sa, la scorta serve a niente e poi quando c'era
angosciava la mia famiglia.,) Andiamo a Prendere l'auto in un box nel
cortile, dal peso della porta si capisce che � blindata, in questo
nostro medioevo siamo tornati alle corazze. Passia mo in mezzo ai
giovanotti con giacconi di pelle che sono l� per spacciare e del giudice
Borsellino se ne infischiano, ar riviamo a Villa Igiea e Borsellino si
ferma al ricevimento per fare una telefonata. Un'ora dopo vado con il
collega Attilio Bolzoni a cena in una pizzeria di Mondello, Bolzoni si
ferma a parlare con un tale, poi mi raggiunge al tavolo: �Sai chi �
quello? Uno del Sisde, dei servizi segreti. Sai co sa mi ha detto?
"Oggi Bocca si � visto con Borsellino. Che ci fa qui?"�. Solo uno dei
portieri di Villa Igiea pu� aver fatto la soffiata, uno dei tre
impeccabili portieri del grand hotel, in frac, cortesissimi. Ma uno di
loro fa l'informatore della polizia e forse anche della mafia. A
Palermo i telefoni hanno orecchi lunghi. Un giorno il vicecapo della
Mobile Ninni Cassar� decise di andare a pranzo a casa e lo telefo n�
alla moglie dal suo ufficio nella questura, cos� quando arriv� in viale
Croce Rossa e scese dalla macchina lo aspet tavano e lo crivellarono di
colpi. Per vivere bene a Paler mo, sento dire, non bisogna conoscere
gente. Ma � un vi vere bene vivere soli? Vivere come in un deserto?
Vivere alla giornata? E domani sar� un altro giorno che non ti ap
partiene pienamente, un giorno che forse � stato gi� deciso da altri.
Le nubi, il vento faranno cambiare il colore del monte Pellegrino su cui
hanno messo una <�scuola di eccel lenza,) per addestrare i quadri
regionali.

Gli equilibri instabili.

Sul �Giornale di Sicilia� appaiono degli annunci mortuari per un


funzionario della Regione: di parenti, di amici, an che della sua
amante, che scostumata. Ma ce n'� uno fir mato da un procuratore della
repubblica, da un onorevole democristiano e da un avvocato, vicino, si
dice, ai corleo nesi, mafia vincente. In altre citt� passerebbe
inosservato o notato da pochi, ma Palermo � la citt� dei segni, nei bar,
negli uffici, sul filo dei telefoni corrono le voci, le doman de: �<Hai
letto gli annunci per il povero Onorati? Quello dei tre? Come no? Che
dici, che sono passati da D'Ac quisto a Mannino?� �Ma Onorati uomo di
Nicolosi era.), I segni sono importanti a Palermo. Ora leggeri,
impercettibili dal forestiero, uno sguardo nella buvette del palazzo di
o sguardo nella buvette del palazzo di giustizia, il saluto di un
testimone a un avvocato; ora pe avvocato; ora pesanti come un macigno,
rimbombanti come una carica di tritolo, a un uomo del democristiano
Mattarella hanno bruciato l'auto, a un portaborse di Nicolosi hanno
spacca to le braccia, a Pippo Baudo hanno fatto saltare la villa.
Perch�? Lui dice che non sa, lo ha detto anche a me per telefono e
quando ci siamo incontrati in uno studio della televisione: �Credimi,
proprio non ho la minima idea, mia moglie non vuol pi� mettere piede a
Catania,,. Ma gi� nell'isola tutti credono di sapere. Come, non
capisci? Baudo � amico di Nicolosi, quello � stato un segnale forte, non
si sono accontentati di far saltare la villa, di farla esplodere,
l'hanno fatta implodere, un artificiere ha lavorato per sei ore mettendo
molte cariche collegate, si � sbriciolata- �L'interpretazione dei segni,
dei messaggi,, dice il giudice Giovanni Falcone �costituisce una delle
attivit� principali dell'uomo d'onore.

Il nostro lavoro di magistrati consiste nel padroneggiare una griglia


interpretativa dei segni." tiva." Dei segni fa parte il linguaggio
simbolico e Giovanni Falcone che lo conosce sa che per un sce, sa che
per l'uomo d'onore sentirsi dare del signore non � un segno di rispetto
come tto, altrove, al contrario � come dirgli sei un nessuno; e Falcone
si ade gua, se un mafioso che sta interrogando lo chiama signor Falcone
lo mette subito a posto: �,No, no, io sono il giudice Falcone�. Non
conta a Palermo capire le parole, ma ci� che sta dietro e se ne pu�
discutere per giorni. Quando Luciano Liggio al maxiprocesso ha
dichiarato di fronte ai giudici, di fronte ai grandi mafiosi: �Bernardo
Provenzano e' sempre nel mio cuore),. E che voleva dire? Che lo
considera il suo erede e numero uno di Cosa nostra o che facendo in
pubblico il suo nome ha voluto bruciarlo, sacrificarlo al mai nominato
Tot� Riina? L'interpretazione dei segni si � fatta ossessiva da quando
l'intreccio degli interessi fra mafiosi e politici � diventato pi�
stretto, da quando gli uomini dello stato e quelli dell'Onorata societ�
si sono messi a correre dietro il fiume sempre pi� gonfio del denaro.
I segni pi� difficili da capire sono quelli della mafia. Ci si
interroga su un suo crimine spropositato, fuori dalle regole del gioco.
Ma ci sono ancora queste regole o la mafia ha capito che il suo
vantaggio sui politici � la trasgressione senza limiti? Uccidono Salvo
Lima, il democristiano che per decenni ha fatto da mediatore fra la
mafia e il governo e tutti si chiedono chi sono i mandanti politici,
quali notabili locali hanno fatto uccidere Lima dalla mafia. Ma forse
non � cos�, forse la mafia senza interpellare nessuno, senza concordare
la sua scelta ha deciso che � venuto il tempo di cambiare il cavallo
democristiano, che gli andreottiani sono finiti e sgombera il campo,
uccide Lima, fa ritirare Drago, il catanese, dalla politica. La Cupola
c'�, il vertice di Cosa nostra c'�, ma anche la mafia � variegata, anche
nella mafia la lotta per il potere � continua sicch� l'enigma siciliano
� percorso di continuo da correnti sotterranee che possono annodarsi in
patti che sembrano di ferro, ma che possono sciogliersi, tradirsi,
combattersi e ognuno di questi mutamenti avr� le sue ripercussioni nella
polizia, nella magistratura, fra gli avvocati, fra gli imprenditori, un
coacervo di corporazioni e di interessi personali logorato pi� che dalla
lotta alla mafia dalla fatica quotidiana di capire in quale direzione
sta muovendosi il magma. Non � riposante vivere in Sicilia, ma non ci
si annoia. Se un dinamico de mocristiano di Sciacca come Calogero
Mannino parte dal suo feudo di Agrigento alla conquista della Palermo
andreottiana e poi punta su Catania tutti si �posizionano�, come usa
dire, chi per assecondarne la marcia, chi per fermarla. Stare alla
finestra si pu�, ma � da quaquaracqua, da omuncoli, gli altri sanno che
se il magma si � messo in movimento investir� tutti, prefetti, questori,
procuratori, onorevoli, e non � uno scherzo, si tratta di quattrini e di
potere, un onorevole della regione si guadagna i suoi otto milioni al
mese che con le tangenti possono diventare venti, cinquanta. Qui dicono
che non � possibile �fare l'analisi della mafiosit� che c'� nel sangue
di una persona,, ed � vero, alla contiguit� con la mafia non si sfugge e
non occorre essere mafiosi per essere contigui, basta, come dice il giu
dice Di Lello, �politicizzare pi� della norma il proprio ufficio�, cio�
tenere occhi e orecchi attenti non solo ai codici, alle leggi, ai
regolamenti ma anche all'aria che spira nella politica e negli affari.
Noi del continente spesso fraintendiamo, scambiamo per segni decisivi,
chiari, delle messinscena, dei ballon dessai. Abbiamo riempito le pagine
dei giornali quando qualcuno, pentito o avversario politico, ha rivelato
che Calogero Mannino era stato testimone di nozze del figlio di un boss
o aveva partecipato ad Agrigento alla Taverna Mos� a un convivio
organizzato dal colonnello medico Francesco Cascioferro, nipote del
famoso boss don Vito e c'era anche Giuseppe Settecasi, il capo della
cosca agrigentina, lui si era occupato della disposizione dei posti. Ma
strusci del genere sono inevitabili quando due poteri, il mafioso e il
politico, vivono sul controllo dello stesso territorio. Noi del
continente ce ne scandalizziamo ma qui tutti o quasi pensano che un
certo odore di mafiosit� giova all'uomo politico perch� qui poco contano
le brave persone, e molto le persone di potere. Senza aver letto il
giurista Carl Schmitt e il suo saggio sul �nomos della terra,,, il
controllo del territorio i siciliani sanno che la mafia ce lo ha e che
pu� usarlo anche per far eleggere uno sconosciuto e perci� se un
radiologo che non ha mai fatto politica e si presenta per la prima volta
alle elezioni prende ottantacinquemila voti di preferenza non lo
reputano un fatto anomalo. Anche la commissione antimafia si � dedicata
alla interpretazione dei segni in morte di Giovanni Bonsigno re,
funzionario integerrimo della Regione, assassinato il 9 maggio 1990
�perch� la mafia doveva far giungere a tutti i dipendenti regionali il
ferale messaggio intimidatorio: core pericolo di vita chiunque si
opponga alle regole non scritte della spartizione degli appalti�. Il
caso Bonsignore � esemplare degli equilibri instabili: muore perch� un
suo gesto di onest� potrebbe far crollare una intesa di potere appena
raggiunta. Un assessore ha chiesto a Bonsignore la concessione di un
distributore di benzina a un suo protet to, Bonsignore ha detto di no
perch� una legge regionale da poco approvata ha chiuso le concessioni e
non permette deroghe. L'assessore di rispetto, di potere non pu�
sopportare l'oltraggio, lo trasferisce ad altro ufficio e pochi giorni
dopo qualcuno lo assassina. Dovrebbe esplodere il governo regionale ma
l'intesa di potere fa blocco, il presidente Nicolosi difende
l'assessore, dice che la presenza di Bonsignore nell'assessorato era
diventata �(incompatibile�. E lo stesso aggettivo usato dai socialisti
calabresi per il giudice Agostino Cordova, chi non � d'accordo con una
intesa di Potere � incompatibile. La vedova di Bonsignore scrive alle
autorit� dello stato e della Regione: chiede di sapere perch� suo marito
di cui tutti proclamano le civiche virt� sia stato trasferito da un
giorno all'altro senza alcuna motivazione credibile e poi assassinato.
Non le rispondono, ma la presidenza della Regione propone di intitolare
un'aula alla onorata memoria dell'assassinato. (,E' un capolavoro), come
dicono i personaggi di Sciascia quando il giusto viene ucciso, gli
assassini festeggiati dalla buona societ�. L'autorit� dell'assessore,
cio� dell'intesa sugli appalti � stata rispettata, la mafia, magari per
conto suo, ha deciso di dare una lezione ai trasgressori, l'onesto
funzionario � stato dovutamente onorato ad esequie avvenute. E poi in
Sicilia i morti vanno bene per tutti: non parlano, non sparano, non
contano. Il ceto politico che alla met� degli anni settanta si era
impadronito dell'isola, come ennesimo esercito di conquista anche se non
arrivato dal mare, ha dovuto venire a patti e a scontri con una mafia
che il commercio della droga rendeva sempre pi� ricca e pi� forte, ha
permesso che i suoi uomini entrassero nei palazzi del potere a Palermo,
a Roma, a Bruxelles sicch� oggi � quasi impossibile capire in che misura
il mafioso � politico e in quale il politico � mafioso, in che misura un
magistrato sta al gioco dei politici che stanno al gioco dei mafiosi e
se questo rapporto durer�, se questo equilibrio, questo delicato sistema
di contrappesi resister�. Chi guarda a questo mondo enigmatico
dall'esterno pu� solo fare qualche supposizione, qualche incerta
deduzione dai cadaveri che restano sul terreno dopo ogni movimento del
magma, dopo ogni effimera resa dei conti. Ma l'enigma resta anche
perch� la mafia � un ordine misterico che non tiene memorie scritte, una
legge scritta. Palermo � citt� di lunghi silenzi rotti da tempeste
furenti, un inferno flemmatico che di tanto in tanto viene squarciato
dalle vampate delle rivoltelle, dal rombo della dinamite, una opaca
quiete che pu� durare mesi, su cui incombe una violenza che non conosce
limiti e rispetti. A capitarci nei periodi d'opaca quiete sembra la
citt� pi� sicura d'Italia, ai giornalisti che ogni giorno scrivono di
mafia non viene torto un capello, ai movimenti di opposizione si
concedono teatri e piazze e fiaccolate, di notte si circola sicuri,
persino i taxisti sono diventati osservanti dei tassametri, se quattro
balordi rapiscono la figlia del padrone di Nozze Duemila, catena di
negozi, la mafia la fa immediatamente restituire al padre senza riscatto
e il padre, grato, dichiara che a Palermo non c'� bisogno di eroi come
Libero Grassi, l'industriale ucciso perch� non pagava il pizzo; no,
basta che ognuno �si faccia gli affari suoi, che ognuno resti al suo
posto�. Solo che non si sa mai bene chi ha deciso il posto e le misure.
Una quiete opaca in cui nessuno si sente veramente al sicuro, dove tutti
attendono che arrivi l'inevitabile violenza e nell'attesa gli uomini
dell'incerto potere, delle instabili intese si affidano ai simulacri
protettivi, alla sicurezza e difesa apparenti: le scorte, le auto
blindate, i numeri del telefono segreti ma se i mafiosi avevano una
talpa anche nella Corte di Cassazione e i numeri segretissimi dei suoi
presidenti? i centocinquanta tratti di marciapiede su cui � proibito
posteggiare o, come dicono i cartelli, (si prega di lasciar libero lo
scarrozzo giorno e notte�, come se il cocchio del principe di Salina
dovesse uscire dalla casa dell'amante. La Cupola c'�, il vertice della
mafia c'�, ma in una lotta perenne di potere in cui gli sconfitti di
oggi forse sono gi� i vincitori di domani, un intreccio di poteri che
mentre si accordano si tradiscono, mentre si legano si condizionano. La
mafia controlla il territorio, ha un braccio armato, � segreta,
impunita, ricca, forte, fa entrare i suoi uomini nelle amministrazioni
ma � condannata a restare nel sottosuolo della societ�, non � e non sar�
mai stato, la sua legge non sar� mai buona per tutti. Gli uomini dello
stato che la combattono hanno il potere della repressione, hanno lo
scudo della legalit�, ma possono essere ammazzati, trasferiti,
accantonati e comunque non hanno pi� una identit� sicura, in queste
sabbie mobili pu� venir meno la certezza nella legge, nella fedelt� allo
stato. C'�, come osserva Nando Dalla Chiesa, una generale rinuncia alle
responsabilit�, una rinuncia a battersi: non lotta il giudice che si
considera �terzo� neutrale, non lotta il prete che si sente pastore di
tutti, non l'insegnante che deve fare scuola per tutti, non i
giornalisti e gli intellettuali che devono pensare alla circolazione
delle idee o dell'arte e non sostituirsi ai poliziotti. Il sindaco di
Palermo Nello Martellucci a noi che lo interrogavamo nei giorni
dell'assassinio del generale Carlo Alberto Dalla Chiesa rispondeva: (,La
lotta alla mafia non � fra i compiti di un sindaco,,. Al ministro della
Giustizia Martelli, che diceva di capire la legittima difesa dei
commercianti sottoposti al pizzo, novantanove commercianti di Palermo su
cento hanno risposto che di difendersi personalmente non hanno la minima
intenzione. O, per dirla come il giudice Di Lello: �Qui della lotta alla
mafia non fotte niente a nessuno�. In questa citt� dove lo stato spesso
tradisce lo stato e dove gli equilibri instabili logorano la fiducia
degli onesti non ci si scandalizza pi� di niente. Hanno arrestato
nell'89, su delazione di un pentito, Agostino Badalamenti: assassino
colto in flagrante, ferocissimo killer viveva da anni indisturbato nel
centro di Palermo, medici illustri lo avevano dichiarato infermo di
mente, magistrati integerrimi gli avevano concesso arresti domiciliari
da cui era scomparso, poliziotti efficienti fingevano di non sapere dove
fosse. Nessuno si � scandalizzato quando il giudice Barreca ha lasciato
agli arresti ospedalieri un ergastolano come Vernengo fuggito a suo
comodo, semmai si sono interessati ai retroscena ipotetici: lo avranno
lasciato andare perch� ammazzasse gli uomini del pentito Totuccio
Contorno o per consentire alla Cupola di eliminarlo? E ora che lo hanno
riacciuffato poco dopo la morte di Salvo Lima ci si chiede se non sia la
mafia che lo ha regalato alla polizia, ma in cam bio di che? La vecchia
scienza sulla mafia e sullo stato non basta pi� a orizzontarsi in questa
folle corsa al denaro che ha letteralmente smontato le strutture
sociali. La mafia non � pi� quella che sapevamo, che credevamo di
sapere, ma cosa sia esattamente non lo sappiamo. Non � pi� quella della
suggestiva immagine di Carlo Levi, un mostro che sta nascosto nella
crepa profonda da sempre esistente fra stato e sudditi, il mostro
nascosto nel baratro che ne esce per colpire e terrorizzare. No, la
mafia oggi resta misteriosa ma e emersa, si conoscono per nome e cognome
i suoi uomini venuti allo scoperto. E' di altri tempi anche la funzione
di giustizia rurale che il padrino dei padrini Calogero Vizzini spiegava
nell'immediato dopoguerra a Indro Montanelli: ,Il fatto � che in ogni
societ� deve esserci una categoria di persone che aggiustano le cose
quando le faccende si complicano. Di regola nelle grandi citt� sono i
funzionari dello stato. Dove lo stato non c'� o non � abbastanza forte
sono dei privati a farlo,,. Non � pi� cos�, ha ragione Bobbio, nel
sud non c'� mancanza di stato, ma sovrabbon danza, solo che � uno stato
che tradisce se stesso, contiguo o complice dei suoi nemici. Non �
neppure vera la comunione dei malfattori gridata al processo di Viterbo
da Gaspare Pisciotta: ,Siamo un corpo solo, banditi, polizia e mafia.
Come il padre, il figlio e lo spirito santo�. Spesso a Palermo ci si
chiede se, a questo punto, la mafia sia davvero un peso insopportabile
per buona parte dei siciliani o magari un sistema di vita e di
produzione in cui molti, moltissimi hanno trovato la loro nicchia.
Rocco Chinnici, il giudice assassinato, non era ottimista; un giorno
congedandosi dal suo vecchio amico il professor Enzo Mutolo, sempre alla
testa dei movimenti antimafia, gli diceva: �Sa, Professore, avr�
ostacoli, perch� nessuno vuole veramente che la mafia scompaia�. Gli
ultimi gattopardi Principi, duchi e baroni di Palermo e dell'isola, gli
ultimi gattopardi , si ritrovano in ci� che resta dei loro palazzi,
ville, servit�, giardini, quadri, assai poco, e nelle comuni memorie
avvolgenti, protettive come se la vita, dopo la bella �poque, non fosse
altro che sogno e nostalgie: �Ti ricordi Mim� quando si andava a cena in
villa dai Patern�? Quel saut� di vongole di zia Eleonora, te lo
ricordi?�. �Tu sai che faceva la baronessa mia nonna? Invitava le amiche
per il t� nella cripta dei Cappuccini, il cameriere metteva il tavolino
e le sedie proprio sotto lo scheletro di nonno Guglielmo, fa fresco, lo
sai, nella cripta, l�, proprio vicino al professor Salvatore Marcello,
quello con il camice bianco cucito a spago sul petto, gli tenevano
compagnia al nonno, prendevano il t�, chiacchieravano, per non lasciarlo
solo.�Sanno anche benissimo gli ultimi gattopardi che l'attuale
decadenza se la sono voluta i loro padri, nonni e bisnonni sempre in
giro per l'Europa fra corse dei cavalli e roulettes, sempre a Roma al
concorso di villa Borghese, ai balli dei Colonna, lasciando che nel
feudo gabellotti e amministratori rubassero a man salva, ma quel che gli
� rimasto direi che gli basta: <,Nascer bene, mi creda� mi confida una
nobildonna ��� sempre una buona cosa,,. E lo dice da persona ironica, �
stata proprio lei a consigliarmi il piccolo libro di viaggio della
terribile Miss Francis Elliot, viaggiatrice inglese dell'Ottocento,
certo � buona cosa nascer bene anche se si viene da una aristocrazia
stanca e marcia. E men tre sfogliavo il libriccino consigliatomi dalla
nobildonna mi venivano in mente Dimitrov e Togliatti che al Komintern,
nel cuore dello stalinismo, si scambiavano i libri proibiti e
dissacranti. E' buona cosa, vorrei dire alla nobildonna, arrivare
comunque al privilegio. Non piacevano per niente a Miss Francis Elliot
i nonni e bisnonni degli ultimi gattopardi: ,Duchi, baroni e principi
van su carrozze trainate da un solo cavallo, cos� stanco e zoppicante
che ci si chiede se a tenerli in piedi sia la forza di gravit�. Molti
nobili delle pi� antiche famiglie sono mafiosi. Ho chiesto a una
baronessa che � solita viaggiare di notte in carrozza se non abbia paura
di essere aggredita. Niente affatto, mi ha detto, il mio vetturino � un
mafioso. Strano a dirsi con la mafia onnipresente i Florio non hanno
paura, vivono fuori mura all'Olivuzza, una zona dei dintorni fra le
peggiori. Come mai ancora me lo devono spiegare. La gente a cui ne
parlo strizza l'occihio e dice: "Florio non sar� mai sequestrato".
Nessuno sembra preoccupato. Se uno dei loro commette un crimine tutti
lo aiuteranno a ottenere la commiserazione generale, coccolandolo come
un povero meschino. Da tempo immemorabile i siciliani sono fuorilegge:
da Pluto ne, il primo brigante in cui si incontr� la storia. Solo che
non diede alcuna possibilit� alla madre Demetra di pagare il riscatto
per Proserpina�. Chiedo alla nobildonna che mi ha consigliato il
libretto: �<Lei viaggia di notte in carrozza?�. �No, in automobile.
Dice che il mio autista � un mafioso? Perch� no, qui lo � anche il
prefetto.,, Di fronte al realismo ironico di una intellettuale inglese
che visita la Sicilia venti anni dopo l'Unit� sembra da capogiro, da
assurdo abissale, da millenaria malattia che acceca, la negazione della
mafia che � stata fatta fino a ieri da siciliani colti, intelligenti
come Luigi Capuana che nel 1914 stando a Milano, pensando �che � sangue
sinceramente italiano quello che scorre nelle vene della gente di
laggi��, tremante di sdegno per le diffamazioni dei nordici, scriveva un
saggio per ristabilire la verit�: <Il mafioso Vuole essere rispettato e
rispetta quasi sempre. Se � offeso non ricorre alla giustizia: se lo
facesse darebbe prova di debolezza, offenderebbe l'omert�. La mafia non
� n� setta n� associazione e i mafiosi non sono n� ladri n� malandrini,
sono semplicemente uomini coraggiosi e valenti che non portano mosca sul
naso�, Ci invita a cena la principessa di G., nelle presentazioni
risuonano nomi illustri, i Lanza, i Patern�, gli Alliata. C'� anche il
giudice Ayala di nobilt� spagnola, l'ho conosciuto ai tempi del pool,
gli ho dato una mano quando il giudice Di Pisa lo ha accusato davanti al
Consiglio superiore della magistratura di vita dissipata e di affari
veramente suoi. Anche lui come il giudice Falcone ha dovuto lasciare
Palermo, fa il consulente dell'Antimafia ed ora lo hanno eletto alla
Camera nella lista repubblicana. Un gentiluomo, un buon giudice che di
cose interessanti ne avrebbe da raccontare, ma non qui, comunque non
subito mentre aspettiamo in salotto che i gattopardi arrivino con calma,
come d'abitudine, alle dieci e mezzo, qualcuno alle undici come se
avessero avuto chi sa quali lavori e affari da compiere e non il
piacevole indugiare fra televisione e bagno, un prendersela calma che mi
fa sempre un certo effetto se ricordo la faccia di mia madre quando
tornavo dai giochi sull'altopiano cinque minuti dopo le sette di sera,
l'ora della minestra. Ayala sa benissimo, per nascita, ci� che Miss
Elliot scopriva viaggiando, che in queste case si �conversa solo per
divertire�. E siccome � persona cortese racconta una sua storia che pu�
piacere anche a me e pu� andar bene per la compagnia: �Sapete chi fu il
primo pentito che incontrammo Giovanni Falcone ed io? Si chiamava Mura,
detenuto alle Nuove di Torino, in attesa di un grosso processo mafioso.
I colleghi piemontesi ci hanno detto che sembra disposto a parlare,
Falcone e io ci proviamo, emozionati. Una svegliataccia, il primo aereo
del mattino, un tempo da cani che ci fa ballare per tutto il viaggio, ma
carte sulle ginocchia ristudiamo il caso, le domande incrociate che gli
faremo, i riferimenti a fatti e persone per farlo cadere in trappola.
Arriviamo a Torino sotto un acquazzone ma non passiamo neppure in
albergo, subito in taxi alle Nuove. Ci fanno salire in una stanza della
direzione e poco dopo ci portano il Mura che si accomoda su una sedia
molto tranquillo. Questo parla, mi dico, questo parla. Non ho mai visto
Falcone cos� emozionato, sembra un cavallo da corsa alla partenza, vedo
che gli tremano i baffi mentre mormora la formula di legge: "A termine
dell'articolo tale lei ha facolt� di non rispondere". Mura si � gi�
alzato dalla sedia e dice, tranquillo: "Va bene, non rispondo" e se ne
va, lasciandoci come due statue di sale. Fuori piove, Torino ci sembra
la pi� brutta citt� del mondo, andiamo in un bar e ci ubriachiamo pian
piano di cognacchini, quasi mi addormento mentre Falcone ripercorre
tutto l'interrogatorio che dovevamo fare�. La storia di Ayala �
cortesemente apprezzata, ma la padrona di casa deve andare in sala da
pranzo per vedere se hanno messo come portatovaglioli i piccoli
carrettini siciliani, �questo lei potr� portarselo per ricordo� dir� �e
voi mi raccomando, non fatemeli sparire come al solito�. Verso le 1 ci
accomodiamo e arrivano in tavola i maccheroni agli zucchini, mai
mangiati cos� buoni, lo zucchino di solito melenso qui ha un sapore
forte e dolce, poi le chieder� come li fanno. La padrona di casa sta
raccontando dell'ultimo quadro che ha acquistato il principe suo marito
e io incauto le chiedo se � in viaggio. �In viaggio? Figuriamoci, non
esce mai di casa, sta a Roma nel suo alloggio, non ne esce mai.� �Ma �
come il barone Di Stefano� dice qualcuno �anche lui agli arresti
domiciliari.� Una gran risata, un senso di sollievo, non si passer� la
serata parlando di cose serie con il giornalista sceso dal nord, si
parler�, come sempre, amabilmente delle vecchie buone cose dei
gattopardi, i trecento o quattrocento che nell'isola hanno nomi,
memorie, parentele, amori e rancori e belle storie divertenti in comune
da raccontare per la centesima volta come la storia del barone Di
Stefano. -(Ma davvero non sa che il barone Di Stefano � prigioniero
all'hotel Palme?� �No, non l'ho mai sentito e s� che al Palme ci capito.
Dite davvero, prigioniero in un grand hotel?,, <�S�, prigioniero,, dice
la padrona di casa cui gli altri lasciano, come da buona creanza, il
piacere di raccontare. �La cosa capit� qualche anno fa, un fattore del
barone uccise un bracconiere senza sapere che era il figlio del
capomafia che si era preso diritto di pascolo e di caccia. La mafia
decise che il barone doveva morire, ma gli accordarono la buona fede e
la pena fu commutata, al barone si fece sapere: "Le salviamo la vita, ma
lei per il resto dei suoi giorni dovr� restare prigioniero in casa". "In
casa!" disse il barone. "No, vi prego, non ho servit� bastante e poi
chi viene a trovarmi qui in campa gna? Lasciatemi andare all'hotel Palme
dove si incontrano gli amici miei." Gli dissero di s� perch� il barone �
un gran brav'uomo e il capomafia gli ha portato via le terre migliori. E
all'hotel Palme sta, in una suite con terrazzino in modo che pu� uscire
a prendere il sole e a sgranchirsi le gambe. L� riceve gli amici e le
signore, l� si fa mandare ogni settimana da Parigi quelle rose di un
rosso scuro, quasi blu, che si trovano solo a Parigi. Ma davvero lei
non sapeva del barone Di Stefano?� <Proprio non sapevo, principessa.�
Arriva in tavola un gigantesco branzino al forno che qui al sud lo
chiamano spigola, neppure sul nome dei pesci ci mettiamo d'accordo, e la
notizia della principessa che il branzino o spigola viene da San Vito lo
Capo perch� l� di questa stagione ci sono i migliori � oggetto di
amabili contestazioni da parte del barone di T. secondo cui le spigole
migliori sono quelle delle Eolie; e di che si dovrebbe parlare fra amici
che hanno perso il potere, lavorare non lavorano e la politica non li
interessa? La compagnia si sente a suo agio, si conoscono tutti da
quando erano ragazzi, sono persone cortesi, simpatiche, che sanno anche
nascondere aristocraticamente cultura e intelligenza, come la nobildonna
che mi ha consigliato il libretto della Elliot ma qui balla la sua
quadriglia mondana. C'� un piacevole senso di famiglia allargata,
arriva la cuoca a spiegarmi come si fanno cuocere gli zucchini per la
pasta e la figlia della principessa che studia a Roma, ma � qui in
vacanza, ha preparato il dolce con la ricotta di campagna. Il sangue e
il fango della Palermo malavitosa sono attorno a noi nella notte, lo
senti mentre passi in taxi per gli sterminati quartieri pieni di negozi,
bar, pizzerie che dei soldi della mafia campano, ma qui siamo protetti,
le grandi nature morte del Settecento che il principe ha benevolmente
lasciato a Palermo alla moglie fanno quadrato e il giudice marchese
Ayala che sorride � una garanzia: siamo protetti come i Florio. Ora
possono anche raccontare per la centesima volta la storia delle parole
crociate della principessa e del principe di B. e la lasciano raccontare
ad Ayala perch� i principi sono come lui di Caltanissetta - due esse non
una esse sola come diciamo noi del continente -: �Lei la principessa,
Lucci, sta sdraiata sul divano con la "Settimana enigmistica" mentre lui
guarda la televisione: "Pi nuccio," dice lei, "ma come si chiamer� la
capitale dei Ces�ri?". "Dei Ces�ri?" dice lui, un po' infastidito "e che
ne sO, Lucci. Ma che lettere hai?" "Tre lettere, Pinuccio, OMA." "Beata
donna, fammi vedere? Ma che sono queste verticali FURZL ZAMMR, che
vorrebbero dire, Lucci?" "Eppure combaciano Pinuccio"�. Si va in salotto
a prendere il caff�, Ayala ed io possiamo scambiare a voce bassa qualche
parola seria, non molte, prima che servano il caff�. �Ayala, ma questo
stato la mafia la vuole o non la vuole combattere?� �Le posso dire
quello che so di preciso: non sono mai state fatte le cose sul serio e
con continuit� e le cose che sono state fatte non sono state mai
condotte a fondo. In questa mancanza di metodo forse c'� un metodo.
Certo tutto ci� lascia dei fortissimi dubbi sulla possibilit� di capire
esattamente dove sta il confine fra mafia e politica. Il legame c'�,
non lo nega pi� nessuno, ma sta come sott'acqua. Nessuno nega pi� che
ci siano rapporti fra la mafia e la finanza nazionale e internazionale,
un rapporto direi ad altissimo rischio per una ragione naturale e
inevitabile, perch� quel fiume di soldi della mafia l� deve finire, non
c'� altro posto in cui possa finire e nelle banche, nelle finanziarie lo
sanno, sanno che possono fare con la mafia degli affari eccellenti
perch� il coltello dalla parte del manico alla lunga ce l'hanno loro e
cos� le complicit� si allargano, le reciproche protezioni e informazioni
anche.� �Caro Ayala, bei tempi quelli del pool antimafia, ricordo?� (Ah
s�, e ogni volta che apro un giornale e ci leggo della Superprocura o
dell'Fbi italiano mi dico: ma possibile che si debba sempre scoprire
l'acqua calda? Noi del pool avevamo capito una cosa molto semplice, che
sulla mafia bisogna lavorare in gruppo. E' una multinazionale con
attivit� diversissime, come pretendere da un magistrato che le faccia
fronte da solo? Adesso tutti parlano di coordinamento. Bah, meglio
tardi che mai.� La padrona di casa ci richiama amabilmente, sta facen do
il mio programma per l'indomani, in mattinata mi occupi pure di giudici
e di poliziotti ma a mezzogiorno si va a villa Florio che ora � di una
sua amica che sta in Australia ma ogni anno viene qui tre mesi. �La
villa � rimasta tal quale. I quadri, vedr�, non sono un gran che ma
hanno il loro fascino.� In nessuna altra citt� la notte � cos� nera e le
luci dei condomini cos� fredde come a Palermo. Ci sono a milioni, ma
non riscaldano, non fanno casa. La storia della Palermo contemporanea �
tutta l� in quei pilastri di cemento armato, in quelle portinerie con i
nomi illuminati sulla porta. Ogni pilone una storia di tangenti, di
assassinii, di tresche con gli amministratori, di imprenditori venuti
dal nulla che spazzano via i vecchi costruttori. In uno di quei piloni
forse c'� il mio amico Mauro De Mauro, il corrispondente del (�Giorno�
dal naso schiacciato e dalla eterna sigaretta che un giorno disse alla
moglie che andava al giornale e scomparve nel nulla. Forse perch� aveva
scoperto qualcosa sull'attentato a Enrico Mattei partito per il suo
ultimo volo dall'aeroporto di Catania. E di Enrico Mattei, mentre penso
a De Mauro, mi torna alla mente una delle ultime cose della sua vita,
una cosa da nulla, proprio del suo ultimo viaggio in Sicilia quando a
Linate sale sul suo aereo con un giornalista inglese, il jet si impenna
verso i cieli tersi dell'alba, a occidente c'� ancora una falce di luna
e Mattei dice al giornalista inglese: ,Noi due lass� non ci arriveremo
mai,,. Cosa che a raccontarla qui, a un uomo di potere, direbbe
�,minchiate�. Nella citt� che non fa e non lascia fare, i gattopardi
sono fra i meno provati, fra i meno frustrati: ignorano la citt�
lebbrosa, non sono mai stati al quartiere Zen, forse lo co noscono solo
perch� ci � nato e cresciuto Schillaci il campione di calcio, non sanno
e non gliene importa che allo Zen abbiano sbagliato persino la misura
delle scale, cos� strette che non ci passano le bare, bisogna calarle
dalle finestre. E perch� dovrebbero andare allo Zen o al Brancaccio? La
loro Palermo resta bellissima, � la Palermo liberty e araba che va dalle
stanze dorate della Zisa alle magnolie contorte di piazza Marina.
D'altra parte non � un po' cos� anche nel resto d'Italia? Dovunque la
gente ricca si � ritagliata una citt� nella citt�, anzi un villaggio
nella citt�. Ha capito che le grandi citt� non sono poi cos�
pericolose, basta sapere a quale angolo ci si deve fermare, la gente che
devi frequentare, quella che devi evitare. Gli ultimi gattopardi sono
una sopravvivenza inerte ma tenacissima. Si pu� essere invincibili
anche per innocuit�.

La Cupola e la televisione
Oggi i pi� noti avvocati di mafia sono dei giovani fra i trenta e i
trentacinque anni come Pino Caruso e i suoi Compagni di studio che
m'accolgono come un vecchio amico: -,Come stai Giorgio? Ci fa piacere,
Giorgio. Da quanto tempo � che non ti si vede a Palermo?,,. Lo studio
lo hanno preso quando erano squattrinati in un palazzo cadente vicino al
tribunale, con Madonne doloranti e crocefissi illuminati alle pareti,
poltrone decrepite, scrivanie funeree. Si parla dei giornali, di
�<Samarcanda,,, ma Pino Caruso che ha la bella fiducia dei giovani a cui
� andata bene taglia corto: �Che vuoi sapere, Giorgio? Come si diventa
avvocati di mafia? Beh, te lo dico, ti dico la storia mia. Ero appena
laureato, ma ogni tanto tornavo in facolt� per stare con gli amici, per
vedere se potevo infilarmi come assistente, e un mattino incontro il
rettore che mi fa: "Pinuccio, te lo ricordi Rosario il Bello, che era di
due anni pi� giovane di te?". "E come se lo ricordo, ci giocavo a
tennis assieme." "Sta all'Ucciardone, dicono che � un killer della
mafia, ma prove non ce ne sono. Mi ha fatto sapere se gli trovo un
avvocato giovane, moderno. Ci vuoi provare?". Vado all'Ucciardone,
Rosario il Bello ha il pallore dei detenuti e, come dire, qualcosa di
uno che appartiene ad altro e me ne d� subito la prova, parla da
mafioso: "Pinuccio mio, sono innocente come Ges�, un infame ha fatto una
delazione". Non ha altro da dirmi, non occorre altro per fare il
processo tecnico che lui mi chiede, sar� pagato a dovere, mi stringe la
mano come uno che pensa "ccu i denari e ccu l'amicizia in culo alla
giustizia". Di prove serie contro Rosario il Bello non ce ne sono,
testimoni d'accusa nemmeno, il pentito ha ritrattato, non tocca a me
appurare se lo hanno spaventato o tacitato a denaro. Guarda che non ti
voglio fare il cinico. Qui o si abolisce la giustizia o ci si muove in
questi steccati formali. Lo assolvono. Il giorno che esce
dall'Ucciardone gli chiedo: "Beh, adesso che sei libero cosa farai?".
"Un bagno per togliermi l'odore del carcere, una mignotta per risentire
l'odore della donna." Lo vedo qualche volta al tennis, gioca in coppia
con l'editore di un giornale. Mica possono espellerlo dal club, assolto
� stato con formula piena. E poi neppure ci pensano,,. ��Senti Caruso,
che rischi ci sono a fare l'avvocato di mafia?,, La domanda intriga gli
altri avvocati che pure loro i clienti di mafia li cercano, sorridono,
si guardano come se gli avessi proposto un vecchio indovinello, di
quelli di cui tutti conoscono la soluzione, chi sa le volte che ci hanno
pensato ai rischi. Rispondono: (,Per ora dovremmo dire di no, per ora
dovremmo dire che per i mafiosi l'avvocato � sacro. Un giorno, per
dire, la mafia scopre che l'avvocato di Pippo Cal� � diventato l'amante
della moglie del boss Rimi. Per chiunque altro scatterebbe la pena di
morte, ma � un avvocato e dell'avvocato la mafia ha bisogno. Lo
imbarcano sul primo aereo per Roma e gli dicono di non farsi pi� vedere
nell'isola neanche da turista". �Proprio sicuri che non sia un rischio?�
li provoco. �Beh,,, dice uno, (durante il maxiprocesso un rischio c'�
stato, alcuni dei boss erano scontenti di come andavano le cose in aula,
la difesa gli sembrava molle, lasciava parlare i pentiti senza
interromperli, non si scagliava contro gli infami. Ci fu una riunione
alla Cupola e gli scontenti dissero ammazziamone uno o due che poi gli
altri si svegliano. Ma la maggioranza disse di no.� �E se avesse detto
s�?), I giovani avvocati alzano gli occhi alle Madonne addolorate e ai
crocefissi illuminati, ma sono giovani e lavorano in una citt� di
legulei di soccupati. ,Vedi, Giorgio,� dice Caruso, ,il maxiprocesso �
stata la nostra grande occasione. Avevamo gi� qualche piccola causa,
qualche consulenza ma roba da poco. Il maxiprocesso � stata l'occasione
unica, prenderlo o lasciare chi sa per quanti anni ancora. Per la prima
volta un processo di mafia era seguito da centinaia di giornalisti,
ripreso minuto per minuto dalla televisione, il primo processo
spettacolo, e i vecchi avvocati di mafia ci arrivarono impreparati, non
sapevano dove guardare, se la corte o le telecamere, non sapevano con
che tono parlare, si accorgevano di essere datati, goffi, i gesti, i
riti, le battute canoniche cui erano abituati apparivano ridicoli. Loro
i processi non li avevano mai fatti veramente in aula, li avevano fatti
nei corridoi, nelle cancellerie, nelle trattative con le parti civili,
con i testimoni, negli incontri confidenziali con i giudici. L'occhio
onnipresente della televisione aveva su di loro un effetto paralizzante
e i loro clienti che sono intelligenti se ne accorsero subito, erano
ancora buoni come consiglieri non come difensori d'aula. Cos� trovammo
spazio.,, �<Caruso, ma di noi giornalisti i mafiosi cosa pensano?,)
,�Anche per voi il maxiprocesso ha segnato una svolta. Pri- ma la grande
stampa ignorava i processi di mafia o li confinava in pagine Interne,
taglio basso. Il maxiprocesso si � preso le prime pagine, ha dovuto
metterlo in prima pagina persino "Il Giornale di Sicilia". Te lo
ricordi il titolone? Silenzio, entra la Corte come a dire dobbiamo
occuparcene ma non anticipiamo giudizi, ci pensino i giudici. Oggi
anche i mafiosi si interessano molto della televisione, della stampa. A
me Pippo Cal�, il cassiere della mafia, ha chiesto: "Ma tu ce lo hai
qualche amico in televisione, nei giornali?". "Si" dicevo "qualche
amico ce l'ho, ma amico mio non vostro." "lui, non dire fesserie, i
giornali e le televisioni sono come i juke-box, basta gettonarli.",, �Ma
avvocati di mafia mafiosi ce ne sono?,, �<Si, ce ne sono, a uno gli
hanno trovato in tasca le capsule di veleno che faceva entrare
all'Ucciardone, tutti sanno che il tale appartiene di fatto a una
famiglia. Ma gli avvocati che lavorano con i mafiosi hanno imparato a
non chiedere ci� che non deve essere chiesto. Con noi il cliente
mafioso non si apre mai, non si fida, parlando con i giudici potrebbe
sfuggirci una parola. Noi non dobbiamo occuparci dei massimi sistemi,
teorizzare sulla mafia, ingaggiare con i giudici battaglie ideologiche,
dobbiamo fare il processo tecnico, niente altro. L'unico avvertimento
che i mafiosi ci danno � di non usare per la difesa qualcosa che
potrebbe danneggiare altri mafiosi, un po' come la prima regola robotica
di Asimov tutto possono fare i robot meno che danneggiare i loro pa
droni umani, tutto possiamo fare noi meno che danneggiare l'Onorata
societ�. Appena li incontri in carcere ti dicono, tutti: "Avvocato sono
innocente, mi ha tradito un infame" e vuol dire: non preoccuparti della
verit�, di come sono andate esattamente le cose, pensa solo a tirarmi
fuori di qui con il codice e i suoi trucchi. L'uomo d'onore in carcere
lo distingui subito, ti d� quasi l'impressione di starci come in
vacanza, "il carcere non ha mai mangiato nessuno" dicono, e sono
convinti che ne usciranno; "ognuno di noi" mi ha confidato uno di loro
"deve essere vestito come se da un momento all'altro potesse uscire
libero a passeggiare per via Ruggiero Settimo". Guai a pensare per un
solo momento che un ergastolo significa veramente un ergastolo. Sono
gente di rispetto, non tollerano che alle loro donne si manchi di
rispetto, che vengano tenute in anticamere con le prostitute e non
accettano "il cibo di governo", tutti si fanno arrivare il pranzo da
casa o da un ristorante. No, il carcere non gli fa paura, la sola cosa
che gli fa veramente paura � di mancare alle regole dell'Onorata
societ�. Con noi avvocati e con i giudici mentono, ma in modo
caricaturale, in modo che sia ben chiaro che ci� che sta fuori
dell'Onorata societ� non li interessa. La verit� � una cosa
interna al loro ordine.� �E come vivono oggi i mafiosi?,, (Da quel che
abbiamo capito fanno ancora e sempre una vita infame, carica di ansie,
di paura, di odio. Ora ai giovani permettono di frequentare i locali
notturni, di portarsi a letto qualche mignotta. Si son presi il
diritto, i giovani, di apparire con auto di lusso, Rolex d'oro al polso,
di scommettere alle corse dei cavalli, di avere cavalli. Resta
tassativamente proibito abbandonare la moglie, violare la disciplina
familiare, pochissimi arrivano alla vecchiaia, il turn over si � fatto
stringente, ci sono sempre giovani pronti a osare, ad alzare la mira, da
cui gli anziani devono guardarsi, ma non � facile e in congedo non
possono andare: si sentirebbero svuotati, senza quel Potere che � la
loro ragione di vita. E un boss senza Potere rovina l'immagine della
societ�, va ucciiso.� Sono strette le scelte del profondo sud: o fai il
mafioso o fai il politico, o fai l'avvocato di mafia oppure non lavori,
i clienti veri sono loro, i soli che pagano, che fanno andare il tuo
nome, la tua faccia sui giornali e in televisione. E chi resiste alla
tentazione di tirarsi fuori dalla miseria e dall'anonimato? Non � questo
uno dei temi di fondo della letteratura siciliana? L'onestissimo
professore di Pirandello che si presenta alle elezioni per il bene del
popolo, trascurando i suoi amati studi sui normanni. Lo eleggono, va a
Roma man mano si accorge che i poveretti con le loro mille confuse
richieste sono dei rompiscatole ingrati e si mette in guardia anche
contro l'adorata moglie che continua a esortarlo al bene pubblico,
finch� un bel giorno � costretto a farle capire che la regola aurea �
che ciascuno si faccia gli affari suoi. O il funzionario di Brancati
avvicinato da un corruttore: �Ho ascoltato attentamente la sua proposta.
Abbia un po' di pazienza. Aspetti un momento. L'onest� mi passa
presto. Devo stringermi le tempie e pensare a mio padre che � morto in
pigiama rattoppato. L'onest� passa. Aspetti ancora un minuto e la sua
proposta che mi sta rivoltando lo stomaco e mi d� la voglia di cacciarla
a pedate, l'accetter�. Il sano realismo che torna nelle lettere di
Leonardo Vigo: �(Qui siamo in Sicilia e senza denaro proprio non si pu�
studiare. Quindi amo il denaro e imbotto il vino per consacrarmi al
sapere. E sapete? la presente l'ho scritta a ripre se, ora sorvegliando
i pigiatori, ora bastonando i vendemmiatori, ora scrivendo e finalmente
continuandola a notte alta, dopo aver dato a tutti la minestra e la
buona notte,,. Altra musica dall'avvocato dei politici, l'ex comunista
Salvo Riela, i suoi clienti sono i Mannino e i D'Acquisto, gente
importante. Altra cosa il suo studio, niente Madon ne addolorate,
niente crocefissi illuminati, ma segretarie in minigonna che manovrano
fax e telex in un profumo di parcelle salate, di alte frequentazioni,
riservatissime. �Dottore mio, non stia a farmi anche lei le solite
domande ingenue sulla contiguit� fra gli uomini politici e la mafia. Al
politico interessa poco sapere se uno � tutto mafioso, mezzo mafioso, un
quarto mafioso o niente, gli interessa sapere di quanti voti dispone, su
quanti pu� influire e lo capisce dal numero dei suoi dipendenti o
clienti. E siccome i mafiosi oggi sono anche buoni uomini di affari con
molti dipendenti e molti clienti, il rapporto fra l'uomo politico ed
essi � naturale, direi necessario. Ma cos� era gi� anni fa. I politici
corteggiavano i cugini Salvo perch� erano dei mafiosi? No, li
corteggiavano perch� erano molto ricchi, molto influenti con delle
esattorie ben gestite, non come le attuali pubbliche che sono alla
bancarotta.,, ,Beh, avvocato, i Salvo avevano anche l'accortezza di
scegliere i loro esattori fra gli amici degli amici.� <,Ma no, non
facciamo sempre i dietristi, dottore, aggiorniamoci, a me, a lei non
piacer� che la mafia sia entrata dentro l'economia, dentro le
amministrazioni, ma � un dato di fatto di cui il politico deve tenere
conto.� L'avvocato Riela � molto abile e conosce la giustizia siciliana.
E' stato lui a chiedere che le querele di Mannino alla stampa che lo ha
accusato di contiguit� con la mafia siano discusse non dove si stampano
i giornali ma a Sciacca dove Mannino risiede. Parliamo sempre male dei
tempi antichi, ma in fatto di giustizia stiamo davvero meglio? Negli
anni del feudo spagnolo succedeva quel che succede oggi, furti e
soverchierie dei potenti, ma ogni tanto arrivavano da Madrid i
,visitatori regi� che non guardavano in faccia nessuno e ,i consiglieri
pi� cari, pi� considerati, pi� adoprati, se disonesti punivano con le
carcerazioni, li tormenti, li bandi, le con dannazioni�. E andavano
pure onorati, un vicer� a cui avevano condannato a morte un figlio
doveva invitarli a pranzo e riverirli. Adesso in Sicilia arriva da Roma
Giulio Andreotti, capo del governo e ai cinquemila quadri democristiani
riuniti in una sala sotto il monte Pellegrino dice: �Ma quanti saranno
questi mafiosi? Qualche migliaio? E per qualche migliaio si
criminalizzano cinque milioni di siciliani? Sono qui a difendere il buon
nome della Sicilia�. Pi� si sale nella gerarchia forense e pi� il
discorso sugli avvocati di mafia e sulla mafia diventa arduo. In casa
di amici, di quelli che stanno dalla parte buona, che vanno alle messe
funebri per il generale Dalla Chiesa e alle fiaccolate di suo figlio
Nando e danno le loro offerte al comitato antiracket, incontro un
avvocato di mafia rang�, uno che ha sposato una nobildonna proprietaria
terriera, tiene amicizie influenti ed eccellenti e sa ricevere, per cui
lui � buon amico di tutti, di baroni, principi, architetti, magistrati,
anche quelli dell'Antimafia, s'intende. Si parla del libro di Giovanni
Falcone e lui dice: �Non l'ho ancora comperato, perch� Giovanni me lo
promise con dedica. Giovanni � persona di altissimo valore per cui ho
grandissima stima�. L'avvocato rang� parla della mafia come di cose
risapute a cui noi del continente diamo un'importanza esagerata, se solo
lo stato funzionasse un po' meglio questa famosa mafia scomparirebbe
come neve al sole. �Pensi che un mio cliente, Salvatore Greco, quello
che chiamano il Senatore, decide di costituirsi anche per aver ricevuto
saggi suggerimenti. Va al commissariato di Ciaculli, un paese dove
anche i sassi, anche i bambini sanno chi sono i Greco e trova un
piantone che sta scrivendo a macchina con un dito solo e neppure alza
gli occhi per vedere chi � entrato. "Sono Salvatore Greco e vorrei
costituirmi." "E' troppo tardi," dice il piantone senza alzare gli
occhi. "Le ho detto che sono Salvatore Greco." "E' troppo tardi, quello
che fa i verbali se ne � andato." "Vengo domani?" "No, domani no, �
sabato, tornasse lunedi." Greco se ne va furibondo, uno sgarbo cos�, a
Ciaculli!� �Avvocato, so che lei � un principe del foro cui non mancano
i clienti, ma a tipi come Salvatore Greco che parcella fate?� �Tariffa
normale, se no po trebbero pensare che possono chiedervi cose.�
L'avvocato rang� � incuriosito dalla ingenuit� del noto cronista e cerca
di venirgli in aiuto: �Ma lei dottore al teorema Buscetta di Cosa nostra
ci crede veramente? Mi permetta di essere franco. Noi viviamo nella
societ� dello spettacolo, dell'immagine, ci siamo dentro tutti, ne
subiamo le seduzioni. i giudici dell'Antimafia, per carit�, persone
degnissime ma pure loro qualche suggestione l'hanno avuta. Perch� non
trasferire Cosa nostra a Palermo e fare della mafia una piovra
internazionale? Cosa nostra funzionava anche per i giudici, faceva
grandi titoli sui giornali, apriva indagini internazionali, viaggi negli
Stati Uniti, in Brasile, a Parigi, Londra, Zurigo, colloqui con i
banchieri, con gli uomini dell'alta finanza, con i dirigenti dell'Fbi.
Ma Cosa nostra, se mi permette il gioco di parole, Cosa nostra non � di
noi siciliani, � una faccenda americana, un patto fra le grandi famiglie
americane, la nostra mafia � un'altra cosa. Forte, ricca, ma sempre
radicata nella provincia. Anche oggi in questa mafia contano pi� quelli
di Corleone o di Mazzarino che i palermitani. S�, ci sar� un
coordinamento. C'� sempre stato dai tempi di Calogero Vizzini e di Genco
Russo, ma Cosa nostra sta a New York, a Chicago, non qui�. C'� borghesia
e borghesia a Palermo: quella che sa da dove arriva il denaro, e non ci
fa pi� caso, e rispetta le persone di rispetto, e l'altra che ha cercato
di chiudersi in un suo mondo a parte, dove tutto � tranquillo, tutti
sono perbene, ma che non si � mai rimboccata le maniche per cambiare
qualcosa, per capire che cosa stesse succedendo fuori dalla sua enclave
e forse alla fine non fa una gran differenza, anche per questi reclusi
nella Palermo buona c'� da intristire. Gli avvocati di mafia non sono
pecore nere, profittatori cinici, come non lo sono tutti gli altri che
vivono dentro o accanto all'economia mafiosa che � dappertutto, perch�
le automobili, le case, la garsonniere, i libri, il ristorante tutto
arriva o dalla mafia o da uno stato complice della mafia, contiguo alla
mafia, non ci sono santi, il settanta, l'ottanta per cento dell'economia
gira attorno a lei, si tratti di combatterla o di assecondarla, anche i
reparti speciali della polizia, anche i carabinieri, anche i battaglioni
elitrasportati di lei o per lei campano. E cos� a volte Palermo sembra
come immersa in un'aria infetta, un po' come l'ha vista Consolo nel <suo
odore dolciastro di sangue e di gelsomino, odore pungente di creolina e
di olio fritto. Ristagna sulla citt� come una nuvola, il fumo dei
rifiuti che bruciano sopra Bellolampo�. A volte, a Palermo ti viene il
sospetto che qui il forte della vita, la ragione della vita sia la
paura, l'ombra nera che sottende la citt� solare; hai l'impressione che
anche per gli onesti e i colti il vivere nella violenza e nella morte
sia la sola cosa che veramente gli sembri degna di un uomo, che ne
ricavino un senso di eccellenza al cui confronto la politica,
l'economia, le pubbliche relazioni di cui si parla nel continente sono
cose scialbe, noiose. Qui c'� la guerra e la guerra, per orrenda che
sia resta per gli uomini la prova suprema che moltiplica l'intensit�
della vita, che fa vibrare fino allo spasimo sentimenti, emozioni,
memorie fin che si sopravvive, fra i suoi lampi e le sue ferite. E
finch� a Palermo e nell'isola ci sar� guerra sar� molto difficile che la
gente di qui faccia sue le proposte ragionevoli di noi che stiamo
qualche giorno all'hotel Palme o a Villa Igiea e poi ce ne andiamo, noi
che quella sera di agosto dell'82 abbiamo salutato il generale Dalla
Chiesa per tornare a Milano e l'abbiamo lasciato alla sua morte. Dicono
che quanto a corruzione Milano non � poi molto diversa da Palermo, ma
Milano � in pace e Palermo � in guerra, e la differenza � molto
importante, rende difficile il colloquio fra le due Italie, spezza la
pazienza, la buona volont� di chi nell'Italia in pace si sente solidale
con gli onesti del sud, debitore per tutto ci� che il sud ha dato alla
nostra cultura, per i suoi sacrifici. Sono queste macchie di leopardo
che non fanno mai un leopardo a destare nell'italiano del continente
delle impazienze anche irragionevoli: ma perch� non capiscono che siamo
noi nel giusto? Che vivere come vivono non � vita? E magari qualcuno di
noi cede al sospetto di un peccato originale che impedisce di unire
quello che unito dovrebbe essere. Se poi capita in questo enigma e
nelle sue frustrazioni una protestante anglosassone come la Miss Ellot
di Milady in Sicilia, l'impazienza, il non capire pu� trasformarsi in
furore: <�Finch� i palermitani e i siciliani saranno quelli che sono,
l'intera isola dovrebbe essere incriminata, imprigionata, sventrata,
impiccata, squartata per raggiungere lo scopo di cancellare la mafia.
Chi non � mafioso � vittima della mafia e i due insieme, carnefice e
vittima, si stringono la mano per frodare e turlupinare il governo),.
Terribile Miss Elliot, ingiusta Miss Elliot, ma come evitare il sordo
furore che vi prende quando andate a finire contro il muro di gomma
della Sicilia �terza� che non sa niente, che non deve fare niente. Fanno
una colletta per aiutare la famiglia di Libero Grassi e fallisce.
Intervistano sul racket il presidente dell'Unione industriale Salvatore
Cozzo e dice: �Abbiamo 550 aziende associate. Noi non abbiamo mai avuto
segnalazioni di richieste di tangenti. C'� delinquenza anche in
Lombardia, ma le buone famiglie tendono a tacere. Non ho mai ricevuto
richiesta di pizzo. Ci saranno anche quelli che subiscono il pizzo, ma
ci sono anche quelli che non lo subiscono. Grassi sta demolendo
l'immagine dell'imprenditoria siciliana�. E il dottor Albanese,
dirigente dell'Associazione delle piccole aziende: �Chi dice che gli
estorsori sono dei mafiosi? Ci sono sentenze? Ci sono condanne? C'� un
colpevole di cui si possa affermare che era mafioso?�. Gente per cui il
discredito della Sicilia non � che certe cose accadano ma che si
sappiano, per questo Libero Grassi discreditava la Sicilia. (,Scrivere
in Sicilia,,, ha detto Sciascia, �� stata sempre una eresia, una
attivit� mal considerata, una specie di spia, un compatriota che
divulgava cose che andavano taciute. I siciliani non hanno amato n�
Verga, n� Pirandello, n� Brancati, De Roberto, Tomasi di Lampedusa.,, E
si capisce perch�: I siciliani sono in guerra e chi sta in guerra
diffida di chi parla, di chi scrive. Sulla mafia gli umili tacciono. La
gente che conta invece vuol sempre farti capire che tu foresto non puoi
arrivare al cuore delle cose. E siccome neanche loro arrivano a fondo
dell'enigma, sanno leggere nel libro nero della mafia, ci mettono della
sincerit� quando ti spiegano che non capisci, Sembra che operi in loro
come un riflesso condizionato, una sorta di avvitamento: prima ti dicono
che non hai capito, che sei caduto in luoghi comuni e poi con altre
parole ti dicono le stesse cose. La moglie dell'avvocato rang� ha delle
terre dalle parti di Calatafimi dove i soldati del Borbone scendevano
per le trazzere al grido di guerra: �Mo venimme, mo venimme�. E
Garibaldi che si era fatto dare il binocolo dal Bandi, il suo aiutante,
mormorava: �Vengono a noi, meglio cosi�. A Calatafimi Garibaldi non
disse: �Qui si fa l'Italia o si muore,,, ma se lo pensava si era sba
gliato. Il cardinale non legge i giornali forse, come dice l'avvocato
rang�, a Palermo non ci sar� Cosa nostra, ma un vertice mafioso
all'Ucciardone deve pure esserci se mesi fa il cardinale Pappalardo ci �
andato per celebrare una messa per tutte le vittime della violenza�
dimenticando che nella sua ultima pastorale, per la prima volta nella
storia ecclesiastica dell'isola, era comparsa la parola mafia e la mafia
non ha gradito, gli ha fatto il vuoto attorno. Pappalardo non � un
prete da battaglia, ma � il primo vescovo di Palermo che si sia
dichiarato nemico dell'Onorata societ�. Non � poco in una citt� in cui
la mafia per i vescovi e per il clero proprio non esisteva, la pen
savano esattamente come Luigi Capuana, il grande favolista: �Ci voleva
la fervida immaginazione scientifico-socialista di due colte persone, il
barone Franchetti e Sidney Sonnino, per creare di sana pianta una
figura, quella del mafioso che nessun siciliano riconosce. Di quella
organizzazione formidabile, dappertutto spadroneggiante e tiran
neggiante, per quanto abbiamo aguzzato lo sguardo, non siamo riusciti a
trovare traccia,,. Vescovi e clero per secoli sono stati proprio cos�,
aguzzavano lo sguardo e non vedevano. La cosa diede un po' fastidio al
primo dei Cadorna, quello di Porta Pia, che avendo chiesto invano
notizie al vescovo su sacerdoti in fama di mafiosi gli intimava il 28
settembre del 1886: �Io chiedo alla Eminenza vostra che mi renda conto
del suo operato. Attendo una sua particolareggiata risposta,,. Dagli
archivi non risulta sia mai arrivata. Come i suoi corregionali di
rispetto anche il cardinale Pappalardo porta la maschera del potere, una
maschera di ieratica distanza dalle nostre miserie terrene, di
ecclesiale superiorit�. E' un bell'uomo, il cardinale, un Tyrone Po
wer, andato in seminario, molto curato: non uno dei suoi capelli grigi
fuori posto sotto lo zucchetto, non uno dei cento bottoni della sua
veste slacciato, mai un offuscamento nel suo sorriso, neppure quando i
piedi gli bollono sulla lava dell'Etna, ma non � proprio un sorriso, �
un interno compiacimento per la sua superiore autorit� che traspare, e
in un certo senso ha ragione: la sua � l'unica autorit� siciliana che la
mafia non abbia ancora �schioppettato), ammazzato. L'ho intervistato per
un telegiornale. Stava seduto a busto eretto nella sua sedia vescovile
avendo alla destra e alla sinistra degli uomini in nero con le facce da
benefattori delle opere pie. Potrebbe, mi dicevo, essere un vescovo
arrivato qui da Toledo, un paterno terribile vescovo della Inquisizione.
�Eminenza,), gli dicevo �nella mia citt�, a Milano, c'� un parroco di un
quartiere povero, il Comasina, dimenti cato dai partiti e dal Comune che
per mesi ha visitato e assistito la famiglia del mafioso Flachi, il boss
del quartiere, latitante. Avendogli chiesto il perch� mi diceva: "In
questo quartiere di disperati non posso permettermi delle distinzioni,
per me sono tutti cristiani". Lei Eminenza pensa che anche a Palermo, a
Trapani, a Catania i preti debbano fare altrettanto?,) �Se certe pecore
si allontanano dal gregge� rispondeva �bisogna cercarle, riportarle
all'ovile.� �Eminenza, qualche anno fa nella parrocchia dell'Uditore,
disperata periferia palermitana, incontrai un pretino di nome don
Fasulo. Mi disse che era venuto da lei in Arcivescovado per parlarle
della mafia. "Il cardinale" mi disse mi ascoltava immobile nella
penombra, zitto sulla sedia. Non mi interruppe. Alla fine mi conged�
assicurandomi il suo paterno interesse. Da allora non l'ho pi� visto n�
sentito.",) Il cardinale faceva solo un gesto di alta stanchezza, ma
come vuole che mi ricordi di tutti i pretini che sono venuti a
raccontarmi le loro cose? �Eminenza, lei ha scritto di recente una
pastorale contro la mafia. E allora perch� durante il maxiprocesso
disse che si faceva troppo chiasso sulla mafia?� �-Io sono il vescovo di
questa citt�, di Palermo e penso che l'intera citt� non vada confusa con
la malavita.� �Eminenza, sono dieci anni che � stato assassinato il
generale Carlo Alberto dalla Chiesa. Lei certo ricorder� che la sua
citt�, Palermo, gli aveva fatto il vuoto attorno. Fui l'ultimo a
intervistarlo, rimasi nel suo ufficio per quasi due ore e non telefon�
nessuno, era il prefetto di Palermo, guidava la lotta contro la mafia e
non telefon� nessuno.,, �Un uomo solo non poteva pensare di vincere la
mafia, se un uomo solo si mette in guerra contro la mafia perisce.� A
questo punto uno degli uomini in nero che poteva sembrare un olio di un
benefattore dell'ospedale si agitava e diceva: <Eminenza, il dottor
Bocca � un uomo malizioso�. Il cardinale si consentiva una celia: �Mi
hanno detto che ha una lingua tagliente�. Gli dicevo: �Lei quando legge
i giornali,) ma mi interrompeva: �No figliolo, non ho tempo di leggere i
giornali�. <Per� la televisione la guarda visto che ha accettato una
intervista televisiva.,) �Rare vol- te, molto rare.� �Noi, a Milano,
abbiamo un vescovo strano di nome Martini, non solo legge i giornali e
guarda la televisione ma ci ha anche scritto un saggio che ha avuto eco
nel mondo.) Pappalardo preferiva chiudere l� il colloquio, passava la
parola agli uomini in nero con loro grande sorpresa perch� non avevano
nulla da dire. Non so se Pappalardo �studi da papa� e non so neppure
che ruolo preciso abbia nella societ� siciliana, che peso abbia avuto in
questi anni di sangue. E molto siciliano, questo s�, nelle sue pastorali
echeggia il pessimismo di Sciascia, di Brancati: �Vale la pena di essere
onesti? Non pochi di fronte alle fatiche che comporta il mantenersi
onesti si chiedono se in definitiva valga la pena di esserlo�. Veda un
po' lei, Eminenza. Durante quella intervista ho pensato spesso a don
Fasulo, al nostro incontro come su una zattera di naufraghi. Era un
caldo pomeriggio di vento che sollevava polvere ma disperdeva un po' i
miasmi dell'Uditore. Ricordo il cortile della parrocchia in cui nel
vento, come una trottola umana, Si muoveva un gruppo di bambini che
giocavano a palla, per le ire del parroco che improvvisamente comparve
su una porta e si mise a gridare cose orribili contro don Fasulo e i
ragazzi a cui aveva aperto il cortile. I bambini continuarono a urlare e
a correre nella strada dove passavano automobili e carri e don Fasulo
seduto su una panchetta mi diceva: �Sa quanti saranno i preti che dal
pulpito accusano Pubblicamente la mafia. Guardi le dita delle mie ma-
ni, sei, sette, non di pi�. Se qualcuno di noi parla della mafia
nell'oratorio e i bambini lo dicono fuori i picciotti passano nelle case
e dicono che a quell'oratorio � meglio non mandarci i bambini, fin che
c'� quel prete che non si fa gli affari suoi. Ma ce ne sono tanti preti
che devono farsi gli affari loro, che devono aggiustare il tetto della
canonica, comperare gli altoparlanti per la processione, riparare i
banchi e i mafiosi sono generosi, ti fanno arrivare i soldi e anche la
botticella d'olio. Quasi ogni settimana qui ammazzano qualcuno. Ma mi
dica lei, la vita umana non � sacra? Non � questo che si legge nel
Vangelo? S�, ma i preti che si fanno gli affari loro fanno finta di non
vedere, di non sentire. Hanno battezzato e sposato tutti, mafiosi e non
mafiosi, le loro mogli e i loro figli vengono alle funzioni�. Forse �
per questo che il cardinale concede ai mafiosi almeno un benevolo oblio
post mortem: �-Dinnanzi alla morte che tutti rende eguali e presenti
davanti al tribunale di Dio, dove ognuno ha da rendere conto della sua
vita e dell'uso che ne ha fatto, la comunit� cristiana non rievoca fatti
e giudizi, non emette sentenze o condanne, ma tutti egualmente affida
alla divina piet��. La cosa terribile della Sicilia � che nessuno sa a
chi si debba chiedere giustizia. L'Assemblea regionale si �
autogarantita la impunit�. Ci sono delle sentenze della magi stratura
in cui si ammette che (essa ha la prerogativa della insindacabilit� per
i voti dati nell'Assemblea regionale e per le opinioni espresse
nell'esercizio delle loro funzioni dai consiglieri�. Quanto a dire che
il consigliere Capitumina, che ha assunto migliaia di persone <per un
anno per l'esecuzione di progetti socialmente utili,, e poi sono rimasti
tutti stabili, � coperto dall'articolo 23 della legge regionale. Quanto
a dire che la Regione pu� fare impunemente tutto: assumere a fondo
perduto le spese per gli impianti antigelo dei grandi produttori di
agrumi che, nel contempo, hanno messo su una fabbrica di ventilatori
antigelo, sovvenzionare i cantieri privati per i collegamenti con le
isole, collegamenti fantomatici, foraggiare l'Associazione degli
allevatori che denunciano alla Cee allevamenti inesistenti, pagare
perch� si produca e immagazzini nell'isola tanto alcool inutilizzato che
farebbe una fiammata come l'Etna. Adesso hanno scoperto gli anziani, si
sono messi in testa a palazzo dei Normanni che la Sicilia deve avere una
assistenza agli anziani migliore di quella svedese, hanno stanziato 145
miliardi per i servizi, altri 185 per costruire duecentoventi case di
riposo, altri 220 per un piano ag giuntivo. Dei quattrocento comuni
dell'isola quasi la met� incassa i sussidi senza aver presentato alcun
piano di spesa e senza dare alcun rendiconto. Ma guai se la Corte dei
Conti o il governo della repubblica cercano di fermare la dissipazione,
� una offesa, un attentato alla autonomia siciliana.

Il Corvo� e i veleni

Andiamo al palazzo di giustizia, blocco marmoreo piantato nel ventre


putrido di Palermo, il termitaio che mette paura. Ci arrivano di
continuo per uno scivolo laterale le �Pantere� della polizia sgommando,
rombando, con fumate acri, fragori e agitazioni che coprono una
giustizia interminabile. Dalle �pantere� scendono correndo i poliziotti
delle scorte, pistola in pugno, non sai se all'inseguimento di un reo o
fuggendo un agguato, se per reprimere o per rompere un assedio. In
questo palazzone lo stato e l'antistato espongono il campionario delle
loro debolezze e scel leratezze, un brulichio di avvocati, testimoni,
giudici, cancellieri, cronisti, camerieri, segretarie, carabinieri per
la recita quotidiana di mandare in galera qualche straccio e lasciar
fuori i grossi furfanti, qui dove un potere impotente indossa vesti
curiali, toghe sotto crocefissi e bilance, per il quotidiano
trituramento dei deboli. E' nei palazzi di giustizia, non nei parlamenti
o nelle regge che si vedono a nudo l'ingiustizia e il privilegio. I
poveretti destinati al trituramento li vedi e non li vedi nell'immenso
atrio, nel brulichio, stanno nascosti dietro le colonne o le edicole per
attendere al varco i loro avvocati che a sentirsi chiamare per nome da
quei nessuno si voltano seccati, ma che vuole questo? non glielo hanno
detto i suoi padroni mafiosi che stanno in villa a Carini o a Termini
Imerese di farsi vedere solo all'ultimo quando il patrono, bevuto il
caff� al bar, salutati i colleghi, inchinatosi al passaggio di un
sostituto procuratore, scambiato un complimento galante con
l'avvocatessa della parte civile �non mi distrugga signora con la sua
deliziosa ma taglientissima bocca,,, arrivato in aula, con lenta
arrotazione si avvolge nella toga e solo allora con uno sguardo
sufficiente comunica al suo cliente-nessuno che vedr� di difenderlo, ma
gi� deve reinchinarsi all'eccellentissimo presidente del tribunale che
si fa aria con una perizia di parte mentre l'usciere porta il bicchiere
con l'acqua ghiacciata e il bicarbonato. E a pensare che ogni giorno,
da secoli, in questi luoghi di giustizia si stratificano infiniti
imbrogli e dolori, inganni e perfidie, vien da stupire per la
invincibile pianta dell'uomo, per questa varia umanit� che in questo
scannatoio sembra ve nirci a nozze, avvocati giulivi, cronisti
scherzosi, segretarie corteggiate, solo i carabinieri taciturni a
conservare un certo rispetto per questo stato marcito. Saliamo agli
uffici della procura, c'� un lungo corridoio interrotto da porte vetrate
per cui tutti passano senza controlli e capisci che qui sei fuori della
mischia del piano terreno, fuori dei mitra, delle auto sgommanti, del
formicaio; qui arrivano solo gli addetti ai lavori che senza leggere i
cartellini appesi alle porte, tutte eguali, sanno dove entrare,
socchiudono la porta, mettono dentro la testa, sorridono al magistrato
che li riconosce e gli fa un cenno, entrate, entrate che anche oggi
arriveremo all'ora di pranzo con i baciamo le mani, le celie, le
allusioni, gli amichevoli tradimenti, le sapienti congiure: l'ottanta
per cento dei magistrati che tirano a campare, come dice la vedova La
Torre, un quindici che lavora per la mafia, un cinque che la combatte
rischiando la vita, i trasferimenti, le misure disciplinari. Ognuno con
il suo �santo� nella Regione o a Roma, nel governo dell'isola o nel
Consiglio superiore della magistratura perch� della (,terziet�), o
neutralit� o autonomia del giudice o sua indipendenza si fa un gran
parlare ma nessuno ci crede davvero; tutti sanno, per esperienza, che
�chi uccide non � il legislatore ma il giudice nella totale autonomia
del processo rispetto alla legge", in altre parole che il giudice pu�
fare del processo quel che vogliono i potenti da cui dipende la sua
carriera. Non tutti, ma parecchi. E tutto il resto, gli equilibri
instabili, la paura della lupara, qui ti possono far saltare la
villetta, tagliarti gli alberi del frutteto, come fecero con il
procuratore generale Scaglione per avvertimento e con Libero Grassi a
cui, prima di ammazzarlo, sequestrarono il cane. Un amico socchiude la
porta e mette la testa dentro l'ufficio del giudice Alberto Di Pisa (,il
Corvo,,, come lo chiamano i giornali del continente, ma qui lo chiamano
<,l'ano nimista,, cio� scrittore di lettere anonime, condannato come
tale in primo grado dal tribunale dei giudici a Caltanissetta. Nella
stanza c'� un altro giudice a cui nessuno mi presenta, forse � di quelli
che da mesi, anche prima della condanna, non lo salutano, non gli
rivolgono la parola perch� mandare assolto un grande mafioso o
proteggere dei grandi ladri non � disonorante nel <palazzo dei veleni�,
ma scrivere lettere anonime contro i colleghi questo si, �
imperdonabile. Di Pisa mi porge la sua morbida mano. E' onorato di
conoscermi, mi legge spesso, spesso condivide, ma si direbbe che la sua
voce gli dia una leggera nausea, forse � la nausea di questo rapporto
logorante, appiccicoso con gli altri che lo guardano, lo osservano per
capire se � o non � l'anonimista, se � un rancoroso viscido o se lo
hanno incastrato, se nasconde qualcosa o gli piace che gli altri lo
pensino. Di Pisa � di quelli che non sapresti dire se sono alti o
bassi, grassi o magri, perch� gli guardi solo la testa, come in quelle
caricature deformanti dove il corpo � come una virgola, come un ricciolo
sotto una testa enorme. La sua � una testa da gatto soriano, con capelli
castano chiari lisci, ma un po' gonfi, come cotonati, occhi da gatto che
ri cordo verdi azzurri e magari saranno marrone. Neri no, tinte
cangianti. Con me, come al processo, Di Pisa � uomo di soliloqui
ossessivi, ascolta solo se stesso: �Vede, dottor Bocca, il mondo � pieno
di mentitori, di calunniatori senza ritegno, di invidiosi,,. Ha una
voce che ha dimenticato l'allegria e forse non l'ha mai conosciuta, sta
seduto dritto con le mani morbide quasi piantate con unghie invisibili
alla scrivania, che � la difesa estrema del suo potere, dove continua a
lavorare accanitamente, continuamente, ora si occupa dell'inchiesta
contro il chirurgo Azzolina, una storia di cliniche e di mafia. �Mi
hanno accusato di essere il nemico del pool antimafia, io che ho fatto
pi� indagini sulla mafia che tutti gli altri messi assieme. E perch�
avrei dovuto scrivere in lettere anonime ci� che andavo dicendo ogni
giorno ad alta voce? E allora sa perch� mi accusano? Colpiscine uno per
salvarne venti, capisce dottore?" Capisco, ma non mi riesce di fargli da
spalla, � troppo ermetico, troppo chiuso a riccio. Un suo collega mi ha
detto di lui: �Era l'asinello del gesso, quello che nella cava di gesso
va su e gi� per gli scavi con la botticella dell'acqua per i minatori�.
�Amico, ma guardati!� � l'avvertimento che si respira come l'aria nel
�palazzo dei veleni�. Non so, ovviamente, se Di Pisa sia o meno �il
Corvo,), ma come neri �corvi� si sono comportati in molti in questa
vicenda. Le lettere anonime sono pi� di dieci, scritte su una Triumph
Adler nel corso del 1989; all'alto commissario antimafia Domenico Sica,
al presidente della commissione antimafia Gerardo Chiaromonte, al
colonnello Mario Mori dei carabinieri, a Carmine Mancuso del
coordinamento antimafia di Palermo, al giornalista Giampaolo Pansa,
all'onorevole Achille Occhetto, segretario del Pds, alcune su carta
intestata della direzione centrale della polizia criminale chi sa dove �
finita quella Triumph Adler, chi sa come si metteva in tasca quei fogli
e perch� non poteva resistere alla tentazione dell'anonimismo, al
piacere di vedere non visto i suoi simili e nemici, di colpirli, di
osservare le loro ansie e ire e sospetti. . Nelle lettere �il Corvo�
parla di tante cose della giustizia palermitana, ma la pi� importante �
che il pentito Totuccio Contorno � rientrato dall'America in Sicilia
�per un piano concertato� dai si gnori dell'Antimafia per �stanare la
cosca dei corleonesi. E siccome in effetti fra il marzo e il maggio del
1989 si sono susseguite a ritmo incalzante le uccisioni di mafiosi
corleonesi nella zona di Bagheria dove poi si trover� il covo di
Contorno, la casa dei suoi cugini Grado, �il Corvo� ha potuto dedurne
che (gli artefici del piano devono essere ritenuti corresponsabili degli
omicidi,,. Quanto a dire che i giudici dell'Antimafia da Falcone ad
Ayala, da Borsellino a Di Lello sono i mandanti assieme all'alto
commissario Sica, al direttore della Criminalpol Di Gennaro. E non
manca il retroscena politico. Giovanni Falcone si sarebbe messo
d'accordo con il procuratore Giammanco �notoriamente uomo di Lima e di
D'Acquisto,). Insomma Falcone, la punta di diamante nella lotta alla
mafia, trescherebbe con gli �amici degli amici�, proprio lui agirebbe
per conto dei politici contigui alla mafia per chiudere le indagini sul
terzo livello"�. �Il Corvo� � astuto, conosce molto bene le faccende
della giustizia, sa che Falcone � appena sfuggito a un tranello tesogli
da alcuni falsi pentiti che hanno accusato Lima di legami con la mafia.
E non importa che le accuse fossero chiaramente false, non importa che
Falcone fosse obbligato a capirlo, importa per l'opinione pubblica il
fatto che Falcone non ha perseguito Lima. �Il Corvo� sa anche che
Falcone ha dovuto muoversi con molta prudenza nella indagine sui
�cavalieri del lavoro,, di Catania, sa che Falcone doveva essere
prudente, ma sa anche che agli occhi della pubblica opinione potr�
passare per uno che fa il doppio gioco. A Palermo nessuno pu� essere
superiore ad ogni sospetto e �il Corvo,, lo sa, ce n'� per tutti, ce n'�
quanto basta per scatenare la caccia all'anonimista. E qui anche i
galantuomini diventan corvi. �Non venne usato alcun stratagemma per
prendere le impronte di Di Pisa,) dice il giudice Francesco Misiani,
collaboratore di Sica, ma qui nel <,palazzo dei veleni� raccontano una
storia diversa, tragicomica. Il primo tentativo lo fanno convocando Di
Pisa a Roma, all'alto commissariato antimafia: bisogna consegnare un
documento in portineria, Di Pisa consegna la sua tessera plasticata di
magistrato e mentre � su da Sica ne ricavano le impronte. Maledizione,
non vanno, non sono chiare. Allora ci prova a Palermo uno dei servizi
segreti che ha la vorato con Di Pisa. Lo aspetta alla buvette, gli
offre un aperitivo, no niente alcolici, vada per un succo di pompelmo e
appena il giudice si allontana impacchetta il bicchiere. Maledizione
fottutissima neppure questa volta ha funzionato. Allora lo riconvocano
a Roma e siccome sanno che ha il tic di tamburellare con le dita gli
fanno trovare preparata a dovere una lastra di vetro sulla scrivania di
Sica e stavolta l'impronta sembra chiara. Ma lo sono le impronte sulle
lettere? Qui il balletto diventa frenetico, grottesco e vi partecipano
tutti gli alti gradi dello stato, persino il presidente della repubblica
Francesco Cossiga e quello del Consiglio Andreotti in un susseguirsi di
vai e fermati. Prima gli esperti del Sismi dicono di aver trovato una
impronta �sovrapponibile� a quella di Di Pisa, poi si scopre che questi
esperti sono capaci solo di mettere in evidenza le impronte e non di
confrontarle e allora si fa marcia indietro, le impronte lasciate sul
vetro diventano �,compatibili� con quelle delle lettere. In realt� c'�
una sola impronta chiara datata 5 agosto dell'89 e mentre se ne cercano
altre tutti van dicendo quel che dovrebbero tacere, cos� i giornali sono
pieni di articoli sul �Corvo,, con tanto di nome e cognome e interviste
ai suoi colleghi palermitani che a loro volta si nascondono
nell'anonimato per poter dire: (,S�, Di Pisa ha fama di essere
anonimista,,. �Tutti qui sappiamo che anonimista lo � gi�, fu sospettato
per lettere che riguardavano i suoi colleghi, questioni di corna o
simili.,) Per uscire dal ginepraio e coprirsi, i ricercatori del
�Corvo,, ricorrono a un marchingegno abituale presso gli alti gradi
polizieschi: la perizia all'estero. Chi potr� mettere in dubbio ci� che
si sentenzia a Scotland Yard o all'ufficio della polizia criminale di
Bonn? In realt� queste perizie spesso valgono niente perch� i ma teriali
da esaminare li forniscono i nostri alti gradi e nessuno sa se li hanno
manipolati e perch� spesso a fare la perizia sono uomini dei nostri
servizi che usano gli strumenti stranieri. Va a finire che la grande
impronta del 5 agosto si copre di una macchia rossastra e che le
impronte minori si confondono con quelle di altre persone. Ora il
Consiglio superiore della magistratura lo ha sospeso dall'incarico, ma
ha ricorso al Tar come tutti. Ho conosciuto l'alto commissario Domenico
Sica a Roma, nei giorni del �Corvo,,, uomo di grandissima circospe zione
e a me gli uomini molto circospetti mi hanno sempre diviso fra
l'ammirazione e la noia, che bravi ad essere sempre, anche quando
dormono, cos� attenti, cos� prudenti, ma che barba, alla lunga, tutta
una vita di circospezioni per fare carriera. A ogni domanda che gli
facevo, mentre gliela facevo, opponeva un sorriso incerto e un silenzio
meditabondo, la soppesava, la rigirava e dovevo stare attento a non
fargli fretta se no nella sua testa inquirente crescevano altre cautele,
altri sospetti. La polizia italiana ha una grande tradizione borbonica
di circospezione, i suoi dirigenti navigano per i labirinti del potere
avendo nel sangue secoli di adattamento ai capricci, alle stupidit�,
alle carognerie e all'effimero del potere: intelligenti, molto
intelligenti perch� tali li vogliono i governi, ma ben consci che questa
loro intelligenza deve essere tenuta a freno per non impensierire i
superiori, se no sar� soffocata, punita. Furbi, abili abbastanza per
mettere al sicuro nel loro carniere meriti e servizi che il governo non
potr� dimenticare ma lasciando che sia lui a notarli e a ricordarsene,
magari dopo una ingiusta punizione, un'amara eclisse. L'eterna storia
prefettizia, questurina dei fedeli servitori dello stato, i quali sanno
che questo stato in realt� sono i ministri in ca rica, anzi il ministro
degli Interni e mentre ne servono uno gi� devono pensare al suo prossimo
successore e premunirsi. Anche il circospetto Sica non ha potuto evitare
il promoveatur ut amoveatur, lo hanno mandato a fare il prefetto a
Bologna, lo hanno inchiodato in un malo passo in cui a nulla poteva
servire la sua astuzia: i comunisti gli hanno chiesto di accettare un
loro uomo nell'alto commissariato, mica o non tanto per imprimere
maggior vigore alla repressione, ma perch� chi sta dentro ai centri di
polizia dispone di informazioni riservate di cui si pu� servire nella
politica per tenere buoni i concorrenti o per ricattarli. Ma i
democristiani non volevano i comunisti nell'alto commissariato e cos�
hanno finto di prendere sul serio le loro critiche al commissario e lo
hanno trasferito. Ora vado dal dottor Lo Forte, il braccio destro del
procuratore generale. Parliamo del nuovo codice, che a Lo Forte non
piace: Lei sa che la mafia � un avversario sfug gente, tenace. La
famiglia mafiosa non si estingue mai, ne arresti due, tre, ma la
famiglia resta e se i figli non bastano coopta i picciotti pi� arditi,
gli d� in spose le figlie. E con un tale avversario che cosa mi
prescrive il nuovo codice? Che dopo sei mesi di intercettazioni
telefoniche, di indagini, devo interromperle e avvisare l'indagato che �
sotto inchiesta. Cos� ricorre al tribunale della libert� che mette a
disposizione del suo difensore tutti gli atti. A questo punto, dottore,
che faccio? Fotto le indagini e rinuncio alle prove? E' un codice
pensato, scritto per un mondo che qui non esiste. Prenda i permessi
carcerari a coloro che si comportano bene. Ma sono mafiosi i
prigionieri modello, hanno una disciplina ferrea, la prigione � un
incidente passeggero, ma le assistenti sociali che devono proporre i
permessi se ne infischiano, che siano mafiosi o meno non gli interessa,
sanno che i permessi assicurano la tranquillit� nel carcere e li danno
ai mafiosi che sono uomini d'ordine. Noi viviamo fra l'incudine e il
martello: da un lato c'� una cultura di sinistra che ha sempre visto
nello stato un nemico e nei poliziotti, nei magistrati degli sbirri, e
dall'altra c'� l'avversione per le manette dei conservatori liberali,
dei buoni borghesi garantisti. Cos� per condannare qualcuno in questo
paese bisogna farlo passare per cinque o sei processi e vederselo
sfuggire fra condoni e benefici,). Lo Forte sta appassionandosi sulle
astrusit� del codice, e dice cose serie, cose vere ma io mi sono perso
nella osservazione della cura estrema della sua persona, cosa che mi ha
sempre m�dus� come se mi apparisse un marziano; di quelli che ti chiedi
quanto tempo passano nel bagno per annodarsi la cravatta che non faccia
una grinza e se sia la moglie o la cameriera a stirargli ogni sera
giacca e pantaloni che calano a piombo perfetto, e come faccia a non
avere neppure una macchiolina di caff� sulla camicia di seta azzurra.
Ma dove eravamo rimasti? Ah, ecco, Lo Forte sta dicendo: <Ho apprezzato
molto una dichiarazione di Achille Occhetto in cui definisce i politici
"apprendisti stregoni", per dire gente che si � messa in affari con i
mafiosi e ora non sa pi� come liberarsene. Vede, se uno a Milano entra
in affari con il costruttore De Mico e si accorge che la faccenda ha i
suoi rischi pu� sciogliere la societ�, ma se entra in affari con
Provenzano o con Riina � socio per la vita e il prezzo da pagare cresce
di continuo anche perch� oggi i mafiosi stanno nelle amministrazioni e
sono loro a decidere gli appalti. E' una macchina infernale: pi� la
mafia dispone di grandi quantit� di denaro e pi� deve farsi dei complici
nel sistema economico e finanziario, magari non informati completamente,
ma sostanzialmente complici. Mi chiede se i politici sapranno tagliare i
legami con la ma fia? Forse, in extremis, come quando si smette di
fumare perch� se no si muore�. Sono intelligenti i magistrati della
procura di Palermo, ma a volte giocano pesante, specie con la stampa.
Per esempio hanno spedito in carcere i giornalisti Bolzoni e Lodato
colpevoli di aver pubblicato la confessione di Antonino Calderone che
uno di loro gli aveva passato. E non per violazione del segreto
istruttorio, ma per peculato, fingendo che avessero corrotto qualcuno
per averla. Dei giornalisti alcuni giudici possono servirsi per le loro
segrete partite al reciproco sabotaggio. Un giorno, un maresciallo dei
carabinieri che i giornalisti conoscono, dico i corrispondenti dei
giornali nazionali, gli passa la confessione di un pentito, falsa ma
credibile. Non sempre ci cadono, ma la tentazione � forte e il colpo
basso passa. O prendete la misteriosa storia di Pietro Ivano Nava, un
viaggiatore di commercio brianzolo che per schifa scarogna si trova a
passare la mattina del 21 settembre 1990 su una strada dell'agrigentino
e mentre � l� fermo per orinare, nel deserto, sente degli spari, vede
passare due auto, da quella che in segue sparano, l'inseguita finisce
gi� per una scarpata, ne esce un uomo che cerca di fuggire ma gli sono
addosso e lo �ammazzano come un coniglio,, come dir� il giudice
Borsellino commemorando la vittima, il giudice Livatino. Il commesso
viaggiatore brianzolo si � stampato nella memoria la faccia dei due
killer che devono essere sicuri di non essere rintracciati perch� gli
passano davanti senza maschera e li riconosce nelle fotografie di due
mafiosi che vivono in Germania, di nome Paolo Amico e Domenico Pace,
presunti killer si intende, sempre presunti sono i killer mafiosi. Ma
chi � che ha fatto uscire dal palazzo di giustizia il nome di Pietro
Ivano Nava? Non lo sapeva che era come condannarlo a morte? E' stato un
giudice amico dei mafiosi? I mafiosi, loro, procedono su due direzioni:
cercano il nascondiglio di Nava da pi� di un anno, custodito chi sa dove
dai carabinieri e non pu� n� telefonare n� scrivere alla moglie e
intanto diffondono sospetti su di lui, fantastici sospetti che per�
restano: che non sia stato lui a uccidere il giudice Livatino? Lui a
cercare di coprirsi con il riconoscimento dei due malcapitati? Al
momento del congedo il giudice Di Pisa mi aveva detto: �Ci sono due modi
qui per sbarazzarsi di un magistrato scomodo, la lupara o la
diffamazione, e uccidono entrambe�. Credo che in questo abbia ragione,
c'� nel �palazzo dei veleni,, un sottobosco fitto e indecifrabile fatto
di tanti interessi e simulazioni che hanno un'unica, inevitabile
conclusione, qui l'onest� � sempre perdente. Sono a poca distanza dal
palazzo di giustizia quando con stridor di freni, rombo ringhiante di
motore, fumate acri un'auto della polizia si blocca davanti a me. Ne
scendono correndo i poliziotti della scorta, pistola in pugno, non sai
se inseguendo un assassino o fuggendolo, li segue, anche lui di corsa,
un giudice, entra in una cartoleria per comperare i quaderni per la
figlia che fa la prima media. Forse le daranno un tema sulla lotta
contro la mafia.

Il fondo dell'inferno. Dall'alto della loro montagna d'aria pura e di


paesaggi lu minosi quelli di Caltanissetta pensano alla bassura di Gela,
alla putrida foce del Gattano, al mare sporco di petroli come a luogo
morto: �Mare senza pesci, cielo senza uccelli, donne senza onore, uomini
senza parola�. Gela l'infelice. Autostrade e superstrade dell'interno
vuote, posate sui fondovalle, sopra torrenti e fiumare come caimani dal
ventre piatto; i bordi, le spallette dei ponti punteggiati dalle macchie
nere e bianche dei corvi e delle gazze, a migliaia. Anche gli uccelli
della Sicilia interna stanno fuggendo dalla campagna desertificata,
scendono a sfamarsi nell'immondezzaio che sono le strade e le citt�,
come in quei film dell'orrore dove stormi infiniti di uccelli affamati a
ondate successive vengono a spaccare con becchi aguzzi i vetri delle
nostre finestre, i legni delle nostre porte. E che ci fanno ancora
degli umani a But�ra, citt� fortezza arroccata su un colle, una fra le
cento citt� fortezza di un'isola contesa da invasori e predoni fenici,
greci, romani, visigoti, arabi, berberi, normanni, svevi, angioini,
pisani, fiorentini, catalani, ma perch� tutti qui da terre africane e
boreali in questo quadrivio mediterraneo? Che ci fanno gli umani a
Ravanusa, Campobello, Riesi, Mazzarino, villaggi fortezza che guardano
dall'alto una campagna rosa dalle frane, bruciata dalla siccit�,
abbandonata dai contadini? Il granaio di Roma! Oggi non riesce a
rifornire neppure le poche industrie conserviere. La bassura di Gela,
appare fra i fiumi gialli della grande discarica. Qui, dove si
coltivava il cotone, camion carichi di lordure si muovono lentamente,
roboticamente, come nel giorno dopo la fine del mondo. Il sole bianco
del dicembre sta immobile sopra la grande radura calcinata, dall'aldil�
ci arriva una registrazione sopravvissuta agli uomini, una canzone di
Radio Vittoria: �Non siamo soli, tocchiamoci, prendiamoci, non siamo
soli, se scoppia un temporale, sincero, sincero, non siamo soli, se lei
si innamora di un altro, succede, succede,,. Cristo, che paese! Ci
aspetta al motel Agip un giornalista a cui hanno bruciato quest'anno due
volte l'automobile, succede, succede e non ha ancora capito bene il
perch�: �Per la prima nessuna idea, per la seconda, forse. Mi sono
chiesto cosa avevo scritto nell'ultimo mese, sono andato a rivedermi la
raccolta. L'arresto di un parente del boss Jocolano? Ma no, per Jocolano
un giornalista � nessuno. Forse la notizia dei due omosessuali sorpresi
dai carabinieri mentre adescavano dei ragazzini alla marina, un
meccanico e un salumaio. Il meccanico � fratello di un mafiosetto e ai
mafiosetti che si scriva di un loro fratello frocio non va bene�. Il
motel Agip � un Fort Apache del profondo sud in cui vengono accolti, se
c'� posto, anche i civili. Se c'� emergenza malavitosa posto non ce
n'�, tutto occupato da poliziotti e carabinieri, sali al primo piano, si
apre l'ascensore e ti trovi davanti un piantone dei carabinieri che ti
d� l'alt, tutto il piano � occupato dalla Benemerita: al posto dei
cavalli le motociclette, dei carri le jeep, della cavalleria dell'Unione
il reparto mobile della polizia e il paesaggio � identico, un vento
caldo fa mulinare polvere e sterpi secchi, nel vuoto. Le impiegate del
motel come le vivandiere del West, conoscono po liziotti e carabinieri,
stanno sicure in quel muoversi di uomini, di armi, di mezzi arrivati qui
chi sa per quali azioni, sorprese, arresti di una repressione che non
reprime niente. A Gela capisci cosa voglia dire malvivente: uomo che
vive male, si rende la vita amara, faticosa, lurida, disattende ogni
ragione, muove nell'assurdo, ma via, toglieteli quei cartelli �Rispetta
la vita degli altri�, ma a chi � venuto in mente di scriverli, di
affiggerli in una citt� dove la vita di un uomo non vale un soldo! pi�
di cento assassinati in un anno, centosei per la precisione? Pu� una
citt� essere fatta di cose che non ci sono? Gela pu�. La capitaneria
marittima sta a Porto Empedocle, il commissariato di polizia a
Caltagirone come la direzione dei telefoni, la questura a Caltanissetta,
mentre l'azienda dei trasporti pubblici � a Modica. Non c'� neppure il
mare a Gela, c'� una piastra color piombo, una piatta di acque morte in
cui si protendono moli deserti a cui attraccano navi fantasma che stanno
l�, per settimane, e non vedi nessuno scendere o salire, nessuna barca
che accosta, nessun vivente a bordo, solo stracche bandiere di paesi
inesistenti afflosciate sul pennone. Tutto ci� che si fa e che si dice a
Gela non sembra vero, sembra uno scherzo mal riuscito. Il sindaco ha
costituito il comitato antiracket, era presente un solo commerciante.
Guardandolo il sindaco ha detto: ,Se un giorno con il comitato ci
saranno anche i commercianti forse anche Gela riuscir� a vincere,,. Il
rappresentante dell'Unicef ha avuto una idea, non male: un minuto di
silenzio nelle scuole �,Per riflettere sul crimine�, chi sa che
riflessioni hanno fatto i figli, i cugini, i nipoti del boss Jocolano.
In queste scuole dove ��si riflette sul crimine,, non ci sono
statistiche sulla evasione giovanile, certo non le frequentano i
minorenni armati che sono il vivaio delle cosche, vanno in giro a
incendiare, distruggere, ferire. C'� un ospedale a Gela? Cos� dicono,
ma non � in grado di togliere una scheggia da saldatura, manca la
sezione di chirurgia oculistica, quelli dell'E nichem, il colosso
petrolchimico, i loro infortunati li portano a Caltanissetta o a
Augusta. Niente Tac, nessun reparto per i neonati, devono stare in
stanza con la madre in mezzo agli amici e parenti venuti a festeggiare
il lieto evento. Ci sono cinquanta tazze per duecentosessanta ricoverati
che ogni tanto saltano il pasto per i guasti continui della cucina. Se
il direttore cerca di mettere un po' di ordine, se fa osservare gli
orari, qualcuno per protesta butta in strada dal terzo piano gli
estintori o apre le manichette antincendio e allaga le corsie fra urli e
bestemmie dei ricoverati. L'altro giorno hanno denunciato un piccolo
industriale, Pompeo Pozzani: si era presentato all'ospedale fuori orario
per le visite, gli hanno detto che non poteva entrare, lui ha tirato
fuori la pistola ed � entrato. Qualsiasi cosa si faccia a Gela sembra
priva di senso. L'altro giorno un pretore ha assolto i coniugi Agostino
Curribo e Francesca Magliani che si sono costruiti una casa abusiva
,perch� il fatto � stato commesso in stato di necessit�,,. Ma che dice
signor pretore, questo � stato di normalit�, il novanta per cento delle
case di Gela � abusivo. Prendiamo un caff� al bar del motel Agip, alle
pareti sono rimaste immagini di un mondo lontano forse scomparso, foto
di Taormina, delle Dolomiti, del Canal Grande, come le fotografie delle
Folies Bergeres in qualche saloon del West. I poliziotti del battaglione
pronto intervento nascondono dietro una arroganza legionaria le loro
storie di pover t�, sono in tuta mimetica, al collo la collanina con il
crocefisso o la Madonna che gli ha dato la loro mamma, cartuccere,
baschi azzurri o amaranto, per traversa stivaletti, baffi neri.
Partiamo verso la citt� e due elicotteri dei carabinieri ci sorvolano,
vediamo la loro ombra trascorrere sulla terra gialla, sui terrazzi
calcinati, vogliono far vedere che ci sono, che altro potrebbero fare da
lass�? Il quartiere per cui passiamo due anni fa non c'era, fatto di
case a tre piani di mattoni color fango, color paglia, senza intonaci.
Qui tutti sanno come si fa una casa abusiva, un quartiere abusivo:
comperi un terreno agricolo e te lo urbanizzi a spese del Comune, senza
chiedere permessi. Al massimo rischi cinque giorni di prigione che poi
nessuno fa e centomila lire di multa che nessuno paga. Hai bisogno
dell'energia elettrica? Ti allacci alla rete senza avvisare nessuno.
Cos� per l'acqua e per la fogna se ci sono, se no se ne fa a meno finch�
qualcuno ne scrive sui giornali e allora il Comune o la Regione sono
costretti a intervenire. Sono abusivi i quartieri di Scavone,
Settefarine, Cambazza, villaggio Aldisio e abusivi anche i ricchi che si
sono fatti le villette nell'area archeologica a due passi dalle mura di
Timoleonte. Persino all'ospedale c'era un reparto abusivo, lo usava un
primario come clinica privata. Ma perch� tutte queste case sono da
finire? Perch� qui chi si fa la casa pensa ai figli quando saranno
grandi: il piano terreno lo tiene vuoto aspettando che arrivino i
negozi, al primo ci sta lui con la famiglia, al secondo o al terzo ci
staranno i figli, se le finiranno loro. Migliaia di case cos�, vuote
sotto, vuote sopra, lungo strade in terra battuta, senza nome, che nome
gli dai se il Comune non deve sapere che esistono? Una sigla basta, E72,
E47, come in un villaggio del Terzo mondo. Dal 1983 sindaco e giunta
sono cambiati ogni dieci mesi, il nuovo sindaco per non essere cacciato
subito concede quel poco che i predecessori hanno negato. La vedi quella
casetta con la saracinesca abbassata? E' la chiesa di San Sebastiano, la
aprono solo la domenica. Cristo che paese! Andiamo per la citt� morta
prima di nascere ma le �magiche onde,, di Radio Vittoria non ci mollano,
ci raccomandano una scuola di karate a Licata e le �fantastiche pizze di
Tano,,, qui al villaggio Enichem. Una ventina di ragazzi giocano a
calcio in un prato secco, nel polverone, qualcuno di loro certamente
spaccia droga, va in giro a sabotare per conto del racket, ma qui non �
una novit�. Milady in Sicilia, la nostra Francis Elliot annotava un
secolo e mezzo fa: �Si dice che il massimo compenso per un omicidio
commissionato a un giovane, anche a un ragazzo, sia dieci franchi�.
Adesso stiamo fra le trecentomila lire e il mezzo milione. Il gusto di
spaccare, di rovinare le cose pubbliche lo succhiano con il latte
materno, tutti i giorni ci sono ragazzi che attendono l'arrivo dei treni
che rallentano per entrare in stazione e li prendono a sassate. Erano
quattordicenni, sedicenni quelli che la sera del 27 novembre 1990 sono
arrivati in motoretta alla sala giochi di via Vittorio Emanuele, un
corridoio basso, illuminato con lampade al neon, con tre bigliardini e
hanno aperto il fuoco, chi c'era c'era, nemici o malcapitati, tre morti,
sette feriti. Chiedo al collega: -(Come ha reagito la citt�?,,. Dice:
�Dopo si sono sentiti raffriscati�. �Cosa?� �Raffriscati,
tranquillizzati, tutti aspettavano da mesi la resa dei conti fra le
cosche ed era cosa fatta.� �Ah, si, capisco.� Una delle strade del
quartiere, tirata diritta, a un certo punto piega ad angolo retto,
qualcuno ci ha costruito nel bel mezzo una casa, era un assessore,
nessuno ha protestato. Tutte o quasi le case dei quartieri nuovi hanno
<l'avanzamento,,, i muri al piano terreno stanno a linea del
marciapiedi, ma dal primo piano in su la casa si protende sulla strada.
I boss le loro le fortificano sicch� se un loro nemico gli fa esplodere
una bomba sotto casa vanno in frantumi i vetri dei vicini, non i loro
che sono blindati. Ma che fanno, come vivono questi boss mafiosi?
Jocolano si � lasciato intervistare da un telecronista locale, nel suo
covo, di spalle. Ha risposto con una punta di fastidio a domande che
gli sembravano ingenue: �Che faccio? Come passo la giornata? E che vuo
le che faccia, affari faccio),. Un professionista dell'economia
malavitosa, ecco che cosa � un boss, uno che si occupa di affari assieme
a uomini politici, imprenditori e finanzieri. Normalissimo anche se
latitante per qualche vecchia fesseria. Fuori del centro a Gela non c'�
segnaletica, i pochi cartelli che c'erano sono stati abbattuti o
sforacchiati, tutti vanno nelle direzioni che vogliono, parcheggiano
dove vogliono, si fermano dove gli comoda perch� qui l'unica regola � la
non regola e uno di fuori si chiede, quasi ammirato, come facciano tutti
questi comodi personali a combinarsi, a sopportarsi. O forse ci sono
regole non scritte che il forestiero ha dimenticato, la voglia di
sopravvivere, l'abitudine, la paura e anche la stramberia. Cosa gli �
venuto in testa al dottor Morselli dirigente dell'Enichem, il gigante
della chimica che riempie cielo, mare e terra di puzze e di fumi, di
finanziare i murales, donne in tonaca bianca con l'anfora sul capo che
passano fra cactus lungo un mare azzurro? Probabilmente il dottor
Morselli sta nel quartiere Enichem, l'unico decente nella citt�
infernale, quartiere da bianchi in colonia, giardinetti ben curati,
asfalti lucidi, nee la rasa adana; va gozi lindi icurante toponomastica
p cortemaggiore, via Ferrandina, piazza Caviaga. Ma appena fuori �
terra di rischio e di violenza, i Tir diretti a Catania, a Messina
devono viaggiare in convoglio, se vanno soli li aspettano su una salita
quando rallentano, li bloccano, se li portano via con il camionista
perch� non dia l'allarme e se scoprono che ha un carico di pedane o di
rottami, invendibili, lo pestano. Ora andiamo al nuovo tribunale
inaugurato da poco dal presidente della repubblica Cossiga. La mia guida
vede il giudice Campisi sulla porta dell'ufficio ma lui ci ferma: �No,
no, non parlo, ho appena preso un'auto nuova, non fatemela bruciare
subito,). Non si nega invece il giudice De Felice, un giovanottone di
ventisei anni arrivato qui da Roma accompagnato dalla mamma e dal pap�.
Indossa pantaloni e giubbotto di jeans e sul fianco destro del giubbotto
c'� un rigonfiamento, un pistolone che tira fuori impacciato e posa sul
tavolo: �Come va giudice?�. �Come vuole che vada. Nel primo semestre
del '91 gli omicidi sono raddoppiati. Noi abbiamo l'ordine di non
uscire la sera senza scorta. Mi sa dire che ci vado a fare nella Gela
notturna accompagnato da due poliziotti? Mi sa dire che paese � questo
dove un pubblico funzionario � come condan nato agli arresti
domiciliari? Si, � vero, ho chiesto il trasfe rimento, � la prima cosa
che chiedono tutti quelli che arrivano qui.,, Forse lo hanno gi� chiesto
anche le tre giudichesse in pantaloni e giubbotto, una di Varese due di
Piacenza, bruttine, mandate qui come in kommandirovka nella Russia
sovietica, missione obbligata, le ultime dei concorsi e non
raccomandate, nella frontiera selvaggia. Si respira finalmente aria di
libert�, di dignit� nell'ufficio del presidente del tribunale Salvatore
Cantaro che ha una sua allegria francescana, lieto nella povert� e nel
disastro. Il presidente non ha chiesto il trasferimento anzi si �
autonominato giudice istruttore in attesa che gliene mandino uno e
mancando i fondi per la cancelleria ha garantito lui per cinquanta
milioni. E ride sulle sue disgrazie e sui colleghi di Caltanissetta che
appena saputo che si era aperto un tribunale a Gela gli hanno mandato di
fretta tutti i processi pendenti della citt�: ,Ma pensi, mi sono
arrivati dei processi del 1972 che hanno dormito nei cassetti per venti
anni, figuriamoci dove sono ora i testimoni, gli im putati. Abbiamo
fatto il pieno fino al '93 e ieri mi telefonano da Caltanissetta per
avvertirmi che stanno mandandomi altri tremila procedimenti�. ��E lei,
giudice, che fa?,, ��Faccio che sono qui a rappresentare lo stato con
questa signorina appena laureata.� Un paese di matti, un paese dove la
giustizia ha arretrati di venti anni ma la solerte guardia di finanza d�
multe di un miliardo e mezzo, che nessuno pagher�, a un ambulante che
non aveva la licenza, a un negoziante che si era dimenticato di far
stampare sulle ricevute l'indirizzo del negozio. Ora per tornare al
motel Agip e alla strada per Caltanissetta passiamo davanti all'Enichem,
il mostro che trema di energie compresse, fumanti, rombanti, un viluppo
immane di tubi, di alambicchi davanti al mare deserto. Vicino
all'Enichem ci sono i quattro giganteschi svincoli in cemento di una
autostrada che nessuno ha costruito perch� qui ognuno chiede allo stato
fondi, denaro e se arrivano mette mano alla sua opera senza curarsi di
sapere se gli altri faranno la loro, c'� sempre un pezzo intermedio che
manca. Passiamo per una piana dove centinaia di pompe di petrolio vanno
su e gi�, come antichi automi, nel deserto. Ma il cuore antico
dell'isola � sempre l� con le sue testimonianze. Vedi quel casolare? Ci
abitava un pastore, Sebastiano Galati. Arriva per caso la forestale e
trova nella stalla due auto blindate da cento milioni l'una. Nel ritorno
passiamo per Caltanissetta. Lo vedi quel balcone, s� quello della casa
gialla? Era il balcone del boss Di Cristina, la grande processione della
Madonna si fermava sotto la casa, lui usciva sul balcone e abbracciava
il secondogenito per far capire che lui sarebbe stato il suo successore,

Le citt� assetate.

L'articolo 38 della legge regionale siciliana ha creato un


�fondo di solidariet� a compenso delle secolari ingiustizie,),
fra cui la sete dell'isola. L'autonomia � fallimentare ma
consolatrice, amministratori insipienti e corrotti possono
grazie all'articolo 38 autogiustificarsi e assolversi, i mali
della Sicilia sono l'amaro frutto delle ingiustizie altrui. �La
mia terra � sui fiumi stretta al mare,� scriveva Quasimodo,
ma oggi stretta su fiumi avvelenati, inariditi per colpa di
chi in Sicilia ci vive, non della �fatalit� geografica,,, non
del capitalismo nordista. Dei sessantacinque corsi d'acqua
dell'isola cinquanta sono morti, senza pesci, con acqua im
bevibile, non usabile per l'irrigazione, fogne a cielo aper
to. La gente � fuggita dalle campagne dell'interno, le opere
idrauliche sono state abbandonate, duecentoquindici co
muni sono stati feriti dalle frane o ne sono minacciati, que
stanno � bastato un acquazzone per far chiudere quattro
delle cinque vie di accesso a Enna, migliaia di ettari sono
rovinati dalle erosioni. L'acqua non c'� e se c'� non arriva
nelle citt� assetate e quelli che patiscono la sete lo sanno,
ma dalle pubbliche informazioni non c' �verso di capire
come stanno esattamente le cose e come staranno nel futu
ro prossimo. Nel gennaio del '92 la Regione annuncia
trionfalmente che l'acqua sta per arrivare a Caltanissetta
��qualche ora al giorno� e poi (,che gli invasi del Furore e
del Grancifone sono finalmente in funzione�, ma pochi
giorni dopo l'Eas, Ente acquedotti siciliani, rende noto di
essere rimasto all'asciutto anche lui, ma di soldi; non ce la
fa a pagare gli stipendi e ne segue il solito caos amministra
tivo con la Corte dei Conti che esorta i Comuni ad antici
pare le spese di manutenzione e l'Enel che chiede di essere
finalmente pagato dei trentasette miliardi che gli acquedot
ti gli devono e gi� si odono rullare i tamburi e suonare le
trombe della retorica, gli stessi funzionari inetti che hanno
assetato la Sicilia dichiarano ai giornali: �Ora dobbiamo
rimboccarci le maniche�. Ma hai un bel rimboccarti le ma
niche, se l'acqua non c'e o non arriva la gente sta senza.
Gli invasi dell'isola hanno una capacit� di centinaia di mi
lioni di metri cubi, ma ne sono disponibili un terzo e nel
'91 nelle citt� assetate � arrivata acqua per soli 31 milioni
di metri cubi. Ci sono villaggi dell'interno dove il riforni
mento idrico avviene ogni quindici venti giorni, ci sono
grandi citt� dove arriva un giorno si e uno no per poche
ore, non si vede una via d'uscita ma tutti progettano, pro
pongono. C'� chi vorrebbe dissetare l'isola con i dissalatori
dell'acqua marina acquistandone altri a centinaia, a mi
gliaia quando forse sarebbe meglio rimettere in funzione
gli esistenti, 530 in totale solo 45 funzionanti. Ma il Consi
glio regionale riunito a palazzo dei Normanni non si cura
delle cose minime, imposta un piano che per il 2010 preve
de un rifornimento di seicento litri giornalieri a testa, il
doppio del necessario. L'informazione � impossibile, pro
cede per dialoghi assurdi. �Ma come mai vi mancano i fon
di?� �,Ma no, i fondi ci sono dal 1986.� �E allora perch�
non li avete spesi?� �Per mancanza delle opere di canaliz
zazione.� �E perch� non le avete fatte?� ,A causa di intop
pi burocratici diversi.,, �Quanto dureranno?� �E' tutto ri
solto, abbiamo approvato un piano integrato di interventi
con tempi celerissimi� e si torna al libro dei sogni, delle ci
fre incontrollabili, ti sciorinano i lavori in corso, di prossi
mo compimento su fiumi dai nomi stupendi: Imera, Furo
re, Grancifone, San Leonardo, Olivo e gli altri che non in
contri mai viaggiando per l'isola o non ti accorgi dei loro
rigagnoli.
Ad Agrigento dove ci porta il nostro viaggio, l'acqua ar
riva due ore al giorno, a volte due giorni la settimana. Del
la sete di Agrigento ho sentito parlare per la prima volta
nel 1961, alla Soris, societ� torinese di ricerche economi
che del mio amico Ruggero Cominotti. Erano gli anni del
centrosinistra, dei poli di sviluppo, delle programmazioni,
delle grandi infrastrutture. Dieci anni dopo chiesi a quelli
della Soris che ne era stato dei loro progetti per l'acqua ad
Agrigento e scuotevano il capo: <,Sembra una maledizio
ne,� dicevano, �puoi fare un acquedotto di venti, trenta
chilometri, ma mancano sempre quei cento metri per col
legarlo alla rete urbana. E se quei cento metri li fanno, c'�
sempre qualcuno che li fa saltare�. Forse � di questi incon
venienti che discutevano ogni sera in via Atenea il procu
ratore della repubblica e il capo della mafia, consoli agri
gentini.
Stupenda orrenda citt� Agrigento. I greci che la fonda
rono erano una razza solare che amava guardare il mondo
dall'alto delle acropoli. Qui ne eressero una eccelsa sulla
rupe Atenea, ai cui piedi, nella valle dei templi, edificaro
no una citt� a cui si sale, con il desiderio e la nostalgia, co
me a Gerusalemme. Lungo le mura intagliate nella pietra
rossa della valle dei templi, lungo la strada dove la pietra
diventa color carne avete la sensazione di ruotare, come
l'aquila di Giove. Chi fece questa citt� che fu la pi� popo
losa del Mediterraneo aveva desiderio di grandi spazi, di
altitudini, di voli planati verso il mare, sopra i templi di
perfetta misura, sopra colonne, giardini, are, campi. E
questa citt� doveva essere riconoscibile dal mare ancor pri
ma che fosse in vista, dal taglio inconfondibile della rupe.
Oggi, arrivati sulla rupe, Agrigento appare nel suo sfascio
di casoni gialli, verdi, rosa e non chiedetevi quale disamore
di s� e della loro citt� hanno coloro che l'hanno costruita,
perch� sono convinti di aver fatto il meglio come moderni
t� e buoni affari. C'� una zona franosa che sul piano rego
latore � contrassegnata dalla lettera C, che conosco dal lu
glio del 1966 quando <,Il Giorno,, mi sped� qui di corsa a
vedere le rovine dei casoni travolti dalla frana. Ma l'anno
scorso una commissione di esperti del Comune, composta
dai progettisti e costruttori della nuova speculazione, ha
sentenziato che nella zona C si pu� costruire e non li ferma
nessuno, n� dio, n� il governo e neppure le frane passate e
future. Nei giorni della sciagura il ministro dei Lavori
pubblici Giacomo Mancini mand� due ispettori che gli ri
ferirono: �In Agrigento ci sono uomini che hanno cercato
fortemente, pervicacemente, nella veste di responsabili
della cosa pubblica e come privati operatori, il disastro.
L'evento franoso � per cos� dire, coerente con questa
aberrante situazione urbanistica e edilizia).
La colata di cemento ha sommerso una parte della valle
dei templi e l'intera marina, migliaia di casette in gran
parte senza acqua e fogna a cui scendono per godersi la
�seconda casa,, gli agrigentini che potrebbero stare nelle lo
ro, trecento metri pi� in alto a dieci minuti d'auto. Ma
guai a distaccarli per il fine settimana da quel mare sporco,
da quell'umido, da quel puzzo di fritto delle pizzerie. Quel
puzzo mi � rimasto nelle narici dalla notte brava in cui
fummo compagni del dottor Macera, poi andato come
questore a Roma, cose di quindici anni fa. Lo avvisano
che sono con mia moglie in un albergo della valle, ci invita
a cena, arriva a prenderci con un corteo di tre auto bianco
azzurre su cui ruotano le lampadine poliziesche e andiamo
in un ristorante elegante della marina, con quel puzzo di
fritto e la tetraggine delle famiglie allargate, tavole di quin
dici, di venti persone in cui riconosci i genitori e poi i figli e
nipoti venuti bene e quelli venuti male, le figlie bene o mal
maritate, tutti un po' clonati, stessi riccioli, stessi nasi feni
ci, stessa cupa determinazione nel ripulire zuppiere im
mense di spaghetti ai frutti di mare, vassoi enormi di fritti.
Il capo famiglia a capo tavola, vicino alla moglie ingrassata
e sudata, con le caviglie gonfie, si alza di cinque centimetri
per fare un piccolo inchino di rispetto al dottor Macera che
risponde con un franco sorriso e un saluto della mano
mentre mi mormora: �Quello � un fetentone che se mi rie
sce di incastrarlo sta in galera tutta la vita�. Entra una si
gnora elegante e il questore ci informa confidenzialmente
della relazione che la signora intrattiene con il sottosegre
tario Masciaferro, �un fesso,, dice Macera che ad Agrigen
to, lo si capisce, lo fa capire, sta come Ovidio sulle rive del
Mar Nero, un porco esilio. Usciamo nel caldo umido della
notte, dalla distesa nera del mare viene un solo di salso,
ma l'odor di fritto non si stacca dagli abiti. Macera non ci
molla, ha passato un sacco di sere solo piuttosto che stare
con i fessi di questa fetentissima citt�, e ora vuol far due
chiacchiere. Cos� la nostra corsa sull'auto bianca azzurra e
la luce rotante prosegue nella notte afosa nel continuo
gracchiare delle radio delle (volanti), che Macera intercet
ta, divertendosi come un bambino: �Qui Giaguaro 3. Ab
biamo fermato due tipi sospetti con due grosse valigie�.
�Giaguaro 3, sono il questore.� �Agli ordini, dottore.,,
�Avete perquisite le valigie?� �Stiamo facendolo.� <,Tenete
mi informato.,) <,Pantera 4, sono Macera. Novit�?), (Ab
biamo sorpreso due vicino al tempio di Zeus in atteggia
mento inequivocabile.� (�Insomma, fottevano.� �Esatta
mente dottore.,) (Generalit�?� �(Lui dice di essere un fun
zionario di prefettura.� �Lascialo andare, Scalisi, ma digli
che la prossima volta vada in albergo.� �Antilope 6? Sono
Macera. Tutto tranquillo?,) ��Dottore, uno � morto, l'altro
ne ha per poco.� �,Cosa? Dove?,) (,Siamo a Menfi, via Or
lando, li hanno aspettati sulla porta di casa, due in motoci
cletta.� �Parto subito.� Mentre ci accompagna all'albergo
richiama Giaguaro 3 per dire che nelle valigie dei due fer
mati c'erano solo delle forme di pecorino. �Lei signora
vorr� scusarmi� dice Macera e bacia la mano, poi se ne va
nella notte a vedere due morti ammazzati, vita da questore
del profondo sud.
Era gi� incominciata in quegli anni la vana lotta contro
gli abusivi nella valle dei templi e oggi il sovrintendente mi
informa che continua pi� aspra e persa che mai, un funzio
nario dello stato odiato e temuto da tutti i funzionari dello
stato che hanno costruito le loro casette a ridosso dei tem
pli, un sovrintendente che cerca di impedire per ordine
della Regione e dello stato uno scempio di cui i funzionari
locali della Regione e dello stato se ne fottono. Gli agrigen
tini dovrebbero ringraziarlo, difende la ricchezza e la bel
lezza della citt�, ma della bellezza e del bene pubblico gli
agrigentini se ne strafottono, per loro � un nemico, uno
che non si fa (gli affari suoi�. La legge c'�, precisa, la zona
A � intoccabile, nella O e nella C si potrebbero permettere
dei piccoli insediamenti lontani l'uno dall'altro e invece �
la corsa al mattone, alle villette a schiera come a Castelve
trano, Campobello, Mazara, Marinella, Selinunte. Si �
schierato contro il sovrintendente anche monsignor Ferra
ro, il vescovo che deve curare il suo gregge di abusivi. In
occasione degli auguri di Natale monsignor Ferraro li ha
rassicurati: ,Quando papa Giovanni Paolo II verr� qui ad
Agrigento si render� conto di persona delle bugie che sono
state dette e scritte sulla presunta cementificazione della
valle dei templi. Solo allora tutto il mondo onesto potr� sa
pere la verit� su questa vicenda. E' giunto il momento di
dire basta a una mistificazione culturale che si sta facendo
sul parco agrigentino: se � archeologico non � paesaggisti
co,,. Grati al loro pastore, gli abitanti del quartiere abusivo
di Maddalusa hanno fatto stampare migliaia di cartoline di
auguri per monsignor Ferraro e per il presidente del Con
siglio Giulio Andreotti, i soli che li abbiano difesi �dalla
mistificazione che si sta facendo in nome della cultura e de
gli interessi che stanno dietro questa cultura�. Vigoreggia
nel profondo sud, come del resto nell'Italia intiera, una
forte voglia di distruggere il bello in tutte le sue forme, na
turale e architettoniche, la madre natura, madre delle esta
si, come i monumenti del passato. �La Sicilia,, ha pubbli
cato per giorni i nomi di coloro che a migliaia hanno co
struito case, baracche, strutture nella riserva naturale del
Simeto, migliaia di costruzioni. Sono stati emessi 1075 or
dini di demolizione, ma per ora sono state abbattute solo
45 baracche di poveretti. Gli abusivi non li ferma nessuno:
dal primo divieto di costruzione, dai primi ordini di demo
lizione del 1986 hanno messo su altre 225 villette. Qualco
sa di peggio lo si � visto solo ad Ercolano: l'anno scorso il
Comune ha ordinato la demolizione di tre villette, tre delle
1630 abusive sulle falde del Vesuvio. Grandi preoccupa
zioni fra i 1627 che avevano pagato il pizzo ai capomastri
mafiosi, dieci milioni per villetta, non sapevano che i tre
ordini di demolizione erano andati ai tre che si erano rifiu
tati di pagarlo.
Puzzo di fritto e odore forte di polvere da sparo, colare
di sughi e di sangue nelle notti agrigentine. Hanno steso
davanti a casa sua a Camastra Salvatore Curto, capogrup
po alla Provincia del Partito socialista. Tutti sapevano che
aveva le mani in pasta con i mafiosi, lo avevano visto pran
zare con i capifamiglia, anche con Giovanni Alaimo del
potentissimo clan dei Caruana che controlla la droga nel
Venezuela, ma il procuratore della repubblica non lo ha
mai inquisito. I direttori degli uffici prudenti e esperti san
no che denunciare uno come Curto, esponente del Psi, si
gnifica scatenare un pandemonio politico. Ha preferito la
via pi� comoda, segnalarlo all'Antimafia che a sua volta lo
ha segnalato al partito che, come sempre, se ne � infischia
to. E ora che i mafiosi hanno steso per l'eternit� il compa
gno Curto, il segretario regionale del Psi, Buttitta scrive
uno dei duri comunicati di chi ha la coda di paglia: �Appa
re chiaro che questo barbaro delitto � una intimidazione ri
volta al Partito socialista, ma non riuscir� a fermarci,,. A
fermare che, Buttitta? La corsa dei socialisti ai voti dei ma
fiosi, l'onorevole And� capogruppo alla Camera che accet
ta i voti dei gunnelliani �amici degli amici,,? Povero Buttit
ta figlio del poeta obbligato a scrivere le frasi d'obbligo:
�Fiduciosi nella giustizia contro coloro che osano anticipa
re i verdetti della nostra magistratura a cui confermiamo la
nostra totale fiducia,. Una fiducia sui generis visto che il
partito voleva estendere l'immunit� parlamentare anche ai
consiglieri regionali e provinciali. La partitocrazia ladra si
� riscoperta garantista in Sicilia e altrove. Nessuno � colpe
vole, tutti sono presunti, anche il funzionario municipale
romano trovato con il malloppo nelle mutande. A Mister
bianco un motociclista non si � fermato a un posto di bloc
co, inseguito ha cercato di nascondersi in una casa disabi
tata. I poliziotti gli sono addosso, gli trovano un borsello
con i proiettili del mitra, l'arma � in una stanza, in tasca
ha un elenco di persone e di ditte ricattate dal racket e sui
giornali si legger� che ,probabilmente trattasi di presunto
mafioso che stava compiendo una missione),. S�, presumi
bile, molto presumibile. Nel mondo civile il garantismo si
basa sulla efficienza e imparzialit� della giustizia, da noi
sull'esatto contrario, sulla possibilit� che ha il delinquente
di prendersi gioco di una giustizia lenta, farraginosa, tal
volta complice perch� impaurita o corrotta. Ed essendosi
diffusa l'idea, la certezza che rubare o malversare non
comporta grandi rischi dato che si resta presunti per i tem
pi lunghissimi della giustizia a cinque o sei gradi fino al
l'amnistia, ne risulta che gran parte del nostro ceto ammi
nistrativo � composto di presunti, cio� di malviventi, e che
la delinquenza � ordinaria amministrazione.
Hanno un ruolo particolare in questa situazione di ille
galit� diffusa le televisioni locali in cui ogni sera si dibatte
sulle pubbliche malversazioni, ma senza alcun costrutto.
Ad Agrigento tremola la luce, manca l'acqua, si intasano
le fogne, ma nelle televisioni locali continua l'intensa, sod
disfatta e innocua contesa sugli edifici pubblici aperti al
pubblico prima dei collaudi, sul progetto per il centro sto
rico che ignora la storia della citt�, sulla querela che l'inge
gner Rizzo ha dato all'architetto Teresa Cannarozzo che
avendo criticato il suo progetto per il centro storico: �Ha
gravemente leso l'immagine, l'onore, il decoro e la reputa
zione che il professionista ha sia nella sfera personale che
in quella professionale,,. Il foresto non sa che l'ingegnere
elettromeccanico Rizzo � potentissimo ad Agrigento, il suo
studio ha prodotto pi� progetti che tutti gli altri messi as
sieme: depuratori, piani di edilizia popolare, strade, im
pianti sportivi, reti idriche e fognarie, mattatoi, centro sto
rico, piano turistico di Siculiana per cementificare la riser
va naturale di Torre Salsa, gli impianti termali di San Gio
vanni Gemini nella riserva naturale dell'Acqua fitusa. As
sieme all'infaticabile ingegner Rizzo lavora il geologo Ric
co, capo del servizio geologico regionale, che al contempo
fa parte del comitato regionale che approva le opere pub
bliche di importo superiore ai cinque miliardi, ambivalen
te e onnipresente. Si discute molto e senza il minimo effet
to nelle televisioni locali. Sul Comune che dovendo rispar
miare ha cominciato tagliando la luce al Museo civico, sui
medici eletti nel Consiglio con un numero di preferenze
eguale a quello dei loro mutuati, sui miliardi divorati dalla
Ussl. L'idea della legalit� che si ha nella nobile citt� di
Agrigento � piuttosto elastica.
Vado a trovare l'avvocato Gangi a cui mi hanno indiriz
zato gli amici palermitani come studioso della storia citta
dina. <Che cosa l'ha condotto nella nostra bellissima Sici
lia, dottore egregio?� ,Curiosit�, avvocato, la voglia di ri
vedere questa nostra Magna Grecia.,) (,Eh si, eredit� pro
fonda, inestirpabile, che resta nel costume, nella lingua.
Ma lo sa, dottore, che qui la gente senza saperlo parla gre
co? Sa cosa � la fanara? Quel mazzetto di erbe che pu� ser
vire da torcia? Da faino, apparire. E sa come diciamo delle
orme che il contadino lascia nel campo? Spasti, che � puro
greco. Il compare che dice all'amico "hai pi� corna di un
panaro di crostali", parla ancora greco. Le antichit�! Il ri
spetto ci vuole certo, ma quante esagerazioni per un bu
chetto e tre pupazzi. Le sto parlando di una causa mia, di
un mio cliente che si � fatto una casetta al mare e salta fuo
ri un invidioso a dire che nel campo c'� una grotticella con
dei graffi sulle pareti, pupazzi di buoi e di uomini che an
che un bambino delle elementari li farebbe meglio.,) L'av
vocato Gangi ha due grandi passioni, Pirandello e la dop
pia sospensione processuale. Di Pirandello si legge ogni se
ra una novelletta prima di addormentarsi, la doppia so
spensione processuale me la sta spiegando: come lei sa
pr�? egregio dottore, le ferie della magistratura scattano il
1 agosto e fino al 15 settembre tutto resta chiuso. Se lei fa
iscrivere una causa, di quelle rognose, nella seconda met�
di luglio, dopo il 16 scatta la sospensione che per legge � di
nove mesi con decorso dal 16 settembre. Faccia il conto e
arriva di nuovo puntuale al 16 luglio dell'anno seguente e
scatta la seconda sospensione.,, <�Ingegnoso,, dico, e penso
al presidente del tribunale di Gela che si ritrova sul tavolo
le cause del 1972. Ma il versatile avvocato Gangi sta gi� vi
rando verso la letteratura: �Lei lo sa che il siciliano � la lin
gua sintatticamente migliore d'Italia? Fu Celo d'Alcamo a
crearla. Poi � diventata eclettica, ci sta pure il francese.
Come ci diciamo noi al bicchierino? Guttino, ci diciamo,
dal francese gouttin. E poi parole arabe, spagnole, nor
manne. Le antichit�, dottore egregio, cose preziosissime,
siamo d'accordo, regole severe ci vogliono se no si costrui
scono un attico sopra il tempio di Zeus, ma non esageria
mo. Le parlo di una causa mia, di un mio cliente che � sta
to denunciato dal sovrintendente. Quel fesso non si � ac
corto che fra le due leggi regionali c'� contraddizione. Le
antichit�. Sa cosa si dice da noi? Occhi pieni tasca vuota.
Durante la causa mi � venuto da dire, di antichit� si crepa,
e il presidente Zappal� sorrideva. Poi mi ha fregato, ma si
va in appello�.
L'indomani sono andato a respirare nell'unico luogo an
tico che si sia salvato, Heraclea Minoa. Nell'arco di spiag
gia verso capo Bianco c'� una pineta fitta, chiome verde
chiaro che il maestrale, il limbisci piega appena tanto sono
folte; e gli viene contro un mare incredibile, blu, azzurro,
verde, turchese, giallo, bianco di frangenti. In cima alla
collina sull'Acropoli ci si affaccia alla valle del Platani, il
fiume del colore dell'erba acquatica, verde marrone che si
curva in un perfetto meandro prima di entrar nel mare.
C'� una sottile striscia di sassi e di canne a separare le ac
que lisce del fiume dal potentissimo mare che Nettuno in
furia. Su per la valle gli aranceti seguono per chilometri il
segno scuro del fiume pigro. Heraclea Minoa � intatta,
niente mafia, niente case, impresari, ristoratori, niente du
plice sospensione. Solo una collina fra fiume e mare. Non
ci arrivano neppure le magiche onde di Radio Vittoria.
Eppure cosa era, cosa � Heraclea Minoa se non essenziali
t� naturale? Un piccolo fiume, una collina alta cento me
tri, una cava di pietra bianca sul Capo, una di pietra rossa
nell'interno e i campi coltivati al riparo della valle del Pla
tani. E di questa essenzialit� i matematici, i filosofi, gli ur
banisti avevano fatto una piccola perfetta citt�. C'erano
anche gli schiavi, si intende. Per due volte si ribellarono,
per due volte si impadronirono dell'Acropoli e vi accesero i
loro fuochi. Poi li fecero a pezzi. Stamattina sul giornale
(,La Sicilia,, si parlava del rilancio dell'economia agrigenti
na e c'era la dichiarazione del consigliere Beloi: Io una
mia idea ce l'avrei. Io proporrei la settimana dei miti del
Mediterraneo con sfilata di carri allegorici�.

La Ducea di Nelson.
Arriviamo a Bronte per una strada che sale e scende per le
sciare laviche, per vedere l'altra faccia dell'Etna, l'interna,
e per conoscere il paese in cui venne al pettine della storia
la generosa ambiguit� del garibaldinismo, del Nino Bixio
sceso con Garibaldi in Sicilia per liberare i contadini del
feudo che qui ne fa passare cinque per le armi, in difesa del
feudo. L'Etna sta sopra Bronte, dal Bronte ciclope che fab
bricava le folgori di Zeus, come una grande manta, un
grande triangolo nero, lass� ancora striato di neve. Imma
ne ma anche soffice come i nostri vulcani, dura lava ma
anche ceneri, soffioni, ginestre.
A Bronte non ci sono pi� principi, duchi, stemmi e ban
diere gigliate. Al circolo di cultura sulla via Grande fra po
co inizieranno le partite di zecchinetta o di ramino; dall'ex
Reale collegio escono scolaresche affrante dalle lezioni, si
vedono ciccioni mansueti e gentili come nella ricca Ameri
ca, � arrivata anche qui la nutella dei miei concittadini al
besi, nutritori delle masse, sono arrivate le merendine dei
parmigiani, anche qui gli zaini multicolori e le ragazze
�sfacciate� che chiedono passaggi agli automobilisti per an
dare a Randazzo o Cesaro.
Per la via Grande il tripudio medicinal chiromantico � al
suo pieno, dovunque cartelli e insegne di dulcamara esor
tano alle analisi, alle dialisi, alle fisiokinesiterapie, come se
l'intera popolazione fosse composta da diabetici, leucemi
ci, nefritici, afflitti da emorroidi e tonsilliti, bisognosi di
strumenti ortopedici. La salute pubblica trasformata in
tutto il sud, ma soprattutto qui nella Sicilia orientale, in
una gigantesca speculazione privata. A Messina � appena
esploso lo scandalo delle ,analisi d'oro,, in cui si sono in
trecciati dirigenti della Ussl, medici, biologi, docenti uni
versitari, sindacalisti, onorevoli, tutti d'accordo a fare nei
loro laboratori privati tre analisi per poi farne pagare dieci
alle Ussl, a sabotare i laboratori pubblici per far fiorire i
privati. Seicentomila analisi in un anno nella citt� di Mes
sina per trecentomila abitanti, altrettanti a Catania e a Si
racusa, una sanit� da paese sottosviluppato che non essen
do in grado di curare i pazienti li manda spesati con l'ac
compagnatore nelle cliniche del nord o all'estero, a farsi
operare al cuore a Houston o a un rene a Parigi come cosa
normale per il nuovo ceto al potere, non per i poveri diavo
li che magari crepano perch� un letto di ospedale � occupa
to dalla nonna di un onorevole che cos� ha sistemato gra
tuitamente la sua vecchiaia. Storie turche, di un medico
che denuncia lo scandalo delle �analisi d'oro� e poi scopre
che uno di quelli che tirano le fila � suo padre, barone uni
versitario.
A vederli, questi siculi etnei non sembrano cos� malcon
ci, il commercio dei pistacchi in gran voga fra i gelatai e i
pasticcieri li ha arricchiti, almeno a giudicare dalle auto
mobili di lusso ferme come caimani sulla riva delle strade.
Vado nella biblioteca comunale per vedere cosa hanno sul
l'eccidio del 1860. Ne hanno di documenti e interessanti:
in quell'anno prima dell'Unit� i signori di Bronte, i pro
prietari terrieri, tenevano a spese del Comune trentotto
balie per allattare i loro bastardi. Il cronista Benedetto Ra
dice, con carit� per il luogo natio ma rispetto per la verit�,
racconta le sevizie e le infamie che i ricchi riservavano ai
poveri. Si vede che storco un po' la bocca perch� il biblio
tecario che � uomo di spirito mi chiede: �Dottore, ma lei �
per il suo conterraneo Bixio o per i nostri cafoni?�. �E lei
professore?,, �Non posso negare,, dice lui con un sottile sor
risino, �che ci furono degli eccessi.� E chiamali eccessi: se
colare ferocia contadina e freddo calcolo politico dei gari
baldini. Accanto a Bronte c'� la Ducea di Nelson, l'eroe
inglese, propriet� dei suoi inglesi successori e senza gli in
glesi Garibaldi non sarebbe sbarcato a Marsala e forse non
ci sarebbe stato il Risorgimento.
All'annuncio che Garibardo � sbarcato in Sicilia e ha
promesso la terra ai contadini incomincia a Bronte il fer
mento popolare e quando il generale � a Messina, a poche
giornate di marcia, la pentola esplode come usa nelle rivol
te contadine: �Verso mezzogiorno la piazza vicina al casi
no dei civili era bollimento nero),. La folla cresce in nuilir
ro e furore, si sente gridare �Viva l'Italia, a morte i sorci�,
i signori, e si va all'eccidio: il notaio Cammarata (legato
per i piedi e orrendamente evirato lo gettarono semivivo su
un rogo. Poi tocc� a suo figlio Antonio�. Per cinque giorni
Bronte � nelle mani dei rivoltosi, �<verso l'una di notte riso
nava per le vie la voce di un banditore preceduto da un
rullar di tamburo: "All'ordine del generale milanese chi ha
sorci in casa li metta fuori, pena l'incendio delle case o la
morte"�. Poi arriva Nino Bixio con la commissione milita
re di giustizia presieduta dal capitano De Felici: cinque so
no fucilati sul posto, otto mandati all'ergastolo. Il conto
torna: i �sorci� hanno avuto undici morti. Bixio scrive al
commissario di polizia di Cesar�: <,Era necessario un esem
pio e lo hanno avuto tremendo�. Poi verranno i distinguo
le scuse, �la sentenza fu del tribunale militare, io non potei
intercedere�. Garibardo, Garibardo, perch� hai promesso
la terra ai contadini e poi li hai fatti fucilare? Garibaldi se
fosse qui fra noi direbbe: ,Guardi qui, "In confidenza, sono
almeno quindici le lettere e le urgenti richieste di aiuto del
console inglese di Catania, della duchessa di Bronte erede
Nelson, dei suoi amministratori,,. Chi � morto nell'agosto
del '60 a Bronte � morto, i signori son sempre signori, i ca
foni qualche sera nelle osterie o nelle carbonare dell'Etna
possono, dopo aver bevuto, cantare: <,A li mastri pugna e
cauci/ pugna e cauci a li mastrazzi/ cavaleri arsi tutti/ tutti
mpisi gli sbirrazzi�.
Oggi la Ducea di Nelson � della Regione, gliela ha ven
duta il duca di Bridford erede dell'ammiraglio. Le Regioni
sono benemerite quando acquistano monumenti insigni,
mediocri quando li mantengono: i prati all'inglese del giar
dino sono gi� invasi dalle erbacce, mancano le irrigazioni e
le rastrellature quotidiane, gli intonaci delle stalle si scro
stano, c'� odor di muffa nella galleria dei ritratti. Resta so
lo lui, Nelson, negli oli, nelle caricature, nelle acqueforti,
Orazio il vincitore di Trafalgar, l'uomo di bronzo in cima
alla colonna nel cuore della Londra imperiale. Suo il bic
chiere di cristallo con cui brind� la sera della grande vitto
ria con il marsala acquistato dai Woodhouse per �his
Majesty's Navy. Mobili, moquette, panoplie, ritratti, di
segni di cannoni e battaglie navali, vessilli sventolanti, fan
fare risuonanti in questa oasi straniera nella vegetazione
etnea, fra i morti, i viventi e i nascituri di questa terra fero
ce, ardente, sotto il fumante Mongibello che domina anche
la Ducea come una grande manta triangolare, nero e sof
fice.
Niente di questa civilt� siciliana ha avuto il permesso di
entrare nell'imperial britannica tradizione della Ducea,
neppure una pianta grassa. Nella chiesa del 1200, dove i
benedettini seppellirono il loro fondatore, i Nelson Bronte
hanno messo i sarcofaghi loro e dei loro britannici fattori
come Samuele Crisley ��per cinquanta anni impiegato fede
le del duca di Bronte,, o Filippo Thovez (�commissario della
marina di sua Maest��.
Garibardo, Garibardo, perch� hai promesso la terra ai
contadini siciliani e poi li hai fatti fucilare? Ma cosa non si
perdona al generale Giuseppe Garibaldi? Fra tutti gli arte
fici del Risorgimento il solo avvolto dall'amore nazionale.
E lui, amato dalle Alpi al Lilibeo, l'unico umano comun
denominatore delle molte genti che parlavano lingue diver
se, avevano culture diverse. Amato per tante ragioni, forse
perch� si sentiva italiano ancor prima che l'Italia fosse fat
ta, e solo un'italianit� sognata, immaginata, poteva metter
d'accordo le diverse genti. Amava dormire e questo alla
gente povera che si sveglia all'alba piaceva, almeno lui che
pu�. Eroe, generale, dittatore, duce, dove gli capitava dor
miva, subito dopo il pranzo. In piazza Bologni a Palermo
si legge questa lapide, ammirata, stupita: �,In questa illu
stre casa per sole due ore posa le stanche membra
Giuseppe Garibaldi singolare grandezza fra l'immane
scoppio delle micidiali armi sereno dormiva il genio
sterminatore di ogni tirannide,,. Ci sono due momenti in
cui la dedizione popolare per Garibaldi � commossa e tota
le per l'eternit�, e in entrambi lui si addormenta. Il primo
a Napoli nel '60 appena entrato nel palazzo reale: �Appar
ve sul balcone e fece il suo segno, il segno di Garibaldi, le
v� un dito della destra, l'indice, a significare Italia una.
Poi and� a dormire. Una delle sue Camicie rosse torn� al
balcone e pos� la guancia sulla mano a mostrare che Gari
baldi stava dormendo e la folla in silenzio si sciolse),. Da
piangerci su per la tenerezza. Il secondo molti anni dopo
quando arriva in visita a Palermo, ormai prossimo alla
morte nell'autunno dell'81, sofferente di artrite, stanco per
il viaggio. Sale in carrozza alla stazione ferroviaria e subito
si addormenta: <�Pass� fra due ali di folla per chilometri,
dalla stazione al palazzo, ma era passata la voce, il genera
le dorme e, sublime prova di amore, nessuno fiat��. Dor
mire come tutti, mangiare come tutti, passare biondo e
sorridente fra le folle un po' come il nazareno. Ma un na
zareno che se gli davi uno schiaffo ti menava una sciabola
ta. Un nazareno che piaceva alle genti diverse che si dice
vano italiane.

Bruciato a Misterbianco.
Sulla via di Catania apprendo dai giornali locali di essere
stato messo all'indice, con fiamme a un mio articolo in una
chiesa di Misterbianco, l'8 gennaio del '92. Scrive ��La Si
cilia�: <Padre Antonino Mazzaglia durante la predica nella
sua chiesa di Misterbianco ha affermato, riportando un
passo del Vangelo: ha peccato di pi� chi accusa che l'accu
sato. Riferendosi all'ex sindaco Antonino Di Guardo, pro
motore della campagna che ha portato allo scioglimento
dell'amministrazione comunale da parte del governo per
ch� infiltrata dai mafiosi. La cerimonia si � conclusa con
l'accensione del braciere su cui padre Mazzaglia ha bru
ciato l'intervista di Giorgio Bocca a Nino Di Guardo ap
parsa su "Repubblica". "Bruciamo quanto � stato scritto,"
ha detto il sacerdote, "perch� ha infangato il nostro Comu
ne",). Mi spiace per don Mazzaglia, perch� nei giorni se
guenti il suo fuoco purificatore, in una settimana la mafia
ha rapito a Misterbianco un giovane e ne ha uccisi due, al
cimitero, facendoli inginocchiare fra le tombe e sparando
gli alla nuca. L'intervista era avvenuta a Milano il 16 otto
bre del '91, come avviene nei film sul Watergate: mi tele
fona l'ex sindaco comunista di Misterbianco, un nome che
conosco e che mi riporta memorie di giovent�, il trofeo
Duca di Misterbianco gara di sci sull'Etna, profumi di ma
re e di macchia mediterranea fin sulle nevi ghiacciate, cose
del 1941. �Dottor Bocca,,, mi dice, devo parlarle. Lei � li
bero domattina?� �Si, ma per telefono?), �No, non per tele
fono, prendo il primo aereo del mattino da Catania e sono
da lei.� E arriva sul serio, si paga mezzo milione di bigliet
to aereo per venire a parlarmi. Voglio studiarlo un po', ca
pire che tipo �, guadagno tempo con qualche domanda ge
nerica, ingenua, ma taglia corto: �Mi perdoni, dottore, ma
vedo che lei ha qualcosa da imparare sulle faccende sicilia
ne, sul modello di inviluppo, lo chiamerei proprio cos�,
della Sicilia. Sa qual � il metodo di governo dei due partiti
di governo, la Democrazia cristiana e il socialista? La ge
stione della paralisi. Con l'effetto sicuro di trasformare i
diritti in favori. Sono stato sindaco di Misterbianco e capo
dell'opposizione, di questo modello di inviluppo me ne in
tendo, mi creda. Ha bisogno di un certificato dell'anagrafe
come di un permesso di costruzione? E' la stessa cosa, lei li
aspetta inutilmente e alla fine li chiede come un favore e
paga per il favore. Chi amministra, i diritti non sa nemme
no cosa siano, non procura lavoro ma concede posti, non
utilizza i cap�ci ma d� degli stipendi per non far niente,
bacio le mani dottore
, "riverisco ragioniere". Ma se un
Comune non amministra che se ne fa di consiglieri e asses
sori cap�ci? Molto meglio gli analfabeti purch� obbedienti,
incapaci di leggere un bilancio, pronti a votare ci� che vo
gliono i maggiorenti, i padrini padroni. Il procuratore del
la repubblica a cui ho presentato la denuncia contro gli
amministratori non voleva crederci: ma come si fa ad am
ministrare una citt� di cinquantamila abitanti con degli
analfabeti, mi ha chiesto? Si fa, si fa, gli ho detto, oggi fare
il consigliere comunale non � un servizio civile, � un me
stiere e qui quasi sempre un mestiere da ascaro, da uomo
che dice sempre s�. Chi lo fa "pensa alla famiglia", non al
Comune. Tutti a Misterbianco pensano alla famiglia e la
regola principe � "fatti gli affari tuoi". Come se dalla som
ma degli affari di ciascuno spontaneamente scaturisse il be
ne pubblico. Ma la verit� � che del bene pubblico non gli
interessa niente, vogliono solo fare il bello e il cattivo tem
po�. �E chi erano a Misterbianco a fare il bello e il cattivo
tempo?� <�Lo faceva il segretario della Democrazia cristia
na Paolo Arena. Il sindaco Salimbene contava niente. Era
Arena a piazzare i suoi uomini chiave: capo dei vigili urba
ni, assessore all'urbanistica, allo sviluppo economico.�
�Ma quale sviluppo economico c'� a Misterbianco, compa
gno Di Guardo?), ,No, dottor Bocca, c'� eccome lo svilup
po inviluppo economico e l'assessore controlla le licenze
per la zona industriale che non � uno scherzo, vi circolano
migliaia di miliardi. Abbiamo nove banche, con risparmi
per centinaia di miliardi e il capo dei vigili urbani, che si
disinteressa totalmente del traffico e dell'igiene, pu� per�
controllare gli ambulanti, concedere ai privati l'uso del
suolo pubblico, chiudere un occhio sui sopralzi delle case,
non vedere che in un mercatino la gente fa i suoi bisogni
nei sacchetti di plastica e usa un bidone delle immondezze
come latrina. Sono tutti voti per conservare il potere e per
continuare a rubare. Abbiamo avuto un breve momento di
successo noi dell'opposizione e poi i democristiani sono
tornati, regolari regolari al quaranta per cento. E come lo
sanno tutti, hanno messo in lista i cinque medici che hanno
dai 1500 ai 2000 mutuati. Vuoi negare il voto al tuo medi
co? E chi se non il partito di governo pu� fare la carriera di
un medico nelle Ussl? Poi, dove non basta la clientela arri
va la mafia.,, �Vuol dirmi che questo Arena, ucciso dai
mafiosi, era un mafioso anche lui?,, ,Lasci che le spieghi:
l'amministrazione non amministra ma paralizza per gesti
re i favori e fare i suoi affari. Ed � qui che i politici e gli af
faristi locali devono legarsi ai provinciali e regionali perch�
lo sportello della cassa pubblica ce lo hanno quelli della
Provincia e della Regione. A Misterbianco negli ultimi
due anni si sono fatti lavori pubblici per pi� di mille mi
liardi: la nuova discarica, il depuratore, la metanizzazio
ne, i nuovi pozzi d'acqua, le nuove scuole. Con affari di
queste dimensioni, Arena non poteva cavarsela da solo e
infatti si era legato al potere provinciale dell'andreottiano
Drago che aveva a sua volta chiesto la benedizione della
Regione. Il ruolo delle segreterie provinciali � di consiglia
re il nome delle aziende, dei progettisti, dei mediatori che
dettano ai Comuni le condizioni. Uno dei mediatori pro
gettisti sempre i soliti, inevitabili, onnipotenti venne in
Comune e parl� chiaro senza sapere che avevo un registra
tore nascosto sotto la giacca: "Le condizioni le conoscete,"
disse, "quelli della Provincia vogliono il dieci per cento del
la mia parcella, una parcella da sette miliardi pi� il
quattro per cento dell'affare un affare da duecento mi
liardi . Quanto vogliono alla Regione non lo so ancora
ma vi sar� preciso". E sa perch� la Provincia puo fare e di
sfare a suo piacimento? Perch� ha azzerato tutti i concorsi
a licitazione privata, tutte le aste pubbliche, decide la mag
gioranza al potere.,, �Anche a Milano, caro Di Guardo,
anche a Milano affaristi e politici filano in perfetto accor
do.,) �Gi�, ma la differenza � che a Milano non c'� la mala
vita organizzata, non c'� la mafia radicata nel territorio,
legata al potere politico. Vorrei che capiste una cosa voi
del nord. La Piovra, come la descrivete, fa torto alla mafia
che non � cos� onnipresente e divoratrice come voi imma
ginate. Nell'anno in cui ho fatto il sindaco di Misterbianco
con una giunta di sinistra non ho avuto una sola minaccia,
e neppure avvertimenti, allusioni. Il Comune funzionava e
alla mafia le cose che funzionano non interessano, le inte
ressa il ladrocinio, pensa che se rubano gli altri pu� rubare
anche lei. La mafia � come un avvoltoio che non scende
dove c'� il pulito, scende dove sente il puzzo della carne
marcia. Io mi accorsi che stava entrando nel Municipio
quando nell'anticamera del Consiglio cominci� a staziona
re Mario Nicotra detto 'O Tuppu, noto uomo di mafia,
ucciso anche lui dalla mafia qualche mese fa, capii che per
rubare in tutta tranquillit� Arena aveva chiesto la prote
zione e i voti della mafia, la protezione del clan dei "mal
passotu" e del boss Giuseppe Pulvirenti. Poi anche lui � fi
nito in una resa dei conti delle cosche e ci ha rimesso la vi
ta.,, ,Ma come avvengono i pagamenti alla mafia da parte
di un Comune che deve pure avere il suo bilancio?,, �,In
tanti modi. Una notte, per dire, qualcuno d� fuoco alla
scuola Don Milani. Che fa l'assessore all'Istruzione? Chie
de la protezione della polizia? No, d� la custodia a una
agenzia di vigilanza legata alla mafia pagandola pi� di un
milione al giorno anche se non vigila per niente. Chi fa le
pulizie negli uffici e nelle scuole? i dipendenti comunali
che sono in numero esorbitante? No, provvedono delle
cooperative costituite un giorno prima del contratto, con
gente che entra e esce a suo piacere, ruba le attrezzature,
perfino i vetri delle finestre. Se dagli uffici spariscono co
piatrici, macchine per scrivere, fax, niente paura, l'asses
sorato ha gi� comperato altre macchine da strani rappre
sentanti e le ha pagate il doppio o il triplo del normale.�
Sulla via di Catania passo a trovare Nino Di Guardo. E
teso, preoccupato. �Anche ieri hanno telefonato a mio fi
glio, gli hanno detto prima o poi tuo padre lo ammazzere
moGuardi qui, legga questi manifestini elettorali: il mo
ralizzatore Di Guardo � un ladro, il vero colpevole dei mali
di Misterbianco � lui, il comunista, lo stalinista, ha man
dato i soldi in Svizzera, � colpa sua se sono mancati i fi
nanziamenti. Manca poco che dicono che i due al cimitero
li ho uccisi io. Sono andato dal procuratore che dovrebbe
istruire il processo contro i corrotti del Comune, che cosa
aspettate a metterli in galera gli ho detto. Si � alzato, ha
aperto un armadio pieno di fascicoli, ha allargato le brac
cia, dovrei pensarci io da solo ha detto. Volevo dirgli: ma
possi bile che in questo paese gli onesti vengano subito per
seguiti e dei ladri ci si dimentichi? Il prefetto mi ha dato
una scorta, ma cosa vuole che faccia una scorta, se voglio
no ammazzarmi possono farlo quando vogliono.� ,E il par
tito, Di Guardo, il partito non puo proteggerla?� �Il parti
to? Sono rassegnati, sono stanchi, si sentono con le spalle
al muro. Sa chi sono gli autori dei manifestini? Non sono i
mafiosi, sono i segretari della Democrazia cristiana e del
Partito socialista, insieme hanno il sessanta per cento dei
voti, possono fare tutto ci� che vogliono. Sono impuniti,
hanno preso i voti degli ex gunnelliani, un pacchetto di vo
ti controllato dai mafiosi che gira da un partito all'altro
manovrato da un certo Susinni. Dopo la pubblicazione
della intervista, lei ricorda, il Comune venne commissaria
to poi arriv� la troupe televisiva di "Samarcanda" e trov�
le fotografie del sindaco assieme ai dirigenti della squadra
di calcio fra cui alcuni noti mafiosi. L'Italia intera vide,
cap� che cosa � questo Comune, che cosa � questo ceto po
litico. Poi, pian piano le parti si sono rovesciate, gli accu
sati sono diventati accusatori, � tornata la legge dell'omer
t� che don Mazzaglia predica ai fedeli, sono tornati gli af
fari sporchi, la Provincia ha protestato contro un serial te
levisivo girato a Messina e Catania perch� "ha ripetuto un
clich� diffamatorio". Ma non � un clich�, la mafia � padro
na delle due citt�.�
I Costanzo mi vogliono parlare
Giovanni Falcone e Francesco Misiani, magistrati esperti
di mafia hanno dedicato pagine dei loro libri a Carmelo
Costanzo, imprenditore edile di Catania, uno dei quattro
cavalieri del lavoro di quella citt�, Rendo, Graci e Finoc
chiaro gli altri, che per decenni hanno costituito una sorta
di oligopolio, spartendosi i grandi lavori pubblici dell'iso
la. Contigui alla mafia, protetti dalla mafia, da essi pagata
o in grado di ricattarli o le due cose assieme. E il lettore si
chiede perch� questi magistrati cos� cauti, cos� misurati
con altri personaggi siciliani e potremmo aggiungere an
che il giudice Meli che dei due non � certo amico siano
invece duri, espliciti con il Costanzo ora defunto, come se
rappresentasse una loro questione personale, un loro cau
chemar, come se questo imprenditorepadrino avesse messo
in crisi la loro interna credibilit�, li avesse messi di fronte a
uno degli enigmi dell'isola: in Sicilia le prove non sono
eguali per tutti.
E capitato al vecchio Carmelo Costanzo un deplorevole
incidente di percorso: il mafioso Antonino Calderone,
braccio destro di Nitto Santapaola, il boss dei boss catane
si, arrestato sulla Costa Azzurra capisce di non avere
scampo, si pente e racconta nei dettagli il suo rapporto con
il costruttore. La confessione dovrebbe essere protetta dal
segreto istruttorio, ma l'hanno pubblicata i giornali, Ar
lacchi ci ha scritto un libro e a me ne d� conferma un ma
gistrato palermitano anonimo che mi fa avere in copia gli
atti del processo penale 1817/85 in cui: <�Nella parte concer
nente la posizione dei fratelli Carmelo e Pasquale Costan
zo come si presenta dopo la confessione di Antonino Cal
derone, peraltro avvalorata dall'esito del confronto fra il
medesimo e i due fratelli, sono emersi gravi e molteplici
elementi di reit� in ordine al delitto di associazione per de
linquere di stampo mafioso�. Elementi, direi, terribili:
grandi mafiosi, da Cupola, come Salvatore Inzerillo e Sal
vatore Greco detto Cicchiteddu, come Giuseppe Di Cristi
na e persino il capo dei capi Salvatore Riina, tenevano riu
nioni negli uffici dei Costanzo e vi decidevano condanne a
morte come per Francesco Madonia. I Costanzo non lo sa
pevano? Certo che lo sapevano, li invitavano a pranzo, or
ganizzavano per loro battute di caccia, avevano rapporti
stretti con i capi della mafia catanese Santapaola e Calde
rone e persino con Antonio Minore, il boss di Trapani.
C'erano da fare lavori anche nella Sicilia occidentale. E a
quanto pare dalla confessione e dal confronto non era poi
vero che fossero ricattati dalla mafia, schiacciati sotto il tal
lone della mafia, erano loro ad avere il coltello dalla parte
del manico, loro a usare Calderone come uomo di paglia
nell'acquisto di terreni per spuntare prezzi bassi; loro a co
stringere il Calderone a cedergli sette ettari di terra in loca
lit� Belpasso e dal pagamento detrassero un credito che
avevano con lui e avendo fatto fallire la ditta di un altro
Calderone la rilevavano per pochi soldi. I due Costanzo
con la mafia avevano rapporti forti e lontani, imparentati
stretti con il mafioso Filippo Marchese, uniti ai mafiosi per
battesimi e matrimoni. Pasquale � stato testimone alle noz
ze dei due Calderone, Antonino e Giuseppe, padrino di
battesimo di un suo figlio; da tutti considerato �uomo d'o
nore�, se non ebbe l'investitura ufficiale, racconta il penti
to, fu solo per motivi di convenienza. Va gi� pesantissimo
il pentito: i Costanzo manifestarono la loro preoccupazio
ne a Nitto Santapaola per l'arrivo a Palermo del generale
dalla Chiesa, e secondo le confidenze di un mafioso furono
loro i mandanti dell'assassinio dell'onorevole Mattarella.
Il pentito non ha esitazioni, dice dei Costanzo: �Sono im
mersi completamente nell'ambiente mafioso�, e racconta,
racconta con ricchezza di particolari: durante i lavori per il
doppio binario CataniaMessina i cantieri delle ditte con
correnti vennero sabotati e alcune desistettero dai lavori,
se qualche mafiosetto dava disturbo Nitto Santapaola lo fa
ceva richiamare alla ragione dal suo uomo di fiducia Fran
cesco Mangion detto Ciuzzu oppure da Nino Bua che per
ricondurre i sindacalisti a pi� miti consigli minacciava di
gambizzarli; quando Santapaola, accusato dell'assassinio
del generale dalla Chiesa, dovette darsi alla latitanza, la
moglie e il figlio trovarono alloggio in un residence dei Co
stanzo; tutte cose che Carmelo Costanzo deve ammettere
nel confronto con il Calderone sicch� il giudice anziano
Meli, il conservatore, quello che ha dato il via alla guerra
contro il pool antimafia, avuto il verbale fra le mani sbotta:
�Ma questa non � una testimonianza, � una confessione�.
E sul caso Costanzo fra Meli e Falcone � di nuovo guerra.
Giovanni Falcone conosce bene la Sicilia, si muove con
prudenza, esita a rinviare a giudizio i Costanzo, vorrebbe
discuterne con Meli ma l'incontro non avviene e Meli se
ne lamenta con lui con una dura lettera: �<La sua nota ha
bisogno di alcune puntualizzazioni per cui non posso fare a
meno di rispondere anche se ne avrei fatto volentieri a me
no, contrario come sono alle polemiche di ogni tipo. Non
sono n� sordo, n� cieco, n� pazzo per cui non ho dubbio
che ci� che le ho scritto sul suo comportamento risponde
alla esatta percezione di quanto in realt� � avvenuto...
Quanto ai Costanzo pi� volte ho portato alla sua attenzio
ne, a seguito delle conoscenze istruttorie, la molteplicit� e
gravit� degli elementi che sempre pi� li indicavano come
gravitanti nel Gotha della intera mafia siciliana e Ella, pur
convenendone, e non poteva essere diversamente, ha mo
strato tuttavia in relazione alla loro persecuzione penale
una certa perplessit� per le conseguenze negative che
avrebbero potuto discenderne "per l'economia siciliana".
Onde la opportunit� di riunirci per discuterne approfondi
tamente. Stabilito, appunto, di riunirci e di farmi sapere
quando per conciliare i reciproci impegni di lavoro, nulla
mi � stato pi� detto al riguardo�.
L'azienda dei Costanzo d� lavoro a tremila persone e in
Sicilia, uno che ha tremila dipendenti, in galera non ci puo
andare perch�, come scrive il giudice Misiani, (c'� una cer
ta misura di self restreint nel qualificare come penalmente il
leciti i comportamenti di politici e imprenditori. E una
prassi generalizzata�. Su questo non ci piove, Salvo Lima
nonostante centoquarantanove citazioni nella relazione del
l'Antimafia, nonostante decine di denunce non ha fatto un
giorno di prigione e i quattro cavalieri del lavoro catanesi la
prigione l'hanno conosciuta per pochi giorni, rinviati a giu
dizio per contiguita e complicit� con la mafia sono stati as
solti dal giudice Luigi Russo con una sentenza storica in cui
la giustizia italiana confessa la sua impossibilit� a far rispet
tare la legge nell'isola. Una sentenza zeppa di notazioni
giustificative come �volenti o nolenti� �inevitabilmente�
�materiale relazione,, �per fisica contiguit�,) �non riconduci
bile a sua iniziativa�, in cui si ripete il concetto che i quattro
agivano in stato di necessit�. (questa � la realt� con cui de
ve misurarsi l'imprenditore siciliano nell'affrontare l'im
patto con il fenomeno mafioso e per trovare soluzioni di una
conflittualit�, posto che allo scontro frontale risulterebbe
perdente sia il pi� modesto degli esercenti sia il pi� ricco ti
tolare di grandi complessi industriali. �
Stando cos� le cose ci sarebbe da chiedere al giudice
Russo perch� continui a fare il magistrato e a percepire
uno stipendio per una funzione che giudica impossibile. E
i banchetti, le battute di caccia, i matrimoni, i battesimi?
Per il giudice tutto ci� era lecito perch� �non potevano esi
mersi da frequentazioni interpersonali del resto estranee
alle finalit� economiche e alle motivazioni soggettive ine
renti all'esercizio delle grandi imprese,,. Incredibile! Que
sti facevano i miliardi grazie alla protezione della mafia,
ma i loro rapporti con i mafiosi non erano inerenti alle loro
imprese. E il giudice Russo vuole pure spiegarcelo: �Le
modalit� di attuazione da parte del protettore sfuggono al
controllo del protetto il quale anzi � tenuto a non interveni
re nei meccanismi decisionali, ecco i modi di pensarepropri di un certo particolare
ambiente del tutto restio ad
accettare consigli e suggerimenti dall'esterno,,. (,Insom
ma,� ha commentato il giudice Di Lello, �,mafia, fai tu! Il
giudice Russo dopo avere cos� brillantemente affrontato e
risolto il problema del processo volitivo degli imprenditori
non si � minimamente posto lo stesso problema che gli im
prenditori incontravano sulla loro strada, non si � chiesto
se per caso molta della forza di penetrazione dei "nostri"
non dipendesse proprio da questo tipo di rapporto protetti
vo.� Mafia fai tu! lo ha ripetuto al processo anche il cava
liere del lavoro Graci: �La Signoria vostra mi chiede se io
sapessi o avessi intuito che il Santapaola gravitasse in am
bienti criminali. Mi permetto di far rilevare che questo �
un tipo di domanda a cui l'imprenditore siciliano non pu�
rispondere per le gravissime conseguenze a cui andrebbe
incontro. Non conoscevo Franco Romeo o meglio non lo
ricordo. Ancora una volta prego la Signoria vostra di tener
presenti certe esigenze�. A sua Signoria la curiosit� difetta,
non gli interessa sapere perch� il cavalier Graci fosse amico
di mafiosi e del banchiere Sindona.
Il cavaliere del lavoro Carmelo Costanzo � morto nel
suo letto il 10 aprile del 1990, ma i suoi figli ne hanno rac
colto l'eredit�, una eredit� pesante. Mi telefona in albergo
a Catania Fabio Pisani, dirigente delle relazioni pubbliche
della Costanzo: (�Dottor Bocca, l'architetto Vincenzo Co
stanzo vorrebbe incontrarla. Posso andare avanti?�. ,Va
da, vada avanti.� (,Vorrebbe chiederle un consiglio.� ,�A
me?,, <Si, i Costanzo leggono ci� che lei scrive da tempo su
loro padre e vorrebbero parlarne con lei.), Combiniamo
l'appuntamento a Roma, dove Vincenzo Costanzo abita
con la famiglia. L'architetto mi riceve nella direzione del
lyimpresa, a pochi passi dal Colosseo e mi presenta suo fra
tello. �Un caff�?� S�, grazie.,, La segretaria siciliana vesti
ta di nero, scura di pelle e di occhi, arriva con le tazzine
del caff� siciliano, superconcentrato, non pi� di un ditoE
intanto mi chiedo: possibile che questi due signori, qua
rantenni, laureati, da tempo nella direzione dell'impresa
non sapessero tutto di loro padre, di loro zio, possibile che
non si accorgessero che stavano dentro l'impasto tragico di
cui � fatta la Sicilia? Dovevano saperlo, Carmelo li faceva
svegliare alle 6 del mattino, li portava con s� nei cantieri,
non possono non aver incontrato i Calderone, i Santapao
la. Vincenzo veste con eleganza, ha riccioli neri corti, baf
fetti neri corti, non alza mai la voce, non esce mai da una
sua melanconia. Attacco io: �Immagino cosa vorr� dirmi,
sono tanti anni che scrivo di suo padre, dei Costanzo, cose
dure, molto dure ed � la prima volta che incontro qualcuno
della vostra famiglia�. �L'ultima volta che lei venne a Ca
tania,� dice Vincenzo, <due anni fa mi pare, e lessi i suoi
articoli dicevo ai miei fratelli e cugini: "Ma perch� il dottor
Bocca non ha chiesto di vederci, di parlarci?",, (,Perch� un
giornalista del continente che si occupa di mafia pensa che
con i Costanzo sia inutile parlare. Che cosa dovrebbero
dirmi questi Costanzo che incaricavano il mafioso Calde
rone di contrattare la protezione della mafia?" (,Non � cos�
semplice, dottor Bocca.,, �Lo so che non � cos� semplice, ed
� per questo che sono qui a parlare con voi. Vorrei che mi
spiegaste perch� non tagliate netto con il passato, perch�
non rifiutate questa terribile eredit�?')
,,Ma cosa dovrei fare, secondo lei? Andare alle Bahamas
a fare i bagni e a fumare sigari sotto l'ombrellone? o com
perare una villa a Lugano e diventare collezionista di qua
dri? Dovrei cambiare il nome dell'azienda? Ho litigato del
le notti intere con mio padre, ma non sono mai riuscito a
convincerlo e ora non riesco a convincere me stesso. L'a
zienda l'abbiamo fatta, diceva lui, abbiamo tremila perso
ne che lavoranoChe facciamo? Li rimandiamo a casa?
Smontiamo gli uffici tecnici, i laboratori di ricerca? E io
oggi mi faccio le stesse domande e mio fratello, i miei cugi
ni lo stesso. Cos� ho continuato, ma mi creda � duro, molto
duroL'altro giorno nel liceo di mia figlia sono venuti Or
lando e Fava, quelli della Rete, hanno tenuto una confe
renza sulla mafia, hanno parlato per due ore dei Costanzo,
mia figlia � arrivata a casa in lacrime. Certe mattine esco
per andare in banca a discutere un finanziamento o a un
ministero per un lavoro pubblico, mi fermo a un bar a
prendere un caff�, sfoglio il giornale e ci trovo le cose che
ha scritto lei, che hanno scritto mille altri, che continua
mente vengono riprese in un giro infernale, senza fine. Al
lora sento che non ce la faccio a andare in banca o al mini
stero a vedere le facce di chi ha letto i giornali o visto la te
levisione. Poi mi calmo, mi dico che devo farcela, che non
posso mollare e si ricomincia. Sono undici anni che dura
questo tormento, lo ricordo bene fu esattamente undici an
ni fa che il nome dei Costanzo apparve per la prima volta
sui giornali del continente per l'appalto del palazzo dei
congressi a Palermo, quando si disse che la mafia ci aveva
fatto vincere l'appalto. In questi undici anni quasi ogni
settimana abbiamo avuto in casa polizia, carabinieri,
guardia di finanza, il questore, i commissari dell'Antima
fia, il giudice Falcone, il giudice Sica, una persecuzione.�
�Senta Costanzo, chi le parla � un piemontese, uno che
non fa eccezioni per la Sicilia e per i siciliani, chi � un ladro
� un ladro chi e un mafioso � un mafioso. Ma essendo uno
che la Sicilia la conosce, posso anche ammettere che fare
l'industriale nell'isola non � una cosa facile, � stare in un
gioco molto rischioso. Per� ci siete entrati, questo Nitto
Santapaola lo avete frequentato, ospitato quando tutti a
Catania sapevano che era il capomafia.,, ,Perch� dice cos�,
dottor Bocca, era un libero cittadino allora, rispettato dalle
autorit�, prefetto e questore andavano alla inaugurazione
della sua filiale d'auto, proprio noi dovevamo dire con
quel mafioso non si parla?,, ,L'aria di Catania la conosco,
e conosco anche l'aria che cammina, l'aria mafiosa che en
tra dovunque, la complicit� generale che la copre. Ma certi
fatti gridano vendetta: il Santapaola � ricercato come as
sassino di dalla Chiesa, l'Antonino Calderone che faceva
da mediatore fra suo padre e la mafia non era di mano leg
gera, era uno che un giorno ammazz� quattro ragazzi per
ch� disturbavano sua madr�.� ��Si, certo, quando ho letto
di Calderone mi � venuto il cuore in gola, ma quando ve
niva da noi era un incensurato, un faccendiere che girava
tranquillo per Catania, che frequentava il colonnello dei
carabinieri. Non sapevamo che era un mafioso? S� che lo
sapevamo. Ma non lo sapevano anche le altre cento azien
de che hanno lavorato in Sicilia come noi e che, come noi,
si sono comperate la protezione della mafia dai Santapaola
e dai Calderone?� ,Senta Costanzo, diciamo che avete
avuto meno fortuna degli altri, diciamo che i Calderone e i
Santapaola delle altre aziende non hanno parlato. Ma una
cosa � certa: quella siciliana � una tragedia che gronda san
gue e chi recita questa tragedia, per tornaconto o necessit�,
deve mettere nel conto che toccher� anche a lui di pagare.,)
<,Forse lei ha ragione e pagare paghiamo. Non abbiamo co
perture politiche, non facciamo parte del "salotto buono"
della finanza per cui si scomodano ministri e capi del go
verno. Abbiamo preso i nostri rischi, ma adesso noi della
terza generazione vorremmo che si venisse a vedere, a ca
pire cosa � la nostra azienda, che se vinciamo gli appalti �
perch� lavoriamo bene, ma il pregiudizio � forte. La nostra
offerta per lo stadio di San Siro era la migliore, la pi� con
veniente per il Comune ma � stata respinta, un'altra offer
ta per un lavoro a Bologna � stata bocciata a busta chiusa,
gli amministratori avevano paura a trattare con i Costan
zo, ci hanno respinto anche a Rimini come se le cooperati
ve rosse della Romagna non avessero trattato con la mafia
per i lavori a Palermo.,)
,Perch� non cambiate nome all'azienda? Perch� non fa
te come i Rendo che hanno mollato la Sicilia e si sono rifat
ti l'immagine?,)
Vincenzo Costanzo guarda il fratello che ha un suo sor
riso di intesa. Credo di capire cosa pensano di me: cosa ne
sa questo del rapporto con nostro padre, con la nostra fa
miglia, con la Sicilia? Come puo capire che questa storia
non � cominciata dal niente, improvvisamente, ma e stata
un susseguirsi di incontri, esperienze, necessit�, opportu
nit�, rapporti umani e autoconvincimenti; perch� proprio
questo � accaduto, che a forza di vivere in quelle necessit�
e opportunit� alla fine ti convinci che questa e la normalit�
siciliana, che altro non si puo fare. Vincenzo dice: ,A volte
mi pare di impazzire. Sono in casa con i figli e i nipotini,
apro la televisione e c'� qualcuno che parla dei Costanzo e
i ragazzi mi chiedono se � vero�.
��Senta Costanzo, lei dice di vivere nell'angoscia. Ma
anche noi che scriviamo di suo padre e della Sicilia vivia
mo nell'angoscia che prima o poi nell'Italia intera si debba
fare una vita da cani come la si fa in Sicilia, che dovunque
il lavoro diventi un rischio mortale. S�, vi capisco, voi della
terza generazione vivete questa storia come una persecu
zione ma anche a noi che pensavamo a una Italia europea
civile sembra pesante, pesantissimo constatare che tre o
quattro regioni sono nelle mani della malavita organizza
ta.,) <,E allora, secondo lei che cosa dovremmo fare?� (�Solo
voi potete decidere, ma di una cosa dovete convincervi: chi
si mette in mezzo a una guerra feroce, di cui ogni giorno
contiamo i morti e i feriti, non puo pensare di cavarsela so
lo con lo stato di necessit�. E obiettivamente una situazio
ne infernale. A suo padre nato in quella Sicilia sembrava
naturale assumerne i rischi e i vantaggi, le contiguit� e i ri
catti. Era un uomo forte che seguiva la sua volont� di po
tenza. Se non siete come lui tiratevene fuori. Se i vostri fi
gli e nipoti non si capacitano della maledizione che li inse
gue, tiratevene fuori.,)
Sono certissimo che i Costanzo non seguiranno il mio
consiglio. Dal padre, anche se lo negano, hanno ereditato
la certezza che in Sicilia o si intraprende cos� o non si intra
prende. Li conforter� in questi giorni la notizia che le
grandi rispettabili aziende del nord pagavano la mafia po
litica che gli procurava gli appalti, anche se non c'era nes
sun Calderone o Santapaola a ricattarli o a tentarli.
L'infermiera di Catania
Felicia Enrichetta D'Aleo viene a trovarmi in albergo per
ch� vuole raccontarmi la sua storia. E un donnino con un
viso tondo sui quarantacinque anni, assistente sociale e in
fermiera all'ospedale Ascoli Tomaselli, Ussl 34 di Catania
e per prima cosa mi dice che vorrebbe andarsene al nord
perch� qui per lei non � pi� vita. Felicia Enrichetta D'Aleo
ha un cappellino che somiglia a una cuffia olandese e fa pi�
tondo il suo volto, parla con un lieve accento siciliano ma
con molta propriet�, come una maestra di scuola: (�Dottor
Bocca, amici mi hanno detto che con lei posso parlare e io
mi sono detta, s� il dottor Bocca deve conoscerla questa
storia. Lei, potrei dire l'ha sfiorata, perch� due anni fa ha
scritto degli ospedali di Catania. In questa mia storia c'�
Giuseppe Ferrera detto Cavadduzzu, un mafioso condan
nato una volta a due anni e l'altra a otto, ma sempre ricor
rente in appello mentre i testimoni a uno a uno spariscono.
Era all'Ascoli Tomaselli agli arresti ospedalieri perch�
ammalato grave di tubercolosi
, proprio di lui lei ha scrit
to che faceva quel che voleva, i suoi comodi. Era agli arre
sti ospedalieri perch� "ammalato grave di tubercolosi" co
me diceva il certificato di un grande professore, ma a me
non pareva proprio cos�, girava per le corsie armato, en
trava e usciva dall'ospedale in motoretta, stava fuori per
tre, quattro ore. Chiesi di essere ricevuta dal dottor Pulvi
renti, direttore dell'ospedale, e gli dissi: "Professore, ma
cosa � questa storia del Ferrera che da una dichiarazione
del professor Schirinzi risulta affetto da Tbc e 'intrasporta
bile'? Intrasportabile uno che va in giro in motoretta?".
Questa � la dichiarazione
disse lui, "e questo � il provve
dimento della Corte d'Appello: arresti ospedalieri." "Que
sta � una ingiustizia," dissi, "e intendo scrivere al ministro
della Sanit�." "Vuoi scrivere al ministro?" disse lui, "e
scrivigli, scrivigli che io me ne fotto di lui e di te." Scrissi al
ministro che allora era Donat Cattin, mi rivolsi al procura
tore della repubblica, al questore. Nell'arco di ventiquat
tr'ore tutti nell'ospedale sapevano che avevo fatto un gros
so sgarbo a Zi' Pippo, come il Ferrera era comunemente
chiamato. Ma ero decisa: se � malato di Tbc, avevo detto
al procuratore, mandatelo in un sanatorio di Sondalo in
Valtellina. E infatti ordinano di mandarlo in sanatorio.
Era appena partito e qualcuno mi brucia l'auto, una Uno
diesel appena comperata: misi in moto e usci fuori una
fiammata, feci appena in tempo a saltar gi�. Rimase solo
lo scheletro. Andai alla polizia per denunciare l'attentato e
un maresciallo disse: "Non le conviene dire che � stato un
attentato perch� gli attentati le assicurazioni non li pagano
pi�". "Ma se non dico che � stato un attentato che denun
cia faccio?" "Appunto, non la faccia." Poi incominciano le
telefonate minatorie: "Sbirra, hai voluto fare la brava cro
cerossina, sbirra dei carabinieri". "Sei ancora l� sbirra, do
mani ti trovi sulla scrivania un fascio di crisantemi." Mi
era rimasta una Fiat Panda di mio figlio. Mi squarciarono
quattro copertoni e lasciarono un cacciavite conficcato in
una gomma. Ne parlai con il professor Sodano presidente
della Ussl e con il professor Pulvirenti. Ci ridevano su, di
cevano che mi facessi gli affari miei. "Ma professore," di
cevo, "gli affari miei sono questi, che ci sta a fare in ospe
dale una assistente sociale se non denuncia queste cose?"
Nel novembre il Ferrera se ne torn� a Catania con la scusa
di essere pi� vicino agli avvocati che dovevano difenderlo
in appello e cominciarono a pedinarmi. Allora dissi a mio
figlio di andarsene a lavorare in Germania ch� non gli ca
pitasse qualcosa di male e feci bene perch� appena partito
le cose sono precipitate. In due mi hanno aggredito dentro
l'ospedale, mi hanno fatto sbattere la testa contro il pavi
mento, mi hanno provocato una crisi di nervi. Ricordo il
giorno: 13 gennaio dell'89. La notizia non apparve su nes
sun giornale siciliano. Incominciarono a dire che ero una
pazza, che vedevo cose che non c'erano. Come non vede
vo? Avevo degli ematomi che ci misero due mesi a scompa
rire. Dopo qualche mese, un giorno vedo sulla "Sicilia" le
fotografie di tre mafiosi arrestati e riconosco in uno di loro
un mio aggressore. Vengo chiamata come testimone e an
che la mia testimonianza serve a condannarlo, ma ci� che �
buono per un giudice non lo � per un altro. Il presidente
della Ussl mi chiama nel suo ufficio, sembra molto preoc
cupato: "Signora, non si esponga pi�. Lasci perdere". Gli
poso sul tavolo un dossier e gli dico: "Non sono venuta per
consigli, sono venuta per inoltrare al ministero della Sanit�
questo dossier". Mando il dossier a Roma e il ministro con
un telegramma ingiunge alla direzione della Ussl di fare
indagini accurate e lo comunica alla polizia,,. �Le hanno
fatte, signora, queste indagini?,, �S�, le hanno fatte e hanno
concluso che io sono una mitomaneLegga qui che cosa ha
riferito la polizia al sostituto procuratore Mario Accardo:
Poich� dalle indagini della squadra mobile non sono
emersi elementi di reato a carico del professor Domenico
Sodano e del professor Alfio Pulvirenti e neppure sono
emersi elementi tali da poter identificare gli autori delle
presunte aggressioni e minacce che la D'Aleo avrebbe su
bito; e invece una totale mancanza di riscontri con riguar
do a tutti gli episodi di violenza e minacce dalla D'Aleo de
nunciati tali da indurre a dubitare della veridicit� degli
episodi
. E il sostituto procuratore nella sentenza di archi
viazione se la cava come Ponzio Pilato: "Si osserva che gli
episodi denunciati il cui verificarsi, comunque, non pu'o
essere escluso in maniera certa si sono svolti prima del 24
ottobre 1989 e pertanto anche a volerli ritenere sussistenti
a carico degli individui prima citati sarebbe estinto per am
nistia il reato di cui all'articolo 328 del codice penale. Per
Dpr 75 del 1990. Catania 2 giugno 1990"�.
A ciascuno il suo: centinaia di persone hanno visto cir
colare a piedi e in motoretta Zi' Pippo, mafioso eccellente,
i due dirigenti della Ussl e dell'ospedale lo sapevano, sape
vano che i certificati medici erano falsi ma la povera assi
stente sociale Felicia Enrichetta D'Aleo ha commesso il
peccato imperdonabile di non �farsi gli affari suoi�. Se poi
non potendo pi� lavorare e vivere a Catania decider� di
andarsene al nord, affari suoi. �Dimenticavo,� dice Felicia
Enrichetta D'Aleo, �il giorno dopo l'aggressione sono ve
nuta all'ospedale per informare i dirigenti e sa cosa sta
scritto nella richiesta di archiviazione della polizia? Che
avrei spedito telegrammi al presidente della Ussl e ad altre
autorit� a spese dell'amministrazione. Insomma potrei an
che essere perseguibile per peculato.� Non � facile la vita
delle infermiere nella Sicilia mafiosa.
Proseguo per Messina dove mi daranno un premio gior
nalistico con tanto di diploma e pignolata, un dolce mar
moreo su cui verr� intrattenuto per ore da autorit�, colle
ghi, autisti: �Ma lo sa che per la pignolata arrivano pure
dall'America? L'anno venturo ne vogliamo fare una di pi
gnolata, gigantesca, lunga cento metri�. ,Bravi, un'ottima
idea.� Fuori Catania, sulla strada per Messina mi ha chie
sto un passaggio una donna: �Vai a Nizza?�. �No, vado a
Messina.� �Da l� passi.� Di viso � ancora bella con occhi
chiari e denti bianchi, ma i capelli sono grigi come i due
curiosi ciuffetti sotto il mento. Il resto � una cosa nera, abi
to nero, calze e scarpe nere. E poi pacchi, cesti. �Sei di Ro
ma?� �No, di Milano.� (�Non lo avete il mare a Milano,
qui dovete venire.� �Ma no, son qui per lavoro.� �Che la
voro?� �Scrivo.,, (,Allora ritorni.,, �(Come, ritorno?,) (S�,
quando ritorni per Nizza ti do un caff� freddo. Adesso no
ho staccato il frigo.,, Prendiamo l'autostrada?,, (Ma che
dici? Che fai in autostrada se fori? Qui � tutto un meccani
co, tutto un bar. Allora quando torni?,,,<Non so, dipende.�
��Se non ti va il caff� freddo ti do tre limoni. A Milano voi
non avete limoni. Qui da noi adesso vanno a tremila al chi
lo. Intanto prendi la Madonna� �Cosa?,) ,La Madonna
delle Grazie, ci ho messo cinquemila lire per la Madonna.),
�Che cosa ti devo?� �No, la Madonna l'ho pagata anche
per te.� (,Siamo a Nizza, dimmi quando mi devo fermare.�
�Fermati l�, dietro quel camion.,) Mi fermo e le chiedo:
�Abiti qui?,,. �No, io abito in fondo al paese.� �Ma perch�
mi hai detto di fermare?� �(Tu mi hai chiesto dove dovevi
fermarti e io ho detto dietro il camion che cos� nessuno ti fa
danno.� La accompagno a casa in fondo al paese. Scende e
dice: �Adesso hai la Madonna poi quando torni ti do il caf
f� freddo,,. C'� anche gente cos� in Sicilia, molta, la mag
gioranza, brava gente, ma non conta niente.
Hanno ucciso Falcone
Oggi 23 maggio 1992 la mafia ha ucciso il giudice Giovan
ni Falcone. Apro la televisione e vedo ci� che � rimasto del
la sua auto e della autostrada tra Punta Raisi e Palermo
dopo l'esplosione di cinquecento chili di tritolo. Mi chiedo
quante delle persone citate in queste note di viaggio saran
no state uccise prima che siano stampate. Mi chiedo quan
te delle persone che ho incontrato e che incontrer� stanno
dalla parte di quelli che hanno ucciso Giovanni Falcone.
Mi chiedo che governo, che parlamento sia il nostro in cui
ci sono centinaia di deputati che devono la loro elezione al
la mafia, che sono l� per impedire che lo stato la combatta
Mi chiedo come possa essere questo lo stesso paese che nel
1945 pensavamo tornato per sempre alla libert� e alla civil
t�. Mi chiedo quale male oscuro affligga la gente che in
contro, perch� questo cielo debba sempre oscurarsi di
morte.
Sono stato interrogato da Giovanni Falcone nel gennaio
dell'83. Indagava sull'assassinio del generale Carlo Alber
to dalla Chiesa, venne a Milano per farsi raccontare che
cosa mi aveva detto il generale nell'ultima intervista, pri
ma di morire. Mi fecero salire nelle stanze blindate del pa
lazzo di giustizia, quasi sul tetto, dove avevano lavorato i
giudici dell'Antiterrorismo. Passammo per due o tre con
trolli, due o tre porte blindate e lui era a una scrivania, un
signore pacifico all'aspetto, coi baffi ben pettinati, viso fre
sco di rasatura e di acqua di colonia. Voleva sapere dei ca
valieri del lavoro di Catania, che cosa esattamente aveva
detto di loro il generale; ripeteva la stessa domanda tre
quattro volte come se volesse riascoltare una registrazione
e sperasse di cogliervi la parola risolutrice. Era cortese ma
tenace, non mi moll� per un'ora. Congedandomi gli chie
si: �Ma lei spera davvero di trovarli gli assassini?�. �Ci
provo� disse lui.
Falcone apparteneva alla specie rara dei siciliani ironici
come Brancati come Sciascia, e s� che la sua vita pi� che
seria era drammatica, perch� nessuno meglio di uno come
lui, nato a Palermo in un quartiere del centro decadente,
cresciuto in mezzo a balordi e mafiosi sapeva che fare il
giudice di mafia era votarsi alla morte. Lo sapeva e l'aveva
anche scritto: �Il mio conto con Cosa nostra resta aperto.
Lo salder� con la mia morte, naturale o meno. Tommaso
Buscetta quando inizi� a collaborare mi aveva messo in
guardia: "Prima cercheranno di uccidere me, ma poi verra
il suo turno. Fino a quando non ci riusciranno...". Ma co
me dice Montaigne il pensiero della morte che mi accom
pagna dovunque diventa presto una seconda natura. Si sta
sul chi vive, si calcola, si osserva, ci si organizza, si evitano
le abitudini ripetitive, si sta lontano dagli assembramenti e
182 L'inferno
da qualsiasi situazione che non possa essere tenuta sotto
controllo. Ma si acquista anche una buona dose di fatali
smo: in fondo si muore per tanti motivi, un incidente stra
dale, un aereo che esplode in volo, un'overdose, il cancro e
anche per nessuna ragione particolare. Come colpisce la
mafia? Ognuno � stato colpito nell'attimo della giornata e
nel luogo in cui appariva pi� vulnerabile. Solo condizioni
strategiche e tecniche determinano il tipo di omicidio e di
arma. Con una persona che si sposta con l'auto blindata �
giocoforza ricorrere a metodi spettacolari,,. Aveva previsto
esattamente la sua morte Giovanni Falcone, non si era mai
illuso stando a Roma in mezzo ai tragici buffoni, capi della
polizia e ministri degli Interni che ogni mese davano la
mafia per spacciata, tanto pi� offensiva quanto ormai
braccata, disperata. Sapeva Falcone: �Si muore general
mente perch� si � soli o perch� si � entrati in un gioco trop
po grande. Si muore spesso perch� non si dispone delle ne
cessarie alleanze, perch� si � privi di sostegno. In Sicilia la
mafia colpisce i servitori dello stato che lo stato non � riu
scito a proteggere. Cosa nostra ha a sua disposizione un
arsenale completo di strumenti di morte. Per il fallito at
tentato del 21 giugno 1989 alla villa che avevo affittato al
l'Addaura vicino a Palermo erano stati piazzati fra gli sco
gli cinquanta candelotti di esplosivo. La mafia � razionale,
vuole ridurre al minimo gli omicidi. Se la minaccia non
raggiunge il segno passa a coinvolgere intellettuali, uomini
politici, parlamentari, inducendoli a sollevare dubbi sulla
attivit� di un poliziotto o di un magistrato,,. Mi chiedo
quante volte sfogliando i giornali, ascoltando la radio,
guardando la televisione ho colto precisa, inequivocabile la
voce mafiosa di cui scriveva Falcone, la sua �aria che cam
mina�. E conoscendo di persona i giornalisti, gli intellet
tuali, gli uomini di televisione da cui usciva come da un
ventriloquo, mi sono chiesto se la cultura mafiosa non sia
ormai qualcosa che si � diffusa in tutto il paese, una voglia
del peggio, dell'orrido cui gli omuncoli non sfuggono. Ho
partecipato a dibattiti televisivi il cui conduttore, persona
colta, esperta di politica si chiedeva e ci chiedeva se la ma
fia davvero esisteva, se famosi capimafia lo erano poi per
davvero. E ci godeva a insozzarsi e a insozzarci con questa
recita infame. Mi chiedo come lavorino, cosa pensino,
quando si guardano nello specchio facendosi la barba, i
giornalisti dei giornali paramafiosi che in morte di Salvo
Lima chiedevano a noi: e ora cosa direte? Corre gerete il
tiro? Come se la Sicilia intera non sapesse che Lima era
stato ucciso non per la sua inimicizia con la mafia ma per
la sua contiguit�. Mi chiedo chi fosse la signora Falcone;
giudice anche lei vissuta sempre nell'ombra in quella diffi
cile vita di essere la moglie del magistrato pi� esposto d'I
talia. Andavano in Sicilia, pare, per fare una veleggiata su
una barca di amici.
Ora la televisione trasmette le funebri cerimonie.
Guardo il giudice Paolo Borsellino che ha posato una
mano sul feretro di Giovanni Falcone. E in toga nera con
la camicia bianca ricamata e per la prima volta lo vedo bel
lissimo, come un cavaliere antico che giura fedelt� di fron
te al compagno caduto. Guardo il giudice Ayala, pallidissi
mo, esile, alto e curvo come una figura di El Greco, guar
do la sua mano lunga e scarna posata sulla bara. Guardo
Tano Grasso, leader dei commercianti di Capo d'Orlando
che hanno detto di no alla mafia, guardo Rosaria, la vedo
va del poliziotto Vito Schifani, che di fronte al cadavere del
marito ha detto cose che suonerebbero giuste nella Chanson
de Roland: �Era cos� bello, le sue gambe erano cos� belle�.
S�, c'� qualcosa di cavalleresco, di nobile, di puro in questa
difesa dei giusti di Palermo al loro passo di Roncisvalle,
paladini di uno stato infingardo e inafferrabile. Erano anni
che non vedevo pi� le facce degli italiani onesti e coraggio
si, non le maschere grottesche e unte del potere corrotto e
mediocre; anni che non vedevo pi� il dolore e l'ira popola
ri, che non sentivo pi� quel grande respiro di commozione
che nelle ore decisive ci fa credere, per poco, ma un poco
che basta, che c'� qualcosa di buono o forse di immortale
negli esseri umani, che la loro vicenda o vive in questi mo
menti o � una pigra stupida routine. Ho visto le facce dei
giovani, i moltissimi giovani, come destati da un lungo
sonno, come usciti d'un tratto dalle melensaggini che i me
dia gli attribuiscono, come tornati uomini con sdegni e fu
rori, da un limbo di mode cretine e di melassa pubblicita
ria. No, non dico che bisogna lanciare il cuore al di l� del
l'ostacolo o altre iperboli dell'arditismo, ma essere di nuo
vo, a viso aperto, per la dignit� dell'uomo, contro il terrore
e la stupidit� dei violenti. Ultimo risvolto di questa storia
siciliana: il primo magistrato giunto per dovere di ufficio
sul luogo dell'attentato si chiama Alberto Di Pisa.
CAMPANIA INFELIX
La sterminata tana
�Signo', � pi� freddo qui che da voi a Milano.,, Nella voce
del portabagagli napoletano c'� un suono di rivincita: sia
mo continentali anche noi, c'� pi� freddo da noi che da
voi. Ma a Napoli non c'� la nebbia che ho lasciato a Mila
no, c'� l'aria marina (che ti sveltisce il cuore,,. Fa freddo,
ma i colori, gli odori del golfo sono appena attenuati, pron
ti a risplendere al primo libeccio e dall'altura di Capodichi
no si vede laggi� il mare, lastra argentea sotto il sole, la
curva del golfo, le isole serene e il Vesuvio lievitante nell'a
ria. Napoli non � misteriosa e straniera come Palermo, lei
sta nella nostra infanzia scolastica, il pino di Posillipo della
fotografia nelle nostre pi� tenere memorie, il Vesuvio che
fuma, il Castel dell'Ovo, il palazzo dei re in capo al monte,
non era principe di Napoli il nostro bell'Umberto, non c'e
ra in casa della zia Ines una copia dello scugnizzo di Gemi
to? Mi accompagna Elena Camerlinghi, una urbanista che
� venuta a prendermi con la sua Cinquecento fracassona e
indomita. Nei prossimi giorni vedr� di cercare la Napoli
della ,grande armonia,,, del sereno accordo fra citt� e na
tura che non c'� mai stato, ma che i letterati si raccontano
l'un l'altro, incerti sul tempo in cui collocarlo. Andiamo
subito all'incontro con la Napoli della plebe in questa ta
na sterminata dove uomini e animali si contendono il cibo
e la stessa aria�; aveva ragione il Filangieri a dire che (�il
nascervi � spesso una gran calamit�,,. E gi� scendiamo con
la Cinquecento fracassona nella citt� tenuta in vita e soffe
renza perpetua da un disordine, da una frana che ogni
giorno si rimpastano in nuova vita e nuova fatica. Come
nel dialogo leopardiano fra la natura e un islandese: <,Tu
mostri di non aver posto mente che la vita di questo uni
verso � un perpetuo circuito di produzione e di distruzio
ne�. �Ti faccio passare per Ponticelli,,) dice Elena, �cos� ca
pirai meglio che tutto ci� che � stato costruito qui ha avuto
due ritorni, uno elettorale, l'altro truffaldino.,, (,Mai per
far vivere meglio la gente?� (,Incidentalmente, qualche vol
ta, ma senza averci veramente pensato.
Napoli ha due cose che a noi padani sono sconosciute: la
plebe e la metropoli antica, come Babilonia, come Roma,
come Alessandria dove un numero sterminato di persone
sopravvivono prima di vivere. A Milano, a Torino, a Ge
nova non c'� la plebe, ci sono i poveri, magari poveri come
a Napoli ma cittadini che possono dire la loro, contare,
sperare, non magma umano. Ma a Napoli come nelle citt�
antiche la plebe c'�, come il fango del Nilo, qualcosa che
ora minaccia e ora concima i campi dei ricchi, una colata
che avvolge tutti i quartieri, stagna nel centro, cresce su se
stessa senza darsi il tempo e il modo di imparare a vivere,
gi� paga di sopravvivere; un cantiere perenne di opere che
si sfasciano e sovrappongono perch� la ricerca dei voti e
dei loschi affari da parte dei potenti non ha mai fine. Pon
ticelli! Da non crederci, un abitato a quattro a cinque stra
ti, come gli scavi di Troia, ma qui in bella vista, uno sopra
l'altro. In alto un viadotto che deve essersi fermato da
qualche parte perch� non si vede passare nessuno, sotto
una passerella metallica che congiunge i due capannoni di
una fabbrica rimasti uno di qua uno di l� da una ferrovia a
scartamento ridotto, che forse porta allo scalo abbandona
to delle raffinerie di petrolio perch� l'erba � cresciuta sui
binari e, in basso, la vecchia strada del borgo, selciata,
sconnessa che sottopassa la ferrovia e poi si impenna verso
un edificio nuovo, vetri e metalli cromati, piantato dentro
quell'intrico. �E quello cosa �?� �,Un day hospital.� �Fun
ziona?� �No, � ancora chiuso.� A Napoli quel che funzio
na, che � abitato, � decrepito, quel che � nuovo � chiuso e
gi� la povert� magmat ca lo assedia, lo soffoca. A San Gio
vanni a Teduccio passiamo lungo un parco pubblico che
sembra un modellino di parco tanto � pulito, nitido, le pal
me, gli eucalipti, le fontanelle, gli scivoli per i bambini,
nuovissimo e deserto. �Chiuso da un anno,� dice Elena,
�da quando l'hanno finito, non hanno ancora trovato il
personale capace di gestirlo, se lo aprissero adesso in un
mese sarebbe distrutto.� Chi amministra o non ammini
stra Napoli � certo che tutto � politica, nel senso dei voti,
dei furti, della clientela da spartire con la camorra; che la
sola cosa che conta � approfittare in qualche modo della
grande sterminata tana piena di scuole, chiese, poliambu
latori, day hospital, mercati, nidi di infanzia, asili chiusi o
in rifacimento o poco funzionanti che il commissariato per
la ricostruzione definisce �strutture complesse� perch� do
vrebbero funzionare una per l'altra, ma siccome in ognuna
c'� qualcuno che coltiva i suoi voti e i suoi furti la gran
macchina non gira mai, va in pezzi mentre la rifabbricano.
Vicino al parco hanno costruito gli edifici di servizio per il
quartiere: scuola, delegazione municipale, ufficio fiscale,
tutti chiusi meno il commissariato di polizia che almeno sa
quel che deve fare, un po' di faccia feroce e tirare a campa
re. Le case rimesse a nuovo dal commissariato per la rico
struzione sono incistate nella colata grigiogialla della tana,
come macchie di colori vivi, rosso, amaranto, azzurro, ca
narino, piccole enclave che la citt� della plebe gi� stringe
come una giungla di inarrestabili rampicanti, alcune con
fantasie e sperimentalismi architettonici che incuriosiran
no i posteri, un quartierino svedese, uno arabeggiante,
uno liberty in mezzo alle casupole senza acqua e senza fo
gna della Napoli <che il mare non bagne� della pi� dispera
ta Anna Maria Ortese. ,Una miseria senza pi� forma, si
lenziosa come un ragno, disfaceva e rifaceva a modo suo
quei miseri tessuti invischiando sempre pi� gli strati mini
mi della plebe che qui � regina. Straordinario era pensare
che in luogo di diminuire o di arrestarsi la popolazione cre
sceva ed estendendosi sempre pi� esangue confondeva ter
ribilmente le idee dell'amministrazione e di pi� strane spe
ranze il cuore degli ecclesiastici. Qui il mare non bagnava
Napoli. Ero sicura che nessuno lo avesse visto o se ne ri
cordava. In questa fossa scurissima non brillava che il fuo
co del sesso sotto il cielo nero del sovrannaturale.),
Una immagine forse sovraesposta, troppo nera, ma que
sto sentimento di un assurdo irreparabile domina la citt�,
la miseria non finisce mai, la gente continua a figliare, i
contadini della Campania continuano a premere sulla
grande tana, nei prossimi quindici anni bisogner� trovar
casa ad altre cinquecentomila persone e chi pensa che tro
veranno il modo e il tempo per imparare a vivere � uno che
sogna o che mente, pensando a nuovi voti a nuovi furti.
Ma dove sta e quando mai c'� stata la Napoli della gran
de armonia? Non nell'Ottocento delle grandi emigrazioni,
non nel Settecento delle sanguinose rivolte dei lazzari, o
delle repressioni borboniche, non nel Seicento quando me
t� della popolazione non aveva alcuna stabilit� economica,
non nel Cinquecento delle pestilenze e della povert�.
Quando, allora? Adesso che la grande tana � un immenso
cantiere che si disfa mentre si fa, dove non fai in tempo a
finire le case per i senzacasa prenotati che una turba di
senzacasa sbucati dal sottosuolo le occupa e non li cacci
neppure a cannonate, gli urbanisti e gli architetti giovani
danno la colpa del disastro agli urbanisti e agli architetti
anziani e i politici arrembanti a quelli stagionati e tutti as
sieme portano i visitatori illustri, il presidente della repub
blica, quello del Consiglio con seguito televisivo a dare in
geremiadi e promesse davanti agli obbrobri, come gli edifi
ci delle Vele, due palazzoni a piramide tronca come i tem
pli dei Maya, collegati da scale di cemento a greca, duri ri
cami contro il cielo azzurro, il �,mostro') su cui tutti si sca
gliano irridenti, indignati, gi� in parte disabitato, gi� oc
cupato da drogati, barboni, immigrati di pelle scura e se
non vi fate prendere dalla sceneggiata, se pensate che que
ste maledette Vele siano a Zurigo o a Lione, con inquilini
normali e normale manutenzione, non sarebbero peggio di
tanti altri casoni metropolitani. Ma qui chi la fa la manu
tenzione nei quartieri popolari? Il Comune no, il Comune
di Napoli non ha pi� uffici tecnici, non esiste pi� come
progettista, custode, correttore della citt�, esistono solo dei
professionisti della politica che appaltano i servizi a ditte
private disposte a pagare tangenti o a dividere gli utili, pi�
o meno camorriste, verniciate da terziario avanzato. Si
rompe il riscaldamento? Telefoni alla Pegasus manuten
zioni che ti ha fatto trovare il suo biglietto da visita nella
cassetta postale. Risponde una segreteria telefonica con
musica di Vivaldi che va avanti per un cinque minuti, poi
una voce femminile disponibile, efficiente, moderna ti
chiede: ,Cosa possiamo fare per lei, signore?� e uno del
magma si sente subito intimidito. <Non funziona il riscal
damento.,> ,Ci duole, signore, ma il riscaldamento non
rientra nel nostro capitolato.,, Se si rompe un vetro o non
arriva l'acqua su per gi� � la stessa cosa, il tecnico al mo
mento � assente, provvederemo immediatamente signore e
poi musica di Vivaldi e chi si � visto si � visto, ma chi se la
sente di protestare con il terziario avanzato?
Se si sta alle statistiche, ogni napoletano dovrebbe avere
un reddito annuo di dieci milioni, da vita modesta ma de
cente e dal terremoto irpino in poi � arrivato qui un fiume
di miliardi, ma le dimensioni e lo spettacolo angosciante
dell'irreparabile restano immutati: duecentomila indigen
ti, trecentomila che lavorano per la camorra, il ventotto
per cento dei minori che spacciano droga in Italia, il venti
cinque di quelli arrestati per omicidio, dio se ci sei castigali
i Pulcinella della politica che campano allegri e faceti nel
disastro. �Fuitevinne, fuitevinne!� ha gridato don Rapulli
no, prete di Forcella, fuggite da questa citt� crudele. Ma i
napoletani non fuggono, la grande ondata emigratoria ver
so il nord � passata sopra la citt�, tutti qui a faticare la vita,
giorno per giorno, tenuti assieme dal circuito senza fine
della costruzione distruzione, dall'attivit� continua delle
raccomandazioni e delle elemosine, della malavita grande
e piccola, dei voti, dei furti, del denaro pulito e del denaro
sporco, un minigolf in mezzo al lerciume.
Napoli <citt� natura�, dicono i cultori della napoletani
t�, dove �il sociale � culturale e il culturale sociale� e bag
gianate del genere. �La citt� terra, la citt� ventre,) dicono,
�madre produttrice e dissipatrice.� E allora mettiamola sul
latino ricordiamoci della Roma di Livio che forse � pi� cal
zante: �Nec vitia nostra nec remedia pati possumus�. E dai suoi
vizi e dai suoi rimedi Napoli non viene fuori, hanno creato
una illegalit� diffusa che ormai � routine, folclore, cultura
e non d� scampo. Il ministro delle Aree urbane fa una leg
ge per incoraggiare la costruzione di garage e di riscalda
mento solare, distribuisce licenze, concede esenzioni fisca
li, crediti. E chi ha la licenza fa passare per garage un rial
zo, per riscaldamento solare un magazzino. I pescatori di
Pozzuoli si fanno dare dallo stato il gasolio a prezzo basso e
invece di andare a pescare lo rivendono a borsa nera.
Quelli del mercato ittico, il pi� grande del Tirreno con un
giro d'affari annuo di cento miliardi, per risparmiare qual
che lira attingono l'acqua marina per rinfrescare il pesce
non fuori del porto ma proprio sotto i pontili dei traghetti.
A Pompei i carabinieri scoprono che il camorrista Pasqua
le Cirillo ha rubato un Tir carico di salumi della Citterio.
Su un giornale locale � apparso l'annuncio della �Fiera del
salame a Pompei,). Per l'intera giornata arrivano ristorato
ri, commercianti, ambulanti, acquirenti abituali delle mer
ci rubate. Alle scuderie di Agnano quando i cavalli im
brocchiscono li fanno investire da un camioncino cos� gli
assicuratori che sono �in torta� glieli pagano come nuovi.
C'� tutta una fioritura di truffe divertenti, ingegnose e nel
l'insieme autolesioniste di cui quasi quasi la citt� si com
piace: sindaci del contado che formano societ� umanitarie
per regalare un asilo ai palestinesi o una scuola ai bambini
colombiani tanto per coprire i traffici di droga. E don Re
nato Afragola che ha eretto il santuario della �Madonna
del terremoto�, lei si veramente miracolosa in sussidi a
fondo perduto, e l'ha dotato di istituto di pranoterapia, an
nessa vendita di polverine orientali, sale esorcizzato, acqua
santa per la dieta e la casa editrice che pubblica la rivista
�L'amante� e organizza pellegrinaggi con banchetto alla
Madonna di Sorrento. L'arcivescovo Giordano voleva sco
municare l'Afragola, ma costui gli ha opportunamente
precisato di essere stato ordinato sacerdote di rito siroan
tiocheno.
Il codice stradale a Napoli non � mai in corso, dopo le 6
di sera i semafori non sono una regolazione tassativa ma
un blando consiglio, se prendono il pizzo i camorristi lo
prendono anche i vigili urbani, gli impiegati, gli uscieri,
chiunque abbia uno straccetto di potere da sfruttare e cos�
gli infermieri, i farmacisti. E dovendo ognuno pagare i fa
vori concessi dagli altri, dovendo bussare a tante porte, ri
correre a tante protezioni fanno tutti una vita grama e fati
cosa e umiliante nella citt� natura,), come dicono i retori.
Una voce nel deserto
Vado da Andrea Cinquegrani e Rita Pennarola che dirigo
no, scrivono, spediscono, distribuiscono �,La voce della
Campania�, voce nel deserto, un mensile che per racconta
re Napoli come �, i politici napoletani come sono, passa
per una stramberia, per una esagerazione: �Bravi guaglio
ni, ma un po' fanatici, iih con tutte quelle loro sigle di ditte
chiacchierate, di incroci finanziari, di partecipazioni chi ci
capisce qualcosa�. La redazione sta in via Duca di San Do
nato, a Forcella, freddo cane negli uffici, memorie sessan
tottine congelate nei poster, uno dei diecimila, ventimila
palazzi che cadono a pezzi, un po' rabberciati, un ascenso
re nuovo metallizzato, fra i mattoni e le cazzuole per la cal
cina dei lavori in corso. Non lontano di qui hanno scoperto
da poco il covo del giovane Stolder, parente dei Giuliano
belli per� questi boss della camorra, anche sorridenti, non
torvi come i boss palermitani o calabresi che collezionano
mobili di antiquariato e auto di lusso. Enormi locali sotter
ranei, pi� di venti stanze con l'aria condizionata, teleca
mere a circuito chiuso, telecomandi per aprire i tombini
tutti con sopra scritto Cirino Pomicino, i parenti del mini
stro, della rinomata ditta di tombini, controllati fino a
Corso Umberto, protetti da steccati e garitte. E c'� voluto
il giudice Carlo Palermo venuto qui a fare la campagna
elettorale per la Rete per denunciare la cosa alla questura,
non si era mai accorta la nostra brava polizia che a Napoli
ci sono quartieri camorristi blindati, fortificati. Il covo sta
va in Vico Palazzo n. 16: un garage con dentro due Mer
cedes, un fuoristrada e un piccolo kart per i giochi dei
bambini Stolder. In fondo, dietro un pannello di piastrelle
bianche, il cunicolo che portava ai sotterranei dell'armeria
con fucili e mitra nelle rastrelliere, il tirassegno, i raggi al
l'infrarosso per sparare nel buio, la scuola di scasso con le
serrature ultimo modello. E in questo trionfo della tecnolo
gia malavitosa, l'arcaico, immortale marchingegno della
Napoli dei vicoli, un paniere appeso a una cordicella che
scendeva in strada dall'alloggio del boss e bastava uno
strattone per avvisarlo che era pronta l'insalata e la mozza
rella. Nell'alloggio, dietro la scarpiera dei bambini, un al
tro cunicolo che ha permesso al giovane Stolder di filarsela
lasciando a memoria dei suoi gusti letterari un libro aperto
Gli alunni del sole di Giuseppe Marotta.
Bravi guaglioni l'Andrea Cinquegrani e Rita Pennarola
che passano le giornate nelle cancellerie dei tribunali, negli
archivi della Camera di commercio, negli studi degli avvo
cati, negli uffici regionali o municipali per comporre, ogni
mese, il loro mensile con i puzzle delle societ� fasulle in cui
politici, camorristi e finti galantuomini intrecciano instan
cabilmente le loro trame di furti e malversazioni, qualche
migliaio di copie ogni mese che spariscono nella sterminata
tana napoletana come foglie di autunno in una grande pa
lude. Ma vanno avanti i guaglioni con i loro collaboratori,
allampanati, infreddoliti, mal pagati o non pagati, alle pre
se con tutto ci� che a Napoli soffoca, uccide il lavoro ben
fatto. �Senti questo,� mi dicono, �facciamo dei manifesti
per lanciare un numero, li diamo all'ufficio comunale di
affissione e su mille non ne affiggono pi� di trecento. An
diamo a lamentarci e dicono: "Siamo messi cos� con poca
gente mal pagata, pi� di trecento non riusciamo ad affig
gerne". "Scusate, ma se � cos� perch� invece di stampare
mille manifesti non ne stampiamo trecento? Diteci voi il
numero." "E no, e come si fa? Ci vorreste mettere contro
quelli delle tipografie?" Allora proviamo con le squadre
abusive di affissione: mille stampati, trecento affissi. "Ma
perch�?" chiediamo. "Amico, ma dove vivi, oggi la gente
non tiene voglia di lavorare, siamo in troppi, gli spazi sono
pochi, tu affiggi un manifesto e gli altri te ne incollano uno
dei loro sopra." Ci viene il sospetto che anche con gli abbo
namenti le cose vadano a questo modo, molti non ricevono
il giornale, ci sono proteste. Allora ci autoabboniamo per
cinquanta copie e di cinquanta ne arrivano venti. E cos�
veniamo a sapere che c'� una organizzazione che si fa dare
le lastre dalla tipografia e ristampa fuori libri e riviste e le
vende a prezzo ridotto alle edicole e alle cartolibrerie. Ma
pensa che rete di inganni, che lavoro, che combinazioni
per guadagnare quattro lire. Proviamo con le locandine e
per andare sul sicuro assumiamo un bravo ragazzo, uno
studente che viene a trovarci spesso in redazione, di sini
stra, s'intende: ti diamo settecentomila lire al mese ma tu
dai un'occhiata alle edicole che espongono le locandine.
Non funziona neppure lui, veniamo a sapere che ha passa
to il suo appalto a un altro ragazzo per quattrocentomila li
re e chi sa che costui non abbia gi� subappaltato per due
centomila. Gli edicolanti? Pieni di pretese, sfiziosi. Passi a
salutarli, gli chiedi come va il numero e ti dicono "dotto',
qui ci vuol l'uolio". Tu pensi che l'uolio sia il panettone a
Natale, lo spumante a Pasqua, ma i tempi sono cambiati,
l'uolio che unge le ruote � un centomila. Alle partite di cal
cio del Napoli ci vai con il panettone? Il weekend lo fai
con lo spumante?�
Bravi, tenaci guaglioni: vendere <,La voce� � una pena,
scriverla una scommessa. Per vendere giornali, per fare in
formazione ci vorrebbe una citt� in cui le cose si tengano,
si completino, si arricchiscano di interessi comuni, ma qui
si vive per isole di vita e in ognuna c'� gente che si arrabat
ta per mettere assieme il pranzo con la cena. Mi invitano a
pranzo, passiamo davanti all'hotel Majestic, Andrea ral
lenta davanti a un distributore di benzina chiuso da anni
ma dietro i vetri si muovono delle luci opalescenti, si in
travvedono figure umane. Esce uno con due cassette fra le
mani, si affaccia un omino in tuta, riconosce Andrea:
�Dottore venga, ho due prime visioni che sono un bab��.
L'omino ha occupato il chiosco abbandonato, ci ha piazza
to un suo televisore, le pile delle cassette, le registrazioni
rubate e ristampate, spesso merce di prima qualit�, film
che non sono ancora usciti in televisione, nessuno gli ha
mai detto niente, si servono da lui sindaco e onorevoli. An
drea mi chiede un favore: possiamo passare dopo il pranzo
a salutare sua madre che avrebbe piacere di conoscermi?
�Sai, � di Torino come te.,, La signora Cinquegrani ha set
tanta anni, � alta, magra, con l'allure delle mogli dei diri
genti Fiat, quelli di una volta quando c'era il professor
Valletta. Porta in testa un foulard a mo' di turbante, ha un
bel sorriso e l'orgoglio della solitudine e del rifiuto, da
quando � morto suo marito direttore della Fiat Avio non �
pi� uscita di casa, del resto anche quando lui c'era usciva
malvolentieri: ,Se li ricorda, dottore, i caf� chantant di
corso Vittorio? La confetteria Peyrano?,,. ,Beh, quella c'�
ancora, cioccolato stupendo.,, Da ragazza doveva essere
come la Vincenzina Virando, la signorina torinese di buo
na famiglia che incontr� da Baratti e Milano il giovane
ambasciatore Ettore Grandi e lui sembrava cos� gentile fra
gli splendenti vasi di cristallo pieni di gianduiotti e di prali
nes, tra i camerieri in giacca bianca e le confidenze sussur
rate: �Quella � una Camerana che ha sposato un Nasi,). La
povera Vincenzina Virando morta ammazzata a Bangkok,
ammazzata dal marito ambasciatore diceva l'accusa, ma
secondo il professor Beonio Brocchieri dall'amok, una ma
gia asiatica che fa spuntare rivoltelle e coltelli nelle mani
degli indigeni spiritati o il dente dell'epistrofeo, come dice
va l'avvocato Delitala, per spiegare uno dei fori nel cranio
della poveretta. La signora Cinquegrani mi porta in visita
nel suo regno, salotti e stanze in cui non vive da anni, il ti
nello con la televisione, il cucinino, le tende bianche a fare
da schermo verso la sterminata citt� straniera in cui tanti
anni fa un ingegnere della Fiat, cos� gentile, cos� simpatico
l'ha portata in esilio. Ma il portamento, il tratto, l'accento
sono rimasti quelli e cerchino di capire suo figlio e la Rita
Pennarola se non li degnamo di uno sguardo, stiamo par
lando di Torino, per dio, di piazza San Carlo, del Cambio
che non � pi� quello, ma � sempre il ristorante in cui pran
zava Camillo Bensi o Benzi di Cavour, come sappiamo so
lo noi, conoscitori di Santena e delle sue lapidi.
E io penso a una mia amica milanese che era giornalista
al �,Giorno,, con me, che ha sposato un professore napoleta
no, parla napoletano, ha figli napoletani e se le telefono mi
dice: ,Ma perch� tieni tanta rabbia in corpo. Fottitene!�.
Qui uno si piega o si ritira in convento, come la vedova
Cinquegrani. Ma il distinguo fra il lecito e l'illecito si per
de, come la separazione fra mare e sabbia sulla battigia.
Anche nelle cose minime. Tutti comperano merce di con
trabbando senza chiedere, senza preoccuparsi, c'� aperta
compravendita di falsi ,griffati,, di Timberland, Saint
Laurent, Lacoste, Cartier, Armani, di auto rubate ricono
scibili per il bassissimo prezzo, tutto tranquillamente com
merciato. E nella pubblica amministrazione tutti fanno i
comodi loro perch� una parte degli impiegati sono stati as
sunti per non lavorarvi, per fare altre cose, commissioni,
guardaspalle, galoppini elettorali; dunque come lo misuri
l'assenteismo se poi anche quelli che negli uffici ci vanno
quando gli salta vanno per i fatti loro tanto nessuno conta e
nessuno controlla.
Fanno cos� in buona parte i cinquecento vigili urbani di
servizio all'aperto che ogni tanto si autosospendono, a me
no che non siano �,in torta,, con i posteggiatori abusivi a cui
devono dare una mano comminando multe salate solo a
quelli che lasciano l'auto fuori dei loro abusivi posteggi. Lo
sono quasi tutti abusivi perch� da decenni nessuno ha piu
il coraggio di mettere il naso nelle licenze che si perpetua
no e moltiplicano per conto loro. I posteggiatori abusivi so
no bene organizzati, non ti danno mai la ricevuta per non
pagare l'Iva, ma il gesto lo fanno: Lo vuole il foglietto dot
to'?� e tu se non sei fesso dici che non lo vuoi, se no la
prossima volta non trovi posto. E, se avendo pagato in an
ticipo a uno degli abusivi al ritorno ne trovi un altro che ti
richiede le lire, dagliele se no ti fa una chiassata e magari
arriva in suo soccorso un vigile che ti puo multare, non sei
in sosta vietata?
Dicevo di quella mia amica del ��Giorno,). Ma ho anche
ricevuto la settimana scorsa la lettera di una Maria Luisa
piemontese che vive a Napoli da parecchi anni e che si �
napoletanizzata: ,Ho letto il suo libro, Il provinciale, che a
parte qualche pagina interessante mi conciliava il sonno e
perci� mi era utile. Ma la sera in cui sono arrivata al punto
dove lei ha ribadito il suo ormai nauseante antimeridiona
lismo, mi sono talmente innervosita da passare la notte
quasi insonneLei con il suo lavoro, a quanto pare, ha
guadagnato un sacco di soldi e allora perch� non se ne sta
tranquillo e se il meridione non le piace lo trascuri e lo lasci
in pace. E cerchi di andare il meno possibile in televisione
perch� io provo un grande imbarazzo e un po' di pena per
ch� so che se dovessi parlare in televisione parlerei come
lei, come parlano i lombardi, i romagnoli, i veneti, con
frasi stentate e una pronuncia orribile. Quando ero su non
ci facevo caso ma adesso ho l'orecchio abituato alla parlata
intelligente, fluida, ricca di vocaboli dei napoletani. Che ci
vuol fare? A lei piace la Svizzera, ha scritto. Perch� non si
trasferisce l�? Gli svizzeri sono cattivi e razzisti come lei�.
Maria Luisa ha ragione, ma io mi sento un po' come l'o
norevole Piro che dopo aver inutilmente portato davanti a
un giur� d'onore il ministro Paolo Cirino Pomicino si � di
messo dal parlamento dicendo: �Io non ce la faccio a vivere
nel Far West),. Ma forse i fuorilegge ci vivono benissimo.
La pazienza e laferocia
Lo psichiatra Sergio Piro sta in una bella casa di via Raf
faele De Cesare a due passi dal Castel dell'Ovo, quarto
piano, in quell'aria che sa di salso, con quella apertura
verso gli azzurri amichevoli del golfo. Lui di casa esce, �
uno di quelli che si battono nello sfascio sanitario, sociale,
morale, economico. Indossa un maglione rosso giovanile
come i suoi occhi, gli occhi di chi ha molto dato e molto
avuto. Ora si � avvicinato alla finestra, guarda in basso il
traffico caotico e segue una sua divagazione, quel cercar di
capire dentro la cosa informe che � una grande citt�, senza
prove magari, senza scienza, per intuizioni, per ipotesi
magari, ma non � cos� che sono nate le scoperte, le esplora
zioni? �Conosco una signora che l'anno scorso, un giorno
si trova a passare per piazza Martiri, vicino alla redazione
di "Repubblica", dove c'� un posteggio abusivo, come in
tutte le piazze. Pensa di essere protetta dal traffico, passa
per il varco aperto fra le auto posteggiate ma arriva un'au
to e le blocca l'uscita. Ritorna sui suoi passi e il passaggio e
ostruito da altre macchine appena arrivate, cerca di passa
re fra due, di sollevarsi su un cofano ma � anziana, non ce
la fa, le prende un grande affanno, grida e nessuno l'ascol
ta, piange, passano dieci terribili minuti prima che un gio
vane la veda e arrivi in suo soccorso. Ora � in cura, un ca
so acuto di agorafobia, un anno e mezzo che non esce di
casa.,, Il professor Piro sembra arrivato al capolinea della
sua divagazione, osserva il traffico caotico gi� nella strada,
esita fra pensieri diversi, fra memorie, cerca di riprendere
il filo di mistero e di stupore per capire la grande citt�
amata e insondabile, paziente e feroce, piena di plebei
scontenti di tutto e di borghesi che ci vivono come �europei
scontenti,,. La immensa citt� nel cui inconscio � sempre ac
quattata la plebe paziente e feroce, dove �le peuple est bien
plus peuple qu'un autre),, lo aveva capito Montesquieu.
Il professore ha trovato una traccia, la segue: �Non c'�
nessuna regola qui che resista all'anarchia, tutto si disfa, si
smaglia, si cancella sotto le maree del disordine. Ma se vivi
qui e segui i movimenti segreti della citt�, le cose che si ve
dono solo con l'affetto e l'appartenenza, ti accorgi che ogni
volta nella distruzione totale dell'ordine, il napoletano cer
ca di mettere insieme un nuovo ordine, un abbozzo di or
dine senza regole scritte, senza codice. Sto spesso a questa
finestra a guardare il brulichio degli uomini e delle auto e
pian piano ho notato che in questa insensatezza riaffiora
un filo di ragione, di piet�, se una persona di et� capita in
mezzo la strada e spaventata, intontita non sa togliersene,
il conducente dell'autobus, il grande sgangherato autobus
del servizio municipale, si ferma, la segue a passo d'uomo,
non le fa fretta, come un pachiderma addomesticato, non
suona il clacson. Il rispetto per i deboli in qualche modo ri
mane�.
Piro sa che quel che dice � vero, ma che pu esserlo an
che il contrario. Certo � vero che nella Napoli dei seimila
abitanti per chilometro quadrato resta una vena di solida
riet� umana che sembra resistere al mare della violenza,
ma � anche vero che un giorno don Rapullino ha gridato ai
suoi fedeli: �Fuitevinne, fuitevinne!�. Ferocia e pazienza,
protervia e carit�, previste e imprevedibili, non il vuoto di
Palermo attorno alla morte e alla violenza, ma una violen
za che pu� scatenarsi dalla mansuetudine. L'ho visto
quando scendevamo per le viuzze di Ponticelli: un uomo di
rispetto, un prepotente aveva fermato il suo camioncino in
mezzo alla strada, era entrato in un bar. Tutti fermi senza
protestare, tutti zitti a guardare la strada bloccata. Poi, be
vuto il suo caff�, salutati gli amici, era ripartito e il traffico
era ripreso ma senza furia lasciando il passo agli anziani,
alle mamme con le carrozzelle. E capivo che quell'alter
narsi di prepotenza e di gentilezza non era casuale, che �
sempre stato cos� e sempre sara cos�. E forse questa � l'in
sopprimibile natura della plebe che canta, recita o condivi
de la napoletanit� umana, sentimentale ma � la stessa che
nelle ore del furore e del sangue, della controrivoluzione
vandeana del 1799 fa strage di borghesi illuminati, li
squarta, li arrostisce, se ne ciba. Il popolo degli straccioni
che se a Roma offende e "rride, a Napoli atterrisce anche il
marchese di Sade, in fuga da quella esplosione di odio can
nibalesco. Lo sapeva Tommaso Campanella: �Il popolo �
una bestia varia e grossa che ignora la sua forza. Tutto �
suo quanto sta fra cielo e terra ma nol conosce e se qual
che persona di ci� lo avvisa ei lo uccide e atterra�. La fe
rita del '99 � ancora aperta nella borghesia napoletana, per
convivere con la plebe sterminata se ne d� un'immagine
naturalistica, � come la lava di una eruzione, come il sole,
come il mare ora in bonaccia ora tempestoso, un'altra cosa
da s� ma insostituibile. La plebe di Napoli � diversa, molto
diversa dai poveri di Milano, Torino, Genova. Di essa la
borghesia napoletana ha solo una idea collettiva, di molti
tudine, non riesce a pensarla come somma di persone, di
nomi. Il muoversi delle moltitudini nelle vie e nelle piazze
napoletane � ingannevole, pu� dare l'impressione che stia
per accadere qualcosa di straordinario e invece pu� essere
il nulla di un muoversi senza ragione, di chi non ha altro
da fare. �Vorrei capire il perch�,,) si � detto Luigi Compa
gnoni, �,ma essi se ne vanno.� La plebe onnipossente e sco
nosciuta nascosta in queste dolci colline piene di orrori, in
questi vicoli che sono le vene della citt�, dove la vita che
sembra gi� spenta riprende con furore, dove ci si desta nel
l'inerte angoscia del vivere, del ripartire ogni giorno alla
ricerca del necessario per vivere.
Il professor Piro ora siede in poltrona nella bella casa vi
cino al mare, uno degli illuminati, dei giacobini che hanno
ancora nella memoria le giornate del sangue e il mistero
dei lazzari pazientiferoci. �,Credo ci sia una profonda dif
ferenza fra i napoletani dei vecchi quartieri e quelli del
contado arrivati dalle campagne. Poveri gli uni, poveri gli
altri, ma i primi dentro una societ� cittadina che tiene nel
la solidariet� del vicolo, i secondi con la rabbia e la ferocia
che viene dall'ignoranza, dal non capire, dal sentirsi sradi
cati. Lei dir� che non c'� niente di scientifico in quel che le
vado dicendo ed � vero, la sociologia � una vaga scienza, le
mie osservazioni possono essere contraddette. Ma senta
questa: la Regione decide di chiudere un reparto di assi
stenza alle giovani "con problemi sessuali", diciamo le pro
stitute minorenni. La discussione in giunta � stata umilian
te: sono delle puttane, perch� dobbiamo mantenerle, le fa
miglie se le riprendano. Ebbene, una sola famiglia del con
tado ha accettato di riprendersi la figlia, mentre quelle dei
rioni cittadini sono tornate tutte a casa loro e la gente dei
vicoli, dei bassi, le ha riaccolte. Conosco un travestito che
venne da me disperato perch� un medicastro gli aveva fat
to un seno al silicone che suppurava. Non era pi� in grado
di fare il suo lavoro. "Come campi?" gli chiesi. "Faccio la
maglia e le pulizie con le vicine di casa. Mi vogliono bene
assai. Mi lasciano i bambini da guardare quando escono."
E l'antico costume napoletano. i femminielli cominciava
no a vestirsi da donne da bambini, portavano fortuna, fa
cevano le estrazioni delle riffe, erano un fatto teatrale be
nevolo.� <Professor Piro, ha letto i giornali? I due fidanzati
sorpresi nella loro auto da tre balordi, in un campo di Po
migliano d'Arco. Violentano lei, spaccano le braccia a lui
con sbarre di ferro, gli prendono il portafogli e quando ci
trovano solo ventimila lire gli pisciano addosso: "Straccio
ne, con questa miseria vai in giro?". Questi, professor Piro
da quale plebe escono?,,
Stasera sono ospite a cena da Marina Colonna, una eco
nomista che divide tempo e lavoro fra Napoli e Oxford e di
suo marito, l'anglista Paolo Amalfitano che conosco per
ch� hanno una casa di montagna vicina alla mia in valle
d'Aosta, passiamo assieme il capodanno. Ci sono gli amici
buoni: il musicologo Paolo Isotta, la mia Elena Camerlin
ghi, il sociologo Enrico Pugliese e altri. Gli Amalfitano
stanno nel palazzo che don Ramiro Guzm�n, duca di Me
dina, vicer� di Napoli fece costruire per la moglie Anna
Carafa; fino a pochi anni fa il misterioso, meraviglioso ag
glomerato tufaceo che dominava il mare di Posillipo, ca
dente. Oggi restaurato, chi sale nella casa degli Amalfita
no, venendo dalla tana smisurata, ha l'impressione di arri
vare nella sala del Nautilus del capitano Nemo dove stanno
le cose rare e preziose della ricchezza colta. Tutto ci� che
dovevamo dirci ce lo siamo detto in questi anni con i gior
nali e con i libri: essi sanno che condivido la loro angoscia,
le loro speranze e io so che a loro va bene quel che scrivo,
che mi perdonano le impazienze e le rudezze nordiste. E
poi, come dicono, �uno dei vantaggi dell'essere napoletano
� che niente ti puo pi� offendere),. �Ogni tanto,� dice Paolo
Amalfitano, �penso alle cose che non sono pi� possibili in
questa citt�, alle limitazioni a cui ci siamo abituati: non
puoi pi� andare in giro con orologi da polso, passeggiare
con collane e pellicce, lasciare incustodita un'automobile,
protestare contro i violenti e gli arroganti. Se uno ti passa
davanti in una coda, se prende la tazzina di caff� che hai
appena ordinato vorresti dirgli la tua, ma scatta il riflesso
condizionato: e se questo � uno di quelli che tirano fuori il
pugnale o la rivoltella? Se � un camorrista che esce da una
scuola di karat� e ti lascia con un braccio storto? Non � pi�
possibile viaggiare su un mezzo pubblico senza essere, pri
ma o poi, scippato, non puoi viaggiare sulla Circumvesu
viana dopo le nove di sera. Intendiamoci, non � come vive
re nella citt� proibita di Hong Kong dove non entrano
neppure le guardie di Sua Maesta, ci sono centinaia di mi
gliaia di persone che questi rischi li corrono ogni giorno
ma � la probabilit� che � salita fortemente, in questi ultimi
anni ognuno di noi ha subito furti, violenze, minacce.�
Amalfitano dice il vero. Ieri alla biglietteria di Ercolano
hanno tentato una rapina, i controllori dopo le 9 di sera
non chiedono pi� il biglietto, potrebbero trovarsi puntato
sul petto il pugnale di un drogato. Alle 9 la polizia ha gi�
staccato, si viaggia a proprio rischio e pericolo, giorni fa
tre giovani donne sono state violentate in una carrozza e
gli altri facevano finta di non vedere, petizioni con migliaia
di firme sono arrivate in questura da Portici, Bellavista,
Fontana, Casone, Pratola, Ercolano ma la risposta della
questura e della ferrovia � sempre la stessa: manca il perso
nale, E siamo a Napoli, dove in ogni impiego c'� il doppio
del personale necessario. Nella immensa caotica citt� i
quartieri residenziali sfiorano quelli della miseria, nell'am
masso delle case si aprono d'improvviso dei valloni per cui
� corsa la lava con vegetazione rigogliosa, prorompente e
lungo essa torri, casali, gente che va per funghi e magari
trova i cadaveri d tre barboni morti di freddo o giustiziati
dalla camorra. Nel vallone di San Rocco a Capodichino,
vicino al muro di recinzione dell'eremo dei Cappuccini,
hanno trovato resti umani nel fangoPoco distante ci sono
i tre vagoni ferroviari in cui si sono sistemati dieci frati mi
nori rinnovati, alcuni italiani, altri di paesi europei, che
hanno fatto voto di povert� e scelto la citt� giusta, dove di
povert� ce n'� in abbondanza, anche senza voti. Il tritume
urbano, il fetore delle case misto al profumo degli orti, una
villa patrizia fra i pini, il club salutista di Tanzi, il re del
latte di Parma, le scuole calcio del Napoli, duecentomila li
re l'iscrizione, sessantamila mensili, pi� di mille iscritti in
una citt� di poche o nessuna speranza. Ma i napoletani
non la lasceranno, meglio la miseria del golfo materno che
il pane certo di nordiche contrade
Il ritorno dei baroni
�I terremoti,� diceva Mario Pagano, ,abbassano il livello
morale delle popolazioni colpite.), Sante parole, e aggiun
geva: (,Il flagello che forse � pi� rovinoso dello stesso sisma
� l'avidit� speculativa),. Sacrosante parole! L'avvocato Ge
rardo Marotta, direttore dell'Istituto per gli studi filosofici,
� un signore minuto, con un viso fine ed emotivo che di
questa avidit� speculativa ha fatto una ossessione morale e
culturale, ci pensa giorno e notte, con la passione fredda
ma travolgente degli intellettuali, quando gli capita di cre
dere in qualcosa. E stato crociano, trotskista, bordighiano,
comunista restando uomo di libert�, parla della rivoluzio
ne del 1799 come di una sua sofferta esperienza, detesta il
cardinale Ruffo, il repressore, e anche un po' la plebe �,che
lo accolse con pazza gioia,,. �Fra sette anni,,, mi dice, (�nel
1999, nel bicentenario della rivoluzione, noi torneremo,
Napoli sar� ancora democratica.,) E ce ne vuole di fede,
dato quel che lo circonda. Per ora mi invita in una di quel
le trattorie che piacciono agli intellettuali napoletani pro
gressisti, con osti democratici con cui non puoi protestare
per gli spifferi e i piatti freddi. Sono stato preavvertito, at
tendo che l'avvocato Marotta, che totticchia con una for
chetta un sarago in brodetto ma ha gi� la testa ad altro, mi
parli della sua ragion d'ira e di sdegno, le concessioni, la
vil genia dei concessionari, in questa repubblica sbracata.
E gli tocca pure di dover lodare i tempi andati, persino il
fascismo. �Sa cosa fece il nuovo regno dei Sella e degli Spa
venta quando dovette metter mano alle grandi opere unita
rie, ferrovie, strade, ponti? Diede in concessione i lavori a
un pool di banche capeggiate dai Rothschild. Ma senza
una lira di anticipo mantenendo un controllo rigido della
esecuzione e della progettazione, e la grande destra di Spa
venta, che � la madre della nazione, quando si accorse che
i concessionari si stavano arricchendo a spese dello stato le
nazionalizz�. E sa cosa fece il fascismo per le sue opere del
regime? Qualcosa del genere, ma senza anticipare una lira
con progetti del Genio civile e controlli del Provveditorato
delle opere pubbliche che erano uffici seri. E sa cosa faccia
mo oggi? Abbiamo messo tutto nelle mani dei concessiona
ri, i grandi, onnipotenti e impuniti. E il ritorno dei baroni.
L'altro giorno ho incontrato in treno Travaglini, lei lo co
nosce, gran degna persona, espertissimo di lavori pubblici.
La voce non gli usciva di bocca: "Hanno rubato tutto, Ge
rardo, tutto hanno rubato". E non ha pi� parlato per tutto
il viaggio per Roma, che resta da dire, da maledire? Sa co
sa intascano dallo stato i grandi concessionari? Il cinquan
ta per cento del costo privato. Non si sporcano neppure un
dito con i mattoni, prendono i soldi e li spediscono in qual
che banca svizzera o delle Bermuda, guadagno netto, poi
convocano i subappaltatori e gli dicono di provvedere, sen
za anticipi, alla esecuzione. "Ma come facciamo a manda
re avanti i lavori?" chiedono. "Amici," dicono i grandi
concessionari, "a voi dobbiamo insegnare il mestiere; via,
lo sapete meglio di noi: materiali scadenti, crediti agevola
ti, rapida revisione degli stati di avanzamento, sospensione
dei lavori che cos� i giornali ci fanno un gran baccano e il
governo deve aprire la borsa." Cos� si incomincia a capire
che la machiavellica dei lavori pubblici nel sud, e un po'
dovunque in Italia, � il cimitero delle opere incompiute. Il
governo ha nominato una commissione per censirle e l'al
tro giorno il commissario Ravai ci ha fatto sapere che sono
milleduecento, seicento e passa solo dell'Anas, ma chi ha le
mani in pasta sa che sono almeno il doppio perch� le am
ministrazioni che hanno la coda di paglia tendono a na
scondere e minimizzare.�
�,Lei mi chieder� chi sono questi baroni. Sono i grandi
impresari edili di tutta Italia. Io conosco bene i napoletani,
conoscevo i loro nonni, i loro padri e mi sembrano di un
altro sangue, di un'altra testa. Il denaro ha stravolto tutto
e tutti, non sono pi� degli imprenditori, sono come gli Or
sini, come i Colonna, feudatari rapaci, fanno loro le leggi,
i progetti, nominano loro i controllori, ma dei morti semi
nati dalla camorra attorno ai cantieri non se ne occupano,
sono persone chic, tengono la barca ai Caraibi. E lo stato si
impegna a fondo per rendergli pi� facile la rapina. E uno
stato che mente su se stesso, che sta dalla parte di quelli
che lo derubano. I concessionari, dice questo stato manu
tengolo, fanno dei grandi guadagni e allora facciamogli pa
gare l'onere dei controlli. Che grandiosa trovata! E come
se dicesse: avanti, corrompete i controllori. Ha ragione il
giudice Imposimato: "Una parte della spesa pubblica � de
stinata a neutralizzare il controllo dello stato". I concessio
nari formano delle commissioni pletoriche, ci mettono
dentro i procuratori della repubblica, gli avvocati dello sta
to, i presidenti dei tribunali, a Napoli trenta magistrati or
dinari e per il controllo sulle case di Martuscello pure il
presidente del Tar. Invano il Consiglio superiore della ma
gistratura gli ha ordinato di dimettersi, sono ricorsi al Tar
che essendo in pasta gli ha dato ragione e sono l� a riscuote
re gettoni di presenza milionari. Ma c'� di pi�, questi con
trollori per conto dello stato, grati ai concessionari da cui
prendono le lire, si trasformano in loro avvocati d'ufficio e
si danno da fare per ottenergli favori, permessi. Non sono,
e questo lo sanno tutti, assolutamente in grado di control
lare i lavori, non sono dei tecnici, si lasciano allegramente
menare per il naso. Aveva ragione Victor Hugo, la storia
non si ripete mai esattamente, se la prima volta � stata tra
gedia, la seconda sar� una farsa. Da noi sta esattamente
cos�, la costruzione dell'Italia unita � stata una tragedia,
una vicenda nobile e sofferta, adesso siamo alla farsa del
l'economia dell'emergenza, dei terremoti benefici. E cos�,
amico mio, non c'� pi� stile o linguaggio colto, non c'� pi�
scandalo, c'� solo questa moltitudine di mariuoli cresciuti
tra furti e banalit�. E un processo iniziato con il monopolio
politico democristiano negli anni cinquanta, ma pochi se
ne accorsero, Ernesto Rossi fra quei pochi. Adesso il pro
cesso ha la velocit� e il peso di una valanga e ancora la gen
te non capisce. Lo ha capito la gente perch� i Municipi si
sono disfatti degli uffici tecnici? Perch� Andreotti si � libe
rato con le "pensioni d'oro" dei buoni amministratori mi
nisteriali? Volevano liberarsi di ogni controllo come � ac
caduto da voi a Milano, avere mano libera nel grande fur
to delle tangenti, mettere i Mario Chiesa e i Carriera al po
sto dei funzionari onesti.�
L'avvocato Marotta punge con la sua forchetta il povero
sarago ormai gelato, ma non gli va di mangiare. ��Con le
concessioni� riprende, �lo stato paga anche gli errori altrui.
Prenda il Consorzio per la bretella Lago di PatriaCastel
volturno, undici chilometri su un terreno pianeggiante
compatto e la fanno tutta in viadotto sopraelevata tanto
per passare dai ventinove miliardi del preventivo ai trecen
tocinquanta dell'opera finita. Doveva arrivare a S. Anti
mo, ma si � persa per strada nei continui zigzag fra i vil
laggi. La guardia di finanza ha trovato la mappa con le va
riazioni del progetto nella casa di un boss camorr ista, un
parente di Sbardellino. Facevano parte del Consorzio l'im
presa milanese Mercenaglia, la palermitana del conte Cas
sina, s� proprio quello dell'acquedotto e delle fogne ai tem
pi di Ciancimino, la Farsura e una impresa napoletana. E i
Regi Lagni, ne ha sentito parlare? Una bonifica borbonica
da restaurare. Si � partiti da centocinquanta miliardi, sia
mo gia sopra i mille e il risultato � una immensa fogna a
cielo aperto da rifare. Chi ha pagato? i progettisti? I con
cessionari? No, lo stato. E sa chi ha incaricato di corregge
re gli errori? Gli stessi che li avevano commessi.,, �Avvoca
to, c'� di peggio, l'autostrada PalermoMessina doveva co
stare duecento miliardi, oggi per gli ultimi sessanta chilo
metri se ne prevedono duemilacinquecento e ci sono degli
appaltatori che pagano per entrare nel giro, per essere pre
feriti ad altre imprese, per avere la protezione mafiosa. E
anche questo fa parte del processo che ha fatto salire alle
stelle la spesa pubblica.,,
L'avvocato riprende il pallino, non molla: <,Stessa cosa
con i depuratori. Tutti sapevano che la soluzione migliore
era quella delle condotte subacquee lunghe con sbocco a
dieci, dodici chilometri in alto mare dove il mare � profon
do e i rifiuti organici sono alimento per la fauna. Nossigno
re, hanno voluto ad ogni costo i costosissimi depuratori che
spurgano i loro liquidi nelle acque basse e le inquinano,,.
Stavolta l'avvocato Marotta ha davvero vuotato il sacco,
rimanda il sarago e si consola con un piatto fumante di ci
me di rape.
Lo guardo e penso: ma c'� qualcuno che non ruba in
questo paese? Rubava a Milano sull'obitorio un assessore,
rubava il segretario della lega contro i tumori, rubavano
sui vecchi ospiti del pio albergo." Ma cosa � mai l'onest� in
questo paese? Uno snobismo? Una pigrizia? Soltanto per
evitare la fatica della corruzione? Ma possibile che tutti
questi ladri non sentano che si portano dietro sugli abiti,
sulla pelle come una patina untuosa? Non provano un sen
timento di umiliazione nel dover nascondere qualcosa ai fi
gli, nel doverglielo confessare a volte cambiando discorso o
con un sorriso un po' tirato. A destra come a sinistra. Lo
riconosce il socialista Giorgio Ruffolo, ex ministro del
l'Ambiente: ,La sinistra ha finito per smarrire le sue ragio
ni etiche puntando tutto sul potere senza programma, sulla
quantit� economica senza qualit� sociale, diventando cos�
indifferente rispetto alla destra�.

Grazie sisma.

Il meridionalismo piagnone � talmente fastidioso da copri-


re anche le colpe dell'Italia ricca e avanzata. Se ne duole
con me Pietro Craveri, figlio di una figlia di Benedetto
Croce e del Raimondo Craveri, saggista eccellente impa-
rentato con i Giacosa, gli Albertini, i Giolitti, i Carandini,
borghesia colta e al servizio dello stato di altri tempi. A
Napoli fa il professore universitario e il consigliere comu-
nale. �Questa citt�, tu lo sai, aveva una buona e anche ot-
tima borghesia: grandi avvocati come De Nicola, giuristi,
ingegneri, costruttori di navi e di aerei, filosofi, letterati.
Gi� nel primo dopoguerra, nel periodo laurino era comin-
ciata la corsa ai lavori pubblici, ai sussidi, alle frequenta-
zioni promiscue e un po' canagliesche. Poi � arrivato il ter-
remoto e la marcia � diventata corsa, ressa impudica. Ci�
che � rimasto della buona borghesia si � rifugiato nei suoi
comodi conventi, in istituti come quello dell'amico Marot-
ta, dove per un seminario su Platone arrivano filosofi di
ogni parte del mondo, da Oxford, da Tubinga, nel palazzo
Serra di Cassano a Pizzo Falcone. Credo siano arrivati al
millesimo seminario con invitati come Gadamer, Popper,
Garin, Gombrich, il meglio. o si trovano nella casa dei
Barraco, a discutere del restauro del Toro Farnese di cui si
occupa Mirella Stampa Barraco o dell'arco di trionfo di
Alfonso d'Aragona. o a "Napoli '99" del cui comitato
scientifico fanno parte Acton, Celibidache, Chastel, Le
Goff, Mack Smith perch� come dicono i Barraco "la cultu-
ra internazionale � la nostra cintura di salvataggio". Ma il
potere lo hanno gli altri, la nuova borghesia del terremoto,
i politici, la camorra, le client�le, il mondo contro cui si le-
va la protesta della Lega. Ma, diciamoci la verit�, se le co-
se sono arrivate a questo punto nel sud � anche perch� al
nord industriale e finanziario andava bene avere qui una
Vandea anticomunista, la grande riserva dei voti conser-
vatori e reazionari che pareggiava quelli delle regioni ros-
se. L'intero arco costituzionale si � trovato d'accordo nel
mantenere questo status quo depresso e lo � anche oggi al
grido: "Non si processa la Dc" lanciato dal senatore Fran-
cesco Tagliamonte e riecheggiato dai Vito, dai Gargani e
anche dai socialisti che hanno lasciato insabbiare le indagi-
ni della commissione di inchiesta sul terremoto, e puntella-
to il sistema guadagnando voti qui sulle clientele e perden-
doli al nord dai cittadini. Nel sud c'� sempre stato un bloc-
co storico per inchiodare la situazione al peggio. Prima
quello gramsciano fra l'industria del nord e i proprietari
terrieri del sud e adesso quello dell'economia dell'emer-
genza fra borghesia affarista, politici, camorra con parteci-
pazioni del grande capitale settentrionale. E questo blocco
non solo dispone di una valanga di denaro per cui potreb-
be anche comperarsi l'impunit�, ma ha fatto meglio: i suoi
profitti truffaldini sono legalizzati.�
Pietro Craveri � un omone che si compiace di vestire un
po' alla old fashion, con gilet, abito grigio da gentiluomo,
scarpe solide a suola spessa, come certo vestono nelle foto-
grafie di famiglia i suoi zii e nonni. Lui non ha i pallidi fu-
rori di Marotta, lui sta dentro la vita politica, li frequenta
gli arrampicatori ma per non dargliela vinta, per continua-
re a soffiargli sul collo, fuori dalla folla di professionisti che
ormai, come dice l'economista Graziani, �gravitano attor-
no all'amministrazione con la preziosissima funzione di
crearle del consenso. Tutti allineati, salvo pochissime ecce-
zioni, all'interno del regime dominante, smarrendo ogni
senso critico, fagocitati dalla opulenza dei fondi straordi-
nari�. Traducono in cifre due studiosi. Lo storico Rocco
Caporale della National Science Foundation dice: ��Dal
venticinque al trenta per cento dei sessantamila miliardi
spesi per il terremoto � finito nelle tasche della camorra e
delle congreghe di politici, tecnici, progettisti, ingegneri,
architetti e geometri, qualcosa come dodicimila miliardi�.
E partendo dai rapporti irpini, Mario Vitale calcola che i
profitti di regime siano arrivati a superare il debito pubbli-
co: �,I mediatori del terremoto,, come vengono chiamati
questi borghesi -xsono di appetito insaziabile, il loro grande
elemosiniere Paolo Cirino Pomicino � riuscito a fargli arri-
vare ancora nel '92, a dodici anni dal sisma, un'altra torta
di millequattrocento miliardi e stanno preparando altri
megaprogetti, un parco gigantesco, pi� grande di Hyde
Park, sul lungomare nella zona industriale "delocalizzata"
che � il nome della nuova truffa gigantesca, prendere le in-
dustrie da un posto e portarle in un altro con annesse spe-
culazioni sulle aree e sugli edifici. Non � una borghesia zo-
tica anche se di gusti plebei, conosce alla perfezione le leggi
per frodarle, conosce a menadito quella per il terremoto e
per la ricostruzione, come ricorrere al Tar, come trovare
uomini di paglia per la firma dei progetti, come simulare
industrializzazioni impossibili. Dei veri draghi. E conosce
benissimo la legislazione europea che qui funziona come
un supergarantismo da falsari capaci delle interpretazioni
pi� diaboliche, vedi l'Elio Graziano, quello delle cuccette
d'oro, che ogni anno viene arrestato per qualche truffa allo
stato e non solo � sempre a piede libero ma si atteggia an-
che a perseguitato: "Se la mia vita serve a fare pulizia dei
corrotti e delle puttane sono disposto alla totale chiarezza".
Che cosa c'entrino poi le povere puttane, non si capisce.
Corrupti'ssi'ma res publi'ca pluri'mae leges
e qui di leggi ne ab-
biamo a migliaia per la gioia degli azzeccagarbugli. Il ter-
remoto a dire il vero non ha arricchito e corrotto solo i bor-
ghesi rampanti, � stato una partecipazione interclassista.
Una prima veritiera definizione delle zone colpite com-
prendeva 283 comuni, 104 nella provincia di Avellino, 67
in quella di Napoli, 46 di Potenza, 66 di Salerno e si era al
23 dicembre del 1980. Cinque mesi dopo i comuni colpiti
erano diventati 687, le case distrutte erano salite da 28.000
a 68.000, le danneggiate da 300.000 a 500.000. In questa
abbuffata gli amministratori comunali sono stati i primi e
pi� voraci. Detiene il record assoluto di progetti firmati
Umberto Maiorano, sindaco di Rocca dei Lombardi, con
360, seguito dal sindaco di Cervignara, Pasquale Lombar-
di, con 332, da quello di Ariano Irpino, ingegner Romolo
Di Furia, con 286, da quello di Bonito, ragionier Davide
D'Alessio, con 209 e, a nome di tutti, rispondendo alla
commissione parlamentare, il sindaco di Laviano Giovan-
ni Torsiello ha spiegato: "Che volete, la gente si � rivolta a
me perch� ha fiducia",,. Il ceto emergente ha una sua inti-
ma giustificazione, � convinto che gli spetti una rivalsa
,sulle secolari ingiustizie,, come ha detto il loro leader Ci-
riaco De Mita: ma s�, ci sar� stato qualche spreco, qualche
caso di corruzione, ma era l'ora che la buona sorte toccasse
finalmente queste province dimenticate. La buona sorte �
arrivata, ammazzando qualche centinaio di persone e con-
sentendo finalmente a molti altri di farsi la villetta, le auto
sportive, i fuoristrada, gli abiti firmati, le vacanze alle Ber-
muda.
Ma stiamo a Napoli. Dai giorni del terremoto la citt� si
� come rassegnata al dominio indiscutibile del nuovo bloc-
co storico fra borghesia politica e degli affari e camorra. Si
� adattata alla cultura plebea, come la chiama lo scrittore
Pirro, di questa ibrida ma stretta alleanza: la cultura del-
l'arrangiarsi, dello scambio di favori, dell'indifferenza al-
l'opinione pubblica o comunque dell'opinione altrui. <,Con
quella impronta di illetterata� diceva Benedetto Croce ai
suoi primi passi ,che sempre di pi� ostenta e di cui si fa
una forza e un vanto.� La corruzione come trait d'uni'On fra
la forza della malavita e della plebe ad essa legata e la nuo-
va borghesia. E che si tratti di un evento storico, lo si capi-
sce dal fatto che questa nuova forza sociale rozza e violenta
� riuscita a bloccare prima e a frantumare poi la secolare
impresa storica che ha creato nell'Europa gli stati di diritto
e che qui aveva cominciato a costruirlo con la rivoluzione
democratica del 1799 e poi con il regno murattiano e i moti
dell'Ottocento, i moti liberali del '21 e del '48.
E sulle ceneri, sulle rovine di quel po' di stato di diritto
che si era messo assieme � calata una negoziazione truffal-
dina, permanente e globale di mutui, sconti, fideiussioni,
dilazioni di pagamento, recuperi di credito, remissione de-
biti, uso gratuito di abitazione, assicurazioni, promozioni,
baci, amplessi, petting, trasferimenti, licenze, onorificen-
ze, matrimoni e persino funerali governati solo dall'avidit�,
dal desiderio rovente dell'altrui denaro, dall'orgoglio di in-
gannare il prossimo. Il caro-funerale camorrista � arrivato
a note di diciassette, venti milioni, alle vane proteste del
Municipio, alle serrate dei necrofori, alle guerre cruente fra
le onorate ditte di pompe funebri dei Bellormino, Trombet-
ta, Esposito, Domineddio, Salemme, Reale, Montuoro,
Maddalena. Si � arrivati anche al ricatto cadaverico, un po-
vero regista inglese di annunci pubblicitari televisivi, viene
a Maiori e precipita con la sua Rolls-Royce per una scarpa-
ta. La societ� di pompe funebri chiede agli eredi venti mi-
lioni per trasportare la salma a Bretwood e siccome gli eredi
nicchiano sequestra il cadavere e quando finalmente paga-
no glielo spedisce, non senza aver sostituito l'abito in lana
pura con una tuta stracciata. Il denaro � diventato in questa
Napoli cos� importante da essere quasi un valore morale.
La contiguit� e complicit� fra concessionari, affaristi e ca-
morra � sdegnosamente respinta dalla Associazione nazio-
nale dei costruttori edili che ha sparato a palle infuocate
contro uno studio del Censis. Ma Napoli � coperta come da
un inestricabile viluppo di rami e di foglie, intrecciato come
nelle decorazioni leonardesche del castello Sforzesco di Mi-
lano, fatto di aziende e aziendine di calcestruzzo che combi-
nano variamente nella loro ragione sociale le parole Beton e
Bitum Cement, General Cement, Diamond Cement. Il
giudice Pio Mancuso, nella sentenza di rinvio a giudizio dei
signori Agizza Romano, titolari della Beton e Bitum, rac-
conta l'intreccio con i Cutolo, i Costanzo, i libanesi Bouris
George e Antoine Kaissar Barakat�, per cui passa la spessa
linfa fatta di oro, sangue, merda, calcina.
La commissione parlamentare ha appena sfiorato questo
sottobosco truffaldino, di fronte a consorzi edili come la
Pro Cal di cui f'anno parte la Ferruzzi, azienda di dimen-
sioni europea, e una Calcestruzzo Perrotta fondata con un
capitale di venti milioni da due sconosciuti di Pomigliano
d'Arco: non si � neppure curata di sapere chi in esso aveva
veramente il potere di decidere e di progettare, si � accon-
tentata di appurare che il consorzio era affidabile economi-
camente e certo che lo era, visto che camminava sul velluto
dei favori politici e delle contiguit� malavitose- E rischioso
avventurarsi nel sottobosco: c'� sempre un cognato del no-
to uomo politico che lavora nello studio di questo o quel
faccendiere o tuttofare della ricostruzione il quale ha rap-
porti di parentela con i clan mafiosi che a loro volta hanno
piazzato una cugina nella segreteria romana del ministro
che usa come guardaspalle altri loro cugini pregiudicati.
Fanno parte di questo intrico anche gli ,assuntori,,, co-
me chiamano i grandi del commercio dei grani, gli Ambro-
sio, i Casillo. La comunit� europea, come � noto, incarica
il nostro governo di acquistare i grani, specie il grano du-
ro per garantire un prezzo costante e il nostro governo
crea un carrozzone, l'Aima, per la raccolta e la conserva-
zione. Naturalmente questo carrozzone improvvisato con
una burocrazia clientelare non ha n� le capacit� n� i mezzi
per provvedere e allora ci pensano i grandi <assuntori,, che
dicono: ,Se vuoi che provveda io alla raccolta e alla conser-
vazione fammi un prezzo conveniente,,. E poich� sono in
grado di strozzare tutti i piccoli e ruedi produttori acquista-
no loro tutto il grano che poi vendono al carrozzone statale
aggiungendovi delle partite acquistate nel Canada o in Ar-
gentina e magari in Ucraina nella zona colpita dalle radia-
zioni di Chernobyl. E questo si chiama illegalit� legale. So-
no gli �assuntori�, gli oligopolisti, a fare i prezzi, ad avere
prestiti dallo stato a interessi minimi per ingrandirsi.
Il nipote di Benedetto Croce, il giovane Pietro Craveri,
consigliere comunale, conosce bene l'amministrazione del-
la pi� grande citt� del Mezzogiorno. �Vedi, nel Municipio
come nella Regione tutto si lega al modo di ottenere il con-
senso elettorale e al patto scellerato dei partiti di governo
per rendere impunita l'illegalit�, per farne illegalit� legale.
Come? Eliminando gradualmente tutti i controlli: il Co-
mune non ha pi� un ufficio tecnico, ha migliaia di dipen-
denti ma nessuna struttura operativa. Invece delle sezioni
decisionali progettuali, operative, si sono costituite delle
aree clientelari, non ci sono pi� i direttori responsabili dei
servizi ma i cosiddetti "coordinatori di aree" nominati a
tempo indeterminato, con grandi poteri discrezionali. C'e-
ra un ente per la classificazione degli alberghi con le stelle?
Cancellato. La Regione delega la classifica ai Comuni, ra-
gion per cui chi vuole le quattro o le tre stelle si iscrive al
partito del sindaco e gli paga le dovute tangenti. Si calcola
che il 99 per cento delle risorse finanziarie comunali vada
in stipendi per i dipendenti o in interessi passivi. Per la po-
litica comunale resta l'uno per cento. Il Comune come un
contenitore di posti e come una vacca da mungere, incapa-
ce di riscuotere i suoi crediti, 135 miliardi per le bollette
dell'acqua, 130 per il condono edilizio, 35 per le contrav-
venzioni, 24 per i cimiteri, 12 dal Napoli Calcio, 10 dalle
affissioni, 6 dagli autobus, 4 dai parcheggi. Adesso in Mu-
nicipio si trema al pensiero che fra qualche mese il governo
dovr� passargli i dodicimila alloggi costruiti dopo il terre-
moto. Come far� ad amministrarli? Nessuno sa quale sia il
patrimonio immobiliare del Comune che � enorme, nessu-
no ha un elenco preciso delle case, dei palazzi, dei terreni
comunali. Questa � una citt� che sgomenta.,,
Nel grande corpo spappolato della citt� l'intreccio ca-
morrista-affarista divora tutto. Prendiamo la nettezza ur-
bana. Per anni Napoli � stata un letamaio: mancavano i
mezzi pubblici, gli esistenti venivano regolarmente sabota-
ti e per le riparazioni nelle officine comunali si spendevano
ogni anno otto miliardi, come per l'acquisto di centinaia di
nuovi automezzi. Un po' erano gli impiegati che tiravano
a starsene a casa o che facevano delle grosse creste sulle ri-
parazioni e un po) era la camorra che premeva per la pri-
vatizzazione. Adesso Napoli � qui e l� pulita, ma � la citt�
italiana dove la nettezza urbana ha il costo pi� alto, settan-
ta miliardi l'anno. Affidata al solito consorzio in cui qual-
che ditta seria di copertura protegge le cooperative mafio-
se, inaffidabili. Per salvare la faccia il Comune in una car-
ta di nessun valore pratico e legale ,si riserva una funzione
di indirizzo politico e di governo su tutto il ciclo dei rifiu-
ti�. Alla camorra il Comune regala anche i sussidi di po-
vert�, si � scoperto che fra coloro che li ricevevano c'era
anche la moglie di uno dei Mariano, boss ricchissimi di
Forcella, e che molti dei poveri assistiti avevano dato per
recapito un basso disabitato. C'� gran rispetto da parte
delle nostre autorit� per i signori della camorra; il pentito
Melluso, uno degli accusatori di Tortora, ha ottenuto un
permesso per incontrarsi con la moglie in una stanza del-
l'hotel President di Avellino, con relativo blocco poliziesco
al traffico, servizio della televisione e decine di superpoli-
ziotti appostati per impedire attentati. Il nipote di Bene-
detto Croce dice: <�Succedono cose turche, cose da Inquisi-
zione: pare che le famose acque nere nel pubblico acque-
dotto siano state messe dalla camorra per affrettare la pri-
vatizzazione. La malavita � entrata nel circolo economico.
Tu escluderesti a priori che ci� che sta succedendo a Napo-
li non si estenda all'intera Europa?,,. �,Non lo so, caro Cra-
veri, questa citt� oltrepassa l'immaginazione, e anche gli
incubi.,,
La citt� camorra
��Vivere a proprio comodo,, diceva Goethe -�� plebeo. Il no-
bile aspira all'ordine e alla legge.,, E oggi la Napoli nobile
� emarginata, sommersa, comanda la Napoli plebea. La
sua camorra si e modernizzata restando antica, a volte ar-
caica, sempre alla scoperta di nuovi sofisticati metodi truf-
faldini e sempre legata ai vecchi e a volte quasi folcloristici
proventi delle cose minime, le stelle natalizie, la rivendita
delle bandierine del Napoli. Una grande organizzazione
economica e finanziaria le cui radici continuano ad ag-
grapparsi ai vecchi quartieri, alle vecchie solidariet�, alle
vecchie violenze. Il suo diritto primitivo � immutato: libe-
ro non � colui che � eguale a un altro, soggetto alla stessa
legge, ma uno che ha potest� degli altri ed � arbitro di se
stesso, che solo pu� comandare e solo pu� non obbedire.
Un uomo di potere. O padroni o servi. Senza i lugubri im-
perativi della mafia siciliana o calabrese, ma con questo
fondo che tiene in una economia e in una organizzazione
in rapido mutamento. Il camorrista vero non � neppure
sfiorato dall'idea che raggiunta una certa agiatezza, un
certo potere si possa rinunciare alla pratica della violenza o
della truffa, che restano la verifica quotidiana dell'identit�
camorrista. Sono un po' come quegli agenti di Borsa che
diventati dirigenti di grandi imprese continuano a �mosco-
nare�, a fare le piccole speculazioni nel corso di una riunio-
ne, fra una chiamata e l'altra. Il camorrista anche se di-
ventato grande operatore economico si porta dietro questa
certezza: chi � svelto e forte e indifferente alle leggi e ai co-
stumi di quei fessi degli onesti � uno che arriva sempre pri-
mo dove ci siano da fare inganni, imbrogli, affari loschi,
ricatti, combinazioni �,sfiziose�, si tratti di alluvione, terre-
moto, epidemia, elezioni, rifornimento idrico, nettezza ur-
bana, sesso, droga, democrazia, lotta contro il cancro, sa-
nit� e tutto di tutto, anche i sogni dei tifosi su Maradona,
anche la canzone e la sceneggiata. Carmine Alfieri, il boss
dei boss detto -,'O ntufato,, per dire uno dalla faccia minac-
ciosa, a stima del �Mondo� il pi� ricco camorrista d'Italia
con un patrimonio di 1500 miliardi, uno per cui il seque-
stro di alcuni immobili, ordinato dal giudice Gay, � una
inezia, questo criminale intelligente padrone di cementifi-
ci, tenute agricole, alberghi, cliniche, negozi, supermerca-
ti, banche, societ� finanziarie, flotte di motoscafi per il
contrabbando, � uno che continua a far derubare i Tir in
sosta sull'autostrada, froda l'assistenza comunale, control-
la le piccole tangenti di quartiere. E suo nipote Gennaro,
pur essendo il suo erede e ricco a miliardi, ha sgozzato un
rivale in amore, come ai suoi bei tempi Raffaele Cutolo,
perch� il battesimo di sangue non pu� mancare e un ca-
morrista non � tale se non ha ucciso. Gli Alfieri hanno loro
uomini nella Regione, nei consorzi per la ricostruzione,
ma chi � camorrista non rinuncia alle piccole soperchierie,
alle piccole frodi. Con il suo permesso, Ciro Prisco spaccia
merce rubata in uno dei suoi supermercati di Ercolano e si
� fatto sorprendere a vendere ��L'Amaro Prisco, digestivo,
effervescente, dissetante,) fabbricato in un sottoscala, con
etichetta priva di indicazioni.
Il clan Nuvoletta, affiliato a Cosa nostra, con un giro
218 L'inferno
d'affari di migliaia di miliardi, ha praticato per anni l'abi-
geato, non rubava pecore ma cavalli da corsa nelle scude-
rie italiane e poi li rivendeva da un ufficio a Montecatini
dove erano istallati misuratori di tensione per avvertire se
erano in corso registrazioni telefoniche. Gli Incarnato, si-
gnori di Ponticelli, hanno guadagnato somme ingenti con
il terremoto, ma se un loro uomo viene assunto dalla Ce-
pral, una azienda che fornisce precotti alle mense operaie,
gli fanno fare copia delle chiavi del magazzino e una notte
caricano precotti per cento milioni che poi distribuiranno a
pagamento ai muratori dei loro cantieri.
Ciro Mariano, il boss dei quartieri spagnoli, stava per
mettere le mani sul teatro Politeama, cos�, per togliersi il
gusto di avere un teatro glorioso della napoletanit�, se non
lo avessero arrestato a Roma mentre pranzava con una
giovane napoletana di buona famiglia, e dir� ai cronisti
che lo attendono nella questura di Napoli: �Non siete stati
corretti a fare il suo nome�. Ma mentre lui, il capo, tratta-
va con una finanziaria per mettere assieme le cambiali fir-
mate dal padrone del Politeama, i suoi �piccuozzi,, conti-
nuavano a riscuotere le tangenti degli ambulanti, dei po-
steggiatori, dei piccoli negozianti. In questi ultimi anni la
camorra � passata dal livello predatorio al parassitario e
ora al finanziario senza rinunciare alle sue origini, all'im-
pasto di violenza e di solidariet�, di avidit� e di generosit�
che la distingue dai mafiosi siciliani.
La moglie di Ciro Mariano dice dell'avventura amorosa
del marito: �Ma no, che non ha pi� l'et��, la buona moglie
che perdona le scappatelle del suo uomo e poi corre all'o-
spedale da cui vogliono cacciare un suo nipote, la zia affet-
tuosa, ma il suo uomo, Ciro, � uno che sa ammazzare sen-
za esitazioni.
La camorra non � chiusa come la mafia, � come la plebe
da cui esce, come la gente del popolo che conosce la ferocia
e la pazienza. Prendete il caso di Angelo Branca, meccani-
co: cacciato da un boss prepotente aspetta che muoia e poi
si insedia in casa sua, lui e la sua officina. Due picciotti
vengono a minacciarlo, lui si finge impaurito, li fa entrare
casa, tira fuori la rivoltella, li fa inginocchiare e li ucci-
de. Cos� convinto di essere nel giusto che poi lo racconta ai
carabinieri.
E difficile dire con esattezza quale sia la forza militare
della camorra. Era gi� grande nel primo anno dell'Unit�,
se il ministro borbonico Liborio Romano, chiamato dal
principe Eugenio di Savoia nel Consiglio di luogotenenza,
ristabiliva l'ordine in citt� affidandolo ai camorristi. E Pa-
squale Villari l'anno seguente annotava: <Si � lasciata
estendere una piaga tremenda: la camorra. L'impresa di
combatterla � difficilissima, i camorristi si contano a mi-
gliaia, ma � anche vero che nulla puo scusare laver richia-
mato agli uffici di polizia due signori che furono impiegati
del Romano. Chi sono questi signori? N� pi� n� meno i
due capi della camorra,,.
Undici anni prima, nella Napoli borbonica, la viaggia-
trice inglese Elizabeth Gaskell aveva annotato nel suo dia-
rio: �il viaggiatore che giunge a Napoli venendo dal nord
viene immediatamente colpito da un fatto singolare. Appe-
na consegnata al barcaiolo la tariffa dovuta, ecco d'un trat-
to vede farsi avanti un uomo che dopo aver osservato il pa-
gamento viene a ritirare una quota per poi allontanarsi
senza dire una parola,) -
Nel 1911, nel corso del processo Cuocolo, si parlava di
quattordicimila affiliati e Salvemn descrveva la camorra
come una forza radicata, protetta dal consenso, invincibi-
le: �Mandate a Napoli un commissario regio con pieni po-
teri e di durata indefinita. Che volete che faccia? E un uo-
mo solo piovuto l� come un bolide, il quale non potr� da
solo governare mezzo milione di abitanti, dovr� servirsi di
tutta la burocrazia che c'� a Napoli. Ora questa burocrazia
� tutta legata alla camorra,).
Oggi i carabinieri stimano che nella regione ci siano no-
vanta clan con cinquemila uomini armati. I loro squadroni
cavalcano motociclette potenti, da Parigi-Dakar, Tuareg o
T�ner�, con cui possono salire per scale e gradoni di fronte
ai quali le auto della polizia si arrestano; cos� sicuri di s� e
della citt� che spesso li vedi a gruppi di quindici e venti
nelle piazze del centro.
La grande forza della camorra � un consenso popolare
che le viene dal suo essere grande azienda economica e dal-
l'avere giurisdizione nei quartieri popolari, dove � in prati-
ca la sola amministrazione funzionante, la sola giustizia. E
hanno un bel mostrare i muscoli, prefetti e questori, non
impressionano nessuno, non sono in grado di procurare la-
voro e denaro ai trecentomila che campano grazie alla ca-
morra. Una giustizia patetica nella sua impotenza ha fatto
mettere i sigilli ad alcune piazze per poter arrestare i po-
steggiatori abusivi facendoli incorrere nel reato di violazio-
ne di suolo pubblico, ma � servito a niente. Sono andati in
corteo con mogli e figli al Municipio, la solita sceneggiata
della miseria e il Municipio ha ceduto.
L'unico ufficio di collocamento che funzioni nella gran-
de citt� � la camorra, che ha fissato i suoi prezzi: cinquanta
milioni per avere un posto in un Consiglio comunale, venti
per essere assunti dal Municipio, tre per essere impiegati
come netturbino, sei per diventare contrabbandiere.
(�La camorra� dice il giudice Gay -<si sta annettendo len-
tamente ma progressivamente i settori pi� ricchi della eco-
nomia regionale.� Progressiva e inarrestabile la sua espan-
sione nel commercio: i padroni dei negozi prima vengono
taglieggiati, poi obbligati a vendere. Ma la camorra pensa
sempre al consenso, gli offre cifre alte, li tiene come gesto-
ri, spesso li lascia intestatari per coprire la sua presenza. Se
sei di poche pretese, ti arruola fra i diecimila galoppini del
totonero. Giochi il sabato e il lunedi ti pagano, li trovi do-
vunque, edicolanti, baristi, infermieri, impiegati. Se sei
disposto a rischiare con lo smercio della droga, ti mette su
il negozietto da fioraio, non importa se con i fiori non ci sai
fare, basta che il negozietto funzioni come recapito per la
�roba�.
Interrogata sulla camorra, la gente di Napoli di solito ri-
sponde, in certo modo sincera: �Signore bello che ne sac-
cio, non mi occupo di politica,). Qui si � accettata da secoli,
non da anni, la contiguit� fra politica e delinquenza di cui
Mozart nel 1770 scriveva alla madre: ,Qui i laceroni han-
no il loro comandante e capo che riceve ogni mese dal re
venticinque ducati d'argento solo per mantenere un certo
controllo su di loro,,. Si, per un popolano di Napoli � piut-
tosto difficile distinguere fra camorra e politica. Il deputato
democristiano di Sorrento Raffaele Russo ha scritto una
lettera trovata dai carabinieri nella casa di un boss camor-
rista: �Un sincero grazie per la disponibilit� offerta a soste-
gno del partito e della mia persona in particolare�. Il sin-
daco di Quindici Raffaele Graziano, noto camorrista finito
nel carcere di Avellino nel '74, � subito liberato e festeggia-
to �,da un frenetico girotondo dei cittadini durato fino al-
l'alba,,, sicch� giustamente dice: �Se esce il sole per me
esce per tutti quanti,). Per cacciarlo dal Municipio devono
arrivare i killer di un clan rivale che lo finiscono a rivoltel-
late. A Casandrino i Consigli comunali si svolgevano nella
casa del boss locale, il pubblico ministero Armando D'Al-
terio ha rinviato a giudizio tutti i consiglieri e il sindaco
perch� il Comune pagava i pranzi per i camorristi in gale-
ra, saldava i debiti dei pregiudicati e il sindaco in persona
accompagnava quelli in domicilio obbligato alla arma dai
carabinieri. Questo sindaco, Alfredo Di Lorenzo, final-
mente sospeso il 3 agosto del 1991, ha continuato per cin-
que giorni a firmare una ottantina di licenze edilizie infi-
schiandosene che fossero state bocciate dalla commissione
urbanistica. A Casoria il boss Domenico Pace, detto �'O
minorenne),, ha intimato al sindaco e ai consiglieri di di-
mettersi immediatamente e quelli si sono dimessi. Diffici-
le, molto difficile a Napoli distinguere fra politica e camor-
ra. Quando il ministero degli Interni � passato da Antonio
Gava a Vincenzo Scotti, i napoletani che sfottono diceva-
no: �Hai sentito, Miche, gli Interni sono passati dai D'A-
lessandro ai Nuvoletta�.
La camorra non sta nascosta come la mafia, tutti sanno
di lei e lei sa di tutti. La sera del Natale 1991, quando don
Rapullino grida la sua invettiva nella chiesa di Forcella di
fronte al cadavere di un ragazzo ucciso dalla mafia: (�Le
bestie sono fra noi),, ci sono fra i fedeli dei �soldati� del clan
Giuliano. Loro non protestano contro il prete e la gente
non gli fa il vuoto attorno, perch� Napoli pensa che la ca-
morra comunque non � estirpabile, che con lei bisogna
convivere e, dopo il terremoto, ogni speranza di vincerla �
andata persa. Quella maledizione o benedizione di dio,
maledizione per i morti e i feriti, benedizione per i parteci-
panti al grande banchetto, � giunta nell'ora perversa quan-
do la camorra aveva compiuto l'accumulazione primitiva,
brigantesca, del capitale e aveva molti, moltissimi soldi per
entrare nel grande affare della ricostruzione. Il terremoto,
la commozione nazionale per il terremoto, le hanno aperto
le porte alle grandi combinazioni affaristiche, hanno codi-
ficato il feroce, l'illecito, hanno reso indiscutibile il suo po-
tere. Un esempio: a Casapesenna il boss camorrista Nicola
Zagaria ha costruito abusivamente un casone di sei piani e
ha affittato un ufficio di cento metri quadri al Banco di Na-
poli che paga in affitto nove milioni al mese. Il Banco di
Napoli non sa che Zagaria � un camorrista che ha intestato
la casa a un uomo di paglia? Lo sa certamente, direi per
diretta esperienza: quando un suo impiegato ha mancato
di rispetto a uno del clan, Zagaria ha fatto sapere che nes-
suno del quartiere doveva pi� mettere piede nella banca e
per ventitr� giorni nessuno ci � entrato. �Ignoravamo la
vera identit� del proprietario), dicono quelli del Banco. Il
commissario mandato a reggere il Comune di Casapesen-
na, il dottor Achille Farina, un magistrato, dopo un mese
ha gettato la spugna: ,Abbiamo cercato di stendere un re-
golamento edilizio. Ma cosa altro si poteva fare? Abbattere
tutto il Comune?,).
nuovo potere
La politica, i suoi governi, sono chiamati a mediare fra i
ricchi e i poveri, fra il privato e il pubblico, fra le �lite e le
masse, insomma a tenere insieme questo mondo scombi-
nato. Qualcosa del genere avviene anche a Napoli ma in
forme non istituzionali, non da contratto sociale. Sempli-
cemente, una cordata di politici, di affaristi, di camorristi
si e impadronita della citt�, della regione e distribuisce una
parte del maltolto per tenere la plebe sotto il livello esplosi-
vo. Si dir� che questo � uno schematismo rozzo, il ministro
Paolo Cirino Pomicino a chi fa un tale discorso ribatte:
�Ma che dite? Questo sistema si basa sul consenso di un
elettorato che vota all'ottantacinque per cento. Voi date
l'impressione di aver delle tendenze egemoniche. Tutto
quello che � politica sarebbe affarismo? Affermarlo � im-
morale. E per denunciare singoli casi occorrono le prove,,.
Perfetto! Un voto che notoriamente � di opinione, di libera
scelta per non pi� del venticinque per cento, il resto essen-
do comperato con il denaro o i posti o la violenza, come sa-
cra testimonianza del consenso popolare e della legittimit�
dei suoi delegati. Autoritario � chi si oppone alla cordata
del potere e per colpire qualcuno dei potenti le prove ci vo-
gliono. Forse il giudice Guido Alemi pecca di pessimismo
quando afferma che: <Quando le prove si trovano � perch�
il partito li ha gi� scaricati,,. No, le prove ogni tanto si tro-
vano, non passa settimana senza che qualche consigliere o
assessore finisca in galera, solo che non ci star� molto.
Due scuole politiche si contendono i pascoli napoletani,
l'una guidata da Antonio Gava, della famiglia politica dei
Gava, l'altra da Paolo Cirino Pomicino, della famiglia me-
tallurgica e tombinara. La scuola di Gava si fonda sul non
fare, perch� in una citt� cos�, senza capo n� coda, qualsiasi
cosa si faccia risulta mal fatta o madre di cose mal fatte; la
seconda consiste nel fare pur di fare. La somma e le varie
combinazioni delle due scuole � la bancarotta della citt� e
della regione.
Quando si parla delle anomalie napoletane, qualche
ascoltatore puo pensare che si scherzi. Ma no, si parla sul
serio. Un commentatore politico di qui ha scritto che la
genialit� politica di Antonio Gava � stata di capire che a
Napoli la politica andava intesa al negativo,,, vale a dire
una convivenza pessimistica con il peggio e l'irreparabile,
il saper navigare nella catastrofe permanente dove ogni
correzione, ogni riparo puo tradursi in un disastro peggio-
re. o la politica di Cirino Pomicino, il <pomicinare,, come
dicono, nel caso migliore un attivismo spumeggiante dagli
esiti imprevedibili ma sicuramente dissipatori, nella peg-
giore una pappagallesca imitazione del decisionismo, del
faccio tutto io, dentro la valorizzazione commerciale delle
scelte, dentro un ambiente pubblico e privato saturo di sa-
lesmanshi, di mercanteggiamenti.
Entrambe le scuole si praticano a due livelli: al piano
nobile i convegni, le riviste culturali pagate dagli amici im-
presari, la maschera retorica e recitante, la retorica che pi�
e impudica e meglio va; al piano basso il mercato delle tes-
sere, gli affari con i camorristi e il commercio di tutto, an-
che dei loculi del cimitero, pi� l'economia dell'emergenza
e la clientela, come quella dei trenta sindaci democristiani
impiegati della ferrovia Circumvesuviana dove, ovviamen-
te, non si fanno mai vedere. A quello alto gli atteggiamenti
da uomo di governo, da �grande elemosiniere�, da uomo
che pu� aprire o chiudere lo sportello dello sviluppo,,; a
quello basso la confusa, vibrante sopravvivenza napoleta-
na, la compravendita dei voti di coloro che altro non pos-
seggono. Un oscuro sindacalista dell'Enel di Caserta, certo
Vito, cresciuto alla scuola di Gava, prende alle ultime ele-
zioni pi� di centocinquantamila preferenze, pi� del mae-
stro, pi� di Cirino Pomicino e con la logica propria di que-
sto mercato dei voti rivendica immediatamente un posto
da ministro. Ministro di che? Non importa, un posto da
eccellenza, da auto blu ministeriale, da signore di qualche
sportello. I voti della camorra non puzzano e di voti ca-
morristi ne hanno avuti tutti i potenti, dai socialisti Di Do-
nato e Conte al liberale De Lorenzo ministro della Sanit�,
un ,grande borghese,, di famiglia eccellente.
Ma quando i cronisti gli hanno chiesto come mai un suo
uomo, un avvocato di camorra, avesse goduto di una cre-
scita elettorale dall'uno al ventisei per cento a Castel di
Principe ha risposto che non vedeva niente di male se chi
era stato aiutato dall'avvocato lo aveva votato. E a me ha
scritto una lunga, cortese e dotta lettera per spiegare que-
sto singolare garantismo per cui nella fedina penale del vo-
tante � meglio non guardare.
Le prove ci vogliono, le prove, come dice Cirino Pomici-
no. E cos� Giovanni Alterio, sindaco democristiano sorpre-
so dai carabinieri a gaio convivio nella casa di un boss, di-
ce ai cronisti: ,Non drammatizziamo, l'ho conosciuto in
occasione di un funerale. Dalle nostre parti si va a tutte le
esequie per solidariet�,). E l'assessore socialista Masciari,
processato e condannato per aver assunto dei camorristi:
�Forse ho sbagliato, forse dovrei essere meno democratico,
forse non dovrei frequentare ambienti napoletani non pro-
prio di primo livello,,.
Per la cordata del potere le denunce del malgoverno e
della corruzione sono <forsennata campagna denigratoria,,
come dice l'avellinese onorevole Gargani, presidente per
anni della commissione Giustizia della Camera o ,cultura
del sospetto,) secondo il ministro Riccardo Misasi. La com-
missione parlamentare di inchiesta, di cui era presidente
Oscar Luigi Scalfaro, oggi presidente della repubblica,
puo scrivere fin che vuole: Ci� che si � visto all'opera con
la ricostruzione delle zone terremotate � un sistema che se
non viene bloccato finir� per liquidare l'intero apparato
dello stato e quindi la democrazia�. I potenti della Campa-
nia non fanno una piega e ottengono che le conclusioni del-
la commissione si perdano nel solito �cane non mangia ca-
ne�. Per la cordata del potere l'opinione altrui � irrilevan-
te, le buone maniere della vecchia borghesia delle profes-
sioni le considera anticaglie. La sua esibizione di ricchezza
� sfacciata, il ministro che sposa la figlia trova naturale che
lo stato metta a sua disposizione motoscafi ed elicotteri per
trasportare gli invitati nella villa di Ischia. Per le elezioni
dell'87 il miliardario kuwaitiano Salmeh Kafiscia AI Ayou-
bi Bassan ha dato una festa in onore di Cirino Pomicino
con cinquecentocinquanta invitati, ma chiunque si azzardi
a criticare viene querelato, la querela diventa �la surroga-
toria in bollo della politica,,.
L'idea che quelli della cordata hanno dell'informazione
� da padroni a servi, il direttore del .<Mattino,, deve de-
streggiarsi fra i capoccia democristiani, se pubblica una fo-
tografia di Gava deve, nella pagina accanto, pubblicarne
due di Cirino Pomicino.
Antonio Gava tiene una rubrica intitolata <�Etica e politi-
ca� e �il Mattino� pubblica a puntate la biografia di S'UO
padre Silvio, un politicante di cui non si ricorda n� un'o-
pera n� un pensiero. Un portaborse di Gava ha invece una
colonnina che ha per titolo �Nuova cultura contro l'egoi-
smo�. Negli editoriali si spiega senza tema del ridicolo che
il merito storico della Democrazia cristiana non � stato tan-
to la vittoria sul comunismo, ma la riforma del capitalismo
italiano, per suo merito, dal volto umano. Tutto puo esse-
re detto e scritto nella certezza dell'impunit� e sapendo che
per vilt� o convenienza gli intellettuali fingeranno di non
accorgersene, perch�, dopotutto, �Il Mattino,) � anche l'u-
nica terza pagina a loro disposizione. La simbiosi fra infor-
mazione e politica fa apparire naturale il fatto che molti re-
dattori dirigano gli uffici stampa e le segreterie dei politici
e il segretario della Democrazia cristiana Forlani, ora di-
missionario, ha voluto mettere un segno del suo potere fa-
cendo entrare nel Consiglio di amministrazione un suo
portavoce.
Oppure si va al becero: il pastaio miliardario Casillo
pubblica �il Roma� e cos� arringa la redazione: �Giovanot-
ti, non capisco un cazzo di quello che scrivete. Questo
giornale dovrei chiuderlo, ma Casillo non ha mai chiuso
una delle sue aziende. E allora datevi da fare o vi caccio a
pedate�. Da Gutenberg ai fusilli. L'alto tasso demografico
dei collegi campani e la concentrazione dei voti sui signori
delle tessere li elegge non solo al parlamento, ma al gover-
no. Pu� il partito rifiutare un ministero a chi siede su una
montagna di voti? E siccome questi voti sono in notevole
parte camorristi, ai nostri in fondo in fondo non dispiace
che circoli una loro fama di contiguit�. <,Non accusarli nei
tuoi articoli di essere camorristi,� mi diceva un collega,
�Potresti fargli un piacere, la fama di camorristi qui porta
voti.� E cos�, nell'ultimo governo Andreotti non c'era un
solo ministro dell'Emilia Romagna, una delle regioni pi�
ricche e avanzate d'Italia, ma c'era una folta schiera di mi-
nistri e sottosegretari campani: Gava, Pomicino, Scotti, Di
Lorenzo, Conte, Pacchiano, Mastella, Vito, Del Mese,
Ciampaglia, Santonastaso, senza contare il presidente del-
la Democrazia cristiana Ciriaco De Mita.
Spicca in questa compagnia Paolo Cirino Pomicino, lau-
reato in medicina, ma subito passato all'attivit� sindacale,
che nella sanit� partenopea � l'anticamera della scalata po-
litica. Intelligente, abile, disinvolto, Pomicino ha capito
che la corrente andreottiana in minoranza a Napoli era in
cerca di un condottiero animoso e intraprendente ed � riu-
scito a spaccare il monopolio di Gava per la perenne grati-
tudine di Giulio Andreotti che lo ha ricompensato con il
ministero del Bilancio, il ministero dello sportello. La vi-
sione che Cirino Pomicino ha della politica � l'ottimismo
dell'irresponsabilit�, tanto i denari non sono suoi, ma dello
stato. Pomicino ha rielaborato in termini dinamici e piro-
tecnici il lagnoso populismo di De Mita di una Democrazia
cristiana ,che si fa carico dei bisogni della gente per tener
fede alla sua vocazione popolare,), che in pratica vuol dire
mantenere le clientele.
Non � che Cirino Pomicino la pensi in modo differente,
ma nel brillio dei suoi occhi e della sua crapina lucente si
presenta pi� allegro alla dissipazione, pi� ottimista alla
bancarotta. Impunito e mai pentito. <Io faccio, se sbaglio
giudicatemi.,) Ma come, se nell'economia dell'emergenza
l'illegalit� � legalizzata e non esistono responsabili? Come,
se il meccanismo dello spreco e del furto per la ricostruzio-
ne � stato coperto con tanto di leggi? Come, se la dilapida-
zione � stata affidata dalla legge alle firme insindacabili dei
supercommissari? Muovendosi in questa rete di impunit�
parlamentari, governative, legali, il nostro ostenta un rag-
giante ottimismo: ��I trentenni imprenditori napoletani so-
no animati da una forte tensione etica, sono i protagonisti
di questo cambiamento epocale. Per noi sono amici anche
gli avversari che, a ben guardare, non ci sono, perch� stia-
mo raggiungendo l'unanimit� su questo progetto�. E sta
parlando del contestatissimo �Progetto Neonapoli),, un'al-
tra colata di cemento e di investimenti megalomani. A Po-
micino non piace �la critica aprioristica e distruttiva contro
chiunque abbia il coraggio di fare�. A lui va bene procede-
re con norme e procedure <�speciali,), a programmi dai qua-
li, a scanso di equivoci, sono stati esclusi i ministeri del-
l'Ambiente e dei Beni culturali. <�Basta con il giacobinismo
contro alcuni imprenditori che hanno il solo torto di essere
napoletani e di conoscere il ministro del Bilancio.� Quanti
anni luce corrono fra un personaggio cos� e il Quintino
Sella che la sera si preoccupava di vedere se erano state
spente le luci del ministero?
Cirino Pomicino non ha simili preoccupazioni. L'11
marzo del 1990 si � presentato con un seguito di amici alla
sede Rai di Napoli e agli uscieri ha festosamente annun-
ciato: �-Guagli�, mo trasimme tutti e quanti,, e cos�, riveri-
to e omaggiato dal direttore, ha assistito alla partita Napo-
li-Milan, perch� la Rai � di tutti, non � vero?,,. Accusato
in parlamento e in pubblico dall'onorevole Franco Piro di
malversazioni e di abusi, Cirino Pomicino si � appellato al
giur� d onore della Camera, un giur� fatto apposta per
mandare assolti i signori della corporazione politica. Dato
che per regolamento deve occuparsi solo degli argomenti
segnalati dal ricorrente, non � in grado di fare indagini e
le sue decisioni non vengono discusse dalla Camera. Il
giur� manda assolto il ministro in modo che a qualsiasi al-
tro personaggio consiglierebbe di scomparire dalla scena
politica. Sui finanziamenti che ha fatto avere al pastaio
Ambrosio si osserva: �Detto contratto appare ad alcuni
componenti del giur�, come del resto alla associazione mu-
gnai, alla concorrente Ferruzzi e alla Cee, non dettato da
ragioni di convenienza economica,,. Del pastaio Ambrosio
il ministro del Bilancio � un vecchio amico, anche se dice
di averlo conosciuto pochi anni fa. Ma che puo fare un po-
vero giuri d'onore? Se la cava dicendo che dalla vicenda
pu'o �solo trarre conferma di un particolare tipo di relazio-
ni assai diffuso fra il mondo imprenditoriale e gli ambienti
politica�. E lasciamo perdere il resto come l'alloggio com-
perato per ottocento milioni dal camorrista Sorrentino che
al giur� va bene anche se deve mettere agli atti di <,aver ri-
cevuto dall'ufficio tecnico erariale una stima di tre mi-
liardi�.
Spira un forte ottimismo fra i politici che �pomicinano),.
Non c'� assessore, consigliere o sindaco che non concluda
i suoi discorsi con questa bella certezza: (�Ma i soldi arrive-
ranno�.
Dalle intercettazioni telefoniche dei carabinieri si direb-
be che l'occupazione assorbente di questo ceto politico sia
la contrattazione delle tangentie: ,Mi mandi venti chili di
mele�. �<Passi dal mio segretario per quantificare.� �Guardi
che io ho gi� pagato.� �Mi scusi se l'hanno gi� disturbata,
ma adesso tocca a me.� �Stasera in albergo?� �No, lasci
pure nel mio ufficio.� Due consiglieri del Comune di Na-
poli rilasciavano persino le ricevute delle tangenti su dei fo-
gliettini blu su cui scrivevano (trecentomila per acconto�.
Ma anche se li prendono con le mani nel sacco non si
preoccupano pi� di tanto, la legge elettorale gli permette di
presentarsi alle elezioni in attesa del giudizio definitivo.
Un rapporto dei carabinieri cos� descrive l'ingegner Vin-
cenzo Maria Greco che � uno fra i pi� importanti artefici
di opere pubbliche: �Figlio di un senatore, dotato di un
non comune bagaglio intellettuale e culturale, opera al-
l'ombra e nell'ombra di importanti esponenti politici a li-
vello nazionale e locale di cui decide destino e carriera at-
traverso il condizionamento economico dei grandi elettori
e finanziatori. Gir-a attorno a lui tutta una ridda di relazio-
ni, interessi, appalti per migliaia di miliardi i quali confer-
mano, anche alla luce di illeciti penali amministrativi e fi-
scali, risultanti dalle intercettazioni, la pericolosit� sociale
dell'individuo�. Nelle intercettazioni telefoniche di consi-
glieri regionali, sottosegretari, ministri si possono ascoltare
questi scambi: �Se mi devono mandare in galera facciano
presto�. �Ma Castillo sta davvero inguaiato?,) -Inguaiato
fortissimo.� �Mah, speriamo che qualche santo provveda.,,
(�E una cosa scocciante, scocciante parecchio.,) <Comunque
Silvio ci deve mollare cinquanta milioni, per fatto persona-
le.� �D'accordo d'accordo, ma lasciamo passare la bu-
fera. �
Dice l'onorevole Isaia Sales del Pds: <�Il potere politico �
diventato il regolatore quasi assoluto della vita sociale ed
economica di grandi aree del sud, le sue regole sono diven-
tate le regole dell'economia meridionale, i suoi metodi i
metodi comuni. I partiti e le istituzioni hanno confiscato il
diritto di rappresentanza della societ� civile, un modello si-
mile ai paesi dell'est�. Sta a vedere che forse i Pomicino so-
no gli ultimi rappresentanti del breznevismo e che il Mez-
zogiorno italiano forse � l'ultimo paese europeo del sociali-
smo reale. Sta di fatto che il carrozzone governativo del-
l'Aima per gli ammassi paga tutto: i furti che avvengono
nei suoi magazzini, le forniture di farine piene di vermi
provenienti dal Per�, le foglie di tabacco bagnate per au-
mentarne il peso, cooperative che appena fallite vengono
rimesse in piedi con una nuova ragione sociale, esportazio-
ni alla Russia o al Brasile di carne scadente spacciata per
vitellone, operazione della Serenissima alimentari di Pe-
scara che ha fornito all'Aima un indirizzo inesistente, via
Rigopiano n. 152. Nel 1621 Francesco Bacone, il fondato-
re della scienza moderna, cancelliere di Inghilterra, venne
processato dalla Camera dei Lord per ventotto specifici ca-
pi di imputazione. Confessando le sue colpe, Bacone am-
mise che nel suo operato �c'erano i vizi dell'epoca e i vizi
dell'uomo,). Oggi una tale confessione sarebbe difficile es-
sendo andato perso fra i pi� lo stesso senso del lecito e del-
l'illecito. Fra i capiscuola di questa corruzione priva di ri-
morsi c'� un napoletano amico del presidente Leone, il si-
gnor Ovidio Lefebvre che si rec� in visita dal segretario so-
cialdemocratico Tanassi per l'affare Lockeed con una bor-
sa contenente trecentosessanta milioni e quell'ingenuo del
segretario di Tanassi lo rincorreva per il corridoio con la
borsa gridando: �Professore, l'aveva dimenticata,,. Adesso
questi incidenti sono impossibili, tutti incassano diretta-
mente.
La corruzione di Palermo � misteriosa e tetra, quella di
Napoli si trucca, si camuff'a di napoletanit�, ma non � che
le giovi molto. Questa napoletanit� secondo lo scrittore La
Capria consisterebbe in questo: ��Accortisi di non vivere
pi� in armonia con la natura e sapendo che questa armo-
nia gli era necessaria come l'aria che si respira, i napoleta-
ni cominciarono a recitarla. E cos� cominci� la grande reci-
ta collettiva,). Ma a quanto pare la recita sta spegnendosi,
il napoletano interpretato dall'attore Troisi non riesce pi�
a parlare, � afasico. E non sanno pi� parlare neppure i
nuovi feudatari legittimati dal successo, i loro monologhi
sono canti di gallo su un letamaio. Chi insiste nella recita,
come lo psichiatra Claudio Ceravolo rischia di passare per
una macchietta: <Psichiatri si nasce, ma napoletani si di-
venta. Io sono uno psichiatra di professione napoletano, io
impersono il napoletano con lo sguardo o ci� che ci si
aspetta da un napoletano,,. E per dare una dimostrazione
di quanto dice ha messo in vendita una maglietta con su
stampata una finta cintura di sicurezza per l'automobile e
sostiene di averne vendute moltissime. A Napoli il numero
degli onesti � ancora alto ma non hanno pi� rappresentan-
za, sono come quelli della favola di Calvino: ,Onesti non
per qualche ragione speciale - non potevano richiamarsi ai
grandi principi n� partitici, n� sociali, n� religiosi, n� pa-
triottici che non avevano pi� corso - insomma non poteva-
no farci niente se erano cos�, se le cose che gli stavano a
cuore non erano direttamente valutabili in denaro, se la lo-
ro testa funzionava sempre in base a quei vieti meccanismi
che collegano il guadagno al lavoro, la stima al merito, la
soddisfazione propria alla soddisfazione di altre persone".
La malsanit�
Per la Napoli popolare la sanit� � un lusso, e gi� cos� diffi-
cile campare essendo sani che proprio alle malattie non ci
si pensa, solo quando arrivano fra capo e collo le si accetta
come qualcosa di inevitabile: c'� una grande rassegnazione
negli occhi degli ammalati poveri degli squallidi ospedali
napoletani, del Cardarelli, il pi� grande e desolato ospeda-
le del Mezzogiorno, non un ospedale policlinico pronto a
curare tutte le malattie ma una somma di reparti eccelsi e
di reparti disastrati. Qui possono fare i primi trapianti eu-
ropei di cuori artificiali come lasciar morire un pensionato
ammalato di aneurisma per mancanza di filo di sutura; in
un laboratorio si � lavorato giorni per salvare da un avvele-
namento Eliano, un cavallo del boss Nuvoletta, mentre nei
corridoi freddi o addirittura nei viali gli ammalati aspetta-
no ore per fare una terapia di dieci minuti. Ci sono reparti
ortopedici del barone professor Monteleone costati decine
di miliardi ma si vedono anestesisti catapultati in sale ope-
ratorie di cui non conoscono n� i chirurghi n� gli strumen-
ti. Si improvvisa o si muore: un infermiere capisce che un
neonato non sopporter� il lunghissimo trasporto, lo prende
in braccio e corre fino al nido d'infanzia temendo che
muoia per strada.
A chi gli chiede conto del servizio sanitario il presidente
della Ussl 40, quella del Cardarelli, Salvatore Nuzzo, ami-
co di Gava, dice: �,Posso rispondere solo su questioni accla-
rate di mia competenza. Il Cardarelli funziona come altre
strutture analoghe. Per ora riusciamo a garantire il mini-
mo,,. E bravo il Salvatore Nuzzo, anche lui inquisito per
fatti amministrativi. Negli ultimi due anni l'organico dei
medici e degli infermieri � aumentato da 3800 a 4600 ma i
posti letto sono scesi da 2500 a 1700. Il pi� grande ospeda-
le del Mezzogiorno funziona come un ministero romano,
solo di mattina, nel pomeriggio i medici si dedicano alle lo-
ro attivit� private. I reparti di radiologia avanzata, delle
Tac sono sottousati per favorire i quarantotto laboratori di
analisi privati. Molti medici esauriscono in tre giornate il
lavoro settimanale e concentrano in un giorno le quattro
ore settimanali che dovrebbero essere dedicate alla forma-
zione professionale, per quasi tutti un giorno di vacanza.
Ero venuto in visita al Cardarelli quattro anni f� accom-
pagnato dal dottor Lucio Blanchi, un cardiologo sindacali-
sta. Ci torno ora e mi pare che le cose non siano cambiate,
il Cardarelli sta sempre in capo al monte in mezzo a una
pineta lastricata di automobili quasi tutte vecchie e arrug-
ginite, il solo modo per non farsi rubare l'auto da una gang
che opera qui da anni, che tutti conoscono e nessuno arre-
sta. In una citt� dove gli accoltellamenti non vengono con-
siderati reato, un furto d'auto � l'assoluta normalit�. ,En-
tri, mi aveva detto il professor Blanchi (,e nessuno le
chieder� chi �, cosa vuole.,, Oggi � la stessa cosa: pieni al-
cuni reparti, gli ammalati sono stati sistemati nei corridoi
su barelle, un rettangolo di tela grezza incordata su un te-
laio in alluminio, tela sporca di sangue e di feci che al cen-
tro sprofonda fino a toccare il pavimento, ammalati con-
torti, stralunati, molti a occhi chiusi come a dire che non
voglio vedere pi� niente n� come sono ridotto n� che cosa
fanno di me. Il cronista napoletano che mi accompagna di-
ce: ,Guarda le pareti, hanno la stessa tinta, la stessa spor-
cizia degli ospedali del Terzo mondo),. Crocefissi dovun-
que, una Madonna in ogni corridoio, una sopra uno stru-
mento di monitoraggio, manto azzurro e lampadine accese
sul capo e a venti metri da questo inferno un reparto di un
primario che conosce come qui si dice �le corsie privilegia-
te,,: stanze chiuse, strumenti inusati, piante ornamentali,
pavimenti tirati a lucido da far visitare al papa e qualcuno
affigger� nei corridoi pi� fetidi un cartello: �Qui il papa
non � venuto�. Nei reparti dove non � passato il papa sem-
bra di essere nell'atrio di una stazione, i malati in mezzo a
una baraonda di parenti, amici, infermieri che si fanno in
continuazione del caff� sui fornelletti in mezzo ai ferri chi-
rurgici e alle fiale delle iniezioni. Infermieri, medici da
ospedale di retrovia militare, facce stanche, rassegnate.
Nessuno ti chiede chi sei e cosa fai, un pigia pigia, un vo-
cio confuse, un infermiere che si sta accendendo una siga-
retta sotto il cartello vietato fumare, la cenere e i fiammife-
ri caduti in mezzo alle fiale. Gli chiedo: ,Che validit� han-
no queste?,,. Mi guarda stupefatto, scocciato, ma questo
che vuole? Non risponde. Servizi pessimi. I centocinquan-
ta operai dell'officina automobilistica, i giardinieri vengo-
no mantenuti senza far niente perch� i servizi sono stati
appaltati a cooperative vicine alla camorra. Se una delle
cooperative fallisce o viene inquisita se ne costituisce un'al-
tra con gli stessi impiegati, gli stessi dirigenti e lo stato le
versa un altro contributo. La cucina, costata due anni fa
due miliardi, � spesso inutilizzata perch� la cabina elettri-
ca di alimentazione non sopporta il fabbisogno dell'im-
pianto,). E stato appaltato persino il trasporto degli amma-
lati da un reparto all'altro, si spendono in medicinali venti
miliardi l'anno con il risultato che ogni mattino un addetto
all'ufficio approvvigionamento si informa sui bisogni e poi
corre a comperare i medicinali pi� urgenti da una farmacia
della zona. La Campania � l'unica regione che non ha an-
cora un piano sanitario, ospedali e cliniche lavorano ognu-
na per conto proprio. La legge 3 gennaio del 1983 che
chiudeva i manicomi imponeva agli ospedali di fornirsi di
reparti psichiatrici. A nove anni dalla legge quasi tutti ne
sono privi. La mortalit� ospedaliera di Napoli � superata
solo da Catania, Isernia e Cosenza. Nel suo caos processi
di modernizzazione, iniziative assurde dei politici, furti,
disservizi, si mescolano con effetti imprevedibili
e catastrofici. Le autoambulanze sono un terno al lotto, quando arri-
vano � un colpo di fortuna. A volte i conducenti si rifiuta-
no di trasportare gli ammalati contagiosi, perch� poi biso-
gna fare una disinfezione e un periodo di quarantena e
nessuna delle Croci vuole perdere denaro. ieri nella crona-
ca del (�Mattino� si raccontava la folle corsa di un'autoam-
bulanza che ha percorso centinaia di chilometri fra Salerno
e Napoli passando per quattro ospedali dove non c'era po-
sto, perch� poi non si sa, dato che i posti letto sono esube-
ranti. Di medici onesti ce ne sono e firmano atti di accusa
terribili: �i locali fatiscenti, le attrezzature mancanti, i ser-
vizi igienici pessimi rendono difficile e pericoloso il nostro
lavoro,,. In queste condizioni le cliniche private fanno affa-
ri d'oro, dei duemila bisognosi di dialisi milleseicento pre-
feriscono le cliniche private. Ma rischiano perch� le clini-
che private sono fuori da ogni serio controllo, e appena
scoppiato lo scandalo del dottor Carlo D'Alessandro che
accoglieva solo gli ammalati che gli pagavano una tangente
e del ricchissimo Pasquale Crispino padrone di alcune cli-
niche, ucciso dalla camorra.
A Napoli e in tutto il sud la riforma sanitaria ha funzio-
nato a senso unico, a vantaggio dei privati. La chirurgia
che nel centro-nord � in netta prevalenza pubblica qui �
quasi alla pari con la privata, ottomila operazioni al pub-
blico e settemila al privato, le analisi per duecentocinquan-
tatr� miliardi al privato per trentasette al pubblico. La sa-
nit� pubblica della Campania � un mastodonte che si � le-
gato con lacci e laccioli. Se si stesse alle cifre dovrebbe esse-
re la migliore sanit� del creato: 11,4 posti letto per mille
abitanti mentre la media europea � di 6 per mille; 22 ospe-
dali nella sola Napoli per un milione e duecentomila abi-
tanti mentre a Parigi ce ne sono 58 per nove milioni e a
New York 98 per undici. Ma il cinquanta per cento dei let-
ti di pediatria � vuoto e cos� il trentatr� per cento di quelli
di chirurgia. L'apparato sanitario partenopeo � da Grand
arm�e: 8064 medici, 15.558 infermieri, 1270 tecnici, 5810
impiegati cui potrebbero dar man forte in caso di bisogno i
settemila medic' disoccupati che si alternano agli sfrattati e
ai licenziati dalla siderurgia nelle manifestazioni di prote-
sta. La sanit� regionale � la copia conforme di quella napo-
letana, grandissima abbondanza di medici e di infermieri
male impiegati, una spesa di cinquemila miliardi che si di-
vora gran parte di un bilancio che � di ottomila: millecin-
quecento miliardi ai dipendenti, cinquecento per l'acqui-
sto di beni e servizi, mille in farmaci con truffe calcolate sui
trecento miliardi. Lo scandalo delle fustelle, delle false di-
chiarazioni sui medicinali, ha coinvolto duecento farmaci-
sti, fiore della borghesia cittadina, se ne � parlato per mesi e
poi tutto � finito nel nulla. Ma non � che i poveri siano me-
glio in fatto di onest�, per essi l'ospedale � un bene da de-
predare, rubano lenzuola, federe, strumenti e un intero
quartiere partecipa al convivio delle cucine del Cardarelli.
La lavanderia degli ospedali appaltata a ditte camorriste co-
sta il doppio che negli alberghi di lusso, gli ambulanti ven-
dono nelle corsie profumi, sigarette, radioline, droghe,
schedine del totonero, le venti stazioni di sorveglianza del
Cardarelli non sorvegliano niente, ma danno un posto a
duecento persone che con amici e parenti fanno duemila
voti di preferenza. Il giorno delle partite del Napoli o della
nazionale met� degli infermieri � assente, quasi tutte le sale
operatorie dovrebbero essere chiuse mancando i requisiti
igienici e tecnici, ma siccome non si puo confessare che non
funzionano o che non si ha il coraggio di usarle si dice che
sono chiuse,,per lavori in corso,, o <,nell'attesa di strumenta-
zioni in arrivo,,. I miliardi corrono ma il necessario spesso
manca, non si trovano ferri chirurgici, filo di sutura, ovat-
ta, garze. I medici devono essere filantropi per forza, tocca
a loro spesso di comperare con i loro soldi garze o pigiamini
e passeranno mesi prima che li rimborsino. ,Guardi questi
dati che gridano vendetta,,, mi diceva il professor Antonino
De Arcangelis, nutrizionista di fama europea, <,nella neb-
biosa fredda Lombardia i morti per bronchite nel primo an-
no di vita sono il 3,4 per mille, a Napoli il 23,2, a Palermo il
33.,, Ogni ospedale napoletano ha il suo patrono camorri-
sta, il Loreto a mare � controllato da Giuseppe Vaiera detto
Basetta, il Pellegrini vecchio da Ciro Mariano. Giorni fa
nei giardini del Cardarelli sono stati trovati tre cadaveri, in
parte mangiati dai cani. Non si � ancora capito se fossero
barboni morti di stenti o ricoverati fuggiti dalle corsie.
La lezione di Garibaldi.
Sono venuto a Castelvolturno per incontrare Fatima Mo-
hamed Yusuf, l'immigrata somala di venticinque anni che
ha partorito per strada un bambino davanti al bar Mexico.
Sui giornali hanno scritto che � caduta sull'asfalto della
Domiziana quando le son venute le doglie- Lei si lamenta-
va, ma attorno c'era gente che rideva, che la insultava.
Quando il bambino � nato, Fatima l'ha sollevato, l'ha ap-
poggiato sul ventre, lo ha coperto con una sciarpa per non
fargli prendere freddo. Ma Fatima � in ospedale e non vuol
parlare con nessuno e la gente di Castelvolturno dice che �
tutta una invenzione, che lei come tutti gli altri immigrati
� una spacciatrice di droga, che � ora di finirla con questi
che rovinano la reputazione del paese. Cos� vado a visitare
i luoghi garibaldini della battaglia del Volturno, Santa
Maria, Ponti della Valle, Maddaloni, Castel Morrone do-
ve � morto il trentino Pilade Bronzetti. A Milano abbiamo
via fratelli Bronzetti, l'altro, Narciso, � morto con i Cac-
ciatori delle Alpi che io conosco da quando sono ragazzo
perch� a Cuneo, la mia citt�, c'� la piazza dove i Cacciato-
ri delle Alpi si sono riuniti la prima volta. La lezione di
Garibaldi che � un po' il Virgilio di questo mio viaggio nel
profondo sud, l'unico personaggio nazionale che qui con-
servi onorata memoria e eredit� di affetti, potrebbe comin-
ciare proprio da qui, dalle terre del Volturno, dalla grande
battaglia difensiva a cui parteciparono decine di migliaia
di uomini. Garibaldi, che aveva fama di guerrigliero, qui
si rivel� un tattico di grande talento, un vero comandante
militare, ma ai savoiardi la cosa non piaceva, misero in gi-
ro la voce che era stato consigliato, assistito da un loro ge-
nerale, figuriamoci con un esercito come il piemontese che
non aveva mai prodotto uno stato maggiore degno del no-
me, buoni combattenti si ma non generali. La seconda le-
zione � quella del trasformismo italico. A Napoli Garibaldi
arriva in treno da Salerno il 7 settembre del 1860 non alla
testa delle sue Camicie rosse ma gi� circondato dai gatto-
pardi che sono saliti sulla sua carrozza di vincitore, il poli-
ziotto Liborio Romano, il sindaco, il comandante della
guardia nazionale e Evelyn Ashley, segretario di Lord Pal-
merston, suo tutore inglese. E il primo venticinque luglio
italiano, il primo regime che finisce continuandosi, la pri-
ma distruzione dello stato che passa immediatamente alla
sua ricostruzione. Operazione gestita allora come poi, alla
nascita del fascismo o della repubblica democratica, da
una polizia che � fedele servitrice del potere finch� non si
annuncia la sua prossima caduta, pronta a passare al pa-
drone nuovo purch� non sia troppo nuovo. Un re Borbone
passa ma i Liborio Romano restano, un Mussolini pu� fi-
nire a piazza Loreto ma i questori Senise e Polito restano.
Garibaldi pu� sembrare un eroe ingenuo ma forse � un
eroe che ha capito. Gli dicono: �(Generale, il comandante
borbonico del Forte del Carmine ha i cannoni puntati sulla
stazione ferroviaria,,. �Ma che cannoni,,) dice Garibaldi,
�quando il popolo accoglie cos� non ci sono cannoni.� E
forse vuol dire: quando il popolo accoglie cos�, sa gi� chi ha
vinto.
A Napoli, nella Napoli garibaldina possiamo meditare
sulla storia prefiguratrice dei Mille, sul trasformismo dei
loro comandanti: o morti in battaglia da eroi o pronti a
tutto per la carriera. Come se coraggio, generosa follia,
amor di patria, dedizione totale non fossero che la premes-
sa inevitabile delle astuzie dei saltafossi. Francesco Crispi,
il garibaldino di Sicilia, ha appena scritto al suo amico Fa-
rini confermandogli i suoi principi mazziniani, repubblica-
ni, rivoluzionari. Dategli un po' di tempo e sar� ministro
dei Savoia, repressore dei Fasci siciliani, guida della destra
colonialista assieme a quell'altro sovversivo effimero che �
il barone Nicotera. E il bello eroico Medici del Vascello;l
Vittorio Emanuele II, padre della patria, lo comprer� ven-
dendogli per una lira la tenuta della Mandria, centinaia di
ettari, castello, casine di caccia. E lo mander� a Palermo
come prefetto a ristabilire l'ordine. Proprio come Tancre-
di, il nipote del principe di Salina, che a regno unito torna
in Sicilia e al principe che gli chiede di Garibaldi dice: �Ma
ledizione, adesso siamo ufficiali del re,,. E ufficiale del re anche
Nino Bixio, l'avventuriero che scaraventava un piatto in
faccia a un garibaldino indisciplinato, svegliava a piattona-
te di sciabola i pigri, spaccava con il calcio del fucile il cra-
nio di un sergente riottoso. E passato anche lui al re, parte-
cipa al concorso equestre di Pinerolo, lo hanno fatto gene-
rale e non si adonta se il suo superiore � il generale Pianelli,
ex borbonico.
Garibaldi eroe ingenuo, ma non troppo, scriver� a una
amica: �Ho coscienza di non aver fatto male. Cionono-
stante non rifarei la via della libert� meridionale per la
paura di essere preso a sassate�. Forse ha capito il saggio
consiglio di Carlo Cattaneo: �Generale, dare la terra ai
contadini senza i soldi � come vendere i fiaschi senza il
vino�.
Comunque i beni ecclesiastici e del Borbone li ha requi-
siti e su questo i Savoia non hanno da ridire, fin che si in-
camera va tutto bene. S�, anche Garibaldi � passato dalla
parte del re, ma almeno a mani pulite: un sacco di sementi
per Caprera � tutto ci� che ha guadagnato per avergli re-
galato un regno.
E premonitore Garibaldi anche dell'arditismo italiano
delle due guerre mondiali e della Resistenza. Perch� ri-
schia la pelle inutilmente? Perch� a Palermo, il secondo
giorno, va ai Quattro Canti dove si incrociano i rettilinei
di via Maqueda e di via Toledo, presi d'infilata dalle arti-
glierie e dalla fucileria borbonichee, e l� si siede a fumare un
sigaro e a impartire ordini? Perch� qui al Volturno ha gui-
dato l'ultima carica? Perch� ha capito da sempre, da subi-
to che il segreto del capo guerrigliero italiano e questo e
non altro: convincere i suoi quattro gatti, i suoi poveri cri-
sti di essere immortale e poi convincere se stesso a confida-
re, come diceva, (,nella buona stella,,.
E premonitore l'eroe dei due Mondi, anche della inevi-
tabile propensione al compromesso dei rivoluzionari italia-
ni. E a Sapri e viene a sapere che Depretis, rimasto a go-
vernare la Sicilia, pensa di fare immediatamente il plebi-
scito per l'unione dell'isola al regno sabaudo. Garibaldi di-
ce al suo aiutante: <Scrivete a Depretis di fare l'annessione
quando vuole,,. E di fronte allo sconcerto dei garibaldini si
corregge: <�Caro Depretis, per l'annessione parmi si possa
aspettare alquanti giorni. Sbarazzatevi intanto degli in-
quieti,,. Sembra di ascoltare i Nenni, i Parri, i Longo, i
Togliatti di quasi un secolo dopo quando furono al bivio
fra la rivoluzione democratica e la continuazione del vec-
chio stato e tutti, con qualche piccolo rinvio, con qualche
piccola esitazione furono per la scelta conservatrice. Indi-
gnazioni, sconcerti, interne lacerazioni e poi tutti d'accor-
do sul fatto che da noi preti e signori hanno sempre ragio-
ne. La pensava cos� anche Garibaldi, ma almeno aveva le
mani pulite e questo la gente del popolo glielo ha sempre
riconosciuto in tutte le regioni d'Italia facendone il solo ita-
liano appartenente alla nazione e non a una regione o a un
partito.
anche tu, puglia?
Baroni e usurai
Trent'anni fa ho conosciuto la Puglia dei braccianti poveri
e di Di Vittorio, la Puglia dei notabili e di Aldo Moro e
quasi li rimpiango anche se quella povert� era estrema e
quei notabili di palta. Passavo per Andria, Terlizzi, Biton-
to, Corato, Giovinazzo, chiedevo ai braccianti quanto pa-
gavano di affitto, e loro insistevano: �Entra, guarda, tocca
qui),. Volevano che vedessi cosa erano i loro tuguri, venti
trenta metri quadrati privi di servizi igienici, una sola lam-
padina gialla e fioca da 10 Watt da accendere per pochi
minuti al crepuscolo prima di mettersi a letto. ,E per ri-
scaldarvi?,) ,Dipende dal fornaio,, dicevano. ,Sai, il fornaio
compra le vinacce dagli oleifici - le chiamavano cos�, vi-
nacce -, le brucia nel forno e poi lascia che la gente frughi
nelle ceneri per trovare qualcosa che brucia ancora.� Ma
fu il pane, la storia del pane che mi fece sentire di un altro
mondo, capire che vivevano quasi di solo pane. ,Di pane,
metti pure tre chili a famiglia,), diceva il capolega di Ceri-
gnola, ��tre chili ci vogliono.), Gli altri erano d'accordo. �io
me lo faccio in casa,� diceva uno, -il pane del fornaio �
troppo leggero.� �Il pane � sempre pane,,, diceva il capole-
ga, ,basta lasciarlo indurire.,) �Indurire come?,, �Lo tieni
nella madia tre o quattro giorni, che non vada gi� in pochi
bocconi come quando � appena sfornato. Sai cosa dicevano
gli americani quando c'era la guerra? Dicevano che qui il
contadino � pulito perch� lava sempre il pane.,) Gli altri ri-
devano: ,Se non lo bagni con l'acqua, il pane duro come lo
Anche tu, Puglia? 243
mangi?,,. Un chilo di pane per il bracciante mentre � nei
campi, due chili con la famiglia piu una minestra di verdu-
ra e due pomodori. ,Pesce mai?� chiedevo. <Eppure, di
mare qui ce n'�.,, ,Pesce da battaglia, piccininnu, sarde e
alici una volta la settimana. Anche carne d vaccina quan-
do al mercato municipale vendono i rifiuti." Passai ad An-
dria in via Paradies dal ciabattino Pasquale ID'Ambrosio.
Mi mostrava la suola rotta di una scarpa e aveva occhi di
fuoco: �Il giovane cammina e distrugge,> diceva compiaciu-
to di quella perenne distruzione di cui campava. �Il gior-
nale lo comperi?� <�Due volte l'anno, il primo maggio e per il
mese della stampa del partito.), Di partito, fra i braccianti
non c'era che quello, il comunista. Andai alla Camera del
lavoro, dal compagno Giuseppe Coviello: ,Quanti dei vo-
stri figli studiano dopo le elementari?�. ,Praticamente nes-
suno, salvo quelli che vanno in seminario e poi se la squa-
gliano a studi fatti.), Viveva cos� tre quarti della Puglia, ma
se ne occupavano solo i comunisti, quando scrivevo queste
cose sul ,Giorno�, a Milano dicevano che ero un comuni-
sta.
Poi c'era la Bari dei notabili, di Moro e di Lattanzio. La
differenza fra i due era questa, che Lattanzio nella merda
di Bari ci stava felice e contento, inaugurava lapidi, parte-
cipava a raduni, faceva affari, piazzava i suoi negli ospeda-
li o alla Fiera del Levante e non chiedeva di pi� alla vita
che fare un comizio ad Altamura e poi mangiare con gli
amici un piatto di panzarotti. Moro invece era triste e mo-
rigerato. Lui la vedeva la merda e sapeva che su essa gal-
leggiava la sua delega parlamentare e ministeriale, ma era
come se non la vedesse: arrivava qui da Roma, andava a
porgere omaggio ai carmelitani, faceva i suoi comizi anche
dopo che era scaduto il termine e se i rossi protestavano la
Celere li legnava. intanto il fedele Lattanzio lo aspettava
all'aeroporto e si tardava a partire con l'aereo di linea an-
che mezz'ora perch� il segretario di Moro era andato a Ta-
ranto a salutare la madre. Questa prona disposizione dello
stato alla sua persona Aldo Moro la considerava un dovuto
omaggio. Ricorda l'avvocato Pasquale Calvario: �Un gior-
no nell'universit� si parlava di uno scandalo romano e gli
chiesi come mai anche nella Democrazia cristiana c'era
corruzione. Da quel giorno mi tolse il saluto,,. Quando ci
fu il colera e ,La Gazzetta del Mezzogiorno,, si decise ad
essere un giornale che dava le notizie, Moro arriv� in visi-
ta alla redazione, volle vedere le rotative, le spedizioni,
l'amministrazione come se fossero una sua propriet� e pri-
ma di accomiatarsi mormorava al direttore: ,Me l'avete ri-
dotta proprio una fogna questa Bari,,.
E questa sarebbe una Puglia da rimpiangere? Il fatto e
che ho scelto il momento sbagliato per tornarci, poco dopo
le elezioni dell'aprile 1992 e la democrazia che ci ho trova-
to �puzzava da capa,), dalla testa come dicono dei pesci a
Napoli, era proprio una democrazia di baroni prepotenti,
di notabili impuniti. �Qui diciamo che nei partiti di gover-
no c'erano due liste, la lista degli uscenti e quella degli
usceri. Tutti e dieci i deputati uscenti sono stati riconfer-
mati e il meno distaccato nelle preferenze dei nuovi, degli
usceri, ne ha avute ventimila in meno.� L'elezione pi� ca-
ra � stata quella dell'onorevole De Gennaro, il fondatore di
Baricento, un gigantesco centro commerciale sulla strada
verso il sud. Non c'� pi� agricoltura in questa Puglia, l'in-
dustria declina ma il commercio cresce, giganteggia, trion-
fa, dopo Baricento ci saranno Barialto e Baribasso, a ogni
incrocio supermercati, ipermercati, ma cosa vendono, a
chi vendono? A Putignano in un mercato libanese, qual-
siasi cosa dalle mitragliette israeliane alle decorazioni so-
vietiche, c'� aria berlusconiana a Telenorba, la pi� grande
emittente pugliese, il suo presidente fondatore mi ha porta-
to ad ammirare dall'alto di un terrazzo una voragine da
capogiro dove sorger� il centro esposizioni annesso alla sta-
zione televisiva che ha una direzione tipo giardino d'inver-
Anche tu, Puglia? 245
no con acquari e piante rare fra cui scivolano segretarie in
minigonna che ti portano acqua di Evian ghiacciata. Ho
promesso al presidente di scrivere qualcosa sulla crescita
delle utenze e degli spot e di partecipare a un dibattito o a
una tavola rotonda che fanno parte anche loro del terziario
avanzato. Dicevo dell'onorevole De Gennaro che ha speso
sui quattordici miliardi per i suoi trentaquattromila voti di
preferenza. Una programmazione a tappeto, una sede
elettorale in ciascuno dei duecentosessanta comuni della
circoscrizione Bari-Foggia, un cinquecento giovanotti pa-
gati per mesi due milioni al mese, l'intero collegio tappez-
zato con la sua fotografia a colori, deciso e sorridente che,
dice l'avvocato Calvario, <ogni volta che lo vedevo avevo
l'impressione che mi gridasse attento a te se non mi voti,).
Intanto l'onorevole Matarrese della famiglia polivalente di
vescovi, impresari, presidenti del calcio nazionale forag-
giava gli <ultras,, del Bari calcio che non sono proprio una
cr�me e si faceva accompagnare ai comizi dagli �spallacci�
che non si capisce bene se sono dei militanti di partito o de-
gli avanzi di galera. C'� stato anche l'onorevole che ha fat-
to distribuire gratis delle dosi di <�roba,, ai drogati di japi-
gia e della Bari vecchia e gli altri che nei loro ospedali o
nelle loro aziende hanno avuto una occupazione a fisarmo-
nica, cinquemila dipendenti nei mesi della vigilia elettora-
le, duemila dopo, assunzioni a termine con i (,contratti di
solidariet�� che hanno i contributi dello stato. Il voto di
opinione nella Puglia solatia non � solo questo, ma lo � al-
meno per il settanta per cento, voto comperato un tanto a
scheda, prenotato dalla clientela, raccolto anche nella de-
linquenza che ormai � di massa. Il quadripartito ha avuto
un grande successo, democristiani e socialisti hanno il ses-
santa per cento dei voti e degli eletti, la voglia di rinnova-
mento era un vago profumo che si � perso nelle sezioni
elettorali, sono tornati, anzi sono rimasti al potere totale e
impunito i notabili di cui si conosce la concezione politica:
�Le mani si sporcano comunque. L'importanza � fare�.
C'� in questa Bari una losca ma quasi normale convivenza
fra la borghesia abbiente, raccomandata catafratta e la ma-
lavita di massa. I signori delle cliniche, delle imprese edili,
dei grandi centri commerciali, dei pubblici uffici mettono
sul ruolino di paga, equamente, un certo numero di figli di
pap� e un certo numero di ragazzi della malavita. Hanno
la solidariet� dei primi e si comperano la neutralit�, a volte
la protezione dei secondi, come facevano i Florio e gli altri
signori del marsala nella Palermo mafiosa. La pubblica
amministrazione naviga fra megalomania e indecenza. So-
no di gran voga i parchi naturali, come quello del Gargano
la cui attuazione richieder� alcuni decenni,,, le fiere, i
congressi, il calcio. Lo stadio costruito per i mondiali � stu-
pendo, nella notte pare un'astronave illuminata posatasi
alla periferia. Lo abbiamo pagato tutti noi contribuenti e
continuano a pagarlo i baresi, da due anni; in attesa della
convenzione fra il Comune e i Matarrese, la citt� versa
cinquecento milioni al mese di interessi e trecento di ma-
nutenzione, per trovarli hanno raddoppiato la tassa sui ri-
fiuti, sulle certificazioni e aumentato quella sulla benzina.
Il vecchio stadio San Nicola, pi� che sufficiente ai bisogni
sportivi della citt� � inutilizzato e costa anche lui i suoi mi-
liardi. Sugli ospedali del sud sarebbe conveniente, comun-
que, sorvolare, ma il caso del Policlinico di Bari non pu�
essere taciuto, lo lascio raccontare al giudice Luca Montro-
ne: <�Sono andato al Policlinico per una istruttoria, stavo
camminando per un viale assieme a un brigadiere della po-
lizia giudiziaria quando vediamo due che passano con dei
sacchi neri di plastica, sa di quelli che si usano per le im-
mondizie. Il brigadiere come per riflesso condizionato gli
d� l'alt: "Fermi, fate vedere cosa avete li dentro". Avevano
un utero e un polmone di due pazienti appena operati di
cancro, li portavano all'esame istologico. Siamo andati al-
l'obitorio dove stavano facendo l'autopsia di un assassina-
Anche tu, Puglia? 247
to. Era steso su un bancone di lamiera, sangue e pus veni-
vano raccolti da un tubicino che andava a finire in un la-
vandino e da l� in mare. Tutto lo sporco e i veleni di questa
citt� finiscono in mare. Siamo passati nelle cucine. Nel
magazzino, sulle casse della pasta c'erano, immobili, dei
topi enormi. Abbiamo gridato, gesticolato e non si sono
mossi, il brigadiere ha dovuto cacciarli con una ramazza e
se ne andavano via pigri, quasi scocciati. Ho rinviato a
processo sanitari, amministratori, medici. Tutti assolti. Ed
� cos� dappertutto, i funzionari che assegnano le case le
danno a chi li paga, le lasciano occupare dagli ultimi arri-
vati mentre ci sono assegnatari che attendono da anni�.
Quelli che non hanno i soldi per la mazzetta o quelli che
non hanno capito l'antifona come il povero Rocco Cornac-
chia, di Altamura, di cui ancora si ride, in Regione, come
di un apologo istruttivo, lui ogni anno scendeva a Bari per
avere un piccolo appalto, faceva il giro dei politici e gli
portava in omaggio lampascioni e funghi fino a che qual-
cuno gli spieg� che ci voleva ben altro. E non � una favola,
la storia � documentata da una sentenza del tribunale di
Bari in data 29 novembre dell'85.
La cosa pi� disarmante, angosciante di questa societ�
decomposta � che risulta quasi impossibile, specie fra i gio-
vani, discernere fra il buono e il cattivo, fra l'onesto e il di-
sonesto. Ci sono solo le divisioni, di fatto, fra i furbi e i fes-
si, fra i violenti e i deboli. A Trani c'� un giudice di nome
Leonardo Ristella che mi ha sgridato assai perch� mettevo
il limone sulla spigola fresca, con un viso come aveva l'at-
tore Randone, di melanconica umanit�. Diceva: �Noi par-
liamo di corrotti e di corruttori come di estranei. Ma i no-
stri figli cosa sono? Come li abbiamo cresciuti? Se ci va be-
ne i nostri non rubano, non si drogano, ma che valori han-
no? In cosa sperano? I miei sono bravi ragazzi ma non li
vedo mai indignati, mai schifati. Si lasciano vivere e tirano
a campare�.
L'avvocato Calvario lui scrive e parla di soggettivit�, del
bisogno che abbiamo di ritrovare la soggettivit� e final-
mente ho capito che voleva dire responsabilit� personale.
Ha ragione: qui di responsabilit� personali non ne esisto-
no. Si esercitano solo i controlli formali, le procedure, la
domanda in carta da bollo, la ricevuta regolare, le voci del
capitolato, i ricorsi, gli stati di avanzamento. Tutto in re-
gola? Si, e allora siamo a posto anche se l'acquedotto non
funziona, se il ponte � crollato, se un'opera da cento mi-
liardi ne � costata trecento. La Regione � sepolta da tanti
debiti che non sanno nemmeno quanti. Cos� hanno nomi-
nato una commissione d'inchiesta composta da professori e
da giudici, tutti galantuomini ma che sanno come vanno le
cose da queste parti. �S�,,, mi ha detto uno, �abbiamo tro-
vato millequattrocento miliardi di debiti, ma mi creda dot-
tore, sciocchezze, manie di grandezza, davano gratis i libri
agli studenti, mandavano in vacanza gli anziani, leggerez-
ze, mi creda.,, No, non solo leggerezze, anche furti, anche
dissipazioni e se i commissari avessero tenuto conto non
solo dei debiti con i fornitori ma anche di quelli con le ban-
che avrebbero scoperto che i miliardi sono sedicimila.
Dove sta la soggettivit�, alla responsabilit�? Nessuno la
cerca, nessuno � stato incriminato criticato se l'ospedale
San Paolo iniziato nel 1969 � ancora in costruzione, se il
teatro Margherita, la manifattura tabacchi, il porto e tutte
le altre grandi opere che si dovrebbero finire sono l� ferme,
come buchi neri nella citt�. Nessuno si chiede chi � il re-
sponsabile del fatto che ogni barese dispone di venti centi-
metri quadrati di verde, che la Bari vecchia � off li,mils, che
i creatori dei grandi centri commerciali hanno avuto pre-
stiti dalle banche per centinaia di miliardi al tasso del quat-
tro per cento che � come dire che gli hanno regalato decine
di miliardi. Nessuno � responsabile di niente, neppure del-
le feste popolari: dovevano farne una per San Nicola a Na-
tale, ma non ce l'hanno fatta, il Consiglio comunale ha de-
Anche tu, Puglia? 249
ciso di spostarla a Pasqua, tutti soddisfatti e contenti lo
stesso.
Dovunque, a Bari, a Foggia, a Brindisi, a Lecce ti parla-
no della quantit� della vita, ma della qualit� mai. E vivere
in Puglia oggi � un vivere di merda, un vivere in un paese
di baroni e di usurai. Questo pensiero costante del denaro
da accaparrare ad ogni costo lo respiri nell'aria, fra ricchi e
poveri. Non c'� altra regione italiana pi� votata all'usura.
Ho girato tutto il profondo sud, ho sentito parlare di assas-
sinii, sequestri, tangenti, ricatti, stragi, ma solo qui, subi-
to, sempre, da tutti di usura. �L'usuraio,, mi ha detto un
professionista non stupido ,� uno che si mette in proprio,,
come a dire una tappa necessaria dello sviluppo, della ac-
cumulazione del capitale. Si comincia dal basso; � usuraia
la padrona di casa che conosce vita e miracoli di tutti e sa
chi ha bisogno di soldi per fare il corredo alla figlia, per ri-
coverare un parente ammalato; fanno usura i parroci a cui
i poveracci si confidano e un po' pi� in su l'usuraio di vil-
laggio che tutti conoscono, parla a voce bassa, in un canto,
con qualcuno, sta spesso alla finestra per ricordarsi a chi
gli deve soldi. Poi si sale agli usurai dei mercati, che aspet-
tano la chiusura, vedono se non hai venduto abbastanza
per fare gli acquisti per l'indomani e ti prestano il denaro.
E cos� di grado in grado si arriva all'usura finanziaria, alle
ottocento societ� finanziarie pullulate nella regione, alcune
per riciclare il denaro della mafia, altre per fornire alla ma-
fia i capitali per il commercio della droga, quasi tutte per
frodarsi a vicenda rifilandosi l'un l'altra i clienti insolventi.
E cos� che delle diciotto banche private di Lecce ne sono ri-
maste solo sette. Il dirigente di banca strozzino � una figu-
ra nota da queste parti. Gioca sul sicuro, con i soldi della
banca. Se un cliente a cui la banca ha fatto un prestito � in
attesa del controllo e non ha soldi per ripianare i debiti ci
pensa lui, gli fa avere un affidamento di favore, ma a un
tasso doppio e triplo del normale. Quello che � con l'acqua
alla gola ci sta, supera il controllo e poi restituisce il presti-
to con gli interessi che il dirigente si intasca. Ci sono ban-
chieri usurai che conoscendo la situazione dei piccoli im-
prenditori in crisi si associano con altri imprenditori per ri-
levare l'azienda. �L'usuraio,, si dice qui ,� il socio occulto
delle nostre intraprese.� Fanno usura notai, avvocati, me-
dici: il denaro � l'olio santo�, ti apre le porte del paradiso.
i soli che puniscano gli usurai sono quelli che non hanno
pi� niente da perdere, quelli che ogni anno fanno assegni a
vuoto, solo a Bari, per cinquecento miliardi. Accettano
prestiti a qualsiasi tasso tanto non lo restituiranno. Ma �
rischioso, ora l'usuraio sa dove trovare gli esattori che si
presentano con la rivoltella. Per l'olio santo� si � pronti a
ogni inganno, a ogni nefandezza. Si � scoperto che molti
guidatori di Tir simulano delle aggressioni, vendono la
merce alla delinquenza e magari anche il camion. I giudici
si accorgono spesso del patrocinio infedele, un avvocato di
parte che si � accordato con quello della parte avversa e fa
il suo gioco, per dividere, consulenze interessate che invece
di difendere lo stato lo derubano. E bellissima la Puglia,
specie in primavera. Ho visto fra Bari, Brindisi e Lecce i
campi fioriti pi� belli del mondo. Trani la bianca sull'A-
driatico azzurro � un sogno di citt�, fermato per sempre
nella sua perfezione, il sacro olivo sale ai castelli degli sve-
vi, ci sono spazi immensi. Ma non ti levi mai dal naso il
tanfo della ingordigia e della mediocrit�, non capisci mai
perch� la pianta dell'uomo debba ridursi a vegetare nello
sporco.
Chi ha incendiato il Petruzzelli?
Il teatro Petruzzelli � di color granata e sta nel centro della
citt� di Bari come un fantasma pietrificato. In apparenza
intatto, con la scritta sull'ingresso, le locandine, i negozi
aperti al piano terreno il Bottegone che vende frac, smo-
Anche tu, Puglia? 251
king, cilindri, suprema finzione scenica di un teatro inesi-
stente, svuotato all'interno da un incendio rabbioso, rapi-
do, divorante. Il fantasma dell'opera, il grande giallo che
da mesi alimenta il nido di vipere dei sospetti, delle denun-
ce, delle perizie. C'� una sola cosa su cui tutti i baresi sono
d'accordo: chi lo ha fatto lo ha fatto per denaro, per �l'olio
santo�. Delle sorelle Maria, Teresa, Vittoria, Chiara, Ma-
riarosalba, Stefania Messeni Nemagna, eredi Petruzzelli
mi riceve Vittoria con un figlio e due dei principi consorti,
l'avvocato Gianattasio e il signor Garibaldi, di cui si parla
come di un viveur di quando (,Parigi era una piccola Bari�.
Siamo nello studio dell'avvocato Gianattasio e gli eredi di-
sposti a cerchio sembrano in attesa dell'apertura di un te-
stamento, la signora Vittoria con una sua centralit� e rigi-
dit� da erede diretta, gli altri i cui visi non riescono a na-
scondere l'amara verit�: dei proventi del Petruzzelli si
campava. Ma per cominciare, il fatto e l'ora. L'ora va col-
locata fra le 3,30 e le 4,15 del 27 ottobre 1991. L'avvocato
Gianattasio su questo non ha dubbi: avevano dato la Nor-
ma di Bellini e il mattino seguente dovevano preparare le
scene per un'altra opera, le vecchie e le nuove erano tutte
sul palcoscenico: �Sbaglio avvocato o la Norma finisce con
un rogo?�. L'avvocato mi concede solo un sorriso nervoso.
�Dunque, gli operai lavorano fino alle due e mezzo, il cu-
stode fa un'ultima ispezione alle tre e mezzo.� -Ma chi lo
dice, avvocato?,) E un po' sorpreso. <,Lui lo dice.,) �-Ah.).
�Chiude la porta del corridoio che porta al suo alloggio e
va a dormire. E stata una bella serata, c'erano i congressi-
sti agenti di cambio, il governatore della Banca d'Italia
Azeglio Ciampi con signora. Il primo allarme � dato da al-
cuni passanti alle 4,15, si intravedono le fiamme dalle fine-
stre, i pompieri arrivano alle 4,48 con due autopompe, in-
sufficienti. incendio sicuramente doloso. Un cineamatore
accorso fra i primi ha girato delle immagini in cui si vede
che la porta del ridotto in via Cognetti n. 6 era aperta. Si
trover� il lucchetto forzato. L'incendio � stato appiccato in
sette punti diversi, sette fuochi a petrolio a lunga combu-
stione. Roba da professionisti. L'incendio del palcoscenico
e delle scene ha sprigionato un calore di novecento gradi
che ha fuso l'impalcatura metallica del tetto, venuta gi�
quella il cratere ha rinforzato il rogo, tutto distrutto, nes-
suno avrebbe potuto impedirlo.,, ,Non c'erano estintori,
riserve d'acqua?,, ,C'erano, ma si � bloccata subito l'ener-
gia elettrica per le manovre.,, ,Voi della famiglia a che ora
siete arrivati?,) �Io alle 5 che abito qui vicino,� dice Gianat-
tasio, (,gli altri poco dopo, ma il sovrintendente Pinto non
c'era. �
Mi sento come l'ispettore Maigret, come Nero Wolfe,
attento ai particolari, siamo al primo scenario. Perch�, si
chiedono gli eredi Petruzzelli, il sovrintendente Ferdinan-
do Pinto non c'era? Pinto dice che aveva staccato il telefo-
no perch� era andato a dormire tardi ed era stanco. C'� da
credergli? Mah. Dire che si sente puzza di bruciato non
sembra il caso, ma gli eredi Petruzzelli lo sentono. Quando
finalmente Pinto arriva alle 8,30 gli chiedono subito: �E
l'assicurazione?�. �Tutto a posto� dice lui. E si secca:
��Non penserete mica che scappi con i soldi?�. Ma l'assicu-
razione, ecco il colpo di scena, a posto non �, gli eredi ven-
gono a sapere dall'avvocato Spinelli, legale di Pinto, che la
polizza del '79 che assicurava per tutti i danni non � pi�
valida, e stata sostituita da una che copre solo quattro mi-
liardi. Vengono fuori particolari che gelano. La nuova po-
lizza non sarebbe neppure intestata al sovrintendente ma a
una Casa Cinematografica, una societ� di cui fa parte. Il
premio veniva pagato con le quote dei biglietti, pare addi-
rittura che fossero assicurati solo gli spettacoli cinemato-
grafici ospitati nel teatro fuori stagione lirica. Lo dice il so-
stituto procuratore Biceglia cui il procuratore De Marinis
ha affidato le indagini. ��Telefonai a Pinto,� dice l'avvocato
Gianattasio che ancora ne ansima, (�gli chiesi una spiega-
Anche tu, Puglia? 253
zione.,, Ostentava una grande sicurezza come se l'incendio
del Petruzzelli invece che una mazzata fosse un inizio di
buone operazioni. �Non preoccupatevi, mi impegno a ri-
costruire il teatro in due anni. Se volete posso farvelo ven-
dere subito, per quindici miliardi.,, Adesso gli eredi Pe-
truzzelli dal puzzo di bruciato si sentono avvolti e ne parla-
no con il giornalista arrivato da Milano-
Succedono cose strane. Il quotidiano barese <La Gazzet-
ta del Mezzogiorno� lancia una sottoscrizione <per la rina-
scita del Petruzzelli, simbolo della citt�,), la apre con due-
cento milioni seguita dal Banco di Napoli ma tutto si ferma
l�, i baresi non tirano fuori una lira. Sentono anche loro
puzza di bruciato? Forse li blocca l'apparizione di una
Fondazione per la rinascita del Petruzzelli dentro cui ci so-
no i Romanazzi, i pi� grandi costruttori pugliesi. Ci sono
bocche a taglio di salvadanaio che sorridono: capito? I Ro-
manazzi? Che cosa insinuano, che i grandi costruttori edili
hanno fatto incendiare il teatro per ricostruirlo? Per carit�,
nessuno si permette di insinuare, ci pensi il dottore De
Marinis procuratore generale. A questo punto gli eredi
vanno a rileggersi l'atto comunale di concessione con cui
�ai sensi dell'articolo 5 del regolamento municipale, il Co-
mune cede gratuitamente e in perpetuo il suolo al signor
Petruzzelli con esenzione dei dazi. In caso di crollamento
per incendio e simili, escluso il terremoto, il concessionario
terminer� entro tre anni i lavori di restauro, Se ci� non fa-
r�, il Comune si riprender� il suolo dopo lo sgombero, a
sue spese, delle macerie�.
Gli eredi leggono e si sentono in trappola. Chi ha appic-
cato l'incendio conosceva queste clausole e sapeva che lo-
ro, gli eredi, non avevano n� i soldi per ricostruire il teatro
ne quelli per sgomberare le macerie. Incastrati. E come
per ribattere il chiodo di quell'atroce sospetto arrivano due
terribili, fredde, minacciose lettere del sindaco. Dice secca-
mente la prima: <Ai sensi della clausola della concessione
in data 29 gennaio 1897 si ricorda che i lavori devono esse-
re intrapresi entro un anno e completati entro tre a contare
dal giorno in cui il crollo � avvenuto, oppure i concessiona-
ri avranno il dovere di sgomberare il suolo e di restituirlo
al Comune. Pertanto essendosi verificato l'incendio il 27
ottobre del 1991 i lavori di ricostruzione dovranno iniziarsi
il 27 ottobre del 1992. Tanto ad ogni effetto di legge,,. Se-
conda lettera pochi giorni dopo: ,Sotto pena di immediata
rescissione della concessione devono essere chiusi i locali
del teatro destinati ad estranea destinazione�. Per dire i ne-
gozi annessi al teatro. Per gli eredi siamo alla persecuzione
premeditata: il Comune finge di ignorare che per quei ne-
gozi aveva dato regolare licenza.
Si tratta, sembra chiaro, di lettere consigliate dall'ufficio
legale, precauzionali, fatte firmare a un sindaco che di
queste cose non se ne intende, ma chi toglie dalla testa de-
gli eredi il sospetto che tutto faccia parte di una congiura
non solo barese? E in quella, quasi a conferma, ti arriva
una dichiarazione del ministro barese delle Finanze Formi-
ca il quale dice che ci sono disponibili per la ricostruzione
ventotto miliardi, rimasti dalle lotterie nazionali e chiude
con questa frase: �La ricostruzione del Petruzzelli non � un
affare di famiglia,,. Capito? Si sono messi d'accordo For-
mica e Lattanzio, vogliono far diventare il Petruzzelli un
carrozzone statale, da sistemarci i loro clienti e tenerci le
loro cerimonie. Si, ma si pu� pensare che due ministri per
fare questa operazione facciano incendiare il teatro da al-
cuni malviventi che potrebbero confessare chi sono i man-
danti? Le bocche a taglio di salvadanaio si chiudono, ma i
sospetti si moltiplicano. La signora Vittoria Messeni Ne-
magna prende fra le mani la concessione del 1897 e si inte-
nerisce: ,Neppure una parola per i nostri vecchi. Un pro-
getto cos� bello, un regalo cos� grande alla citt�. Pensi sei-
centomila franchi del 1897 poi saliti a pi� di un milione.
Legga, dottore, legga che cosa persone eccellenti hanno
Anche tu, Puglia? 255
scritto di loro,). Trae un ritaglio dalla cartella: <Quei nonni
e bisnonni, non i primi in Europa, ma nemmeno gli ulti-
mi, vollero interpretare gli stili, le culture, le mode circo-
lanti allora in una Europa in cui finalmente si capiva che
cosa potesse essere il mondo affrancato dai privilegi dei no-
bili e del clero- E costruirono con il palazzo Ateneo la scuo-
la per i loro figli, la Camera di commercio e il teatro Pe-
truzzelli, degno della citt� di Bari�.
Inconfessabili, terribili sospetti corrono per la citt�.
Qualcuno mi ha sussurrato: <Quel Pinto era magna pars
del teatro tenda, chiuso il Petruzzelli avrebbe fatto buoni
incassi. E pare che del teatro tenda sia finanziatore il boss
Savino Parisi,,. Il fantasma dell'opera, il viluppo avvocati-
zio, le cause. Gli eredi accusano il sovrintendente e il tri-
bunale su questo gli ha gi� dato ragione, di avere usato a
suo comodo il marchio Petruzzelli per servirsene per suoi
affari personali; e di <,continuare anche dopo l'incendio a
proseguire brillantemente l'attivit� di sovrintendente con
notevoli riscontri presso il pubblico e il mondo dello spetta-
colo).
L'erede Garibaldi, il viveur invecchiato, mi porta da un
suo avvocato che parla per enigmi e incomprensibili iro-
nie. Riesco solo a capire che da mezzo secolo almeno so-
vrintendenti, eredi, Municipio, Regione, ministero dello
Spettacolo hanno tirato a guadagnare e a risparmiare.
Nessuno aveva provveduto a iniettare nelle parti ignee le
sostanze antincendio, nessuno aveva collaudato il sistema
di allarme costato centinaia di milioni e rimasto silenzioso,
si era cambiata l'assicurazione per spendere di meno e for-
se per farci su la cresta.
E il Petruzzelli � l� al centro di Bari vuoto come un gu-
scio, spettrale suprema finzione scenica con le locandine, il
nome sull'ingresso, i negozi aperti, le lampade del portico
accese, la sera, in attesa che arrivino le signore in abito
lungo e i loro mariti notabili che per pagare meno tasse
prendono le automobili in leasing, non ho capito bene per-
ch�, con targhe di Novara.
Troppo tardi?
Nell'omelia della Pasqua 1990 il vescovo di Bari, monsi-
gnor Magrassi esortava a combattere la mafia ,prima che
sia troppo tardi,,. Forse � gi� troppo tardi, il ministero degli
Interni stima che in Puglia agiscano trentadue cosche con
2500 affiliati i quali seguono le alterne fortune delle tre
grandi organizzazioni, la Sacra Corona, La Rosa, la Nuo-
va famiglia salentina. Quel che si sa di questa mafia attra-
verso i processi e i documenti trovati nei covi si puo cos�
riassumere: la mafia pugliese � nata da poco, non ha alle
spalle la cultura della morte e dell'omert� della mafia sici-
liana, non ha il retroterra selvaggio di quella calabra, non
ha le dimensioni metropolitane della camorra. Per� c'�, ha
un alone delinquenziale enorme, sta in un contesto affari-
stico e truffaldino in cui puo trovare infinite combinazioni
di contiguit� e di complicit�. La mafia pugliese sembra con-
fermare la tesi dell'ex sindaco di Misterbianco Di Guardo:
� l'avvoltoio che scende dove c'� carne marcia, � la delin-
quenza che partecipa al banchetto della societ� costituita.
Pare evidente che la mafia pugliese �, come istituzione,
come regole e rituali una imitazione della mafia calabrese e
siciliana nata nelle carceri di Taranto e di Bari dove sono
reclusi anche mafiosi della Locride calabrese e di Catania.
Ma imitazione non � cooptazione, e qui si capisce meglio
quale importanza abbiano nella formazione della malavita
le culture regionali. La Puglia ha avuto qualche fiammata
di brigantaggio al confine con la Lucania, ha avuto forti
lotte contadine ma � stata per secoli una regione d'ordine.
Ed � questa mancanza di un retroterra e di una tradizione
malavitosi che ha consentito alla mafia in formazione una
sua autonomia: ha ricevuto dalla Calabria e dalla Campa-
Anche tu, Puglia? 257
nia alcuni modelli, ha fatto per conto della 'ndrangheta e
della camorra i primi affari di droga e alcuni sequestri di
persona, ma poi ha camminato sulle sue gambe, in modo
discontinuo, con impennate e ritirate, ma con una crescita
continua.
Fino a due o tre anni fa il governo di Roma e la Regione
hanno continuato a ripetere, per consolazione, che era im-
proprio parlare di mafia, che si scambiava per mafia una
delinquenza comune. Ma a parte il fatto che questo � un
argomento canonico della burocrazia meridionalista che
pensa di acquisire consenso sia da parte dei benpensanti,
di cui difende l'orgoglio locale, sia da parte della mafia di
cui nega l'esistenza, ci sono ormai tutte le prove polizie-
sche e processuali che qui si sono costituite delle autentiche
associazioni di tipo mafioso: forse non c'� un vertice come
la Cupola siciliana, ma c'� sicuramente un coordinamento
fra le varie famiglie, ci sono arsenali comuni ' si e gi� pas-
sati dal livello estorsivo a quello finanziario, ci sono le ri-
messe alle famiglie dei carcerati, c'� l'assistenza processua-
le e carceraria e c'� sicuramente la contiguit� e la complici-
t� con il ceto politico. A Bari � di dominio comune che un
imprenditore di burrascose esperienze trovatosi con un bu-
co in bilancio di novanta miliardi se lo � fatto ripianare da
Savino Parisi, il giovane boss che controlla dal quartiere
japigia il traffico della droga. E puo dare un'idea della
ubiquit� mafiosa a cui � arrivato questo boss la storia del
suo recente arresto: il 20 dicembre del 1991 il tribunale di
Bari lo manda al soggiorno obbligato di Poggiorsini. La
popolazione dell'onesto borgo si ribella, minaccia di cac-
ciarlo con la forza, ma Savino il 26 toglie l'incomodo, spa-
risce lasciando scritto che la disciplina del soggiorno obbli-
gato � troppo gravosa. Lo arrestano pochi giorni dopo allo
stadio di San Siro a Milano dove assiste in tribuna d'onore
alla partita Bari-Milan. La tendenza a lasciar la mano libe-
ra alla delinquenza minorile che si nota in alcune plaghe
della Sicilia orientale, della Calabria e a Napoli qui � tota-
le, in nessuna citt� pugliese esiste un ordine mafioso. Qui
dico ci� che mi � accaduto appena arrivato all'aeroporto di
Bari: � venuto a prendermi l'amico e guida Carlo Capone
che non mi d� tempo di passare in albergo, dobbiamo an-
dare subito a Trani per un incontro con il signor Dalma-
stro, comandante delle guardie municipali, che sa tutto sul
contrabbando. Arriviamo a Trani e Capone prende la vali-
gia che ho messo sul sedile posteriore e si avvia: �Ma che fa
Capone, la lasci l�?,,. <�No, se la lasciamo l� fra cinque mi-
nuti � sparita. Sa che qui giriamo tutti senza ruota di scor-
ta?,, Mi sembra un po' un fissato questo Capone. Tornia-
mo a Bari e lui passa in un vecchio borgo per vedere se � in
casa il giudice Montrone e stavolta lo convinco a lasciare la
valigia in macchina. Acconsente, ma la nasconde fra i due
sedili e la copre di vecchi giornali. Il giudice Montrone
non � in casa, torniamo sui nostri passi e come sbuchiamo
sulla via dove l'auto � parcheggiata vediamo un ragazzo di
quattordici anni in bicicletta, appoggiato alla macchina.
Come ci vede lancia un urlo e fila e gi� schizza via, corren-
do, anche l'altro che stava scassinando la portiera. �Capo-
ne, credo che lei abbia ragione... gli dico. Ho commesso
l'errore di raccontare questo episodio durante una trasmis-
sione del Costanzo Show, dalla platea � partito un muggito
di irrisione e di protesta contro il nordista-, lo stesso Co-
stanzo, con garbo, mi ha ripreso, come per una involonta-
ria caduta di gusto. Cos� � l'informazione italiana, la diffu-
sa voglia italiana di chiudere gli occhi di fronte ai suoi in-
ferni. L'immagine che la maggioranza degli italiani hanno
di Bari e della Puglia � quella che piace ai Matarrese, l'a-
stronave dello stadio di calcio dell'architetto Renzo Piano,
fra luci, bandiere e petardi. C'� anche quella Bari, inten-
diamoci, c'� anche quantit� di consumi e voglia di vivere
,<alla grande,, come dicono i cronisti sportivi, ma il contesto
generale � da inferno. Su quattro milioni di abitanti della
Anche tu, Puglia? 259
regione un milione e ottocentomila stanno nell'area della
povert� e seicentomila in quella della povert� estrema. C'�
da stupirsi che la delinquenza minorile galoppi a briglia
sciolta? Bari ne � tormentata: seicentosessantacinque furti
d'auto ogni mese, ottocento rapine, trenta scippi al giorno,
quattrocento attentati incendiari in un anno. C'� stato un
boom di porte blindate e casseforti, tutti tengono i gioielli
nelle cassette di sicurezza, interi quartieri la sera sono in-
frequentabili. Bari vecchia � off limits, di tempo in tempo le
cosche dei Capriati e dei Marzali si prendono a rivoltella-
te, l'altro giorno un giovane Capriati � caduto proprio da-
vanti a S.Nicola con sette pallottole in corpo. Delinquenza
minorile e delinquenza organizzata tormentano l'intera re-
gione. A Bari si scatenano settimane di vandalismo, in una
poco fa sono state bruciate otto auto, spaccati una ventina
di semafori, scheggiate vetrine. A Lecce in un anno trenta-
sei assassini, quattrocento rapine. L'antiquario Carlo
Sangiovanni ucciso nella sua villa a Capo Leuca, l'impren-
ditore Marcello Greco ammazzato e bruciato in una cava,
su centocinquantamila abitanti settemila drogati. A Ta-
ranto centocinquanta assassini negli ultimi tre anni, centi-
naia di rapine, migliaia di furti.
La mafia pugliese � naturalmente portata al contrabban-
do, sull'altra sponda albanese e montenegrina arrivano dal
medioriente e dai paesi dell'est merci di ogni tipo, dalla
droga alle armi, qui c'� il crocevia dei mercati neri. A
Brindisi su novantamila abitanti diecimila vivono di con-
trabbando e contrabbando organizzato con stipendi fissi
per ogni categoria, tanto per un motorista, tanto per uno
scaricatore, tanto per un pilota. E il contrabbando, la sua
necessit� di svolgersi fuori dalla pubblica attenzione, che
spiega la straordinaria accoglienza riservata da Brindisi ai
ventimila albanesi della invasione, celebrata dalla informa-
zione nazionale come una straordinaria prova di generosi-
t� delle povere, ma caritatevoli popolazioni brindisine. E
invece erano i diecimila contrabbandieri che si erano tassa-
ti per cinque milioni ciascuno per finanziare i soccorsi e la
rapida chiusura della operazione. E c'� voluta la strambe-
ria, chiamiamola cos�, del ministro delle Finanze Formica
per offrire ai contrabbandieri pugliesi il perdono e un im-
piego di due milioni al mese presso la pubblica ammini-
strazione. Figuriamoci i contrabbandieri di Andria che
hanno comperato tutte le bianche case che fanno corona al
porto di Trani, vi trascorrono il fine settimana e le vacan-
ze, pranzano con le loro donne nei ristoranti del lungoma-
re in cui hanno riciclato i soldi del contrabbando perch� �
presto fatto il conto, le spese fisse di un esercizio sono di tre
milioni al giorno e nei giorni feriali i ristoranti sono vuoti,
li tiene la mafia come luogo di incontro e di spaccio della
�roba�.
Resta misteriosa l'esplosione terroristica degli scorsi an-
ni: a Lecce hanno messo una bomba al palazzo di giustizia
e una sulla ferrovia per Brindisi, strage evitata per miraco-
lo. A Bitonto � saltato il commissariato di polizia, a Bari �
bruciato il Petruzzelli e una carica di dinamite piazzata sul
pilone portante di una casa di via Dante per poco non face-
va crollare l'edificio. A Taranto bombe a volont� alla chie-
sa del Corpus Domini, a una sede della polisportiva, al pa-
lazzo Latagliata, sede del Municipio. Uno degli attentatori
si � confessato con il parroco del quartiere del Corpus Do-
mini, don Luigi Larizza, parroco di poveri cristi e di ma-
fiosi, anche dei fratelli Modeo di cui si � detto che sarebbe-
ro legati a Licio Gelli, figurati se il Gelli della P2 pu� man-
care. Vincolato dal segreto confessionale, don Larizza non
lo ha denunciato e sembra la metafora di un antistato ma-
lavitoso-religioso: il malavitoso vuole conservare la sua ap-
partenenza alla comunit� religiosa e la Chiesa la sua auto-
nomia verso lo stato.
A Taranto c'� un personaggio pittoresco, il Giancarlo
Cito, fondatore e direttore di Antenna 6, il quale dice di s�
Anche tu, Puglia? 261
di ,aver firmato cambiali fino al duemila,,. A chi dice che
la sua � una televisione spazzatura risponde che spazza s�,
ma le porcherie dei politici. Grazie alla televisione si � fatto
eleggere nel Consiglio comunale con quindicimila voti di
preferenza, ma quel cattivo del ministro degli Interni Scot-
ti ha ordinato la sua rimozione per avere sulla fedina pena-
le alcune condanne. <Ragazzate di quando ero missino,, di-
ce Cito, che ha querelato l'alto commissario all'Antimafia
Sica, chiedendogli quattro miliardi di danni, perch� oggi la
moda � questa, da una parola in su miliardi come se pio-
vesse. In Puglia come in tutto il profondo sud ho incontra-
to molte persone, preoccupate, indignate per le minacce
secessioniste della Lega, per il �razzismo,, dei settentriona-
li. Sfugge a quasi tutti che la separazione fra le due Italie
non � etnica, ma economica e legale. E il modello di svi-
luppo del sud, clientelare, malavitoso, che scava il baratro
con quello del centro-nord ancora, ma chi sa per quanto,
produttivistico. Mi diceva il giudice Ristella di Trani:
�Abbiamo qui in Puglia quattrocentomila disoccupati.
Mai che occupino le citt� in segno di protesta, mai che i lo-
ro cortei sfilino davanti alle prefetture. Sembrano rasse-
gnati. o probabilmente hanno capito che qui dalla disoc-
cupazione si esce con il furto e la rivoltella,).
La solitudine dei giudici
Il pack pugliese, la compatta glaciazione pugliese, ha resi-
stito al voto del 5 aprile 1992, Democrazia cristiana e so-
cialisti si sono accaparrati il sessanta per cento dei voti e
hanno consolidato la vecchia spartizione: ai socialisti le
banche, ai democristiani i mattoni. Il sistema delle tangen-
ti che tanto scandalo provoca a Milano qui � da sempre uf-
ficiale. Michele Matarrese ha versato seicento milioni alla
Dc e lo ha giustificato in pubblico dicendo che ,in fin dei
conti il finanziamento per le elezioni era una motivazione
oggettivamente valida,,. Durante i processi degli anni ot-
tanta esponent i della Regione, della Provincia, del Comu-
ne hanno ammesso che �la taglia,,, cos� la chiamano, era
del cinquanta per cento alla Dc, del trentatr� al Psi, del di-
ciassette al Psdi, considerata da tutti �un servizio reso al
partito� e di cui, come ha ammesso un presidente provin-
ciale, �non si � mai tenuta una contabilit� tecnica�. Ades-
so, dopo lo scandalo milanese e i contorcimenti dei partiti
per tirarsene fuori, nessuno, neppure in Puglia, ammette
pi� la normalit� e la quasi liceit� delle tangenti, ma tutti
continuano a prenderle. Un regime di questo tipo, un pack
cos� compatto hanno necessit� assoluta di essere impuniti e
i magistrati che a questa regola si ribellano vengono prima
o poi emarginati.
�E molto duro vivere nella solitudine,, dice il giudice Lu-
ca Montrone, che questa volta c'� in casa, una vecchia ca-
sa di pietra bianca, freschissima, �alcuni di noi non hanno
resistito alla solitudine. io ci provo. Mi chiedeva come fun-
ziona il sistema consociato, consolidato della impunit�?
Senta questo caso. Tempo fa ci fu un sequestro di persona
in un borgo della provincia, il sequestrato era stato ucciso,
implicato in una misteriosa vicenda di contrabbando. Nel
corso delle indagini un pentito confessa che il pretore loca-
le � stato pagato per favorire gli imputati e lui ammette. Lo
rinviamo a processo per favoreggiamento, ma la causa pas-
sa subito ad altri giudici e dobbiamo assistere impotenti a
una incredibile umiliazione della giustizia. Non solo lo as-
solvono, ma nella sentenza si dice che il favoreggiamento
c'� stato ma non � proprio il caso di farne scandalo, � risa-
puto e comunemente accettato in un piccolo centro lo
scambio dei favori fra persone che si conoscono da sempre
e tutti sanno che un favore, anche un favore del pretore, va
pagato. Nessuno ha fatto ricorso, n� il pubblico ministero
n� i parenti del sequestrato. Il fatto � accaduto, il reato c'�,
il colpevole ha confessato ma appartiene all'establishment, al
Anche tu, Puglia? 263
pack e deve restare impunito. Ci fu un altro processo a una
ditta che aveva ottenuto degli appalti sgominando la con-
correnza a suon di tangente. Mi occupai del processo e ov-
viamente chiesi alla procura di avere l'incartamento. Nes-
suna risposta. Feci una nuova richiesta e mi fu risposto,
cos�, in modo secco e ultimativo che l'incartamento non
c'era, non lo si trovava, insomma era scomparso. Tutti as-
solti i dirigenti della ditta e i politici corrotti. Chiesi una
spiegazione al direttore dell'ufficio- Mi fece capire che per
il bene di tutti era meglio metterci una pietra sopra. Que-
ste cose avvengono con una arroganza, una indifferenza da
non credere: ti portano via una causa senza nemmeno un
rigo di spiegazione, � stato deciso cos� e basta, passa gli in-
cartamenti a un altro collega e vai a fare il bagno al mare,
tanto a te in tasca che te ne viene?,,
Un altro che non � stato al gioco dei potenti e che ha pa-
gato duramente � il giudice Alberto Maritati che incontro
a Lecce. �<Facendo il magistrato in Puglia,� dice, <ho capi-
to che la cosa che non si perdona a un giudice � che faccia
rispettare la legge. Misi sotto accusa una grande azienda
che inquinava il mare con i suoi rifiuti. La legge non dice
f'orse che l'ambiente va rispettato? I socialisti di Bari mi ac-
cusarono di essere un comunista. Poi mi occupai di un
processo sui corsi di formazione professionale- C'era un
buco di cinquantacinque miliardi, gli amministratori non
sapevano rendere conto delle spese, avevano fatto passare
per insegnanti dei bidelli, dei contadini loro amici, aveva-
no speso in cancelleria tredici milioni in un anno ma non si
trovava un registro della contabilit�. Mi hanno tolto il pro-
cesso da un giorno all'altro per potere assolvere tutti. Cos�
ho chiesto di esser passato al civile e sono andato a Brindi-
si. Nell'ufficio c'erano delle stanze con dei grandi armadi,
pieni di cinquemila fascicoli polverosi, cinquemila cause
dormienti e come collaboratori mi avevano dato tre giova-
ni appena usciti dal concorso. Ebbene, in due anni di lavo-
ro abbiamo fatto tremila dei cinquemila processi senza fare
gli stakanovisti, facendo regolarmente tre udienze la setti-
mana. Perch� non � vero che la giustizia sia sprovvista di
uomini e di mezzi, ma � vero che � piena di gente che pro
bono pacis preferisce non lavorare. Sono in magistratura da
ventisei anni e i mezzi per fare il mio lavoro me li hanno
sempre dati, non mi sono mai mancati segretari, cancellie-
ri, polizia giudiziaria, macchine per scrivere, aule per ese-
guire il servizio giustizia. Ma il fatto � che a livello alto, a
livello dei direttori degli uffici ci si lascia condizionare dai
politici, si evita di mettersi contro di loro, � da loro che in
ultima analisi dipendono le carriere. E cos� se uno non �
d'accordo deve stare in apnea, sotto il pelo dell'acqua, sen-
za respirare. Decidono loro, i politici, se un giudice � bra-
vo o no. Cordova, il procuratore di Palmi, ha avuto pi�
voti di tutti dal Consiglio superiore della magistratura per
diventare il superprocuratore e il Consiglio superiore della
magistratura secondo la Costituzione � l'organo autonomo
dei magistrati. Ma Cordova al ministro della Giustizia non
piace e ha bloccato la nomina. Impunit� e immobilit�. Qui
nel Salento hanno appena varato un progetto stradale de-
menziale, delle superstrade per un grande traffico che non
c'�, che dovrebbero correre parallele a ottime strade gi�
esistenti. I lavori non sono ancora partiti perch� i politici
stanno ancora litigando sulla divisione della torta, ma
quando saranno d'accordo nessuno li fermer�. Gli appalti
andranno a ditte di cui sono comproprietari gli stessi politi-
ci che hanno spinto il progetto. Nessuno protesta, neppure
con il voto. Il socialista Rocco Trane ha avuto nelle elezio-
ni precedenti quarantamila o pi� voti di preferenza anche
se era inquisito per gravi reati.�
Mi aspetta ad Acquaviva un altro giudice, Vito Marino
Caferra che � anche professore di universit� e autore di un
saggio pubblicato da Laterza che ha per titolo Il sistema del-
la corruzione. Le ragioni, i soggetti i luoghi. Con lui cerchiamo
Anche tu, Puglia? 265
di riflettere sulla corruzione con ottica da storici, da giuri-
sti. Bisogna deporre indignazioni e moralismi e contare
sulla buona fede intellettuale per seguire le ragioni del giu-
dice Caferra: �La corruzione non � una epidemia arrivata
da un altro pianeta, fa parte del libero scambio su cui � ba-
sata la civilt� capitalistica e ogni civilt� complessa. La so-
ciet� vive su infiniti do ut des fra i suoi membri, ogni favore
ha la sua ricompensa, nessuno si offende o si stupisce se la
nostra vita � fatta di questo scambio di favori remunerati,
nessuno si scandalizza se un imprenditore che ha fatto un
buon affare ricompensa coloro che legalmente lo hanno fa-
vorito, legalmente ma preferendolo ad altri. Stando cos� le
cose, un moralismo astratto che non tenga conto della con-
formazione di questa societ� corre due grossi rischi. Il pri-
mo � di apparire persecutorio. Ma come, dice colui che
viene messo alla gogna, tutti fanno tranquillamente ci� che
ho fatto io e solo io sono colpevole? Cosa � la giustizia?
Questo sparare nel mucchio? Si pensi ai casi estremi di una
attrice messa in galera per due grammi di "erba" o all'am-
bulante multato dalla guardia di finanza per un miliardo
perch� c'erano indicazioni sbagliate nella sua licenza. Il se-
condo rischio � di incoraggiare la formazione di un gover-
no forte, autoritario senza accorgersi che le tecniche del-
l'efficienza sono spesso tecniche poliziesche. Perch� lei
continua a fare liberamente il giornalista? Perch� le perso-
ne o gli istituti o le aziende che critica non hanno ancora
adottato le difese tecniche che le tapperebbero la bocca,
perch� le querele per diffamazione sono una recita che non
spaventa nessuno.
Negli anni settanta andai a Budapest, quando c'era la
dittatura comunista, ogni venti passi c'era un poliziotto
che mi fermava, ottima efficienza poliziesca ma una pessi-
ma qualit� della vita. Qui siamo all'opposto, non ti ferma
nessuno, non hai il controllo di nessuno. Se perseguiamo
l'efficienza repressiva della corruzione possiamo andare a
metodi autoritari, ne vediamo quasi ogni sera esempi nei
serie poliziesche americani: l'agente di polizia che provoca
il delitto per arrestare il delinquente, l'altro che si finge de-
linquente per ingannare il mafioso. Ma l'America � un
paese forte sia nell'efficienza repressiva sia nella difesa del-
la libert�. Noi lo siamo altrettanto? E per questo che dob-
biamo trovare una via di mezzo, pragmatica, evitando il
moralismo e le repressioni sui reati minimi e ormai deru-
bricati e riducendo gli spazi della repressione e del giudi-
zio, ma in essi essendo esigenti, inflessibili. Il suo libro di
memorie, Il provinciale, mi ha molto toccato perch� ci ho ri-
trovato la figura di mio padre, uno come lei, provinciale,
con i valori provinciali dell'onest�, del lavoro ben fatto,
della libert�. E sono i valori a cui un giudice attuale come
sono, un giurista, un filosofo della legge resta profonda-
mente attaccato, ma rendendosi conto che vanno riciclati,
adattati alla societ� attuale�. <Certo, signor giudice,� gli
dicevo, �ma attendendo queste nuove regole che non arri-
vano mai, questi valori riciclati, qualcuno di noi pensa che
rubare � rubare e che il settimo comandamento dice non
rubare.� �Lei crede� dice il giudice ��che il Decalogo del Si-
nai sia sufficiente per una societ� moderna? Io credo che
dovremo ridurre le responsabilit� giuridiche e ricreare o
aumentare le responsabilit� politiche. La morale sociale
non pu� essere affidata solo alle sentenze dei giudici, deve
tornare alle responsabilit� dei politici, alla deontologia del-
le professioni, delle arti e mestieri. Politici come quelli
coinvolti nello scandalo milanese delle tangenti dovrebbero
rispondere dei loro atti politicamente prima che giuridica-
mente. S�, credo proprio che ci convenga metterci d'accor-
do sulle zone franche in cui ci� che ieri era un reato oggi
non lo � pi�, smetterla di fare di ogni erba un fascio ed es-
sere duri, durissimi dove la mancata osservanza delle rego-
le provoca grandi danni sociali.,,
Bei discorsi, saggi discorsi nella casa di un giudice che
Anche tu, Puglia? 267
ogni sera lascia Bari per ritirarsi ad Acquaviva come in un
convento, anche se qui ci sono mafiosi che ricattano e spa-
rano, ma non a lui che conoscono da quando � ragazzo. E
allora ti viene il dubbio sull'efficacia e sui tempi di queste
riforme della moralit� e delle sanzioni, un dubbio sui nuo-
vi metodi e sui nuovi deterrenti e vedi il corpo sociale della
Puglia, come � e come sar� per anni, questi quattro milio-
ni di persone che vivono come in un Far West senza scerif-
fi o con sceriffi pavidi e corrotti: qualcosa di incontrollabile
e di incorreggibile, che procede come una frana, acqui-
stando velocit� sotto il suo immane peso e chi sa se un gior-
no si fermer�, chi sa se dalla abbondanza crescente delle
quantit� la gente, spontaneamente, sapr� ritrovare la qua-
lit�. Perch� le platee, gli uditorii degli italiani che non vo-
gliono sapere, che non vogliono vedere, possono pensare
che il cronista dell'inferno esageri, ma chi vive qui come a
Palermo, come a Napoli ripete le stesse amarissime parole:
non ne possiamo pi�. Siamo stanchi di vivere cos�. Stanchi
di morire cos�, com'� morto oggi 19 luglio del '92 Paolo
Borsellino, anche lui come Falcone fatto a pezzi da una ca-
rica di esplosivo.
MENTIRE NON SERVE
Qualunque sia il luogo, la ragione, il pubblico fra cui si di-
scute la questione meridionale, � inevitabile che ritornino
le vecchie menzogne, le antiche consolazioni, le parole inu-
tili. E chiusa, dovrebbe essere chiusa una volta per sempre
la favola di un Mezzogiorno ricco e prospero sacrificato al-
l'imperialismo industriale del nord. Perch� una differenza
di potere industriale e finanziario c'era, ma irrilevante ri-
spetto al baratro della differenza sociale e civile. Certo sa-
rebbe stato pi� saggio graduare l'integrazione dell'indu-
stria meridionale, darle una maggiore protezione nei primi
anni dell'Unit�, ma il baratro era quello civile e non era
stato il nord a inventarlo o a imporlo, si deve anzi dire one-
stamente che il primo regno fece quanto era nelle sue scar-
se possibilit� per ridurlo. Non era colpa dei Savoia, o dei
cavouriani o del Lombardo-Veneto, dei tessili biellesi o de-
gli armatori genovesi, degli agrari emiliani se gli analfabeti
nel Mezzogiorno erano nell'anno dell'Unit� il novanta per
cento della popolazione, se al nord c'erano 67.000 chilo-
metri di strade e al sud 15.000 con molti villaggi collegati
da tratturi e il trasporto delle merci ancora affidato agli asi-
ni, ai muli, alle spalle degli uomini e al capo delle donne,
se sotto Salerno non c'era neanche un chilometro di ferro-
via, se 1488 abitati restavano isolati nell'inverno e con il
maltempo per settimane, se c'era il latifondo mal coltivato
e una piccola propriet� arretrata. Si � fatto poco durante il
regno e dopo? C'� stata una precisa intenzione da parte del
Mentire non serve 269
capitale e della finanza nordisti di tenere il meridione nella
sua arretratezza? Il sottosviluppo del sud � legato allo svi-
luppo del nord? Siamo in uno di quei rapporti di forza in
cui certamente il pi� forte approfitta dei suoi vantaggi, c'�
stata certamente una volont� politica e del sistema nel suo
complesso di mantenere le cose come stavano, ma come ci
insegna Adamo Smith differenze economiche e opportuni-
smi vengono dopo, molto dopo il gap civile, culturale. Non
risolvibile nei tempi brevi n� dal progresso tecnologico del
capitalismo n� dalla lotta di classe e dalla collettivizzazione
dei mezzi di produzione marxisti, come dimostrano, dopo
settant'anni di sovietismo, le perduranti diversit� delle re-
pubbliche dell'Unione.
Il peso di eredit� culturali e civili secolari e duro da por-
tare, difficile da eliminare; i pregiudizi, i privilegi, le abi-
tudini, le chiusure di un sistema feudale che ha ignorato
per secoli le libert� comunali e la democrazia corporativa
non si cancellano in pochi decenni. Certo si sarebbe potuto
far di pi� e meglio, ma da entrambe le parti. Dovrebbe an-
che essere chiuso l'altro contenzioso sempre incerto e quasi
sempre inutile sulle �secolari ingiustizie� subite dal sud e
continuate anche nella repubblica; dovrebbe finire, alme-
no a livello scientifico, storico, il vittimismo del ceto politi-
co meridionale. Non � accettabile, se non come elettorali-
smo, che continuino i lamenti e le rivendicazioni di sociali-
sti come Gennaro Acquaviva e di democristiani come il si-
ciliano Calogero Mannino sul sud sacrificato cui arrivano
meno aiuti che al nord. Le cifre sono quelle che sono, di-
scutibili solo con sofismi poco seri: un fiume di miliardi
giunto nel sud dalla fondazione della repubblica gli ha con-
sentito fra il 1960 e il 1975 una crescita economica superio-
re a quella dei paesi avanzati, Gran Bretagna, Francia,
Germania. Ma alla fine il grande pallone dell'intervento
pubblico si � afflosciato, le differenze civili hanno fatto sen-
tire ancora il loro peso, oggi lo stato dell'industria produt-
tiva nel sud � forse peggiore, fatte le debite proporzioni,
che quello del 1860: il sessanta per cento degli imprendito-
ri individuali e il settanta di quelli associati sono concen-
trati nel nord che con il centro arrivano rispettivamente al-
l'ottanta e al novanta mentre nel 1860 il gap con l'indu-
stria del nord era solo del quindici per cento. Queste per-
centuali vogliono dire che su quattro milioni di italiani
che, personalmente o associati, pagano l'Iva come produt-
tori di beni o di servizi, tre milioni e seicentomila stanno
nel centro-nord. Il che significa ancora che l'attivit� pre-
minente nel sud � il pubblico impiego, unPubblico impie-
go a livello dello stato civile, mediocre. E perfettamente
inutile prendersela con i demoni del capitalismo o con il
dio della storia, il meccanismo sociale � questo e non altro.
Ce lo ripete Sylos Labini, l'economista: �Questo � l'inizio
e la fine, l'alfa e l'omega del problema, cose che aveva gi�
capito Adamo Smith quando poneva il problema dello svi-
luppo in modo pi� ampio del marxismo, non solo di lotta
di classe e di propriet� collettiva dei mezzi di produzione
ma anche di eredit� storiche e culturali,,. Quanto alla <,fa-
talit� geografica,, si dica che � ancora importante, ma non
decisiva come nei secoli passati. Il sud ha certamente meno
acqua meno pianure fertili del nord, e un clima mediter-
raneo che da generazioni non ha posto in modo drammati-
co la necessit� del coprirsi, del riscaldarsi, dell'abitare pro-
tetti. Tutto ci� � vero, ma di importanza relativa in una
modernit� ricchissima di correttivi tecnici, come dimostra-
no gli sviluppi di paesi caldi e caldissimi come Taiwan o
Singapore, e come da noi confermano l'Abruzzo e le isole
di sviluppo sparse nel profondo sud.
Si dovrebbe oggi poter guardare con maggior chiarezza,
con minore pregiudizio, a questo grande e irrisolto proble-
ma italiano che � il Mezzogiorno, smettendola con le divi-
sioni moralistiche dei buoni e dei cattivi. Sta di fatto che la
parabola dello sviluppo del sud appare deludente: c'e stata
Mentire non serve 271
una impennata, � sembrato che il decollo fosse prossimo,
ma anche dove � cresciuta la quantit� non l'ha seguita la
qualit�. Pasquale Saraceno ha dovuto constatare prima di
morire che la politica degli investimenti massicci da lui vo-
luta era fallita. Ed � inutile che ci raccontiamo di un Mez-
zogiorno il cui reddito pro capite e i cui consumi sono di
certo notevolmente aumentati rispetto al 1945 se poi �
quell'inferno sociale in cui la maggioranza dei cittadini
sente una stanchezza mortale e la voglia di fuggire. La
deindustrializzazione del Mezzogiorno � un dato di fatto
che pu� sembrare perverso e che perverso di fatto � perch�
punisce pi� il sud arretrato che il nord avanzato ma questa
� la dura lex di tutte le economie. La siderurgia � crollata,
Bagnoli in pratica ha chiuso, il gigante di Taranto si � ri-
dotto a diecimila addetti, la grande petrolchimica di Gela,
Siracusa, Brindisi versa in perenne crisi, gli addetti si sono
ridotti a ventimila, si taglia il personale anche in aziende
rampanti come Alenia, Selenia, smobilita la Pirelli, se ne
va la Olivetti, in senso contrario procede solo la Fiat che fa
altri investimenti in Sicilia e in Basilicata, ma � uno svilup-
po ingannevole, non si tratta di industrie nuove ma di tra-
sferimenti dal nord congestionato di vecchie industrie, si
apre a Melfi ma si chiude Chivasso e si riduce Rivalta.
Che cosa conta il gap di civilt� e di cultura lo sperimenta
la Fiat a Melfi. �La nostra regione� ammettono i sindacati
lucani �non � in grado di offrire una manodopera tecnica-
mente preparata, i diplomati di scuole tecniche dell'et� ri-
chiesta dalla Fiat residenti nel Melfese sono un numero ir-
rilevante.,) Fuggono dalla illegalit� diffusa del sud anche le
assicurazioni, nell'ultimo anno cinquantotto agenzie han-
no chiuso i battenti e le altre nonostante l'aumento delle
tariffe e la scelta oculata degli assicurati chiudono a stento
in pareggio o restano, nonostante le perdite, sperando nel
futuro. Nella Puglia gli incendi dolosi e gli attentati dina-
mitardi sono aumentati nell'anno 1991 del novantatr� per
cento rispetto all'88, in Sicilia siamo arrivati a 2300 atten-
tati l'anno e nell'intero sud a 6872 che rappresentano il
sessanta per cento di quelli nazionali. E non saranno mica
le perfide Leghe a provocarli. Su tutti i fogli del Mezzo-
giorno continua il pianto greco perch� �l'azienda Mezzo-
giorno paga il prezzo pi� salato della cattiva pianificazione
nazionale,), ma il procuratore generale della Corte dei
Conti scende a Palermo e tiene una terribile relazione sul
modo siciliano di amministrare il denaro pubblico. Dice:
�Un'opera pubblica non viene fatta perch� necessaria, ma
per gli interessi legati alla sua realizzazione di privati o di
gruppi. Un fiume di soldi invece di produrre opere nuove
si traduce in studi, consulenze, progetti e spesso l'opera
non si fa,,.
L'agricoltura? L'economista Romano Prodi, gi� presi-
dente dell'Iri e direttore di Nomisma ne d� questo giudizio
impietoso: �Se l'agricoltura italiana � malata, quella del
meridione appare incurabile. I fondi pubblici continuano
ad affluire con una produttivit� inversamente proporzio-
nale al valore degli investimenti. Non so se si possa uscire
da questa impasse. Nel meridione ci sono settecento asso-
ciazioni di produttori agricoli, il quarantadue per cento
delle nazionali. Queste associazioni non hanno alcuna for-
za di penetrazione commerciale, il mercato degli alimenta-
ri mediterranei � in mano degli olandesi, dei danesi, degli
svedesi. Il tasso di produttivit� dei contadini meridionali �
basso rispetto al nord d'Italia e irrisorio rispetto all'Euro-
pa. Sembrerebbe che l'unica attrattiva di gran parte delle
associazioni stia nel raccogliere i prodotti per consegnarli
agli ammassi statali, non per commerciarli. Il sud produce
il sedici per cento dell'agricoltura nazionale, il nord, con
meno addetti, l'ottanta. La Puglia ha perso negli ultimi
cinque anni un terzo delle esportazioni, i conservieri sici-
liani devono comperare gli ortaggi da altre regioni�.
Siamo o non siamo alla bancarotta agricola? E che ci so-
Mentire non serve 273
no stati a fare in questi anni i ministri meridionali dell'A-
gricoltura e del Mezzogiorno, i Mannino e i Misasi con
tutte le loro statistiche accomodate? Cos� stando le cose,
qualcuno � sempre pi� tentato di pensare che la mafia pi�
che una causa � stata un effetto dell'arretratezza civile.
La svolta al peggio � avvenuta al principio degli anni ot-
tanta quando all'assistenzialismo e all'interventismo onesti
e generosi dei Mattei, dei Mancini, dei Saraceno � suben-
trata l'orda famelica dei politicanti in cerca di voti e l'e-
spansione della malavita. E la reazione a catena che abbia-
mo seguito in questo viaggio per il sud, con una malavita
che si politicizza pi� di quanto avesse mai fatto in passato e
di un ceto politico e affaristico che si criminalizza in forme
e misure inedite nella storia europea. Un fenomeno travol-
gente che spacca le vecchie strutture, una urbanizzazione
delle masse contadine esposte alle tentazioni, a volte alle
necessit�, delle scorciatoie malavitose, un'assurda ma reale
voglia di produrre cinque ma di consumare dieci. Fin che
il boom economico dura, fin che le richieste delle clientele
meridionali sono compatibili con l'economia del paese, po-
litici e imprenditori, galantuomin e malviventi fingono
che tutto proceda regolarmente, rinviano le verifiche,
spacciano le contiguit� e le complicit� con i mafiosi come
fenomeni locali, da non prendere troppo sul serio. La crisi
viene fuori alla fine degli anni ottanta, quando lo stato non
ce la fa pi� a raccogliere i mezzi necessari per far girare la
gran macchina dei consumi e degli stipendi del Mezzogior-
no improduttivo. E finalmente ci si rende conto che il nuo-
vo modello di sviluppo del Mezzogiorno � deleterio per l'e-
conomia nazionale, la sua concezione parassitaria non puo
reggere il confronto con l'Europa. La mafia guarda all'e-
conomia in modi che ricordano la Cavalleria medievale:
disprezza il lavoro, il suo ideale � l'uomo forte che mira in
alto, all'onore, sia pure all'onore malavitoso, ci pensino gli
altri, i paurosi, i deboli a produrre. Per il mafioso la buro-
crazia non deve amministrare ma obbedire, piegarsi. Il
preside di scienze politiche dell'Universit� di Messina Ma-
rio Centorrino ne descrive gli effetti devastanti: l'economia
diventa un reticolo di diversi tipi di contatti, compenetra-
zioni, contiguit� che coinvolge tutto e tutti. Gli imprendi-
tori disperdono le loro energie non nella produzione e nella
organizzazione, ma per rendere ottime le loro relazioni
con i politici e con i mafiosi. Anche i sindacalisti si adatta-
no alle pensioni facili, alle false invalidit�, alla truffa dei
sussidi comunitari. E persino le cooperative rosse diventa-
no complici della mafia, socie della mafia per ottenere i la-
vori dell'aeroporto di Punta Raisi. ,Economia cattiva� la
definisce Centorrino, un falso sistema economico creato
dal potere politico per autoconservarsi e da quello malavi-
toso per arricchirsi. La corruzione di massa rende un pes-
simo servizio alla produzione, il sistema generalizzato delle
tangenti costringe gli imprenditori a una contabilit� nera,
per pagare dieci a un politico e dieci alla mafia dovr� gua-
dagnare in pi� venti o trenta e lo far� con l'evasione fiscale
o con i cattivi prodotti. Non a caso il profondo sud ha l'e-
vasione fiscale pi� alta, nel venir meno della legalit� e nel
trionfo dell'economia nera tutti cercano di frodare lo stato:
in Calabria gli evasori totali sono una moltitudine, i sicilia-
ni che non hanno pagato il condono per la casa superano il
settanta per cento, veri e propri scioperi fiscali di cui il go-
verno ha finto di non avvedersi e che i partiti della sinistra
hanno stoltamente coperto.
Certo, se si guarda all'economia clientelare e mafiosa
con un'ottica parassitaria e consumistica essa funziona
egregiamente, regioni che producono il quindici per cento
dei beni nazionali hanno un reddito pro capite di poco in-
feriore ai due terzi di quello padano, questo � il rapporto
che va realisticamente considerato, non i giochetti della
spesa pubblica che sarebbe pi� forte al nord che al sud, ca-
ri ai propagandisti del sistema clientelare. E il calo produt-
Mentire non serve 275
tivo � continuo: la popolazione attiva che nel 1971 rappre-
sentava il 36 per cento della popolazione meridionale � sce-
sa oggi al 26. In Sicilia dal 48 al 28, in Campania dal 41 al
27, in Calabria dal 38 al 26. In tutte le tre regioni scende il
numero degli addetti all'industria: in Sicilia dal 18,8 per
cento della popolazione attiva al 14,9 negli ultimi dieci an-
ni, in Calabria dal 15,3 al 10,7, in Campania dal 25 al 21.
I propagandisti dell'assistenza perpetua al Mezzogiorno
odiano la Lega e la sua cultura �nordista,,, si lamentano
dell'egoismo dei settentrionali. Ma quando mai la filantro-
pia ha governato le nazioni? La richiesta della Lega di con-
tinuare l'assistenza economica del sud, ma controllandola
e dirigendola su investimenti produttivi non sembra cer-
vellotica e meno che mai razzista. Si fa presto a dire che il
perfido nord � sordo agli interessi della nazione, ma quan-
do un padano viene informato che il suo reddito pro capite
� superiore a quello medio della Francia, dell'Inghilterra,
della Germania, ma crolla al settimo posto in Europa se vi
si aggiunge quello del Mezzogiorno, si pu� capire che desi-
deri che il sistema venga per lo meno corretto.
�Non siamo qui per battere cassa� ha detto l'ex ministro
per il Mezzogiorno Calogero Mannino <ma per dare una
risposta politica agli attacchi concentrici e ingiustificati
verso il Mezzogiorno.,, Ma quale � stata in questi anni la
risposta politica? E stata il consolidamento elettorale dei
partiti di governo, dei partiti clientelari dello sportello, che
per� oggi si trovano nell'amara condizione di promettere
al Mezzogiorno soldi che nelle casse esauste dello stato non
ci sono pi�. Gli imprenditori, a maggioranza, si sono adat-
tati al nuovo modello di sviluppo. Pochi affrontano la mor-
te o se ne vanno, i pi� pagano pizzi e tangenti di cui si ri-
valgono con lo sfruttamento del lavoro nero, la tolleranza
delle autorit� sugli inquinamenti, l'evasione fiscale o anche
i regimi oligopolistici ottenuti grazie alla protezione mafio-
sa. Come se non bastasse la pressione malavitosa e cliente-
lare ci si mette anche l'amministrazione farraginosa e ves-
satoria dello stato, per le operazioni pi� semplici della pro-
duzione richiede quattro o cinque scritture contabili. Men-
tire non serve, fingere che i due modelli di sviluppo siano
simili � un inganno. Che lo dicano i mafiosi e i loro com-
plici lo si pu� capire, ma che continui a dirlo anche una
parte della borghesia meridionale, del movimento operaio
meridionale � assurdo. Certo, la mafia in Sicilia e la ca-
morra in Campania o la 'ndrangheta in Calabria sono an-
che delle economie di massa e azzerarle senza sostituzioni
sarebbe un colpo durissimo, forse esplosivo, alla societ�
meridionale. Ma � chiaro che continuando a proteggerle, a
finanziarle si va alla bancarotta generale. Le uniche azien-
de mafiose che funzionino bene, al sud come al nord, sono
quelle fuori dal conto economico, quelle comperate e gesti-
te a prezzi e a costi pi� alti di quelli di mercato, ma l'Italia
non � un circolo chiuso, sta nel mercato europeo e mon-
diale.
Le proposte di cambiamento non mancano: c'� quella
leghista del controllo degli investimenti del sud sottratti al-
la politica locale, affidati a organi al di fuori dei partiti.
C'� la proposta di investire nello sviluppo civile, nelle
scuole, nell'urbanistica, nei servizi. Ci sono i schumpete-
riani che contano �<nella risposta creativa della storia eco-
nomica,,.
A molti la spaccatura dell'Italia in due o in tre appare
come una catastrofe, impensabile, suicida. Ma a lungo an-
dare l'Italia che produce non potr� mantenere gli stipendi,
le pensioni, i sussidi dell'Italia che consuma. A lungo an-
dare le due politiche non ce la faranno a convivere. Tanto
pi� se all'Europa delle nazioni si sostituir� quella delle re-
gioni.
Il razzismo del nord abitato da masse di meridionali
completamente integrati � per ora marginale, folcloristico.
Ma potrebbe crescere una voglia secessionistica se la secon-
da Italia continuasse a crescere nel peggio e a minacciare
l'intero paese. Bisogna che gli italiani dell'Italia ricca dia-
no ogni appoggio ai fratelli meridionali che hanno inizia-
to la loro resistenza civile. Ne abbiamo parlato poco in un
resoconto di viaggio volutamente di denuncia, ma gli sia-
mo vicini. Che Dio protegga questo sgangherato, ma amato
paese.
Fine

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