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Giorgio Bocca.
L'INFERNO.
Profondo sud, male oscuro.
L'INFERNO.
A Giovanni Falcone e Paolo Borsellino che erano vi-
vi quando cominci� questa inchiesta e che sono morti
per la nuova Resistenza.
IL MALE OSCURO.
Ho conosciuto il profondo sud molti anni fa, alla fine degli
anni cinquanta, quando lavoravo all'Europeo. C'era sta-
ta una sommossa in una citt� del Molise di cui sentivo per
la prima volta il nome, Isernia: voleva diventare capoluogo
di provincia, di una provincia sassosa e povera e il governo
di Roma non capiva perch�. Neppure io capivo quando ci
arrivai su una corriera sgangherata che andava a carbonel-
la, su per una strada in terra battuta verso quella citt� ab-
bandonata a s�, dimenticata da dio e dalla Provvidenza,
che voleva diventare provincia. Un bombardamento a tap-
peto delle fortezze volanti americane l'aveva distrutta, pa-
re l'avessero scambiata per Montecassino, estrema difesa
dei tedeschi, chi � nato con la jella addosso non se ne libera
n� in pace n� in guerra. Sulla vicenda della provincia ne-
gata e desiderata, uno dei sogni che fa la gente povera di-
menticata fra montagne povere, c'era poco da capire,
quelli con cui parlavo negli uffici o per strada vivevano
una loro esaltazione che ora ricordo vagamente.
Ma ricordo bene lo sgomento di quel primo incontro con
il profondo sud, l'unica locanda, i suoi ospiti di rispetto, le
due prostitute. Per entrare nella locanda si scendevano cin-
que gradini sotto trofei di cipolle e peperoncini e si era nel-
lo stanzone del camino e del pranzo, separato dalla cucina
da una tenda rossa. La donna gatta con occhi grigi nel vol-
to pallido, affilato, stava accucciata al suo posto, vicino al
camino non ospite ma parte della locanda, come le sedie, i
tavoli, le tovaglie a scacchi bianchi e blu, i bicchieri di ve-
tro spesso, la tenda rossa sulla porta della cucina, l'odore
di grasso e di spezie. Era passato da poco mezzogiorno e
gli ospiti di rispetto erano gi� ai loro tavoli, un breve saluto
e poi ognuno alla sua melanconia: il sostituto procuratore
della repubblica che andava e veniva da Napoli, un profes-
sore di ginnasio, due tecnici del genio civile, un commesso
viaggiatore, il cronista del nord venuto per la rivolta. Lei e
noi come la sparuta guarnigione di un forte rimasto in pie-
di nella rovina. Che lei facesse parte della locanda era chia-
ro, noi potevamo prendere la caraffa del vino forte e resi-
nato, la minestra di ceci, l'olio, il pane come potevamo
servirci di lei, senza parlare, senza chiedere, bastava uno
sguardo e lei che conosceva le camere al primo piano saliva
leggera ad aspettare come una gatta che non fa rumore,
conosce tutto della casa, passa inavvertita fra il gemere di
un tavolato, lo scricchiolio di una porta, lo sbattere di
un'anta e il sotto gelido del vento che in quell'inverno e in
quella rovina mi rabbrividiva fin dentro le ossa. Cos� palli-
da, cos� rassegnata, cosa fra le cose di una locanda povera,
ma sembr� che le si gonfiasse il pelo, che sprizzassero scin-
tille dai suoi occhi grigi la sera che entr� nella locanda la
donna cagna, l'altra prostituta di Isernia, irsuta, olivastra,
non brutta, non vecchia ma ferina, che si era presa come
abitazione una delle case semidistrutte un po' fuori citt�,
senza porta e senza vetri alle finestre, un graticcio di canne
come porta, pezzi di lamiera alle finestre e per le fessure si
vedeva il braciere al centro della stanza e il pagliericcio po-
sato sulla terra fredda. Ma nelle notti gelide e ventose lei
attizzava il fuoco, faceva alzare la fiamma che la vedessero
dalla citt�, quelli che la odiavano e sbeffeggiavano, era
sempre l�, non era ancora morta, piaceva ancora ai suoi vi-
sitatori notturni. Entr� la donna cagna con un suo mugolio
minaccioso, si alz� pallidissima la donna gatta e sembrava
le fosse gonfiata la groppa e la coda e noi, gli ospiti di ri-
spetto, capimmo che la donna cagna poteva rivendicare
qualcosa dall'oste che sbuc� dalla cucina, rimand� al suo
posto vicino al camino la donna gatta e si porta l'altra die-
tro la tenda rossa per un piatto di minestra, che poi usc�
come da una incursione vittoriosa, con uno sguardo di
trionfo, ancora viva nella sua vita perduta.
Ero in quella citt� del basso Molise chiamata Isernia e
dal giornale mi telefonarono che dalle parti delle forche
caudine, sotto cui passarono i romani vinti, mai lasciarli
passare che poi tornano e per ringraziamento ti ammazza-
no, c'era un lebbroso. Dato che sei li vicino, fa un salto�
dicevano dal giornale, come quando sei a Hong Kong e ti
dicono visto che sei l� fai un salto in Giappone. Per arriva-
re a Arpaia ci impiegai una giornata di corriere sbilenche,
poi noleggiai un'auto e andai verso le Forche, ma nessuno
sapeva dove fosse e se ci fosse questo lebbroso. Finalmente
un messo comunale si offr� di accompagnarmi. Lungo la
strada si incontravano villaggi di pietra, abbandonati, solo
qualche vecchio impaurito che a vederci si intanava; vil-
laggi in cima a monterozzoli brulli, le case strette l'una al-
l'altra, in difesa da quale nemico non si capiva, in quella
miseria. Poi la strada sterrata fin� e continuammo per un
tratturo sino a un colle che dava su una conca. L� in fondo
c'era la casa del lebbroso, una stalla abbandonata che ave-
vano recintato con assi e fascine. Il lebbroso da l� non pote-
va uscire, gli portavano cibo e acqua due volte la settima-
na. Il messo comunale si port� le mani alla bocca e url�:
�Aah Nicola!,,. Nulla si mosse. Ripet� il richiamo due o tre
volte e finalmente qualcosa si mosse sulla porta della stalla,
una macchia scura di stracci e di carne piagata. Fece bar-
collando qualche passo, alz� una mano agli occhi per pro-
teggerli dalla luce radente del crepuscolo, cap� che non era-
vamo quelli delle provviste, rientr� nel tugurio.
Sono passati pi� di trenta anni, siamo nel 1992 e molte
cose sono cambiate nel profondo sud, la sua Gheenna non
� pi� atroce come allora: in Sicilia hanno chiuso le bolgie
infernali delle zolfare dove i carusi dovevano pagare il no-
viziato nei bordelli sotterranei, sodomizzati dagli anziani,
per diventare a loro volta sodomizzatori di altri giovani, a
catena continua, a setta perversa e inconfessabile nel paese
del virilismo. Sulle marine di Messina o di Palermo non
ardono pi� nella notte le centinaia di fal� per le prostitute
della miseria e neppure nei pi� desolati villaggi della Lo-
cride, a San Luca o a Plat�, vedi gli storpi, gli affamati, i
dimenticati di allora, i giovani indossano jeans e camicie
sportive come i loro coetanei di Roma e di Milano, fanno
caroselli per le vie con le loro motorette, nelle loro case ci
sono televisori, elettrodomestici. E' cambiato il profondo
sud, cerca di vivere come a Torino, a Francoforte, a Lon-
dra, � pieno di auto, di bar, di campi di calcio, di bouti-
ques, di laboratori di analisi mediche, di Telebari e di Ra-
dio Vittoria e se � morto il vecchio meridionalismo piagno-
ne vi alligna la specie nuova dei meridionalisti realisti, con
gli occhi aperti, non pessimisti. Alcuni per amore della lo-
ro terra, altri cogliendo i primi segni, i primi annunci di
un miracolo che non pu� non venire, di un riscatto che
non pu� mancare in eterno, altri ancora perch� il loro me-
stiere � di manipolare le cifre e di nascondere l'inferno, di-
cono: non esageriamo, non criminalizziamo intere regioni.
Parlare di una questione meridionale � improprio, il sud �
trino con province arretrate in Sicilia e in Calabria, in via
di rapido sviluppo nelle Puglie, ormai decollate e ricche in
Abruzzo e dovunque anche nelle terre pi� povere della
Campania c'� un principio di sviluppo �,a pelle di leopar-
do�. E se qualcuno come la sociologa Giovanna Zincone
gli chiede ,ma perch� queste macchie di leopardo non fan-
no mai un leopardo?,) Il nuovo meridionalismo sorride co-
me a una battuta. Il reddito medio del sud, dicono, � la
met� di quello lombardo, ma questa met� � gi� da paese
avanzato. Il sud non � pi� rassegnato, dicono, sui suoi
giornali si scrive di mafia, nelle sue vie, nelle sue piazze si
manifesta contro la mafia, ci sono industriali come Libero
Grassi che preferiscono morire che cedere alla mafia, ci so-
no i commercianti di Capo d'Orlando o di San Vito dei
Normanni che denunciano i taglieggiatori, a Palermo ci
sono i settantamila che hanno votato per la rete di Leoluca
Orlando, il cattolico nemico della mafia, e dovunque ci so-
no case editrici, universit�, giornali, riviste di gente one-
sta, di gente stanca, il profondo sud non � pi� chiuso nel
suo silenzio, nell'antica incomunicabilit�, il suo �grido di
dolore,, oggi arriva nell'Italia avanzata. Tutto ci� � vero e
l'ho visto, l'ho sentito nei viaggi che vado facendovi da due
anni e da cui questo libro � nato. Ma vedo anche e sento e
tocco con mano che questo profondo sud cos� mutato nella
quantit� della vita forse � tornato indietro nelle qualit�, ve-
do, sento che lo affligge, lo soffoca ancora il male oscuro
che ti svuota dentro, l'attesa di qualcosa che non arriva
mai, la possibilit� ragionevole di poter disporre della pro-
pria vita, di essere padrone del proprio destino.
Sulla ferrovia jonica da Bova Marina a Reggio Calabria
c'� un treno di primo mattino che chiamano il treno degli
studenti. Alle quattro, alle cinque le stazioni si riempiono
di giovani che vanno a Reggio a studiare non sanno bene
per cosa e di operai che vanno a Saline in fabbriche che
stanno per chiudere o per una manutenzione inutile di
quelle gi� chiuse. Ecco!?i giovani infermieri a Napoli o a
Bari, giovani impiegati a Palermo o a Catania, giovani in-
segnanti a Caserta o a Barletta ogni mattino partono da
periferie informi per andare a lavorare, se si � fortunati, in
ospedali fatiscenti, in uffici che non funzionano, in scuole
che non insegnano, in centri di produzione e di studio (�a
pelle di leopardo� che non fanno mai un leopardo. Molti-
tudini che ogni mattino sanno di andare a pestare acqua in
un mortaio e che continuano ad affidare a una bottiglia i
messaggi che nessuno legger�: vai bottiglia, vai, attraversa
il grande mare, risali i grandi fiumi, arriva nelle case edi-
trici, alla Rai, da Berlusconi, nelle banche, nelle imprese
dell'Italia fortunata e ricca, arriva nei ministeri dell'Italia
del potere, fai sapere ai ricchi e ai potenti che ci siamo an-
che noi, che ci ascoltino, che ci chiamino. A Taurianova
in un bar, a Reggio Calabria nell'aeroporto, a Locri in
una agenzia di viaggio sono stato avvicinato da questi che
spediscono messaggi in una bottiglia, li ho visti frugare
nelle loro borse, nei loro cassetti e mettermi fra le mani un
loro libretto di poesie o di politica, come rifondare la re-
pubblica, come attuare il regno degli onesti. <�Lo legger�,
dottore? Mi farebbe molto piacere, dottore.,, Come spie-
gargli che chi scrive non legge? Che chi passa dimentica?
Siamo nel 1992, il profondo sud � cambiato, non � pi�
terra di fame e di sevizie, ma un richiamo angoscioso, un
avviso arriva di continuo ai suoi giovani dalle radio, dalle
televisioni, dai giornali, li raggiunge nelle citt� sempre pi�
affollate, nelle campagne sempre pi� deserte: ma che fai
ragazzo? Vuoi lavorare i campi ,da scuro a scuro,,? Stare
in mare la notte intera per quattro pesci? Aspettare i ca-
pricci delle quattro stagioni, i raccolti avari, le rare feste, i
brevi amori? No, ragazzo, neppure se lo volessi sarebbe
ancora possibile. Per chi le fai le barche con l'ascia se non
ci sono pi� pescatori? Per chi le scarpe chiodate se tutti
vanno in auto e in motoretta? Per chi lavorerai tu bottaio,
cordaio, fabbro, contadino? No, ragazzo, se sei gi� in cit-
t� restaci e se non ci sei arrivaci, cercati anche tu un posto
di lavoro o di finto lavoro, su non fare l'ingenuo, lo sai
come si fa, diventa uno dei tanti che vendono quello che
hanno, la loro forza o il loro voto. Trovati un posto, un
finto posto, un servizio fonte quotidiana di consumi e di
miseria sociale e non lamentarti. Nessuno ti ha ingannato
salvo le mirabili sorti e progressive,,, dal lavoro duro del-
la campagna, dalle servit� del feudo sei scappato tu e allo-
ra che vuoi? Una scalata rapida? Una modernizzazione
pronta? Beh, le strade le conosci, o la rivoltella o la poli-
tica.
Il profondo sud � molto cambiato nelle quantit� della vi-
ta, ma se guardi le qualit� ti senti cadere le braccia, se pen-
si che in questo sud tanto cambiato, tanto migliorato la li-
bert� e la dignit� dell'uomo comune sono sempre sotto le
suole dei potenti e dei violenti puoi essere preso da una cu-
pa disperazione. Nel 1899 l'onorevole mafioso Raffaele
Palizzolo, condannato a trenta anni per aver fatto uccidere
il galantuomo Emanuele Notarbartolo, banchiere palermi-
tano, viene rimesso in libert� dalla Corte di Cassazione
che annulla la sentenza per difetto di forma. Nuovamente
processato nel 1904, assolto, sbarca a Palermo fra l'esul-
tanza popolare e fra cortei, bande musicali, fiori, richiama
i concittadini al rispetto dei potenti. Ma quante sentenze
sono state annullate negli ultimi dieci anni dalla I sezione
penale della Corte di Cassazione? Trecento? Quattrocen-
to? E come mai questa Corte di Cassazione venerata dai
finti garantisti trova difetti di forma nelle sentenze per i de-
litti di mafia o di bancarotta e mai una volta in quelle per
un piccolo furto, per un piccolo ammanco? Come mai sba-
gliano i presidenti delle Assise e mai i pretori?
Noi che il profondo sud lo viaggiamo e lo conosciamo, il
perch� lo sappiamo. Perch� oggi come ai tempi dell'onore-
vole Palizzolo il sistema al potere nel sud ha un bisogno as-
soluto, irrinunciabile della incertezza del diritto. Ecco per-
ch� i suoi delegati entrano nella Suprema corte, nel Consi-
glio superiore della magistratura, nelle Corti dei Conti,
nelle procure per mantenere l'anarchia del diritto, il gioco
delle sentenze contraddittorie. I magistrati sono i primi a
saperlo, met� dei magistrati che si sono riuniti a Caltanis-
setta dopo l'assassinio del giudice Livatino lo hanno scritto
nero su bianco in un loro terribile documento: (C'� un di-
segno politico volto a disarticolare ogni tipo di controllo
istituzionale e giurisdizionale per assicurarsi mano libera,
impunit� costante, e una ormai capillare appropriazione
delle risorse economiche e pubbliche,,. E come hanno ri-
sposto a questo atto di accusa della loro magistratura i si-
gnori della repubblica? Sono scesi a Palermo, dopo l'assas-
sinio di Salvo Lima, al centro del potere politico-mafioso
per due decenni, sindaco di Palermo negli anni del sacco di
Palermo, per dire al paese: i colpevoli, i calunniatori sono i
nemici della mafia, i nemici del martire Lima.
Non conta niente per questi sepolcri imbiancati il docu-
mento della commissione episcopale in cui si dice che gli
onesti nel sud non hanno pi� punti di riferimento, non
possono pi� contare su sicuri appoggi legali? No, non con-
ta niente. E non conta per questi europeisti in viaggio con-
tinuo fra Londra, Parigi, Bonn, Strasburgo per firmare ac-
cordi europei, non conta ci� che ha detto il cancelliere te-
desco Kohl: (�Se � vero che parte dell'economia italiana �
dominata dalla criminalit� organizzata, se � vero che que-
sto potere illegale e criminale dispone di enormi risorse fi-
nanziarie e se � vero che nel gennaio del 1993 nascer� la
nuova Europa unita allora il rischio per tutta l'Europa di
essere inquinata dal sistema della violenza e della tangente
� reale?�). No, non gliene importa niente.
Visto dall'alto l'inferno degli italiani � bellissimo. Dalla
rocca di Erice, dall'aereo che scende sul mare verde e fran-
to di Punta Raisi, dalle radure del Pollino su cui trascorro-
no nubi leggere fra i due mari esso sembra disegnato per
gli d�i. Alle porte di questo inferno, dentro questo inferno
ti avvolgono i profumi forti dei mirti, della macchia, degli
aranceti, del salso che arriva dall'Isola delle Femmine sulla
strada di Palermo, dentro i calori della terra calda. Quel
mattino sull'altopiano ondulato di Enna quando il fiato
torrido dell'estate scendeva <-come un falco giallo sulla ter-
ra giallo,,, certe notti sui traghetti dello Stretto, le luci di
Messina lungo la curva di falce del porto omerico che si al-
lontanano, quelle a ghirlanda di Reggio che si avvicinano
mentre il mare nero si muove sotto con il rombo e la forza
degli inferi. Questo inferno degli italiani pieno di linfe sul-
furee, di sorgenti fumanti, di lave scorrenti senza il quale
noi del settentrione che ci portiamo addosso gli odori scial-
bi delle marcite, i gusti tenui dei pesci di lago non ci senti-
remmo mediterranei, non ci sentiremmo anche noi figli
della terra �in cui fioriscono i limoni�.
E allora per quale peccato originale, per quali orgogli,
per quale maledizione della storia, per quale �fatalit� geo-
grafica� noi italiani del nord e del sud non riusciamo a fare
di questo paese un paese unito?
Gli anni, i decenni, i secoli sono passati, i pregiudizi
giusti o ingiusti sono mutati ma non scomparsi, le grandi
speranze sono cadute, le spiegazioni non arrivano mai alla
radice delle cose, dobbiamo ancora accontentarci della in-
tuizione dionisiaca della Anna Maria Ortese che sembra
sollevare il manto di un mistero che poi ricopre le sue lu-
centi parole: �Qui il pensiero non pu� essere che servo del-
la natura. Se appena accenna un qualche sviluppo critico o
manifesta qualche tendenza a correggere la celeste confor-
mazione di queste terre, a vedere nel mare soltanto acqua,
nei vulcani composti chimici, nell'uomo delle viscere, � uc-
ciso. E la natura che organizza, che regola la vita di queste
regioni, il dolore di queste regioni, Il disastro economico
non ha altra causa. Il moltiplicarsi dei re, dei vicer�, la
muraglia interminabile dei preti, l'infittirsi delle chiese e
Poi degli squallidi ospedali, delle inerti ragioni non ha un
diverso motivo. E qui dove si � rifugiata la antica natura
gi� madre di estasi, qui che la ragione dell uomo e quanto
vi � in essa di pericoloso per il regno di lei deve morire�.
Lucenti parole, in parte vere ma che non sciolgono l'e-
nigma di questo profondo sud e del suo male oscuro, il
quale resiste alle nostre indagini, alle nostre maldestre cure
per cui a centotrentun anni dall'Unit� Il succedersi dei ri-
medi sembra piuttosto un accumulo di fallimenti, e dove il
ceto politico che per decenni ha condannato queste terre
alla stagnazione sembra cambiato solo per dar mano alla
sua definitiva corruzione. �L'azzard�so, terribile esperi-
mento,, di cui scriveva un prefetto di Caltanissetta nel 1880
�di governare popoli come questi con leggi e ordinamenti
all'inglese o alla belga,, � sempre l�, assurdo e perverso.
Il guaio, per gli italiani dell'alta come della bassa Italia,
� che non sono due popoli l'un l'altro straniero, che non
esistono fra di essi diversit� insormontabili di religione, di
lingua, di razza. Il guaio � che il profondo sud, come nota-
va Ugo La Malfa, non � oriente, non � Terzo mondo, ma
occidente cristiano e mediterraneo che per un diverso cor-
so storico risulta come sfasato rispetto alle regioni pi�
avanzate. E questo sfasamento ogni volta si traduce in fal-
limenti o involuzioni che nessuna forza al mondo sembra
capace di impedire, di contenere. Ultimo il nuovo codice
di procedura penale che nel profondo sud fa pi� il gioco
della mafia che degli onesti. Dicono i difensori d'ufficio del
sud: non dimenticate le sue dimensioni, occupa il quaran-
tun per cento del territorio italiano, se a mezza Puglia
aprite un compasso fra Poggio Imperiale e capo Leuca ave-
te la distanza che c'� fra Venezia e Torino, il sud � grande
come la Grecia con una popolazione doppia, cinque milio-
ni in pi� dei paesi scandinavi riuniti. D'accordo la questio-
ne meridionale � grande e complessa. Ma centotrentun an-
ni dopo l'Unit� eccoci qui a ripetere nelle pagine di questo
libro il lamento di Giustino Fortunato: (Pensando al Mez-
zogiorno e studiandone il passato con intenso desiderio di
pi� fausto avvenire, la triste sua sorte � stata ognora viva
in me come tragedia spirituale, molto soffrendo di essere
costretto a dire cose che a me sembra necessario di non ta-
cere).
ASPRA CALABRIA.
Cuori di tenebre.
Nel 1968 a Saigon, Vietnam, alloggiavo all'hotel Metropo-
le in una stanza liberty color avorio, solo il geco incollato al
soffitto mi ricordava che ero nel lontano sud-est asiatico.
Nella sala da pranzo camerieri in giacca bianca servivano
tou-rnedos alla Rossini e, volendo, lo chef ci faceva le crepes
alla fiamma. Poi uscivo e a duecento metri passavo lungo
la caserma dei ranger vietnamiti con le porte e le finestre
murate, perch� non si vedessero, non si sentissero i prigio-
nieri vietcong chiusi nelle gabbie di bamb� nel grande cor-
tile, corpi martoriati dalle torture sotto i pigiama neri.
Oggi, 1992, sono in un hotel della Locride, Calabria: se
premo il bottone verde sul comodino si illumina un video,
C'� scritto se mi ha chiamato il giornale o se mi ha cercato
da Milano mia moglie; se invece premo il bottone rosso la
serranda della finestra si alza con un lieve fruscio e posso
vedere l'Aspromonte, i suoi boschi fitti e so che in uno di
quei boschi, forse vicino, c'� un uomo che sta da mesi, da
anni . due anni il giovane Celadon in una tana alta mez-
zo metro e quando lo fanno uscire deve star l� sulla bocca
della tana, legato a una gamba con una catena, come un
maiale. In greco Aspromonte vuol dire montagna bianca e
cos� io la vedo bianca di neve, bianca di crete scoperte nel bo-
Sco, ma il nome va bene per dire montagna aspra, monta-
gna deserta, dove non c'� niente di niente come ai tempi di
Omero, l'immensa selva vuota in questa Italia gremita e
noi dell'alta Italia che non sappiamo che � lunga come il
Piemonte o la Lombardia, cento chilometri da Serra San
Bruno a capo Spartivento fra jonio e Tirreno, noi non riu-
sciamo a capire come possano tenerci per mesi, per anni,
degli uomini legati a una gamba con una catena.
Nel 1968 a Saigon prendevo un taxi e mi facevo portare
nelle terre e negli acquitrini dei vietcong in quello stato
febbrile, fra paura e curiosit�, di chi rischia la vita perch� �
il suo mestiere e oggi 1992 a Locri di Calabria, a settanta
anni suonati, � un po' la stessa cosa: andare da solo nell'A-
spromonte � da stupido, ma se non ci vado che cronista so-
no? E allora saliamo sull'auto e andiamo nella grande sel-
va per cui scendono fiumare dai nomi bellissimi, Amendo-
lea, Amusa, Allaro, Torbido, Laudri, Careri. Da Locri al
passo del Mercante, fra i due mari incontro, tre, quattro
automobili. E una giornata limpida, dal passo vedo il mar
di Sicilia, laggi� Stromboli, Vulcano, Lipari stanno immo-
bili nell'azzurro come neri cetacei. Alle mie spalle la valle
che ho risalito fra guglie di arenaria, valloni precipiti, un
tumulto di terra e di alberi fino all'immensojonio glaciale
senza una vela,, come lo vide Matilde Serao in quella sua
vacanza alla Ferdinandea di Monasterace. Dal passo si di-
parte una strada che va nel cuore dell'Aspromonte. Su un
cartello c'� scritto Piani di Zomaro. E in un altro: �Atten-
zione, possibili scontri a fuoco,,. Andiamo? Ma? s�, andia-
mo. Pini cos� fitti, cos� vicini l'uno all'altro, cos� dritti li ho
visti solo in Carinzia quando seguivamo Krusciov alla sua
prima uscita nell'occidente. Una strada diritta, senza fine
o � l'ansia che la fa sembrare cos�? Ma poi gli alberi si dira-
dano e la pineta cede il posto a un bosco assolato di erica
arborea, merito suo se dai tempi dell'Unit� noi dell'alta
Italia diciamo �terre da pipe,,; � con i ciocchi duri dell'erica
arborea, vecchia di almeno tre secoli, che si fanno le pipe
migliori del mondo, quelle con la testa dell'ussaro o la
zampa d'aquila, o il diavolo, o il cane. Ma ora hanno so-
speso la fabbricazione, la mafia dei sequestri non vuole
estranei sull'Aspromonte, gli ultimi raccoglitori d' erica
hanno visto le lupare puntate, hanno sentito gridare: ,Non
vogliamo pi� vedervi, dite ai vostri padroni che sull'Aspro-
monte comandiamo noi,,. Poi � arrivata la raffica e uno di
loro ha avuto una spalla trapassata perch� si capisse che
non era uno scherzo. O le teste di cuoio dei carabinieri in
rastrellamento o mafiosi signori dell'Aspromonte, gli altri
fuori dai piedi. I cacciatori non si fanno pi� vedere, gli
hanno tolto le doppiette, li hanno pestati. L'ostello che
ospitava trecento persone � stato distrutto, il ristorante
aperto da un calabrese tornato dall'estero � chiuso. Prima
gli hanno ucciso i cani, poi visto che non capiva hanno uc-
ciso lui. La casermetta dei carabinieri vicina al valico viene
bruciata ogni anno in inverno e ricostruita in estate, ma
non ci sta nessuno fisso. Ora in localit� Zevio incontro il
Cristo ligneo, la prima forma umana che vide il salumaio
torinese Castagna quando lo liberarono. Hanno sparato
anche a lui, quattro pallottole nel costato, ma qualcuno ha
chiuso i buchi con lo stucco. La sola cosa che funziona
sempre � la cabina telefonica vicina al bivio dello Zomaro,
da l� sono partite otto telefonate su dieci ai parenti dei se-
questrati. Sto facendomi le stesse domande che mi facevo
nel Vietnam: se mi fermano cosa gli dico? Che sono un
giornalista? Che ho sbagliato strada? Ma visto che lo scri-
vo vuol dire che non mi hanno fermato n� i vietcong n� i
signori dell'Aspromonte. i cartelli antincendio messi chi sa
quanti anni fa li posso capire, ma quelli dell'Eni che dico-
no �amate la natura, usate l'energia pulita del metano,,?
Non deve essere lontano il santuario di Polsi dove banditi e
carabinieri, preti e boscaioli si davano tregua nei giorni
della festa. Una verde radura per il santuario e attorno il
suolo lacerato dalle scosse sismiche, le rocce sospese su vo-
ragini, la lussureggiante vegetazione.
Scendendo verso Plat� incontro una coppia di contadini
anziani, lui fa un timido gesto con la mano e fermo subito.
ingobbito
,,Dove andate?>, A Plat�� dice lui che � piccolo,
con capelli bianchi e faccia rugosa. Salgono e mi sento piU
tranquillo come se fossero un mio salvacondotto. Ora lei
che � vestita di nero e ancora forte e dura gli sta chiedendo:
,�Tu lo fermasti chistu cristiano?� �Io lo fermai,) dice lui.
�E buona la strada?� chiedo. (Buona se non la fai a piedi,>
dice lei ,E i banditi ci sono?,) �,Quelli noi non li vediamo,
ma chi conosce la sua giornata prima che sia finita? A
ognuno la sua ora, ma tu vai tranquillo.� Suona nella sua
voce una autorit� matriarcale: vai tranquillo forestiero che
io ti proteggo. Passiamo il ponte che fu spazzato dall'allu-
vione e quelli di Plat� vennero in processione a gettare nel
torrente una corona di oleandri e ginestre con il nastro su
cui avevano scritto La popolazione di Plat�, in ringrazia-
mento all'Anas,,. Visto dall'alto Plat�, il villaggio pi� duro
e isolato della Locride, � una macchia grigio-gialla schiac-
ciata sul fondo del vallone. Ci sono solo uomini seduti sulle
spallette dei ponti, sui gradini delle case, su cinquemila
abitanti i pregiudicati sono pi� di mille, a maggioranza li-
berali, alle ultime elezioni il partito liberale ha ottenuto qui
cinquecento voti.
Che cosa so di questa gente? Buoni o impietosi? Selvati-
ci per natura o piegati dalla miseria e dall'isolamento? For-
se meglio di quanto si pensi, forse peggio di quanto si im-
magini. Il padre di Corrado Alvaro, lo scrittore, aveva fat-
to �un patto con l'avvenire. Che quanti figli avrebbe avuti
li avrebbe fatti studiare�. Faceva il maestro di scuola qui a
San Luca e per trenta anni scrisse le lettere agli emigrati,
tenne vivo il legame fra mogli e mariti, fra figli e padri.
Suo figlio Corrado era molto legato a San Luca e all'a
spromonte, mai dimentico degli anni dell'adolescenza,
l'adolescenza� diceva �� una riserva per gli anni in cui la
fantasia avr� cessato di parlare), e quella adolescenza felice,
le memorie della solidariet� montanara gli impedivano di
vedere il resto, come la volta che torn� a casa da un viag-
gio chiese dove fosse il padre e la madre gli diceva,,� anda-
to all'organizzazione,) e lui sapeva quale ma non faceva do-
mande.
Siccome non si trova mai e poi mai un sequestrato nel
suo covo quelli della polizia ogni tanto dicono che forse i
covi non stanno sull'Aspromonte, ecco perch� non li trova-
no, ma � qui che stanno e lo si sa con certezza, il milanese
Ravizza � stato visto passare per San Luca in taxi, fra i
suoi sequestratori, Giuseppe D'Am'co su una betoniera.
Stanno sull'Aspromonte i covi, magari molto vicini agli
abitati. Il dottore De Feo, fuggito due volte, � stato ripreso
dalla gente di San Luca uscita alla sua caccia e riconsegna-
to ai rapitori, il ragazzo Fuci � stato visto giocare a palla
con il figlio del suo sequestratore davanti a una casa non
lontana da San Luca, ma nessuno parla, la gente che vive
�in questo cazzu 'i paisi� diffida dei forestieri, si sente in
guerra con i forestieri. Quando arriv� qui mamma Casel-
la, madre del sequestrato di Pavia, quelli della televisione
scoprirono San Luca e Plat�, si misero a interrogare i ra-
gazzi del luogo che gli giravano attorno in motoretta, osti-
li, irridenti: ,Ma non avevate piet� per un ragazzo come
voi? Tenuto per anni lontano dalla famiglia?�. Una alzata
di spalle. �E di sua madre non vi importava?� ,Pagare do-
veva.� E ora che il giovane Casella appare in televisione a
raccontare i suoi patimenti ci sono ragazzi di Plat� e di San
Luca che dicono: (,Carogna �, camminavamo ore per por-
targli da mangiare e ci insulta,,. Neppure io sono amato
nella zona. Uno dei sindaci, ha raccontato a Ornella Ma-
riani che dirige a Benevento l'istituto sulla mafia: (Se pos-
so dire una opinione, Giorgio Bocca � il pi� detestato dalla
nostra classe di intellettuali del sud, � un criminale proter-
vo, animoso. Gli altri mentono per mestiere, lui ci emargi-
na con lucidit�,,. Quasi quasi, passavo a trovarlo.
Che San Luca sia un paese di sequestratori lo si vede
dalle sue case, molte rimaste a met�, a un terzo in attesa di
nuovi riscatti, pareti di mattoni traforati che attendono gli
intonaci, pilastri di cemento per cui si vede la montagna
bianca. Anche qui un migliaio di pregiudicati su quattro-
mila abitanti, ma onesti o pregiudicati qui �,si resta amici,
non si ha il coraggio di rompere�. Don Pino Strangio, il
parroco di San Luca, cugino dello Strangio ferito dai cara-
binieri, che deve confortare le vedove degli uccisi, le mogli
i figli degli imprigionati, � nato qui, questo � il suo popo-
lo, � uno di quei preti di montagna che ti guardano e sem-
brano dire: <Non lo vedi che sono un povero come gli al-
tri?�.
Meglio di quanto pensiamo? Peggio di quanto immagi-
niamo? Difficile dirlo, per la diversit�. Pensa quando rapi-
scono la ragazza Ghidini, famiglia di tondinari di Lumez-
zane, bresciani, scesi con il benessere a Centenaro sul lago
di Garda, tutti in piedi alle sette del mattino perch� uno
che non va a lavorare da quelle parti si sente diverso come
un gay. E di fronte la famiglia dei rapitori in cui tutti e set-
te i figli di un nullatenente sono stati sull'Aspromonte,
hanno amici sull'Aspromonte e dall'Aspromonte hanno ri-
cevuto i ricavi di questo arcaico e poco redditizio delitto
che � il sequestro di persona. � un delitto che non riesci a
spiegare agli stranieri, ma che non capiscono neppure gli
italiani dell'Italia ricca, per cui si scatenano i furori delle
lettere a San Luca: Vorrei che la vostra razza venisse
estinta senza misericordia�. �Ai subumani degenerati di
San Luca.>, <,Siete la vergogna d'Italia, siete la peste bub-
bonica del nostro paese. Non � facile spiegare a un italia-
no dell'Italia civile la storia di Cesare Casella, il ragazzo di
Pavia sequestrato sull'Aspromonte, che un giorno vide dal
suo covo apparire tra i rami del sottobosco un uomo non
incappucciato, un boscaiolo e url�, grid�, ma l'uomo si
porta le mani alla faccia per nasconderla e fug�va e nei gior-
ni seguenti Cesare cap� che non aveva parlato con nessu-
no, neppure una telefonata anonima, gelato, paralizzato
dalla antica legge dell'omert�. Le taglie non servono sul-
l'Aspromonte, nessuno parla, l'esercito dei forestali, quin-
dicimila, ventimila, chi lo sa di preciso? fa da guardia alla
Indrangheta. Loro smentiscono indignati, ma poi si sa che
uno dei capisquadra era Antonio Nirta, uno dei boss, si sa
che vengono assunti diffidati, pregiudicati. Portano voti
anche loro e il politico che vuole essere eletto li arruola, in
qualche modo. Una legge dell'84 aveva bloccato le assun-
zioni, ma l'ex sindaco di Reggio, il democristiano Pietro
Battaglia, ha trovato un modo ingegnoso per eluderla, un
modo su cui la magistratura inquisisce, se ancora inquisi-
sce: non faceva assunzioni, ma trasferimenti, i nuovi as-
sunti apparivano nei registri come trasferiti da altre locali-
t�. o come un altro sindaco di Reggio, il socialista Pala-
mara, che quando era assessore alle foreste fece spendere
trenta o quaranta miliardi alla Regione, su cui la magistra-
tura indaga, indaga. Ai banditi dell'Aspromonte danno la
caccia in elicottero, ma ne catturano di rado. Funzionava
meglio Massaro Beppe, il leggendario maresciallo dei cara-
binieri che se la cavava male con l'italiano dei verbali ma
arrestava i mafiosi come nel west, gli legava i polsi dietro la
schiena, li faceva salire a cavallo e seguendoli con la sua
mula li portava gi� al carcere di Locri.
Gente sfortunata o cuori di tenebre? Lupi feroci o flagel-
lo di se stessi? Uomini che cercano di comunicare o chiusi
in una loro stoica e stolida durezza? Ne ho parlato per una
lunga notte con l'avvocato Giulio Medici e il procuratore
di Reggio Calabria Nino Montera, giU a Scilla, in una di
quelle notti stellate, di mare nero, invisibile ma ne senti il
respiro, di Sicilia illuminata oltre quel nero, sotto il castel-
lo dei Ruffo, vicino al mercato del pesce scavato nella roc-
cia, in uno di questi magici affondi al mare della Calabria
aspra e montana, in uno di questi riparati ma cupi borghi
marini da cui partono i pescatori di pescispada e di riccio-
le. All'avvocato Giul'o Medici hanno sequestrato pi� di
due anni fa un fratello e non � pi� tornato e lui, l'avvocato,
� ancora dentro al dolore, ancora ossessionato da quella
partita persa, ancora convinto di averla persa per un nulla,
lui nato e cresciuto a Bianco nella Locride. ��Vede, io le re-
gole della briscola calabrese le conoscevo, sapevo che lasso
vale undici e non quindici, ero certo, matematicamente,
che se avessi rispettato tutte le regole, tutti i rituali entro
qualche mese lo avrei riavuto in casa. Ma poi arriv� qui la
madre del Casella e fu come se vicino alla nostra cinque-
cento passasse una Ferrari. Non mi fraintenda, non ce l'ho
con la signora Casella, una gran donna, una gran madre,
ma con lei e le centinaia di giornalisti e telecronisti che se-
guivano il suo pellegrinaggio di "madre coraggio", di fron-
te allo spettacolo televisivo che ogni giorno portava l'A-
spromonte in tutte le case d'Italia c'� stato quel salto, quel
rapido mutamento che ha perso mio fratello. Non so bene
cosa sia passato per la testa dei sequestratori. Forse si sono
sentiti importanti, forse hanno pensato di poter tenere in
scacco il paese, forse si sono sentiti finalmente riconosciuti,
temuti, ammirati da un mondo che li aveva sin l� ignorati,
trascurati. E hanno alzato il tiro, le pretese. Che gente �?
Come spiegarlo. A volte sembrano fermi alla civilt� del
maiale, il maiale legato per una zampa. Feroci? Cattivi?
Impietosi? A me hanno ucciso un fratello, ma non saprei
giudicarli. Forse so una cosa sola, che sono peggio dei loro
padri e nonni. Almeno quelli avevano una identit�, una
storia, appartenevano a una cultura pastorale, dura con gli
estranei ma solidale con i paesani. Tutto ci� � finito o non
� pi� la stessa cosa da quando una parte di questa Calabria
montanara � scesa alla costa, a Locri, Bova Marina, Bova-
lino, Bianco e si � formata una miscela esplosiva, la durez-
za del clan montanaro mescolata all'avidit� delle clientele
politiche e affaristiche della costa. La Calabria dell'Aspro-
monte non � pi� quella. Chi � rimasto in montagna non
perdona a quelli della costa di aver fatto facile fortuna, ma
da quelli della costa ha imparato a chiedere molto, a chie-
dere sempre di pi�. In questo groviglio � difficile anche per
noi capire se dietro il rapimento di un farmacista, di un av-
vocato, di un medico ci sta soltanto voglia di denaro o an-
che un rancore sociale, una vendetta.,,
Gi�, non � facile capire quali antiche e sovrapposte me-
morie, quali patologie da paura o da ambizione, quali in-
trecci sociali sono entrati in questi anni nella cultura di una
mafia che continua a praticare il sequestro, unica nel mon-
do civile assieme ai pastori sardi. Il professor Francesco
Aragona che ha fatto l'autopsia di centinaia di banditi del-
l'Aspromonte ha accertato che molti erano ammalati di
cuore, con funzionamento anomalo delle ghiandole surre-
nali, da cui le ferocie incontenibili, le ferite emotive. Con
dentro un rancore antico, gi� esploso nel brigantaggio do-
po l'Unit�: ,Li sudditi son tutti immiseriti vui iiti a cac-
cia, fumate e durmiti ministri, senatori e deputati fanno
communa e sono intisi uniti e vui padre Vittorio non
guardate vui jiti a caccia, fumati e durmiti�. E leggendo
questa vecchia ballata in una libreria di Locri vedevo le ca-
se di caccia di Sua Maest� il re Vittorio in Val Grisanche o
a S. Giacomo di Entracque, i guardiacaccia che spingeva-
no camosci e stambecchi al punto fatale dello spari mae-
st�,,, le veglie scaldate dalle botticelle di Barolo e dalle vi-
vandiere. Eppure c'� qualcosa che sfugge in certi cuori di
tenebra, c'� qualcosa che non si capisce quando il farmaci-
sta De Sandro di Bovalino racconta: (E stato un inferno,
un inferno dal quale disperavo di uscire vivo. Erano delle
belve. Mi hanno seviziato, legato come un cane alla cate-
na, a piedi scalzi. E uno dei guardiani incappucciati ogni
due giorni mi picchiava a sangue, senza motivo�. Da quali
antichi dolori questa ferocia? �Vogghiu fari una casa di du-
luri li porti e li finestri di suspiri e tossicu li mura e cia-
ramidi.,,
Diceva l'avvocato Medici: �Sono calabrese, di famiglia
calabrese, ma c'� qualcosa che non capisco negli ultimi se-
questri, mi sento un po' come quel don Valera che guarda-
va il cielo paonazzo di Messina alla vigilia del terremoto e
ripeteva "questa cosa non � normale, non � normale". Io
continuo a ripetere che questi sequestri non sono normali,
che senso ha farli durare anni, che senso ha fare richieste
impossibili e insistere in un crimine che ormai costa pi� di
quanto rende? Cosa c'� dietro? La grande mafia di Gioia
Tauro che vuol tenere impegnate le forze di polizia in una
repressione impossibile? Che vuole umiliarle agli occhi del
paese?�. Ma il procuratore Nino Montera era di avviso di-
verso: �Le cose per me sono pi� semplici, pi� automatiche.
Continuano a sequestrare perch� non sanno fare altro, e
un delitto alla loro portata, e poi hanno messo in moto del-
le catene di montaggio che non possono fermare. A ogni
sequestro lavorano direttamente non meno di cinquanta
persone e ce ne sono centinaia che stanno attorno per colla-
borare, per coprire. Ci sono gli specializzati nella scelta
delle vittime, che conoscono i loro conti in banca, quelli
che provvedono ai trasporti, quelli che custodiscono il se-
questrato. I tempi lunghi servono ad alzare il prezzo e il
prezzo viene alzato per l'inflazione degli addetti, per il nu-
mero sempre pi� grande di persone che campano sui se-
questri�. Medici sembra in parte convinto: �Si, ho parlato
con il Celadon padre, credo che di miliardi per liberare il
figlio non ne abbia spesi sei ma dieci. Lo hanno ripulito
non solo i mafiosi, anche gli imbroglioni che promettevano
mediazioni e io ne so qualcosa�.
Quello che sa l'avvocato Medici � che dietro i sequestri
c'� qualcosa di sporco anche fra chi li combatte. Quando
gli sequestrano il fratello, i giudici decidono per la linea
dura, bloccano i beni della famiglia e i carabinieri eseguo-
no, se Medici va a Roma per farsi dare da una banca ami-
ca un miliardo per il riscatto �no, era di pi� e pesava nove
chili, me lo ricordo bene), gli saltano addosso in via Bon-
compagni, come se fosse un terrorista. Ma qualche mese
dopo per vie traverse un ufficiale dei carabinieri gli fa sa-
pere che in un carcere del nord c'� un mafioso che potreb-
be dargli la prova della �esistenza in vita�, cos� si dice, del
fratello. Purch� sia disposto a trattare solo con quell'uffi-
ciale e a pagare cento milioni. C'� dello sporco anche fra
chi da la caccia ai sequestratori, c'� la politica. Cutolo, il
camorrista, ha trattato per la liberazione del democristiano
Cirillo sequestrato dalle Brigate rosse. Candido Celadon
che da due anni aspetta la liberazione del figlio minaccia
uno sciopero elettorale nel suo paese che potrebbe avere ri-
percussioni nel Veneto bianco. Lo chiamano a Roma al
ministero degli Interni, lo invitano a pazientare ed aver fi-
ducia e qualche giorno dopo il Celadon figlio viene libera-
to. Con i fondi neri del ministero? Non � provato, ma �
possibile. Hanno ragione i parenti dei sequestrati minori,
ci sono sequestrati di serie A e di serie B. il rapimento del-
la Ghidini doveva essere di serie A, subito si riunisce un
vertice a cui partecipano il ministro degli Interni, il capo
della polizia, quello dell'Anticrimine, un generale dei cara-
binieri, il capo della Criminalpol. E importante che la Ghi-
dini venga liberata per togliere un'arma di propaganda al-
la Lega lombarda, fortissima a Brescia. Di certo c'� stata
una trattativa fra la polizia e il mafioso lerin , specialista
della 'ndrangheta nella riscossione dei riscatti. Lo abbiano
ricattato o lo abbiano pagato, fatto sta che la Ghidini torna
a casa, presto. Bruciati dal successo della polizia, i carabi-
nieri si mettono sulle piste di Ierin�), intercettano il suo te-
lefonino portatile e lo arrestano come un tordello. E quelli
della polizia zitti e buoni, mica possono dire che avevano
promesso al Ierin� di lasciarlo libero.
�Avvocato Medici, ma la briscola calabrese, poteva ser-
vire davvero a liberare suo fratello?), <,S�, poteva servire.
Noi eravamo disposti a pagare e loro non si sentivano sicu-
ri. Noi siamo nati a Bianco e quelli di Bianco non ci hanno
dimenticato. Venivano qui di notte a Scilla, nella mia ca-
sa. Li accompagnavo dai carabinieri del gruppo eliportato,
si incappucciavano e guidavano i carabinieri sull'Aspro-
monte, indicavano i covi, gli ovili. In alcuni furono trovati
cibi ancora caldi, indumenti, catene. I proprietari, indivi-
duati, dissero che erano andati agli ovili per fare la ricotta.
E la catena? Serviva per le bestie. Ma erano impauriti, sta-
vano per chiudere. Poi arriv� "madre coraggio".�
Trovandomi nell'Aspromonte sono andato a rivedere la
grande casa gialla dell'orrore sulla montagna di Girifalco.
Sar� stato dieci anni fa, risalivo una delle valli percorse dai
coloni greci per andare al Tirreno, una strada a tornanti
stretti per giungere a uno degli impervi valichi fra i due
mari e in quel deserto di boschi e di rocce vedo improvvi-
samente sopra di me una grande casa gialla. Sembra ab-
bandonata, il portone che d� in un cortile � spalancato, c'�
una targa ma cos� arrugginita che non si riesce a leggere. Il
cortile � deserto, le finestre del piano terreno con le ante
chiuse, quelle del piano superiore con sbarre di ferro. Una
prigione? Ma no, non si vedono guardiani. Uno scalone
porta al piano superiore, d� in una grande sala vuota come
un granaio abbandonato, venendo dalla luce abbacinante
fatico a vedere, poi mi accorgo di una scaletta, stretta co-
me i carrugi dei villaggi liguri. Salgo incespicando nel
buio, solo lass� in cima c'� una lampadina gialla, fioca e
mentre salgo incomincio a vedere una porta di ferro con
una finestrella. <C'� qualcuno?,, grido. Nessuno risponde.
Salgo gli ultimi gradini e d'improvviso come se qualcuno
avesse dato il massimo volume mi esplode sul capo un urlo
agghiacciante, tuonante, che si ripercuote nell'eco dei cor-
ridoi e delle sale e vedo dietro le barre della finestruola, vi-
cinissimi gli occhi, i denti, le gote tirate di un pazzo e die-
tro lui altre facce deformi. Rotolo gi� per la scaletta, corro
per il cortile, fuggo da quella sofferenza demente, dimenti-
cata sulla montagna dell'Aspromonte, vicina al valico fra i
due mari.
Capra e champagne
Viaggiatori inglesi dell'Ottocento, biondi, occhi azzurri,
camminatori instancabili e senza paura percorrevano la
valle d'Aosta e si chiedevano come fosse possibile che in
una natura cos� gloriosamente bella, sotto montagne eccel-
se e ghiacciai, tra vigneti e frutteti si aggirasse una umani-
t� cenciosa e selvatica. Me lo chiedo nella piana di Gioia
Tauro dove ci sono gli uliveti pi� belli e antichi d'Italia, al-
beri alti quindici, venti metri e sotto quel tetto argenteo,
l'oro degli agrumeti, aranci e mandarini profumati e sotto
ancora, in un mutar di verdi e di marrons, gli orti, i rampi-
canti, i prati d'erba tenera gi� fioriti di margherite a mar-
zo. Anche le reti di nylon per la raccolta delle olive, altrove
orrende, ci stanno nel grande incantesimo, le bianche co-
me rugiada posatasi sulle rasole, le azzurre come il manto
della fata turchina, le rose come l'aurora omerica �dal dito
di rosa�. Ai coloni greci questa oasi chiusa fra le montagne
aspre e boscose dell'Aspromonte dovette apparire come la
terra promessa, e ora come in un medioevo feroce vi detta-
no separata legge le cosche mafiose con pieno potere e cre-
scente ricchezza. Arroganti, rozze, pronte a uccidere don-
ne e bambini, ma il terrore chiude le bocche, � raro che uo-
mini politici, sindacalisti trovino il coraggio per esecrare,
per denunciare.
Devo incontrare a Taurianova il senatore comunista Ar-
giroffi che vive qui da quarant'anni, superstite di una bor-
ghesia colta che assiste allibita, disperata al regno dei bar-
bari, dei violenti astuti, degli ignoranti arricchiti. Fuori �
gi� primavera, ma il camino di casa Argiroffi � acceso, ar-
dore rossastro di brace sotto un grande olio di una dama di
corte austriaca, in veste ricamata bianca, la madre di mia
madre, dice il senatore che ha settant'anni, vive con la so-
rella, un comunista liberale che scrive poesie e non sa stac-
carsi da questa terra. Senatore sa cosa mi ha detto a Reggio l'avvocato Me-
dici, quello a cui hanno sequestrato e ucciso un fratello?
Noi che abbiamo avuto i privilegi di questa terra dobbia-
mo pagare il prezzo della storia, dobbiamo restarci come i
patrizi romani che non fuggirono a Bisanzio, che rimasero
nelle citt� e nelle campagne italiche.� �E monito bello quel-
che mi sta dicendo, qualcosa che sento profondamente), di-
ce il senatore. �Che cosa � mai un paese senza storia? Ma
questi voltano le spalle alla storia, la ignorano, la odiano.
A volte ho l'impressione che sia avvenuta una mutazione
genetica, che sia uscita dalla foresta una umanit� selvag-
gia. Ha sentito parlare di Rocco Zagari che fu ucciso qui a
Taurianova sulla poltrona del barbiere come il gangster
Anastasia? Quando arrivai qui dalla Sicilia, quarant'anni
fa, era comunista, mi aiut� a trovar casa, fra i primi, sem-
pre, nelle lotte contadine. Ma un giorno venne da me, po-
s� la tessera sul tavolo e disse: "Con voi ho chiuso". Da
quel giorno non scambiammo pi� parola. Dio mio che
scempio di vite umane. Ho visto il suo cadavere e il cada-
vere di suo figlio in un campo gi� roso dai topi un gio-
ne bellissimo, e le mattanze fra le cosche, a Giuseppe Gi-
raldi staccarono la testa e la lanciavano in aria per il tiro a
segno. Ne sono caduti di tiranni su questa terra, Franco,
Pinochet, Batista, Peron, PolPot, � caduto il muro di Ber-
lino, ma Francesco Macr� tiranno di Taurianova no, do-
vrebbe stare in galera da mesi ma sta nascosto qui da qual-
che parte, forse alla tonnara di Palmi, forse in casa di un
suo parente, ma nascosto o in galera Taurianova rester�
un suo feudo, le figlie, i loro mariti, i cognati, i nipoti oc-
cupano i posti di potere, l'intero apparato sanitario � nelle
loro mani.,,
Francesco Macr�, detto Ciccio Mazzetta: un personaggio
anomalo, un sopravvissuto del notabilato, uno dei pochis-
simi notabili che si sia adattato alla Calabria delle cosche
mafiose, come per decenni Lima in Sicilia, imponendo la
sua superiore arte del far politica, di tenere i rapporti con
Roma, di essere l'uomo dello sportello, quello a cui arriva-
no i soldi. E con i soldi a Taurianova si fa il bello e il catti-
vo tempo: seicento occupati, una minoranza in mezzo ai
mille disoccupati, i tremilacinquecento pensionati e 'nvali-
di, i settemila poco o nulla facenti. La campagna nelle ma-
ni dei grandi mafiosi, i piccoli proprietari superstiti in loro
balia, che fai se ti rompono il trattore, se ti tagliano gli uli-
vi? Tacere devi, accettare i prezzi che ti impongono. Ma
Ciccio Mazzetta no, lui qualcosa da opporre ai mafiosi ce
l'ha sempre avuto, il partito di governo, la Democrazia
cristiana, quei tre o quattromila voti di preferenza per cui
tutti i leader calabresi del partito hanno dovuto comparire
al suo fianco, sul balcone di casa Macr�, in piazza Macr�.
Non mafioso, ma necessario al mafiosi. In trenta e pi� an-
ni don Francesco Macr� non si � mai accorto della esisten-
za delle cosche, non ha mai denunciato la crescita della
mafia ma ha sempre tirato le fila del potere. Si sono prova-
ti a fare a meno di lui, hanno fatto una loro lista, ,La sve-
glia�, una sveglia a suon di lupara, ne facevano parte uo-
mini come Domenico Romeo del clan degli Avignone,
Marcello Villa e altri del clan Zagari, tutti uomini di ri-
spetto ma poco pratici di Ussl e di municipio. Li ha co-
stretti a tornare nel partito madre, ha ridato alla Democra-
zia cristiana nelle ultime amministrative dell'88 il 50,4 per
cento dei voti e si � tolto il gusto di gridarglielo in faccia ai
suoi concittadini sudditi: <,Se non fosse stato per me Tau-
rianova si sarebbe spopolata, voi sareste chi sa dove e inve-
ce tutti avete una casa, il televisore, gli elettrodomestici e
cibo assai�.
Il senatore attizza il fuoco nel grande camino, aiuta la so-
rella a servirmi il caff�, � alto il senatore con gli occhi az-
zurri e ora sembra parlare a se stesso. Ma come � possibile
che questo ignorante sia stato pi� forte della giustizia, dei
contadini e degli operai, dei presidenti della repubblica che
non sono riusciti a cacciarlo? Nascosto o in galera coman-
der� ancora, scriver� ancora i manifesti elettorali, gli ukase
municipali, il suo clan � sempre fortissimo, sua figlia.�
�Quella pure bestemmia), dice rapida la sorella del sena-
tore, che la zittisce: <Questo non centra, questa � un'altra
cosa. Qui � come se fossimo fuori dall'Italia. Quando han-
no ucciso a Lamezia il maresciallo di polizia Aversa lo sta-
to si � presentato anche da queste parti, sono venuti Cossi-
ga, il ministro della Giustizia Martelli, quello degli Interni
Scotti, hanno inaugurato un commissariato di polizia che �
come se non ci fosse�.
Restare a Taurianova? Pagare il prezzo della storia?
Gi�, ma come dice il giudice Misiani che � di qui: <,In seco-
li di storia Taurianova non era riuscita a produrre un uo-
mo noto, non lo era nemmeno lo scrittore viaggiatore Gio-
vanni Francesco Gemelli Careri. Ora tutta l'Italia conosce
Macr� Francesco. Ha vinto lui. A Taurianova non c'� 1 a-
busivismo edilizio ma lo spontaneismo, la concessione edi-
lizia � un optional, la politica dei sussidi ha rafforzato la
cultura del servilismo e della rassegnazione,,. Gente dura i
Macr� e garantista, come no? Olga Macr� sindaco di Tau-
rianova ha avuto parole di fuoco contro il governo libertici-
da che commissariava il Comune.
Ora mi aspetta Gioia Tauro dove torno per la quarta o
la quinta volta, sempre attendendomi il peggio. La prima
fu molti anni fa quando il centro-sinistra gonfiava le sue
vele e le nostre illusioni in una Italia riformata, in un Mez-
zogiorno rinato. Ma come facevamo ad essere cos� inge-
nui, a non vedere chi ci stava attorno, a pensare che quel
che non era stato possibile nei secoli lo sarebbe stato per
noi, i riformisti, i modernizzatori? Ricordo un pranzo elet-
l'uomo della nuova frontiera. Allora ero il giornalista di
torale dove c'erano Giacomo Mancini e Enrico Mattei,
punta del �Giorno,,, il suo giornale, il giornale dell'Eni, co-
s� mi avvicinai al suo tavolo per salutarlo. Lui si alz� a
stringermi la mano e diceva, da partigiano: �Questo � uno
che spara�. E ci stringevamo le mani, io di Cuneo e loro di
Reggio, di Bova Marina, di Cosenza, sicuri di aver vinto,
di essere ormai entrati nella nuova storia, che erano mai di
fronte all'Italia del lavoro e delle riforme quei quattro ma-
fiosi della piana? Si, ho sparato molto, allora e poi, ma con
un fuciletto di latta che ai Francesco Macr� e ai Piromalli
non faceva neppure il solletico. Allora, a Gioia Tauro,
Mancini voleva dare il quinto centro siderurgico e come
abbia potuto un calabrese conoscitore profondo della Cala-
bria pensare di poter paracadutare una grande azienda
proprio nella piaga pi� mafiosa della regione sembrer� og-
gi uno dei misteri dolorosi del profondo sud, ma allora
Mancini ci credeva davvero, ricordo i suoi occhi quando se
ne parlava in un ristorante della marina
pi� seminavo dubbi e pi� gli ero caro, assaporava gi� la gioia di quando
mi sarei ricreduto, di quando sarei venuto giU da Milano
per vedere il sud rinato, la Calabria rinata. Non si erano
neppure accorti, il buon Mancini e gli altri che ridevano,
Mi stringevano la mano, mi abbracciavano che la crisi
mondiale della siderurgia galoppava incontenibile, che
presto anche noi avremmo dovuto smetterla con quella foia
metallurgica. Scesi di nuovo a Gioia a vedere come anda-
vano i lavori ed era gi� il disastro, avevano gi� abbattuto
centinaia di ettari di ulivi e centinaia di camion muoveva-
no come scarafaggi sull'immensa piana giallastra nel pol-
verone. Li avevano comperati i Piromalli, signori della
mafia, con i miliardi del sequestro di Paul Gettyjr. A loro,
Potentissimi, i miliardi, alla manovalanza dell'Aspromon-
te le briciole. Il taglio degli ulivi aveva denudato e sfigura-
to la piana, la sua mafia che prima si nascondeva sotto il
tetto argenteo degli ulivi ti veniva incontro allo scoperto
con i suoi camion, i suoi sorveglianti armati che seguivano
il forestiero con le loro automobili, taciturni e minacciosi.
Gioia era gi� orrenda, un ammasso di case e casoni, ulti-
mate e rifinite quelle dei boss, in perenne costruzione quel-
le dei soldati e dei clienti. Il centro siderurgico come era
prevedibile non lo fecero, del grande progetto rimase il
porto, allucinante, un bacino lunghissimo a forma di fagio-
lo, protetto da enormi falli in cemento, frangiflutti, mi-
gliaia di possenti falli in cemento puntati contro il cielo del-
la Calabria in cui il pittore Enotrio Pugliese dipinge sem-
pre degli uccelli �per riempire un po' quel vuoto terso�. Mi
� capitato di passare delle ore nel deserto del porto e mi
sembrava di essere sull'isola di Pasqua o sulle Ande, in
quei luoghi misteriosi dove una civilt� dei giganti ha la-
sciato i suoi segni. Il porto � costato novemila miliardi . E
usato solo di notte dai contrabbandieri.
In uno dei miei viaggi andai a trovare il sindaco di
Gioia, sindaco per volont� di Mommo Piromalli di cui era
il medico di fiducia, Vincenzo Gentile, un uomo cortese,
afflitto pi� che arrogante. Mentiva con melanconia, la
stessa melanconia di quel ministro tagiko che ad Alma
Ata, sorvegliato da due funzionari russi, mi aveva mentito
sui raccolti, sulle fabbriche, sugli ospedali, su tutto. E
quando la gente � costretta a mentire in modo cos� spudo-
rato, cos� manifesto la voce le vien fuori bassa e atona.
�Nulla mi risulta� diceva la voce di Vincenzo Gentile (,cir-
ca la presenza della mafia nei lavori di sterro per il quinto
centro siderurgico.,) �Ma signor sindaco, lo sanno tutti che
i camion erano dei Piromalli, che qui non muove foglia che
i Piromalli non vogliano.� �Nulla mi risulta,) diceva la voce
di Gentile con tristezza ultimativa �in ordine alla influenza
della mafia nelle attivit� amministrative.� Non volevo cre-
dere che un signore cortese, un medico fosse cos� schiaccia-
to dalla paura ma ora il procuratore Cordova, che va dirit-
to al nocciolo, mi ha spiegato: i(I testimoni non corrono il
rischio di dichiarare il vero quando dichiarando il falso al
pi� possono incorrere nell'arresto per loro di gran lunga
preferibile a un colpo di lupara,,. Ma con Gentile non stava
solo cos�, credo, fra Gentile e i Piromalli non c'era solo la
violenza e la paura: era il medico di famiglia.
E in fondo dire a Gioia che la mafia non c'era era come
dire che c'era come lo diceva il direttore del jolly Hotel
quando andarono da lui i sindacalisti della Cgil regionale
che volevano tenere un congresso nell'albergo e lui li av-
vert�: �Per me va bene, ma parlatene con don Mommo�. I
Piromalli nella piana sono una monarchia, hanno il con-
trollo militare del territorio, esercitano la giustizia, ho visto
con i miei occhi la gente di Gioia in coda davanti alla casa
del boss, nel giorno fissato per rimettere al suo inappellabi-
le giudizio contese, questioni familiari, bisogni. Gente an-
data a scuola con lui o con i suoi figli, da rispettare sin dal-
la pi� tenera et� perch� destinati a un comando ora bona-
rio ora feroce, fondato sul consenso come sulla forza. Negli
anni di ascesa della dinastia, fra il '74 e il '77, ci f�rono in
provincia di Reggio 233 omicidi. Discendenti di pastori,
rozzi e intelligenti, capaci di essere incomprensibili e arcai-
ci, come le memorie del loro sangue e affabili, diplomatici.
�Durante l'ultimo processo� ricorda il giornalista Pantaleo-
ne Sergi (si scherzava con don Mommo, un bel signore
con gli occhiali montati in oro e un cappotto di cammello.
Eppure era lo stesso che festeggiava l'uccisione di un suo
nemico con un pranzo di capra arrostita e di champagne.�
Anche Antonio Piromalli a vederlo sembrava un contadino
bonario ma di lui il pentito Scrivia ha raccontato: �Per sa-
pere dove erano nascosti i Tripodi, presero un loro paren-
te, un certo Seminara, lo fecero cantare e poi lo uccisero.
Materialmente vi provvide Antonio, il macellaio, il quale
se lo mise fra le gambe e lo sgozz� come un capretto�. Al-
l'onomastico di don Mommo, ai matrimoni e ai battesimi
della famiglia accorrevano reverenti i proprietari terrieri, i
negozianti, i professionisti e i giornalisti locali cui don
Mommo dava la pagella. ,Don Mommo perch� non mi sa-
lutate?,) chiedeva trepidante un cronista di Palmi -ho sem-
pre parlato bene di voi.), E don Mommo: <,Si, ma hai par-
lato bene dei carabinieri,).
Un altro Piromalli, il latitante Giuseppe, spediva una
raccomandata al direttore del ,Giornale della Calabria,,
con tanto di indirizzo suo, via Monaceli 3, Gioia Tauro:
�Nel suo esclusivo interesse, onde dissociare la sua respon-
sabilit� da quella dell'inqualificabile autore, la invito a
smentire,,. Per i funerali di un Piromalli � arrivato da Reg-
gio per tenere l'orazione funebre un principe del foro che
poi cos� si � giustificato: ,Me lo avevano chiesto,,. E tutti
ne son rimasti convinti.
Chi sa per quali oscuri travagli, per quale stanchezza di
vivere sotto il tallone mafioso il medico Vincenzo Gentile
sindaco di Gioia, la mattina del 7 maggio 1987 si � rifiuta-
to di firmare l'ordine di pagamento per una fattura di Car-
melo Stillitano, nipote di Peppino Piromalli. Lo hanno as-
sassinato l'indomani e il giorno dopo la giunta ha fatto
passare l'ordine di pagamento. E chi sa per quale disperato
dolore o coraggio la vedova Gentile ha deciso di rompere
l'omert�, ha invitato a casa il nuovo sindaco Giuseppe
Cento, buon amico di suo marito, assessore con lui ai lavo-
ri pubblici e ha nascosto un registratore dietro i libri di
scuola di sua figlia. Cento si � confidato, le ha detto che a
uccidere Vincenzo era stato proprio Carmelo Stillitano e
quelli di Gioia hanno visto passare Stillitano sulla camio-
netta dei carabinieri, ammanettato e non volevano credere
ai loro occhi. Per qualche mese a Gioia sembr� che cadesse
il mondo: era arrivato a Palmi il giudice Agostino Cordo-
va, uno che non guardava in faccia a nessuno e la prima
cosa che aveva detto di Gioia era: <,Il Comune di Gioia �
una pura emanazione amministrativa dei mafiosi�; era ar-
rivato a Gioia un nuovo commissario di polizia, un poli-
ziotto vero che tirava fuori dai cassetti indagini e istruttorie
dormienti da anni. Si arriv� al punto che il ministro degli
Interni fu costretto a commissariare il Comune, ma la De-
mocrazia cristiana chiamata a designare il commissario fe-
ce il nome di Antonio Ped� gi� indiziato di reati nell'83 e
arrestato nell'84 per truffa aggravata alla Cee e al ministe-
ro dei Lavori pubblici, roba che per quelli di Gioia non so-
no neppure reati. E un bel giorno il mastino Cordova spa-
rava settantacinque comunicazioni giudiziarie contro am-
ministratori e funzionari della Ussl, ,burocrati le cui retri-
buzioni non trovano eguali neppure nelle pi� alte cariche
dello stato,,. Benedetto uomo, non aveva ancora afferrato,
non voleva afferrare che nella piana di Gioia e un po' in
tutto il sud malavitoso le Ussl non sono fatte per gli amma-
lati ma per i sani. Quella di Gioia non si era accontentata
di rilasciare a centinaia certificati falsi di malattia o di in-
validit� ma aveva assunto �per lavori di facchinaggio� lau-
reati e diplomati che prendevano lo stipendio facendo
niente, �assunti al solo fine di favorirli, molto legati da vin-
coli di parentela con esponenti malavitosi di spicco o con
militari dell'Arma aventi posizioni di comandlo e di re-
sponsabilit�,). Ma presto il mondo � tornato al punto di pri-
ma, gli arrestati sono stati rilasciati dal tribunale della li-
bert� e la Ussl � tornata di propriet� dei Piromalli. Sta,
questa Ussl, in un casone della famiglia mafiosa, abusiva-
mente sopraelevato di quattro piani. La famiglia lo affitta
alla Ussl per settantatr� milioni l'anno. Sette anni fa era
partito un ordine di sequestro che nessuno aveva eseguito,
ora che ci hanno riprovato � risultato di propriet� del dot-
tor Domenico Piromalli, incensurato. Eppure ai tempi del
primo sequestro proprietari risultavano i figli di Clementi-
na Mazzaferro in Piromalli, Domenico, Gioacchino, Giu-
seppe, Antonio. L'Antimafia ha chiesto spiegazioni alla
Ussl il cui direttore ha risposto in tono secco: �Il dottor Pi-
romalli Domenico non � una ditta a cui richiedere il certifi-
cato antimafia ma possiede beni immobili a titolo persona-
le e come privato,,. Nella Ussl c'� un grande laboratorio di
analisi quasi sempre chiuso, gli ammalati vengono dirotta-
ti ai centri diagnostici privati Minerva, Caruso, Gamma,
Roentgen fra 1 cui soci c'� il Piromalli medico che ha stu-
diato in America e una Concetta Piromalli.
A Gioia c'� poco da sbagliare, quasi tutte le cose d valo-
re sono dei Piromalli o dei loro prestanome. Neppure il
giudice Agostino Cordova ce l'ha fatta a sbaragliarli. In tre
anni di indagini, con l'aiuto dei pentiti era riuscito a por-
tarli in Corte d'Assise con un centinaio di loro soldati,
molti condannati all'ergastolo o a lunghe prigionie. Presto
tutti liberi o per scadenza dei termini di detenzione o per-
ch� la prima sezione del dottor Corrado Carnevale, dio lo pro-
tegga, nell'ottobre dell'88 ha annullato i tre processi prin-
cipali. Si era accorto, l'infallibile ,ammazzasentenze,,, che
�i due componenti togati della Corte d'Assise erano stati
assegnati a quei processi senza regolare decreto di nomi-
na�. Un piccolo errore formale e tre anni di indagini, il la-
voro di centinaia di poliziotti, di decine di magistrati se ne
� andato in fumo con esultanza degli avvocati di mafia.
�Carnevale � un simbolo delle garanzie processuali. E un
grande esempio. Noi avvocati siamo stanchi di sopportare
magistrati non neutrali.� Hanno ragione, Cordova non �
neutrale, sta dalla parte degli onesti.
Cos� il clan Piromalli ha potuto riprendere i suoi affari su
solerte commissione del nostro governo, che sembra molto
preoccupato di non lasciare i mafiosi con le mani in mano e
prima ha pensato di collocare nella piana uno scalo dei pe-
troli e ora una megacentrale termoelettrica per cui sono
stati immediatamente stanziati mille miliardi per i lavori di
sterro che forse consistono nel rimettere al suo posto origi-
nario la terra spostata nei lavori precedenti. Succedono co-
se turche: prima l'Enel dichiara inaccettabili le bassissime
offerte fatte dalle ditte dietro cui si nascondono i Piromalli
e altri mafiosi di rispetto e manda a vuoto la prima asta, poi
ne indice una seconda in cui accetta i prezzi del mafiosi im-
posti. Il nostro potentissimo ente di stato, costretto a fare la
centrale a Gioia, sta al gioco, prende per buone le dichiara-
zioni antimafia presentate dalle ditte, ma tutti sanno che in
Calabria un certificato antimafia non lo neghi a nessuno.
Si intromette purtroppo l'alto commissario all'Antimafia
Sica, mobilita il procuratore Cordova che non fatica a pro-
vare le infiltrazioni mafiose nel consorzio di cui fa parte an-
che la ditta del dottor Gianni Scambia, il coraggioso presi-
dente dei costruttori reggini che in un suo ordine del gior-
no, ampiamente riportato dalla stampa nazionale aveva di-
chiarato: �Riprendiamoci i cantieri invasi dalla mafia,,.
Bravo, ci e riuscito. Il 12 luglio 1990 Cordova ordina il se-
questro dei cantieri perch� (,le ditte aggiudicatrici fanno ca-
po a cosche mafiose locali" ma il giudice Corrado Carneva-
le sta all'erta e il 12 dicembre la sua prima sezione annulla il se-
questro; secondo la Cassazione non sono state provate le
infiltrazioni mafiose. A Gioia la mafia non c'�, come dice-
va il sindaco Gentile. E si continua. In uno dei luoghi pi�
belli del creato dove il cielo � terso e la sacra pianta dell'uli-
vo copre con un tetto d'argento la morbida terra, associa-
zioni di ladri e di assassine hanno seminato morte e distru-
zione, fanno cadere ogni speranza di giustizia, ogni civile
convivenza, rubano, uccidono, torturano per costruirsi
delle case orrende, dei paesi orrendi, dei municipi orrendi
in cui amministratori ladri o mitomani fanno a gara nel
progettare opere insensate, terme, metropolitane, parchi
naturali e quant'altro potr� servire a nuove ruberie.
Succedono cose turche nella piana. Francesco Macr�
aveva fatto assumere nella Ussl migliaia di persone, ma
quelli della �Sveglia,, hanno fatto di pi�, nel 1978 hanno
deciso di aggiungere all'apparato sanitario un �,ricovero
per disabili mentali,, e siccome non trovavano i locali adatti
hanno affittato la villetta di un certo Giuseppe Fazzari di
Rosarno, inquisito per associazione mafiosa, ma qui sono
quisquilie, e per un anno di affitto gli hanno versato 697
milioni. Poi hanno pensato che forse era meglio comperar-
la, ma per fare le cose regolari hanno indetto un'asta. Sono
stati fortunati, si � presentato solo un acquirente, un tale
Lavorato, un pregiudicato, uno dei loro. Lavorato si ritir�.
e l'affare � fatto il 4 marzo del '90 per soli 1281 milioni.
Ora la villetta � vuota e i disabili mentali devono aver tira-
to un sospiro di sollievo, figurati finire in una clinica di
malviventi.
Nella piana le Ussl servono ai sani, non agli ammalati.
Spendono ogni anno una quarantina di miliardi, ma per
sfamare i degenti di Gioia � necessario l'intervento della
polizia, quelli di Palmi versano in condizioni pessime e a
Lamezia l'ospedale in costruzione da venti anni sta andan-
do in rovina. Lamezia non sta nella piana, ma ne � degna.
E un paesone fatto di tre paesi, Sambiase, Nicastro e S.
Eufemia che d� il nome al golfo. Il senatore socialista Pe-
tronio si � molto indignato con la stampa che �-criminalizza
un onesto paese�, ma non aveva ancora finito di indignarsi
che i mafiosi hanno ucciso il maresciallo di polizia Salvato-
re Aversa e sua moglie. Lamezia ha un grande aeroporto
internazionale costato non so quanti miliardi dove non at-
terra mai un aereo che non sia il Roma-Lamezia. Quando
decisero di farlo dicevano che era il ponte fra l'Europa e il
Levante. Aspettavano per le vacanze i banchieri libanesi e
gli sceicchi degli emirati. Non sono arrivati e la mafia re-
gna sovrana, padrona dei supermercati, degli alberghi, dei
negozi, di tutto e provvede anche alle pulizie urbane. il
Comune paga egualmente i suoi quaranta spazzini inope-
rosi che non protestano perch� la mafia ne ha mandati due
al creatore l'ultima volta che al Comune � venuta la pazza
idea di gestire in proprio il servizio. Ora la mafia le pulizie
le fa a suo modo, cio� non le fa e la gente la prende con fi-
losofia, davanti a un cumulo di immondezze alle porte di
Nicastro qualcuno ha scritto su un muro,�alla grande!,,.
L'impiego pubblico non manca a Lamezia, su una po-
polazione di settantamila abitanti gli impiegati comunali
sono settecento, molti non si fanno mai vedere, ma tutti ri-
tirano ogni settimana i settanta litri di benzina che il Co-
mune d� come rimborso spese. I disoccupati sono cinque-
mila, gli invalidi seimila, i pensionati dodicimila; chi vuol
vedere come nel sud si possa vivere producendo niente puo
accomodarsi.
Centocinquanta aziende tutte infiltrate dai mafiosi si
spartiscono gli appalti per i servizi pubblici, ma qualcuna
va gi� di grosso. Quella che ha costruito il nuovo cimitero
ha sbagliato le misure dei quattrocento loculi, un falegna-
me del Comune, ogni volta, non potendo allargare i locu-
lo stringe la bara. Il concetto che hanno dello stato gli eletti
di questo angolo del meridione non deve essere dei pi� alti
a giudicare da un aneddoto raccontato dal giudice Salvato-
re Barresi: (,Il sottosegretario ai Trasporti Elio Tiriolo si �
molto seccato quando la polizia ha perquisito all'aeroporto
la valigia del suo guardaspalle che � un sorvegliato specia-
le. Questi supermen del cazzo� ha detto l'onorevole �gli
stanno dietro come cani�.
La ferocia mafiosa non si arresta con la morte: a Limba-
di hanno disseppellito e bruciato i resti del maresciallo dei
carabinieri Lagan�, altrettanto hanno fatto con il povero
Aversa. Pi� in l� sono andati ad Agrigento quelli che ave-
vano violentato e ucciso una infermiera, hanno profanato
la tomba e poi scritto sulla lapide, in verde, con il gambo
di un geranio: ,Ti abbiamo di nuovo uccisa�.
Il minotauro di Palmi
Il procuratore Agostino Cordova sta chiuso nel palazzo di
giustizia di Palmi come il Minotauro nel labirinto. Scale,
corridoi, porte, controlli, poliziotti in borghese, carabinieri
in divisa, pistoloni, mitra e in fondo Il suo ufficio con le
tapparelle abbassate su una stradina chiusa, vuota, il gran-
de accusatore, il mastino, capelli grigi corti, un volto qua-
drato, antico da scriba del faraone nel regno di Mezzo, il
sigaro sempre acceso, un abito nero da dignitoso servitore
di uno stato che non c'� pi�, una camicia bianca gonfiata
da un adipe onesto di chi � in pace con la sua coscienza co-
me ce l'avevano nell'Italia povera i burocrati del regno.
Cordova � di quelle teste fini cui � venuta la nausea delle
parole, in un paese dove tutti parlano in continuazione per
fingere di sapere quello che non sanno o per ingannarsi a
vicenda. Cos� si tiene accanto il giudice Francesco Neri,
che essendo giovane ha ancora voglia di parlare. Lo guar-
da come un figlio, gli d� l'avvio, lo lascia andare, intervie-
ne se gli sembra che divaghi, che non arrivi subito al noc-
ciolo delle cose. i camerieri che arrivano con i caff� e i bic-
chieri d'acqua gelata sono come i subacquei che prima di
emergere stanno nella stanza di compensazione, li tengono
qualche minuto in anticamera per perquisirli. Un altro
giudice duro che ho visto a Reggio, Francesco Macr�, dice
che questo, calabrese, � �un Far West senza sceriffi dove
gli infiltrati, i sorvegliati speciali siamo noi giudici). Ma a
Palmi uno sceriffo c'�, � il procuratore Cordova che non
guarda in faccia a nessuno e manda in galera mafiosi, av-
vocati, politici, geometri, ingegneri. E come una fiumara
in piena ma non basta ripetere l'antico consiglio �calati
juncu�, lascia che passi perch� ti sradica. E forse per farla
passare un giorno o l'altro lo promuoveranno a superpro-
curatore o roba del genere.
�E vero, dottor Cordova, che i socialisti hanno presenta-
to tre interpellanze per farla trasferire?� Lo scriba del fa-
raone sorride: �Dicono che in quel che faccio c'� il fumus
persecutionis. Forse vogliono dire che perseguito i malviven-
ti. Dicono anche che sono incompatibile con l'ambiente,
ma forse � l'ambiente che � incompatibile con me,,. Ci so-
no colleghi, avvocati e politici che lo detestano, �<ma che
vuole questo Cordova? Un poliziottone, un torero, un giu-
dice da inchieste giornalistiche, da televisione, da spettaco-
lo�. Lui tace e li manda in bestia, prima delle elezioni ha
ordinato centottanta perquisizioni di case mafiose, ha se-
questrato il materiale elettorale e i socialisti hanno gridato
allo scandalo, il loro leader Zavetteri ha detto che Cordova
�Violava i pi� elementari diritti democratici�. Poi hanno
ucciso a lupara suo cognato, un mafioso, e si � zittito. Di
strada in politica se ne fa poca da queste parti se non si �
d'accordo con le cosche. Giacomo Mancini, il PiU illustre
politico calabrese, � stato bocciato ed ha spiegato il perch�:
�Ho chiesto che venissero estromessi candidati sospetti.
Non mi sono associato all'aggressione contro il giudice
Cordova mentre dalle cosche di Rosarno venivano vere e
proprie dichiarazioni di voto a favore degli aggressori del
giudice. Ci sono eletti che fanno venire i brividi�.
Cordova sar� anche ambizioso e orgoglioso, come dico-
no, ma ci sa fare, ha elaborato negli anni una tecnica un
po' buddista, � o sembra uno che non si agita, non minac-
cia, non promette, ma aspetta che le schegge impazzite d�
questo mondo gli arrivino fra le mani grassocce, delicate e
allora le chiude, non le molla pi�. E stato lui il primo a
parlare in una sentenza del (rischio Calabria,,, il quindici
per cento in pi� che lo stato paga per i lavori pubblici alle
ditte, un riconoscimento ufficiale che le tangenti alla mafia
sono una necessit�: ,Non le fa effetto?� mi chiede. �A me
questo riconoscimento ufficiale � sembrato sorprendente,
una notizia che ci viene dalla direzione generale delle fer-
rovie. �
Nella circoscrizione giudiziaria di Palmi ci sono trenta-
tr� Comuni e cinquantasette cosche mafiose, ventinove
importanti, le altre ausiliarie. Nella regione sono un centi-
naio con cinquemila armati. ,E il Vietnam italiano� dice il
giudice Macr�<, lo stato qui fa la parte della Croce rossa,
soccorre i feriti, tiene il conto dei morti, avvisa le fami-
glie.,, Rogolino a Catona, i Polimeri a Schindilira, i Libri
a Vinco, i Marafioti a Locri, i Minniti a Ravagnese, i Di
Bella a Plat�, i Piromalli a Gioia Tauro, i Pesce-Pisano a
Rosarno, come un elenco biblico di trib� nemiche del po-
polo eletto. E in mezzo il minotauro di Palmi che fuma il
sigaro e sorride dell'inferno che lo circonda, forse � arriva-
to a pensare che indagare � pi� interessante che utile:
�L'altro mese ho fatto un esperimento, ho fatto passare in
questo ufficio i trentatr� sindaci della circoscrizione e gli ho
chiesto se sapevano che nel loro Comune c'era la mafia.
Lo sapevano solo tre,). Il procuratore accende un altro si-
garo e dice al giudice Neri: -(Gliela racconti lei la faccenda
delle auto,,. Il giudice Neri racconta, ma devo interrom-
perlo parecchie volte perch� non capisco, mi sembra incre-
dibile e ora mi provo a riferirla questa storia calabrese arri-
vata, senza che lui la cercasse, nelle mani grassocce e deli-
cate di Cordova.
Racconta il giudice Neri: �Un giorno incontro un amico
che mi fa: "Ma � vero che a Palmi si trovano delle auto a
prezzi incredibili? Cinque sei milioni per una Thema, per
un'Alfa?". Mi faccio dire quello che sa e ne riferisco al pro-
curatore,,. Cordova lo ascolta seduto in poltrona come ora
con la camicia bianca gonfiata dall'onesto adipe come una
vela. Sta succedendo questo a Palmi: il concessionario Fiat
per venire incontro alla clientela vende auto di lusso a rate,
anticipo di cinque milioni, trenta mesi di rate, garantite
dalla Fiat Sava, finanziaria Fiat. Paga lei se non pagano i
galantuomini che hanno ordinato l'auto. Naturalmente i
galantuomini non pagano, non si fanno pi� vedere. Passati
sei o sette mesi la concessionaria chiede alla Sava di inter-
venire e la faccenda arriva sul tavolo del giudice. Raggiun-
ti da una ingiunzione i galantuomini dicono che s� l'auto
ce l'hanno, ma purtroppo ha avuto un grave incidente re-
golarmente denunciato alle compagnie di assicurazione.
Sinceramente stupiti e s� che ne hanno viste il procura-
tore Cordova e il giudice Neri scoprono un imbroglio cora-
le gigantesco: le compagnie di assicurazione hanno accet-
tato delle denunce false, i periti giudiziari che hanno ispe-
zionato le auto hanno preso per buone delle fotografie da
CUI risultano ammaccate, spaccate grazie a sapienti mani-
polazioni con materiale plastico o con vernici lavabili. Che
fare se non recuperare il recuperabile? Le auto sinistrate
vengono messe all'asta, truccata anche essa, alla prima
non si presenta nessuno perch� si dovrebbe partire da un
minimo di cinque milioni, alla seconda compera l'auto per
niente lo stesso che l'ha ordinata o un suo prestanome.
Non sono riuscito a capire chi ci rimettesse alla fine del
grande imbroglio, il giudice Neri ha tentato invano di spie-
garmi che ci rimetteva solo lo stato perch� la Fiat Sava a
sua volta era assicurata con un'altra finanziaria che dedu-
ceva le perdite dalle tasse, ma la cosa non mi � risultata
chiara. La sola cosa chiara � che Cordova ha spedito in ga-
lera con scandalo enorme mafiosi, professionisti, commer-
cianti, anche quattro noti avvocati con sdegno della corpo-
razione che ha proclamato uno sciopero a Palmi e a Reggio
durato diciotto giorni. (�Come mai, giudice, li aveva accu-
sati ingiustamente? Ha fatto, come dicono, della giustizia
spettacolo?� �Ma no, c'erano talmente tanti arrestati che
nel carcere non ci stavano. Allora ne abbiamo sistemati al-
cuni nelle celle della polizia giudiziaria qui nel palazzo e
quelli della televisione li hanno ripresi mentre arrivavano
Dopo aver conosciuto Cordova e altri giudici come lui
incomincio a pensare che non sono i mezzi e i poteri che
mancano alla nostra giustizia, ma i buoni giudici. Qui a
Palmi � chiaro che tutti coloro che lavorano con Cordova si
sentono in stato di grazia, motivati dai suoi silenzi, dalla
sua imperturbabilit�, dal modo con cui sa leggere nelle
carte. Gli stanno attorno e ne ricavano un sentimento di
onnipotenza, tutto ci� che sembrava impossibile, tutti i ta-
b� del regno mafioso cadono, basta toccarli con un dito
vanno gi� come quinte di cartapesta. �<Sa cosa abbiamo ca-
pito?� dice il giudice Neri �che dove la giustizia � credibile
anche la famosa omert� mafiosa scompare. La gente non
parla con il giudice che passa il suo nome ai mafiosi ma
con quello che li protegge davvero, che non fa il doppio
gioco. Prenda il caso della faida di Cittanova fra i Facchi-
neri e i Raso-Albanese. La gente che non sta nell'universo
mafioso ha una strana idea delle faide, una vecchia idea,
i onore, per c
che si scannino per ragioni d' atene di vendet-
te. La vecchia idea della faida barbarica d' cui parla il poe-
1
ta "� orba e nun ccunnusce 'a verit� e ssurda e nun senti
ragioni prima dell'omu ammazza la piet�". No, oggi le
faide si svolgono fra due cosche per la conquista del territo-
rio, si uccidono a vicenda finch� una delle due si dichiara
sconfitta e passa all'altra i poteri. A Cittanova vinco no i
Facchineri e i loro soldati sostituiscono quelli dei Raso-Al-
banese nella riscossione delle tangenti. Ma esagerano,
mettons taglie insostenibili, i commercianti con il coraggio
della disperazione ci fanno sapere che sono pronti a resiste-
re, di noi si fidano, li riforniamo di registratori, di macchi-
ne fotografiche micro, i volti e le voci dei maflosi vengono
registrati, si fanno anche i riconoscimenti a futura memo-
ria che salvano la vita al testimoni, vivi o morti le loro te-
stimonianze sono incancellabili e magari al giudice Carne-
vale non basteranno, ma intanto noi che siamo qui a ri-
schiare la pelle li abbiamo mandati in galera.�
Purtroppo non tutti i giudici calabresi sono come Cordo-
va, Neri, Macr�. Quelli di Locri per anni non hanno fatto
un processo serio contro la mafia. A Reggio hanno sospeso
dalle funzioni il giudice Agostino Fortunato: concedeva le
libert� provvisorie ai mafiosi come se fossero decisioni col-
legiali, -come deciso da questo collegio da me presieduto e
dai giudici a latere,,, ma i giudici a latere non ne sapevano
mafiosi i suoi quadri, delicate marine. Il mestiere del giu-
niente. Un altro � stato trasferito, vendeva agli imputati
dice disonesto o vile � piuttosto facile, i modi per collabora-
re con la mafia senza correre rischi sono infiniti: accade un
delitto, il giudice sa chi � il mafioso colpevole ma finge di
prendere sul serio gli indizi che ci sono a carico di un pre-
giudicato che nel delitto non centra per niente. Il vero col-
pevole � coperto, il pregiudicato sta in carcere qualche me-
se e poi l'onesto giudice ammette che gli indizi non sono
validi e lo scarcera. Il caso � chiuso. Non tutti i giudici ca-
labresi si danno da fare per combattere la mafia. �Abbia-
mo avuto anche noi� mi dice Cordova �il nostro grande
pentito, un certo Marasco, che ha cantato fin che siamo ar-
rivati alla droga, allora si � pentito di essersi pentito. Co-
munque ci ha fatto una mappa aggiornata, precisa di tutte
le cosche mafiose, di tutti i responsabili delle guardianie,
diciamo gli esattori della mafia che si passano l'incarico di
padre in figlio. Ma non mi risulta che altre procure abbia-
no fatto uso di queste informazioni. Qualcuna, a posterio-
ri, ha dovuto ammettere che erano informazioni esatte, ma
dopo, quando i mafiosi si erano rovinati con le loro mani.�
Tutti i giorni il procuratore Cordova che abita a Reggio
viene e va da Palmi in macchina blindata e scortata. Ai
suoi nemici sembra uno spreco: �A Palmi dovrebbe stare�
dicono. Solerti e preoccupati per la buona amministra-
zione.
La lunga notte di Rosarno
Negli ultimi dieci anni la segreteria socialista di Reggio
Calabria � stata commissariata cinque volte, sono arrivati
a rimettere assieme i suoi cocci Tiraboschi, Marianetti,
Betulia, Franca, Presti, ma non c'� verso, prima o poi i so-
cialisti reggini tornano a fare elezioni e affari con la mafia
forse perch� non sono socialisti ma mafiosi. Il giudice Cor-
dova dice: �,I socialisti calabresi dicono che io li perseguito.
Ma non � cos�, non li cercavo proprio quando ho deciso di
far controllare le telefonate dei boss mafiosi di Rosarno.
L'indagine � durata due anni, ha interessato nove uffici
giudiziari, una ventina di magistrati, centinaia di poliziot-
ti,,. Ora che le registrazioni telefoniche sono state pubblica-
te da �Panorama�, si ha il quadro della naturale, quasi
normale alleanza fra politici socialisti ed esponenti della
cosca Pesce-Pisano, che parlano degli Zito come di vecchi
amici e della campagna elettorale come di una fatica che
gli tocca fare per accontentare ,gli onorevoli�. E a volte si
chiedono se questi lo hanno capito che chi riceve poi deve
dare: �glielo hai detto all'onorevole che deve darsi da fa-
re?�. Si trovavano spesso mafiosi e candidati al Cristal bar,
fra Rosarno e Gioia Tauro, elegante, ovattato, ottima pa-
sticceria, lo stesso bar in cui dopo le elezioni amministrati-
ve avevano alzato i loro canti di vittoria. �Siamo il primo
partito, abbiamo preso cinquecento voti in pi� a Rosarno,
siamo forti, siamo grandi.,, Privi ormai di ogni senso del
pudore. Ope legis il buon Cordova doveva chiedere la custo-
dia cautelare per i politici, pezzi grossi, il presidente della
commissione di controllo della Regione Calabria Battagli-
ni, il vicepresidente del Consiglio regionale Antonio Zito,
suo fratello il senatore Sisinio presidente della commissio-
ne Sanit� del Senato. E subito i parlamentari chiedevano e
ottenevano la immunit� parlamentare, si presentavano ad-
dirittura come dei perseguitati che miseria questo parla-
mento in cui gli inquisiti giudicano e coprono se stessi e
dichiaravano alla stampa: ,E riduttivo e banalizzante par-
lare dell'intreccio mafia politica�. Riduttivo? Dire che i
rappresentanti del popolo sono complici dei mafiosi. � ri-
duttivo? E banale? Povera lingua italiana, questa scono-
sciuta fra i nostri rappresentanti. Cos� molti dei pesci gros-
si sono sfuggiti all'arresto e sono finiti in galera solo Fran-
cesco Laruffa e Mario Battaglini con l'imputazione di ,as-
sociazione di stampo mafioso e alterazione dei voti nelle
elezioni amministrative del 1990,), subito rimessi in libert�
da una sentenza del giudice Carnevale, ma a noi sembra
che abbia perfettamente ragione Cordova quando in con-
trasto con altri magistrati, come Carnevale, afferma che
prendere voti dai mafiosi, chiedere voti ai mafiosi � reato
perch� � ben chiaro ci� che sta dietro a quei voti di violen-
za e di terrore. Cos� si fa la politica in Calabria e a Rosar-
no. Le famiglie Pesce-Pisano sono le padrone incontrasta-
te, i Pesce hanno una azienda agricola di settecento ettari
coltivata a kiwi e a eroina, ne hanno trovata a quintali as-
sieme a mitra Kalashnikov e tre fucili a pompa piU duecen-
tocinquanta milioni ben sistemati nel terreno in pozzetti
foderati di polistirolo. Chi ce li ha messi? Il boss dei boss
Beppino Pesce sta in carcere e non sa nulla, neppure suo
fratello ha idea di chi ce li abbia messi e neppure i loro ni-
poti Francesco Laruffa e Gaetano Rao che stanno nel Con-
siglio comunale. E Gaetano Rao riceve i giornalisti sulla
porta della sua fazenda e dice: �E tutta una montatura,
una risposta alle richieste che i socialisti hanno fatto perch�
si chiarisca l'attivit� della procura di Palmi�. Cordova sor-
ride e dice: ,Ma si, chiariremo al processo,). Uno dei penti-
ti ha detto: �Il coinvolgimento dei politici? Non chiedetelo
a me, chiedetelo a Craxi, sono tutti socialisti�.
A Rosarno la mafia ha il volto delle istituzioni, mette i
suoi uomini nei municipi, direttamente, senza pi� ricorre-
re agli uomini di paglia. Qualche volta va male, qualcuno
finisce in carcere ma se la caveranno, il tribunale della li-
bert� li far� uscire, il giudice Carnevale casser� le senten-
ze. Si � appena scoperto che la mafia ha uomini suoi nella
cancelleria della Suprema corte. E appena fuori ricomince-
ranno a minacciare chi non ci sta, a manipolare le liste, a
terrorizzare i votanti. Perch� questo � il fatto pi� ango-
sciante di Rosarno, la scomparsa della sinistra, la distru-
zione di ogni opposizione. Giuseppe Lavorato, deputato
del Pds � uno dei pochi che continuano a battersi e a guar-
darlo mi si stringe il cuore. E un uomo bello e fiero Lavo-
rato, l'onest� e il coraggio gli splendono negli occhi, nel vi-
so. Ora capisco cosa vuol dire �a viso aperto�, � il viso di
chi dice ci� che deve dire, che non ha da pentirsi per quello
che ha fatto e che continuera a fare. �Sa cosa mi ha detto
l'altro giorno un compagno passato dalla parte della ma-
fia? Giuseppe, mi ha detto, non fare fesserie, impara anche
tu a vivere, ti insegno io a vivere. No, gli ho detto, tu non
mi insegni niente perch� quello che io e i compagni abbia-
mo dopo venti anni di lotte � proprio questo che nessuno ci
deve dire come dobbiamo vivere, nessuno ci pu� chiedere
di vivere piegando la testa davanti ai mafiosi. E vero, sia-
mo rimasti in pochi e isolati e questo � un dramma della si-
nistra italiana che fa finta di non saperlo. Lei deve cono-
scere la storia vera di questa sconfitta. Trent'anni fa Bep-
pino Pesce era un contadino povero di una famiglia nume-
rosa e gli era capitata in eredit� la guardiania di una zona,
doveva fare da sentinella per conto della mafia. E campava
male, quella mafia campava ancora di abigeato e di miseri
scippi. Noi allora con questi mafiosi delle guardianie con-
vivevamo. La mafia c'era ma non soffocava il paese, erano
come dei cani che frugavano fra le 'mmondizie. i guardia-
ni come Beppino potevano anche farci dei favori, comun-
davano noia. Ma il governo sapeva come col-
que non ci davano noia, ma il governo sapeva come col-
pirli, come metterli contro di noi: alla vigilia delle elezioni
li convocavano nella caserma dei carabinieri e gli diceva-
no: "Dovremmo mandarvi al soggiorno obbligato, dipende
da voi, da come vi comportate". Loro sapevano come, ac-
compagnavano il candidato dei partiti di governo, gli si
piantavano a fianco sul palco, sul balcone perch� tutti ca-
pissero da che parte stava la mafia. Poi cominciarono i
grandi lavori pubblici e il Beppino Pesce come i Piromalli
come i mafiosi pi� intelligenti e decisi si mise nel lavoro del
movimento terra e per comperare i camion nel commercio
della droga. Allora i rapporti fra noi e la mafia cambiarono
radicalmente: non eravamo pi� il partito dei contadini che
dava una mano anche ai loro parenti rimasti a lavorare nei
campi, eravamo il nemico, quelli che ostacolavano la loro
scalata. Diciamo che si era al princ'pio degli anni ottanta.
Loro stavano crescendo in ricchezza e forza ma noi erava-
mo ancora numerosi, forti, uniti, attaccarci in pubblico
non osavano. Furono anni di grandi lotte, di grandi mani-
festazioni. Un giorno a Taurianova Ciccio Mazzetta stava
parlando in piazza quando in mille ci mettemmo a gridar-
gli di andarsene e se ne and�. A Palmi sfilammo contro i
Mammoliti e qui a Rosarno quando alcuni compagni furo-
no minacciati dalla mafia andammo in massa alla caserma
dei carabinieri. Una volta partimmo dalla piana con venti-
due pulman per andare a Gioiosajonica dove avevano uc-
ciso un compagno. Passammo sotto la casa dei mafiosi Ur-
sini gridando: "Ursini assassini! Ursini assassini!". Ma voi
di quelle nostre lotte non ve ne siete neanche accorti, voi vi
occupavate solo del terrorismo, i vostri giornali erano pieni
delle imprese di quei quattro avventurieri, persino il no-
stro partito non capiva che stava per cominciare la lunga not-
te in cui stiamo, che sembra non debba finire mai. Ogni
anno che passava i Pesce e i Pisano erano pi� forti, pi� ric-
chi, il loro clan poteva contare su un migliaio di voti e con
mille voti sicuri a Rosarno si � padroni del Comune. Che
potevamo dire ai contadini poveri? Resisti, fatti incendiare
la casa, fatti massacrare di botte, fatti tagliare la vigna?
No, non potevamo dirlo, ci rimettevamo alla loro scelta.
Cos� i giovani cominciarono a non rinnovare la tessera e se
passavano dall'altra parte facevi presto a capirlo, bastava
guardare come si vestivano, che orologio avevano, che
scarpe. Li chiamavamo " ragazzi dalle scarpe lucide
Erano diventati soldati della mafia e si facevano pure l'au-
tomobile. Nel 1980 assassinarono Giuseppe Vallarioti e fu
il segnale che Rosarno era diventata terra di guerra. Tutto
� stato rapinato, violentato, rubato cinque o sei volte, l'uf-
ficio postale, le banche, le pensioni, le automobili, persino
a un netturbino hanno portato via il portafogli, e di morti
ammazzati una trentina. Mi chiede perch� la mafia non
tenga un suo ordine a Rosarno? Non le interessa, i capi
stanno nelle loro tenute e lasciano mano libera in paese alla
piccola delinquenza, � il loro vivaio, reclutano i pi� duri,
eliminano gli incerti, ma non creda che non controllino la
zona. Nel 1989 ci fecero capire che potevano ammazzarci
tutti. Ci fu una manifestazione in piazza e alla fine i com-
pagni che abitano li dissero: "Perch� non vi fermate per
una spaghettata?". Restammo in una trentina con mogli e
figli, stavamo mangiando quando uomini armati e ma-
scherati ci circondarono. Le donne cominciarono a urlare,
i bambini a piangere, furono dieci minuti terribili, ma i ca-
rabinieri non si fecero vedere. Che rapporti ho con i mafio-
si di Rosarno? Nessuno, ma so cosa dicono quando passo,
ecco la rovina del paese, dicono, senza quello ci sarebbe da
viver bene tutti. E so che ci sono compagni che per paura
tacciono e magari gli danno ragione. Si, so che cosa dicono
di me i mafiosi: che criminalizzo il paese, che non mi fac-
cio gli affari miei, che se resto io il governo non manda pi�
i soldi.�
Che tristezza ascoltare il compagno Giuseppe Lavorato
E questa punizione dei migliori che incontro in ogni luogo
del profondo sud ad angosciarmi, questa umiliazione con-
tinua degli onesti, questo tradimento dello stato verso i
suoi cittadini migliori. E mi fa paura pi� della mafia: vede-
re che per una politica di rapina e di scrocco si � buttato
via questo patrimonio di civilt� che c'era nel Mezzogiorno,
le lotte dei lavoratori, la loro solidariet�, il loro orgoglio di
gente onesta. Che infelice sciagurato paese � mai il nostro!
La mafia non � solo crimine, � qualcosa di peggio e di irre-
sistibile, � un modo di vivere, di guadagnare, di risparmia-
re, di distribuire che nel sud non ha concorrenti perch� il
modello reale di sviluppo, il modello legale qui ti offre solo
povert� e sottomissione, ma se vuoi davvero essere persona
di rispetto, tenere i soldi per entrare nelle boutiques, per
comperarti l'auto, la casa, le scarpe lucide in qualche mo-
do con la mafia devi accordarti. Ero a Reggio e ho chiesto
a una guardia municipale dove fosse la sede dei comunisti.
Non lo sapeva. Con la sua radio si � messo in contatto con
il comando e gli hanno risposto che non sapevano, sapeva-
no che si era trasferita ma non sapevano dove. Bel capola-
voro abbiamo fatto: gli umili e gli onesti ci hanno voltato le
spalle, non si fidano pi� di noi, pensano che li mandiamo
avanti a farsi bastonare e intanto siamo d'accordo con
quelli che li bastonano. E siccome da noi � difficile capire
chi � di una classe e chi dell'altra, chi � nato con la camicia
e chi no, siccome siamo un popolo confuso si piegano ai
mafiosi che almeno quelli sanno chi sono.
Il mistero Ligato
�Sa dove � la casa di Ludovico Ligato?,) �-A chiddu cu spa-
rarunu?� chiede, illuminandosi negli occhi azzurri l'uomo
che sta sulla porta del negozio di ferramenta. �A chiddu.,)
L'uomo mi fa cenno di seguirlo, sale su una vecchia Sei-
cento e va per una stradina in terra battuta che dalla su-
perstrada per Reggio scende al mare. Siamo a Bocale,
trenta chilometri da Reggio, dalle parti di capo Spartiven-
to. Ora prende a sinistra per un tratturo che si ferma con-
tro la massicciata della ferrovia; quelle canne mosse dal
vento, quell'odor di acque putride nelle cisterne che senti
nelle marine povere. �Lei lo conosceva?,) gli chiedo. Sorri-
de con la sua faccia raggrinzita: �Tu mi chiedesti undu sta-
va e qui ti ho portato,,. �,Ma qual � la casa?� �La trovi dopo
il sottopassaggio,, Il sottopassaggio � un cunicolo largo un
metro, alto poco di pi�, bisogna passarci curvi camminan-
do nell'acqua di un rigagnolo. La casetta, un cubo bianco
a un piano, sta allineata quasi attaccata alle altre trenta,
identiche, serrate in una striscia di dieci metri fra la mas-
sicciata e la spiaggia strettissima, pensi che se il mare un
giorno si infuria si porta via tutto. Quando passano i treni
della jonica il frastuono sgretola le case. Gli assassini arri-
varono come sono arrivato io, per il sottopassaggio, forse
Ligato li conosceva e gli apr� la porta, forse lo trovarono
fuori al fresco: da dove era partito povero, dove aveva vo-
luto tornare ricco e potente, questo giornalista di provincia
diventato il presidente delle Ferrovie, la pi� grande impre-
sa dello stato italiano.
Lo avevo incontrato a Roma nei giorni dello scandalo
delle �lenzuola d'oro),, le lenzuola di carta per le cuccette
pagate a prezzo altissimo. Si era appena dimesso, rinviato
a giudizio come gli altri della direzione, ma ostentava un
grande ottimismo, mi dava del tu come a un vecchio colle-
ga: �Ti ricordi la prima volta che ci siamo visti a Reggio
alla "Gazzetta del Sud"? Adesso non posso raccontart' i ma
appena � possibile ti chiamo, ho dovuto pagare tutti dal di-
rettore generale ai consiglieri, comunisti e democristiani,
socialisti e socialdemocratici,). Non mi ha pi� chiamato.
Allontanato dalla presidenza, emarginato dal partito de-
mocristiano ha lavorato come un pazzo per prendersi la ri-
vincita e quale � la rivincita di un uomo di sottogoverno,
oggi, se non diventare ricco, diventare qualcuno che con-
ta? In pochi mesi aveva creato con il figlio una trentina di
societ�, gusci vuoti da riempire con gli affari del �Progetto
Reggio� una delle tante mangiatoie del sistema, strombaz-
zato sulla stampa di regime come 'rrecusabile per Reggio
�il cui risanamento e sviluppo urbano � di preminente inte-
resse nazionale�. E come sperava di ottenerli gli affari?
Con gli stessi strumenti politici con cui era arrivato alla
presidenza delle Ferrovie, qualcosa che aveva funzionato
molti anni prima facendo di uno sconosciuto giornalista un
leader del partito. Legami con la mafia? Nemica non gli
era, non si prendono ottantaduemila voti di preferenza se
si � nemici dei Di Stefano o dei Piromalli.
In Calabria non � necessario che un uomo politico faccia
parte della mafia, basta che dia qualche segnale di rispetto.
E qualcuno Vico lo aveva mandato. Nel 1982 aveva scritto
una apologia di Francesco Macr�, il signore di Taur' iano-
va, poi qualche intervento a favore dei forestali dell'Aspro-
monte o delle famiglie dei carcerati di Plat�. Saliva in cor-
data con Riccardo Misasi e fin che ci fu Moro non arriva-
rono molto in alto, ma quando venne l'ora di De Mita al-
lora spiccarono il volo l'uno verso il governo l'altro alla
presidenza delle Ferrovie. A chi mostrava sorpresa per
quella sua nomina, a chi chiedeva che ci facesse alla dire-
zione delle Ferrovie uno che sapeva niente di aziende e di
bilanci, i democristiani rispondevano: �,Ma � figlio d' i un
ferroviere,). Ottimista, frenetico, cordiale con i vecchi ami-
Ci giornalisti, �Vico� era un ottimo press agent di se stesso,
sapeva come lisciare il pelo ai cronisti, gli faceva regali, li
mandava all'estero per studi e congressi sulle strade ferrate
e alla maniera ferroviaria invece di dire ,signor' in carroz-
za� diceva �signori si cambia,,, si fanno i treni superveloci,
i treni che spaccano il minuto, le direttissime, gl' intercity.
E tanto per cominciare le Ferrovie acquistavano a Reggio
un bel palazzo �che c'� di strano, Reggio � il centro nevral-
gico del sistema ferroviario del sud�. Poi, secondo il codice
consociativo, bustarelle e tessere per le spese gratuite di
rappresentanza a tutti, che si comperassero scarpe, dischi,
gioielli per la moglie o per l'amica, un cappotto di cashe-
mire magari e viaggi di studio a New York, nel Canada, in
Australia. Niente di speciale, si faceva cos� dovunque, a
Torino la pentola era stata scoperchiata dal sindaco Novel-
li, un moralista, un �salesiano�.
E cos� a Roma il carnevale continuava, l'intraprendente
industriale Graziano ungeva come suol dire, le ruote e ot-
teneva dalla direzione dei contratti principeschi per la tor-
nitura delle lenzuola di carta per le cuccette. La vicenda
giudiziaria � ancora in corso, i direttori delegati dai partiti
si apprestano al lungo iter dei processi di primo, secondo e
terzo grado che non gli impediscono di stare in villa a Ca-
pri o a Cortina e di occuparsi di affari. Ma una cosa abbia-
mo visto, sbalorditiva: come il partito di governo lasci ca-
dere un personaggio incomodo, lo lasci proprio andar gi�,
come diceva Dante �come corpo morto cade),. Il partito as-
siste indifferente, ostile alla frenetica attivit� affaristica di
�Vico,, e quando muore assassinato �Il Popolo,,, organo
della Dc, esorta (,a stendere un pietoso velo,,. notabili del
partito disertano i funerali, l'amico protettore Riccardo
Misasi ne parla come di un estraneo: �L'assassinio di Li-
gato mi risulta incomprensibile. Non lo avevo pi� visto.
Aveva iniziato una attivit� economica personale. Perch�
non sono andato al funerale? C'� stato un disguido, crede-
vo che i funerali li facessero a Roma,,. <Non crede che si
tratti di un delitto di mafia? Che Ligato abbia in qualche
modo violato i patti che uniscono la mafia ai partiti?,, ��No,
non credo, non esistono rapporti organici fra la mafia e i
partiti.,)
Il silenzio che ha coperto tutti i delitti eccellenti della re-
pubblica cade sul caso Ligato, sin dai primi passi i giudici
istruttori Macr� e Lombardo hanno l'impressione di muo-
versi su sabbie mobili. Il presidente delle Ferrovie non ave-
va conti in banca, aveva messo assieme un patrimonio ar-
cheologico, ma i conti in banca erano intestati ai parenti.
Perquisiscono il suo ufficio romano e trovano la fotocopia
di una cambiale da sessanta milioni di dollari di propriet�
di una societ� libanese. Risulta che la cambiale � stata por-
tata dall'America da Carlo Remondino, un trafficante di
armi il quale ha dato la copia a Vincenzo Cafari, un fac-
cendiere amico di Ligato. Lo hanno ucciso i mercanti d'ar-
mi? Si era ingolfato in un traffico di armi? Ma arriva il 24
ottobre del 1989, entra in vigore il nuovo codice di proce-
dura penale e i giudici istruttori devono interrompere la lo-
ro ricerca e passarla ad altri giudici. I quali non lo dicono,
ma lasciano capire che il caso non � risolvibile perch� il
mondo politico in cui Ligato � vissuto chiude tutte le porte.
Per quattro volte i giudici vanno a Roma all'alto Commis-
sariato antimafia, si incontrano con il giudice Di Maggio,
capiscono che anche lui ne sa poco. Viene fuori una nuova
pista, forse Ligato era dentro il grande scandalo della Ban-
ca Nazionale del Lavoro, dentro il fiume di miliardi finiti
negli aiuti all'Iraq di Saddam. Ma anche quella pista si
perde, le banche non parlano, i servizi segreti non collabo-
rano. Ho chiesto a un giudice: �Vi siete fatti una idea di
quelle che erano le sue relazioni politiche? i suoi protetto-
ri? i suoi nemici?,,. �Abbiamo raccolto poco, era nel giro di
De Mita, aveva finanziato il centro culturale Tartaglione
di cui � presidente l'onorevole Giuseppe Gargani, braccio
destro di De Mita, per anni presidente della commissione
Giustizia alla Camera.� �Graziano era stato raccomandato
da qualcuno dell'entourage di Gargani?,, �Non lo sappia-
mo, certo quando ottenne da Ligato e dalla direzione delle
Ferrovie il contratto, era gi� stato accusato di truffa verso
lo stato.� �Le indagini sono chiuse? L'onorevole Calvi del-
la commissione antimafia ha chiesto pubblicamente di sa-
pere perch� tutto tace su questo delitto. Non un delitto da
poco, Ligato � stato il primo politico importante ucciso in
Calabria. A parecchi � sembrato che contenesse questo
messaggio mafioso: signori della politica adesso che arriva
il grande affare del "Progetto Reggio" non potete tirarvi
indietro, l'associazione che avete stretto con noi in questi
anni non � di quelle che si sciolgono da un giorno all'al-
tro.� �No,� mi ha risposto il giudice, <le indagini sono an-
cora aperte, ma � come se fossero gi� chiuse. Qualcuno a
Roma ha fatto scomparire tutte le carte interessanti, com-
promettenti. Capita sempre cos� dopo un delitto eccellente,
quelli dei servizi segreti passano negli uffici a fare pulizia
preventiva. Solo Oscar Luigi Scalfaro ha chiesto alla De-
mocrazia cristiana di prendersi la responsabilit� di questa
morte. Gli altri zitti. E posso capirli, uno di loro, anni fa
mi aveva fatto telefonare da un suo fratello perch� rinviassi
un processo contro il clan Piromalli.),
La villetta di Bocale � vuota, la vedova e il figlio di Liga-
to non ci vengono mai. Sta l� stretta fra le altre villette a
schiera dietro la massicciata della ferrovia ancora a binario
unico come nel 1900 quando ci pass� il primo treno e i no-
bili scesero in calesse dalle loro ville a veder passare il mo-
stro d , acciaio che per il Metaponto collegava Reggio a Na-
poli.
Il ritorno di Pitagora
Nella piana di Gioia Tauro scorrono cinque torrenti che si
riuniscono nel fiume che ora si chiama Petrace, ma che se-
condo il senatore Argiroffi � il Metauro omerico dove i
compagni di Ulisse vennero uccisi dall'ira di Giove per
aver mangiato i buoi sacri. Meno sicuro che Oreste si gett�
nelle acque del mare dalla punta che porta il suo nome, per
sfuggire alle Furie, ma dietro i miti e le leggende si sa c'�
sempre la verit� del mondo. <Secondo lei Omero passa da
queste parti?� gli ho chiesto. (Ma ne sono certissimo, chi
ama la poesia non pu� che esserne certissimo, la storia dei
molti Omeri, delle tradizioni orali messe assieme dagli
scribi dei secoli successivi � pura idiozia, bisogna essere
sordi di cuore e di orecchi, non avere vista o tatto per dubi-
tare delle cose che vide, che tocc�, che respir� come viag-
giatore e poeta.,) Forse il senatore � anche certo che Ercole
fu un eroe in carne ed ossa che venne a riposare delle sue
fatiche sulla riva sinistra dell'Amendolea dove da allora,
per non disturbare il suo riposo, tacciono le cicale. Omero
� vivo per i calabresi del sogno e della cultura come lo � Pi
tagora, di cui attendono il ritorno come del messia perch�
si realizzi �la lunga durata� dello storico Braudel secondo
cui le grandi civilt� possono appannar ' si, scomparire come
i fiumi carsici ma certamente ritornano. Se ne parla e se ne
scrive nei circoli che hanno nome Pandosio, Regnium Ju-
lii, Crimisio, Petelio, Hipponio, da gente che si chiede co-
me sia mai possibile che il passato glorioso della Magna
Graecia si sia esaurito in questo presente feroce e rozzo,
Ma a Omero-Ulisse marinaio credono un po' tutti i tirre-
nici, lo fanno arrivare, Zeus sa come, alle Bocche di Boni-
facio, il paese dei Lestrigoni dove butta le ancore nel calan-
co fondo di Porto Pozzo, passa in Sicilia dove lo coglie la
bonaccia, fermo otto giorni nel porto a forma di falce di
Messina, passa lo Stretto dove Scilla latra e le sirene canta-
no, si ferma a Metauro nella piana di Gioia, seppellisce un
compagno a Temesa, lascia un suo cippo alle 'sole dei Tre
Galli vicino a Sorrento, si rifugia nel porto di Nisida dove pu�
dormire senza ancore e ormeggi�.
C'� una Calabria che festeggia a capra e champagne
l'uccisione di un nemico, che vede bande assassine muove-
re a reciproca preda e morte e una che distoglie lo sguardo
dalla infamit� del presente e lo volge al passato, interpreta
i suoi segni, legge le sue epigrafi, su antichissime pietre e
coppi. Ho interrogato Felice Costabile, uno che legge le
pietre e i coppi in un magazzino del Museo, lui e quattro
operai artigiani che sanno come pulire le pietre, restaurare
un capitello. Lui mi guidava per l'immenso laboratorio
pieno del passato remoto che qui ti dice qualcosa, te lo ri-
corda, almeno, ad ogni passo. Indicava una lapide. (Su
quella ho letto di Giulia, la figlia scostumata di Augusto.�
Scostumata?� �Cosi dicono. Venne qui a Reggio da Pan-
telleria, quando suo padre un po' si impietos�, si fece una
piccola corte, amici e servi la ricordano nell'epigrafe. E
quel grande tegolo sa cosa dice? Copriva la tomba di un
funzionario romano, i fornaciai che lo conoscevano scrisse-
ro ci� che pensavano di lui, insulti derisioni come pseludo
camiciarius, una parolaccia met� in greco, met� in latino e
da quel coppo sappiamo che in epoca romana qui si parla-
va una lingua mista di greco e di latino. Da queste pietre
sappiamo che un greco di Reggio lavorava in media quat-
tro ore al giorno, il resto politica, sport, danza. Il lavoro
pesante lo facevano gli schiavi. Oggi chi fa politica ruba a
man salva, allora gli eletti versavano forti somme al Muni-
cipio, costruivano a loro spese terme e giardini. E sa di
quanti metri quadrati erano gli alloggi popolari? Di cento,
il doppio di oggi. Allora Reggio era un grande porto sulla
rotta per Pozzuoli e Ostia, le destinazioni restano scritte
sugli otri.,)
I professori, i notai, gli avvocati, i giudici della Calabria
civile aspettano il ritorno di Pitagora e se un allobrogo co-
me me viene a interrogarli sui mali presenti gli sale dentro
un mite furore, li riprende la secolare ossessione, l'enigma
di come sia stato possibile dimenticare, cancellare una cos�
alta qualit� della vita e nascondersi per secoli, come coni-
gli, come lupi sulle montagne. Ci pensano e il furore per
uno stato che fa poco e male per conservare le grandi me-
morie da mite si fa ruggente. Per tredici anni il Museo di
Reggio � rimasto quasi chiuso. Al sovrintendente in carica
non garbava che si vedesse il lavoro fatto dal suo predeces-
sore, teneva aperte solo le sale di Locri. Deve esserci un
nuovo sovrintendente perch� ora sono aperte le altre sale,
ma non sono riuscito a trovare quelle di Locri dove c'� la
stupenda serie delle tavolette in ceramica che raccontano il
matrimonio di Proserpina con Plutone che per Miss Elliot,
viaggiatrice inglese dell'Ottocento, fu <,Il primo sequestro
di persona ma senza riscatto),. Ma per i cittadini di Locri
Epizefiri in quel matrimonio fra una loro ricca concittadi-
na e il re degli inferi non c'era n� mistero, n� timor panico,
era un bel matrimonio di una fiorente colonia agricola
commerciale che aveva trovato in Calabria la sua Califor-
nia, felice delle sue navi veloci, delle sue terre fertili lavora-
l'altro capo della oscillazione onirica, da un lato Locri �fio
te da schiavi autoctoni, i Bretti, i calabresi di montagna,-
re d'Italia,, come la chiamava Platone, dall'altro i Bretti
che nelle accademie e nei seminari �si pongono senz'altro
come un riferimento culturale necessario, sia per capire
l'anima del calabrese, sia per recuperare l'unit� etnica,,.
Nelle tavolette Proserpina � la figlia d' un colono benestan-
te che ha trovato per lei un marito come si deve, Plutone,
questo signore del sottosuolo, dell'acqua che sgorga dai
pozzi, delle miniere di ferro e di rame. Un vero matrimo-
nio di notabili. Proserpina non � una gran bellezza, i suoi
occhi glaucopidi sono un po' bovini, a venti anni ha gi�
messo su fianchi abbondanti, ma sono le giovani inquarta-
te, le buone fattrici che piacciono ai colonie La madre le
spiega un po' come ci si comporta la prima notte di matri-
monio, poi assieme a una zia e a una vicina di casa la ac-
compagna a comperare l'abito da sposa e il corredo, un
tessuto ateniese per l'abito delle nozze, caro, ma ci si sposa
una volta sola specie se poi si scende nell'Ade. Poi eccole
dalla sarta per le prime prove mentre il padre provvede al
gran buffet con i vini di Cipro, i formaggi a cono e �le fu-
manti carni� di cui parlava il marinaio Omero che forse fu
tra gli ospiti. Gli invitati d�i, da parte di Plutone, arrivano
via i signori
con i doni, mica che si sono buttati ' ' ' dell'Olim-
po, mazzi di spighe, qualche pollastro, falci, carri, vasella-
me come se la madre di Proserpina avesse fatto la lista del-
le cose utili. E siamo alla cerimonia, gli sposi seduti l'uno
accanto all'altro, contegnosi, impettiti, gli invitati che si
spingono, che sghignazzano. Ora la madre aiuta Proserpi-
na a preparare i bauli, sotto le tuniche e i lenzuoli, sopra il
vestito da sposa costato un occhio della testa, ma ci si sposa
una volta sola. Questa religione concreta che a noi allobro-
ghi ricorda un po' le province bianche della Lombardia e
del Veneto con il banco San Paolo, lire e religione ben
combinate. Qui, come sappiamo da alcune lam ne bron-
zee, la banca era il tempio, sono rimaste le contabilit� dei
prestiti fatti ai coloni, degli investimenti nelle opere pub-
bliche e nelle guerre, per acquistare armi, costruire torri e
finanziare lafratria, la nomenklatura di Locri, i padri fon-
datori e i loro eredi. Uno studioso di qui di nome Delfino si
� chiesto da dove venissero quelle grandi ricchezze. Dal
frumento e dall'olio delle coste? Dal legno e dalla pece del-
l'Aspromonte? In parte s�, ma il grosso veniva dalle merce-
di alle sacerdotesse, divine prostitute, una vera holding
della prostituzione sacra con un fatturato imponente.
Scampato ai banditi dell'Aspromonte, fuggito dalla pia-
na dei mafiosi e dalla costa gremita di boutiques e di poli-
ziotti sono salito per la costa jonica a cercare Sibari: un
cartello con quattro case, un negozietto di alimentari che
promette �latticini locali�, un mare invisibile, una costa
lontana occupata da un camping, ma � rimasto il Crati, il
fiume dall'acqua verde e fonda lungo la riva destra coperta
di alberi, nuda e ciottolosa quella di sinistra. Qui in questo
vuoto sorgeva la �rrande citt� che nei secoli abbiamo sogna-
to, desiderato, temuto come il grande peccato colpito dal-
l'ira degli d�i, le case dei ricchi dove ogni mattino, secondo
lo storico Ateneo, si cambiavano i petali di rosa per i cusci-
ni e si stendevano i velari di porpora a protezione degli or-
ti, e le stalle di marmo dove si dava ai cavalli cibo in tale
abbondanza che quando arrivarono i crotoniati in armi,
quel cupo giorno del 510 avanti Cristo, trotticchiavano
lemmi e al suono delle trombe nemiche si mettevano a
danzare come i lipizzani-
Uscito per qualche ora dalla Calabria feroce mi � sem-
brato di risentire la voce di Tacito dopo la fine del terrore
di Tiberio �Nunc redit animus�, ora si respira. Che pace a Si-
bari e camminare nella piana fra aranceti e girasoli, guar-
dare il grano, gli eucalipti, le pecore, le bufale che anche
oggi potrebbero mantenere la grande citt� di duecentomila
abitanti scomparsa, cancellata dall'acqua del Sibari e del
Crati, lei che aveva mura lunghe undici chilometri, vasta
cinquecento ettari.
Non c'� pi� Sibari, ma c'� ancora l'incanto che la cir-
condava, ci sono la terra, l'acqua, il cielo, i vapori d'ar-
gento che a sera stanno a segno del golfo tra il mare blu in-
tenso e le valli boscose che scendono dal Pollino alle luci
dorate della piana, alla sua dolcezza raccolta, da cui nasce-
va la promessa dei vecchi sibariti �mai lontani da questa
citt�-. Era proprio qui Sibari la grande. Vado a visitare il
cantiere di Stombi che � la prova decisiva della sua scoper-
ta. Si sapeva che le citt� sorte sulle rovine di Sibari, Turi e
Copia erano pi� piccole. Dunque dovevano esserci dei
quartieri greci da disseppellire: Stombi � uno di essi, quar-
tiere operaio. Nello spazio di duecento metri ci sono tre
fornaci di ceramisti e orefici. In una hanno trovato un pet-
torale d'argento e d'oro, splendido ornamento femminile e
poi statuette votive, altarini, tutti datati in quei due secoli
in cui Sibari visse il suo effimero splendore, dal 709 al 510
avanti Cristo.
I calabresi colti e miti che non hanno ancora risolto l'e-
nigma di quel loro paradiso perduto, aspettano il ritorno di
Pitagora, della ragione solare, dell larmonia terrestre. Ma
altri calabresi sono i peggiori, i piU implacabili nemici, i
distruttori del grande passato. Quei notabili di Locri che in
anni recenti fecero una guerra dura al povero Ugo Serafi-
no scopritoree custode delle rovine greche racchiuse, di
Delfino, �come in uno scrigno fra la piana di Marasa e le
colline di Castellace�. Serafino non aveva fatto studi di ar-
cheologia ma aveva testa, intuito e amore. Fu lui che si ac-
corse che il belare delle pecore produceva strani effetti acu-
stici fra gli ulivi digradanti al mare nel luogo dove si � tro-
vato il teatro greco. Sono calabresi quelli che hanno di-
strutto rovine greche e romane a Reggio, fra cui la fontana
monumentale lunga cento metri e alta sei sul lungomare, e
chiese bizantine e tempietti greci fatti saltare con la dina-
mite per farci una passeggiata sopra la ferrovia. Dei bronzi
di Riace per cui Reggio sembr� pronta alla rivolta, da cui
part� per i suoi sogni di rinascenza turistica e commercia-
le, non si occupa pi� nessuno. Nel Museo hanno assunto
come custodi e guide degli analfabeti che rispondono alle
domande con grugniti. Non sanno niente di ci� che custo-
discono, come se fosse un capriccio del Municipio conser-
vare quei cocci di terracotta e quei marmi spezzati. Leggo-
no (�Il Corriere dello sport�, sonnecchiano, guardano im-
mobili il soffitto. �La costiera dello jonio,,, ha scritto Alva-
ro, �la pi� illustre per le memorie della fiorente vita antica
e di ci� le � rimasto una arcana bellezza.), La bellezza arca-
na e l'enigma.
La malavita di Garibaldi.
Elizabeth Gaskell scrittrice inglese trovatasi a passare per
l'Italia meridionale nell'anno dell'Unit� racconta: �All'ar-
rivo a Napoli di Garibaldi la camorra prese l'intero con-
trabbando sotto la sua speciale protezione. Pasquale Me-
notte, il capo mafia, si occupava dei dazi. Non appena ar-
rivava un carico di vino o di grano si presentava con i suoi
armati alle guardie gridando:
Lasciate passare, � roba di
Garibaldi",). Una cooptazione dell'eroe dei due mondi il
quale ha lasciato un segno cos� forte nella immaginazione
meridionale che anche la 'ndrangheta calabrese ne ha fatto
un suo padre fondatore, un suo eroe.
�Garibardo,� mi dice lo storico Gaetano Cingari, (�e il
grado pi� alto della 'ndrangheta, per primo se ne � insigni-
to Santo Aramiti poi � toccato a Mommo Piromalli e a
Paolino Di Stefano.,, Gli studiosi come Cingari sono dei
calabresi esiliati nelle loro belle case, conservano con la re-
gione e la loro gente un rapporto culturale, di rado fanno
delle sortite nell'inferno che li circonda, stanno come mo-
naci in convento nelle loro stanze piene di libri, di quadri,
con mogli amorose in attesa che la barbarie sia finita, se fi-
nir�. La casa di Cingari, autore della Storia della Calabria
dall'Unit� a oggi, � sopra Villa San Giovanni, a Campo Ca-
labro, e di sera si vedono le luci di Messina al di l� di un
�braccio di mare che � largo come un oceano), come dice il
biologo Enzo Mutolo, palermitano. A trecento metri dalla
casa di Cingari hanno assassinato mesi fa il giudice Scopel-
liti, a Villa San Giovanni hanno assassinato nell'ospedale
un dirigente della Democrazia cristiana ricoverato per un
attentato, in questa periferia, nel quartiere Archi la sera
circolano le ronde armate dei mafiosi, se vi fermate con la
vostra automobile vicino alla casa di un boss vengono a ve-
dere chi siete e vi dicono di sparire. Reggio feroce e insan-
guinata sembra concentrare nelle sue misere strade l'infeli-
cit� e le iniquit� della Calabria e noi siamo qui in poltrona
a occuparci di storie passate, di un tema elegante, la pre-
senza patriottica, risorgimentale nella vicenda della mafia.
Cingari � un bel signore magro a cui le molte letture hanno
insegnato a padroneggiare la parola, a regolarla come un
corso d'acqua limpida, ora impetuoso ora placato nella ri-
flessione. ,Vedi, prima dell'Unit� d'Italia la mafia non era
l'antistato, era una faccenda popolare che viveva fuori dal-
lo stato, in parte banditismo, in parte gestione rurale della
giustizia. Come organizzazione malavitosa che ha rapporti
con lo stato di conflitto e di complicit� si forma lentamen-
te, i prefetti piemontesi che pure tendono a raccontare il
sud a tinte fosche non se ne accorgono, nelle loro relazioni
insistono a parlare di criminalit� spicciola, non di un con-
trollo mafioso del territorio. Quando poi la mafia, che allo-
ra non si chiamava 'ndrangheta, afferma la sua presenza,
quando non � pi� possibile ignorare che nelle campagne e
un potere, viene scambiata dagli scrittori socialisti per una
sorta di societ� di mutuo soccorso. Francesco Arca, sinda-
calista rivoluzionario di Civitanova ne d� una immagine
populista, Giovanni De Nava la racconta come la buona
societ� che riscatta i poveri dalla miseria e dal lupanare. E
cos� deve essere vissuta dai suoi fondatori se il primo nome
della associazione � la Fratellanza.
Cingari � uno storico scientifico, come usa dire, uno che
scrive in base ai documenti di archivio, ma � anche uomo
di fantasia, gli piace avventurarsi per me in questo intrico
risorgimental malavitoso. �La prima mafia si chiamava la
Fratellanza o anche la Santa e la leggenda ripresa da tutti i
capitolari mafiosi � che a fondarla furono i tre Giuseppe
arrivati dalla Sicilia, Giuseppe Garibaldi, Giuseppe Maz-
zini, Giuseppe La Marmora. Forse questo confuso intrec-
cio massonico, carbonaro, risorgimentale nacque nelle pri-
gioni del Borbone dove i malavitosi dividevano le celle con
i ribelli, i fratelli Romeo carbonari si fecero anche banditi
contro il Borbone.� E andata lontano questa immagine di
una mafia liberale, � arrivata sino a Hobsbawm, lo studio-
so dei movimenti popolari, per lui � �la sola rivoluzione
borghese possibile nel sud italiano,,. �Professore, ma per-
ch� la mafia arriva qui dalla Sicilia occidentale saltando le
province orientali di Catania, Messina, Siracusa. Quella
che veniva chiamata la "Sicilia babba", bonaria, pacifica?
E perch� proprio a Reggio, che era una delle poche citt�
del sud ad avere aziende commerciali e agricole efficienti?�
�E un mistero della storia patria. Provo a gettar l� una ipo-
tesi. La Calabria fu scelta dal governo unitario come il luo-
go del primo intervento pubblico massiccio, i "Provvedi-
menti speciali per la Calabria" del principio del secolo, i
grandi lavori come la ferrovia jonica. E l� che i mafiosi cre-
sciuti nelle guardianie dei proprietari nobili, i gabellotti
che funzionavano da polizia rurale al servizio dei proprie-
tari assenteisti diventarono imprenditori, strinsero legami
di complicit� con i funzionari statali. I primi piccoli appalti
per il movimento terra dovevano essere concessi, secondo
la regola, solo a coloro che erano iscritti alla Camera di
Commercio, titolari di una piccola azienda, ma allora co-
me ora intervengono i terremoti, le alluvioni, le grandi ne-
cessit� impellenti, l'economia dell'emergenza e quindi il
funzionario amico o corrotto ti affida un lavoro senza
guardare i tuoi precedenti penali, c'� da riparare una mas-
sicciata crollata, una ripa smottata, cos� acquisti un titolo
di quasi imprenditore. Un processo lento e sottovalutato,
una mafia modesta che non preoccupa i governi dell'et�
giolittiana e del periodo fascista. Bisogna arrivare al 1952
perch� gli italiani sappiano che la Calabria non � poi molto
diversa dalla Sicilia mafiosa. In quell'anno i sequestratori
compiono un errore, per sbaglio tentano il sequestro del
deputato liberale Capua, sottosekretario, grosso proprieta-
rio della piana di Gioia Tauro. E la prima grande opera-
zione antimafia, il questore Marzano, quello che ha dato la
caccia al bandito Giuliano, piomba a Reggio con migliaia
di poliziotti e carabinieri.,,
<-Me lo ricordo, professore, me lo ricordo bene, stavo in
albergo con Tommaso Besozzi, giornalista leggendario,
che aveva scoperto che Giuliano era stato ucciso dai cara-
binieri d'accordo con Pisciotta. Ci caricavano sulle jeep e
ci facevano percorrere centinaia di chilometri sulle monta-
gne: arrestavano i malcapitati, dei veri mafiosi neppure
l'ombra. Quella repubblica non era garantista come l'at-
tuale, sped� centinaia di persone al conf'ino.�
La 'ndrangheta come associazione populista di ribelli,
secondo la tesi di Hobsbawm, la mafia come povert� recu-
perabile, come pensavano i comunisti degli anni sessanta:
storie passate, il filo rosso si � definitivamente spezzato con
la mafia imprenditrice e finanziariaLe memorie del ban-
ditismo popolare restano solo nei riti di iniziazione, ne so-
no stati trovati in codice una ventina e sono passati dalla
Santa calabrese alla Sacra corona unita pugliese: ,Santa
sera alli santisti,,. ,Santa sera.,, �Siete pronti per sformare
la Santa?,) �Siamo prontissimi.� ,In questa santa notte,
sotto la luce delle stelle e lo splendore della luna � sformata
la Santa. Fratelli chi sono i tre cavalieri d'onore?� (Giu-
seppe Mazzini, Giuseppe Garibaldi, Giuseppe La Marmo-
ra.� (�Buongiorno amici, buongiorno. Conoscete la fami-
glia dei muratori?,, �No.,) ��Impossibile.,) Frammenti di sto-
ria patria, personaggi da libri di scuola stravolti nelle fan-
tasticherie degli uomini-lupo, alla macchia sull'Aspromon-
te. Ma c'� una perseveranza nel modo che ha il patrio go-
verno di allevare la mafia. L'autostrada Cosenza-Reggio
oggi � un cantiere continuo aggiustano la corsia di destra
e poi si spostano ad aggiustare quella di sinistra che quan-
do � aggiustata � gi� l'ora di tornare dall'altra parte. E i
cantieri sono sempre gli stessi, infiltrati di mafiosi.
Reggio sciagurata
Reggio di Calabria non � assistita dalla fortuna, un terribi-
le terremoto l'ha rasa al suolo, la citt� ricostruita con basse
case antisismiche � segnata dalla sventura, le industrie pro-
messe dallo stato non sono arrivate o sono fallite, la societ�
mafiosa qui � la societ�, fiumi di denaro non sono stati ca-
paci di produrre altro che questo disastro urbano polveroso
e triste dinanzi a un mare fra i pi� belli del creato. Per an-
dare dal Museo che � al centro della citt� all'aeroporto, per
percorrere quei tre o quattro chilometri nel dedalo delle
viuzze, delle fiumare degli ingorghi si impiega mezz'ora,
non si capisce che senso abbia l'itinerario tortuoso fra pon-
ti, ferrovie, strade bloccate dai lavori, strade occupate da-
gli ambulanti.
E in questa citt� caotica si perderanno i miliardi del
(�Progetto Reggio,,, ancora lavori pubblici, niente altro che
lavori pubblici, non un investimento produttivo, non nuo-
vi posti stabili di lavoro ma strade, fognature, ponti, bre-
telle, campi sportivi, acquedotti, passeggiate a mare che
l'edilizia mafiosa costruir� con materiali scadenti e mano-
dopera frettolosa da tenere in qualche modo in vita con
nuovi lavori pubblici. I seicento miliardi del �Progetto), fi-
niranno in cemento, in villette a schiera sul litorale, in ville
con i nanetti di terracotta, in cancelli in ferro battuto, l'im-
pianto televisivo per avvistare la polizia, le botole nel pavi-
mento per scappare, le ronde armate per salvare la pelle in
questa giungla. Dice il sindaco di Reggio: �Il quindici per
cento dei consiglieri � mafioso, gli altri hanno paura della
mafia,,. E il consigliere Gangemi: ��In questa aula entrano
valigie piene di soldi e ne escono vuote,,. Allora il Consi-
glio regionale si riunisce in sessione straordinaria per de-
precare la criminalizzazione della citt� e uno scriba prezzo-
lato titola sul foglietto della Regione: ,Bocca spara a lupa-
ra�. Non lo sanno che la citt� � in preda alla mafia? Non
hanno letto le intercettazioni telefoniche dei carabinieri in
cui onorevoli e mafiosi si scambiano promesse e favori? Lo
sanno, le hanno lette ma a loro basta, per stare in pace con
la coscienza, fare un comunicato all'Ansa. Nessuna fabbri-
ca, una sinistra a pezzi, migliaia di mafiosi armati, nessun
rispetto della legge. Cinquanta compagnie di assicurazione
hanno chiuso i loro uffici, impossibile tener testa alla ma-
rea dei furti, degli incendi dolosi. La mafia � tutto a Reg-
gio, anche sindacato, organizza lei i blocchi dell'autostrada
o della ferrovia per ottenere posti di lavoro dal governo, in
lavori pubblici, si intende. Societ� senza solidariet�, di Lu-
dovico Ligato, dell'uomo politico pi� importante assassi-
nato dalla mafia qui non ha parlato nessuno, nessuno ha
chiesto che si facesse luce sul suo assassinio. Di Reggio,
Giacomo Mancini ha detto: �Un giudice un giorno mi ha
accusato di essere il trait d'union fra la 'ndrangheta e le
Brigate rosse, sono stato deputato per nove legislature, ma
non ho ricevuto una telefonata di solidariet�, nessuno ha
detto, ma questo Mancini � deputato da decenni, � stato
segretario del Partito socialista, forse quel giudice ha esa-
gerato. Niente�. Ora lo hanno sistemato definitivamente,
non lo hanno pi� eletto. E lui ammette sconsolato: (i parti-
ti politici in Calabria non tengono congressi da tempo im-
memorabile. Meglio non discutere sullo stato della politi-
ca-. Fino a poco fa nella questura di Reggio campeggiava
un cartello: vietato entrare in Questura armati. Adesso c'�
un questore in gamba, l'ho incontrato a Palmi nell'ufficio
di Cordova, non voleva parlare senza l'autorizzazione del
ministero ma poi ha detto: ��Nello stato cos� come si � for-
mato in Calabria non c'� solo corruzione, c'� anche una
specie di assuefazione, una non voglia di correggere le cose
che non vanno�. E le cose che non vanno sono tantissime:
non va la magistratura che ha centinaia di migliaia di cau-
se a dormire nei cassetti, non va la commissione antimafia
regionale, che negli ultimi cinque anni ha proposto dieci
sequestri di beni di mafiosi in una regione dove i mafiosi
sono padroni di tutto, non va la farraginosa confusione de-
gli strumenti repressivi, gli assassinii, le rapine e i seque-
stri " di persona continuano, ma abbiamo la Dia del genera-
le Tavormina e del questore Di Gennaro, la Criminalpol,
la squadra mobile di Reggio, la polizia giudiziaria, il nu-
cleo interforze antisequestri, la polstrada, la Finanza, i ca-
rabinieri specializzati di Roccella jonica, l'alto commissa-
riato antimafia, il Ros reparto operativo speciale, i Nocs
teste di cuoio della polizia, i Gis dei carabinieri. Ma quan-
do � stata liberata la Ghidini il colonnello dei carabinieri
che comanda la legione ha amaramente detto: �Lo abbia-
mo saputo dal telegiornale�.
Un impresario edile che ha dovuto mollare di fronte alla
mafia mi dice �qui il mondo delle partecipazioni statali �
perverso. Lo regge il triangolo mafia, amministrazioni lo-
cali, governo romano. Finita una emergenza, una torta di
lavori pubblici, se ne inventa un'altra, l'apparato mafioso
clientelare preme sul potere politico. Allora gli onorevoli
calabresi fanno urgenza a Roma che dice: <�Mandateci su-
bito un progetto�. ��Che progetto?,, �<Non importa, manda-
te un progetto generico di opere pubbliche che lo approvia-
mo, i soldi sono gi� stanziati.� In quindici giorni mettono
assieme un progetto, governo e assemblea regionale o Co-
mune lo approvano senza averlo minimamente studiato. E
riparte la ruota della fortuna che ha seminato la polverosa
povera Reggio di boutiques, la citt� che ha pi� telefonini
portatili d'Italia con una disoccupazione del 30 per cento,
con novanta evasori totali sui cento inquisiti, capoluogo di
una regione che negli ultimi dodici anni ha contato 1460
assassinii. L'anarchia vi gode un largo consenso, un comu-
ne appetito muove ricchi e poveri alla illegalit�, il popolo
ha dato l'assalto allo stato seguendo l'esempio, pu� ricatta-
re il resto del paese e magari l'Europa, come i chicanos
messicani che entrano negli Stati Uniti da El Paso, ricatta-
no impauriscono la pi� potente nazione del mondo. Il sud
del male oscuro pone al paese e forse all'Europa questo an-
goscioso dilemma: se viene abbandonato a se stesso diven-
ter� una piaga ingovernabile, un vivaio di delinquenza e di
corruzione; ma se si continua ad aiutarlo senza controlli,
affidando la spesa pubblica ai complici della mafia la gente
del sud, anche gli onesti, si confermeranno nella certezza
che questo � il solo modello di sviluppo praticabile. Come
del resto con parole forbite sostengono tutti i leader politici
del sud da Mannino a Cirino Pomicino.
L'ENIGMA SICILIA.
Iside 2.
Il Triangolo rosso.
Il giudice e il pentito.
La Cupola e la televisione
Oggi i pi� noti avvocati di mafia sono dei giovani fra i trenta e i
trentacinque anni come Pino Caruso e i suoi Compagni di studio che
m'accolgono come un vecchio amico: -,Come stai Giorgio? Ci fa piacere,
Giorgio. Da quanto tempo � che non ti si vede a Palermo?,,. Lo studio
lo hanno preso quando erano squattrinati in un palazzo cadente vicino al
tribunale, con Madonne doloranti e crocefissi illuminati alle pareti,
poltrone decrepite, scrivanie funeree. Si parla dei giornali, di
�<Samarcanda,,, ma Pino Caruso che ha la bella fiducia dei giovani a cui
� andata bene taglia corto: �Che vuoi sapere, Giorgio? Come si diventa
avvocati di mafia? Beh, te lo dico, ti dico la storia mia. Ero appena
laureato, ma ogni tanto tornavo in facolt� per stare con gli amici, per
vedere se potevo infilarmi come assistente, e un mattino incontro il
rettore che mi fa: "Pinuccio, te lo ricordi Rosario il Bello, che era di
due anni pi� giovane di te?". "E come se lo ricordo, ci giocavo a
tennis assieme." "Sta all'Ucciardone, dicono che � un killer della
mafia, ma prove non ce ne sono. Mi ha fatto sapere se gli trovo un
avvocato giovane, moderno. Ci vuoi provare?". Vado all'Ucciardone,
Rosario il Bello ha il pallore dei detenuti e, come dire, qualcosa di
uno che appartiene ad altro e me ne d� subito la prova, parla da
mafioso: "Pinuccio mio, sono innocente come Ges�, un infame ha fatto una
delazione". Non ha altro da dirmi, non occorre altro per fare il
processo tecnico che lui mi chiede, sar� pagato a dovere, mi stringe la
mano come uno che pensa "ccu i denari e ccu l'amicizia in culo alla
giustizia". Di prove serie contro Rosario il Bello non ce ne sono,
testimoni d'accusa nemmeno, il pentito ha ritrattato, non tocca a me
appurare se lo hanno spaventato o tacitato a denaro. Guarda che non ti
voglio fare il cinico. Qui o si abolisce la giustizia o ci si muove in
questi steccati formali. Lo assolvono. Il giorno che esce
dall'Ucciardone gli chiedo: "Beh, adesso che sei libero cosa farai?".
"Un bagno per togliermi l'odore del carcere, una mignotta per risentire
l'odore della donna." Lo vedo qualche volta al tennis, gioca in coppia
con l'editore di un giornale. Mica possono espellerlo dal club, assolto
� stato con formula piena. E poi neppure ci pensano,,. ��Senti Caruso,
che rischi ci sono a fare l'avvocato di mafia?,, La domanda intriga gli
altri avvocati che pure loro i clienti di mafia li cercano, sorridono,
si guardano come se gli avessi proposto un vecchio indovinello, di
quelli di cui tutti conoscono la soluzione, chi sa le volte che ci hanno
pensato ai rischi. Rispondono: (,Per ora dovremmo dire di no, per ora
dovremmo dire che per i mafiosi l'avvocato � sacro. Un giorno, per
dire, la mafia scopre che l'avvocato di Pippo Cal� � diventato l'amante
della moglie del boss Rimi. Per chiunque altro scatterebbe la pena di
morte, ma � un avvocato e dell'avvocato la mafia ha bisogno. Lo
imbarcano sul primo aereo per Roma e gli dicono di non farsi pi� vedere
nell'isola neanche da turista". �Proprio sicuri che non sia un rischio?�
li provoco. �Beh,,, dice uno, (durante il maxiprocesso un rischio c'�
stato, alcuni dei boss erano scontenti di come andavano le cose in aula,
la difesa gli sembrava molle, lasciava parlare i pentiti senza
interromperli, non si scagliava contro gli infami. Ci fu una riunione
alla Cupola e gli scontenti dissero ammazziamone uno o due che poi gli
altri si svegliano. Ma la maggioranza disse di no.� �E se avesse detto
s�?), I giovani avvocati alzano gli occhi alle Madonne addolorate e ai
crocefissi illuminati, ma sono giovani e lavorano in una citt� di
legulei di soccupati. ,Vedi, Giorgio,� dice Caruso, ,il maxiprocesso �
stata la nostra grande occasione. Avevamo gi� qualche piccola causa,
qualche consulenza ma roba da poco. Il maxiprocesso � stata l'occasione
unica, prenderlo o lasciare chi sa per quanti anni ancora. Per la prima
volta un processo di mafia era seguito da centinaia di giornalisti,
ripreso minuto per minuto dalla televisione, il primo processo
spettacolo, e i vecchi avvocati di mafia ci arrivarono impreparati, non
sapevano dove guardare, se la corte o le telecamere, non sapevano con
che tono parlare, si accorgevano di essere datati, goffi, i gesti, i
riti, le battute canoniche cui erano abituati apparivano ridicoli. Loro
i processi non li avevano mai fatti veramente in aula, li avevano fatti
nei corridoi, nelle cancellerie, nelle trattative con le parti civili,
con i testimoni, negli incontri confidenziali con i giudici. L'occhio
onnipresente della televisione aveva su di loro un effetto paralizzante
e i loro clienti che sono intelligenti se ne accorsero subito, erano
ancora buoni come consiglieri non come difensori d'aula. Cos� trovammo
spazio.,, �<Caruso, ma di noi giornalisti i mafiosi cosa pensano?,)
,�Anche per voi il maxiprocesso ha segnato una svolta. Pri- ma la grande
stampa ignorava i processi di mafia o li confinava in pagine Interne,
taglio basso. Il maxiprocesso si � preso le prime pagine, ha dovuto
metterlo in prima pagina persino "Il Giornale di Sicilia". Te lo
ricordi il titolone? Silenzio, entra la Corte come a dire dobbiamo
occuparcene ma non anticipiamo giudizi, ci pensino i giudici. Oggi
anche i mafiosi si interessano molto della televisione, della stampa. A
me Pippo Cal�, il cassiere della mafia, ha chiesto: "Ma tu ce lo hai
qualche amico in televisione, nei giornali?". "Si" dicevo "qualche
amico ce l'ho, ma amico mio non vostro." "lui, non dire fesserie, i
giornali e le televisioni sono come i juke-box, basta gettonarli.",, �Ma
avvocati di mafia mafiosi ce ne sono?,, �<Si, ce ne sono, a uno gli
hanno trovato in tasca le capsule di veleno che faceva entrare
all'Ucciardone, tutti sanno che il tale appartiene di fatto a una
famiglia. Ma gli avvocati che lavorano con i mafiosi hanno imparato a
non chiedere ci� che non deve essere chiesto. Con noi il cliente
mafioso non si apre mai, non si fida, parlando con i giudici potrebbe
sfuggirci una parola. Noi non dobbiamo occuparci dei massimi sistemi,
teorizzare sulla mafia, ingaggiare con i giudici battaglie ideologiche,
dobbiamo fare il processo tecnico, niente altro. L'unico avvertimento
che i mafiosi ci danno � di non usare per la difesa qualcosa che
potrebbe danneggiare altri mafiosi, un po' come la prima regola robotica
di Asimov tutto possono fare i robot meno che danneggiare i loro pa
droni umani, tutto possiamo fare noi meno che danneggiare l'Onorata
societ�. Appena li incontri in carcere ti dicono, tutti: "Avvocato sono
innocente, mi ha tradito un infame" e vuol dire: non preoccuparti della
verit�, di come sono andate esattamente le cose, pensa solo a tirarmi
fuori di qui con il codice e i suoi trucchi. L'uomo d'onore in carcere
lo distingui subito, ti d� quasi l'impressione di starci come in
vacanza, "il carcere non ha mai mangiato nessuno" dicono, e sono
convinti che ne usciranno; "ognuno di noi" mi ha confidato uno di loro
"deve essere vestito come se da un momento all'altro potesse uscire
libero a passeggiare per via Ruggiero Settimo". Guai a pensare per un
solo momento che un ergastolo significa veramente un ergastolo. Sono
gente di rispetto, non tollerano che alle loro donne si manchi di
rispetto, che vengano tenute in anticamere con le prostitute e non
accettano "il cibo di governo", tutti si fanno arrivare il pranzo da
casa o da un ristorante. No, il carcere non gli fa paura, la sola cosa
che gli fa veramente paura � di mancare alle regole dell'Onorata
societ�. Con noi avvocati e con i giudici mentono, ma in modo
caricaturale, in modo che sia ben chiaro che ci� che sta fuori
dell'Onorata societ� non li interessa. La verit� � una cosa
interna al loro ordine.� �E come vivono oggi i mafiosi?,, (Da quel che
abbiamo capito fanno ancora e sempre una vita infame, carica di ansie,
di paura, di odio. Ora ai giovani permettono di frequentare i locali
notturni, di portarsi a letto qualche mignotta. Si son presi il
diritto, i giovani, di apparire con auto di lusso, Rolex d'oro al polso,
di scommettere alle corse dei cavalli, di avere cavalli. Resta
tassativamente proibito abbandonare la moglie, violare la disciplina
familiare, pochissimi arrivano alla vecchiaia, il turn over si � fatto
stringente, ci sono sempre giovani pronti a osare, ad alzare la mira, da
cui gli anziani devono guardarsi, ma non � facile e in congedo non
possono andare: si sentirebbero svuotati, senza quel Potere che � la
loro ragione di vita. E un boss senza Potere rovina l'immagine della
societ�, va ucciiso.� Sono strette le scelte del profondo sud: o fai il
mafioso o fai il politico, o fai l'avvocato di mafia oppure non lavori,
i clienti veri sono loro, i soli che pagano, che fanno andare il tuo
nome, la tua faccia sui giornali e in televisione. E chi resiste alla
tentazione di tirarsi fuori dalla miseria e dall'anonimato? Non � questo
uno dei temi di fondo della letteratura siciliana? L'onestissimo
professore di Pirandello che si presenta alle elezioni per il bene del
popolo, trascurando i suoi amati studi sui normanni. Lo eleggono, va a
Roma man mano si accorge che i poveretti con le loro mille confuse
richieste sono dei rompiscatole ingrati e si mette in guardia anche
contro l'adorata moglie che continua a esortarlo al bene pubblico,
finch� un bel giorno � costretto a farle capire che la regola aurea �
che ciascuno si faccia gli affari suoi. O il funzionario di Brancati
avvicinato da un corruttore: �Ho ascoltato attentamente la sua proposta.
Abbia un po' di pazienza. Aspetti un momento. L'onest� mi passa
presto. Devo stringermi le tempie e pensare a mio padre che � morto in
pigiama rattoppato. L'onest� passa. Aspetti ancora un minuto e la sua
proposta che mi sta rivoltando lo stomaco e mi d� la voglia di cacciarla
a pedate, l'accetter�. Il sano realismo che torna nelle lettere di
Leonardo Vigo: �(Qui siamo in Sicilia e senza denaro proprio non si pu�
studiare. Quindi amo il denaro e imbotto il vino per consacrarmi al
sapere. E sapete? la presente l'ho scritta a ripre se, ora sorvegliando
i pigiatori, ora bastonando i vendemmiatori, ora scrivendo e finalmente
continuandola a notte alta, dopo aver dato a tutti la minestra e la
buona notte,,. Altra musica dall'avvocato dei politici, l'ex comunista
Salvo Riela, i suoi clienti sono i Mannino e i D'Acquisto, gente
importante. Altra cosa il suo studio, niente Madon ne addolorate,
niente crocefissi illuminati, ma segretarie in minigonna che manovrano
fax e telex in un profumo di parcelle salate, di alte frequentazioni,
riservatissime. �Dottore mio, non stia a farmi anche lei le solite
domande ingenue sulla contiguit� fra gli uomini politici e la mafia. Al
politico interessa poco sapere se uno � tutto mafioso, mezzo mafioso, un
quarto mafioso o niente, gli interessa sapere di quanti voti dispone, su
quanti pu� influire e lo capisce dal numero dei suoi dipendenti o
clienti. E siccome i mafiosi oggi sono anche buoni uomini di affari con
molti dipendenti e molti clienti, il rapporto fra l'uomo politico ed
essi � naturale, direi necessario. Ma cos� era gi� anni fa. I politici
corteggiavano i cugini Salvo perch� erano dei mafiosi? No, li
corteggiavano perch� erano molto ricchi, molto influenti con delle
esattorie ben gestite, non come le attuali pubbliche che sono alla
bancarotta.,, ,Beh, avvocato, i Salvo avevano anche l'accortezza di
scegliere i loro esattori fra gli amici degli amici.� <,Ma no, non
facciamo sempre i dietristi, dottore, aggiorniamoci, a me, a lei non
piacer� che la mafia sia entrata dentro l'economia, dentro le
amministrazioni, ma � un dato di fatto di cui il politico deve tenere
conto.� L'avvocato Riela � molto abile e conosce la giustizia siciliana.
E' stato lui a chiedere che le querele di Mannino alla stampa che lo ha
accusato di contiguit� con la mafia siano discusse non dove si stampano
i giornali ma a Sciacca dove Mannino risiede. Parliamo sempre male dei
tempi antichi, ma in fatto di giustizia stiamo davvero meglio? Negli
anni del feudo spagnolo succedeva quel che succede oggi, furti e
soverchierie dei potenti, ma ogni tanto arrivavano da Madrid i
,visitatori regi� che non guardavano in faccia nessuno e ,i consiglieri
pi� cari, pi� considerati, pi� adoprati, se disonesti punivano con le
carcerazioni, li tormenti, li bandi, le con dannazioni�. E andavano
pure onorati, un vicer� a cui avevano condannato a morte un figlio
doveva invitarli a pranzo e riverirli. Adesso in Sicilia arriva da Roma
Giulio Andreotti, capo del governo e ai cinquemila quadri democristiani
riuniti in una sala sotto il monte Pellegrino dice: �Ma quanti saranno
questi mafiosi? Qualche migliaio? E per qualche migliaio si
criminalizzano cinque milioni di siciliani? Sono qui a difendere il buon
nome della Sicilia�. Pi� si sale nella gerarchia forense e pi� il
discorso sugli avvocati di mafia e sulla mafia diventa arduo. In casa
di amici, di quelli che stanno dalla parte buona, che vanno alle messe
funebri per il generale Dalla Chiesa e alle fiaccolate di suo figlio
Nando e danno le loro offerte al comitato antiracket, incontro un
avvocato di mafia rang�, uno che ha sposato una nobildonna proprietaria
terriera, tiene amicizie influenti ed eccellenti e sa ricevere, per cui
lui � buon amico di tutti, di baroni, principi, architetti, magistrati,
anche quelli dell'Antimafia, s'intende. Si parla del libro di Giovanni
Falcone e lui dice: �Non l'ho ancora comperato, perch� Giovanni me lo
promise con dedica. Giovanni � persona di altissimo valore per cui ho
grandissima stima�. L'avvocato rang� parla della mafia come di cose
risapute a cui noi del continente diamo un'importanza esagerata, se solo
lo stato funzionasse un po' meglio questa famosa mafia scomparirebbe
come neve al sole. �Pensi che un mio cliente, Salvatore Greco, quello
che chiamano il Senatore, decide di costituirsi anche per aver ricevuto
saggi suggerimenti. Va al commissariato di Ciaculli, un paese dove
anche i sassi, anche i bambini sanno chi sono i Greco e trova un
piantone che sta scrivendo a macchina con un dito solo e neppure alza
gli occhi per vedere chi � entrato. "Sono Salvatore Greco e vorrei
costituirmi." "E' troppo tardi," dice il piantone senza alzare gli
occhi. "Le ho detto che sono Salvatore Greco." "E' troppo tardi, quello
che fa i verbali se ne � andato." "Vengo domani?" "No, domani no, �
sabato, tornasse lunedi." Greco se ne va furibondo, uno sgarbo cos�, a
Ciaculli!� �Avvocato, so che lei � un principe del foro cui non mancano
i clienti, ma a tipi come Salvatore Greco che parcella fate?� �Tariffa
normale, se no po trebbero pensare che possono chiedervi cose.�
L'avvocato rang� � incuriosito dalla ingenuit� del noto cronista e cerca
di venirgli in aiuto: �Ma lei dottore al teorema Buscetta di Cosa nostra
ci crede veramente? Mi permetta di essere franco. Noi viviamo nella
societ� dello spettacolo, dell'immagine, ci siamo dentro tutti, ne
subiamo le seduzioni. i giudici dell'Antimafia, per carit�, persone
degnissime ma pure loro qualche suggestione l'hanno avuta. Perch� non
trasferire Cosa nostra a Palermo e fare della mafia una piovra
internazionale? Cosa nostra funzionava anche per i giudici, faceva
grandi titoli sui giornali, apriva indagini internazionali, viaggi negli
Stati Uniti, in Brasile, a Parigi, Londra, Zurigo, colloqui con i
banchieri, con gli uomini dell'alta finanza, con i dirigenti dell'Fbi.
Ma Cosa nostra, se mi permette il gioco di parole, Cosa nostra non � di
noi siciliani, � una faccenda americana, un patto fra le grandi famiglie
americane, la nostra mafia � un'altra cosa. Forte, ricca, ma sempre
radicata nella provincia. Anche oggi in questa mafia contano pi� quelli
di Corleone o di Mazzarino che i palermitani. S�, ci sar� un
coordinamento. C'� sempre stato dai tempi di Calogero Vizzini e di Genco
Russo, ma Cosa nostra sta a New York, a Chicago, non qui�. C'� borghesia
e borghesia a Palermo: quella che sa da dove arriva il denaro, e non ci
fa pi� caso, e rispetta le persone di rispetto, e l'altra che ha cercato
di chiudersi in un suo mondo a parte, dove tutto � tranquillo, tutti
sono perbene, ma che non si � mai rimboccata le maniche per cambiare
qualcosa, per capire che cosa stesse succedendo fuori dalla sua enclave
e forse alla fine non fa una gran differenza, anche per questi reclusi
nella Palermo buona c'� da intristire. Gli avvocati di mafia non sono
pecore nere, profittatori cinici, come non lo sono tutti gli altri che
vivono dentro o accanto all'economia mafiosa che � dappertutto, perch�
le automobili, le case, la garsonniere, i libri, il ristorante tutto
arriva o dalla mafia o da uno stato complice della mafia, contiguo alla
mafia, non ci sono santi, il settanta, l'ottanta per cento dell'economia
gira attorno a lei, si tratti di combatterla o di assecondarla, anche i
reparti speciali della polizia, anche i carabinieri, anche i battaglioni
elitrasportati di lei o per lei campano. E cos� a volte Palermo sembra
come immersa in un'aria infetta, un po' come l'ha vista Consolo nel <suo
odore dolciastro di sangue e di gelsomino, odore pungente di creolina e
di olio fritto. Ristagna sulla citt� come una nuvola, il fumo dei
rifiuti che bruciano sopra Bellolampo�. A volte, a Palermo ti viene il
sospetto che qui il forte della vita, la ragione della vita sia la
paura, l'ombra nera che sottende la citt� solare; hai l'impressione che
anche per gli onesti e i colti il vivere nella violenza e nella morte
sia la sola cosa che veramente gli sembri degna di un uomo, che ne
ricavino un senso di eccellenza al cui confronto la politica,
l'economia, le pubbliche relazioni di cui si parla nel continente sono
cose scialbe, noiose. Qui c'� la guerra e la guerra, per orrenda che
sia resta per gli uomini la prova suprema che moltiplica l'intensit�
della vita, che fa vibrare fino allo spasimo sentimenti, emozioni,
memorie fin che si sopravvive, fra i suoi lampi e le sue ferite. E
finch� a Palermo e nell'isola ci sar� guerra sar� molto difficile che la
gente di qui faccia sue le proposte ragionevoli di noi che stiamo
qualche giorno all'hotel Palme o a Villa Igiea e poi ce ne andiamo, noi
che quella sera di agosto dell'82 abbiamo salutato il generale Dalla
Chiesa per tornare a Milano e l'abbiamo lasciato alla sua morte. Dicono
che quanto a corruzione Milano non � poi molto diversa da Palermo, ma
Milano � in pace e Palermo � in guerra, e la differenza � molto
importante, rende difficile il colloquio fra le due Italie, spezza la
pazienza, la buona volont� di chi nell'Italia in pace si sente solidale
con gli onesti del sud, debitore per tutto ci� che il sud ha dato alla
nostra cultura, per i suoi sacrifici. Sono queste macchie di leopardo
che non fanno mai un leopardo a destare nell'italiano del continente
delle impazienze anche irragionevoli: ma perch� non capiscono che siamo
noi nel giusto? Che vivere come vivono non � vita? E magari qualcuno di
noi cede al sospetto di un peccato originale che impedisce di unire
quello che unito dovrebbe essere. Se poi capita in questo enigma e
nelle sue frustrazioni una protestante anglosassone come la Miss Ellot
di Milady in Sicilia, l'impazienza, il non capire pu� trasformarsi in
furore: <�Finch� i palermitani e i siciliani saranno quelli che sono,
l'intera isola dovrebbe essere incriminata, imprigionata, sventrata,
impiccata, squartata per raggiungere lo scopo di cancellare la mafia.
Chi non � mafioso � vittima della mafia e i due insieme, carnefice e
vittima, si stringono la mano per frodare e turlupinare il governo),.
Terribile Miss Elliot, ingiusta Miss Elliot, ma come evitare il sordo
furore che vi prende quando andate a finire contro il muro di gomma
della Sicilia �terza� che non sa niente, che non deve fare niente. Fanno
una colletta per aiutare la famiglia di Libero Grassi e fallisce.
Intervistano sul racket il presidente dell'Unione industriale Salvatore
Cozzo e dice: �Abbiamo 550 aziende associate. Noi non abbiamo mai avuto
segnalazioni di richieste di tangenti. C'� delinquenza anche in
Lombardia, ma le buone famiglie tendono a tacere. Non ho mai ricevuto
richiesta di pizzo. Ci saranno anche quelli che subiscono il pizzo, ma
ci sono anche quelli che non lo subiscono. Grassi sta demolendo
l'immagine dell'imprenditoria siciliana�. E il dottor Albanese,
dirigente dell'Associazione delle piccole aziende: �Chi dice che gli
estorsori sono dei mafiosi? Ci sono sentenze? Ci sono condanne? C'� un
colpevole di cui si possa affermare che era mafioso?�. Gente per cui il
discredito della Sicilia non � che certe cose accadano ma che si
sappiano, per questo Libero Grassi discreditava la Sicilia. (,Scrivere
in Sicilia,,, ha detto Sciascia, �� stata sempre una eresia, una
attivit� mal considerata, una specie di spia, un compatriota che
divulgava cose che andavano taciute. I siciliani non hanno amato n�
Verga, n� Pirandello, n� Brancati, De Roberto, Tomasi di Lampedusa.,, E
si capisce perch�: I siciliani sono in guerra e chi sta in guerra
diffida di chi parla, di chi scrive. Sulla mafia gli umili tacciono. La
gente che conta invece vuol sempre farti capire che tu foresto non puoi
arrivare al cuore delle cose. E siccome neanche loro arrivano a fondo
dell'enigma, sanno leggere nel libro nero della mafia, ci mettono della
sincerit� quando ti spiegano che non capisci, Sembra che operi in loro
come un riflesso condizionato, una sorta di avvitamento: prima ti dicono
che non hai capito, che sei caduto in luoghi comuni e poi con altre
parole ti dicono le stesse cose. La moglie dell'avvocato rang� ha delle
terre dalle parti di Calatafimi dove i soldati del Borbone scendevano
per le trazzere al grido di guerra: �Mo venimme, mo venimme�. E
Garibaldi che si era fatto dare il binocolo dal Bandi, il suo aiutante,
mormorava: �Vengono a noi, meglio cosi�. A Calatafimi Garibaldi non
disse: �Qui si fa l'Italia o si muore,,, ma se lo pensava si era sba
gliato. Il cardinale non legge i giornali forse, come dice l'avvocato
rang�, a Palermo non ci sar� Cosa nostra, ma un vertice mafioso
all'Ucciardone deve pure esserci se mesi fa il cardinale Pappalardo ci �
andato per celebrare una messa per tutte le vittime della violenza�
dimenticando che nella sua ultima pastorale, per la prima volta nella
storia ecclesiastica dell'isola, era comparsa la parola mafia e la mafia
non ha gradito, gli ha fatto il vuoto attorno. Pappalardo non � un
prete da battaglia, ma � il primo vescovo di Palermo che si sia
dichiarato nemico dell'Onorata societ�. Non � poco in una citt� in cui
la mafia per i vescovi e per il clero proprio non esisteva, la pen
savano esattamente come Luigi Capuana, il grande favolista: �Ci voleva
la fervida immaginazione scientifico-socialista di due colte persone, il
barone Franchetti e Sidney Sonnino, per creare di sana pianta una
figura, quella del mafioso che nessun siciliano riconosce. Di quella
organizzazione formidabile, dappertutto spadroneggiante e tiran
neggiante, per quanto abbiamo aguzzato lo sguardo, non siamo riusciti a
trovare traccia,,. Vescovi e clero per secoli sono stati proprio cos�,
aguzzavano lo sguardo e non vedevano. La cosa diede un po' fastidio al
primo dei Cadorna, quello di Porta Pia, che avendo chiesto invano
notizie al vescovo su sacerdoti in fama di mafiosi gli intimava il 28
settembre del 1886: �Io chiedo alla Eminenza vostra che mi renda conto
del suo operato. Attendo una sua particolareggiata risposta,,. Dagli
archivi non risulta sia mai arrivata. Come i suoi corregionali di
rispetto anche il cardinale Pappalardo porta la maschera del potere, una
maschera di ieratica distanza dalle nostre miserie terrene, di
ecclesiale superiorit�. E' un bell'uomo, il cardinale, un Tyrone Po
wer, andato in seminario, molto curato: non uno dei suoi capelli grigi
fuori posto sotto lo zucchetto, non uno dei cento bottoni della sua
veste slacciato, mai un offuscamento nel suo sorriso, neppure quando i
piedi gli bollono sulla lava dell'Etna, ma non � proprio un sorriso, �
un interno compiacimento per la sua superiore autorit� che traspare, e
in un certo senso ha ragione: la sua � l'unica autorit� siciliana che la
mafia non abbia ancora �schioppettato), ammazzato. L'ho intervistato per
un telegiornale. Stava seduto a busto eretto nella sua sedia vescovile
avendo alla destra e alla sinistra degli uomini in nero con le facce da
benefattori delle opere pie. Potrebbe, mi dicevo, essere un vescovo
arrivato qui da Toledo, un paterno terribile vescovo della Inquisizione.
�Eminenza,), gli dicevo �nella mia citt�, a Milano, c'� un parroco di un
quartiere povero, il Comasina, dimenti cato dai partiti e dal Comune che
per mesi ha visitato e assistito la famiglia del mafioso Flachi, il boss
del quartiere, latitante. Avendogli chiesto il perch� mi diceva: "In
questo quartiere di disperati non posso permettermi delle distinzioni,
per me sono tutti cristiani". Lei Eminenza pensa che anche a Palermo, a
Trapani, a Catania i preti debbano fare altrettanto?,) �Se certe pecore
si allontanano dal gregge� rispondeva �bisogna cercarle, riportarle
all'ovile.� �Eminenza, qualche anno fa nella parrocchia dell'Uditore,
disperata periferia palermitana, incontrai un pretino di nome don
Fasulo. Mi disse che era venuto da lei in Arcivescovado per parlarle
della mafia. "Il cardinale" mi disse mi ascoltava immobile nella
penombra, zitto sulla sedia. Non mi interruppe. Alla fine mi conged�
assicurandomi il suo paterno interesse. Da allora non l'ho pi� visto n�
sentito.",) Il cardinale faceva solo un gesto di alta stanchezza, ma
come vuole che mi ricordi di tutti i pretini che sono venuti a
raccontarmi le loro cose? �Eminenza, lei ha scritto di recente una
pastorale contro la mafia. E allora perch� durante il maxiprocesso
disse che si faceva troppo chiasso sulla mafia?� �-Io sono il vescovo di
questa citt�, di Palermo e penso che l'intera citt� non vada confusa con
la malavita.� �Eminenza, sono dieci anni che � stato assassinato il
generale Carlo Alberto dalla Chiesa. Lei certo ricorder� che la sua
citt�, Palermo, gli aveva fatto il vuoto attorno. Fui l'ultimo a
intervistarlo, rimasi nel suo ufficio per quasi due ore e non telefon�
nessuno, era il prefetto di Palermo, guidava la lotta contro la mafia e
non telefon� nessuno.,, �Un uomo solo non poteva pensare di vincere la
mafia, se un uomo solo si mette in guerra contro la mafia perisce.� A
questo punto uno degli uomini in nero che poteva sembrare un olio di un
benefattore dell'ospedale si agitava e diceva: <Eminenza, il dottor
Bocca � un uomo malizioso�. Il cardinale si consentiva una celia: �Mi
hanno detto che ha una lingua tagliente�. Gli dicevo: �Lei quando legge
i giornali,) ma mi interrompeva: �No figliolo, non ho tempo di leggere i
giornali�. <Per� la televisione la guarda visto che ha accettato una
intervista televisiva.,) �Rare vol- te, molto rare.� �Noi, a Milano,
abbiamo un vescovo strano di nome Martini, non solo legge i giornali e
guarda la televisione ma ci ha anche scritto un saggio che ha avuto eco
nel mondo.) Pappalardo preferiva chiudere l� il colloquio, passava la
parola agli uomini in nero con loro grande sorpresa perch� non avevano
nulla da dire. Non so se Pappalardo �studi da papa� e non so neppure
che ruolo preciso abbia nella societ� siciliana, che peso abbia avuto in
questi anni di sangue. E molto siciliano, questo s�, nelle sue pastorali
echeggia il pessimismo di Sciascia, di Brancati: �Vale la pena di essere
onesti? Non pochi di fronte alle fatiche che comporta il mantenersi
onesti si chiedono se in definitiva valga la pena di esserlo�. Veda un
po' lei, Eminenza. Durante quella intervista ho pensato spesso a don
Fasulo, al nostro incontro come su una zattera di naufraghi. Era un
caldo pomeriggio di vento che sollevava polvere ma disperdeva un po' i
miasmi dell'Uditore. Ricordo il cortile della parrocchia in cui nel
vento, come una trottola umana, Si muoveva un gruppo di bambini che
giocavano a palla, per le ire del parroco che improvvisamente comparve
su una porta e si mise a gridare cose orribili contro don Fasulo e i
ragazzi a cui aveva aperto il cortile. I bambini continuarono a urlare e
a correre nella strada dove passavano automobili e carri e don Fasulo
seduto su una panchetta mi diceva: �Sa quanti saranno i preti che dal
pulpito accusano Pubblicamente la mafia. Guardi le dita delle mie ma-
ni, sei, sette, non di pi�. Se qualcuno di noi parla della mafia
nell'oratorio e i bambini lo dicono fuori i picciotti passano nelle case
e dicono che a quell'oratorio � meglio non mandarci i bambini, fin che
c'� quel prete che non si fa gli affari suoi. Ma ce ne sono tanti preti
che devono farsi gli affari loro, che devono aggiustare il tetto della
canonica, comperare gli altoparlanti per la processione, riparare i
banchi e i mafiosi sono generosi, ti fanno arrivare i soldi e anche la
botticella d'olio. Quasi ogni settimana qui ammazzano qualcuno. Ma mi
dica lei, la vita umana non � sacra? Non � questo che si legge nel
Vangelo? S�, ma i preti che si fanno gli affari loro fanno finta di non
vedere, di non sentire. Hanno battezzato e sposato tutti, mafiosi e non
mafiosi, le loro mogli e i loro figli vengono alle funzioni�. Forse �
per questo che il cardinale concede ai mafiosi almeno un benevolo oblio
post mortem: �-Dinnanzi alla morte che tutti rende eguali e presenti
davanti al tribunale di Dio, dove ognuno ha da rendere conto della sua
vita e dell'uso che ne ha fatto, la comunit� cristiana non rievoca fatti
e giudizi, non emette sentenze o condanne, ma tutti egualmente affida
alla divina piet��. La cosa terribile della Sicilia � che nessuno sa a
chi si debba chiedere giustizia. L'Assemblea regionale si �
autogarantita la impunit�. Ci sono delle sentenze della magi stratura
in cui si ammette che (essa ha la prerogativa della insindacabilit� per
i voti dati nell'Assemblea regionale e per le opinioni espresse
nell'esercizio delle loro funzioni dai consiglieri�. Quanto a dire che
il consigliere Capitumina, che ha assunto migliaia di persone <per un
anno per l'esecuzione di progetti socialmente utili,, e poi sono rimasti
tutti stabili, � coperto dall'articolo 23 della legge regionale. Quanto
a dire che la Regione pu� fare impunemente tutto: assumere a fondo
perduto le spese per gli impianti antigelo dei grandi produttori di
agrumi che, nel contempo, hanno messo su una fabbrica di ventilatori
antigelo, sovvenzionare i cantieri privati per i collegamenti con le
isole, collegamenti fantomatici, foraggiare l'Associazione degli
allevatori che denunciano alla Cee allevamenti inesistenti, pagare
perch� si produca e immagazzini nell'isola tanto alcool inutilizzato che
farebbe una fiammata come l'Etna. Adesso hanno scoperto gli anziani, si
sono messi in testa a palazzo dei Normanni che la Sicilia deve avere una
assistenza agli anziani migliore di quella svedese, hanno stanziato 145
miliardi per i servizi, altri 185 per costruire duecentoventi case di
riposo, altri 220 per un piano ag giuntivo. Dei quattrocento comuni
dell'isola quasi la met� incassa i sussidi senza aver presentato alcun
piano di spesa e senza dare alcun rendiconto. Ma guai se la Corte dei
Conti o il governo della repubblica cercano di fermare la dissipazione,
� una offesa, un attentato alla autonomia siciliana.
Il Corvo� e i veleni
Le citt� assetate.
La Ducea di Nelson.
Arriviamo a Bronte per una strada che sale e scende per le
sciare laviche, per vedere l'altra faccia dell'Etna, l'interna,
e per conoscere il paese in cui venne al pettine della storia
la generosa ambiguit� del garibaldinismo, del Nino Bixio
sceso con Garibaldi in Sicilia per liberare i contadini del
feudo che qui ne fa passare cinque per le armi, in difesa del
feudo. L'Etna sta sopra Bronte, dal Bronte ciclope che fab
bricava le folgori di Zeus, come una grande manta, un
grande triangolo nero, lass� ancora striato di neve. Imma
ne ma anche soffice come i nostri vulcani, dura lava ma
anche ceneri, soffioni, ginestre.
A Bronte non ci sono pi� principi, duchi, stemmi e ban
diere gigliate. Al circolo di cultura sulla via Grande fra po
co inizieranno le partite di zecchinetta o di ramino; dall'ex
Reale collegio escono scolaresche affrante dalle lezioni, si
vedono ciccioni mansueti e gentili come nella ricca Ameri
ca, � arrivata anche qui la nutella dei miei concittadini al
besi, nutritori delle masse, sono arrivate le merendine dei
parmigiani, anche qui gli zaini multicolori e le ragazze
�sfacciate� che chiedono passaggi agli automobilisti per an
dare a Randazzo o Cesaro.
Per la via Grande il tripudio medicinal chiromantico � al
suo pieno, dovunque cartelli e insegne di dulcamara esor
tano alle analisi, alle dialisi, alle fisiokinesiterapie, come se
l'intera popolazione fosse composta da diabetici, leucemi
ci, nefritici, afflitti da emorroidi e tonsilliti, bisognosi di
strumenti ortopedici. La salute pubblica trasformata in
tutto il sud, ma soprattutto qui nella Sicilia orientale, in
una gigantesca speculazione privata. A Messina � appena
esploso lo scandalo delle ,analisi d'oro,, in cui si sono in
trecciati dirigenti della Ussl, medici, biologi, docenti uni
versitari, sindacalisti, onorevoli, tutti d'accordo a fare nei
loro laboratori privati tre analisi per poi farne pagare dieci
alle Ussl, a sabotare i laboratori pubblici per far fiorire i
privati. Seicentomila analisi in un anno nella citt� di Mes
sina per trecentomila abitanti, altrettanti a Catania e a Si
racusa, una sanit� da paese sottosviluppato che non essen
do in grado di curare i pazienti li manda spesati con l'ac
compagnatore nelle cliniche del nord o all'estero, a farsi
operare al cuore a Houston o a un rene a Parigi come cosa
normale per il nuovo ceto al potere, non per i poveri diavo
li che magari crepano perch� un letto di ospedale � occupa
to dalla nonna di un onorevole che cos� ha sistemato gra
tuitamente la sua vecchiaia. Storie turche, di un medico
che denuncia lo scandalo delle �analisi d'oro� e poi scopre
che uno di quelli che tirano le fila � suo padre, barone uni
versitario.
A vederli, questi siculi etnei non sembrano cos� malcon
ci, il commercio dei pistacchi in gran voga fra i gelatai e i
pasticcieri li ha arricchiti, almeno a giudicare dalle auto
mobili di lusso ferme come caimani sulla riva delle strade.
Vado nella biblioteca comunale per vedere cosa hanno sul
l'eccidio del 1860. Ne hanno di documenti e interessanti:
in quell'anno prima dell'Unit� i signori di Bronte, i pro
prietari terrieri, tenevano a spese del Comune trentotto
balie per allattare i loro bastardi. Il cronista Benedetto Ra
dice, con carit� per il luogo natio ma rispetto per la verit�,
racconta le sevizie e le infamie che i ricchi riservavano ai
poveri. Si vede che storco un po' la bocca perch� il biblio
tecario che � uomo di spirito mi chiede: �Dottore, ma lei �
per il suo conterraneo Bixio o per i nostri cafoni?�. �E lei
professore?,, �Non posso negare,, dice lui con un sottile sor
risino, �che ci furono degli eccessi.� E chiamali eccessi: se
colare ferocia contadina e freddo calcolo politico dei gari
baldini. Accanto a Bronte c'� la Ducea di Nelson, l'eroe
inglese, propriet� dei suoi inglesi successori e senza gli in
glesi Garibaldi non sarebbe sbarcato a Marsala e forse non
ci sarebbe stato il Risorgimento.
All'annuncio che Garibardo � sbarcato in Sicilia e ha
promesso la terra ai contadini incomincia a Bronte il fer
mento popolare e quando il generale � a Messina, a poche
giornate di marcia, la pentola esplode come usa nelle rivol
te contadine: �Verso mezzogiorno la piazza vicina al casi
no dei civili era bollimento nero),. La folla cresce in nuilir
ro e furore, si sente gridare �Viva l'Italia, a morte i sorci�,
i signori, e si va all'eccidio: il notaio Cammarata (legato
per i piedi e orrendamente evirato lo gettarono semivivo su
un rogo. Poi tocc� a suo figlio Antonio�. Per cinque giorni
Bronte � nelle mani dei rivoltosi, �<verso l'una di notte riso
nava per le vie la voce di un banditore preceduto da un
rullar di tamburo: "All'ordine del generale milanese chi ha
sorci in casa li metta fuori, pena l'incendio delle case o la
morte"�. Poi arriva Nino Bixio con la commissione milita
re di giustizia presieduta dal capitano De Felici: cinque so
no fucilati sul posto, otto mandati all'ergastolo. Il conto
torna: i �sorci� hanno avuto undici morti. Bixio scrive al
commissario di polizia di Cesar�: <,Era necessario un esem
pio e lo hanno avuto tremendo�. Poi verranno i distinguo
le scuse, �la sentenza fu del tribunale militare, io non potei
intercedere�. Garibardo, Garibardo, perch� hai promesso
la terra ai contadini e poi li hai fatti fucilare? Garibaldi se
fosse qui fra noi direbbe: ,Guardi qui, "In confidenza, sono
almeno quindici le lettere e le urgenti richieste di aiuto del
console inglese di Catania, della duchessa di Bronte erede
Nelson, dei suoi amministratori,,. Chi � morto nell'agosto
del '60 a Bronte � morto, i signori son sempre signori, i ca
foni qualche sera nelle osterie o nelle carbonare dell'Etna
possono, dopo aver bevuto, cantare: <,A li mastri pugna e
cauci/ pugna e cauci a li mastrazzi/ cavaleri arsi tutti/ tutti
mpisi gli sbirrazzi�.
Oggi la Ducea di Nelson � della Regione, gliela ha ven
duta il duca di Bridford erede dell'ammiraglio. Le Regioni
sono benemerite quando acquistano monumenti insigni,
mediocri quando li mantengono: i prati all'inglese del giar
dino sono gi� invasi dalle erbacce, mancano le irrigazioni e
le rastrellature quotidiane, gli intonaci delle stalle si scro
stano, c'� odor di muffa nella galleria dei ritratti. Resta so
lo lui, Nelson, negli oli, nelle caricature, nelle acqueforti,
Orazio il vincitore di Trafalgar, l'uomo di bronzo in cima
alla colonna nel cuore della Londra imperiale. Suo il bic
chiere di cristallo con cui brind� la sera della grande vitto
ria con il marsala acquistato dai Woodhouse per �his
Majesty's Navy. Mobili, moquette, panoplie, ritratti, di
segni di cannoni e battaglie navali, vessilli sventolanti, fan
fare risuonanti in questa oasi straniera nella vegetazione
etnea, fra i morti, i viventi e i nascituri di questa terra fero
ce, ardente, sotto il fumante Mongibello che domina anche
la Ducea come una grande manta triangolare, nero e sof
fice.
Niente di questa civilt� siciliana ha avuto il permesso di
entrare nell'imperial britannica tradizione della Ducea,
neppure una pianta grassa. Nella chiesa del 1200, dove i
benedettini seppellirono il loro fondatore, i Nelson Bronte
hanno messo i sarcofaghi loro e dei loro britannici fattori
come Samuele Crisley ��per cinquanta anni impiegato fede
le del duca di Bronte,, o Filippo Thovez (�commissario della
marina di sua Maest��.
Garibardo, Garibardo, perch� hai promesso la terra ai
contadini siciliani e poi li hai fatti fucilare? Ma cosa non si
perdona al generale Giuseppe Garibaldi? Fra tutti gli arte
fici del Risorgimento il solo avvolto dall'amore nazionale.
E lui, amato dalle Alpi al Lilibeo, l'unico umano comun
denominatore delle molte genti che parlavano lingue diver
se, avevano culture diverse. Amato per tante ragioni, forse
perch� si sentiva italiano ancor prima che l'Italia fosse fat
ta, e solo un'italianit� sognata, immaginata, poteva metter
d'accordo le diverse genti. Amava dormire e questo alla
gente povera che si sveglia all'alba piaceva, almeno lui che
pu�. Eroe, generale, dittatore, duce, dove gli capitava dor
miva, subito dopo il pranzo. In piazza Bologni a Palermo
si legge questa lapide, ammirata, stupita: �,In questa illu
stre casa per sole due ore posa le stanche membra
Giuseppe Garibaldi singolare grandezza fra l'immane
scoppio delle micidiali armi sereno dormiva il genio
sterminatore di ogni tirannide,,. Ci sono due momenti in
cui la dedizione popolare per Garibaldi � commossa e tota
le per l'eternit�, e in entrambi lui si addormenta. Il primo
a Napoli nel '60 appena entrato nel palazzo reale: �Appar
ve sul balcone e fece il suo segno, il segno di Garibaldi, le
v� un dito della destra, l'indice, a significare Italia una.
Poi and� a dormire. Una delle sue Camicie rosse torn� al
balcone e pos� la guancia sulla mano a mostrare che Gari
baldi stava dormendo e la folla in silenzio si sciolse),. Da
piangerci su per la tenerezza. Il secondo molti anni dopo
quando arriva in visita a Palermo, ormai prossimo alla
morte nell'autunno dell'81, sofferente di artrite, stanco per
il viaggio. Sale in carrozza alla stazione ferroviaria e subito
si addormenta: <�Pass� fra due ali di folla per chilometri,
dalla stazione al palazzo, ma era passata la voce, il genera
le dorme e, sublime prova di amore, nessuno fiat��. Dor
mire come tutti, mangiare come tutti, passare biondo e
sorridente fra le folle un po' come il nazareno. Ma un na
zareno che se gli davi uno schiaffo ti menava una sciabola
ta. Un nazareno che piaceva alle genti diverse che si dice
vano italiane.
Bruciato a Misterbianco.
Sulla via di Catania apprendo dai giornali locali di essere
stato messo all'indice, con fiamme a un mio articolo in una
chiesa di Misterbianco, l'8 gennaio del '92. Scrive ��La Si
cilia�: <Padre Antonino Mazzaglia durante la predica nella
sua chiesa di Misterbianco ha affermato, riportando un
passo del Vangelo: ha peccato di pi� chi accusa che l'accu
sato. Riferendosi all'ex sindaco Antonino Di Guardo, pro
motore della campagna che ha portato allo scioglimento
dell'amministrazione comunale da parte del governo per
ch� infiltrata dai mafiosi. La cerimonia si � conclusa con
l'accensione del braciere su cui padre Mazzaglia ha bru
ciato l'intervista di Giorgio Bocca a Nino Di Guardo ap
parsa su "Repubblica". "Bruciamo quanto � stato scritto,"
ha detto il sacerdote, "perch� ha infangato il nostro Comu
ne",). Mi spiace per don Mazzaglia, perch� nei giorni se
guenti il suo fuoco purificatore, in una settimana la mafia
ha rapito a Misterbianco un giovane e ne ha uccisi due, al
cimitero, facendoli inginocchiare fra le tombe e sparando
gli alla nuca. L'intervista era avvenuta a Milano il 16 otto
bre del '91, come avviene nei film sul Watergate: mi tele
fona l'ex sindaco comunista di Misterbianco, un nome che
conosco e che mi riporta memorie di giovent�, il trofeo
Duca di Misterbianco gara di sci sull'Etna, profumi di ma
re e di macchia mediterranea fin sulle nevi ghiacciate, cose
del 1941. �Dottor Bocca,,, mi dice, devo parlarle. Lei � li
bero domattina?� �Si, ma per telefono?), �No, non per tele
fono, prendo il primo aereo del mattino da Catania e sono
da lei.� E arriva sul serio, si paga mezzo milione di bigliet
to aereo per venire a parlarmi. Voglio studiarlo un po', ca
pire che tipo �, guadagno tempo con qualche domanda ge
nerica, ingenua, ma taglia corto: �Mi perdoni, dottore, ma
vedo che lei ha qualcosa da imparare sulle faccende sicilia
ne, sul modello di inviluppo, lo chiamerei proprio cos�,
della Sicilia. Sa qual � il metodo di governo dei due partiti
di governo, la Democrazia cristiana e il socialista? La ge
stione della paralisi. Con l'effetto sicuro di trasformare i
diritti in favori. Sono stato sindaco di Misterbianco e capo
dell'opposizione, di questo modello di inviluppo me ne in
tendo, mi creda. Ha bisogno di un certificato dell'anagrafe
come di un permesso di costruzione? E' la stessa cosa, lei li
aspetta inutilmente e alla fine li chiede come un favore e
paga per il favore. Chi amministra, i diritti non sa nemme
no cosa siano, non procura lavoro ma concede posti, non
utilizza i cap�ci ma d� degli stipendi per non far niente,
bacio le mani dottore
, "riverisco ragioniere". Ma se un
Comune non amministra che se ne fa di consiglieri e asses
sori cap�ci? Molto meglio gli analfabeti purch� obbedienti,
incapaci di leggere un bilancio, pronti a votare ci� che vo
gliono i maggiorenti, i padrini padroni. Il procuratore del
la repubblica a cui ho presentato la denuncia contro gli
amministratori non voleva crederci: ma come si fa ad am
ministrare una citt� di cinquantamila abitanti con degli
analfabeti, mi ha chiesto? Si fa, si fa, gli ho detto, oggi fare
il consigliere comunale non � un servizio civile, � un me
stiere e qui quasi sempre un mestiere da ascaro, da uomo
che dice sempre s�. Chi lo fa "pensa alla famiglia", non al
Comune. Tutti a Misterbianco pensano alla famiglia e la
regola principe � "fatti gli affari tuoi". Come se dalla som
ma degli affari di ciascuno spontaneamente scaturisse il be
ne pubblico. Ma la verit� � che del bene pubblico non gli
interessa niente, vogliono solo fare il bello e il cattivo tem
po�. �E chi erano a Misterbianco a fare il bello e il cattivo
tempo?� <�Lo faceva il segretario della Democrazia cristia
na Paolo Arena. Il sindaco Salimbene contava niente. Era
Arena a piazzare i suoi uomini chiave: capo dei vigili urba
ni, assessore all'urbanistica, allo sviluppo economico.�
�Ma quale sviluppo economico c'� a Misterbianco, compa
gno Di Guardo?), ,No, dottor Bocca, c'� eccome lo svilup
po inviluppo economico e l'assessore controlla le licenze
per la zona industriale che non � uno scherzo, vi circolano
migliaia di miliardi. Abbiamo nove banche, con risparmi
per centinaia di miliardi e il capo dei vigili urbani, che si
disinteressa totalmente del traffico e dell'igiene, pu� per�
controllare gli ambulanti, concedere ai privati l'uso del
suolo pubblico, chiudere un occhio sui sopralzi delle case,
non vedere che in un mercatino la gente fa i suoi bisogni
nei sacchetti di plastica e usa un bidone delle immondezze
come latrina. Sono tutti voti per conservare il potere e per
continuare a rubare. Abbiamo avuto un breve momento di
successo noi dell'opposizione e poi i democristiani sono
tornati, regolari regolari al quaranta per cento. E come lo
sanno tutti, hanno messo in lista i cinque medici che hanno
dai 1500 ai 2000 mutuati. Vuoi negare il voto al tuo medi
co? E chi se non il partito di governo pu� fare la carriera di
un medico nelle Ussl? Poi, dove non basta la clientela arri
va la mafia.,, �Vuol dirmi che questo Arena, ucciso dai
mafiosi, era un mafioso anche lui?,, ,Lasci che le spieghi:
l'amministrazione non amministra ma paralizza per gesti
re i favori e fare i suoi affari. Ed � qui che i politici e gli af
faristi locali devono legarsi ai provinciali e regionali perch�
lo sportello della cassa pubblica ce lo hanno quelli della
Provincia e della Regione. A Misterbianco negli ultimi
due anni si sono fatti lavori pubblici per pi� di mille mi
liardi: la nuova discarica, il depuratore, la metanizzazio
ne, i nuovi pozzi d'acqua, le nuove scuole. Con affari di
queste dimensioni, Arena non poteva cavarsela da solo e
infatti si era legato al potere provinciale dell'andreottiano
Drago che aveva a sua volta chiesto la benedizione della
Regione. Il ruolo delle segreterie provinciali � di consiglia
re il nome delle aziende, dei progettisti, dei mediatori che
dettano ai Comuni le condizioni. Uno dei mediatori pro
gettisti sempre i soliti, inevitabili, onnipotenti venne in
Comune e parl� chiaro senza sapere che avevo un registra
tore nascosto sotto la giacca: "Le condizioni le conoscete,"
disse, "quelli della Provincia vogliono il dieci per cento del
la mia parcella, una parcella da sette miliardi pi� il
quattro per cento dell'affare un affare da duecento mi
liardi . Quanto vogliono alla Regione non lo so ancora
ma vi sar� preciso". E sa perch� la Provincia puo fare e di
sfare a suo piacimento? Perch� ha azzerato tutti i concorsi
a licitazione privata, tutte le aste pubbliche, decide la mag
gioranza al potere.,, �Anche a Milano, caro Di Guardo,
anche a Milano affaristi e politici filano in perfetto accor
do.,) �Gi�, ma la differenza � che a Milano non c'� la mala
vita organizzata, non c'� la mafia radicata nel territorio,
legata al potere politico. Vorrei che capiste una cosa voi
del nord. La Piovra, come la descrivete, fa torto alla mafia
che non � cos� onnipresente e divoratrice come voi imma
ginate. Nell'anno in cui ho fatto il sindaco di Misterbianco
con una giunta di sinistra non ho avuto una sola minaccia,
e neppure avvertimenti, allusioni. Il Comune funzionava e
alla mafia le cose che funzionano non interessano, le inte
ressa il ladrocinio, pensa che se rubano gli altri pu� rubare
anche lei. La mafia � come un avvoltoio che non scende
dove c'� il pulito, scende dove sente il puzzo della carne
marcia. Io mi accorsi che stava entrando nel Municipio
quando nell'anticamera del Consiglio cominci� a staziona
re Mario Nicotra detto 'O Tuppu, noto uomo di mafia,
ucciso anche lui dalla mafia qualche mese fa, capii che per
rubare in tutta tranquillit� Arena aveva chiesto la prote
zione e i voti della mafia, la protezione del clan dei "mal
passotu" e del boss Giuseppe Pulvirenti. Poi anche lui � fi
nito in una resa dei conti delle cosche e ci ha rimesso la vi
ta.,, ,Ma come avvengono i pagamenti alla mafia da parte
di un Comune che deve pure avere il suo bilancio?,, �,In
tanti modi. Una notte, per dire, qualcuno d� fuoco alla
scuola Don Milani. Che fa l'assessore all'Istruzione? Chie
de la protezione della polizia? No, d� la custodia a una
agenzia di vigilanza legata alla mafia pagandola pi� di un
milione al giorno anche se non vigila per niente. Chi fa le
pulizie negli uffici e nelle scuole? i dipendenti comunali
che sono in numero esorbitante? No, provvedono delle
cooperative costituite un giorno prima del contratto, con
gente che entra e esce a suo piacere, ruba le attrezzature,
perfino i vetri delle finestre. Se dagli uffici spariscono co
piatrici, macchine per scrivere, fax, niente paura, l'asses
sorato ha gi� comperato altre macchine da strani rappre
sentanti e le ha pagate il doppio o il triplo del normale.�
Sulla via di Catania passo a trovare Nino Di Guardo. E
teso, preoccupato. �Anche ieri hanno telefonato a mio fi
glio, gli hanno detto prima o poi tuo padre lo ammazzere
moGuardi qui, legga questi manifestini elettorali: il mo
ralizzatore Di Guardo � un ladro, il vero colpevole dei mali
di Misterbianco � lui, il comunista, lo stalinista, ha man
dato i soldi in Svizzera, � colpa sua se sono mancati i fi
nanziamenti. Manca poco che dicono che i due al cimitero
li ho uccisi io. Sono andato dal procuratore che dovrebbe
istruire il processo contro i corrotti del Comune, che cosa
aspettate a metterli in galera gli ho detto. Si � alzato, ha
aperto un armadio pieno di fascicoli, ha allargato le brac
cia, dovrei pensarci io da solo ha detto. Volevo dirgli: ma
possi bile che in questo paese gli onesti vengano subito per
seguiti e dei ladri ci si dimentichi? Il prefetto mi ha dato
una scorta, ma cosa vuole che faccia una scorta, se voglio
no ammazzarmi possono farlo quando vogliono.� ,E il par
tito, Di Guardo, il partito non puo proteggerla?� �Il parti
to? Sono rassegnati, sono stanchi, si sentono con le spalle
al muro. Sa chi sono gli autori dei manifestini? Non sono i
mafiosi, sono i segretari della Democrazia cristiana e del
Partito socialista, insieme hanno il sessanta per cento dei
voti, possono fare tutto ci� che vogliono. Sono impuniti,
hanno preso i voti degli ex gunnelliani, un pacchetto di vo
ti controllato dai mafiosi che gira da un partito all'altro
manovrato da un certo Susinni. Dopo la pubblicazione
della intervista, lei ricorda, il Comune venne commissaria
to poi arriv� la troupe televisiva di "Samarcanda" e trov�
le fotografie del sindaco assieme ai dirigenti della squadra
di calcio fra cui alcuni noti mafiosi. L'Italia intera vide,
cap� che cosa � questo Comune, che cosa � questo ceto po
litico. Poi, pian piano le parti si sono rovesciate, gli accu
sati sono diventati accusatori, � tornata la legge dell'omer
t� che don Mazzaglia predica ai fedeli, sono tornati gli af
fari sporchi, la Provincia ha protestato contro un serial te
levisivo girato a Messina e Catania perch� "ha ripetuto un
clich� diffamatorio". Ma non � un clich�, la mafia � padro
na delle due citt�.�
I Costanzo mi vogliono parlare
Giovanni Falcone e Francesco Misiani, magistrati esperti
di mafia hanno dedicato pagine dei loro libri a Carmelo
Costanzo, imprenditore edile di Catania, uno dei quattro
cavalieri del lavoro di quella citt�, Rendo, Graci e Finoc
chiaro gli altri, che per decenni hanno costituito una sorta
di oligopolio, spartendosi i grandi lavori pubblici dell'iso
la. Contigui alla mafia, protetti dalla mafia, da essi pagata
o in grado di ricattarli o le due cose assieme. E il lettore si
chiede perch� questi magistrati cos� cauti, cos� misurati
con altri personaggi siciliani e potremmo aggiungere an
che il giudice Meli che dei due non � certo amico siano
invece duri, espliciti con il Costanzo ora defunto, come se
rappresentasse una loro questione personale, un loro cau
chemar, come se questo imprenditorepadrino avesse messo
in crisi la loro interna credibilit�, li avesse messi di fronte a
uno degli enigmi dell'isola: in Sicilia le prove non sono
eguali per tutti.
E capitato al vecchio Carmelo Costanzo un deplorevole
incidente di percorso: il mafioso Antonino Calderone,
braccio destro di Nitto Santapaola, il boss dei boss catane
si, arrestato sulla Costa Azzurra capisce di non avere
scampo, si pente e racconta nei dettagli il suo rapporto con
il costruttore. La confessione dovrebbe essere protetta dal
segreto istruttorio, ma l'hanno pubblicata i giornali, Ar
lacchi ci ha scritto un libro e a me ne d� conferma un ma
gistrato palermitano anonimo che mi fa avere in copia gli
atti del processo penale 1817/85 in cui: <�Nella parte concer
nente la posizione dei fratelli Carmelo e Pasquale Costan
zo come si presenta dopo la confessione di Antonino Cal
derone, peraltro avvalorata dall'esito del confronto fra il
medesimo e i due fratelli, sono emersi gravi e molteplici
elementi di reit� in ordine al delitto di associazione per de
linquere di stampo mafioso�. Elementi, direi, terribili:
grandi mafiosi, da Cupola, come Salvatore Inzerillo e Sal
vatore Greco detto Cicchiteddu, come Giuseppe Di Cristi
na e persino il capo dei capi Salvatore Riina, tenevano riu
nioni negli uffici dei Costanzo e vi decidevano condanne a
morte come per Francesco Madonia. I Costanzo non lo sa
pevano? Certo che lo sapevano, li invitavano a pranzo, or
ganizzavano per loro battute di caccia, avevano rapporti
stretti con i capi della mafia catanese Santapaola e Calde
rone e persino con Antonio Minore, il boss di Trapani.
C'erano da fare lavori anche nella Sicilia occidentale. E a
quanto pare dalla confessione e dal confronto non era poi
vero che fossero ricattati dalla mafia, schiacciati sotto il tal
lone della mafia, erano loro ad avere il coltello dalla parte
del manico, loro a usare Calderone come uomo di paglia
nell'acquisto di terreni per spuntare prezzi bassi; loro a co
stringere il Calderone a cedergli sette ettari di terra in loca
lit� Belpasso e dal pagamento detrassero un credito che
avevano con lui e avendo fatto fallire la ditta di un altro
Calderone la rilevavano per pochi soldi. I due Costanzo
con la mafia avevano rapporti forti e lontani, imparentati
stretti con il mafioso Filippo Marchese, uniti ai mafiosi per
battesimi e matrimoni. Pasquale � stato testimone alle noz
ze dei due Calderone, Antonino e Giuseppe, padrino di
battesimo di un suo figlio; da tutti considerato �uomo d'o
nore�, se non ebbe l'investitura ufficiale, racconta il penti
to, fu solo per motivi di convenienza. Va gi� pesantissimo
il pentito: i Costanzo manifestarono la loro preoccupazio
ne a Nitto Santapaola per l'arrivo a Palermo del generale
dalla Chiesa, e secondo le confidenze di un mafioso furono
loro i mandanti dell'assassinio dell'onorevole Mattarella.
Il pentito non ha esitazioni, dice dei Costanzo: �Sono im
mersi completamente nell'ambiente mafioso�, e racconta,
racconta con ricchezza di particolari: durante i lavori per il
doppio binario CataniaMessina i cantieri delle ditte con
correnti vennero sabotati e alcune desistettero dai lavori,
se qualche mafiosetto dava disturbo Nitto Santapaola lo fa
ceva richiamare alla ragione dal suo uomo di fiducia Fran
cesco Mangion detto Ciuzzu oppure da Nino Bua che per
ricondurre i sindacalisti a pi� miti consigli minacciava di
gambizzarli; quando Santapaola, accusato dell'assassinio
del generale dalla Chiesa, dovette darsi alla latitanza, la
moglie e il figlio trovarono alloggio in un residence dei Co
stanzo; tutte cose che Carmelo Costanzo deve ammettere
nel confronto con il Calderone sicch� il giudice anziano
Meli, il conservatore, quello che ha dato il via alla guerra
contro il pool antimafia, avuto il verbale fra le mani sbotta:
�Ma questa non � una testimonianza, � una confessione�.
E sul caso Costanzo fra Meli e Falcone � di nuovo guerra.
Giovanni Falcone conosce bene la Sicilia, si muove con
prudenza, esita a rinviare a giudizio i Costanzo, vorrebbe
discuterne con Meli ma l'incontro non avviene e Meli se
ne lamenta con lui con una dura lettera: �<La sua nota ha
bisogno di alcune puntualizzazioni per cui non posso fare a
meno di rispondere anche se ne avrei fatto volentieri a me
no, contrario come sono alle polemiche di ogni tipo. Non
sono n� sordo, n� cieco, n� pazzo per cui non ho dubbio
che ci� che le ho scritto sul suo comportamento risponde
alla esatta percezione di quanto in realt� � avvenuto...
Quanto ai Costanzo pi� volte ho portato alla sua attenzio
ne, a seguito delle conoscenze istruttorie, la molteplicit� e
gravit� degli elementi che sempre pi� li indicavano come
gravitanti nel Gotha della intera mafia siciliana e Ella, pur
convenendone, e non poteva essere diversamente, ha mo
strato tuttavia in relazione alla loro persecuzione penale
una certa perplessit� per le conseguenze negative che
avrebbero potuto discenderne "per l'economia siciliana".
Onde la opportunit� di riunirci per discuterne approfondi
tamente. Stabilito, appunto, di riunirci e di farmi sapere
quando per conciliare i reciproci impegni di lavoro, nulla
mi � stato pi� detto al riguardo�.
L'azienda dei Costanzo d� lavoro a tremila persone e in
Sicilia, uno che ha tremila dipendenti, in galera non ci puo
andare perch�, come scrive il giudice Misiani, (c'� una cer
ta misura di self restreint nel qualificare come penalmente il
leciti i comportamenti di politici e imprenditori. E una
prassi generalizzata�. Su questo non ci piove, Salvo Lima
nonostante centoquarantanove citazioni nella relazione del
l'Antimafia, nonostante decine di denunce non ha fatto un
giorno di prigione e i quattro cavalieri del lavoro catanesi la
prigione l'hanno conosciuta per pochi giorni, rinviati a giu
dizio per contiguita e complicit� con la mafia sono stati as
solti dal giudice Luigi Russo con una sentenza storica in cui
la giustizia italiana confessa la sua impossibilit� a far rispet
tare la legge nell'isola. Una sentenza zeppa di notazioni
giustificative come �volenti o nolenti� �inevitabilmente�
�materiale relazione,, �per fisica contiguit�,) �non riconduci
bile a sua iniziativa�, in cui si ripete il concetto che i quattro
agivano in stato di necessit�. (questa � la realt� con cui de
ve misurarsi l'imprenditore siciliano nell'affrontare l'im
patto con il fenomeno mafioso e per trovare soluzioni di una
conflittualit�, posto che allo scontro frontale risulterebbe
perdente sia il pi� modesto degli esercenti sia il pi� ricco ti
tolare di grandi complessi industriali. �
Stando cos� le cose ci sarebbe da chiedere al giudice
Russo perch� continui a fare il magistrato e a percepire
uno stipendio per una funzione che giudica impossibile. E
i banchetti, le battute di caccia, i matrimoni, i battesimi?
Per il giudice tutto ci� era lecito perch� �non potevano esi
mersi da frequentazioni interpersonali del resto estranee
alle finalit� economiche e alle motivazioni soggettive ine
renti all'esercizio delle grandi imprese,,. Incredibile! Que
sti facevano i miliardi grazie alla protezione della mafia,
ma i loro rapporti con i mafiosi non erano inerenti alle loro
imprese. E il giudice Russo vuole pure spiegarcelo: �Le
modalit� di attuazione da parte del protettore sfuggono al
controllo del protetto il quale anzi � tenuto a non interveni
re nei meccanismi decisionali, ecco i modi di pensarepropri di un certo particolare
ambiente del tutto restio ad
accettare consigli e suggerimenti dall'esterno,,. (,Insom
ma,� ha commentato il giudice Di Lello, �,mafia, fai tu! Il
giudice Russo dopo avere cos� brillantemente affrontato e
risolto il problema del processo volitivo degli imprenditori
non si � minimamente posto lo stesso problema che gli im
prenditori incontravano sulla loro strada, non si � chiesto
se per caso molta della forza di penetrazione dei "nostri"
non dipendesse proprio da questo tipo di rapporto protetti
vo.� Mafia fai tu! lo ha ripetuto al processo anche il cava
liere del lavoro Graci: �La Signoria vostra mi chiede se io
sapessi o avessi intuito che il Santapaola gravitasse in am
bienti criminali. Mi permetto di far rilevare che questo �
un tipo di domanda a cui l'imprenditore siciliano non pu�
rispondere per le gravissime conseguenze a cui andrebbe
incontro. Non conoscevo Franco Romeo o meglio non lo
ricordo. Ancora una volta prego la Signoria vostra di tener
presenti certe esigenze�. A sua Signoria la curiosit� difetta,
non gli interessa sapere perch� il cavalier Graci fosse amico
di mafiosi e del banchiere Sindona.
Il cavaliere del lavoro Carmelo Costanzo � morto nel
suo letto il 10 aprile del 1990, ma i suoi figli ne hanno rac
colto l'eredit�, una eredit� pesante. Mi telefona in albergo
a Catania Fabio Pisani, dirigente delle relazioni pubbliche
della Costanzo: (�Dottor Bocca, l'architetto Vincenzo Co
stanzo vorrebbe incontrarla. Posso andare avanti?�. ,Va
da, vada avanti.� (,Vorrebbe chiederle un consiglio.� ,�A
me?,, <Si, i Costanzo leggono ci� che lei scrive da tempo su
loro padre e vorrebbero parlarne con lei.), Combiniamo
l'appuntamento a Roma, dove Vincenzo Costanzo abita
con la famiglia. L'architetto mi riceve nella direzione del
lyimpresa, a pochi passi dal Colosseo e mi presenta suo fra
tello. �Un caff�?� S�, grazie.,, La segretaria siciliana vesti
ta di nero, scura di pelle e di occhi, arriva con le tazzine
del caff� siciliano, superconcentrato, non pi� di un ditoE
intanto mi chiedo: possibile che questi due signori, qua
rantenni, laureati, da tempo nella direzione dell'impresa
non sapessero tutto di loro padre, di loro zio, possibile che
non si accorgessero che stavano dentro l'impasto tragico di
cui � fatta la Sicilia? Dovevano saperlo, Carmelo li faceva
svegliare alle 6 del mattino, li portava con s� nei cantieri,
non possono non aver incontrato i Calderone, i Santapao
la. Vincenzo veste con eleganza, ha riccioli neri corti, baf
fetti neri corti, non alza mai la voce, non esce mai da una
sua melanconia. Attacco io: �Immagino cosa vorr� dirmi,
sono tanti anni che scrivo di suo padre, dei Costanzo, cose
dure, molto dure ed � la prima volta che incontro qualcuno
della vostra famiglia�. �L'ultima volta che lei venne a Ca
tania,� dice Vincenzo, <due anni fa mi pare, e lessi i suoi
articoli dicevo ai miei fratelli e cugini: "Ma perch� il dottor
Bocca non ha chiesto di vederci, di parlarci?",, (,Perch� un
giornalista del continente che si occupa di mafia pensa che
con i Costanzo sia inutile parlare. Che cosa dovrebbero
dirmi questi Costanzo che incaricavano il mafioso Calde
rone di contrattare la protezione della mafia?" (,Non � cos�
semplice, dottor Bocca.,, �Lo so che non � cos� semplice, ed
� per questo che sono qui a parlare con voi. Vorrei che mi
spiegaste perch� non tagliate netto con il passato, perch�
non rifiutate questa terribile eredit�?')
,,Ma cosa dovrei fare, secondo lei? Andare alle Bahamas
a fare i bagni e a fumare sigari sotto l'ombrellone? o com
perare una villa a Lugano e diventare collezionista di qua
dri? Dovrei cambiare il nome dell'azienda? Ho litigato del
le notti intere con mio padre, ma non sono mai riuscito a
convincerlo e ora non riesco a convincere me stesso. L'a
zienda l'abbiamo fatta, diceva lui, abbiamo tremila perso
ne che lavoranoChe facciamo? Li rimandiamo a casa?
Smontiamo gli uffici tecnici, i laboratori di ricerca? E io
oggi mi faccio le stesse domande e mio fratello, i miei cugi
ni lo stesso. Cos� ho continuato, ma mi creda � duro, molto
duroL'altro giorno nel liceo di mia figlia sono venuti Or
lando e Fava, quelli della Rete, hanno tenuto una confe
renza sulla mafia, hanno parlato per due ore dei Costanzo,
mia figlia � arrivata a casa in lacrime. Certe mattine esco
per andare in banca a discutere un finanziamento o a un
ministero per un lavoro pubblico, mi fermo a un bar a
prendere un caff�, sfoglio il giornale e ci trovo le cose che
ha scritto lei, che hanno scritto mille altri, che continua
mente vengono riprese in un giro infernale, senza fine. Al
lora sento che non ce la faccio a andare in banca o al mini
stero a vedere le facce di chi ha letto i giornali o visto la te
levisione. Poi mi calmo, mi dico che devo farcela, che non
posso mollare e si ricomincia. Sono undici anni che dura
questo tormento, lo ricordo bene fu esattamente undici an
ni fa che il nome dei Costanzo apparve per la prima volta
sui giornali del continente per l'appalto del palazzo dei
congressi a Palermo, quando si disse che la mafia ci aveva
fatto vincere l'appalto. In questi undici anni quasi ogni
settimana abbiamo avuto in casa polizia, carabinieri,
guardia di finanza, il questore, i commissari dell'Antima
fia, il giudice Falcone, il giudice Sica, una persecuzione.�
�Senta Costanzo, chi le parla � un piemontese, uno che
non fa eccezioni per la Sicilia e per i siciliani, chi � un ladro
� un ladro chi e un mafioso � un mafioso. Ma essendo uno
che la Sicilia la conosce, posso anche ammettere che fare
l'industriale nell'isola non � una cosa facile, � stare in un
gioco molto rischioso. Per� ci siete entrati, questo Nitto
Santapaola lo avete frequentato, ospitato quando tutti a
Catania sapevano che era il capomafia.,, ,Perch� dice cos�,
dottor Bocca, era un libero cittadino allora, rispettato dalle
autorit�, prefetto e questore andavano alla inaugurazione
della sua filiale d'auto, proprio noi dovevamo dire con
quel mafioso non si parla?,, ,L'aria di Catania la conosco,
e conosco anche l'aria che cammina, l'aria mafiosa che en
tra dovunque, la complicit� generale che la copre. Ma certi
fatti gridano vendetta: il Santapaola � ricercato come as
sassino di dalla Chiesa, l'Antonino Calderone che faceva
da mediatore fra suo padre e la mafia non era di mano leg
gera, era uno che un giorno ammazz� quattro ragazzi per
ch� disturbavano sua madr�.� ��Si, certo, quando ho letto
di Calderone mi � venuto il cuore in gola, ma quando ve
niva da noi era un incensurato, un faccendiere che girava
tranquillo per Catania, che frequentava il colonnello dei
carabinieri. Non sapevamo che era un mafioso? S� che lo
sapevamo. Ma non lo sapevano anche le altre cento azien
de che hanno lavorato in Sicilia come noi e che, come noi,
si sono comperate la protezione della mafia dai Santapaola
e dai Calderone?� ,Senta Costanzo, diciamo che avete
avuto meno fortuna degli altri, diciamo che i Calderone e i
Santapaola delle altre aziende non hanno parlato. Ma una
cosa � certa: quella siciliana � una tragedia che gronda san
gue e chi recita questa tragedia, per tornaconto o necessit�,
deve mettere nel conto che toccher� anche a lui di pagare.,)
<,Forse lei ha ragione e pagare paghiamo. Non abbiamo co
perture politiche, non facciamo parte del "salotto buono"
della finanza per cui si scomodano ministri e capi del go
verno. Abbiamo preso i nostri rischi, ma adesso noi della
terza generazione vorremmo che si venisse a vedere, a ca
pire cosa � la nostra azienda, che se vinciamo gli appalti �
perch� lavoriamo bene, ma il pregiudizio � forte. La nostra
offerta per lo stadio di San Siro era la migliore, la pi� con
veniente per il Comune ma � stata respinta, un'altra offer
ta per un lavoro a Bologna � stata bocciata a busta chiusa,
gli amministratori avevano paura a trattare con i Costan
zo, ci hanno respinto anche a Rimini come se le cooperati
ve rosse della Romagna non avessero trattato con la mafia
per i lavori a Palermo.,)
,Perch� non cambiate nome all'azienda? Perch� non fa
te come i Rendo che hanno mollato la Sicilia e si sono rifat
ti l'immagine?,)
Vincenzo Costanzo guarda il fratello che ha un suo sor
riso di intesa. Credo di capire cosa pensano di me: cosa ne
sa questo del rapporto con nostro padre, con la nostra fa
miglia, con la Sicilia? Come puo capire che questa storia
non � cominciata dal niente, improvvisamente, ma e stata
un susseguirsi di incontri, esperienze, necessit�, opportu
nit�, rapporti umani e autoconvincimenti; perch� proprio
questo � accaduto, che a forza di vivere in quelle necessit�
e opportunit� alla fine ti convinci che questa e la normalit�
siciliana, che altro non si puo fare. Vincenzo dice: ,A volte
mi pare di impazzire. Sono in casa con i figli e i nipotini,
apro la televisione e c'� qualcuno che parla dei Costanzo e
i ragazzi mi chiedono se � vero�.
��Senta Costanzo, lei dice di vivere nell'angoscia. Ma
anche noi che scriviamo di suo padre e della Sicilia vivia
mo nell'angoscia che prima o poi nell'Italia intera si debba
fare una vita da cani come la si fa in Sicilia, che dovunque
il lavoro diventi un rischio mortale. S�, vi capisco, voi della
terza generazione vivete questa storia come una persecu
zione ma anche a noi che pensavamo a una Italia europea
civile sembra pesante, pesantissimo constatare che tre o
quattro regioni sono nelle mani della malavita organizza
ta.,) <,E allora, secondo lei che cosa dovremmo fare?� (�Solo
voi potete decidere, ma di una cosa dovete convincervi: chi
si mette in mezzo a una guerra feroce, di cui ogni giorno
contiamo i morti e i feriti, non puo pensare di cavarsela so
lo con lo stato di necessit�. E obiettivamente una situazio
ne infernale. A suo padre nato in quella Sicilia sembrava
naturale assumerne i rischi e i vantaggi, le contiguit� e i ri
catti. Era un uomo forte che seguiva la sua volont� di po
tenza. Se non siete come lui tiratevene fuori. Se i vostri fi
gli e nipoti non si capacitano della maledizione che li inse
gue, tiratevene fuori.,)
Sono certissimo che i Costanzo non seguiranno il mio
consiglio. Dal padre, anche se lo negano, hanno ereditato
la certezza che in Sicilia o si intraprende cos� o non si intra
prende. Li conforter� in questi giorni la notizia che le
grandi rispettabili aziende del nord pagavano la mafia po
litica che gli procurava gli appalti, anche se non c'era nes
sun Calderone o Santapaola a ricattarli o a tentarli.
L'infermiera di Catania
Felicia Enrichetta D'Aleo viene a trovarmi in albergo per
ch� vuole raccontarmi la sua storia. E un donnino con un
viso tondo sui quarantacinque anni, assistente sociale e in
fermiera all'ospedale Ascoli Tomaselli, Ussl 34 di Catania
e per prima cosa mi dice che vorrebbe andarsene al nord
perch� qui per lei non � pi� vita. Felicia Enrichetta D'Aleo
ha un cappellino che somiglia a una cuffia olandese e fa pi�
tondo il suo volto, parla con un lieve accento siciliano ma
con molta propriet�, come una maestra di scuola: (�Dottor
Bocca, amici mi hanno detto che con lei posso parlare e io
mi sono detta, s� il dottor Bocca deve conoscerla questa
storia. Lei, potrei dire l'ha sfiorata, perch� due anni fa ha
scritto degli ospedali di Catania. In questa mia storia c'�
Giuseppe Ferrera detto Cavadduzzu, un mafioso condan
nato una volta a due anni e l'altra a otto, ma sempre ricor
rente in appello mentre i testimoni a uno a uno spariscono.
Era all'Ascoli Tomaselli agli arresti ospedalieri perch�
ammalato grave di tubercolosi
, proprio di lui lei ha scrit
to che faceva quel che voleva, i suoi comodi. Era agli arre
sti ospedalieri perch� "ammalato grave di tubercolosi" co
me diceva il certificato di un grande professore, ma a me
non pareva proprio cos�, girava per le corsie armato, en
trava e usciva dall'ospedale in motoretta, stava fuori per
tre, quattro ore. Chiesi di essere ricevuta dal dottor Pulvi
renti, direttore dell'ospedale, e gli dissi: "Professore, ma
cosa � questa storia del Ferrera che da una dichiarazione
del professor Schirinzi risulta affetto da Tbc e 'intrasporta
bile'? Intrasportabile uno che va in giro in motoretta?".
Questa � la dichiarazione
disse lui, "e questo � il provve
dimento della Corte d'Appello: arresti ospedalieri." "Que
sta � una ingiustizia," dissi, "e intendo scrivere al ministro
della Sanit�." "Vuoi scrivere al ministro?" disse lui, "e
scrivigli, scrivigli che io me ne fotto di lui e di te." Scrissi al
ministro che allora era Donat Cattin, mi rivolsi al procura
tore della repubblica, al questore. Nell'arco di ventiquat
tr'ore tutti nell'ospedale sapevano che avevo fatto un gros
so sgarbo a Zi' Pippo, come il Ferrera era comunemente
chiamato. Ma ero decisa: se � malato di Tbc, avevo detto
al procuratore, mandatelo in un sanatorio di Sondalo in
Valtellina. E infatti ordinano di mandarlo in sanatorio.
Era appena partito e qualcuno mi brucia l'auto, una Uno
diesel appena comperata: misi in moto e usci fuori una
fiammata, feci appena in tempo a saltar gi�. Rimase solo
lo scheletro. Andai alla polizia per denunciare l'attentato e
un maresciallo disse: "Non le conviene dire che � stato un
attentato perch� gli attentati le assicurazioni non li pagano
pi�". "Ma se non dico che � stato un attentato che denun
cia faccio?" "Appunto, non la faccia." Poi incominciano le
telefonate minatorie: "Sbirra, hai voluto fare la brava cro
cerossina, sbirra dei carabinieri". "Sei ancora l� sbirra, do
mani ti trovi sulla scrivania un fascio di crisantemi." Mi
era rimasta una Fiat Panda di mio figlio. Mi squarciarono
quattro copertoni e lasciarono un cacciavite conficcato in
una gomma. Ne parlai con il professor Sodano presidente
della Ussl e con il professor Pulvirenti. Ci ridevano su, di
cevano che mi facessi gli affari miei. "Ma professore," di
cevo, "gli affari miei sono questi, che ci sta a fare in ospe
dale una assistente sociale se non denuncia queste cose?"
Nel novembre il Ferrera se ne torn� a Catania con la scusa
di essere pi� vicino agli avvocati che dovevano difenderlo
in appello e cominciarono a pedinarmi. Allora dissi a mio
figlio di andarsene a lavorare in Germania ch� non gli ca
pitasse qualcosa di male e feci bene perch� appena partito
le cose sono precipitate. In due mi hanno aggredito dentro
l'ospedale, mi hanno fatto sbattere la testa contro il pavi
mento, mi hanno provocato una crisi di nervi. Ricordo il
giorno: 13 gennaio dell'89. La notizia non apparve su nes
sun giornale siciliano. Incominciarono a dire che ero una
pazza, che vedevo cose che non c'erano. Come non vede
vo? Avevo degli ematomi che ci misero due mesi a scompa
rire. Dopo qualche mese, un giorno vedo sulla "Sicilia" le
fotografie di tre mafiosi arrestati e riconosco in uno di loro
un mio aggressore. Vengo chiamata come testimone e an
che la mia testimonianza serve a condannarlo, ma ci� che �
buono per un giudice non lo � per un altro. Il presidente
della Ussl mi chiama nel suo ufficio, sembra molto preoc
cupato: "Signora, non si esponga pi�. Lasci perdere". Gli
poso sul tavolo un dossier e gli dico: "Non sono venuta per
consigli, sono venuta per inoltrare al ministero della Sanit�
questo dossier". Mando il dossier a Roma e il ministro con
un telegramma ingiunge alla direzione della Ussl di fare
indagini accurate e lo comunica alla polizia,,. �Le hanno
fatte, signora, queste indagini?,, �S�, le hanno fatte e hanno
concluso che io sono una mitomaneLegga qui che cosa ha
riferito la polizia al sostituto procuratore Mario Accardo:
Poich� dalle indagini della squadra mobile non sono
emersi elementi di reato a carico del professor Domenico
Sodano e del professor Alfio Pulvirenti e neppure sono
emersi elementi tali da poter identificare gli autori delle
presunte aggressioni e minacce che la D'Aleo avrebbe su
bito; e invece una totale mancanza di riscontri con riguar
do a tutti gli episodi di violenza e minacce dalla D'Aleo de
nunciati tali da indurre a dubitare della veridicit� degli
episodi
. E il sostituto procuratore nella sentenza di archi
viazione se la cava come Ponzio Pilato: "Si osserva che gli
episodi denunciati il cui verificarsi, comunque, non pu'o
essere escluso in maniera certa si sono svolti prima del 24
ottobre 1989 e pertanto anche a volerli ritenere sussistenti
a carico degli individui prima citati sarebbe estinto per am
nistia il reato di cui all'articolo 328 del codice penale. Per
Dpr 75 del 1990. Catania 2 giugno 1990"�.
A ciascuno il suo: centinaia di persone hanno visto cir
colare a piedi e in motoretta Zi' Pippo, mafioso eccellente,
i due dirigenti della Ussl e dell'ospedale lo sapevano, sape
vano che i certificati medici erano falsi ma la povera assi
stente sociale Felicia Enrichetta D'Aleo ha commesso il
peccato imperdonabile di non �farsi gli affari suoi�. Se poi
non potendo pi� lavorare e vivere a Catania decider� di
andarsene al nord, affari suoi. �Dimenticavo,� dice Felicia
Enrichetta D'Aleo, �il giorno dopo l'aggressione sono ve
nuta all'ospedale per informare i dirigenti e sa cosa sta
scritto nella richiesta di archiviazione della polizia? Che
avrei spedito telegrammi al presidente della Ussl e ad altre
autorit� a spese dell'amministrazione. Insomma potrei an
che essere perseguibile per peculato.� Non � facile la vita
delle infermiere nella Sicilia mafiosa.
Proseguo per Messina dove mi daranno un premio gior
nalistico con tanto di diploma e pignolata, un dolce mar
moreo su cui verr� intrattenuto per ore da autorit�, colle
ghi, autisti: �Ma lo sa che per la pignolata arrivano pure
dall'America? L'anno venturo ne vogliamo fare una di pi
gnolata, gigantesca, lunga cento metri�. ,Bravi, un'ottima
idea.� Fuori Catania, sulla strada per Messina mi ha chie
sto un passaggio una donna: �Vai a Nizza?�. �No, vado a
Messina.� �Da l� passi.� Di viso � ancora bella con occhi
chiari e denti bianchi, ma i capelli sono grigi come i due
curiosi ciuffetti sotto il mento. Il resto � una cosa nera, abi
to nero, calze e scarpe nere. E poi pacchi, cesti. �Sei di Ro
ma?� �No, di Milano.� (�Non lo avete il mare a Milano,
qui dovete venire.� �Ma no, son qui per lavoro.� �Che la
voro?� �Scrivo.,, (,Allora ritorni.,, �(Come, ritorno?,) (S�,
quando ritorni per Nizza ti do un caff� freddo. Adesso no
ho staccato il frigo.,, Prendiamo l'autostrada?,, (Ma che
dici? Che fai in autostrada se fori? Qui � tutto un meccani
co, tutto un bar. Allora quando torni?,,,<Non so, dipende.�
��Se non ti va il caff� freddo ti do tre limoni. A Milano voi
non avete limoni. Qui da noi adesso vanno a tremila al chi
lo. Intanto prendi la Madonna� �Cosa?,) ,La Madonna
delle Grazie, ci ho messo cinquemila lire per la Madonna.),
�Che cosa ti devo?� �No, la Madonna l'ho pagata anche
per te.� (,Siamo a Nizza, dimmi quando mi devo fermare.�
�Fermati l�, dietro quel camion.,) Mi fermo e le chiedo:
�Abiti qui?,,. �No, io abito in fondo al paese.� �Ma perch�
mi hai detto di fermare?� �(Tu mi hai chiesto dove dovevi
fermarti e io ho detto dietro il camion che cos� nessuno ti fa
danno.� La accompagno a casa in fondo al paese. Scende e
dice: �Adesso hai la Madonna poi quando torni ti do il caf
f� freddo,,. C'� anche gente cos� in Sicilia, molta, la mag
gioranza, brava gente, ma non conta niente.
Hanno ucciso Falcone
Oggi 23 maggio 1992 la mafia ha ucciso il giudice Giovan
ni Falcone. Apro la televisione e vedo ci� che � rimasto del
la sua auto e della autostrada tra Punta Raisi e Palermo
dopo l'esplosione di cinquecento chili di tritolo. Mi chiedo
quante delle persone citate in queste note di viaggio saran
no state uccise prima che siano stampate. Mi chiedo quan
te delle persone che ho incontrato e che incontrer� stanno
dalla parte di quelli che hanno ucciso Giovanni Falcone.
Mi chiedo che governo, che parlamento sia il nostro in cui
ci sono centinaia di deputati che devono la loro elezione al
la mafia, che sono l� per impedire che lo stato la combatta
Mi chiedo come possa essere questo lo stesso paese che nel
1945 pensavamo tornato per sempre alla libert� e alla civil
t�. Mi chiedo quale male oscuro affligga la gente che in
contro, perch� questo cielo debba sempre oscurarsi di
morte.
Sono stato interrogato da Giovanni Falcone nel gennaio
dell'83. Indagava sull'assassinio del generale Carlo Alber
to dalla Chiesa, venne a Milano per farsi raccontare che
cosa mi aveva detto il generale nell'ultima intervista, pri
ma di morire. Mi fecero salire nelle stanze blindate del pa
lazzo di giustizia, quasi sul tetto, dove avevano lavorato i
giudici dell'Antiterrorismo. Passammo per due o tre con
trolli, due o tre porte blindate e lui era a una scrivania, un
signore pacifico all'aspetto, coi baffi ben pettinati, viso fre
sco di rasatura e di acqua di colonia. Voleva sapere dei ca
valieri del lavoro di Catania, che cosa esattamente aveva
detto di loro il generale; ripeteva la stessa domanda tre
quattro volte come se volesse riascoltare una registrazione
e sperasse di cogliervi la parola risolutrice. Era cortese ma
tenace, non mi moll� per un'ora. Congedandomi gli chie
si: �Ma lei spera davvero di trovarli gli assassini?�. �Ci
provo� disse lui.
Falcone apparteneva alla specie rara dei siciliani ironici
come Brancati come Sciascia, e s� che la sua vita pi� che
seria era drammatica, perch� nessuno meglio di uno come
lui, nato a Palermo in un quartiere del centro decadente,
cresciuto in mezzo a balordi e mafiosi sapeva che fare il
giudice di mafia era votarsi alla morte. Lo sapeva e l'aveva
anche scritto: �Il mio conto con Cosa nostra resta aperto.
Lo salder� con la mia morte, naturale o meno. Tommaso
Buscetta quando inizi� a collaborare mi aveva messo in
guardia: "Prima cercheranno di uccidere me, ma poi verra
il suo turno. Fino a quando non ci riusciranno...". Ma co
me dice Montaigne il pensiero della morte che mi accom
pagna dovunque diventa presto una seconda natura. Si sta
sul chi vive, si calcola, si osserva, ci si organizza, si evitano
le abitudini ripetitive, si sta lontano dagli assembramenti e
182 L'inferno
da qualsiasi situazione che non possa essere tenuta sotto
controllo. Ma si acquista anche una buona dose di fatali
smo: in fondo si muore per tanti motivi, un incidente stra
dale, un aereo che esplode in volo, un'overdose, il cancro e
anche per nessuna ragione particolare. Come colpisce la
mafia? Ognuno � stato colpito nell'attimo della giornata e
nel luogo in cui appariva pi� vulnerabile. Solo condizioni
strategiche e tecniche determinano il tipo di omicidio e di
arma. Con una persona che si sposta con l'auto blindata �
giocoforza ricorrere a metodi spettacolari,,. Aveva previsto
esattamente la sua morte Giovanni Falcone, non si era mai
illuso stando a Roma in mezzo ai tragici buffoni, capi della
polizia e ministri degli Interni che ogni mese davano la
mafia per spacciata, tanto pi� offensiva quanto ormai
braccata, disperata. Sapeva Falcone: �Si muore general
mente perch� si � soli o perch� si � entrati in un gioco trop
po grande. Si muore spesso perch� non si dispone delle ne
cessarie alleanze, perch� si � privi di sostegno. In Sicilia la
mafia colpisce i servitori dello stato che lo stato non � riu
scito a proteggere. Cosa nostra ha a sua disposizione un
arsenale completo di strumenti di morte. Per il fallito at
tentato del 21 giugno 1989 alla villa che avevo affittato al
l'Addaura vicino a Palermo erano stati piazzati fra gli sco
gli cinquanta candelotti di esplosivo. La mafia � razionale,
vuole ridurre al minimo gli omicidi. Se la minaccia non
raggiunge il segno passa a coinvolgere intellettuali, uomini
politici, parlamentari, inducendoli a sollevare dubbi sulla
attivit� di un poliziotto o di un magistrato,,. Mi chiedo
quante volte sfogliando i giornali, ascoltando la radio,
guardando la televisione ho colto precisa, inequivocabile la
voce mafiosa di cui scriveva Falcone, la sua �aria che cam
mina�. E conoscendo di persona i giornalisti, gli intellet
tuali, gli uomini di televisione da cui usciva come da un
ventriloquo, mi sono chiesto se la cultura mafiosa non sia
ormai qualcosa che si � diffusa in tutto il paese, una voglia
del peggio, dell'orrido cui gli omuncoli non sfuggono. Ho
partecipato a dibattiti televisivi il cui conduttore, persona
colta, esperta di politica si chiedeva e ci chiedeva se la ma
fia davvero esisteva, se famosi capimafia lo erano poi per
davvero. E ci godeva a insozzarsi e a insozzarci con questa
recita infame. Mi chiedo come lavorino, cosa pensino,
quando si guardano nello specchio facendosi la barba, i
giornalisti dei giornali paramafiosi che in morte di Salvo
Lima chiedevano a noi: e ora cosa direte? Corre gerete il
tiro? Come se la Sicilia intera non sapesse che Lima era
stato ucciso non per la sua inimicizia con la mafia ma per
la sua contiguit�. Mi chiedo chi fosse la signora Falcone;
giudice anche lei vissuta sempre nell'ombra in quella diffi
cile vita di essere la moglie del magistrato pi� esposto d'I
talia. Andavano in Sicilia, pare, per fare una veleggiata su
una barca di amici.
Ora la televisione trasmette le funebri cerimonie.
Guardo il giudice Paolo Borsellino che ha posato una
mano sul feretro di Giovanni Falcone. E in toga nera con
la camicia bianca ricamata e per la prima volta lo vedo bel
lissimo, come un cavaliere antico che giura fedelt� di fron
te al compagno caduto. Guardo il giudice Ayala, pallidissi
mo, esile, alto e curvo come una figura di El Greco, guar
do la sua mano lunga e scarna posata sulla bara. Guardo
Tano Grasso, leader dei commercianti di Capo d'Orlando
che hanno detto di no alla mafia, guardo Rosaria, la vedo
va del poliziotto Vito Schifani, che di fronte al cadavere del
marito ha detto cose che suonerebbero giuste nella Chanson
de Roland: �Era cos� bello, le sue gambe erano cos� belle�.
S�, c'� qualcosa di cavalleresco, di nobile, di puro in questa
difesa dei giusti di Palermo al loro passo di Roncisvalle,
paladini di uno stato infingardo e inafferrabile. Erano anni
che non vedevo pi� le facce degli italiani onesti e coraggio
si, non le maschere grottesche e unte del potere corrotto e
mediocre; anni che non vedevo pi� il dolore e l'ira popola
ri, che non sentivo pi� quel grande respiro di commozione
che nelle ore decisive ci fa credere, per poco, ma un poco
che basta, che c'� qualcosa di buono o forse di immortale
negli esseri umani, che la loro vicenda o vive in questi mo
menti o � una pigra stupida routine. Ho visto le facce dei
giovani, i moltissimi giovani, come destati da un lungo
sonno, come usciti d'un tratto dalle melensaggini che i me
dia gli attribuiscono, come tornati uomini con sdegni e fu
rori, da un limbo di mode cretine e di melassa pubblicita
ria. No, non dico che bisogna lanciare il cuore al di l� del
l'ostacolo o altre iperboli dell'arditismo, ma essere di nuo
vo, a viso aperto, per la dignit� dell'uomo, contro il terrore
e la stupidit� dei violenti. Ultimo risvolto di questa storia
siciliana: il primo magistrato giunto per dovere di ufficio
sul luogo dell'attentato si chiama Alberto Di Pisa.
CAMPANIA INFELIX
La sterminata tana
�Signo', � pi� freddo qui che da voi a Milano.,, Nella voce
del portabagagli napoletano c'� un suono di rivincita: sia
mo continentali anche noi, c'� pi� freddo da noi che da
voi. Ma a Napoli non c'� la nebbia che ho lasciato a Mila
no, c'� l'aria marina (che ti sveltisce il cuore,,. Fa freddo,
ma i colori, gli odori del golfo sono appena attenuati, pron
ti a risplendere al primo libeccio e dall'altura di Capodichi
no si vede laggi� il mare, lastra argentea sotto il sole, la
curva del golfo, le isole serene e il Vesuvio lievitante nell'a
ria. Napoli non � misteriosa e straniera come Palermo, lei
sta nella nostra infanzia scolastica, il pino di Posillipo della
fotografia nelle nostre pi� tenere memorie, il Vesuvio che
fuma, il Castel dell'Ovo, il palazzo dei re in capo al monte,
non era principe di Napoli il nostro bell'Umberto, non c'e
ra in casa della zia Ines una copia dello scugnizzo di Gemi
to? Mi accompagna Elena Camerlinghi, una urbanista che
� venuta a prendermi con la sua Cinquecento fracassona e
indomita. Nei prossimi giorni vedr� di cercare la Napoli
della ,grande armonia,,, del sereno accordo fra citt� e na
tura che non c'� mai stato, ma che i letterati si raccontano
l'un l'altro, incerti sul tempo in cui collocarlo. Andiamo
subito all'incontro con la Napoli della plebe in questa ta
na sterminata dove uomini e animali si contendono il cibo
e la stessa aria�; aveva ragione il Filangieri a dire che (�il
nascervi � spesso una gran calamit�,,. E gi� scendiamo con
la Cinquecento fracassona nella citt� tenuta in vita e soffe
renza perpetua da un disordine, da una frana che ogni
giorno si rimpastano in nuova vita e nuova fatica. Come
nel dialogo leopardiano fra la natura e un islandese: <,Tu
mostri di non aver posto mente che la vita di questo uni
verso � un perpetuo circuito di produzione e di distruzio
ne�. �Ti faccio passare per Ponticelli,,) dice Elena, �cos� ca
pirai meglio che tutto ci� che � stato costruito qui ha avuto
due ritorni, uno elettorale, l'altro truffaldino.,, (,Mai per
far vivere meglio la gente?� (,Incidentalmente, qualche vol
ta, ma senza averci veramente pensato.
Napoli ha due cose che a noi padani sono sconosciute: la
plebe e la metropoli antica, come Babilonia, come Roma,
come Alessandria dove un numero sterminato di persone
sopravvivono prima di vivere. A Milano, a Torino, a Ge
nova non c'� la plebe, ci sono i poveri, magari poveri come
a Napoli ma cittadini che possono dire la loro, contare,
sperare, non magma umano. Ma a Napoli come nelle citt�
antiche la plebe c'�, come il fango del Nilo, qualcosa che
ora minaccia e ora concima i campi dei ricchi, una colata
che avvolge tutti i quartieri, stagna nel centro, cresce su se
stessa senza darsi il tempo e il modo di imparare a vivere,
gi� paga di sopravvivere; un cantiere perenne di opere che
si sfasciano e sovrappongono perch� la ricerca dei voti e
dei loschi affari da parte dei potenti non ha mai fine. Pon
ticelli! Da non crederci, un abitato a quattro a cinque stra
ti, come gli scavi di Troia, ma qui in bella vista, uno sopra
l'altro. In alto un viadotto che deve essersi fermato da
qualche parte perch� non si vede passare nessuno, sotto
una passerella metallica che congiunge i due capannoni di
una fabbrica rimasti uno di qua uno di l� da una ferrovia a
scartamento ridotto, che forse porta allo scalo abbandona
to delle raffinerie di petrolio perch� l'erba � cresciuta sui
binari e, in basso, la vecchia strada del borgo, selciata,
sconnessa che sottopassa la ferrovia e poi si impenna verso
un edificio nuovo, vetri e metalli cromati, piantato dentro
quell'intrico. �E quello cosa �?� �,Un day hospital.� �Fun
ziona?� �No, � ancora chiuso.� A Napoli quel che funzio
na, che � abitato, � decrepito, quel che � nuovo � chiuso e
gi� la povert� magmat ca lo assedia, lo soffoca. A San Gio
vanni a Teduccio passiamo lungo un parco pubblico che
sembra un modellino di parco tanto � pulito, nitido, le pal
me, gli eucalipti, le fontanelle, gli scivoli per i bambini,
nuovissimo e deserto. �Chiuso da un anno,� dice Elena,
�da quando l'hanno finito, non hanno ancora trovato il
personale capace di gestirlo, se lo aprissero adesso in un
mese sarebbe distrutto.� Chi amministra o non ammini
stra Napoli � certo che tutto � politica, nel senso dei voti,
dei furti, della clientela da spartire con la camorra; che la
sola cosa che conta � approfittare in qualche modo della
grande sterminata tana piena di scuole, chiese, poliambu
latori, day hospital, mercati, nidi di infanzia, asili chiusi o
in rifacimento o poco funzionanti che il commissariato per
la ricostruzione definisce �strutture complesse� perch� do
vrebbero funzionare una per l'altra, ma siccome in ognuna
c'� qualcuno che coltiva i suoi voti e i suoi furti la gran
macchina non gira mai, va in pezzi mentre la rifabbricano.
Vicino al parco hanno costruito gli edifici di servizio per il
quartiere: scuola, delegazione municipale, ufficio fiscale,
tutti chiusi meno il commissariato di polizia che almeno sa
quel che deve fare, un po' di faccia feroce e tirare a campa
re. Le case rimesse a nuovo dal commissariato per la rico
struzione sono incistate nella colata grigiogialla della tana,
come macchie di colori vivi, rosso, amaranto, azzurro, ca
narino, piccole enclave che la citt� della plebe gi� stringe
come una giungla di inarrestabili rampicanti, alcune con
fantasie e sperimentalismi architettonici che incuriosiran
no i posteri, un quartierino svedese, uno arabeggiante,
uno liberty in mezzo alle casupole senza acqua e senza fo
gna della Napoli <che il mare non bagne� della pi� dispera
ta Anna Maria Ortese. ,Una miseria senza pi� forma, si
lenziosa come un ragno, disfaceva e rifaceva a modo suo
quei miseri tessuti invischiando sempre pi� gli strati mini
mi della plebe che qui � regina. Straordinario era pensare
che in luogo di diminuire o di arrestarsi la popolazione cre
sceva ed estendendosi sempre pi� esangue confondeva ter
ribilmente le idee dell'amministrazione e di pi� strane spe
ranze il cuore degli ecclesiastici. Qui il mare non bagnava
Napoli. Ero sicura che nessuno lo avesse visto o se ne ri
cordava. In questa fossa scurissima non brillava che il fuo
co del sesso sotto il cielo nero del sovrannaturale.),
Una immagine forse sovraesposta, troppo nera, ma que
sto sentimento di un assurdo irreparabile domina la citt�,
la miseria non finisce mai, la gente continua a figliare, i
contadini della Campania continuano a premere sulla
grande tana, nei prossimi quindici anni bisogner� trovar
casa ad altre cinquecentomila persone e chi pensa che tro
veranno il modo e il tempo per imparare a vivere � uno che
sogna o che mente, pensando a nuovi voti a nuovi furti.
Ma dove sta e quando mai c'� stata la Napoli della gran
de armonia? Non nell'Ottocento delle grandi emigrazioni,
non nel Settecento delle sanguinose rivolte dei lazzari, o
delle repressioni borboniche, non nel Seicento quando me
t� della popolazione non aveva alcuna stabilit� economica,
non nel Cinquecento delle pestilenze e della povert�.
Quando, allora? Adesso che la grande tana � un immenso
cantiere che si disfa mentre si fa, dove non fai in tempo a
finire le case per i senzacasa prenotati che una turba di
senzacasa sbucati dal sottosuolo le occupa e non li cacci
neppure a cannonate, gli urbanisti e gli architetti giovani
danno la colpa del disastro agli urbanisti e agli architetti
anziani e i politici arrembanti a quelli stagionati e tutti as
sieme portano i visitatori illustri, il presidente della repub
blica, quello del Consiglio con seguito televisivo a dare in
geremiadi e promesse davanti agli obbrobri, come gli edifi
ci delle Vele, due palazzoni a piramide tronca come i tem
pli dei Maya, collegati da scale di cemento a greca, duri ri
cami contro il cielo azzurro, il �,mostro') su cui tutti si sca
gliano irridenti, indignati, gi� in parte disabitato, gi� oc
cupato da drogati, barboni, immigrati di pelle scura e se
non vi fate prendere dalla sceneggiata, se pensate che que
ste maledette Vele siano a Zurigo o a Lione, con inquilini
normali e normale manutenzione, non sarebbero peggio di
tanti altri casoni metropolitani. Ma qui chi la fa la manu
tenzione nei quartieri popolari? Il Comune no, il Comune
di Napoli non ha pi� uffici tecnici, non esiste pi� come
progettista, custode, correttore della citt�, esistono solo dei
professionisti della politica che appaltano i servizi a ditte
private disposte a pagare tangenti o a dividere gli utili, pi�
o meno camorriste, verniciate da terziario avanzato. Si
rompe il riscaldamento? Telefoni alla Pegasus manuten
zioni che ti ha fatto trovare il suo biglietto da visita nella
cassetta postale. Risponde una segreteria telefonica con
musica di Vivaldi che va avanti per un cinque minuti, poi
una voce femminile disponibile, efficiente, moderna ti
chiede: ,Cosa possiamo fare per lei, signore?� e uno del
magma si sente subito intimidito. <Non funziona il riscal
damento.,> ,Ci duole, signore, ma il riscaldamento non
rientra nel nostro capitolato.,, Se si rompe un vetro o non
arriva l'acqua su per gi� � la stessa cosa, il tecnico al mo
mento � assente, provvederemo immediatamente signore e
poi musica di Vivaldi e chi si � visto si � visto, ma chi se la
sente di protestare con il terziario avanzato?
Se si sta alle statistiche, ogni napoletano dovrebbe avere
un reddito annuo di dieci milioni, da vita modesta ma de
cente e dal terremoto irpino in poi � arrivato qui un fiume
di miliardi, ma le dimensioni e lo spettacolo angosciante
dell'irreparabile restano immutati: duecentomila indigen
ti, trecentomila che lavorano per la camorra, il ventotto
per cento dei minori che spacciano droga in Italia, il venti
cinque di quelli arrestati per omicidio, dio se ci sei castigali
i Pulcinella della politica che campano allegri e faceti nel
disastro. �Fuitevinne, fuitevinne!� ha gridato don Rapulli
no, prete di Forcella, fuggite da questa citt� crudele. Ma i
napoletani non fuggono, la grande ondata emigratoria ver
so il nord � passata sopra la citt�, tutti qui a faticare la vita,
giorno per giorno, tenuti assieme dal circuito senza fine
della costruzione distruzione, dall'attivit� continua delle
raccomandazioni e delle elemosine, della malavita grande
e piccola, dei voti, dei furti, del denaro pulito e del denaro
sporco, un minigolf in mezzo al lerciume.
Napoli <citt� natura�, dicono i cultori della napoletani
t�, dove �il sociale � culturale e il culturale sociale� e bag
gianate del genere. �La citt� terra, la citt� ventre,) dicono,
�madre produttrice e dissipatrice.� E allora mettiamola sul
latino ricordiamoci della Roma di Livio che forse � pi� cal
zante: �Nec vitia nostra nec remedia pati possumus�. E dai suoi
vizi e dai suoi rimedi Napoli non viene fuori, hanno creato
una illegalit� diffusa che ormai � routine, folclore, cultura
e non d� scampo. Il ministro delle Aree urbane fa una leg
ge per incoraggiare la costruzione di garage e di riscalda
mento solare, distribuisce licenze, concede esenzioni fisca
li, crediti. E chi ha la licenza fa passare per garage un rial
zo, per riscaldamento solare un magazzino. I pescatori di
Pozzuoli si fanno dare dallo stato il gasolio a prezzo basso e
invece di andare a pescare lo rivendono a borsa nera.
Quelli del mercato ittico, il pi� grande del Tirreno con un
giro d'affari annuo di cento miliardi, per risparmiare qual
che lira attingono l'acqua marina per rinfrescare il pesce
non fuori del porto ma proprio sotto i pontili dei traghetti.
A Pompei i carabinieri scoprono che il camorrista Pasqua
le Cirillo ha rubato un Tir carico di salumi della Citterio.
Su un giornale locale � apparso l'annuncio della �Fiera del
salame a Pompei,). Per l'intera giornata arrivano ristorato
ri, commercianti, ambulanti, acquirenti abituali delle mer
ci rubate. Alle scuderie di Agnano quando i cavalli im
brocchiscono li fanno investire da un camioncino cos� gli
assicuratori che sono �in torta� glieli pagano come nuovi.
C'� tutta una fioritura di truffe divertenti, ingegnose e nel
l'insieme autolesioniste di cui quasi quasi la citt� si com
piace: sindaci del contado che formano societ� umanitarie
per regalare un asilo ai palestinesi o una scuola ai bambini
colombiani tanto per coprire i traffici di droga. E don Re
nato Afragola che ha eretto il santuario della �Madonna
del terremoto�, lei si veramente miracolosa in sussidi a
fondo perduto, e l'ha dotato di istituto di pranoterapia, an
nessa vendita di polverine orientali, sale esorcizzato, acqua
santa per la dieta e la casa editrice che pubblica la rivista
�L'amante� e organizza pellegrinaggi con banchetto alla
Madonna di Sorrento. L'arcivescovo Giordano voleva sco
municare l'Afragola, ma costui gli ha opportunamente
precisato di essere stato ordinato sacerdote di rito siroan
tiocheno.
Il codice stradale a Napoli non � mai in corso, dopo le 6
di sera i semafori non sono una regolazione tassativa ma
un blando consiglio, se prendono il pizzo i camorristi lo
prendono anche i vigili urbani, gli impiegati, gli uscieri,
chiunque abbia uno straccetto di potere da sfruttare e cos�
gli infermieri, i farmacisti. E dovendo ognuno pagare i fa
vori concessi dagli altri, dovendo bussare a tante porte, ri
correre a tante protezioni fanno tutti una vita grama e fati
cosa e umiliante nella citt� natura,), come dicono i retori.
Una voce nel deserto
Vado da Andrea Cinquegrani e Rita Pennarola che dirigo
no, scrivono, spediscono, distribuiscono �,La voce della
Campania�, voce nel deserto, un mensile che per racconta
re Napoli come �, i politici napoletani come sono, passa
per una stramberia, per una esagerazione: �Bravi guaglio
ni, ma un po' fanatici, iih con tutte quelle loro sigle di ditte
chiacchierate, di incroci finanziari, di partecipazioni chi ci
capisce qualcosa�. La redazione sta in via Duca di San Do
nato, a Forcella, freddo cane negli uffici, memorie sessan
tottine congelate nei poster, uno dei diecimila, ventimila
palazzi che cadono a pezzi, un po' rabberciati, un ascenso
re nuovo metallizzato, fra i mattoni e le cazzuole per la cal
cina dei lavori in corso. Non lontano di qui hanno scoperto
da poco il covo del giovane Stolder, parente dei Giuliano
belli per� questi boss della camorra, anche sorridenti, non
torvi come i boss palermitani o calabresi che collezionano
mobili di antiquariato e auto di lusso. Enormi locali sotter
ranei, pi� di venti stanze con l'aria condizionata, teleca
mere a circuito chiuso, telecomandi per aprire i tombini
tutti con sopra scritto Cirino Pomicino, i parenti del mini
stro, della rinomata ditta di tombini, controllati fino a
Corso Umberto, protetti da steccati e garitte. E c'� voluto
il giudice Carlo Palermo venuto qui a fare la campagna
elettorale per la Rete per denunciare la cosa alla questura,
non si era mai accorta la nostra brava polizia che a Napoli
ci sono quartieri camorristi blindati, fortificati. Il covo sta
va in Vico Palazzo n. 16: un garage con dentro due Mer
cedes, un fuoristrada e un piccolo kart per i giochi dei
bambini Stolder. In fondo, dietro un pannello di piastrelle
bianche, il cunicolo che portava ai sotterranei dell'armeria
con fucili e mitra nelle rastrelliere, il tirassegno, i raggi al
l'infrarosso per sparare nel buio, la scuola di scasso con le
serrature ultimo modello. E in questo trionfo della tecnolo
gia malavitosa, l'arcaico, immortale marchingegno della
Napoli dei vicoli, un paniere appeso a una cordicella che
scendeva in strada dall'alloggio del boss e bastava uno
strattone per avvisarlo che era pronta l'insalata e la mozza
rella. Nell'alloggio, dietro la scarpiera dei bambini, un al
tro cunicolo che ha permesso al giovane Stolder di filarsela
lasciando a memoria dei suoi gusti letterari un libro aperto
Gli alunni del sole di Giuseppe Marotta.
Bravi guaglioni l'Andrea Cinquegrani e Rita Pennarola
che passano le giornate nelle cancellerie dei tribunali, negli
archivi della Camera di commercio, negli studi degli avvo
cati, negli uffici regionali o municipali per comporre, ogni
mese, il loro mensile con i puzzle delle societ� fasulle in cui
politici, camorristi e finti galantuomini intrecciano instan
cabilmente le loro trame di furti e malversazioni, qualche
migliaio di copie ogni mese che spariscono nella sterminata
tana napoletana come foglie di autunno in una grande pa
lude. Ma vanno avanti i guaglioni con i loro collaboratori,
allampanati, infreddoliti, mal pagati o non pagati, alle pre
se con tutto ci� che a Napoli soffoca, uccide il lavoro ben
fatto. �Senti questo,� mi dicono, �facciamo dei manifesti
per lanciare un numero, li diamo all'ufficio comunale di
affissione e su mille non ne affiggono pi� di trecento. An
diamo a lamentarci e dicono: "Siamo messi cos� con poca
gente mal pagata, pi� di trecento non riusciamo ad affig
gerne". "Scusate, ma se � cos� perch� invece di stampare
mille manifesti non ne stampiamo trecento? Diteci voi il
numero." "E no, e come si fa? Ci vorreste mettere contro
quelli delle tipografie?" Allora proviamo con le squadre
abusive di affissione: mille stampati, trecento affissi. "Ma
perch�?" chiediamo. "Amico, ma dove vivi, oggi la gente
non tiene voglia di lavorare, siamo in troppi, gli spazi sono
pochi, tu affiggi un manifesto e gli altri te ne incollano uno
dei loro sopra." Ci viene il sospetto che anche con gli abbo
namenti le cose vadano a questo modo, molti non ricevono
il giornale, ci sono proteste. Allora ci autoabboniamo per
cinquanta copie e di cinquanta ne arrivano venti. E cos�
veniamo a sapere che c'� una organizzazione che si fa dare
le lastre dalla tipografia e ristampa fuori libri e riviste e le
vende a prezzo ridotto alle edicole e alle cartolibrerie. Ma
pensa che rete di inganni, che lavoro, che combinazioni
per guadagnare quattro lire. Proviamo con le locandine e
per andare sul sicuro assumiamo un bravo ragazzo, uno
studente che viene a trovarci spesso in redazione, di sini
stra, s'intende: ti diamo settecentomila lire al mese ma tu
dai un'occhiata alle edicole che espongono le locandine.
Non funziona neppure lui, veniamo a sapere che ha passa
to il suo appalto a un altro ragazzo per quattrocentomila li
re e chi sa che costui non abbia gi� subappaltato per due
centomila. Gli edicolanti? Pieni di pretese, sfiziosi. Passi a
salutarli, gli chiedi come va il numero e ti dicono "dotto',
qui ci vuol l'uolio". Tu pensi che l'uolio sia il panettone a
Natale, lo spumante a Pasqua, ma i tempi sono cambiati,
l'uolio che unge le ruote � un centomila. Alle partite di cal
cio del Napoli ci vai con il panettone? Il weekend lo fai
con lo spumante?�
Bravi, tenaci guaglioni: vendere <,La voce� � una pena,
scriverla una scommessa. Per vendere giornali, per fare in
formazione ci vorrebbe una citt� in cui le cose si tengano,
si completino, si arricchiscano di interessi comuni, ma qui
si vive per isole di vita e in ognuna c'� gente che si arrabat
ta per mettere assieme il pranzo con la cena. Mi invitano a
pranzo, passiamo davanti all'hotel Majestic, Andrea ral
lenta davanti a un distributore di benzina chiuso da anni
ma dietro i vetri si muovono delle luci opalescenti, si in
travvedono figure umane. Esce uno con due cassette fra le
mani, si affaccia un omino in tuta, riconosce Andrea:
�Dottore venga, ho due prime visioni che sono un bab��.
L'omino ha occupato il chiosco abbandonato, ci ha piazza
to un suo televisore, le pile delle cassette, le registrazioni
rubate e ristampate, spesso merce di prima qualit�, film
che non sono ancora usciti in televisione, nessuno gli ha
mai detto niente, si servono da lui sindaco e onorevoli. An
drea mi chiede un favore: possiamo passare dopo il pranzo
a salutare sua madre che avrebbe piacere di conoscermi?
�Sai, � di Torino come te.,, La signora Cinquegrani ha set
tanta anni, � alta, magra, con l'allure delle mogli dei diri
genti Fiat, quelli di una volta quando c'era il professor
Valletta. Porta in testa un foulard a mo' di turbante, ha un
bel sorriso e l'orgoglio della solitudine e del rifiuto, da
quando � morto suo marito direttore della Fiat Avio non �
pi� uscita di casa, del resto anche quando lui c'era usciva
malvolentieri: ,Se li ricorda, dottore, i caf� chantant di
corso Vittorio? La confetteria Peyrano?,,. ,Beh, quella c'�
ancora, cioccolato stupendo.,, Da ragazza doveva essere
come la Vincenzina Virando, la signorina torinese di buo
na famiglia che incontr� da Baratti e Milano il giovane
ambasciatore Ettore Grandi e lui sembrava cos� gentile fra
gli splendenti vasi di cristallo pieni di gianduiotti e di prali
nes, tra i camerieri in giacca bianca e le confidenze sussur
rate: �Quella � una Camerana che ha sposato un Nasi,). La
povera Vincenzina Virando morta ammazzata a Bangkok,
ammazzata dal marito ambasciatore diceva l'accusa, ma
secondo il professor Beonio Brocchieri dall'amok, una ma
gia asiatica che fa spuntare rivoltelle e coltelli nelle mani
degli indigeni spiritati o il dente dell'epistrofeo, come dice
va l'avvocato Delitala, per spiegare uno dei fori nel cranio
della poveretta. La signora Cinquegrani mi porta in visita
nel suo regno, salotti e stanze in cui non vive da anni, il ti
nello con la televisione, il cucinino, le tende bianche a fare
da schermo verso la sterminata citt� straniera in cui tanti
anni fa un ingegnere della Fiat, cos� gentile, cos� simpatico
l'ha portata in esilio. Ma il portamento, il tratto, l'accento
sono rimasti quelli e cerchino di capire suo figlio e la Rita
Pennarola se non li degnamo di uno sguardo, stiamo par
lando di Torino, per dio, di piazza San Carlo, del Cambio
che non � pi� quello, ma � sempre il ristorante in cui pran
zava Camillo Bensi o Benzi di Cavour, come sappiamo so
lo noi, conoscitori di Santena e delle sue lapidi.
E io penso a una mia amica milanese che era giornalista
al �,Giorno,, con me, che ha sposato un professore napoleta
no, parla napoletano, ha figli napoletani e se le telefono mi
dice: ,Ma perch� tieni tanta rabbia in corpo. Fottitene!�.
Qui uno si piega o si ritira in convento, come la vedova
Cinquegrani. Ma il distinguo fra il lecito e l'illecito si per
de, come la separazione fra mare e sabbia sulla battigia.
Anche nelle cose minime. Tutti comperano merce di con
trabbando senza chiedere, senza preoccuparsi, c'� aperta
compravendita di falsi ,griffati,, di Timberland, Saint
Laurent, Lacoste, Cartier, Armani, di auto rubate ricono
scibili per il bassissimo prezzo, tutto tranquillamente com
merciato. E nella pubblica amministrazione tutti fanno i
comodi loro perch� una parte degli impiegati sono stati as
sunti per non lavorarvi, per fare altre cose, commissioni,
guardaspalle, galoppini elettorali; dunque come lo misuri
l'assenteismo se poi anche quelli che negli uffici ci vanno
quando gli salta vanno per i fatti loro tanto nessuno conta e
nessuno controlla.
Fanno cos� in buona parte i cinquecento vigili urbani di
servizio all'aperto che ogni tanto si autosospendono, a me
no che non siano �,in torta,, con i posteggiatori abusivi a cui
devono dare una mano comminando multe salate solo a
quelli che lasciano l'auto fuori dei loro abusivi posteggi. Lo
sono quasi tutti abusivi perch� da decenni nessuno ha piu
il coraggio di mettere il naso nelle licenze che si perpetua
no e moltiplicano per conto loro. I posteggiatori abusivi so
no bene organizzati, non ti danno mai la ricevuta per non
pagare l'Iva, ma il gesto lo fanno: Lo vuole il foglietto dot
to'?� e tu se non sei fesso dici che non lo vuoi, se no la
prossima volta non trovi posto. E, se avendo pagato in an
ticipo a uno degli abusivi al ritorno ne trovi un altro che ti
richiede le lire, dagliele se no ti fa una chiassata e magari
arriva in suo soccorso un vigile che ti puo multare, non sei
in sosta vietata?
Dicevo di quella mia amica del ��Giorno,). Ma ho anche
ricevuto la settimana scorsa la lettera di una Maria Luisa
piemontese che vive a Napoli da parecchi anni e che si �
napoletanizzata: ,Ho letto il suo libro, Il provinciale, che a
parte qualche pagina interessante mi conciliava il sonno e
perci� mi era utile. Ma la sera in cui sono arrivata al punto
dove lei ha ribadito il suo ormai nauseante antimeridiona
lismo, mi sono talmente innervosita da passare la notte
quasi insonneLei con il suo lavoro, a quanto pare, ha
guadagnato un sacco di soldi e allora perch� non se ne sta
tranquillo e se il meridione non le piace lo trascuri e lo lasci
in pace. E cerchi di andare il meno possibile in televisione
perch� io provo un grande imbarazzo e un po' di pena per
ch� so che se dovessi parlare in televisione parlerei come
lei, come parlano i lombardi, i romagnoli, i veneti, con
frasi stentate e una pronuncia orribile. Quando ero su non
ci facevo caso ma adesso ho l'orecchio abituato alla parlata
intelligente, fluida, ricca di vocaboli dei napoletani. Che ci
vuol fare? A lei piace la Svizzera, ha scritto. Perch� non si
trasferisce l�? Gli svizzeri sono cattivi e razzisti come lei�.
Maria Luisa ha ragione, ma io mi sento un po' come l'o
norevole Piro che dopo aver inutilmente portato davanti a
un giur� d'onore il ministro Paolo Cirino Pomicino si � di
messo dal parlamento dicendo: �Io non ce la faccio a vivere
nel Far West),. Ma forse i fuorilegge ci vivono benissimo.
La pazienza e laferocia
Lo psichiatra Sergio Piro sta in una bella casa di via Raf
faele De Cesare a due passi dal Castel dell'Ovo, quarto
piano, in quell'aria che sa di salso, con quella apertura
verso gli azzurri amichevoli del golfo. Lui di casa esce, �
uno di quelli che si battono nello sfascio sanitario, sociale,
morale, economico. Indossa un maglione rosso giovanile
come i suoi occhi, gli occhi di chi ha molto dato e molto
avuto. Ora si � avvicinato alla finestra, guarda in basso il
traffico caotico e segue una sua divagazione, quel cercar di
capire dentro la cosa informe che � una grande citt�, senza
prove magari, senza scienza, per intuizioni, per ipotesi
magari, ma non � cos� che sono nate le scoperte, le esplora
zioni? �Conosco una signora che l'anno scorso, un giorno
si trova a passare per piazza Martiri, vicino alla redazione
di "Repubblica", dove c'� un posteggio abusivo, come in
tutte le piazze. Pensa di essere protetta dal traffico, passa
per il varco aperto fra le auto posteggiate ma arriva un'au
to e le blocca l'uscita. Ritorna sui suoi passi e il passaggio e
ostruito da altre macchine appena arrivate, cerca di passa
re fra due, di sollevarsi su un cofano ma � anziana, non ce
la fa, le prende un grande affanno, grida e nessuno l'ascol
ta, piange, passano dieci terribili minuti prima che un gio
vane la veda e arrivi in suo soccorso. Ora � in cura, un ca
so acuto di agorafobia, un anno e mezzo che non esce di
casa.,, Il professor Piro sembra arrivato al capolinea della
sua divagazione, osserva il traffico caotico gi� nella strada,
esita fra pensieri diversi, fra memorie, cerca di riprendere
il filo di mistero e di stupore per capire la grande citt�
amata e insondabile, paziente e feroce, piena di plebei
scontenti di tutto e di borghesi che ci vivono come �europei
scontenti,,. La immensa citt� nel cui inconscio � sempre ac
quattata la plebe paziente e feroce, dove �le peuple est bien
plus peuple qu'un autre),, lo aveva capito Montesquieu.
Il professore ha trovato una traccia, la segue: �Non c'�
nessuna regola qui che resista all'anarchia, tutto si disfa, si
smaglia, si cancella sotto le maree del disordine. Ma se vivi
qui e segui i movimenti segreti della citt�, le cose che si ve
dono solo con l'affetto e l'appartenenza, ti accorgi che ogni
volta nella distruzione totale dell'ordine, il napoletano cer
ca di mettere insieme un nuovo ordine, un abbozzo di or
dine senza regole scritte, senza codice. Sto spesso a questa
finestra a guardare il brulichio degli uomini e delle auto e
pian piano ho notato che in questa insensatezza riaffiora
un filo di ragione, di piet�, se una persona di et� capita in
mezzo la strada e spaventata, intontita non sa togliersene,
il conducente dell'autobus, il grande sgangherato autobus
del servizio municipale, si ferma, la segue a passo d'uomo,
non le fa fretta, come un pachiderma addomesticato, non
suona il clacson. Il rispetto per i deboli in qualche modo ri
mane�.
Piro sa che quel che dice � vero, ma che pu esserlo an
che il contrario. Certo � vero che nella Napoli dei seimila
abitanti per chilometro quadrato resta una vena di solida
riet� umana che sembra resistere al mare della violenza,
ma � anche vero che un giorno don Rapullino ha gridato ai
suoi fedeli: �Fuitevinne, fuitevinne!�. Ferocia e pazienza,
protervia e carit�, previste e imprevedibili, non il vuoto di
Palermo attorno alla morte e alla violenza, ma una violen
za che pu� scatenarsi dalla mansuetudine. L'ho visto
quando scendevamo per le viuzze di Ponticelli: un uomo di
rispetto, un prepotente aveva fermato il suo camioncino in
mezzo alla strada, era entrato in un bar. Tutti fermi senza
protestare, tutti zitti a guardare la strada bloccata. Poi, be
vuto il suo caff�, salutati gli amici, era ripartito e il traffico
era ripreso ma senza furia lasciando il passo agli anziani,
alle mamme con le carrozzelle. E capivo che quell'alter
narsi di prepotenza e di gentilezza non era casuale, che �
sempre stato cos� e sempre sara cos�. E forse questa � l'in
sopprimibile natura della plebe che canta, recita o condivi
de la napoletanit� umana, sentimentale ma � la stessa che
nelle ore del furore e del sangue, della controrivoluzione
vandeana del 1799 fa strage di borghesi illuminati, li
squarta, li arrostisce, se ne ciba. Il popolo degli straccioni
che se a Roma offende e "rride, a Napoli atterrisce anche il
marchese di Sade, in fuga da quella esplosione di odio can
nibalesco. Lo sapeva Tommaso Campanella: �Il popolo �
una bestia varia e grossa che ignora la sua forza. Tutto �
suo quanto sta fra cielo e terra ma nol conosce e se qual
che persona di ci� lo avvisa ei lo uccide e atterra�. La fe
rita del '99 � ancora aperta nella borghesia napoletana, per
convivere con la plebe sterminata se ne d� un'immagine
naturalistica, � come la lava di una eruzione, come il sole,
come il mare ora in bonaccia ora tempestoso, un'altra cosa
da s� ma insostituibile. La plebe di Napoli � diversa, molto
diversa dai poveri di Milano, Torino, Genova. Di essa la
borghesia napoletana ha solo una idea collettiva, di molti
tudine, non riesce a pensarla come somma di persone, di
nomi. Il muoversi delle moltitudini nelle vie e nelle piazze
napoletane � ingannevole, pu� dare l'impressione che stia
per accadere qualcosa di straordinario e invece pu� essere
il nulla di un muoversi senza ragione, di chi non ha altro
da fare. �Vorrei capire il perch�,,) si � detto Luigi Compa
gnoni, �,ma essi se ne vanno.� La plebe onnipossente e sco
nosciuta nascosta in queste dolci colline piene di orrori, in
questi vicoli che sono le vene della citt�, dove la vita che
sembra gi� spenta riprende con furore, dove ci si desta nel
l'inerte angoscia del vivere, del ripartire ogni giorno alla
ricerca del necessario per vivere.
Il professor Piro ora siede in poltrona nella bella casa vi
cino al mare, uno degli illuminati, dei giacobini che hanno
ancora nella memoria le giornate del sangue e il mistero
dei lazzari pazientiferoci. �,Credo ci sia una profonda dif
ferenza fra i napoletani dei vecchi quartieri e quelli del
contado arrivati dalle campagne. Poveri gli uni, poveri gli
altri, ma i primi dentro una societ� cittadina che tiene nel
la solidariet� del vicolo, i secondi con la rabbia e la ferocia
che viene dall'ignoranza, dal non capire, dal sentirsi sradi
cati. Lei dir� che non c'� niente di scientifico in quel che le
vado dicendo ed � vero, la sociologia � una vaga scienza, le
mie osservazioni possono essere contraddette. Ma senta
questa: la Regione decide di chiudere un reparto di assi
stenza alle giovani "con problemi sessuali", diciamo le pro
stitute minorenni. La discussione in giunta � stata umilian
te: sono delle puttane, perch� dobbiamo mantenerle, le fa
miglie se le riprendano. Ebbene, una sola famiglia del con
tado ha accettato di riprendersi la figlia, mentre quelle dei
rioni cittadini sono tornate tutte a casa loro e la gente dei
vicoli, dei bassi, le ha riaccolte. Conosco un travestito che
venne da me disperato perch� un medicastro gli aveva fat
to un seno al silicone che suppurava. Non era pi� in grado
di fare il suo lavoro. "Come campi?" gli chiesi. "Faccio la
maglia e le pulizie con le vicine di casa. Mi vogliono bene
assai. Mi lasciano i bambini da guardare quando escono."
E l'antico costume napoletano. i femminielli cominciava
no a vestirsi da donne da bambini, portavano fortuna, fa
cevano le estrazioni delle riffe, erano un fatto teatrale be
nevolo.� <Professor Piro, ha letto i giornali? I due fidanzati
sorpresi nella loro auto da tre balordi, in un campo di Po
migliano d'Arco. Violentano lei, spaccano le braccia a lui
con sbarre di ferro, gli prendono il portafogli e quando ci
trovano solo ventimila lire gli pisciano addosso: "Straccio
ne, con questa miseria vai in giro?". Questi, professor Piro
da quale plebe escono?,,
Stasera sono ospite a cena da Marina Colonna, una eco
nomista che divide tempo e lavoro fra Napoli e Oxford e di
suo marito, l'anglista Paolo Amalfitano che conosco per
ch� hanno una casa di montagna vicina alla mia in valle
d'Aosta, passiamo assieme il capodanno. Ci sono gli amici
buoni: il musicologo Paolo Isotta, la mia Elena Camerlin
ghi, il sociologo Enrico Pugliese e altri. Gli Amalfitano
stanno nel palazzo che don Ramiro Guzm�n, duca di Me
dina, vicer� di Napoli fece costruire per la moglie Anna
Carafa; fino a pochi anni fa il misterioso, meraviglioso ag
glomerato tufaceo che dominava il mare di Posillipo, ca
dente. Oggi restaurato, chi sale nella casa degli Amalfita
no, venendo dalla tana smisurata, ha l'impressione di arri
vare nella sala del Nautilus del capitano Nemo dove stanno
le cose rare e preziose della ricchezza colta. Tutto ci� che
dovevamo dirci ce lo siamo detto in questi anni con i gior
nali e con i libri: essi sanno che condivido la loro angoscia,
le loro speranze e io so che a loro va bene quel che scrivo,
che mi perdonano le impazienze e le rudezze nordiste. E
poi, come dicono, �uno dei vantaggi dell'essere napoletano
� che niente ti puo pi� offendere),. �Ogni tanto,� dice Paolo
Amalfitano, �penso alle cose che non sono pi� possibili in
questa citt�, alle limitazioni a cui ci siamo abituati: non
puoi pi� andare in giro con orologi da polso, passeggiare
con collane e pellicce, lasciare incustodita un'automobile,
protestare contro i violenti e gli arroganti. Se uno ti passa
davanti in una coda, se prende la tazzina di caff� che hai
appena ordinato vorresti dirgli la tua, ma scatta il riflesso
condizionato: e se questo � uno di quelli che tirano fuori il
pugnale o la rivoltella? Se � un camorrista che esce da una
scuola di karat� e ti lascia con un braccio storto? Non � pi�
possibile viaggiare su un mezzo pubblico senza essere, pri
ma o poi, scippato, non puoi viaggiare sulla Circumvesu
viana dopo le nove di sera. Intendiamoci, non � come vive
re nella citt� proibita di Hong Kong dove non entrano
neppure le guardie di Sua Maesta, ci sono centinaia di mi
gliaia di persone che questi rischi li corrono ogni giorno
ma � la probabilit� che � salita fortemente, in questi ultimi
anni ognuno di noi ha subito furti, violenze, minacce.�
Amalfitano dice il vero. Ieri alla biglietteria di Ercolano
hanno tentato una rapina, i controllori dopo le 9 di sera
non chiedono pi� il biglietto, potrebbero trovarsi puntato
sul petto il pugnale di un drogato. Alle 9 la polizia ha gi�
staccato, si viaggia a proprio rischio e pericolo, giorni fa
tre giovani donne sono state violentate in una carrozza e
gli altri facevano finta di non vedere, petizioni con migliaia
di firme sono arrivate in questura da Portici, Bellavista,
Fontana, Casone, Pratola, Ercolano ma la risposta della
questura e della ferrovia � sempre la stessa: manca il perso
nale, E siamo a Napoli, dove in ogni impiego c'� il doppio
del personale necessario. Nella immensa caotica citt� i
quartieri residenziali sfiorano quelli della miseria, nell'am
masso delle case si aprono d'improvviso dei valloni per cui
� corsa la lava con vegetazione rigogliosa, prorompente e
lungo essa torri, casali, gente che va per funghi e magari
trova i cadaveri d tre barboni morti di freddo o giustiziati
dalla camorra. Nel vallone di San Rocco a Capodichino,
vicino al muro di recinzione dell'eremo dei Cappuccini,
hanno trovato resti umani nel fangoPoco distante ci sono
i tre vagoni ferroviari in cui si sono sistemati dieci frati mi
nori rinnovati, alcuni italiani, altri di paesi europei, che
hanno fatto voto di povert� e scelto la citt� giusta, dove di
povert� ce n'� in abbondanza, anche senza voti. Il tritume
urbano, il fetore delle case misto al profumo degli orti, una
villa patrizia fra i pini, il club salutista di Tanzi, il re del
latte di Parma, le scuole calcio del Napoli, duecentomila li
re l'iscrizione, sessantamila mensili, pi� di mille iscritti in
una citt� di poche o nessuna speranza. Ma i napoletani
non la lasceranno, meglio la miseria del golfo materno che
il pane certo di nordiche contrade
Il ritorno dei baroni
�I terremoti,� diceva Mario Pagano, ,abbassano il livello
morale delle popolazioni colpite.), Sante parole, e aggiun
geva: (,Il flagello che forse � pi� rovinoso dello stesso sisma
� l'avidit� speculativa),. Sacrosante parole! L'avvocato Ge
rardo Marotta, direttore dell'Istituto per gli studi filosofici,
� un signore minuto, con un viso fine ed emotivo che di
questa avidit� speculativa ha fatto una ossessione morale e
culturale, ci pensa giorno e notte, con la passione fredda
ma travolgente degli intellettuali, quando gli capita di cre
dere in qualcosa. E stato crociano, trotskista, bordighiano,
comunista restando uomo di libert�, parla della rivoluzio
ne del 1799 come di una sua sofferta esperienza, detesta il
cardinale Ruffo, il repressore, e anche un po' la plebe �,che
lo accolse con pazza gioia,,. �Fra sette anni,,, mi dice, (�nel
1999, nel bicentenario della rivoluzione, noi torneremo,
Napoli sar� ancora democratica.,) E ce ne vuole di fede,
dato quel che lo circonda. Per ora mi invita in una di quel
le trattorie che piacciono agli intellettuali napoletani pro
gressisti, con osti democratici con cui non puoi protestare
per gli spifferi e i piatti freddi. Sono stato preavvertito, at
tendo che l'avvocato Marotta, che totticchia con una for
chetta un sarago in brodetto ma ha gi� la testa ad altro, mi
parli della sua ragion d'ira e di sdegno, le concessioni, la
vil genia dei concessionari, in questa repubblica sbracata.
E gli tocca pure di dover lodare i tempi andati, persino il
fascismo. �Sa cosa fece il nuovo regno dei Sella e degli Spa
venta quando dovette metter mano alle grandi opere unita
rie, ferrovie, strade, ponti? Diede in concessione i lavori a
un pool di banche capeggiate dai Rothschild. Ma senza
una lira di anticipo mantenendo un controllo rigido della
esecuzione e della progettazione, e la grande destra di Spa
venta, che � la madre della nazione, quando si accorse che
i concessionari si stavano arricchendo a spese dello stato le
nazionalizz�. E sa cosa fece il fascismo per le sue opere del
regime? Qualcosa del genere, ma senza anticipare una lira
con progetti del Genio civile e controlli del Provveditorato
delle opere pubbliche che erano uffici seri. E sa cosa faccia
mo oggi? Abbiamo messo tutto nelle mani dei concessiona
ri, i grandi, onnipotenti e impuniti. E il ritorno dei baroni.
L'altro giorno ho incontrato in treno Travaglini, lei lo co
nosce, gran degna persona, espertissimo di lavori pubblici.
La voce non gli usciva di bocca: "Hanno rubato tutto, Ge
rardo, tutto hanno rubato". E non ha pi� parlato per tutto
il viaggio per Roma, che resta da dire, da maledire? Sa co
sa intascano dallo stato i grandi concessionari? Il cinquan
ta per cento del costo privato. Non si sporcano neppure un
dito con i mattoni, prendono i soldi e li spediscono in qual
che banca svizzera o delle Bermuda, guadagno netto, poi
convocano i subappaltatori e gli dicono di provvedere, sen
za anticipi, alla esecuzione. "Ma come facciamo a manda
re avanti i lavori?" chiedono. "Amici," dicono i grandi
concessionari, "a voi dobbiamo insegnare il mestiere; via,
lo sapete meglio di noi: materiali scadenti, crediti agevola
ti, rapida revisione degli stati di avanzamento, sospensione
dei lavori che cos� i giornali ci fanno un gran baccano e il
governo deve aprire la borsa." Cos� si incomincia a capire
che la machiavellica dei lavori pubblici nel sud, e un po'
dovunque in Italia, � il cimitero delle opere incompiute. Il
governo ha nominato una commissione per censirle e l'al
tro giorno il commissario Ravai ci ha fatto sapere che sono
milleduecento, seicento e passa solo dell'Anas, ma chi ha le
mani in pasta sa che sono almeno il doppio perch� le am
ministrazioni che hanno la coda di paglia tendono a na
scondere e minimizzare.�
�,Lei mi chieder� chi sono questi baroni. Sono i grandi
impresari edili di tutta Italia. Io conosco bene i napoletani,
conoscevo i loro nonni, i loro padri e mi sembrano di un
altro sangue, di un'altra testa. Il denaro ha stravolto tutto
e tutti, non sono pi� degli imprenditori, sono come gli Or
sini, come i Colonna, feudatari rapaci, fanno loro le leggi,
i progetti, nominano loro i controllori, ma dei morti semi
nati dalla camorra attorno ai cantieri non se ne occupano,
sono persone chic, tengono la barca ai Caraibi. E lo stato si
impegna a fondo per rendergli pi� facile la rapina. E uno
stato che mente su se stesso, che sta dalla parte di quelli
che lo derubano. I concessionari, dice questo stato manu
tengolo, fanno dei grandi guadagni e allora facciamogli pa
gare l'onere dei controlli. Che grandiosa trovata! E come
se dicesse: avanti, corrompete i controllori. Ha ragione il
giudice Imposimato: "Una parte della spesa pubblica � de
stinata a neutralizzare il controllo dello stato". I concessio
nari formano delle commissioni pletoriche, ci mettono
dentro i procuratori della repubblica, gli avvocati dello sta
to, i presidenti dei tribunali, a Napoli trenta magistrati or
dinari e per il controllo sulle case di Martuscello pure il
presidente del Tar. Invano il Consiglio superiore della ma
gistratura gli ha ordinato di dimettersi, sono ricorsi al Tar
che essendo in pasta gli ha dato ragione e sono l� a riscuote
re gettoni di presenza milionari. Ma c'� di pi�, questi con
trollori per conto dello stato, grati ai concessionari da cui
prendono le lire, si trasformano in loro avvocati d'ufficio e
si danno da fare per ottenergli favori, permessi. Non sono,
e questo lo sanno tutti, assolutamente in grado di control
lare i lavori, non sono dei tecnici, si lasciano allegramente
menare per il naso. Aveva ragione Victor Hugo, la storia
non si ripete mai esattamente, se la prima volta � stata tra
gedia, la seconda sar� una farsa. Da noi sta esattamente
cos�, la costruzione dell'Italia unita � stata una tragedia,
una vicenda nobile e sofferta, adesso siamo alla farsa del
l'economia dell'emergenza, dei terremoti benefici. E cos�,
amico mio, non c'� pi� stile o linguaggio colto, non c'� pi�
scandalo, c'� solo questa moltitudine di mariuoli cresciuti
tra furti e banalit�. E un processo iniziato con il monopolio
politico democristiano negli anni cinquanta, ma pochi se
ne accorsero, Ernesto Rossi fra quei pochi. Adesso il pro
cesso ha la velocit� e il peso di una valanga e ancora la gen
te non capisce. Lo ha capito la gente perch� i Municipi si
sono disfatti degli uffici tecnici? Perch� Andreotti si � libe
rato con le "pensioni d'oro" dei buoni amministratori mi
nisteriali? Volevano liberarsi di ogni controllo come � ac
caduto da voi a Milano, avere mano libera nel grande fur
to delle tangenti, mettere i Mario Chiesa e i Carriera al po
sto dei funzionari onesti.�
L'avvocato Marotta punge con la sua forchetta il povero
sarago ormai gelato, ma non gli va di mangiare. ��Con le
concessioni� riprende, �lo stato paga anche gli errori altrui.
Prenda il Consorzio per la bretella Lago di PatriaCastel
volturno, undici chilometri su un terreno pianeggiante
compatto e la fanno tutta in viadotto sopraelevata tanto
per passare dai ventinove miliardi del preventivo ai trecen
tocinquanta dell'opera finita. Doveva arrivare a S. Anti
mo, ma si � persa per strada nei continui zigzag fra i vil
laggi. La guardia di finanza ha trovato la mappa con le va
riazioni del progetto nella casa di un boss camorr ista, un
parente di Sbardellino. Facevano parte del Consorzio l'im
presa milanese Mercenaglia, la palermitana del conte Cas
sina, s� proprio quello dell'acquedotto e delle fogne ai tem
pi di Ciancimino, la Farsura e una impresa napoletana. E i
Regi Lagni, ne ha sentito parlare? Una bonifica borbonica
da restaurare. Si � partiti da centocinquanta miliardi, sia
mo gia sopra i mille e il risultato � una immensa fogna a
cielo aperto da rifare. Chi ha pagato? i progettisti? I con
cessionari? No, lo stato. E sa chi ha incaricato di corregge
re gli errori? Gli stessi che li avevano commessi.,, �Avvoca
to, c'� di peggio, l'autostrada PalermoMessina doveva co
stare duecento miliardi, oggi per gli ultimi sessanta chilo
metri se ne prevedono duemilacinquecento e ci sono degli
appaltatori che pagano per entrare nel giro, per essere pre
feriti ad altre imprese, per avere la protezione mafiosa. E
anche questo fa parte del processo che ha fatto salire alle
stelle la spesa pubblica.,,
L'avvocato riprende il pallino, non molla: <,Stessa cosa
con i depuratori. Tutti sapevano che la soluzione migliore
era quella delle condotte subacquee lunghe con sbocco a
dieci, dodici chilometri in alto mare dove il mare � profon
do e i rifiuti organici sono alimento per la fauna. Nossigno
re, hanno voluto ad ogni costo i costosissimi depuratori che
spurgano i loro liquidi nelle acque basse e le inquinano,,.
Stavolta l'avvocato Marotta ha davvero vuotato il sacco,
rimanda il sarago e si consola con un piatto fumante di ci
me di rape.
Lo guardo e penso: ma c'� qualcuno che non ruba in
questo paese? Rubava a Milano sull'obitorio un assessore,
rubava il segretario della lega contro i tumori, rubavano
sui vecchi ospiti del pio albergo." Ma cosa � mai l'onest� in
questo paese? Uno snobismo? Una pigrizia? Soltanto per
evitare la fatica della corruzione? Ma possibile che tutti
questi ladri non sentano che si portano dietro sugli abiti,
sulla pelle come una patina untuosa? Non provano un sen
timento di umiliazione nel dover nascondere qualcosa ai fi
gli, nel doverglielo confessare a volte cambiando discorso o
con un sorriso un po' tirato. A destra come a sinistra. Lo
riconosce il socialista Giorgio Ruffolo, ex ministro del
l'Ambiente: ,La sinistra ha finito per smarrire le sue ragio
ni etiche puntando tutto sul potere senza programma, sulla
quantit� economica senza qualit� sociale, diventando cos�
indifferente rispetto alla destra�.
Grazie sisma.