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Filosofia Teoretica
Filosofia Teoretica
PRIMA PARTE
I. ORIGINI DELLA FILOSFIA TEORETICA
1. TALETE
L’acqua è il principio di tutte le cose. Tutto ciò che esiste è fatto di acqua e dunque
l’acqua esiste in un senso più fondamentale di tutte le altre cose. Se non ci fosse
l’acqua non ci sarebbe nient’altro e se invece non ci fossero tutte le altre cose
l’acqua esisterebbe ugualmente.
La tesi di Talete si può considerare come l’inizio della metafisica intesa come la
ricerca filosofica che verte su ciò che esiste in maniera fondamentale.
Talete argomenta dicendo che l’acqua è il principio di tutte le cose, ma non spiega in
che modo da essa si generino le altre cose. Perciò l’immagine del mondo resta
incompleta.
2. ANASSIMANDRO E ANASSIMENE
Per Anassimene il fondamento di tutte le cose è l’aria, mentre per Anassimandro è
l’àpeiron. Essi non si accontentano di individuare X, ma cercano di spiegare in che
modo tutte le altre cose si generino da X.
4. PITAGORA
A esso si deve il riconoscimento del ruolo della matematica nella comprensione
delle strutture fondamentali della realtà. Il mondo obbedisce a leggi matematiche
afferrabili dal pensiero umano.
La musica permette alla filosofia pitagorica di scorgere una connessione fra il mondo
fisico e il dominio dell’esperienza soggettiva.
6. ERACLITO
Per Eraclito il principio fondamentale della realtà è il divenire. Noi ci troviamo presi
all’interno di una serie temporale inarrestabile, il divenire.
Può esistere solo ciò che si lascia afferrare dal pensiero razionale.
Con Parmenide la filosofia teoretica tenta di spiegare come mai la nostra immagine
intuitiva del mondo sia così sbagliata tramite la teoria dell’errore.
Platone pone al centro della sua immagine del mondo le idee afferrabili del
pensiero.
Aristotele adotta una strategia che riprende quella di Eraclito: la realtà del divenire,
del mutamento e del movimento.
2. DEMOCRITO
Democrito pone come principio fondamentale gli atomi. L’atomismo democriteo
oltrepassa i limiti di una semplice teoria fisica per porsi come sistema fisicalista di
filosofia teoretica che cerca di spiegare tutto in termini fisici.
Tutto quel che esiste deriva dai movimenti degli atomi nel vuoto: le cose iniziano a
esistere quando gli atomi si aggregano per costituirle. Gli esseri viventi si
distinguono dalle altre cose per il possesso di un’anima, anch’essa formata da
atomi.
L’esperienza si genera quando gli atomi dell’anima sono colpiti da flussi di atomi
provenienti dalle cose. I flussi di atomi provenienti da una certa cosa producono
nell’anima una rappresentazione di quella cosa. Dunque la rappresentazione ci
mette in contatto con la cosa da cui deriva.
Democrito introduce la distinzione tra proprietà reali delle cose (proprietà primarie)
e qualità che dipendono solo dal nostro modo di percepirle (proprietà secondarie).
Per Democrito le cose hanno solo proprietà primarie ma, sebbene ciò, l’anima
percepisce le proprietà primarie miste a quelle secondarie. Perciò l’esperienza
percettiva è sempre ingannevole. Per capire come sono fatte realmente le cose
occorre un ragionamento che attribuisca alle cose solo e proprietà primarie che
derivano dalla distribuzione degli atomi nello spazio.
Gli atomi possono solo essere pensati e non percepiti. Il ragionamento ci permette
di riconoscere che le cose sono aggregati di atomi spazialmente separati gli uni dagli
altri da interstizi vuoti.
Come si possono generare l’esperienza e il pensiero dai semplici movimenti di
particelle di materia? Democrito concepisce gli atomi come “corpuscoli sferici
invisibili di natura tale da non poter star mai fermi, e tali per cui muovendosi fanno
muovere tutto il corpo”. L’esperienza e il pensiero non sembrano lasciarsi descrivere
in termini spaziali.
3. PLATONE
L’esperienza non fornisce un’immagine adeguata della realtà. Solo il pensiero
razionale è in grado di comprendere la realtà per come essa è veramente.
Platone ritiene che a realtà debba possedere un’articolazione e una complessità che
sfuggono sia a una concezione monolitica dell’essere come quella di Parmenide sia a
una dottrina basata sulla matematica come quella di Pitagora.
Per Platone un principio razionale è una norma (chiamata idea) che prescrive come
le cose devono essere. Queste idee sono valori perché, nel prescrivere le cose come
devono essere, ci forniscono i criteri per valutarle. Un’idea non si può ridurre alle
cose particolari che la semplificano.
Osservando quel che accade non potremmo mai afferrare un’idea; al limite
potremmo osservare degli esempi di quell’idea, che però non ci permettono di
cogliere l’idea stessa nella sua completezza.
Platone trae la conclusione che quel che osserviamo con i nostri occhi non è il livello
fondamentale della realtà ma solo una sua manifestazione superficiale. Con i nostri
occhi possiamo osservare solo come le cose sono.
Una certa cosa stabilisce come deve essere fatta un’immagine per poter raffigurare
proprio quella cosa. Un’idea stabilisce come deve essere una cosa nel mondo
sensibile pe contare come esemplificazione di quell’idea.
L’immagine platonica del mondo risulta su due livelli con il mondo sensibile
governato e plasmato dal mondo intelligibile. A questa concezione duale
corrisponde una concezione duale dell’essere umano costituito da un corpo e
un’anima che fa esperienza delle cose del mondo sensibile ma è in grado di
sollevarsi a contemplare le idee del mondo intelligibile.
L’esito è che tutte le idee del mondo intelligibile si possono ricondurre a cinque idee
fondamentali, che nel Sofista Platone chiama “generi sommi”: Essere, Identità,
Differenza, Stasi, Mutamento. Essere, identità e differenza sono esemplificate da
tutte le cose e da tutte le idee.
Differenza tra Parmenide e Platone:
Questo è il tema principale del Timeo. In questo dialogo Platone si serve del mito del
demiurgo, divinità che crea il mondo plasmando la materia in base alle idee. Con
esso Platone mostra come il mondo sensibile, cioè il cosmo, si generi per
applicazione delle idee del mondo intelligibile a una materia informe. Le idee
impongono allo spazio indeterminato un ordine spaziale e temporale in virtù del
quale il cosmo risulta una “immagine mobile dell’eternità”. Il cosmo è immagine
dell’eternità in quanto imitazione delle idee eterne, immagine mobile perché vi
scorre il tempo. In questo senso il cosmo è un immenso organismo vivente che
possiede un corpo e un’anima.
4. ARISTOTELE
Egli rifiuta la distinzione fra mondo sensibile e mondo intelligibile. Il mondo sensibile
è semplicemente il mondo.
Per stabilire com’è fatto ciò che esiste occorre stabilire com’è fatta una sostanza
Perché la materia prenda una nuova forma generando una nuova sostanza, occorre
una causa che agisca sulla materia in vista di un certo fine.
Materia, forma, causa e fine sono le nozioni necessarie per spiegare l’essere di
qualsiasi sostanza. Si parla infatti di “dottrina delle quattro cause”, intendendo che
per rendere ragione di come e perché una certa sostanza esista, alla causa in senso
proprio vanno aggiunti: la materia, la forma e il fine. La dottrina si può formulare
ponendo le seguenti quattro domande:
3) “Come è fatta?”;
Nell’opera la Fisica la teoria della sostanza è utilizzata per costruire un’immagine del
mondo in grado di tener conto del divenire, che Aristotele intende come
mutamento delle sostanze, cioè come loro transizione dalla potenza all’atto.
Per Aristotele il mutamento ha una realtà più fondamentale di quella dello spazio e
del tempo. Le nozioni di spazio e di tempo si ricavano dalla realtà del mutamento,
inteso come movimento.
Il tempo è definito come “il numero del mutamento secondo il primo e il poi”. Per
Aristotele esso è il nostro modo di ordinare i mutamenti che osserviamo.
Nel De anima Aristotele si focalizza sulle sostanze viventi. Esse hanno vita e con ciò
si intende il fatto di nutrirsi. Il nutrimento è inteso qui in senso ampio. Dalla facoltà
del nutrimento dipende quello della riproduzione. In virtù del loro avere vita queste
sostanze sono composte da un peculiare sinolo di materia e forma.
1. La materia di una sostanza vivente è il suo corpo che è munito di organi che
svolgono precise funzioni.
2. La forma è la sua anima che si occupa dell’organizzazione dei suoi organi
materiali che ne rende possibile la vita.
L’anima può attuare anche le funzioni della percezione e dell’azione e infine
la funzione dell’intelletto. Mentre la percezione ci fa conoscere solo realtà
individuali, l’intelletto ci permette di accedere alla conoscenza degli
universali.
Agostino si interroga sul ruolo degli esseri umani in un mondo creato e governato da
Dio. Egli introduce una sottile distinzione tra tempo oggettivo e tempo soggettivo.
A questa distinzione corrisponde la tensione fra l’ordine assoluto che Dio impone
alla storia e la capacità dei soggetti di agire liberamente: da una parte la
provvidenza prevede e determina tutto ciò che accade; dall’altra il libero arbitrio
che rende gli esseri umani artefici del proprio destino.
Giovanni Scoto Eriugena cerca di conciliare neoplatonismo e cristianesimo
mediante un’immagine del mondo articolata in quattro livelli:
Anselmo D’Aosta riformula in chiave cristiana la tesi platonica della realtà delle idee
(realismo platonico), intendendole come essenze delle cose create e situandole
nella mente di Dio che è definito “l’essere di cui non si può pensare nulla di
maggiore”. Da ciò Anselmo trae la conclusione che Dio esiste perché, se non fosse
così si potrebbe pensare qualcosa di “maggiore” di Dio. Questo argomento prende il
nome di “prova ontologica dell’esistenza di Dio”.
Abelardo propone un’immagine del mondo tale per cui l’universale non ha una
realtà a sé stante e funziona come un termine concettuale di cui si avvale il pensiero
umano: “ciò che si può predicare di molti”.
Guglielmo di Occam considera gli universali come segni utili a raggruppare individui
che presentano somiglianze rilevanti. Egli propone un principio metodologico
chiamato “rasoio di Occam”: l’immagine del mondo deve essere costruita con
parsimonia, evitando di postulare entità superflue e ipotesi che non hanno riscontro
nell’esperienza.
In analogia con l’Uno di Plotino, Cusano caratterizza Dio come unità originaria in cui
tutti gli opposti coincidono e concepisce la natura come uno spazio infinito nel quale
l’unità divina si dispiega nel molteplice attraverso un processo chiamato explicatio.
Bruno situa il divin nella natura stessa, considerata nella sua unità e infinità,
approdando così a un’immagine del mondo al tempo stesso panteista e monista.
III. FILOSOFIA TEORETICA E IMMAGINE SCIENTIFICA DEL
MONDO (ISM)
L’entrata in scena della ISM risale al 1514, anno in cu Copernico propone il suo
modello astronomico eliocentrico in cui la Terra non è più al centro dell’universo e
ruota intorno al Sole. Nel 1609 Galilei fornisce un riscontro empirico dell’ipotesi di
Copernico osservando i satelliti di Giove. Sempre nel 1609 Keplero perfeziona il
modello eliocentrico evidenziando la forma ellittica delle orbite dei pianeti intorno
al sole.
L’impatto della ISM è radicale. Quel che si delinea è una concezione meccanicistica
della realtà in cui vi sono corpi materiali che si muovono nello spazio in base a leggi
fisiche. Un’immagine del mondo in cui l’umanità si ritrova fuori dal quadro. L’essere
umano è un corpo materiale che si muove in base a leggi come tutti gli altri corpi.
Newton ricorre alla nozione di forza per tenere conto della posizione di un corpo
nello spazio e il tempo. La causalità, dunque, risulta riconducibile a leggi
matematiche.
2. CARTESIO
La filosofia teoretica del Sei-Settecento può essere vista come un confronto con la
ISM. La scienza è giunta a concepire una nuova immagine del mondo che sembra
poter fare a meno del contributo della filosofia. Si pone dunque ai filosofi teoretici la
questione di ripensare il ruolo della loro disciplina.
Cartesio sostiene che lo spazio e la materia su cui si applicano le leggi fisiche sono
pura estensione, il che significa che i corpi materiali hanno solo caratteristiche
geometriche come la forma e la grandezza e non qualità sensoriali come il colore o
l’odore. Questa distinzione permette di fondare a ISM su misure oggettive
(proprietà primarie). Inoltre la riduzione dei corpi materiali alle loro proprietà
primarie rende possibile la spiegazione dei fenomeni fisici in termini matematici: se i
corpi hanno solo proprietà geometriche il loro comportamento può essere descritto
mediante la geometria. La fisica viene quindi ricondotta alla geometria e la
geometria viene ricondotta alla matematica (matematizzazione della fisica).
Cartesio si interroga anche sui suoi fondamenti filosofici. Si chiede che cosa
garantisce che la ISM sa un’immagine veridica del mondo. È un atteggiamento
scettico che, nelle Meditazione metafisiche, egli definisce dubbio metodico e che
sfocia nell’esperimento mentale del “demone ingannatore”. In questo esperimento
si ipotizza che tutte le nostre osservazioni empiriche siano solo l’effetto di una
divinità dispettosa (demone ingannatore) che agisce sulla mente provocando
impressioni illusorie. Il dubbio più radicale comporta una certezza. Se so di star
pensando allora so anche di essere qualcosa che pensa = dubito, dunque penso;
penso, dunque sono (cogito ergo sum).
Vi è un’entità secondo Cartesio della cui esistenza siamo certi. Questa entità è il
soggetto pensante. Esso è inesteso, immateriale e non-spaziale: ciò che è esteso
non pensa, ciò che pensa è inesteso. Ma la ISM ha posto solo per corpi materiali
spazialmente stesi, quindi il soggetto pensante reta escluso dalla ISM.
Ne I principi della filosofia Cartesio insiste sul fatto che la ISM è un’immagine
incompleta del mondo. Nella ISM vi sono solo corpi materiali, la cui natura
spazialmente estesa è definita da Cartesio res extensa e vi sono soggetti pensanti, la
cui natura inestesa è definita res cogitans. Si giunge così al dualismo cartesiano.
L’incompletezza della ISM non sembra poter trovare un posto per l’entità che
conosciamo con la massima evidenza e certezza.
4. SPINOZA
L’evidenza intuitiva su cui faceva leva Spinoza è il pensiero come parte di una
totalità che egli chiama “Dio oppure Natura”. Il Dio di cui parla egli è il mondo
stesso. Questa è l’unica sostanza di cui la ragione riconosce con certezza l’esistenza.
Spinoza parte da una definizione di sostanza come “ciò il cui concetto non ha
bisogno del concetto di un’altra cosa dal quale debba essere formato”. Se pensiamo
ad un oggetto materiale, cioè ce ne formiamo un concetto, dobbiamo pensare
anche un mondo in cui questo oggetto si ritrovi. Dunque né gli oggetti materiali né i
soggetti pensanti possono essere sostanze. L’unica sostanza è il mondo stesso: Deus
sive Natura.
Spinoza definisce attributo “ciò che l’intelletto percepisce della sostanza come
costituente la sua stessa essenza”. I due attributi che l’intelletto umano è in grado di
percepire nella sostanza divina sono estensione e pensiero.
Spinoza si trova a dover spiegare come sia possibile che un mondo nel quale vi è
un’unica sostanza ci appaia popolato da una moltitudine di cose. Perciò egli
introduce la nozione di modo, che definisce come “ciò che è in altro per mezzo del
quale è anche concepito”. Un modo può esistere ed essere pensato solo come parte
di una totalità. Ogni cosa è la combinazione di un modo dell’estensione che Spinoza
chiama corpo di quella cosa e di un modo del pensiero che Spinoza chiama idea di
quella cosa. “Un modo dell’estensione e l’idea di quel modo sono la stessa cosa ma
espressa in due modi”.
Spinoza sviluppa la distinzione aristotelica tra forma (idea) e materia (corpo). L’idea
spinoziana si può interpretare come un principio di organizzazione che fa si che un
certo corpo materiale costituisca una certa cosa. L’idea è un principio di
conservazione (conatus) che Spinoza chiama sforzo. “Quando questo sforzo si
riferisce alla sola Mente si chiama Volontà; quando invece si riferisce alla Mente e al
Corpo si chiama Appetito che non è altro che l’essenza stessa dell’uomo”. Alla
nozione di appetito si affianca quella di desiderio che si riferisce per lo più agli
uomini. “Il Desiderio è l’appetito unito alla coscienza di sé”.
5. LEIBNIZ
Nella Monadologia egli costruisce la sua immagine del mondo procedendo in
maniera deduttiva. Per Leibniz l’evidenza fondamentale è quella per cui “è
necessario che ci siano sostanze semplici, poiché vi sono dei composti”, dove per
semplice si intende qualcosa senza parti.
Le sostanze semplici da cui tutto è formato sono entità senza dimensione spaziale
che egli chiama monadi, cioè gli elementi delle cose. Esse non possono interagire
una con l’altra e sono soggette al mutamento, esse inoltre sono entità temporali ma
non spaziali. Il tempo è solo un derivato del mutamento.
Le anime umane sono definite “spiriti” in quanto sono capaci di conoscere il sistema
dell’universo.
7. HOBBES
Nel De corpore e nel De homine Hobbes concepisce la filosofia teoretica come un
progetto di rifinitura e perfezionamento della ISM.
La res extensa di cui si occupa la fisica è tutto ciò che ci occorre per costruire
un’immagine completa del mondo. Hobbes critica l’argomento cartesiano del
cogito.
Hobbes definisce il corpo come “tutto ciò che coincide con qualche parte dello
spazio”. I corpi sono le uniche entità che esistono e la loro proprietà fondamentale è
il movimento mediante il quale un certo corpo funziona come una causa in grado di
produrre un effetto su un altro corpo.
Tutti gli altri stati mentali derivano dalla sensazione: “nulla è concepito nella mente
umana che non sia stato prima generato dagli organi del senso”. Un ruolo cruciale è
svolto dall’immaginazione che Hobbes caratterizza come una “sensazione
illanguidita”, considerandola un tutt’uno con la memoria: “immaginazione e
memoria sono una cosa sola che per ogni aspetto sotto il quale è considerata
prende nomi diversi”.
L’essere umano è un automa sofisticato, cui si ispirano le altre macchine che gli
uomini costruiscono. La differenza tra soggetto vivente e automa artificiale è di
origine:
8. LOCKE
Nel Saggio sull’intelletto umano tratta il problema di come perfezionare la ISM. Con
egli si consolida la consapevolezza che, data un’immagine del mondo in cui non vi
sono che corpi in movimento, e interazioni causali, l’esperienza dev’essere un
effetto prodotto dall’interazione causale fra corpi, e il pensiero deve essere
riconducibile all’esperienza.
Il pensiero consiste nell’elaborazione delle idee semplici al fine di produrre idee più
sofisticate divise in due categorie:
Locke introduce nella sua teoria la distinzione tra proprietà primarie e proprietà
secondarie che costituisce uno dei presupposti fondamentali della ISM. Non è chiaro
il criterio secondo il quale avviene questa distinzione che può essere tracciata solo a
livelli più sofisticati di pensiero. Per Locke le uniche certezze sono quelle che
ricaviamo al livello basilare delle idee semplici, dunque la distinzione non può essere
fondata con certezza.
9. BERKELEY
Le idee semplici, in quanto stati percettivi elementari, possono metterci in contatto
solo con le loro qualità sensibili. Dunque se solo le idee semplici ci mettono in
contatto con il mondo, e queste ci presentano solo sé stesse, si deve trarre la
conclusione che il mondo è costituito proprio dalle idee semplici. Secondo Berkeley
esiste solo ciò che è percepito.
Per Berkeley il mondo è perfettamente conoscibile: il mondo è tutto ciò che appare.
10 HUME
Egli individua gli elementi basilari dell’esperienza: i dati psichici fondamentali e li
chiama impressioni identificandoli con stati esperienziali muniti di peculiare
vividezza e immediatezza (emozioni). Dalle impressioni deriva una seconda
categoria di stati mentali chiamati idee che sono caratterizzati come impressioni
indebolite (ricordi).
1. Somiglianza;
2. Contiguità;
3. Causalità, che permette di unificare idee che si susseguono.
Per analizzare un’idea complessa occorre prima scomporla nelle idee semplici che la
costituiscono e poi ricondurre queste alle impressioni dalle quali derivano. L’analisi
si applica in particolare alla nozione di sostanza. La sostanza pensante non è altro
che un fascio di impressioni e idee. La sostanza estesa, invece, si riduce a
un’astrazione derivata da una molteplicità di singole esperienze spaziali.
La causalità non è altro che una regolarità nel succedersi di certi tipi di idee. I nessi
causali non costituiscono conoscenze indubitabili, ma rappresentano solo
successioni temporali ricorrenti, corroborate dalla regolarità e dall’abitudine. La
causalità non è altro che successione unita ad abitudine.
Nessuna immagine del mondo sembra più in grado di far fronte allo scetticismo
humiano.
In HUME è l’anima che con le sue “impressioni” e le sue “idee” produce l’intero
mondo, il mondo stesso, e non solo un’immagine di esso.
12 KANT
Se si vuole confutare lo scetticismo humiano, non basta richiamarsi alle evidenze
dell’esperienza, ma occorre esaminare le condizioni che la rendono possibile.
Questa disamina è messa in atto nella Critica della ragion pura.
Strawson nel Saggio sulla critica della ragion pura di Kant ha articolato il
trascendentale in sei principi:
Ogni mutamento degli oggetti nel tempo richiede una causa rintracciabile nello
spazio. L’ordinamento spazio temporale oggettivo si rivela un ordinamento causale.
La causalità per Kant è il “cemento dell’universo”. La causalità è un presupposto
indispensabile dell’esperienza.
2. FICHTE
Nel Fondamento dell’intera dottrina della scienza egli radicalizza la posizione di Kant
per cui il senso di libertà che si accompagna all’azione ci fornisce un accesso alla
dimensione noumenica.
Fichte ricava la struttura del mondo nella sua totalità a partire dalla possibilità
dell’azione libera. Noi siamo capaci di agire liberamente, dunque la fonte di questa
capacità deve risiedere nella dimensione noumenica. Interrogarci su come sia
possibile la libertà permette di capire com’è fatto davvero il mondo.
3. SCHELLING
Egli privilegia l’ipotesi della terza Critica kantiana per cui l’accesso alla dimensione
noumenica risulterebbe possibile mediante l’esperienza estetica. Nel Sistema
dell’idealismo trascendentale Schelling si focalizza sull’opera d’arte come oggetto
paradigmatico dell’esperienza estetica. Nell’opera d’arte si manifesta la relazione fra
dimensione noumenica e mondo fenomenico.
4. HEGEL
Nella Enciclopedia delle scienze filosofiche in compendio Hegel tratta la relazione tra
spirito e natura in tre momenti:
I tre momenti sono a loro volta articolati in triadi animate dalla negazione dialettica.
Il momento dello spirito si divide in:
5. SCHOPENHAUER
Nel Mondo come volontà e rappresentazione la dimensione noumenica è concepita
da Schopenhauer come una forza cieca e bruta.
I corpi con cui la volontà si manifesta hanno una localizzazione spaziotemporale nel
mondo fenomenico, ma la volontà non ha una localizzazione e quindi non
appartiene al mondo fenomenico. La volontà è unica, irrazionale, coincide co la
dimensione noumenica il mondo fenomenico è solo la manifestazione superficiale
“mondo come volontà”.
Egli sostiene che la volontà si dispiega nella varietà del mondo fenomenico per il
tramite delle idee che non hanno una localizzazione e sono molteplici. Le idee sono
emanazioni della volontà e ciò è rivelato dal fatto che la volontà spinge i singoli
individui a riprodursi in modo da garantire la preservazione nel mondo fenomenico
della specie alla quale appartengono. Perciò la volontà si rivela come istinto brutale
di sopravvivenza e di sopraffazione reciproca e dunque fonte di dolore.
Schopenhauer ritiene che l’uomo sia in grado di resistere alla tirannia della volontà.
Esistono, tuttavia, due strategie per permettere all’uomo di sottrarsi:
1. Estetica: consiste nella contemplazione delle opere d’arte che sono capaci di
sottrarre gli esseri umani al loro ruolo di vettori della volontà nel mondo
fenomenico. L’arte permette di osservare mondi di cui non siamo parte e di
riconoscere il manifestarsi della volontà mediante le idee.
2. Etica: consiste nel mettere un freno agli appetiti egoistici nel mondo
fenomenico stesso. Agire eticamente vuol dire trattare gli altri come alleati
nell’unica battaglia per cui valga la pena combattere, quella che oppone tutti
gli individui alla volontà che li opprime.
Il vertice del percorso che si può compiere mediante l’estetica e l’etica è un totale
distacco dalla condizione stessa di individuo. Questo distacco è chiamato noluntas,
che il latino vuol dire “negazione della volontà”.
6. I LIMITI DELL’IDEALISMO
Le diverse versioni dell’idealismo sono accumunate dal tentativo di accedere alla
dimensione noumenica a partire da un’evidenza intuitiva che permette al soggetto
di varcare i confini del mondo fenomenico.
Per Schelling si tratta dell’intuizione dell’opera d’arte come espressione di una forza
creativa.
Per Schopenhauer si tratta dell’intuizione del proprio corpo come epicentro di una
volontà cieca e bruta.
7. HELMHOLTZ
Egli si propone di naturalizzare il soggetto trascendentale kantiano, cioè di trattarlo
come un corpo vivente munito di un peculiare apparato fisiologico che rende
possibile l’esperienza e il pensiero.
Gli oggetti del mondo fenomenico divengono segni che manifestano la struttura del
mondo reale. Perché gli oggetti esperiti possano contare come “segni” del mondo
reale, occorre che la causalità non sia confinata nell’ordinamento spaziotemporale
del mondo fenomenico ma operi anche nella dimensione noumenica. Il segno è tale
in quanto effetto della causa che lo ha prodotto: S è un segno di X poiché X ha
causato S.
I campi spiegano in che modo i corpi sono sottoposti a forze. Lo studio dei campi
permette di fornire spiegazioni efficaci per evidenze sperimentali che ponevano
problemi a un modello meccanicistico.
Altro perfezionamento della ISM è dovuto alla teorica atomica della materia
proposta da Dalton nel 1803. A elementi chimici differenti corrispondono atomi di
massa differente.
Altro perfezionamento alla ISM è dovuto ai grandi passi della biologia. Lamarck
sostiene che le specie biologiche siano soggette a un’evoluzione che dipende dalle
condizioni ambientali. Nell’Origine delle specie Darwin individua il legame tra
evoluzione e processi riproduttivi. Di generazione in generazione, se l’ambiente
rimane invariato, le caratteristiche degli individui più adatti all’ambiente si
impongono come caratteristiche dell’intera specie. La specie evolve così
selezionando le caratteristiche dei suoi esemplari più adatti all’ambiente. Si parla
dunque di selezione naturale.
9. IL POSITIVISMO
I progressi delle scienze naturali sono accompagnati dal sorgere di un orientamento
filosofico che propone l’estensione del metodo scientifico allo studio della società e
della cultura. Con Comte questo orientamento prende il nome di positivismo.
Mill concepisce il mondo come un sistema governato da leggi ferree che la ragione
umana è in grado di riconoscere mediante l’induzione, cioè mediante
generalizzazioni basate su una serie di esperienze. Tutto ciò che accade, accade in
conseguenza di tali leggi. La sua concezione dunque è un0immagine deterministica
del mondo.
11 BOLZANO E FREGE
Essi praticano a filosofia in stretta prossimità con la logica basandola sulla nozione di
proposizione. Le proposizioni sono strutture logiche cui è attribuibile un valore di
verità e corrispondono a ciò che pensiamo mediante i nostri atti psichici.
Essi concepiscono le proposizioni come entità ideali, indipendenti dagli atti psichici
dei soggetti che le pensano e dai linguaggi che le esprimono.
Questa concezione è spesso etichettata come antipsicologismo: gli stati psichici non
riguardano la natura delle proposizioni e delle idee, ma soltanto il nostro modo di
conoscerle.
12 BRENTANO
Egli sceglie la psicologia come campo principale della propria ricerca. Nell’opera La
psicologia dal punto di vista empirico formula la tesi per cui la caratteristica
fondamentale della vita psichica è l’intenzionalità, cioè il rivolgersi del soggetto a un
oggetto in base a un’attitudine intenzionale (modo). Queste attitudini possono
essere:
- Percezione;
- Ricordo;
- Desiderio;
Gli stati intenzionali sono costituiti da una struttura ternaria soggetto-attitudine-
oggetto e si possono dividere in tre categorie:
Moore sostiene che gli enunciati valutativi, che attribuiscono un valore, non sono
riducibili a enunciati descrittivi. Egli definisce “fallacia naturalistica” la convinzione
di poter effettuare una simile riduzione, in quanto gli enunciati descrittivi riguardano
il regno naturale, mentre gli enunciati valutativi vertono su una sfera di oggettività
irriducibile al dominio della natura. Nelle sue lezioni si fa strada l’esigenza di
distinguere le proposizioni dai fatti che le rendono vere oppure false.
Loro due ritengono che siano i fatti a svolgere un ruolo cruciale nel connettere le
verità logiche a ciò che vi è nel mondo. Per costruire un’immagine del mondo
occorre fare luce sulla nozione di fatto.
2. WITTENGEIST
Egli si chiede come dev’essere il mondo perché il pensiero sia possibile e suddivide
la trattazione in sette sezioni:
Un’immagine appropriata del mondo consiste in una formulazione logica della ISM.
Il compito della scienza naturale è quello di identificare gli oggetti e mostrare come
si combinano fra loro a formare i fatti.
“I limiti del mio linguaggio significano i limiti del mio mondo”. L’immagine del
mondo è un’immagine limitata e circoscritta al mio mondo.
Per Kant il mondo fenomenico era limitato dal “noumeno”; per Schopenhauer il
mondo era limitato dal “mondo come volontà”. Per Wittengeist invece si intravede
un soggetto che ricorda il soggetto trascendentale kantiano: “il soggetto non
appartiene al mondo, ma è un limite del mondo”.
“come dev’essere il mondo perché il pensiero logico sia possibile?”. Esso si rivela
essere un modo limitato. La logica è in grado di applicarsi solo a un mondo di fatti
limitandosi a fornire alle scienze naturali il linguaggio con cui descrivere i fatti, la
logica governa il funzionamento del pensiero e del linguaggio e fissa i limiti di ciò che
possiamo pensare e dire: “Su ciò, di cui non si può parlare, si deve tacere”.
3. CARNAP
Egli usa la logica per costruire un’immagine del mondo e ritiene che l’immagine del
mondo che si ricava tramite la logica sia esaustive e che corrisponda alla ISM. Il
metodo di Carnap consiste nell’individuare una base di nozioni primitive a partire
dalle quasi siano ricavabili logicamente tutte le altre nozioni. Queste nozioni sono sia
fisiche (base fisicaliste) sia da un insieme di nozioni fenomeniche (base
fenomenista). Egli sceglie una base fenomenista, ponendosi l’obiettivo di mostrare
che le nozioni con cui si descrive il mondo fisico sono ricavabili logicamente dalle
nozioni con cui si descrive l’esperienza soggettiva.
10 HUSSERL
Per Husserl l’esperienza e il pensiero si basano sull’intenzionalità, ovvero sul
rivolgersi del soggetto a un oggetto.
Gli stati intenzionali sono individuati dal loro contenuto, cioè dalle caratteristiche
che l’oggetto rivela al soggetto.
Gli stati intenzionali si distinguono secondo vari criteri; le due distinzioni cruciali
sono:
a. Indipendenti e dipendenti:
b. Posizionali e neutrali:
Gli stati neutrali dipendendo dall’arbitrio del soggetto non possono avere un
legame diretto con il mondo.
Tanto gli stati dipendenti quanto quelli neutrali restano confinati nella sfera del
soggetto.
Sono gli stati posizionali indipendenti a mettere il soggetto in contatto con il mondo.
Fra questi Husserl istituisce una gerarchia mediante la nozione di riempimento: uno
stato intenzionale è riempiente se fa sì che l’oggetto risulti intuitivamente evidente,
conducendo il soggetto in prossimità dell’oggetto stesso. Il caso paradigmatico è la
percezione.
Per la comprensione del mondo della vita è cruciale l’analisi della temporalità. Egli
mostra il carattere essenzialmente temporale della percezione e che si rivela
articolata in tre componenti:
Il mondo della vita si pone come un’alternativa radicale all’immagine scientifica del
mondo. Per Husserl il mondo della vita è semplicemente il mondo.
L’analisi fenomenologica della sfera soggettiva mostra che vi sono stati intenzionali
capaci di mettere il soggetto direttamente in contatto con gli oggetti del mondo e
con la struttura temporale del mondo.
Per Husserl la ISM non raffigura il mondo di cui è immagine, bensì lo costruisce. Il
“mondo-scientifico-obiettivo” si rivela una produzione umana che non potrà mai
raffigurare il mondo nella sua interezza.
11 HEIDEGGER
Per Heidegger l’intenzionalità si traduce in un essere nel mondo”, una “apertura al
mondo” tale per cui l’essenza stessa del soggetto intenzionale, ribattezzato esserci è
la sua esistenza. Tratti tipici dell’esistenza sono:
Fra gli stati emotivi un ruolo cruciale è svolto dall’angoscia che non si rivolge a un
oggetto specifico. Essa non mette il soggetto in relazione con degli oggetti, ma con
la sua propria esistenza, svelandola come cura, cioè come qualcosa che si
comprende e si forgia da sé.
La Critica della ragion pura è una lettura privilegiata in cui la facoltà della sensibilità
ha un peso maggiore. L’obiettivo di Heidegger è risolvere l’opposizione kantiana fra
intuizione e pensiero a favore del primo termine: “il pensiero sta al servizio
dell’intuizione”. “L’intuizione costituisce l’essenza autentica del conoscere”.
Per Heidegger le immagini del mondo costruite su base logica sono destinate al
fallimento.
Dal primato della sensibilità sull’intelletto consegue l’essenziale finitezza del
soggetto, cioè il suo dipendere da oggetti che gli si impongono dall’esterno.
Heidegger sostiene una tesi di estrema radicalità per cui il soggetto viene a
coincidere con il tempo: “il tempo e l’io penso sono la stessa cosa”. La temporalità
non è solo una caratteristica essenziale del soggetto: il tempo e il soggetto rivelano
di essere la stessa cosa.
Il tempo è nel mondo solo nella misura in cui i soggetti sono nel mondo.
Da una parte il soggetto e il tempo sono la stessa cosa, dall’altra parte il tempo non
appartiene al mondo nella sua interezza. Eppure il soggetto pare destinato a
concepire il mondo esclusivamente in termini temporali. Heidegger mostra che la
nozione di essere che domina la storia della filosofia è la nozione di una “persistenza
nella presenza”, cioè una nozione eminentemente temporale. Il problema
dell’essere diviene così il problema di pensare qualcosa che non è essenzialmente
temporale da parte di un soggetto che è essenzialmente temporale, anzi, che è il
tempo stesso.
Egli chiama persone i particolari dei quali si è inclini a dire non tanto che sono,
quanto piuttosto che hanno corpi materiali. La persona è un particolare al quale si
possono attribuire sia caratteristiche tipiche dei corpi materiali sia caratteristiche di
altro tipo che corrispondono a stati mentali di esperienza o di pensiero. Il possesso
congiunto di entrambe le categorie conferisce alle persone una capacità creativa che
permette loro di arricchire il mondo di nuovi particolari e di conoscere il mondo in
cui si trovano: le caratteristiche materiali forniscono alle persone una posizione da
cui osservare, mentre le caratteristiche mentali forniscono una prospettiva con cui
osservarlo.
Sellars ritiene che l’immagine scientifica del mondo sia preferibile all’immagine
manifesta.
L’immagine scientifica del mondo può risultare completa solo se riesce a includere
al proprio interno un’immagine scientifica dell’uomo. I due problemi principali con
cui la ISM si scontra sono:
Nel mondo fisico non si possono trovare fatti in grado di spiegare l’uso di un termine
da parte di una persona per significare qualcosa. Questo perché il significato di un
termine stabilisce come quel termine deve essere usato, mentre considerando il
mondo fisico si trovano solo casi in cui quel termine è usato o potrebbe essere
usato.
La vocazione enciclopedica pone il problema dei rapporti tra filosofia e scienza, che
va inteso nel senso secondo cui la nascita della scienza moderna ha determinato il
definirsi di una nuova identità della filosofia. È necessario essere consapevoli che c’è
una filosofia pre-newtoniana, non ancora distinta dalla scienza, e una post-
newtoniana, che ricava la sua identità dai diversi atteggiamenti che prende nei
confronti della scienza. Da questo punto di vista si può considerare il rapporto con la
scienza come l’elenco degli atteggiamenti che la filosofia può prendere, ossia una
metodica.
Oggi non tutto ciò che è vero è scientifico, soprattutto se con “scienza” intendiamo l
fisica.
Il fatto che sia sempre più evidente che la scienza non è sistematicamente la misura
ultima della verità e della realtà non comporta minimamente che si debba dire
addio alla realtà. “Se Dio è morto, tutto è possibile”. Ciò significa che anche la
filosofia ha qualcosa di importante e di vero da dirci a proposito del mondo.
1. ESEMPLARITA’
Kant afferma che il filosofo non esiste, esiste solo l’ideale del filosofo. Non abbiamo
un’essenza della filosofia, ma solo alcuni caratteri che segnalano la presenza di
filosofia.
La questione della esemplarità si collega con quella del rapporto tra filosofia e
biografia.
È lecito supporre che la filosofia abbia un peculiare rapporto con l’individualità del
filosofo. Questo rapporto può essere valutato:
I filosofi analitici sono più inclini a servirsi dei concetti in questa forma, mentre i
filosofi continentali tendono a sostituire i concetti con i nomi propri o a identificarli
con essi.
2. STORIA
La filosofia non si dà senza la storia, ma non si riduce alla storia, e la storia manifesta
il progetto di trovare un filo conduttore cimentandosi in un genere narrativo unico
per quattro motivi:
1. Eterogeneità dei concetti: una storia della filosofia privilegia coloro che hanno
sviluppato una teoria sbagliata;
2. Ruolo canonizzante rivestito dalla narrazione: l’identità della filosofia viene da
una genealogia, cioè da un racconto che parla di papà Parmenide, dello zio
Kant, e da Derrida, il fratello cattivo;
3. Ruolo filosofico rivestito dal racconto che è capace di attualizzare dottrine
remotissime. Nella storia della filosofia non ci sono solo tutte le risposte
giuste, ma anche quelle sbagliate perché non c’è teoria assurda o insensata
che non sia stata sostenuta da un filosofo;
4. Il racconto della filosofia non è una pacifica successione di patriarchi biblici,
ma un movimentato romanzo di famiglia. Ridurre i filosofi alle loro teorie è far
loro un grave torto (autobiografie).
Sono proprio i personaggi e le loro dispute a far emergere gli oggetti della filosofia.
Le idee non sono né modelli, né principi di movimento; inoltre non si sa che cosa
siano esattamente, quindi facciamo a meno delle idee.
Platone scrive nella Repubblica come dev’essere ordinato uno stato ideale a
partire dall’idea; Aristotele scrive ne La costituzione degli ateniesi, dove rende
conto della costituzione reale di Atene e della sua storia. Platone condanna l’arte
come copia dell’idea e Aristotele compone invece il primo trattato di estetica.
Platone dice che della vita non si può avere scienza; e Aristotele cataloga e studia
i viventi più umili con la stessa attenzione che i suoi predecessori riservavano al
cielo.
Le idee non esistono; esistono solo gli individui, collocati in uno spazio e in un
tempo determinato, e composti in modo inscindibile di materia e forma. Non c’è
entità che non abbia una forma, una identità, una vita. L’individuo vivente
diviene il grande modello del conoscibile. La struttura del sapere diviene una
enciclopedia filosofica che insieme renda conto della positività, della ricchezza e
dell’articolazione del reale.
1. IL GENIO E IL PROFESSORE
Con Aristotele nasce l’immagine del filosofo-professore.
Aristotele nasce nel 384/3 a.C. a Stagira. La madre era macedone e il padre era
greco, per questo motivo Aristotele non godette mai dei pieni diritti civili e politici
nella città in studiò e insegnò. Egli era un borghese provinciale figlio di uno
scienziato. Dalla professione del padre egli deriva l’importanza del modello della
medicina nella sua filosofia. Orfano di padre fu affidato a Prosseno di Atarneo. Nel
367/6 egli entrò nell’Accademia di Platone ad Atene.
La sua prima opera risale al 362 ed è il dialogo Grillo, una difesa della retorica come
dialettica razionale. La polemica prosegue nel 363 con il Protreptico, una difesa
dell’insegnamento dell’Accademia che era stato attaccato da Isocrate.
Alla morte di Platone lascia l’accademia e va ad Atarneo dove diventa amico del
tiranno Ermia. Dopo l’uccisione del tiranno ne 343/2 Filippo II, re di Macedonia, gli
affida l’educazione del figlio, Alessandro Magno.
Tornato ad Atene nel 335/4 Aristotele apre la sua scuola, il Liceo. La sua attività di
insegnamento enciclopedico, in cui era affiancato da numerosi collaboratori, durò
sino al 324/3. In quest’anno si seppe della morte di Alessandro Magno e Aristotele,
legato al partito macedone, fu accusato di empietà. Per sottrarsi al processo si
trasferì a Calcide nella casa materna. Qui morì nel 322/1.
2. IL PROVINCIALE E IL COSMOPOLITA
La nascita provinciale, che fece si che Aristotele non fosse mai un cittadino a pieno
titolo ad Atene, spiega perché la sua unità di misura politica non sia più la polis, ma
lo stato. Questa nascita provinciale fu la premessa per uno sguardo sul mondo più
aperto di quello di Platone.
Si tratta di tutto un altro concetto del sapere che pone al centro della pratica
dell’insegnamento un professore nel senso moderno del termine e al centro della
ricerca la biblioteca. È nel liceo di Aristotele che si ha la prima forma di ciò che
diventerà l’insegnamento nel sapere occidentale moderno.
4. IL CORPO E L’ENCICLOPEDIA
Un’altra considerazione sullo stile. Quella che viene proposta dall’attività di ricerca
di Aristotele e dei suoi allievi è una vera e propria enciclopedia, che costruisce un
modello del sapere ancora in vigore oggi. Aristotele indirizza le sue ricerche
nell’ambito della fisica, della psicologia, della biologia, della medicina e dell’arte. Egli
è il “maestro di coloro che sanno”.
1. L’ESPRESSIONE
Il primo risultato della dialettica è la finzione dei dieci “generi sommi” o categorie
elencate nell’opera Categorie. Esse sono i termini che hanno significato anche senza
essere messi in una proposizione e sono ottenute per via dialettica:
1. Sostanza;
2. Quantità;
3. Qualità;
4. Relazione;
5. Luogo;
6. Tempo;
7. Giacere;
8. Avere o possedere;
9. Agire;
10.Patire.
Il punto decisivo delle categorie sta nel fatto di essere principi epistemologici di
classificazione del mondo e principi ontologici.
Perché qualcosa sia vero o falso occorre che sia posta in connessione. L’atto mentale
del congiungere si chiama “giudizio”. Esso è vero quando congiunge nel pensiero ciò
che è realmente congiunto, o si disgiunge ciò che è realmente disgiunto; falso invece
quando si congiunge nel pensiero ciò che nella realtà è disgiunto, o si disgiunge ciò
che nella realtà è congiunto.
2. IL RAGIONAMENTO
I due libri degli Analitici primi trattano del ragionamento, cioè del processo per cui si
passa da una proposizione all’altra in modo conseguente e secondo dei nessi precisi.
La struttura evolutiva conferma il nesso tra ontologia ed epistemologia: prima
abbiam dei termini isolati, poi dei termini congiunti e infine delle congiunzioni tra
congiunzioni in processi di ragionamento la cui necessità sta nelle strutture
soggiacenti dell’essere.
Aristotele elabora una teoria della scienza che nasce dalla sensazione e dalla
memoria e ascende sino alla scienza come conoscenza delle cause e come capacità
di insegnamento. Egli propone una evoluzione che suppone tre tappe:
1. Percezione;
2. Memoria;
3. Intelligenza che permette di cogliere la definizione.
4. L’ERRORE
Una teoria della scienza è incompleta sino a che non spieghi la possibilità dell’errore.
I Topici propongono una teoria dell’argomentazione.
Si ha a che fare con i sillogismi dialettici, quelli che hanno premesse solamente
probabili perché fondati sull’opinione. La dialettica non è solo metodo di
discussione, ma anche di ricerca, perché consente di sviluppare le aporie, cioè i
problemi.
Negli Elenchi sofistici Aristotele tratta dei sofismi, cioè degli argomenti fallaci, cioè i
cosiddetti “paralogismi” adoperati dai sofisti e dei modi per confutarli.
5. IL MONDO TERRESTRE
Per Aristotele la fisica rappresenta la conoscenza della natura nella totalità dei suoi
aspetti.
La fisica ha come oggetti le cose che sono in movimento e che non si danno senza
materia e può includere i corpi celesti.
a) Materiale;
b) Formale;
c) Efficiente;
d) Causa finale.
6. PSICOLOGIA
Il De anima costituisce una “seconda metafisica”.
7. L’ANIMA E LA VITA
Ogni vivente ha un’anima. Aristotele propone una tripartizione:
- Senso;
- Immaginazione;
- Intelletto (attivo e passivo).
L’unione di materia e forma diviene anche per l’anima la chiave per risolvere il
problema. L’anima è sostanza nel senso che “è forma di un corpo naturale che ha la
vita in potenza”. L’anima è il principio delle facoltà nutritiva, sensitiva, razionale e
del movimento, e lo è come essenza e forma, non come materia e sostrato.
Il pensiero dipende dalle facoltà inferiori per l’azione dei processi immaginativi
all’interno della riflessione. Avviene la partizione tra due intelletti:
12 TASSONOMIA E MORFOLOGIA
Il vivente costituisce il grande modello metafisico di tutta la filosofia aristotelica, e la
classificazione degli animali rappresenta la più grande attuazione del suo ideale
enciclopedico. È nello studio del vivente che si elabora la centralità della nozione di
sostanza che trova nell’uomo la sua rappresentazione più completa.
Sulle parti degli animali può essere considerata un trattato di morfologia, cioè come
lo studio del modo in cui cause naturali di varia natura determinano la forma degli
organismi e la struttura delle loro parti. I punti di forza teorici sono tre:
1. il suo finalismo, il privilegio delle cause finali rispetto alle case efficienti;
bisogna saper riconoscere nella natura un organismo dotato di fini;
2. valorizzazione della morfologia, cioè il predominio della causa formale
rispetto alla causa efficiente e alla causa materiale. Il valore degli organismi è
determinato dalla forma che possiedono, che permette di realizzare il fine per
cui sono generati.
3. Organicismo: il vivente manifesta una complessità superiore al non vivente.
13 FINALISMO
Tuto ciò che si muove lo fa per contatto diretto con qualcosa che funge da principio
del moto. L’auto-movimento degli animali rappresenta un serissimo problema
nell’orizzonte aristotelico, e viene risolto attraverso il ricorso alla causa finale:
l’animale si muove in vista di qualcosa, perseguendo un fine. La causa del
movimento è un desiderio.
2. INDIVIDUI
Aristotele ha formato il suo pensiero a confronto con Platone e con l’Accademia.
Abbiamo dunque a che fare con un’impostazione ontologica che trova nella sostanza
in quanto unione vivente di materia e forma il suo principio organizzatore, e
nell’ipotesi di idee come principi separati l’obiettivo polemico fondamentale. Nella
Metafisica Aristotele ribadisce che delle forme immutabili ed eterne non rendono
conto degli enti particolari e delle loro caratteristiche peculiari. Da qui emerge
l’ontologia aristotelica. Il molteplice è composto da individui ed è l’unica cosa che
esiste. Secondo Aristotele l’inganno sta nelle idee. Con questo capovolgimento del
platonismo Aristotele diviene il creatore dell’ontologia, cioè della dottrina
dell’essere in quanto essere.
3. SAPIENZA
Nei primi tre libri della Metafisica Aristotele tratta della sapienza in quanto
conoscenza delle cause prime. La conoscenza coincide con la conoscenza delle
cause.
Nel libro I (Alpha) Aristotele illustra gli elementi caratteristici della “filosofia prima”
rispetto ad altre forme di sapere:
Aristotele stabilisce così un nesso tra sapere e potere: chi conosce le cause prime
conosce tutte le cose, chi conosce le cause prime sa comandare perché per
comandare bisogna conoscere il fine.
Nel libro II (Alpha èlatton) si affrontano le questioni di principio affrontate nel libro
precedente.
Nel libro III (Beta) Aristotele elenca quindici aporie (problemi) relative alla filosofia
prima e procede alla loro soluzione.
4. ESSERE
Aristotele ha distinto le scienze particolari, la cui sfera d’indagine è circoscritta ad
aspetti settoriali della realtà, dalla filosofia prima, che studia l’essere in quanto
essere. L’idea di fondo di Aristotele è che c’è qualcosa di eterno, di immobile e di
separato, che va studiato da una scienza teoretica. L’essere “si dice in molti sensi”,
ma questa multivocità è ordinata al significato fondamentale costituito dalla
“sostanza”.
È cercando di definire l’essere che si scopre che non è univoco (cioè dotato di un
solo significato) né equivoco (cioè dotato di molti significati irrelati tra loro), ma
possiede molti significati che si rapportano al significato dell’essere come sostanza.
L’essere si dice in molti sensi, ma tutti hanno relazione con un unico principio.
Alcuni esseri si dice che siano in quanto sostanze, altri in quanto proprietà
della sostanza, altri in quanto conducono alla sostanza, oppure ne sono la
distruzione, o la privazione, o una quantità, oppure producono o generano
sostanze, o hanno relazione con la sostanza, o sono la negazione di una di
queste cose o della sostanza stessa.
6. TEOLOGIA
Per qualificare lo status della filosofia prima in rapporto alle altre scienze si torna
alla partizione delle scienze:
7. SOSTANZA
Nei libri Zeta ed Eta Aristotele si concentra sull’essere per sé. La sostanza è anteriore
alle categorie sia in ordine al tempo sia in ordine alla nozione. Le caratteristiche
fondamentali sono:
Nel libro VII (Zeta) chiedersi che cos’è l’essere equivale a chiedersi cos’è la sostanza.
Nel libro VIII (Eta) Aristotele afferma che la potenza è costituita dalla materia e l’atto
dalla forma.
Nel libro IX (Theta) Aristotele afferma che la potenza ha due significati: uno legato al
movimento e l’altro legato alle potenzialità della materia. Anche atto possiede due
valori designando anche lui il movimento e la sostanza.
Il libro XII (Lamda) tratta della sostanza soprasensibile e ribadisce che la metafisica si
occupa della sostanza soprasensibile, alimentando la duplicità fra ontologia e
teologia. La sostanza soprasensibile è il motore immobile di tutto l’universo ed è
definita come un “pensiero di pensiero”.
8. IDEE
Il libro XIV (Ni) consiste in una critica del pensiero di Platone. In Aristotele la critica
delle idee si manifesta in più luoghi e in forma particolarmente sprezzante: “non si
tratta che di suoni privi di significato”. Le idee sono un doppione inutile delle cose.
Le idee si rivelano completamente inutili ai fini di una spiegazione empirica del
modo in cui conosciamo il reale.
Per quano riguarda la critica delle idee nella Metafisica, gli argomenti aristotelici
sono due:
La ricerca delle cause rivela che spesso queste cause sono realtà sensibili, e dunque
non hanno nulla a che fare con le idee. Può accadere che alcune di queste cause
siano realtà sovrasensibili.
L’assunto di fondo di Aristotele è che le idee non sono individui, e che solo gi
individui esistono veramente.
Per guidare queste attività è necessario che ci siano dei racconti. Queste produzioni
non sono imitazioni delle idee e neppure semplici copie della realtà. La realtà ha la
caratteristica di essere particolare e contingente, dunque di poter fornire degli
insegnamenti molto modesti, forse nessuno.
quello che davvero conta nella tragedia non è il carattere dei personaggi, ma
l’intreccio. I caratteri sono creati in funzione dell’intreccio.
CARTESIO afferma che tutto quello che è intorno a noi potrebbe essere falso; l’unica
cosa sicura è che sto dubitando di tutto, dunque sto pensando, dunque c’è qualcosa
ed è una cosa pensante. Siamo certi di essere finiti, dunque dobbiamo avere un’idea
di infinito, in rapporto alla quale ci sentiamo finiti. Dio è inteso come funzione
matematica per cui esiste un X infinito tale che mi dia l’idea che io sono finito. Si
potrebbe obiettare che questa idea non corrisponde a una cosa esistente.
Argomento ontologico: idea di un essere dotato di tutte le perfezioni; deve
possedere anche la massima perfezione, cioè l’esistere.
2. RAZIONALISMO ED EMPIRISMO
Il razionalismo (Leibniz) si identificava con la “Filosofia delle scuole”. L’idea di fondo
è che noi conosciamo attraverso i concetti. Sapere cosa è un oggetto equivale a
poterne enumerare le caratteristiche che lo definiscono e lo differenziano dagli altri
oggetti. Il mondo reale rappresenta solo una possibilità che si è realizzata fra
tantissime altre, sicché una metafisica completa deve occuparsi di tutte le possibilità
che non si rivelino contraddittorie.
Per non far correre la metafisica così a briglia sciolta è di non confrontare i concetti
con altri concetti. L’idea di fondo degli empiristi (Hume) è che tutta la nostra
conoscenza sia tratta dai sensi e che dunque si possa fare a meno della metafisica.
La morale degli empiristi è che tutte le nostre conoscenze non vengono dai concetti,
ma dall’esperienza sensibile che si stratifica grazie all’abitudine e al ragionamento. E
i concetti sono solo un modo veloce e ingannevole per codificare l’esperienza. Il
problema è che senza metafisica si fa un po’ di strada, ma non tanta; se
consideriamo i risultati delle nostre esperienze, allora la filosofia, la scienza e la
morale sono destinate a svanire, giacché il mondo intero si sbriciola tra le nostre
mani. Per un empirista radicale, tutto è vano, e l’empirismo diviene l’anticamera
dello scetticismo: è futile domandarsi la natura delle cose, tanto prima o poi
potrebbero cambiare.
1. Riflessioni su aspetti già affrontati nei primi principi e relativi alla teoria della
materia;
2. Ipotizza la presenza di un etere onnipresente che assicura la mediazione fra lo
spirito e la natura;
3. Il soggetto pone sé stesso nel porre varie forze nella materia, con una
prospettiva che è essenzialmente fichtiana.
L’idea che la filosofia sia una mera teoria della scienza ha vinto il realismo perché è
ovvio che la scienza è naturalmente realistica, ma il costruttivismo solletica la nostra
vanità: siamo noi i costruttori e i trasformatori della nostra realtà.
Lo speculativo diventa la sfera in cui conoscenza ed esperienza divengono uguali. Il
controcanto è offerto dal pessimismo.
Per Fichte ciò che per l’Io è realtà è semplicemente qualcosa che l’Io pone di fronte
a sé come rappresentazione, quindi l’Io è il costruttore della stessa realtà che ha di
fronte a sé. La filosofia di Fichte conduce al solipsismo: esiste un solo ente in senso
proprio, ed è l’Io. Tutti gli altri io sono una proiezione dell’Io fondamentale.
La libertà significa costruire il mondo. Io sono libero nella misura in cui Io costruisco
il mio stesso mondo e l’esperienza fondamentale è quella della volontà.
Hegel ha stabilito un nesso molto forte tra la storia e la verità. C’è qualcosa nella
storia che manifesta la verità, e riuscire a comprendere la storia non è
semplicemente fare la raccolta di fatti avvenuti, ma capire che cosa è il significato
del proprio tempo vuol dire capire qual è la direzione che prendono le nostre azioni
e i nostri pensieri.
Siamo immersi in questa positività del mito che non va considerato come una
semplice assenza di sapere, come una cosa facile che si supera con la critica del mito
del dato. Se così fosse i lumi si sarebbero imposti da migliaia di anni.
“La filosofia positiva non parte né da un essere presente, né dall’essente solo nel
pensiero. La filosofia positiva è un ontologismo. Esiste qualcosa indipendentemente
dalla conoscenza e dal pensiero.
Il mondo è una zona di negatività e di positività che genera una interazione tra
umani e mondo. La filosofia positiva consiste nel rivendicare una distinzione tra quid
sit (cosa un ente sia) e quod sit (cos’è).
Ciò che nel primo Schelling è pura resistenza diviene, nel secondo Schelling, una
positività che si rivela. Questa resistenza è il carattere proprio dell’esistenza.
MARX interroga i propri oggetti come un giudice e quegli oggetti sono ciò che gli
uomini fanno le loro vivere associato. Egli scopre qualcosa che gli uomini erano soliti
nascondersi: perché gli operai sono sempre più poveri e i capitalisti sempre più
ricchi?
FREUD I mistici sapevano che l’inconscio era un fondo oscuro dell’anima non
direttamente accessibile alla coscienza. Egli fa un uso diverso dell’inconscio per
comprendere le strutture psichiche delle persone e la gestione dei loro rapporti
sociali. L’inconscio è il vero padrone delle nostre azioni.
BERNAZZA afferma che è innata in noi la sete di dominio, è la legge della natura, e
allora tanto vale prenderne atto, altrimenti soccomberemo alla sete di dominio
altrui.
La società si fonda sull’ideologia che fa passare per accettabili e buone delle cose
che sono inaccettabili, e la filosofia come pensiero critico deve decostruirla.
Ogni tesi che viene affermata viene anche successivamente decostruita e messa in
discussione.
3. FILOSOFIA E MESSIANISMO
Questa fiducia nell’aldilà è definita messianismo, ed è la promessa di qualcosa
che cambierà davvero la storia e la vita, viene trasferito all’interno della storia.
L’interprete del messianismo è il profeta, colui che annuncia ciò che verrà e che
non c’è ancora. (profezia= dire quello che avverrà: Marx-dittatura del
proletariato-società sena classi; Nietzsche-nuove tavole di valori; Freud-inconscio
irraggiungibile).
4. LA NUOVA MITOLOGIA
LUKACS è legato all’idea che sia una razionalità nella storia. La ragione diviene il
nemico da combattere in quanto forma di un mondo disincantato pieno di tecnica e
dunque sterile. La ragione dunque non è emancipazione, ma è asservimento.
Era necessario riuscire a creare una nuova mitologia della ragione, una che renda
sensibili ed estetiche le idee, che le renda cioè attraenti per il popolo e che dia
spazio al pensiero all’interno della nuova costruzione del mondo.
La nuova mitologia deve porsi al servizio delle idee e della ragione. La mitologia
deve divenire filosofica, così da rendere il popolo razionale e la filosofia deve
divenire mitologica così da rendere sensibili i filosofi.
Idea che sia necessario rendere sensibile il pensiero, che arte filosofia e politica
debbano allearsi in un unico progetto.
Nietzsche cerca di stringere alleanza con Wagner. La filosofia non si svolge dentro
alle aule universitarie, ma in pubblico, con tutti i media possibili e si unisce alla
religione, perché dentro alla musica di Wagner riemerge lo spirito della musica che
stava dentro alla tragedia greca, riemerge cioè il culto Dionisiaco.
Essere nietzschiano è più semplice: puoi condurre la forma di vita che hai sempre
vissuto e in più proporre una rivoluzione più radicale di quella proposta da Marx.
5. LAVORO, VITA, LINGUAGGIO
FOUCAULT in Le parole e le cose sostiene che il Settecento è l’epoca in cui viene
ordinato e classificato il mondo secondo delle strutture razionali e tra Settecento e
Ottocento emergono delle “nuove positività” che sono il lavoro, la vita e il
linguaggio.
- Lavoro: Marx;
- Vita: considerevole crescita di un elemento di vitalismo; le specie viventi
hanno uno sviluppo, e gli esseri umani sono esseri viventi, il che significa che
l’umano non è solo razionale, perché la vita è il principio non razionale che
vuole esclusivamente sé stessa, e che è anche intimamente aggressiva;
- Linguaggio: come veicolo storico diventa fondamentale per la nascita di
scienze positive come la filologia. Ipotesi della grande famiglia delle lingue
indoeuropee; studio del linguaggio alla comprensione della realtà storica dei
popoli; importante per la filosofia dell’Ottocento; “svolta linguistica”.
X. DECOSTRUZIONE: IL PARADIGMA NIETZSCHIANO
XI. THINK DIFFERENT
XII. LIMITI DELLA DECOSTRUZIONE