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Il jazz è un genere musicale nato agli inizi del XX secolo come evoluzione di forme musicali già

utilizzate dagli schiavi afroamericani. Inizialmente aveva la forma di canzoni di lavoro nelle piantagioni e
durante la costruzione di ferrovie e strade negli Stati Uniti e serviva a ritmare e coordinare i movimenti
(il ritmo era binario). I primi musicisti suonavano musica ad orecchio e le orchestre pionieristiche a New
Orleans erano chiamate Ragtime Bands.[1] Apporto notevole, a una prima evoluzione strumentale del
jazz, fu dato dagli emigrati italiani di New Orleans che appunto aggiunsero altri strumenti musicali
provenienti dalla tradizione italiana delle bande di paese: infatti tra i migliori musicisti di jazz figurano
ovviamente afroamericani poi affiancati da italoamericani, che formarono la Original Dixieland Jazz
Band ossia la banda che diffuse il jazz in U.S.A. producendo molti dischi.[2][3]
Il jazz arriverà a Chicago con Louis Armstrong e poi in Europa dove avrà un successo grandissimo.
Con gli anni andrà modificandosi e diventerà anche una musica commerciale con lo swing fino a
riprendere le tradizioni della cultura afroamericana delle prime jazz band col bebop.
Nel jazz ci sono due forme principali: il blues, in 12 battute (3 frasi musicali), e la canzone, in 32 battute.
Inizialmente l'essenza dell'improvvisazione era nella linea melodica, ciò è dovuto al fatto che il mezzo
jazz prototipico (originale) è il gruppo di ottoni, in cui, dato che ogni suonatore può produrre una sola
nota alla volta, gli assoli sono necessariamente melodici. Gli strumenti armonici di accompagnamento
(pianoforte, chitarra, contrabbasso) vennero introdotti dopo. Sin dai primi tempi il jazz ha incorporato
nel suo linguaggio i generi della musica popolare, del ragtime, del blues, della musica leggera e infine
della musica colta, soprattutto statunitense. In tempi più recenti il jazz si è anche mescolato con tutti i
generi musicali moderni anche non statunitensi, come il samba, la musica caraibica e il rock.
Il jazz si è trasformato, nel corso del ventesimo secolo evolvendosi in una grande varietà di stili e
sottogeneri: dal dixieland di New Orleans dei primi anni, allo swing, delle big bands negli anni
trenta e quaranta, dal bebop della seconda metà degli anni quaranta, al cool jazz e al hard
bop degli anni cinquanta, dal free jazz degli anni sessanta alla fusion degli anni settanta, fino alle
contaminazioni con il funk e l'hip hop dei decenni successivi. L'uso di queste etichette non è stato poi
molto gradito da tanti musicisti (jazzisti) che preferiscono definire la loro musica semplicemente come
jazz. Dopo gli anni 70 il jazz è entrato a pieno diritto nella cosiddetta musica colta, entrando quindi nei
corsi tenuti nelle scuole musicali e nei Conservatori.

Indice

 1Caratteristiche
 2Storia
o 2.1Anni dieci
o 2.2Anni venti
o 2.3Anni trenta
o 2.4Anni quaranta e cinquanta
o 2.5Anni sessanta
o 2.6Dagli anni ottanta
 3Musica popolare ma colta
 4Sociologia del jazz
 5Giornata internazionale del jazz
 6Note
 7Bibliografia
o 7.1Fonti
o 7.2Approfondimenti
 8Voci correlate
 9Altri progetti
 10Collegamenti esterni

Caratteristiche[modifica | modifica wikitesto]


(EN) (IT)
«By and large, jazz has always been like the
«In genere, il jazz è sempre stato come il tipo
kind of a man you wouldn't want your daughter
d'uomo con cui non vorreste far uscire vostra
to associate with.[4][5][6]»
figlia.»
(Duke Ellington)

L'orchestra di Duke Ellington alla Hurricane Ballroom.

Il jazz si è sviluppato agli inizi del XX secolo a New Orleans. Nella città erano presenti varie culture e la
maggior parte della popolazione apparteneva ai bassi ceti sociali. A New Orleans, quasi certamente
attorno agli anni 1910, venne pronunciata per la prima volta la parola jazz, originata da un vocabolo
appartenente alla cultura tradizionale francese dal significato legato all'animazione, alla gioia di vivere.
Altre fonti vorrebbero che la parola sia stata originata da un termine di origine africana con riferimenti
alla sessualità.[7] La città aveva subito prima una dominazione francese e poi spagnola; era diventata
parte degli Stati Uniti con il "Louisiana Purchase" del 1803. Il jazz si affermò subito come sintesi tra
numerose culture musicali, europee (musica per banda militare) e africane (percussione, ritmo).
I principali elementi del jazz sono due: ritmo e improvvisazione.
Dal punto di vista tecnico il jazz moderno è caratterizzato dall'uso estensivo dell'improvvisazione,
di blue note, di poliritmia e di progressione armonica usate in modo diverso rispetto alla musica
classica. Il ritmo, elastico e a volte scandito in maniera ineguale, ad esempio nello swing, ha sempre
rivestito grande importanza in quasi tutte le forme di jazz, e talvolta ha generato il jazz sinfonico.
Sin dagli inizi l'interpretazione ha valorizzato l'espressività ed il virtuosismo strumentale. Parte del jazz
degli albori era basato su combinazioni di elementi musicali africani, articolata cioè su scale
pentatoniche, con caratteristiche blue notes, mescolate ad armonie derivate dalla
musica colta europea con un notevole uso di ritmi sincopati e poliritmi.
L'improvvisazione, partendo dalla semplice variazione sul tema iniziale, ha assunto sempre maggiore
importanza. Nel free jazz, che ebbe il suo periodo d'oro negli anni sessanta-settanta, il tema poteva
anche scomparire in esperimenti che venivano chiamati improvvisazione totale collettiva.
La formazione jazzistica moderna tipica è costituita da un gruppo musicale di dimensioni limitate. La
combinazione più frequente è il quartetto, quasi invariabilmente costituito da una sezione ritmica
composta da batteria, basso o contrabbasso, pianoforte e da uno strumento solista, generalmente
un sassofono o una tromba.
Nell'ambito della piccola formazione sono possibili e frequenti una gran varietà di cambiamenti. Per
quello che riguarda la consistenza numerica, si trovano esempi di performance solistiche (spesso, ma
non sempre, si tratta di pianoforte solo) fino ad arrivare al nonetto, formazione che comincia già ad
assumere caratteristiche orchestrali. Si hanno anche svariatissime combinazioni per quello che
riguarda la qualità degli strumenti coinvolti: si hanno esempi di jazz suonato solisticamente con la
maggior parte degli strumenti orchestrali (perfino oboe e arpa) o folcloristici (ad esempio, la kora).
Le formazioni jazzistiche orchestrali, che entrarono in crisi profonda alla fine degli anni trenta, sono oggi
abbastanza rare, soprattutto a causa delle difficoltà economiche e organizzative collegate alla gestione
di un complesso che comprende molte decine di musicisti.
Per lungo tempo il territorio privilegiato dai musicisti afroamericani fu gli Stati Uniti d'America. Il jazz è
oggi suonato, composto e ascoltato in tutto il mondo come una nuova musica colta: se questo è vero
soprattutto nel mondo occidentale, è anche vero che le esplorazioni delle radici musicali africane che
molti jazzisti intrapresero a partire dagli anni sessanta e i contatti tra culture e stili musicali caratteristici
dell'ultima parte del 20º secolo, hanno contribuito a creare molti tipi di jazz, che vanno dalla tradizionale
performance per piccolo ensemble, derivato dalle esperienze boppistiche e post-boppistiche, alla
creazione di sonorità insolite che nascono dalla ibridazione di diverse tradizioni strumentali e musicali
fino ad arrivare a dissolversi nel genere chiamato world music (e in questo caso non si parla più di
jazz).
Un fenomeno simile ha recentemente conferito la categoria di genere colto anche a parte della musica
brasiliana e argentina (Antônio Carlos Jobim, Astor Piazzolla e altri), che fra l'altro si è apparentata con
il jazz, anche per l'opera svolta da Stan Getz ed altri in conseguenza della quale molti standard jazz
utilizzano modelli brasiliani e argentini.

Storia[modifica | modifica wikitesto]


La storia del jazz fa registrare una carenza di documentazione e riferimenti per quanto riguarda le sue
origini. Le prime fonti sono orali e riguardano gli inizi del XX secolo a New Orleans.

Anni dieci[modifica | modifica wikitesto]

Sidney Bechet

La musica che originariamente sarebbe stata chiamata, con termine di origine incerta jazz, nasce quasi
certamente a New Orleans all'inizio del XX secolo. Il musicista cui è attribuito il titolo di "padre del
jazz", Buddy Bolden, è attivo a New Orleans nel 1904. Nel 1906 il pianista Jelly Roll Morton compose il
brano King Porter Stomp, che fu uno dei primi brani jazz a godere di vasta notorietà, e negli anni
seguenti a New Orleans furono attive molte formazioni jazz: tra le più importanti, quella capeggiata
dal cornettista Joe "King" Oliver. La parola "jazz" venne stampata da un quotidiano, per la prima volta,
nel 1913.
Grande notorietà ebbe la Original Dixieland Jass Band (O.D.J.B.), composta da soli bianchi e diretta dal
cornettista, di origini italiane, Nick La Rocca. Dopo il debutto a Chicago il 3 marzo 1916, il 26
febbraio 1917, la O.D.J.B. registrò per la prima volta un brano jazz Livery Stable Blues. Per questo alla
O.D.J.B. venne attribuito il titolo di "inventori del jazz".

Anni venti[modifica | modifica wikitesto]


Louis Armstrong negli anni cinquanta

Tra il 1910 e il 1920 molti musicisti di New Orleans, spinti dai maggiori guadagni che venivano offerti al
nord e seguendo il flusso della migrazione interna che portava la popolazione a spostarsi verso i grandi
centri industriali arrivarono a Chicago (King Oliver, Jelly Roll Morton e Louis Armstrong per citarne solo
alcuni) e qui si creò una scuola che formò molti protagonisti soprattutto bianchi, tra i quali Bix
Beiderbecke, Frank Trumbauer, Pee Wee Russell.
Il jazz divenne sempre più popolare affermandosi anche come musica da ballo e nei locali notturni.
Molti protagonisti, tra cui il sassofonista Sidney Bechet fecero tournée in Europa. Nelle orchestre
aumentò l'importanza del solista capace di improvvisare, tra i primi Louis Armstrong. Armstrong era
stato seconda cornetta nella Creole Jazz Band di King Oliver e divenne famoso anche grazie alle
registrazioni con i suoi gruppi, gli Hot Five e gli Hot Seven nel 1925.
Nacquero le prime grandi orchestre, le big band come quelle di Fletcher Henderson, di Paul
Whiteman (il primo esecutore della Rapsodia in blu di George Gershwin) e di Duke Ellington. New
York divenne in breve, dopo Chicago, una delle capitali del jazz, determinando l'inizio dell'età del jazz.

Anni trenta[modifica | modifica wikitesto]

Duke Ellington

A seguito della crisi di borsa dell'ottobre 1929 l'intrattenimento musicale negli Stati Uniti d'America subì
un drammatico azzeramento e negli anni immediatamente successivi, passati alla storia come
"la Grande depressione", pochi musicisti riuscirono a sopravvivere con la loro musica. I migliori
iniziarono fortunate esibizioni in Europa; gli altri fecero fatica a sbarcare il lunario. La rinascita musicale,
e con essa totale, dell'America è legata all'intuizione di un giovane musicista di origine ebrea, Benny
Goodman. Questi mise a punto un'originale formula musicale utilizzando un tempo costante, rendendo
perciò "ballabile" il nuovo stile, e un'accelerazione progressiva nei toni, nei timbri, nei contrappunti. La
musica che ne derivò prese il nome di "swing", come il giro di mazza del giocatore di baseball. Ogni
brano comincia con tranquillità per scatenarsi progressivamente, mantenendo però rigorosamente lo
stesso ritmo. Per rendere ancora più gradito ai ballerini il nuovo stile, Goodman utilizzò una grande
orchestra, con una ricca sezione di strumenti a fiato e una sezione ritmica. La formazione tipo
dell'orchestra swing comprendeva tre o quattro trombe, tre tromboni, cinque sassofoni tra cui due
contralti, due tenori e un baritono. La sezione ritmica comprendeva una chitarra, un contrabbasso, un
pianoforte e la batteria. A questa formazione si aggiungeva lo strumento del leader, nel caso di
Goodman il clarinetto.
Le orchestre jazz diventarono il principale veicolo di diffusione del jazz. In questo periodo assunsero ai
primi posti delle classifiche musicali le orchestre di Benny Goodman (che assunse Fletcher
Henderson come arrangiatore), Duke Ellington, Cab Calloway, Woody Herman, Count Basie, Chick
Webb (che aveva come cantante Ella Fitzgerald), Artie Shaw, Glenn Miller, lanciando nuovi balli quali
il jitterbug e lo swing.
New York assurse ad un ruolo di preminenza sulla scena jazzistica, prima coi locali e le sale da ballo
di Harlem (tra cui il famoso Cotton Club), poi coi club che fiorirono attorno al Greenwich Village,
a Broadway e alla Cinquantaduesima strada, soprannominata Swing Street o "la strada che non dorme
mai". Furono questi i palcoscenici che portarono al successo Billie Holiday, Art Tatum, Fats
Waller, Coleman Hawkins, Lester Young. Lo stile che nacque in questi locali era rilassato e notturno,
esemplificato dall'interpretazione di Body and Soul data in quegli anni da Hawkins, che fu anche uno
degli strumentisti che resero il sax tenore la voce dominante del jazz.
Uno stile jazzistico più rivolto al blues e con caratteristiche meno urbane di quello newyorkese veniva in
quegli anni praticato dalle orchestre di Kansas City, luogo di fondazione dell'orchestra di Count Basie.
In questa città si formarono molti protagonisti degli anni che seguirono, fra i quai Art Tatum e Roy
Eldridge.
La segregazione razziale, che era stata fino ad allora la regola nelle orchestre di jazz così come nei
locali, iniziò in quegli anni a perdere un po' della sua compattezza, grazie anche al coraggioso esempio
di direttori d'orchestra come Goodman e Shaw che portarono in tournée gli artisti afroamericani Roy
Eldridge e Billie Holiday.

Anni quaranta e cinquanta[modifica | modifica wikitesto]


Le mutate condizioni economiche costrinsero alla chiusura la maggior parte delle grandi orchestre. Solo
le maggiori sopravvissero: quelle di Duke Ellington, Count Basie, Woody Herman e Stan Kenton furono
tra le più longeve, prolungando la loro attività anche negli anni 1960 e oltre.

Da sinistra a destra: Tommy Potter, Charlie Parker, Max Roach (quasi nascosto da Parker), Miles Davis e Duke
Jordan, ritratti da William P. Gottlieb al Three Deuces, sulla Cinquantaduesima strada, intorno all'agosto del 1947.

Attorno al 1945, si saluta la nascita di un nuovo stile, nato dalle jam session che si tenevano a tarda ora
in due locali di Harlem, il Minton's Playhouse e il Monroe's. Questo stile fu chiamato dapprima rebop,
poi bebop o semplicemente bop, dal suono di una frase ricorrente nei brani tipici di questa nuova
musica ed era praticato soprattutto da musicisti giovani, appena giunti sulla scena jazz di New York.
Caratterizzato da armonie complesse e tempi velocissimi, il bebop fu tenuto a battesimo
dal trombettista Dizzy Gillespie, che ne fu il pioniere assieme all'alto sassofonista Charlie Parker –
detto Bird o Yardbird. Il successo del nuovo genere, che richiamava un pubblico intellettuale
(i bopper attirarono subito l'ammirazione di molti esponenti del movimento letterario beatnik) e molto più
ristretto di quello delle big band, mise in luce altri protagonisti del periodo: il pianista e
compositore Thelonious Monk e il suo amico (anch'egli pianista) Bud Powell, il batterista Kenny Clarke,
i trombettisti Clifford Brown e Fats Navarro, i sassofonisti Sonny Rollins e Sonny Stitt, i batteristi Max
Roach e Kenny Clarke. Il bebop fu molto criticato sia come movimento giovanile e fenomeno sociale,
sia – per motivi diversi – dal punto di vista musicale. La critica sociale verteva inizialmente sugli aspetti
più provocatori dell'atteggiamento e dello stile di vita dei bopper per focalizzarsi poi soprattutto sulla
contiguità tra il mondo del jazz e la droga, che, agli inizi degli anni cinquanta, iniziò a mietere vittime di
alto profilo tra i jazzisti in generale e tra i bopper in particolare. Billie Holiday, Fats Navarro e Charlie
Parker furono solo i più famosi musicisti a trovare la morte a causa della loro dipendenza: molti altri, se
non morirono, subirono le conseguenze di questo flagello. Sotto il profilo musicale, alcuni artisti della
generazione precedente (che i bopper chiamavano "mouldy figs", "fichi ammuffiti") si distinsero come
critici particolarmente severi: il più famoso di questi fu senz'altro Louis Armstrong. Altri importanti
esponenti della corrente del jazz classico tuttavia, seppero cogliere gli elementi d'interesse contenuti
nel nuovo movimento: un nome fra tutti è quello di Coleman Hawkins.
Dizzy Gillespie

La fine degli anni quaranta e la prima metà degli anni cinquanta videro una reazione agli aspetti più
estremi del movimento bebop, reazione che, dalle sue caratteristiche melodiche e rilassate, prese il
nome di cool jazz. Iniziato a New York e nel Midwest dalle esperienze di Miles Davis e Gil Evans (dei
quali si ricorda l'album Birth of the Cool), Lennie Tristano ed altri, il cool jazz fu il primo stile jazz a
radicarsi in California. Molti dei suoi protagonisti furono bianchi: Gerry Mulligan e Chet Baker (che
diedero vita ad un famoso quartetto), Lee Konitz, Dave Brubeck, i sassofonisti Stan Getz (che fu anche
protagonista della fusione del jazz con la musica brasiliana) e Paul Desmond. L'afroamericano John
Lewis elaborò l'estetica cool creando un quartetto, il Modern Jazz Quartet, che fuse il jazz con elementi
e sonorità derivanti dalla musica classica (soprattutto barocca) europea. Da queste esperienze prese il
via un movimento, detto "Third Stream" che cercava di coniugare il jazz con altre esperienze
provenienti dalla tradizione musicale colta: uno dei suoi maggiori esponenti fu Gunther Schuller.

Dave Brubeck e Paul Desmond, 8 ottobre 1954.

Il bebop negli anni cinquanta nel frattempo maturò, abbandonando parte delle sue caratteristiche più
sperimentali ed evolvendosi in un genere di più facile ascolto che fu chiamato hard bop, tra i cui
protagonisti si ricordano Art Blakey, e i suoi Jazz Messengers, Horace Silver, Miles Davis e le sue
classiche formazioni comprendenti John Coltrane, Red Garland, Paul Chambers, Philly Joe
Jones, Cannonball Adderley. Gli anni cinquanta furono inoltre gli anni che videro nascere una giovane
stella del Jazz quale Ray Charles, tutt'oggi considerato uno dei principali musicisti del Novecento,
nonché uno dei pionieri della musica soul.
Le esperienze di jazz orchestrale continuarono, anche se con difficoltà, con le orchestre di Count Basie,
Duke Ellington, Woody Herman, Stan Kenton, e con le originali collaborazioni di Miles Davis e Gil
Evans. Il contrabbassista Charles Mingus si segnalò come personaggio di grande spicco alla testa di
formazioni allargate (anche se non di organico propriamente orchestrale).

Anni sessanta[modifica | modifica wikitesto]


Nel corso di questo decennio il jazz affrontò numerose trasformazioni che finirono per frazionarlo in
molteplici stili.
La corrente hard bop iniziò a dividersi tra coloro che seguirono l'esperienza di Miles Davis e John
Coltrane nel cosiddetto "jazz modale" (uno stile musicale meditativo e intellettuale, che vide la sua
fondazione nella storica incisione di Davis nel 1959, Kind of Blue) e quanti invece preferirono
avvicinarsi al rhythm and blues praticando quello che alcuni chiamavano "soul jazz".
Lo stile modale visse il suo periodo più fecondo a cavallo tra la fine degli anni cinquanta e la metà degli
anni sessanta, soprattutto con l'attività del (secondo) quintetto di Miles Davis e del quartetto di John
Coltrane, finendo col diventare un idioma consolidato della tradizione jazzistica.
Una tendenza senz'altro più radicale e controversa fu determinata dal contemporaneo avvento di uno
stile che venne dapprima chiamata "The New Thing" ("la cosa nuova") e in seguito "free jazz". Fondato
alla fine degli anni cinquanta da giovani musicisti quali Ornette Coleman e Cecil Taylor, il free jazz
praticava una forma d'improvvisazione collettiva totale la cui conseguenza è la totale frantumazione
della maggior parte delle idee tradizionali di forma, armonia, melodia e ritmo. Oltre ad implicare una
forte componente di critica politica e sociale, il free jazz incorporava anche una moltitudine di influenze
musicali di provenienza Asiatica e Africana. Il free jazz attirò l'attenzione di molti protagonisti (Charles
Mingus, Steve Lacy, Sun Ra), reclutò giovani brillanti (Archie Shepp, Albert Ayler, Pharoah Sanders) e
ricevette aspre critiche da parte di alcuni dei nomi più in vista (Davis e Gillespie tra gli altri) dando
origine a polemiche che furono tra le più violente che il jazz avesse mai conosciuto e che durarono
decenni senza mai esaurirsi completamente, anche dopo che l'esperienza storica del free jazz poté
dirsi conclusa: i critici più accesi affermarono che il free jazz rimuoveva la distinzione tra chi sapeva
suonare e chi no. Non v'è comunque dubbio che il movimento free jazz mancasse quasi totalmente
della componente popolare che per lungo tempo aveva costituito una delle due anime del jazz, e che
fosse seguito quasi esclusivamente dalle élite: questo, negli USA, ne decretò anche un crescente
insuccesso commerciale, che diveniva tanto più evidente quanto più si ingigantiva il successo di altri
generi musicali contemporanei. Nel free jazz finirono per confluire alcuni esponenti della parte
considerata più "colta" del jazz: il più in vista tra questi fu senz'altro John Coltrane, che si avvicinò al
movimento free jazz negli ultimi anni della sua vita. Il free jazz ebbe miglior fortuna in Europa, dove
molti giovani musicisti lo adottarono come un veicolo che permetteva d'incorporare nel linguaggio
jazzistico una varietà di contesti musicali e culturali.
Una diversa tendenza stilistica nacque dall'attenzione reciproca che alcuni musicisti jazz e le nuove
leve della musica brasiliana si rivolgevano. Già Jelly Roll Morton aveva definito il jazz come una musica
che conteneva "sfumature spagnole" ("spanish tinge"). Questa definizione era stata onorata nel corso
degli anni da diversi compositori (un nome per tutti: Duke Ellington). Negli anni 1950 alcuni musicisti, il
cui più famoso rappresentante era senz'altro Dizzy Gillespie, avevano coniugato col jazz temi stilistici
tipici della musica cubana e latina in generale ("Afro-Cuban bop"). Questo stile si avvaleva dell'apporto
e dell'influenza musicisti provenienti dall'America latina (Chano Pozo, Xavier Cugat, Tito Puente, Arturo
Sandoval), nonché della strumentazione e delle forme tipiche della tradizione latina. Fu nel solco di
questa tradizione che negli anni 1960 gli esponenti del movimento brasiliano detto Bossa Nova (Elizete
Cardoso, Antônio Carlos Jobim, Vinícius de Moraes, João Gilberto, Luiz Bonfá, Chico Buarque de
Hollanda) intrapresero varie collaborazioni con musicisti jazz come Stan Getz e Charlie Byrd, creando
uno stile noto come "jazz samba". Il movimento fu lanciato da una serie di incisioni di Getz, le più
famose delle quali videro anche la partecipazione di Joao Gilberto e di sua moglie Astrud Gilberto in
veste di cantante. Diversi brani divennero successi planetari (come ad esempio Garota de Ipanema).
Nella seconda metà degli anni sessanta, l'irruzione del fenomeno della musica di massa, che in gran
parte s'imperniava sulle generazioni più giovani e sulla loro musica d'elezione, il rock, mise in difficoltà,
anche economica, la gran parte dei musicisti jazz. Quelli che non scelsero la critica radicale del free
jazz e che non sparirono dalla scena dovettero cambiare stile. Alcuni scelsero di accentuare il carattere
funky della loro musica fino ad apparentarla al funky e alla sempre più popolare musica soul-dance.
Una diversa tendenza cercava l'avvicinamento rock e all'elettronica, e portò alla nascita del cosiddetto
genere fusion. Molti critici ritengono che fra le prime incisioni fusion vi siano Hot Rats di Frank Zappa, il
quale sembrò avvicinarsi al jazz partendo dal rock con quest'album del 1969, ed il doppio
album Bitches Brew di Miles Davis (1970). Seguirono poi numerosi protagonisti, con nomi quali quelli
di Weather Report (un supergruppo comprendente alcuni ex musicisti di Miles Davis – Joseph
Zawinul e Wayne Shorter – e la nascente stella del basso Jaco Pastorius), Herbie Hancock, il
trombettista Freddie Hubbard. Molte di queste esperienze furono bollate dalla critica come commerciali
(e alcune indubbiamente lo furono).

Il trombettista "fusion" Miles Davis nel 1989

Dagli anni ottanta[modifica | modifica wikitesto]


Alla fine degli anni settanta l'esperienza "free and" perse forza e pubblico e vide la sparizione o la
defezione di molti dei suoi protagonisti, così come una forte riduzione numerica del pubblico degli
appassionati. A questa tendenza reagì negli anni successivi al 1980 con particolare energia un gruppo
di artisti che si richiamava al cosiddetto mainstream (stilisticamente riconducibile alle diverse correnti
stilistiche emerse e praticate negli anni cinquanta-sessanta, a volte indicati anche con il nome "straight-
ahead"). Tra di essi si mise in particolare evidenza il giovane Wynton Marsalis, che promosse con forza
il tema del ritrovamento delle radici e delle forme originali della musica. Esempio moderno di Third
Stream influenza è la musica di Charles Mingus, Krzysztof Penderecki, Nikolaj Kapustin, Kobi Arad e
altri.
Mentre molti musicisti della vecchia guardia continuavano a calcare le scene, gli anni tra il 1980 e
l'inizio del XXI secolo videro emergere molti nuovi interessanti musicisti, anche nell'area europea che
assunse un propria identità rispetto ai periodi precedenti, nel corso dei quali il jazz europeo era stato
quasi sempre in una posizione di subalternità rispetto al modello statunitense.

Musica popolare ma colta[modifica | modifica wikitesto]


La musica Jazz è uno dei fenomeni musicali più importanti del XX secolo. Rappresenta un genere che,
partendo da forme come lo spiritual, il blues e la musica bandistica ha incorporato via via altra musica
nera (ad esempio il ragtime degli anni 1920) ed arrivò ad uno standard poi usato come spunto per
continue modifiche dei moduli armonici, melodici e ritmici. Tutta la musica jazz è stata
definita colta perché è risultante della conoscenza della musica classica, delle varie etnie musicali e di
sviluppi armonici complessi, anche se questo non era ancora riscontrabile nel blues delle origini.[8]
Un passaggio di qualità può attribuirsi a George Gershwin, musicista che fu ispirato da compositori
come Claude Debussy e Maurice Ravel. Nella sua vastissima produzione vi sono numerose opere
definite minori utilizzate come standard inesauribili. Lo stesso Debussy venne influenzato dal jazz,
come in Golliwogg's Cakewalk, brano posto alla fine del Children's Corner, una delle sue più celebri
suite per pianoforte.[9]

Sociologia del jazz[modifica | modifica wikitesto]


Già dagli anni Sessanta si è cominciato ad analizzare questo fenomeno musicale sotto il profilo
sociologico ancorché antropologico, analizzando il rapporto fra questa musica e la società, facendo
riferimento a tutti i segmenti che tale musica incontrava nella sua diffusione (origini ed effetti sociali,
ascolto, riproduzione, produzione discografica, comunicazione di massa, consumo giovanile). I primi
tentativi sono stati realizzati non proprio da sociologi od antropologi bensì da due personaggi che, a
modo loro, avevano competenze culturali per operare tali indagini. Primo fra tutti lo storico Eric J.
Hobsbawm, storico e docente inglese, con il libro The Jazz Scene del 1961, e Amiri Baraka (Leroi
Jones) con Blues people. Negro Music in White America del 1963, due libri basilari ed eccezionali
tuttavia datati e relegati ad un periodo storico. Bisognerà aspettare il Terzo Millennio per completare la
parte temporale mancante, con il libro Una storia sociale del jazz dei sociologi Gildo De Stefano e
dell'autorevole Zygmunt Bauman, per una ricerca di natura epistemologica del fenomeno musicale,
partendo dalla società schiavista fino al fenomeno peculiarmente baumiano del jazz liquido, sondando
non solo le condizioni di vita dei giovani del Nuovo Millennio e, quindi, delle forme del consumo dei
prodotti musicali e dell'attività ideologica e simbolica a questi collegata, bensì le condizioni di
produzione, promozione, distribuzione, e di mercato.
De Stefano chiude il suo saggio analizzando il pubblico (soprattutto giovanile) ed il consumo della
musica jazz. Su questo aspetto devo affermare che la 'società liquida' ha abbandonato il culto dei
martiri ed eroi, e lo ha sostituito con l'ammirazione per le "celebrità", che è molto meno impegnativo. Le
caratteristiche principali della celebrità sono la continua visibilità sui media, l'onnipresenza
dell'immagine, la frequenza con cui viene pronunciato il nome della persona. Anche il jazzista rientra in
questa categoria di persone note per la loro notorietà. Se si prova ammirazione per un eroe o per un
martire, religioso o civile, ciò significa che si segue il suo pensiero, si professa la sua fede, si rientra in
un gruppo di persone accomunate da un ideale. Essere fan di una celebrità provoca l'illusione di far
parte di un gruppo sociale di persone accomunate da un'ammirazione per quel personaggio,
sicuramente ciò non richiede alcun impegno, ci si può distaccare in qualunque momento, e rivolgere la
propria ammirazione verso altri. E, naturalmente, si può essere al contempo fan di più celebrità:
certamente non ci sarà nessuno a criticarvi[10]

Giornata internazionale del jazz[modifica | modifica wikitesto]


Celebrata per la prima volta nel 2012, il 30 aprile è, per l'UNESCO, la giornata internazionale del jazz.
Città grandi e piccole sia all'estero (da Parigi a New York) sia in Italia (da Roma a Milano,
da Forlì a Pozzuoli) programmano speciali eventi e concerti per l'occasione.
Il 30 aprile del 2012, anche la RAI aderì all'iniziativa con una puntata speciale di Sostiene Bollani.

Note

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