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INTRODUZIONE

Cos’è il Jazz?

“Musica americana semi-improvvisata, caratterizzata da una comunicazione immediata, un uso libero ed


espressivo della voce e da un complesso, fluente ritmo.
Commistione delle tradizioni musicali europea ed africana: armonia di origine europea, ritmo africano e
melodia euro-africana” (Marshall Stearns).

“Ritmo pulsante; senso dell’improvvisazione (anche nelle melodie scritte), tecnica strumentale vocalizzata
ed una tecnica vocale di tipo strumentale” (Nat Hentoff).

Le osservazioni di questi celebri studiosi della musica jazz sono preziose.

La verità è che il Jazz nasce come espressione di una cultura nera che si trova a contatto stretto con altri
emarginati, anch’essi appena giunti da emigranti sul suolo americano, ebrei ed italo-americani soprattutto.

Fin dalle prime fasi di questo processo però perde il suo carattere folklorico e popolare per divenire, ad opera
di professionisti, musica d’arte o di intrattenimento.

Caratteristiche costanti della musica jazz:

A) Le due figure del compositore e dell’esecutore coincidono nella persona del solista che improvvisa,
basandosi su un tema preso come spunto.
B) Il Jazz è sempre un prodotto musicale originale, estremamente personalizzato, cioè identificabile con
lo stile impresso dal suo esecutore.
C) Il rapporto stretto tra i musicisti ed il pubblico; l’espressività di questa musica consente una buona
condivisione anche semplicemente a livello empatico.
D) La comprensione dell’evento sonoro improvvisato è facilitata dall’uso di schemi strofici ed armonici
utilizzati nei brani tipici del repertorio jazz, detti standards.

Tutto ciò che fa un musicista di jazz risulta personalizzato:

A) la voce strumentale
B) la pronuncia delle note
C) la concezione armonica
D) la scioltezza del ritmo
E) l’originalità della variazione

Poiché l’intera vicenda si svolge in territorio americano, questa musica di origine africana che si evolve
grazie al sincretismo con la musica occidentale (popolare e classica europea) viene comunemente chiamata
afroamericana.
Nonostante ci siano stati contributi eterogenei di varie culture alla nascita del Jazz si indica con questa
definizione la fusione tra concezione musicale africana e l’universo sonoro presente in territorio americano.

Peraltro, se escludiamo alcuni casi sporadici, almeno fino al 1970 non si può parlare di Jazz europeo;
l’egemonia americana in questa musica non è mai stata messa in discussione, almeno fino a quando il Free
Jazz, una corrente stilistica maturata negli anni ’60 non rompe quasi completamente i legami con la
tradizione.
A questo punto l’estrema libertà espressiva consente la nascita delle Scuole europee, che si dedicano alla
musica improvvisata spesso con un approccio più intellettuale ma estremamente libero, portando avanti
soprattutto la sperimentazione e la ricerca sul suono.

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LA MUSICA AFRICANA

L’ascolto di alcuni esempi di musica tradizionale africana, evidenzia subito una serie di analogie con il Jazz;
si tratta di archetipi conservati quasi integralmente nelle successive evoluzioni di quel linguaggio avvenute
in territorio Nordamericano.
Dall’osservazione scopriamo alcune caratteristiche di fondo e taluni elementi strutturali che sono presenti
ancor oggi in ogni buona esecuzione di questa musica.

Le registrazioni fatte in epoca relativamente recente (circa il 1970), della musica dei pigmei Baka, che
abitano la foresta pluviale del Camerun, ci presentano una serie di elementi interessanti:

A) il carattere corale
B) l’uso congiunto di percussioni e delle mani
C) l’utilizzo della tecnica Yodel
D) la prevalenza del ritmo ternario (spesso come suddivisione del tempo binario)
E) l’uso delle voci come contrappunto ritmico
F) l’estrema fisicità, rappresentata dal battere le mani sul proprio corpo per suonare il ritmo
G) L’originalità del mezzo sonoro (ad esempio utilizzare la superficie dell’acqua di un fiume come se
fosse un tamburo)

Continuando l’analisi di altre incisioni fatte sul campo dagli etnomusicologi affiorano altri elementi
interessanti; gli esempi registrati propongono dei validi riferimenti sonori su come doveva essere la musica
africana appena trapiantata negli Stati uniti.

La musica prodotta dalla tribù dei Topoke, in Congo, mostra altri aspetti che si riveleranno strutturali e
fondamentali nella musica jazz:

A) il call and response, (il meccanismo “domanda e risposta” alla base del dialogo tra solisti jazz)
B) la presenza di un solista che ha il ruolo di predicatore o narratore (come negli Spiritual e in senso
lato negli assoli)
C) l’utilizzo delle voci in risposta alle percussioni (altra forma di call and response)
D) il work song (che sarà una delle prime manifestazioni sonore degli schiavi)
E) i vocalizzi, libere escursioni della voce con abbellimenti e variazioni estemporanee
F) il ritmo ternario di base su cui si crea la poliritmia (elemento base del jazz)
G) il dialogo del cantante con il proprio strumento (come nel Blues)
H) l’uso sistematico del sincopato

In particolare la pratica del call and response si manifesta subito come elemento basilare dei primi generi
musicali afroamericani e ne è anche una delle principali qualità, inducendo i partecipanti ad ascoltarsi tra di
loro per interagire correttamente.

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Infine dalle registrazioni effettuate dal tedesco Wolfgang Laade nel 1989 nello Zimbabwe, presso la tribù
degli N’Dbele, notiamo l’utilizzo della voce come strumento principale ed abbiamo precedentemente
ricordato come tutto il Jazz si basi sulla vocalizzazione del suono degli strumenti.
In queste incisioni notiamo:

A) call and response tra sole voci maschili


B) call and response tra voci femminili e tamburo
C) call and response tra sole voci femminili
D) l’utilizzo delle mani per scandire il ritmo in assenza di strumenti a percussione (scansione incitativa)
E) l’utilizzo della voce solista in un registro acuto per innalzarsi sul coro
F) sporadiche asimmetrie nel call and response, secondo il principio della variazione
G) melodia lenta ma priva di drammaticità; cantata con un’intonazione ingenua e con assenza di quel
senso blues che si svilupperà in America

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