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It’s only pick’n’roll

La pallacanestro raccontata dal nostro Luciano De Majo


Così lo ricordiamo ai lettori e agli amici nel 9° anniversario della scomparsa

a cura di Mauro Zucchelli


IL MONDO È (ANCHE)
UNA PALLA A SPICCHI

Sono nove anni esatti che siamo senza Luciano De Majo, il nostro
collega morto a 40 anni nel 2011 per un tumore. Aveva lavorato
per “Il Telegrafo” e per “L’Unità” prima di arrivare al “Tirreno”, ed era
stato anche cronista per “Radio Flash” e radiocronista dei match
più caldi, corrispondente per l’“Agi”, aveva scritto libri sul Palio
e la tradizione del remo, aveva seguito il sito web Greenreport.
Insomma, un puzzle di testate e di mezzi di informazione ma anche
un mosaico di interessi professionali: nei vari settori dello sport,
sul fronte della politica e del sindacato, in campo ambientale,
nella battaglia per la pace…
Anche quest’anno vi proponiamo una carrellata di pezzi del nostro
Luciano: un tuffo nel suo modo di raccontare. Così appassionato eppure
così disincantato e ironico: l’antidoto che tanto farebbe bene anche
in questi tempi grami – davvero grami – per il dibattito pubblico e
l’intelligenza collettiva.
Dopo il fascicolo cartaceo “Passione di un cronista” nel primo anniversario,
e poi gli e-book dedicati agli articoli di De Majo sul “Tirreno” per il Palio
(2013), “L’alfabeto di Luciano” (2014), i povericristi senza tetto né legge
(2015), le storie dei protagonisti dello sport (2016), i retroscena del mondo
delle cantine nautiche (2017), i travagli delle sinistre (2018) e gli artefici
della cronaca visti come persone prima ancora che come personaggi
(2019), ecco che quest’anno siamo andati a cercare le tracce di Luciano
fra i parquet della palla a spicchi, sport amatissimo.
Un racconto che, come vedrete, ha due facce: quella del fascino
dello sport giocato fino all’ultimo respiro nelle sfide in campo e,
sull’altra sponda del fiume, quella dei guai della crisi che ha azzoppato
la tradizione di Basket City lasciandoci fuori dalla pallacanestro della
massima serie.

Mauro Zucchelli

20 febbraio 2020
2005: Luciano De Majo con Rita Borsellino, la sorella del giudice martire
Che bello essere l'occhio dei tifosi
E quante volte su Jent ho gridato «fuori»
5 giugno 2001

"Il tiro di Jent...Fuori, fuori, fuori". Non so quante volte ho gridato nel microfono quel "fuori" liberatorio
dopo il tiraccio scagliato alla "viva il parroco" dal marine di Reggio Emilia, uscito dagli altoparlanti di migliaia
di radioline. La voce sempre più alta, noncurante degli sguardi di fuoco dei tifosi reggiani seduti un gradino
sotto le panche riservate ai giornalisti, a descrivere scene di giubilo, Finelli e De Raffaele abbracciati a metà
campo come due gemelli siamesi, i cento tifosi livornesi scatenati. Eppure rendersi conto di essere non solo
la voce dei tanti sportivi rimasti a Livorno, ma anche i loro occhi, fa vivere sensazioni bellissime ma rischia
anche di giocare brutti scherzi. Pessime compagne di viaggio, le emozioni: raccontarle non è facile, ma
controllarle in diretta, credo sia proprio impossibile.

Non ce la fai a ricacciarle in gola. Così, ecco che l'annuncio del trionfo Mabo diventa un urlo. Te ne
pentiresti, perché il tuo compito sarebbe quello di raccontare ciò che accade dalle onde amiche di Radio
Fragola, ma come fai a mantenere calma e freddezza in certi frangenti? E quando arrivano i colleghi della tv
e della radio di Reggio a stringerti la mano e a farti i complimenti, allora sì che hai l'impressione di essere
stato testimone, e perfino parte, di un'impresa storica. Poi l'autostrada inghiottita in un sorso, il rientro
trafelato a Livorno, l'abbraccio della gente al palasport. I ragazzi e le signore che ti ringraziano per quell'urlo
finale.

"Guardate che sono loro da ringraziare", dicevo indicando gli eroi amaranto, da Cotani a Simon, passando
per quell'ultimo arrivato, Julius Michalik, a cui ho visto compiere un gesto meraviglioso, quando ha regalato
la sua maglietta numero 4 a una bambina reggiana. E' la legge: la vittoria accomuna tutti, giornalisti
compresi. Quelli della carta stampata e quelli che usano un microfono per fare gli ambasciatori di fatti ed
emozioni.

Sembrerà strano, eppure perfino l'impresa di Reggio è destinata all'archivio. Verrebbe da cantare insieme a
Ron: "Quando ti fermi, convinto che ti si può ricordare, hai davanti un altro viaggio"... e un match da
raccontare. Con la speranza che quello che ti aspetta sia sempre il più bello. Magari al Madison di Bologna,
o al Pianella di Cantù. Perché quassù, al piano di sopra, noialtri abbiamo un appuntamento... con i campioni
d'Europa.

Luciano De Majo
Sognammo lo scudetto nella casa dei giganti del basket
11 settembre 2004

Era il 25 maggio e non il 25 aprile, ma per gli sportivi livornesi fu una liberazione. L'ultimo esodo a Milano di
tifosi labronici risale a quel giovedì di fine maggio di quindici anni fa. Non si parlava di calcio: il Livorno si
dibatteva nei bassifondi della serie C, la fantasia della città sportiva era tutta per il basket.

La Libertas targata Enichem volava. Dalle mani dei suoi quattro moschettieri italiani Fantozzi, Forti, Tonut e
Carera, uniti ai due stranieri Alexis e Binion, sgorgava la più bella pallacanestro italiana. Nella finale per lo
scudetto la sorte oppose Livorno alla Philips Milano. Davide contro Golia, la provincia contro il potere dei
canestri.

L'Enichem si presentò alla quarta partita, quel 25 maggio 1989, quando (quasi) tutti credevano che la
meravigliosa avventura livornese fosse alla curva finale. Si sbagliavano.

Da Livorno, però, partirono pullman e auto in grande quantità. Il neonato Libertas basket club organizzò
tutto quel che poteva, ma i più che partirono decisero in fretta e furia. Qualcuno mandò al diavolo l'ufficio, i
ragazzi marinarono la scuola pur di non perdere quella che doveva essere l'ultima recita di Livorno in quella
stagione. Invece sotto il tendone del Palatrussardi, a un tiro di schioppo da San Siro, furono i livornesi a
festeggiare.

Le serpentine di Fantozzi sono rimaste a lungo a turbare i sonni di «Papero» Montecchi, Alexis e Tonut non
sbagliavano un tiro neppure con le mani in faccia, Carera raccattava palloni su palloni sottraendoli a Dino
Meneghin così come David Wood, l'americano arrivato a sostituire «Joe the show» Binion. Forti era un
castigo di Dio con i suoi missili da tre punti, l'allora ventenne Walter De Raffaele, oggi allenatore del Basket
Livorno, giocò 10 minuti col piglio del veterano.

Alla fine, i «lumbard» che avevano preparato la festa-scudetto rimisero in frigo le loro bottiglie. Come per
incanto, sul parquet spuntarono decine di livornesi che aggirarono non si sa come il ferreo servizio d'ordine
di casa per abbracciare i loro beniamini. Peccato che due giorni dopo la Philips si prese la rivincita andando
a vincere lo scudetto nell'ormai vecchio Palasport di Via Allende, in una partita passata alla storia per le
polemiche sull'annullamento del canestro di Forti che avrebbe cucito il tricolore sulle maglie di Livorno. Ma
questa, si sa, è un'altra storia.

Luciano De Majo
2007, il nostro collega Luciano, penna e bloc notes in mano davanti al tribunale
De Raffaele ringrazia Fultz
1 novembre 2004

Non sta nella pelle per la vittoria ottenuta appena pochi minuti prima, eppure il primo pensiero di Walter
De Raffaele al termine dell'impresa di Biella è per il pubblico di casa. Quando è suonata la sirena finale, il
coach amaranto è andato sotto la curva dei caldissimi tifosi piemontesi e li ha applauditi. E così qualcuno ha
pensato a un gesto di scherno. Era l'esatto opposto. E De Raffaele lo dice subito: «Chi mi conosce sa che
non mi permetterei mai di prendere in giro nessuno». E continua: «Se ho rivolto i miei applausi ai
sostenitori della Lauretana è per la loro sportività. Perché so che sono un pubblico competente e
appassionato, perché questa è una delle poche città dove c'è la gioia di venire a vedere la pallacanestro».

Chiuso l'incidente diplomatico ancor prima di aprirlo, Walter passa a esaminare la sua festa. Sua davvero,
visto che ieri ha compiuto trentasei anni e perché i ragazzi che ha mandato in campo gli hanno regalato
questo successo pesantissimo. «E' chiaro che sono soddisfatto - dice - perché non è facile venire qui a Biella
e vincere come abbiamo fatto noi. Voi sapete che io sono solito parlare della squadra quando analizzo le
partite. Ebbene, stavolta voglio fare un'eccezione per una menzione speciale, per Robert Fultz. Per noi è un
giocatore importante, fondamentale. E qui a Biella è stato un protagonista di questo splendido risultato».

Nel capitolo delle cose buone dal mondo Bielle, De Raffaele mette innanzitutto il basso numero delle palle
perse: «Perdere 11 palloni sul campo della Lauretana è indice di maturità e di buona gestione delle azioni,
credo sia giusto sottolinearlo. Così come la buona percentuale nel tiro da tre punti e 17 assist di squadra.
Meno bene i tiri liberi, ma d'altra parte stiamo a discutere di una partita vinta di un punto, che avremmo
anche potuto perdere».

Il coach livornese ricostruisce anche gli ultimi istanti, con lo 0 su 4 nei liberi di Nicholas e Haslam e il doppio
errore dalla lunetta di Austin. «Lo vedete - dice scherzando - che noi e Biella siamo talmente amici che
quasi alla fine nessuno voleva vincere? Sarà stato per non farsi uno sgarbo... No, battute a parte sono cose
che possono succedere in partite così concitate. Noi siamo stati bravi a rimetterla in piedi, questa gara,
anche quando sembrava che Biella ormai fosse imprendibile. Invece ci abbiamo sempre creduto. Solo così
partite come questa si possono vincere".

Accanto a De Raffaele, in sala stampa, stavolta c'è un altro livornese, quell'Alessandro Ramagli che per una
sera è stato l'allenatore nemico ma che non manca mai di informarsi su come stanno andando le cose per la
squadra della sua città. Aveva preparato la partita partendo da una consapevolezza: che questo Basket
Livorno non muore mai. «Lo sapevamo che sarebbe stata una gara difficile, Livorno finora ha avuto la
capacità di giocare su ogni campo. È vero anche che noi siamo stati sfortunati, questo ci dicono gli episodi
che hanno deciso la partita. Non è che voglio attaccarmi a uno di questi, però quando è stato mandato in
lunetta Austin con due liberi, il canestro era da convalidare e non da annullare. Livorno comunque merita i
complimenti».

Luciano De Majo
«Decisivo il primo quarto»
15 novembre 2004

Era uscito dal palasport canturino sconfitto anche nella passata stagione, Walter De Raffaele. Ma era la
penultima giornata. E la sua squadra non solo aveva potuto festeggiare la salvezza, ma aveva dato prova di
esserci e di poter giocare quasi ad armi pari con una grande del campionato. Tutto un altro clima, rispetto a
questa domenica di metà novembre, nella quale il Basket Livorno rimedia una batosta assai edulcorata
dagli ultimi 4' nei quali i padroni di casa hanno mollato la presa.

«C'è poco da dire - attacca De Raffaele a fine partita - è stato il nostro pessimo atteggiamento nel primo
quarto che ha fatto la differenza in tutto l'incontro. Cantù è una squadra che stimo, per la sua forza e per
l'ambiente che le sta intorno. Ma noi siamo mancati clamorosamente. Veniamo via da qui con un altro tipo
di ricordo rispetto a quello dell'anno scorso».

Difficile, anche per l'allenatore, individuare quali punti siano stati i più dolenti per la Livorno vista in
Brianza. «La nostra è una squadra che ha poco talento - argomenta De Raffaele - ed allora è l'atteggiamento
che ci fa vincere le partite. Solo nella seconda metà della partita ci siamo presentati con una faccia un
minimo accettabile. Ma gran parte del danno era già stato combinato. Abbiamo avuto qualcosa dai
giocatori meno importanti, quelli che solitamente stanno meno in campo. Si sono fatti rispettare un po' di
più. Per il resto non c'è stato niente da fare: ho provato a cambiare un po' la difesa, ma non c'è stata grande
risposta dalla squadra».

Impossibile non chiedergli niente della prova di Nicholas, sicuramente alla sua prova più opaca. «Non voglio
togliere alcun merito alla difesa di Cantù che ha provato subito a limitare al massimo i nostri americani -
dice De Raffaele - ma credo che Drew ci abbia messo molto del suo».

«Siamo sempre stati in ritardo sulle penetrazioni e sugli aiuti - prosegue l'allenatore amaranto - diventa
difficile riuscire ad avere un altro tipo di impatto sulla partita quando ti presenti così. Alla fine, credo che le
statistiche siano anche leggermente bugiarde, nel senso che sono più clementi di quanto non dovrebbero
essere nei nostri confronti. Faccio un esempio: le 10 palle perse contro le 23 recuperate. Da questa voce
sembrerebbe una partita giocata in maniera diversa. Comunque è una lezione che ci deve servire:
dobbiamo rimboccarci le maniche e ricominciare a lavorare in palestra con più impegno di sempre».

Logica, sul fronte opposto, la soddisfazione di Stefano Sacripanti. La temeva, questa partita: «Sì, perché
oltre all'assenza di Stonerook, avevamo anche Jones e Blizzard alle prese con alcuni piccoli problemi fisici».
«Invece - dice l'allenatore brianzolo - siamo riusciti ad interpretare bene una partita che poteva essere
delicata. E' vero che abbiamo tirato bene da tre punti, ma non è la sola voce che mi interessa mettere in
evidenza. Vorrei parlare della difesa molto forte che abbiamo che abbiamo subito fatto vedere, nel primo
quarto».

Luciano De Majo
«Un cocktail devastante»
20 dicembre 2004

Se gli dici che potrebbe fare un'istanza perché la sua squadra giochi solo in Campania, lui allarga ancora di
più il suo sorriso che in una giornata come questa è più che giustificato. "Sì, abbiamo fatto una grande
partita", dice Walter De Raffaele. L'allenatore di questo Basket Livorno che fa un sol boccone della Air
Avellino dopo aver espugnato anche il parquet di Napoli è finalmente contento della sua squadra. "Siamo
stati bravi - dice - a ricucire sempre il filo del gioco, anche quando gli avversari sembravano tornati sotto".

«Soprattutto abbiamo tenuto la partita sotto controllo dal primo all'ultimo minuto. Forse abbiamo sofferto
un po' nel primo tempino, ma poi siamo usciti davvero bene".

Elogi per tutti, dall'allenatore livornese. A cominciare dall'asse Nicholas-Shumpert, sul quale la squadra ha
costruito la vittoria. "Hanno giocato molto bene - prosegue nella sua analisi il coach amaranto - ma anche
tutti gli altri hanno portato un contributo importante, direi decisivo per strappare questi due punti.
Prendete Zig, per esempio: è stato utilissimo, ha difeso con grande intensità ed ha messo un canestro
importante in una fase delicata della partita. Ma anche Tommaso Fantoni ha giocato una partita sontuosa,
difendendo anche sui piccoli. Che siamo una squadra giovane lo sappiamo, ormai. Una squadra che ha
bisogno di imparare dai propri errori: i giovani si sono messi al servizio dei giocatori più esperti che
abbiamo: questo è stato il risultato".

Nella sala stampa del palasport avellinese si respira un po' di malumore. Non solo ai tifosi, ma neppure ad
alcuni cronisti locali è piaciuta la direzione arbitrale, che avrebbe penalizzato il quintetto di Markovski. De
Raffaele mantiene calma e sangue freddo quando gli arriva una domanda provocatoria di chi sostiene che
Zanus Fortes, nei minuti finali, piuttosto che andare in lunetta per due tiri liberi, avrebbe fatto una
sceneggiata simulando un infortunio e lasciando il posto a Zig, più preciso di lui dalla linea. L'allenatore
amaranto non abbocca e risponde con pacatezza: "Voi parlate di furbata, ma io non ho visto niente di tutto
questo. Conosco Cristiano Zanus Fortes e so che non è abituato a fare cose del genere. Mi ha detto che non
ce la faceva a rimanere in campo perché aveva preso un colpo alla mano e l'ho sostituito". Il clima torna a
farsi disteso quando il coach del Basket Livorno può tornare a parlare del significato della vittoria: "E' un
successo che potrebbe valere doppio, per questo mi sono un po' arrabbiato per le tante palle perse nel
finale. Anche la differenza canestri può essere determinante, in un campionato come questo".

Il coach avellinese Zare Markovski rimane assai calmo quando analizza la sconfitta: "Una partita che
abbiamo giocato male in difesa - dice - troppi i 97 punti concessi agli avversari, davvero troppi". E quando
gli chiedono se il duo Nicholas-Shumpert è stato sottovalutato dalla sua squadra, non gli rimane che
scuotere la testa: "No, niente di tutto questo. Conoscevamo bene tutti e due questi giocatori, di Nicholas
sapevo molto anche quando giocava sempre negli Stati Uniti. E' stato immarcabile: due dei canestri da tre
che ha realizzato, li ha fatti da quasi nove metri".

Luciano De Majo
Anni ’90: Luciano al centro fra Marco Filippi e Marco Solimano
De Raffaele non fa drammi
7 febbraio 2005

Il ko che non t'aspetti, almeno nelle dimensioni. Non perché a Roseto non fosse pensabile perdere, visto
anche il ritrovato assetto della formazione abruzzese, ma perché in casa livornese era stata una settimana
più che buona. «Direi ottima settimana - fa notare Walter De Raffaele, l'allenatore livornese, mentre
guarda il tabellone dei risultati della giornata - perché il lavoro in palestra è sempre stato più che
soddisfacente. Forse è anche per questo che non so spiegarmi che cosa è successo in campo».

La partita è durata poco, pochissimo. La Sedima ha preso il volo fin dal primo quarto, senza lasciare scampo
agli amaranto. «Roseto è un'ottima squadra, rinnovata in molti dei suoi componenti, e vale assai più della
sua classifica - prosegue il coach labronico - anche se noi siamo mancati, non siamo stati in grado di reagire
alla loro grande prova, come invece avremmo dovuto. Ci siamo disuniti, abbiamo cominciato a slegarci fra
di noi. E quando accade così, diventiamo prevedibili e per questo vulnerabili. Tutto questo, al di là delle
nostre cattive percentuali, dell'1 su 10 da tre di Nicholas e delle altre cose che non sono andate, come i falli
che hanno colpito i nostri lunghi fin dai primi minuti di gioco. Può accadere che alcuni giocatori, anche
importanti, manchino una prova. E per noi questo è un fatto che può essere decisivo, visto che siamo una
squadra che vive sul filo dell'equilibrio e della capacità di buona comunicazione fra i suoi componenti.
Comunque è una partita persa, non facciamone un dramma».

Brutte notizie arrivano anche dagli altri campi. De Raffaele fissa lo schermo del televisore su cui scorrono i
risultati e non può fare a meno di lasciarsi andare ad una esclamazione di stupore quando vede che i
campioni d'Italia della Montepaschi hanno perso a Jesi. «Incredibile questo successo della Sicc - dice - ma
anche quello di Biella a Reggio Emilia è un gran bel colpo». Ed ai cronisti locali ripete quello che ha già detto
più volte, e cioè che «questo è un campionato dove nessuno è imbattibile, salvo forse la Benetton, che in
questo momento sembra avere qualcosa in più degli altri».

La mente torna sulla partita, e su quello che forse è l'unico risvolto da salvare: la differenza canestri che è
rimasta dalla parte di Livorno, per un solo punto: «Può non sembrare, eppure è un fatto importante -
afferma l'allenatore livornese - perché nei finali di campionato non si sa mai che cosa succede ed in caso di
arrivi alla pari è bene avere gli scontri diretti dalla tua parte».

La fiducia nel futuro però non manca: «Abbiamo perso questa partita e penso non sia giusto starci troppo a
rimuginare sopra. Così come non abbiamo enfatizzato le due vittorie importanti ottenute nelle ultime due
partite, credo sia meglio pensare al futuro ed a rimboccarci le maniche per affrontare al meglio la prossima
volta». A Roseto invece si festeggia, e non potrebbe essere altrimenti. Neven Spahija, l'allenatore della
squadra abruzzese, si presenta in sala stampa con il miglior sorriso che può sfoderare. «E' stata una vittoria
meritata - dice - e ottenuta con una buona prestazione. Non abbiamo mai ceduto il comando, la partita è
sempre stata nelle nostre mani».

Luciano De Majo
«Orgoglioso di allenarvi»
28 febbraio 2005

Sorride Walter De Raffaele. Quasi non crede ai suoi occhi, quando nel bugigattolo adattato a sala stampa
nel ventre del Palasport di Viale Tiziano si trova a rispondere alle domande dei cronisti. Quelli romani sono
in maggioranza, e proprio da loro arrivano i complimenti maggiori per la prova d'autore con la quale
Livorno ha messo a tacere le velleità della Lottomatica. «E' una vittoria bella e importante - dice l'allenatore
amaranto - che voglio dedicare a tutti i miei giocatori».

«E anche allo staff medico: in poche ore abbiamo recuperato Shumpert, Anagonye e Fultz che avevano
avuto alcuni guai fisici. Sono scesi in campo ed hanno dato il massimo. Davvero una gran bella prova». De
Raffaele è al settimo cielo. La quarta vittoria stagionale ottenuta lontano da Livorno è un pieno di energie e
di morale. «In questa partita - prosegue l'analisi del coach - siamo stati super in difesa. La nostra superiorità
ai rimbalzi è stata un fattore molto importante. Abbiamo utilizzato Shumpert da numero quattro per lunghi
minuti malgrado si fosse allenato poco ed è stato bravissimo, così come tutti gli altri. Sapete che vi dico?
Che sono orgoglioso di allenare una squadra come questa. E' un gruppo vero, dove non ci sono gelosie,
dove per questi ragazzi è un piacere giocare assieme. Sì, questa è una squadra che è anche capace di
entusiasmarmi. E qui a Roma c'è riuscita».

Sono lontani nel tempo i ricordi di trasferte nella capitale, sotto lo zuccotto di cemento del Palasport sulla
Via Flaminia, concluse con Livorno seppellita sotto una coltre di venti-trenta punti di scarto. Stavolta il
colore del riscatto è l'amaranto. E Walter De Raffaele sottolinea ancora la prova dei suoi moschettieri. Gli
chiedono di Zig, di quanto è stato decisivo nell'ultimo quarto. E lui non si fa certo pregare: «Si allena bene
da tempo, è con questa faccia che sa andare in campo per fare queste cose. Aveva giocato bene anche
nell'ultima partita casalinga, sta diventando un giocatore determinante. Non fosse stato carico di falli,
avrebbe giocato anche di più, vista la prova di Nicholas, non all'altezza delle migliori prestazioni». Qualche
parola sugli ex Giachetti e Garri non può mancare: «Mi aspettavo che Jacopo giocasse di più - dice - anche
perché all'andata ci aveva letteralmente massacrati. Invece è stato molto in panchina, tutto sommato
meglio per noi. Luca attraversa una stagione un po' così: è un giocatore super. Noi che lo abbiamo cresciuto
a Livorno ne conosciamo bene tutte le qualità: mi auguro che possa trovare la continuità necessaria. Ma
sono contrattempi che capitano quando si è professionisti».

Scuro in volto invece Svetislav Pesic, l'allenatore sconfitto. Chiede scusa ai tifosi e ammette la giornataccia
della sua squadra. «Abbiamo avuto molti problemi nell'organizzazione del nostro gioco in attacco - dice - ed
abbiamo perso troppe palle, venticinque, un'enormità. Non siamo stati all'altezza e di questo dobbiamo
scusarci con i nostri tifosi».

Sul destino di Garri dice poco o niente. Sarà ceduto o no? E se sì, dove? «Non so, non c'è niente di deciso».

Luciano De Majo
Sconfitta senza amarezza
21 marzo 2005

La sconfitta perfetta. Di quelle che ti lasciano appena un retrogusto di amaro in bocca e che, almeno, ti
consentono di apprezzare gli sforzi compiuti dalla squadra per lottare con gli avversari in una giornata che
l'assenza di Anagonye ha fatto diventare più difficile della scalata del Mont Ventoux. E così, se alla fine la
Villaggio Solidago lascia il Palabigi senza i due punti, il volto dei suoi uomini non è poi troppo triste.«Sì,
siamo andati bene per 35' - dice l'allenatore amaranto Walter De Raffaele - e questo mi conforta».

«E' possibile anche pensare che con un po' di raziocinio e con un pizzico di fortuna le cose sarebbero potute
andare diversamente, ma non bisogna dimenticare che abbiamo dovuto supplire all'assenza di Anagonye
con quintetti atipici. Per noi è un giocatore importante, perché ci dà grande energia. E venire a giocare
senza di lui qui, contro una squadra forte come Reggio Emilia, è un'impresa difficile. Abbiamo subìto a
rimbalzo e avuto poco dai nostri lunghi in campo, però siamo stati in partita quasi fino alla fine".

Logico che arrivi subito la domanda più "interessata", quella che riguarda le condizioni di "Big Al". "Avrebbe
voluto giocare - rivela il coach della Villaggio Solidago - ma aveva ancora il ginocchio piuttosto gonfio: il
medico ci ha sconsigliato di impiegarlo e ho preferito non rischiare il giocatore. Lui ha un cuore davvero
grande, ma ci sono otto partite da giocare in un mese, è bene pensare a questo. Domani (oggi per chi legge,
ndr) Anagonye si sottoporrà a nuovi accertamenti, in modo da farci capire la reale entità dell'infortunio".

Chi invece ha giocato, e bene, è stato Shumpert, che De Raffaele ha utilizzato a piene mani, e in diversi
ruoli. "Ha risposto molto bene - dice il tecnico labronico - e sono molto contento per lui, anche perché
Preston da due partite non era molto soddisfatto delle sue prestazioni. Per la verità a me non importa che
faccia uno o due canestri in più: è un giocatore essenziale per la squadra. Anche da Gomez abbiamo avuto
molto: per lunghi tratti di partita è stato il nostro unico centro in campo. Nicholas non ha avuto la
continuità di altre volte, ma penso sia stato importante riuscire a fare quadrato davanti alle difficoltà
originate dall'assenza di Aloysius".

Certo, se si ripensa a quella tripla sbagliata da Shumpert con la Villaggio Solidago in vantaggio di un punto,
la fantasia può davvero spaziare su praterie infinite: chissà che cosa sarebbe successo con il + 4 ed il morale
della Bipop sotto i tacchi..."Sì, ci ho pensato anch'io - dice De Raffaele - ma il basket è fatto di episodi: quel
tiro è andato fuori e da lì Reggio Emilia ha cominciato la sua rimonta. Sia chiaro, penso che la Bipop abbia
meritato la vittoria. Forse con qualche ingenuità in meno avremmo potuto giocarcela fino agli ultimi istanti,
ma non c'è stato niente da fare».

Soddisfatto l'allenatore reggiano Fabrizio Frates, che si toglie anche qualche sassolino dalle scarpe:
"Abbiamo vinto contro la squadra del momento e ne siamo felici. Era bastato qualche scivolone per far
sembrare la nostra stagione un fallimento. Invece no: stiamo facendo un grande campionato, questa partita
ne è la conferma".

Luciano De Majo
Moretti non attacca i suoi
10 ottobre 2005

«Anziché pensare ai demeriti dei miei preferisco pensare ai meriti degli altri. E allora dico che a decidere
questa partita sono stati alcuni numeri di Damon Williams, che è un grande giocatore ma che ha tirato con
il 54 per cento da tre, facendo davvero qualcosa di inusuale». Paolo Moretti vive il dopopartita dell'esordio
con la consapevolezza di aver forse sprecato un'occasione, ma anche con la certezza di aver raddrizzato una
partita che sembrava irrimediabilmente compromessa.

Una Livorno bella a metà, insomma, non è bastata per fare il colpo in un palasport capace di accendersi
come un cerino a ogni cenno di riscossa dell'Angelico, squadra costruita a suon di euro per far dimenticare
gli stenti della stagione passata.

«In realtà - dice il coach amaranto - la nostra partita è cominciata con l'inizio del terzo quarto. Perché fino a
quel momento, fino a tutta la prima metà dell'incontro, neanche si poteva parlare di confronto fra le due
squadre. Sembrava che in campo ci fossero solo maglie bianche: non eravamo reattivi a rimbalzo, non
riuscivamo a tenere neppure il loro uno contro uno in difesa. Siamo stati letteralmente spazzati via
fisicamente, davvero non abbiamo retto l'urto dell'inizio».

Dalla polvere agli altari, nella seconda parte del match le cose sono cambiate in maniera decisa. E Livorno
ha fatto la sua parte fino in fondo, rischiando di rovinare la festa ai piemontesi padroni di casa. «Siamo
riusciti a togliere spazio alle loro guardie - continua l'analisi di Moretti - recuperando un minimo di fisicità.
Solo da lì in poi ho potuto verificare se le nostre scelte funzionavano, se riuscivamo a fare o no le cose che
volevamo. Nell'intevallo ai miei giocatori non ho certo parlato di questioni tecniche: davanti alla situazione
che stava maturando in campo, l'unica cosa da fare era cercare di battere altre strade, facendo capire che
non potevamo continuare così, sul piano del confronto fisico».

Logico che quando le partite si concludono in volata, e si perdono per una manciata di punti, tornino in
mente le situazioni che avrebbero potuto far girare il vento. Come una tripla di Recker sul -1 finita fuori
dopo aver girato sul ferro, o come due scelte di tiro avventate di Porta. Ma Moretti non se ne fa una croce:
«Sull'episodio di Recker siamo stati sfortunati, mentre Antonio ha sbagliato in un paio di occasioni, quando
invece di cercare la conclusione avrebbe potuto servire compagni più liberi di lui. Sono cose che succedono.
Non dimentichiamoci che avevamo rincorso per tutta la gara. Quando hai una voglia di rimonta così grande,
può accadere di perdere un po' di lucidità. Ma lo ripeto: nelle fasi decisive loro si sono aggrappati a un
grande Williams. Non mi pento. Rifarei tutto quello che ho fatto».

La felicità di Alessandro Ramagli, livornese purosangue che da anni è entrato nel cuore dei tifosi piemontesi
per le sue imprese da allenatore di Biella, sta soprattutto nell'aver risolto positivamente le circostanze più
difficili della partita: «In queste prime partite di campionato possono esserci sorprese e situazioni un po'
strane. Aver vinto in volata per noi significa soprattutto aver dimostrato capacità di trovare le energie
nervose giuste. All'inizio della stagione non è poco, credetemi».

Luciano De Majo
Moretti non cerca scuse
19 dicembre 2005

Non cerca scuse, Paolo Moretti. Al vecchio Palalido la sua Livorno non era neppure lontana parente della
squadra tosta e gagliarda che ha stupito l'Italia con le sue prove di Udine o di Reggio Emilia. Ed è per questo
che lancia un segnale chiaro, inequivocabile, a fine partita, quando esprime un auspicio a voce bassa, quasi
sommessa: «Spero che questa partita sia stata un bagno di umiltà per qualcuno dei miei giocatori, che sono
stati portati a spasso».

Nomi non ne fa, ma l'impressione è che sul banco degli imputati ci sia Antonio Porta. Non solo per il -9 di
valutazione, un indice estremamente eloquente per inquadrare la sua prova al cospetto degli eredi delle
«scarpette rosse». Ma perché, e sono parole dello stesso Moretti, «la partita l'avevamo preparata coscienti
di dover concedere qualcosa sotto canestro ai lunghi di Milano, e invece basta vedere la prova di Bulleri per
capire quanto spazio hanno avuto i loro piccoli».

Ma il rimprovero va, più in generale, a tutta la squadra. Colpevole, secondo il coach amaranto, di essersi
presentata a Milano troppo poco disposta a digrignare i denti e mostrare la faccia cattiva. «Per tre quarti di
partita siamo stati alle calcagna di Milano, ma ciò che è mancato - è la tesi di Moretti - è stato il coraggio, la
spinta. Anche quando eravamo lì, a pochi punti di distanza dai nostri avversari, abbiamo dato l'impressione
costante di essere la vittima predestinata di questa partita. Sempre indietro su ogni contatto, sempre in
ritardo su ogni blocco, non abbiamo mai costituito una vera minaccia per l'Armani». Logico che ci siano
elogi per la squadra avversaria: «Secondo me Milano è stata costretta a una partita super. Ha giocato
mettendo sul parquet determinazione e più voglia di noi. La mia squadra è stata come schiacciata dalle
difficoltà che si sono presentate. Volete un esempio? Sul finire del terzo quarto eravamo tornati a -6 e con il
possesso di palla, grazie a due ottime difese a zona. Ebbene, siamo riusciti a perdere palla e chiudere il
tempo sotto di 9. A quel punto, le facce dei miei uomini, che già erano un po' dimesse, sono diventate
ultratristi. Era scontato che l'ultimo tempino si trasformasse in un monologo di Milano». L'ultimo pensiero
di Moretti è per l'esordiente Dobbins: «Qua ha giocato più di quanto sia nelle sue corde. Gli chiediamo
difesa e controllo del gioco».

Lino Lardo, l'allenatore dell'Armani Jeans, mostra una moderata soddisfazione per il successo. «Non era una
partita facile - dice - perché Livorno aveva vinto le ultime tre trasferte... Ecco perché dico che questi due
punti sono estremamente importanti per noi. Grazie a questa vittoria rimaniamo lì, nelle prime posizioni
della classifica». «Non è che sia stata una grandissima partita: siamo andati avanti un po' ad alti e bassi.
Quando eseguivamo i nostri giochi in maniera serena - prosegue il coach milanese - lavorando come
dovevamo, abbiamo conquistato buoni vantaggi. Mi viene da chiedere maggiore applicazione alla squadra,
durante tutto l'arco dell'incontro. È l'unico modo per raggiungere il livello di rendimento necessario per
inseguire i nostri obiettivi».

Luciano De Majo
Moretti, un passo indietro
31 dicembre 2005

«So qual è il potenziale della mia squadra in attacco quando giochiamo fuori casa: si aggira sui 70 punti.
Quando riusciamo a limitare gli avversari, possiamo anche vincere, altrimenti è durissima». Paolo Moretti
sintetizza in questa frase le ragioni della sconfitta del Basket Livorno contro una Whirlpool spietata. Il
tecnico livornese riconosce, comunque, che quello dei suoi ragazzi è stato «un passo indietro rispetto alle
prove migliori, ma anche al derby contro Siena di mercoledì sera».

Al centro dell'analisi di Moretti ci sono, prima di ogni altra considerazione, gli ultimi due sciagurati minuti
del secondo quarto, quando la formazione amaranto è uscita dal match proprio nel momento in cui dava
l'impressione di potersi misurare coi padroni di casa. «Ho ancora in mente la brutta gestione di alcuni
palloni in attacco - dice il coach labronico - a causa dei quali abbiamo perduto l'inerzia della partita.
Eravamo a cinque punti, potevamo chiudere alla pausa di metà gara con un distacco ancora minore, invece
siamo finiti a -9. A quel punto, con Varese che aveva ripreso fiducia, era molto difficile pensare di poter
recuperare elevando il ritmo, considerando anche che eravamo un po' a corto di energie, essendo alla
seconda partita nel giro di due giorni. Noi la partita l'avevamo preparata in tutt'altro modo e se eravamo
riusciti a rimanere a contatto coi nostri avversari è stato grazie alla capacità di tenere bassi ritmo e
punteggio».

Il difficile viene quando Moretti è chiamato a individuare i motivi di questo calo improvviso, che hanno
determinato una svolta reale nella partita, se non quella decisiva: «Credo che ci sia da valutare anche
l'aspetto emotivo, perché a volte per una squadra è difficile giocare senza mai sentirsi la partita fra le mani.
Forse qualcuno dei miei giocatori è voluto entrare in partita di prepotenza quando era consigliabile giocare
con maggiore calma. Ecco perché dico che sono state fatte certe forzature in contropiede quando proprio
non era il caso. Ci sono squadre come la nostra che in trasferta, per forza di cose, sono costrette a giocare
sul filo del rasoio: se la partita scappa, rientrare diventa difficilissimo, praticamente impossibile. A noi è
capitato di vincere fuori casa, ma ricordiamoci bene come ci siamo riusciti: difendendo alla grande e
facendo il nostro dovere in attacco con estremo ordine».

Ruben Magnano, il coach della Whirlpool grande condottiero dell'Argentina medaglia d'oro alle Olimpiadi di
Atene, misura le parole come al solito. «Non mi aspettavo una partita facile - dice - perché sapevo che
Livorno è una squadra che gioca con il cuore e che può creare problemi a chiunque». Poi si dedica ad
analizzare la prova della sua squadra, nella quale individua anche alcuni difetti: «Sapete che tutta la nostra
filosofia si basa sul lavoro difensivo. Questo c'è stato e ci ha consentito di giocare una buona partita.
Purtroppo qualche calo lo abbiamo accusato in attacco, dove ogni tanto si sono aperti dei buchi. Penso che
dobbiamo ringraziare il contributo dei giocatori della nostra panchina: molti di loro sono entrati in campo
gettando sul parquet energie importanti».

Luciano De Majo
Moretti promuove la squadra
5 febbraio 2006

«Bravi, siamo stati molto bravi. Abbiamo fatto tutto ciò che potevamo e dovevamo. Torniamo a casa con
una sconfitta, ma i miei ragazzi si sono comportati come avevo chiesto». Paolo Moretti ricaccia dentro la
delusione per il mancato colpo nell'immenso PalaLottomatica. Preferisce mettere l'accento su ciò che la
squadra ha saputo fare, ovvero eseguire ciò che era stato preparato. «Ai ragazzi - dice il coach del Basket
Livorno - avevo chiesto di entrare in campo con intensità e fisicità. Perché quello era un terreno sul quale
avremmo potuto competere con la Lottomatica, non certo sul piano del valore dei singoli e del tasso
tecnico complessivo, che non è paragonabile al nostro. Volevamo cambiare ritmo alla partita cambiando le
difese, tenere alta la pressione sugli esterni, gestire bene i nostri possessi. Abbiamo fatto tutto. E se la
vittoria non è arrivata, credo che sia a causa di alcuni episodi. Non solo quelli in chiusura di partita, ma
anche per altri che si sono verificati durante tutto l'arco del match».

Su tutti c'è quello di metà gara: Livorno avanti di 14 punti e palla in mano a 10" dalla fine, anziché gestire il
possesso fino al termine ha cercato il tiro rapido. Risultato: niente canestro, fallo di Troutman e tripla di
Tonolli dall'altra parte. «Sì, lo so anch'io che sarebbe stato meglio morire con la palla in mano - ammette
Moretti - perché andare al riposo a +14 sarebbe stato diverso anche dal punto di vista psicologico. E' stato
un episodio dubbio: non che voglia accusare gli arbitri, ma Troutman è un giocatore di college, non conosce
le porcherie del basket europeo. Mi ha detto che non ha commesso alcun fallo, penso di dovergli credere».
Proprio quel Troutman che ha fatto 1 su 8 ai tiri liberi: «Non me la sento proprio di dargli colpe, di gettargli
la croce addosso: ha fatto tante cose ottime, è un gran bel giocatore, per noi importantissimo. Ha sbagliato
i liberi, ma non è un problema suo e basta. Mi sento un po' impotente davanti a questa storia dei liberi.
Certo, sbagliarne 11 quando poi perdi di 2 punti ti fa venire in mente un sacco di pensieri».

«Vincere qui - conclude Moretti - ci avrebbe fatto comodo per la classifica e avrebbe anche rappresentato
un fattore di prestigio assoluto, perché battere la Lottomatica in casa non è facile davvero. Ora per noi
inizia una settimana importante, che si concluderà con la partita con Capo d'Orlando. Dobbiamo vincerla,
superando le difficoltà psicologiche che abbiamo in casa».

L'allenatore della Lottomatica Svetislav Pesic parla di «due partite in una». «Nella prima, quella dei primi
20' - dice - Livorno ci ha portato anche troppo rispetto chiudendo avanti di soli 11 punti, uno scarto
bugiardo, che ci ha premiati fin troppo. Poi abbiamo alzato tensione e aggressività in difesa: la nostra
partita l'abbiamo vinta grazie a queste armi».

Luciano De Majo
2009, Luciano De Majo ascolta le proteste di un gruppo di cittadini alla Scopaia
Il gran giorno di Moretti
6 marzo 2006

Che soddisfazione per Paolo Moretti, aretino di nascita ma ormai adottato da Roseto degli Abruzzi,
presentarsi a Teramo, la tana dei tifosi nemici, e vedere la propria Livorno che asfalta gli avversari. Gli
ridono gli occhi in sala stampa, quando analizza la bella vittoria ottenuta lontano da casa, il quinto colpo in
trasferta di una Livorno sempre più pret-à-porter: «Credetemi, dico la verità quando affermo che la cosa
più importante, perfino più dei due punti e della classifica che torna a muoversi».

«E' la dimostrazione - dice ancora Moretti che questo gruppo sa ancora lavorare bene, nonostante i pugni
presi in faccia domenica dopo domenica. Non è facile ricominciare ogni settimana, tornare in palestra con
lo spirito giusto quando si accumulano le delusioni. E questo è davvero l'aspetto fondamentale, che viene
prima di una vittoria che comunque aspettavamo da tempo».

Poi ci sono le questioni di carattere tecnico, tutto ciò che la squadra ha fatto e ha fatto bene: «Abbiamo
difeso alla morte, attaccando con pazienza ed intelligenza. Volevamo far soffrire una squadra
costringendola a fare la cosa che ama di meno in assoluto: starsene lì a difendere per molti secondi. I nostri
lunghi hanno aiutato magnificamente sui pick and roll di Crispin, mentre Abbio, Dobbins e Mc Pherson si
sono alternati nel limitare un giocatore come Holland, che ha talento da vendere, soprattutto in fase
offensiva. Questi ragazzi sono emersi con tutto il loro orgoglio da una situazione di grande difficoltà. A volte
li ho anche violentati, durante il lavoro settimanale, per aiutarli a fare progressi, a migliorare certe cose.
Questa partita ripaga tutti noi dei grandi sforzi che abbiamo fatto».

Non è azzardato dire che questa è stata la migliore partita giocata dagli amaranto in questa stagione. Delle
cinque vittorie in trasferta ottenute, questa è arrivata senza neppure la sofferenza finale vissuta, ad
esempio, nella serata di Udine. «Sì, è vero - conferma l'allenatore livornese - siamo stati bravi nel gestire i
momenti di crisi, i vantaggi, le pressioni che arrivavano dalla loro voglia di rimonta, dall'ultimo sforzo
prodotto da Teramo per rientrare. Davvero una prova importante. Alla possibilità di ribaltare la differenza
canestri non ho mai pensato, neppure un minuto. Anche perché sono convinto che Teramo non sia
destinata a lottare con noi e con altre squadre per evitare uno degli ultimi due posti. Chissà, prendendo
qualche canestro in meno nel finale ce l'avremmo anche fatta, ma non era questo che contava».

In casa Navigo.it, Matteo Boniciolli appare sconsolato al punto da non parlare praticamente per niente della
partita. «Il miglior commento - dice il coach di Teramo - sono i fischi dei nostri tifosi, che ci hanno gridato di
vergognarci».

«Il fatto - prosegue l'allenatore della Navigo.it - è che ormai da tempo provo un sentimento di frustrazione,
perché nella mia carriera ho sempre ritenuto il gruppo dei miei giocatori un interlocutore. Invece qui
alterniamo partite soddisfacenti a prove ingiustificabili: può capitare che vinceremo a Cantù così come è
capitato che abbiamo perso in questo modo».

Luciano De Majo
Moretti, il giorno più bello
8 maggio 2006

«Sì, siamo salvi». Paolo Moretti queste parole finalmente le può pronunciare, con l'orgoglio dei cavalieri
che fecero l'impresa. Davanti ai suoi occhi scorre il film di tutto un campionato vissuto sempre sul filo del
rasoio. A cominciare da quelle «cinque partite giocate bene e perse per un soffio, tutte in fondo». Ma non
c'è più tempo per recitare. Siamo ai titoli di coda, immediatamente preceduti da un lieto fine gigantesco.
Meritatissimo, per come è arrivato, ma anche inatteso, per dove si è consumato.

Siamo a Villorba, alle porte della ricca Treviso, in una domenica di inizio maggio con un sole che ha
picchiato duro fino a toccare i 25 gradi. Interno del Palaverde, il sontuoso impianto costruito dalla famiglia
Benetton. «E' una grande soddisfazione aver conquistato la vittoria della salvezza qui dove nessuno aveva
ancora vinto - dice l'allenatore del Basket Livorno - e credo che lo sia anche per i nostri tifosi, per tutta la
città».

Una vittoria al Palaverde è un pomeriggio da raccontare ai nipoti. Anche per Moretti, che qui nella Marca
trevigiana ne ha vissute a decine di battaglie, quando ancora indossava la canottiera da giocatore: «Per me
questo palasport evoca tante sfide, vinte e perse, e anche un brutto infortunio. D'ora in avanti mi ricorderò
questa straordinaria vittoria». L'elogio è per tutti gli uomini che ha fatto ruotare sul parquet. «Dire che
siamo stati perfetti è dire poco», commenta il coach amaranto, prima di addentrarsi nell'analisi tecnica
della partita. «Noi dovevamo contenere la loro transizione - dice - perché la Benetton quando può giocare
in velocità è una squadra che non lascia scampo. E poi l'altro grande compito difensivo che avevamo
davanti era l'opposizione all'uno contro uno dei loro giocatori più pericolosi. Poi è emersa la difficoltà della
Benetton nell'attaccare la nostra zona 3-2. In attacco, abbiamo trovato invece l'area libera per i giochi in
post basso di Troutman e le penetrazioni di Mc Pherson, che è stato semplicemente fantastico».

Ridono gli occhi a Moretti. E' il minimo che possa accadere. Gli rimproverano, ma solo scherzosamente, che
con questo successo ha fatto un favore alla Fortitudo dove non lo amano di certo, ma lui ribatte con la
calma dei forti: «Ci siamo fatti un favore per noi, per la nostra salvezza. La Fortitudo, ve lo assicuro, non è in
cima ai miei pensieri. Fra l'altro credo che questo sarà un play-off tosto, per tutti. Tanto la Benetton quanto
la Climamio sono buone squadre, che potranno far vivere una sfida appassionante, qualora si
incontrassero». E gli fanno i complimenti perché Recker e compagni sono usciti fra gli applausi di un
pubblico che alla fine ha riconosciuto come Livorno questo successo se lo sia meritato ampiamente. Certo,
di congiunzioni astrali in questo pomeriggio di primavera travestita da estate ce ne sono a bizzeffe. Lui,
Moretti, rosetano d'adozione che festeggia la vittoria più prestigiosa della sua giovane carriera di
allenatore, ringraziando i rivali di sempre, quelli di Teramo, che vincendo a Capo d'Orlando hanno regalato
la salvezza matematica alla truppa amaranto. Giusto così.

Luciano De Majo
Non è proprio Clima per Livorno
5 marzo 2007

Ci sono alcuni segnali, in certe partite, che ti fanno capire che non vincerai mai. Un esempio? Eccolo: 1'40"
giocati nel terzo quarto, la Tdshop.it è riuscita a pareggiare la partita (45-45) dopo aver inseguito anche un
passivo di 14 punti e Jason Rowe subisce un fallo antisportivo da Cavaliero. Lui che è il miglior tiratore in
lunetta degli amaranto, che fa? Due ferri, uno dietro l'altro, dopodiché Livorno perde palla e dà il via a un
parziale di 7-0 della Fortitudo. Segnali, appunto. Segnali inesorabili.

Contro una Climamio dimezzata, priva dello squalificato Digbeu e dell'infortunato Thomas, e con Mancinelli
acciaccato a mezzo servizio, la Tdshop colleziona la sua ottava sconfitta di seguito, maturata al termine di
un incontro che i felsinei hanno condotto praticamente sempre, ma che la squadra di Dell'Agnello ha dato
l'impressione, se non di poter vincere, almeno di poter contendere fino in fondo all'avversaria.

Certo, è difficile poter sperare in qualcosa di buono quando la Climamio esce dai blocchi di partenza
facendo subito la voce grossa. Con Moiso unico lungo di ruolo, capace comunque di dominare nell'area dei
tre secondi, e soprattutto con un Belinelli ispiratissimo, la formazione di Ataman vola a +14 dopo 7'21" di
partita (12-26, sarà quello il massimo vantaggio) e cede comunque una parte del suo margine nel finale
della prima frazione, quando Livorno rientra sul 19-26.

Qualcosa di sostanzioso potrebbe cambiare quando Moiso commette il suo terzo fallo. Mancano 2'19" alla
fine del secondo quarto e Bologna si vede costretta a schierare, per qualche minuto, anche l'inossidabile
Dan Gay, 46 anni e sentirli poco, scegliendo di impiegare nel ruolo di pivot Mancinelli, reduce da un
infortunio e, a tratti, anche Bluthenthal.

I numeri dell'incontro, però, cambiano poco. Anche perché, una volta raggiunta la parità, Livorno spreca la
possibilità di andare in vantaggio e lì praticamente si chiude la partita di Rowe, che da quel momento in
avanti non riesce più a combinare niente di buono. Chi invece segna a ripetizione, sul fronte bolognese, è
Marco Belinelli. Alla fine i suoi punti saranno 29: basta dare un'occhiata al tabellino per vedere le sue
percentuali.

Non è che alla Tdshop manchi la voglia. Mc Pherson prova a caricarsi la squadra sulle spalle, segna a
ripetizione e subisce anche falli. Ma è uno dei non pochi in maglia amaranto ad aver litigato con il canestro
quando si tratta di andare in lunetta. Anche stavolta, gli errori ai liberi finiranno per pesare.

All'ingresso dell'ultimo quarto, un altro «ciuff» di Mc Pherson tiene Livorno ancora attaccata alla partita
(66-70). Ma è lì che comincia l'ultimo show della Fortitudo: Mancinelli e Belinelli colpiscono da tre, Edney
confeziona un canestro col fallo e a 7' dalla fine si è sul 66-79. Il resto è buono per le statistiche. La speranza
(di salvarsi) è l'ultima a morire, dice un proverbio. Rimane giusto quella, leggendo la classifica.

Luciano De Majo
Basket, fallimento dietro l'angolo
6 ottobre 2009

La società Basket Livorno potrebbe avviarsi verso il fallimento: entro la settimana, se non ci saranno intoppi
nei tempi tecnici, in tribunale sarà depositata un'istanza di fallimento della srl che proprio quest'anno ha
rinunciato al campionato di Legadue di pallacanestro.

A firmarla sarà Dario Santrolli, procuratore legale di Vigevano che rappresenta gli interessi dell'allenatore
Sandro Dell'Agnello e di tre giocatori americani: Jermaine Boyette, Troy Ostler e Marcelus Kemp.
Complessivamente, il credito vantato da Santrolli è di circa 250 mila euro, quota che comprende gli stipendi
non pagati agli atleti e al coach, ma anche le spettanze di John Greg, l'agente statunitense del quale
Santrolli è corrispondente in Italia.

A quanto si capisce, quella dell'istanza di fallimento non è una minaccia campata in aria, ma una decisione
ormai irrevocabile. L'atto da depositare al tribunale di via De Larderel lo sta elaborando lo studio legale
Caretti di Firenze, fra i più conosciuti per questo tipo di procedure. «A questo punto non possiamo che
rivolgerci al tribunale - dice il procuratore - visto che dopo tanto tempo non abbiamo ottenuto alcun tipo di
risposta. Quando è arrivata la conferma che il Basket Livorno non si sarebbe iscritto al campionato, ci sono
state date rassicurazioni. Eravamo alla vigilia dell'estate e da quel momento sono spariti tutti. Nessuno si è
più fatto vivo. E siccome non vogliamo correre il rischio di una soluzione all'italiana abbiamo preso questa
decisione».

Finora a parlare era stato soltanto Charlie Foiera, che a nome di tutti, dall'alto del carisma che i compagni
gli hanno sempre riconosciuto, aveva chiesto il rispetto degli impegni presi dalla società con i giocatori.
Adesso che sta per partire l'istanza di fallimento, la logica dice che quella di Santrolli sarà soltanto la prima.
Gli altri, quasi sicuramente, nel tentativo di racimolare almeno qualcosa dei crediti che vantano, faranno
altrettanto. I quattro assistiti da Santrolli (a parte l'agente americano, in tutt'altra situazione) hanno da
poco iniziato la stagione di Legadue. Dell'Agnello siede sulla panchina dell'Umana Venezia, i giocatori non
sono rimasti a piedi malgrado il forfait di Livorno: Boyette è a Vigevano, Kemp si è accasato a Sassari e
Ostler ha trovato un contratto a Casalpusterlengo. Vogliono, però, che i soldi che dovevano prendere per il
campionato 2008-2009 non restino soltanto un ricordo: la società, le cui finanze erano ridotte allo stremo,
a un certo punto della stagione ha chiuso i rubinetti. Gli ultimi denari sono arrivati sui conti correnti di
giocatori e allenatore all'inizio di aprile, più o meno in corrispondenza con la fine della stagione regolare.
Sfumata la qualificazione ai playoff per la differenza canestri malgrado l'ottimo campionato disputato, la
proprietà della società è praticamente diventata un ectoplasma e il clima di smobilitazione imminente ha
contagiato tutti. I telefoni hanno cominciato a squillare a vuoto e le promesse sono rimaste tali.

«E' un atteggiamento poco comprensibile - dice Dario Santrolli - anche perché le società sportive sono
soggetti molto particolari: un eventuale fallimento potrebbe aprire la strada anche a risvolti penali che non
credo siano piacevoli, per coloro che nel corso del tempo sono stati amministratori del Basket Livorno. Mi
chiedo quale sia la ragione di questo silenzio assoluto, ma francamente non so darmi una risposta».

Luciano De Majo
Ora il Comune ha solo il 5% ma è stato anche l'unico socio
6 ottobre 2009

Oggi la percentuale di proprietà pubblica del Basket Livorno è minima: la Livorno sport - peraltro in
liquidazione - ha il 5 per cento appena. Ma durante gli anni è stata ben maggiore. Basti pensare che
quando, all'immediata vigilia delle elezioni amministrative del 2004, la famiglia Falsini, i "signori Mabo",
cedettero la società, fu proprio il Comune ad acquistare il 100 per cento alla cifra simbolica di un euro
tramite la Livorno sport. E nei successivi bilanci, la stessa Livorno sport si è dovuta sobbarcare oneri non
indifferenti, versando nelle casse del sodalizio amaranto quasi 2 milioni e mezzo di euro di denari pubblici
per evitare di mandare a gambe all'aria la società.

Liquidatore. Il liquidatore del Basket Livorno che, a quanto sembra, sarà nominato dall'assemblea dei soci
in programma domani, rischia dunque di trovarsi sul groppone un macigno non indifferente come
un'istanza di fallimento. C'è da capire se all'assemblea saranno presenti i soci della Gni, la srl che ha nelle
sue mani il 60 per cento delle quote di proprietà, riconducibile al pistoiese Paolo Presi e Fabio Bruni di
Lamporecchio. Presi, professione commercialista, è presente negli organi amministrativi della Td Nuove
Tecnologie, fra i cui proprietari c'è anche Tosco Dati Firenze, la srl che ha originato il Td Group di Valterio
Castelli, ex presidente del Basket Livorno.

Cambi. Oltre al passaggio delle quote di proprietà, a maggio 2009 c'è stato anche il cambio alla presidenza
del Basket Livorno. Da Patrizio Tofani, che è stato presidente nello scorcio finale della stagione, la principale
carica amministrativa è adesso di Annalisa Mazzola, nata a Torino nel 1968, abitante a Rosignano
Marittimo.

lu.dem.
Per i sindaci revisori il bilancio del Basket
non era trasparente
8 ottobre 2009

E' la mattina dell'11 dicembre 2008, quasi un anno fa, quando i soci del Basket Livorno si riuniscono per
approvare il bilancio al 30 giugno 2008. Sarà, quello, l'ultimo approvato prima della decisione di mettere la
società in liquidazione, maturata al termine del campionato finito ad aprile 2009. Il risultato della gestione
2007-2008 è una perdita di 383mila euro. Ed è in quell'occasione che l'assemblea dei soci decide di
approvare il bilancio e di prendere atto della relazione del collegio sindacale della società presieduto da
Enrico Costagli, trasmesso all'assemblea il giorno prima della riunione.

E' una relazione che evidenzia una serie di elementi e di rilievi e che subordina il proprio giudizio «al
verificarsi del complesso delle ipotesi» che vengono descritte nello stesso documento.

Dieci mesi fa, dunque, i sindaci revisori della società di basket segnalarono ai soci che non potevano
esprimere un giudizio positivo tout court. E spiegarono il perché quando affermarono che gli amministratori
avevano predisposto il bilancio «tenendo in considerazione alcuni fatti di gestione non adeguatamente
supportati da documentazione giustificativa ed appostati sulla base sia di accordi verbali direttamente presi
che di accordi assunti dall'amministrazione comunale e riferiti da esponenti di rilievo della stessa».

Secondo quanto scrissero nel dicembre di un anno fa, i sindaci revisori sollecitarono il consiglio
d'amministrazione «più volte» perché questo presentasse «adeguati piani programmatici» che spiegassero
scelte e obiettivi di gestione. Ed è una segnalazione assai simile a un richiamo quando, nella stessa
relazione allegata al bilancio, si legge che «la continuità aziendale della società e la corretta applicazione dei
principi contabili di un'azienda in condizioni di funzionamento in sede di redazione del bilancio dipendono
anche dalla predisposizione e attuazione di questi piani».

Per tutta risposta, sempre stando a quanto hanno affermato i sindaci revisori, «gli amministratori ci hanno
confermato che tali piani, ancorché non formalizzati, sono stati oggetto di condivisione con
l'amministrazione comunale e che pertanto la continuità aziendale è assicurata dall'impegno della stessa».
«Tale indicazione - aggiunse il collegio sindacale - ci è stata confermata da autorevoli esponenti della stessa
amministrazione comunale», i cui nomi non vengono indicati nella relazione ma che evidentemente ebbero
modo di confrontarsi con i sindaci revisori della società.

Se non proprio un allarme rosso, dunque, quello che lanciò il collegio sindacale del Basket Livorno era un
insieme di elementi - soprattutto di carattere tecnico, ma anche di genere differente, quando il riferimento
è il confronto con autorevoli esponenti dell'amministrazione - tali da aprire riflessioni profonde. Fino a
concludersi con una sospensione del giudizio complessivo sul bilancio che in quel dicembre veniva portato
in approvazione.

Luciano De Majo
«Vedrete, non ci sarà fallimento»
9 ottobre 2009

Primi contatti fra i nuovi vertici del Basket Livorno e i creditori. Dopo la nomina del liquidatore, individuato
nella presidente Annalisa Mazzola, dalla prossima settimana il ritmo delle telefonate fra consulenti e
avvocati si farà più intenso.

Difficile parlare di ottimismo quando si è di fronte a una società che ha terminato mestamente la sua
avventura fra i professionisti mettendo fine a una tradizione di oltre mezzo secolo, quella della presenza di
una squadra livornese nella pallacanestro di vertice. Ma lo sforzo prioritario dei soci, e di tutti i
professionisti che operano in loro nome, è quello che sarà prodotto per evitare il fallimento. Il barometro,
se non proprio il sereno, indica che la tempesta determinata dall'annuncio dell'istanza di fallimento sta
passando. Lentamente, ma sta passando.

Le dichiarazioni dell'avvocato fiorentino Alberto Caretti, che ha detto apertamente che il suo cliente (il
procuratore di giocatori e allenatori Dario Santrolli, di Vigevano) è intenzionato a presentare l'istanza, ma
non ha mancato di sottolineare che arrivare al fallimento non è interesse di nessuno, lasciano un minimo di
soddisfazione anche nei rappresentanti della Livorno sport, l'azienda di proprietà comunale in liquidazione
che detiene il 5 per cento delle quote del Basket Livorno. «Noi ci auguriamo che la richiesta di un gesto di
responsabilità ai soci privati non rimanga inascoltata: abbiamo fiducia in questo, proprio perché un
fallimento sarebbe la peggiore dele conclusioni», dice l'avvocato Sergio Russo, che segue questa
delicatissima fase su incarico della Livorno sport.

Si sta facendo più rovente, invece, il fronte politico. Proprio ieri il consigliere comunale del Pdl Gionata
Giubbilei ha annunciato di aver presentato una interpellanza da discutere in commissione. Giubbilei chiede
all'assessore Claudio Ritorni di andare nella settima commissione a rispondere ai tre quesiti fondamentali
che riguardano le vicende del Basket Livorno: come mai non si è iscritta al campionato 2009-2010, se c'è un
deficit di bilancio e quale sia la situazione debitoria nei confronti dei professionisti che erano stati ingaggiati
dalla società.

Ritorni non è soltanto assessore allo sport. Nella squadra del sindaco Cosimi, la sua delega comprende
anche le aziende, per cui segue anche le questioni della Livorno sport. In più, non va dimenticato che,
proprio su mandato di Cosimi, fu presidente della società di basket per due stagioni, caratterizzate dalla
presenza preponderante della Livorno sport nel capitale sociale. Per cui, uno come l'assessore Ritorni è a
conoscenza dello svilupparsi delle vicissitudini che hanno riguardato la società di basket dal 2004 in poi.
«Da assessore allo sport - dice Ritorni - posso intanto dire che la ragione della mancata iscrizione alla
Legadue è molto facile: non c'erano più le minime condizioni per garantire la partecipazione a un
campionato nazionale. Di più: non c'era, di fatto, alcuna compagine societaria disposta ad affrontare una
stagione. Per il resto, credo che il consigliere Giubbilei debba rivolgersi, più che all'assessore allo sport del
Comune, agli amministratori della società, dal momento che la presenza dell'amministrazione è ormai
minima, non superiore al 5 per cento, e non da ora».

Luciano De Majo
«Conti choc, poi detti le dimissioni»
10 ottobre 2009

C'erano due versioni della relazione del collegio sindacale al bilancio del Basket Livorno al 30 giugno 2008.
Una è quella depositata insieme al bilancio, della quale abbiamo dato conto due giorni fa, nella quale i
revisori sospendevano il giudizio sul bilancio stesso subordinandolo al rispetto degli impegni presi da
«autorevoli esponenti dell'amministrazione comunale». Una, invece, è quella che il presidente del collegio,
il ragionier Enrico Costagli, consegnò all'assemblea dei soci, ma che è misteriosamente scomparsa dalla
scena, probabilmente sgradita ai soci.

«Sia chiaro - precisa adesso Costagli - che io la relazione di cui voi avete scritto non la conosco proprio, è la
prima volta che la vedo. Il documento che io sottoposi all'assemblea è un altro. Lo firmai io soltanto, e non
gli altri due membri del collegio. Poi accadde che l'assemblea venne interrotta e riprese quattro giorni
dopo. Io a quel punto mi dimisi e non andai alla prosecuzione dell'assemblea. Quindi la relazione che poi è
stata prodotta non mi appartiene assolutamente».

Ricostruendo i fatti, dunque, stando a quanto afferma Costagli il pomeriggio dell'11 dicembre all'attenzione
dell'assemblea arriva una relazione. Una relazione differente, nella forma e nella sostanza, da quella che poi
sarà allegata al bilancio. Anche perché il verbale di assemblea, nel riferire quanto accaduto nella
prosecuzione della riunione, dice chiaramente che Costagli è assente e che risultano presenti i soli sindaci
Cristiana Salvi e Massimo Innocenti. Costagli, che aveva rassegnato le sue dimissioni evidenziando quindi
una spaccatura di non lieve entità nell'organo di controllo della società, non vi ha partecipato.

Dal confronto fra la prima versione della relazione - quella presentata dal presidente del collegio - e quella
che invece poi è stata approvata, emergono alcune differenze sostanziali. La prima sta nella conclusione:
Costagli invitava l'assemblea «a valutare attentamente il bilancio presentato e a deliberare senza indugio gli
opportuni provvedimenti per la copertura della perdita d'esercizio», chiamando i soci a sborsare il denaro
per ripianare il deficit maturato. Nella relazione poi allegata, i revisori dicono invece di essere «stati
informati che la copertura della perdita avverrà mediante rinuncia da parte dei soci ai finanziamenti
postergati iscritti in bilancio e ad ulteriori versati nei primi mesi del corrente esercizio».

Poi c'è la questione dei rapporti con l'amministrazione comunale. Costagli non ne fa menzione. La sua
conclusione è che non è possibile «formulare un giudizio se il bilancio nel suo complesso sia stato redatto
con chiarezza e rappresenti in modo veritiero e corretto la situazione patrimoniale e finanziaria e il risultato
economico della società». La relazione "ufficiale" mantiene la sospensione del giudizio, ma introduce nelle
sue considerazioni il punto degli accordi e degli impegni presi dal Comune. A un certo punto, infatti, i
revisori scrivono che gli amministratori del Basket Livorno asseriscono che «la continuità aziendale è
assicurata dall'impegno dell'amministrazione comunale» e aggiungono che «tale indicazione ci è stata
confermata da autorevoli esponenti della stessa amministrazione».

Tutti particolari che mancano dalla prima versione, come conferma lo stesso Costagli. «Di impegni presi
dall'amministrazione non sapevo assolutamente niente - dice - se non di buone intenzioni espresse durante
i consigli d'amministrazione, per cercare di reperire contatti con eventuali sponsor. D'altra parte, credo che
il Comune avesse fatto già molto per mantenere in piedi l'attività della pallacanestro a Livorno. In quel caso,
ciò che mancava era una reale strategia da parte dei soci privati, che avevano la maggioranza delle quote.
La Livorno sport, espressione del Comune, aveva il 5 per cento, gli altri tutti insieme erano proprietari al 95
per cento, questo è bene non dimenticarlo».

Luciano De Majo
Anno dopo anno, i soldi del Comune bruciati nel canestro
10 ottobre 2009

Il primo bonifico è del 6 maggio 2005 ed è di 348.400 euro, l'ultimo è datato 23 dicembre 2008, quando
l'ultimo bilancio era già stato approvato, ed è di 60mila euro. E' lunga la lista di assegni e bonifici che la
Livorno sport, società del Comune in liquidazione da quasi tre anni, nel corso delle varie stagioni sportive ha
trasmesso al Basket Livorno. Un flusso di denaro che arriva a 2 milioni e 360mila euro.

Ci sono interventi per copertura delle perdite di bilancio e altri per sponsorizzazione. La Livorno sport,
quindi il Comune, dopo aver acquistato dalla Mabo holding dei fratelli Falsini la proprietà dell'intera società
nel giugno del 2004, ha gestito da sola la stagione sportiva 2004-2005. E a questo titolo ha sostenuto i costi
di gestione e le relative perdite di bilancio.

A settembre 2005, attraverso un aumento di capitale, nella società entrano i costruttori Bottoni e Cagliata,
che in due superano l'80 per cento delle quote. La Livorno sport resta, con una quota minima. E nel marzo
del 2006 stipula col Basket Livorno un contratto di sponsorizzazione: di fatto, il Comune diventa sponsor
della società di basket. Alla quale promette di girare 350mila euro per il campionato 2005-2006, che poi
diventano 550mila perché c'è un premio per la conquistata salvezza in serie A, anche questo messo nero su
bianco dai presidenti della Livorno sport e del Basket Livorno.

Ma i finanziamenti della Livorno sport al basket professionistico non si fermano qui. E continuano anche
nelle stagioni successive: a novembre 2007 la Livorno sport delibera di approvare il bilancio della società di
basket e di coprire la perdita di oltre 270mila euro in forma rateale. E infatti partono altri assegni e bonifici
sui conti correnti del sodalizio cestistico. A questo punto, a 2007 inoltrato, la presenza del Comune è ormai
marginale nella società: il 5 per cento appena. Ma le spese sostenute sono ancora considerevoli: oltre
mezzo milione di euro negli ultimi due anni, probabilmente nell'estremo tentativo di salvare la presenza
storica di Livorno nella mappa del basket di vertice. Tentativo poi naufragato - senza se e senza ma - a
giugno scorso, quando è maturata la decisione di non iscrivere la squadra al campionato di Legadue cui
avrebbe avuto diritto a partecipare.

lu.dem.
Nel 2006 il Comune diventò anche sponsor
11 ottobre 2009

Non uno, ma almeno due assessori si sono occupati in questi anni, su incarico del sindaco, delle vicende dei
rapporti fra amministrazione comunale e Basket Livorno. I verbali delle riunioni della Livorno sport lo
testimoniano: sia l'assessore allo sport Attilio D'Alesio, sia l'assessore al bilancio Fabio Del Nista hanno
discusso a lungo, e a più riprese, della questione del basket, evidenziando talvolta come questa partita
rappresentasse la fonte dei problemi maggiori per l'equilibrio della Livorno sport.

Malgrado questo, fino a tutto il 2007 il Comune si è sobbarcato impegni finanziari tutt'altro che modesti: il
5 novembre di quell'anno Del Nista comunica davanti all'assemblea della Livorno sport l'impegno assunto
dall'amministrazione comunale sia nei confronti dei vecchi soci che dei nuovi, relativo alla copertura totale
della perdita dell'esercizio chiuso al 30 giugno: si tratta di 272.317 euro che vengono pagati a rate.

Negli anni precedenti vi erano state spese ancora maggiori. Logico che la Livorno sport ripianasse le perdite
maturate nella stagione 2004-2005, quando era socio unico del Basket Livorno, e aveva al suo interno
anche l'Asa, oltre al Comune: in tutto, più di un milione di euro. Mentre nella stagione successiva, in
occasione dell'assemblea del 13 marzo 2006, da un lato D'Alesio conferma l'intenzione
dell'amministrazione di non uscire dal capitale della società di pallacanestro e dall'altro Del Nista ribadisce
questa volontà, informando che il Comune ha previsto uno stanziamento di 500mila euro come
trasferimento ordinario alla Livorno sport. E' quella l'assemblea che si conclude con la decisione di
sponsorizzare il Basket Livorno per 350mila euro, cifra che poi viene aumentata di altri 200mila euro a titolo
di premio, quando la squadra di pallacanestro raggiunge la salvezza in serie A.

lu.dem.
«Faremo rinascere il grande basket»
Parla il sindaco Cosimi
12 ottobre 2009

Brutta storia questa del basket, caro sindaco...

«Se ci si riferisce al fatto che non c'è più una squadra di vertice, sono d'accordo, nel senso che è davvero
spiacevole. Su altre questioni, anche che ho visto scritte in questi giorni, no».

Allora partiamo proprio dal denaro con cui l'amministrazione attraverso la Livorno sport ha finanziato la
società: oltre 2 milioni e 300mila euro. Una bella cifra, no?

«Mi permetto di dividere in due fasi questa vicenda. Un milione e 49mila euro sono relativi al bilancio 2004-
2005, quando la Livorno sport era socio unico: non dimentichiamo che il 5 giugno 2004, alla vigilia delle
elezioni amministrative, la Livorno sport acquista a un euro le quote dal gruppo Mabo e si iscrive al
campionato di serie A. A quel punto, come era possibile tornare indietro?».

Ma anche gli anni successivi l'amministrazione ha continuato a finanziare il basket. Perché?

«Per due ragioni fondamentali. La prima era la volontà di sostenere un'attività tradizionale, direi storica,
per lo sport cittadino. La seconda era creare le condizioni per scendere, progressivamente, con la
partecipazione pubblica alla società».

Vi chiedono in base a quali atti dell'amministrazione sono state ripianate le perdite.

«Tutti i soldi dati alla Livorno sport sono in delibere approvate dal consiglio comunale».

Ma lei ritiene giusto, o quantomeno opportuno, che una società professionistica sia finanziata con
denaro pubblico?

«Succede in molte parti d'Italia quando l'obiettivo è favorire condizioni di passaggio e di ingresso di nuovi
soci. Ed è ciò che abbiamo fatto».

Peccato, però, che una volta che la società è andata quasi totalmente in mano ai privati, tutto sia finito.
Non è che i soci privati fossero poco affidabili?

«Io non getterei la croce addosso a loro, ai soci che sono arrivati da fuori. Siamo onesti: non è che abbiano
trovato grande collaborazione, nel tessuto imprenditoriale cittadino. La risposta degli operatori della città è
stata quella che è stata, non giriamoci attorno».

Addio basket per ora e per sempre, allora?

«Questo io non lo dico. Anzi, noi stiamo lavorando per far tornare la pallacanestro cittadina ai livelli che le
competono, all'altezza della sua storia. Ed è questa la prospettiva per la quale affrontiamo anche la fase
della liquidazione della società».

Quanto tempo ci vorrà?

«Qualche anno, sicuramente. Intanto chiudiamo questa fase, a partire dalla liquidazione di Livorno sport. E'
una pagina che si chiude. Finisce l'era del Comune che assume impegni di gestione così elevati».

Mai più soci del basket, insomma?


«Mai dire mai. Al massimo potremmo avere una quota minima».

Ma se anche col 5 per cento avete ripianato i bilanci della società...

«No, questo no. Ecco, è un altro elemento da chiarire per bene: quando abbiamo avuto il 5 per cento, cioè
le stagioni 2007-2008 e 2008-2009, abbiamo contribuito per 172mila euro. Gli altri soldi, versati nel 2007,
erano riferiti alla perdita della stagione 2006-2007, nella quale la Livorno sport aveva il 50 per cento».

E in quella stagione il costo per le casse pubbliche a quanto ha ammontato?

«240mila euro più altri 272mila a copertura della perdita. In tutto 512mila euro, mentre i privati, che
avevano in tutto l'altro 50 per cento, sotto forma di sponsorizzazioni hanno erogato 730mila euro. Come si
vede, la Livorno sport ha dato meno del 50 per cento che le spettava. Quanto alla questione dell'impegno a
coprire le perdite assunto tanto coi vecchi quanto coi nuovi soci, rappresentava l'elemento attraverso il
quale si garantiva l'ingresso di nuovi soggetti in società. Ma è la stessa operazione che era stata compiuta
anche in passato».

In passato?

«Sì, perché la prima volta che la Livorno sport entra in società nel basket è nel 1999, acquistando il 33 per
cento dalla famiglia D'Alesio, mentre l'altro 33 per cento era stato rilevato dal Cantiere Orlando. E in quella
stagione sborsò 66 milioni di lire per acquistare le quote più altri 133 per finanziare la società. E lo spirito di
questa operazione era quello di contribuire a salvare il basket a Livorno. Lo stesso che ha animato anche
noi».

Luciano De Majo
Basket, è guerra Comune-privati
23 dicembre 2009

E' scontro aperto fra i soci privati della società di basket in liquidazione e il Comune, che attraverso la
Livorno sport detiene il 5 per cento. Una spaccatura che emerge dall'assemblea dei soci del 7 ottobre
scorso, quando è stata nominata liquidatrice Annalisa Mazzola.

La stessa Mazzola che stamani sarà l'ospite più attesa della riunione della seconda commissione consiliare
del Comune, presieduta dall'esponente del Prc Lorenzo Cosimi, in un quadro caratterizzato da una
situazione ancora tutta in divenire. La richiesta, avanzata ai soci della Basket Livorno srl da parte della
stessa liquidatrice nella successiva assemblea del 10 dicembre, quella di versare danaro a fondo perduto
per cominciare a ripianare i debiti e scacciare così lo spettro del fallimento, è infatti al vaglio degli stessi soci
che hanno chiesto un rinvio a fine gennaio. Per ora, in sostanza, è un appello caduto nel vuoto.

Durante l'assemblea di ottobre, il rappresentante della Gni Fabio Bruni (società che ha acquistato le quote
dal dimissionario presidente Valterio Castelli e che a lui appare comunque riconducibile) ha chiesto alla
liquidatrice di verificare la validità dell'accordo del 15 dicembre 2008 «avvalendosi se necessario anche di
una consulenza legale» e ha consegnato una copia di quell'accordo alla stessa Mazzola.

Una mossa, quella compiuta da Bruni, che non è piaciuta affatto all'avvocato Sergio Russo, che in
quell'assemblea rappresentava la Livorno sport. Secondo le sue dichiarazioni messe a verbale, c'era da
notare «l'assoluta irrilevanza giuridica e non attribuibilità di detto atto alla Livorno sport e/o
all'amministrazione comunale». Non solo: Russo ha detto di ritenere «improprio che il liquidatore accetti di
visionare detto documento del quale la Basket Livorno non è parte».

L'accordo del 15 dicembre 2008 cui fanno riferimento tanto Bruni quanto Russo sarebbe quello che,
secondo quanto affermava l'ex presidente Castelli nel luglio scorso, di fatto attribuiva a Livorno sport, e
quindi al Comune, un ruolo preminente nelle decisioni della società indipendentemente dalla quantità di
quote detenute. Ma già a luglio si accese un piccolo scontro su questo tema. Perché se Castelli disse che
quest'accordo presentava una clausola «per la quale i soci si impegnavano in caso di assemblea
straordinaria a dare delega di rappresentanza alla Livorno sport affinché questa potesse deliberare in piena
autonomia», sul fronte opposto la Livorno sport, per bocca del liquidatore Giorgio Costella rispose che
«non aveva firmato alcun accordo» aggiungendo che «la delega è un atto ricettizio, deve essere accettata e
non imposta».

Col passare dei mesi, dunque, questa spaccatura è stata sancita ufficialmente anche nell'assemblea dei soci.
Meno chiaro, invece, è chi abbia firmato quell'accordo datato 15 dicembre 2008 che piace tanto a Castelli e
ai suoi collaboratori, tanto da ipotizzare l'investitura di un legale per verificarne la validità, e per niente al
Comune, che attraverso l'avvocato incaricato di seguire questa vicenda parla di «non attribuibilità».

Luciano De Majo
La liquidatrice non va in commissione:
si riaccende lo scontro
24 dicembre 2009

Ti aspetti un dibattito serrato e un fuoco di fila di domande alla liquidatrice della società di basket, ma la
seconda commissione consiliare si consuma con una sedia vuota, quella che doveva essere occupata da
Annalisa Mazzola, la donna chiamata a evitare il fallimento del Basket Livorno. La liquidatrice, che fino alla
mattina precedente la riunione aveva assicurato la sua presenza, ha cambiato idea all'improvviso e ha
comunicato la sua decisione di non presentarsi con una lettera inviata al Comune venerdì sera (che
pubblichiamo in questa stessa pagina), quando ormai gli uffici di palazzo Civico erano chiusi. Né si è visto
l'assessore allo sport, altro fatto che ha indispettito i consiglieri di minoranza.

E così, il confronto di ieri ha ripercorso gli argomenti già discussi in occasione della commissione
precedente. Con una variazione di importanza non secondaria: lo sdegno praticamente unanime della
commissione. Tutti i consiglieri presenti, di maggioranza e di opposizione, a cominciare da Lamberto
Giannini (Sinistra e libertà) hanno concordato nel definire «irricevibile» la lettera della liquidatrice della
società, che ha lasciato intravedere la possibilità di concedere l'audizione non prima di metà gennaio.

Agli attacchi dei consiglieri di minoranza, i rappresentanti della maggioranza hanno contrapposto una difesa
d'ufficio. E' stato Gianfranco Lamberti (Confronto) a sollevare i problemi più pesanti, prendendo spunto
dalle notizie pubblicate ieri in merito allo scontro in atto fra il Comune e i soci privati della società di basket.
«Se davvero nell'assemblea dei soci c'è stata una polemica così aspra a proposito di un accordo che il legale
del Comune definisce "non attribuibile" all'amministrazione, intanto chiediamo subito la copia di questo
atto che è allegato al verbale dell'assemblea dei soci». Tutti d'accordo su questo, ma non sull'idea di
Gionata Giubbilei (Pdl sponda Amadio) di chiedere, anche con un decreto ingiuntivo che Basket Livorno
restituisca i soldi versati dalla Livorno sport. «Non ti seguirò mai in quest'avventura», ha tuonato Wladimiro
Del Corona (Pd), mentre Bruno Tamburini (Pdl sponda Taradash) è arrivato a parlare di esposto alla
magistratura se non vi saranno comportamenti trasparenti, ipotesi sulla quale ha concordato anche Andrea
Romano (Italia dei valori). Marco Cannito (Città diversa) ha accomunato la vicenda del basket a Livorno
sport e Asa: «Una vergogna di carattere politico e amministrativo».

Appuntamento a fine gennaio, quindi, per una vicenda che si fa sempre più spinosa. E pensare che il
sindaco, pochi minuti più tardi, nella sua conferenza di fine anno, ha ripetuto che il suo obiettivo è riempire
nuovamente il PalaLivorno col grande basket e riportare entusiasmo. Una letterina da mettere sotto
l'albero.

Luciano De Majo
Lamberti: troppe cose non chiare, la liquidatrice risponda
28 dicembre 2009

«Avrei otto domandine da fare alla signora Mazzola, liquidatrice del Basket Livorno. Vabbè, non saranno le
dieci domande di Repubblica a Berlusconi, ma insomma, nel nostro piccolo...». Gianfranco Lamberti trova
anche il modo di scherzarci un po' su, ma lui le otto domande sulla pallacanestro le ha preparate davvero, e
nei minimi particolari. E siccome non ha gradito l'assenza della liquidatrice dalla commissione di mercoledì
23, ha deciso di dettagliarle. Si parte, naturalmente, dall'ormai famoso accordo del 15 dicembre 2008.
«Non si sa da chi sia stato firmato e che cosa dica - chiarisce Lamberti - ma essendo un atto allegato
all'assemblea e acquisito dalla liquidatrice, è bene che sia fornito in copia al più presto, prima che ci sia
questa audizione in commissione». Questa prima domanda è legata da un filo rosso all'ultima: ci sono nella
contabilità del Basket Livorno crediti verso i soci, verso soggetti riconducibili ai soci, oppure impegni di
natura finanziaria riconducibili ai soci? Chiaro che il riferimento di Lamberti è al socio Comune: palazzo
Civico ha assunto impegni per ripianare i debiti, chiede l'ex sindaco?

Non mancano, naturalmente, interrogativi sulla situazione attuale della società (quali e quanti sono i
debiti? Perché non è stato ancora presentato il bilancio al 30 giugno 2009? Quali azioni legali sono in
corso?) e, soprattutto, sulle strategie per evitare il fallimento. «Quale progetto ha il liquidatore - chiede
Lamberti - per l'espletamento del suo incarico: quali sono le attività attraverso la cui liquidazione ritiene di
poter saldare le passività?». «Il guaio - dice l'ex sindaco - è che ci troviamo di fronte a una società che non
esercita più il suo oggetto sociale. Ed è ben difficile che qualcuno possa intervenire, dare una mano in
qualche modo: a che cosa darebbe una mano se non c'è più un soggetto vivo, una squadra, un titolo
sportivo?».

Intanto l'assessore Claudio Ritorni, anche lui criticato da diversi consiglieri di minoranza per non essere
stato presente in commissione, spiega di averlo fatto perché «quello era un contesto nel quale la persona
richiesta era la liquidatrice della società». «D'altra parte - dice l'assessore - l'amministrazione aveva già
risposto alla commissione, con la presenza mia e quella del liquidatore della Livorno sport. La mia presenza
sarebbe stata fuori contesto: la convocazione della seconda commissione io l'avevo ricevuta per
conoscenza».

Luciano De Majo
Ecco chi è la donna nominata per portare
la società alla chiusura
28 dicembre 2009

Torinese di nascita ma residente a Nibbiaia, 41 anni compiuti lo scorso 19 febbraio, Annalisa Mazzola è
stata nominata liquidatrice del Basket Livorno due mesi fa, nell'assemblea straordinaria dei soci del 7
ottobre. Ma alcuni mesi prima, il 20 maggio 2009, quando il campionato di Legadue era già terminato e la
società si avviava verso la chiusura, era stata nominata alla presidenza, a seguito delle dimissioni di Patrizio
Tofani, fino a quel momento al timone del sodalizio livornese.

Non è una figura legata al mondo del basket, ma a quello delle imprese, nello specifico di alcune aziende
che fanno riferimento ai principali soci del Basket Livorno. Annalisa Mazzola risulta, infatti, essere
amministratore unico di due srl, entrambe livornesi. La prima è la Tecno segnaletica (50mila euro di capitale
sociale, produce e commercializza segnali di ogni tipo), di cui è anche socia al 15 per cento (il 70 per cento
delle quote è nelle mani di Cristiana Salvi, moglie di Tofani, che ha fatto parte dell'ultimo collegio sindacale
del Basket Livorno).

La seconda impresa di cui è amministratore Annalisa Mazzola è invece la Sogelis, società da 99mila euro di
capitale sociale che opera nel settore della logistica. Se il 5 per cento della Sogelis è di proprietà di Emo
Salvadori, livornese, conosciuto per essere stato per lungo tempo presidente di Unicoop, il 95 per cento è
invece nelle mani della società Blue Holding srl: in sostanza, un'alleanza Castelli-Tofani, visto che la Td
Group di Castelli detiene il 65 per cento di questa srl da 110mila euro di capitale e la Egg Company di Tofani
ha il restante 35. Valterio Castelli, la cui impresa che ha sede a Vecchiano è finita sott'acqua a seguito
dell'esondazione del Serchio, è anche il presidente della Blue Holding, Patrizio Tofani è uno dei due
consiglieri. La scelta del traghettatore della società fra la rinuncia al campionato e lo scioglimento cade,
dunque, su una persona di piena fiducia dei principali soci privati.

lu.dem.
Basket, ora indaga la Procura
2 febbraio 2010

La Procura della Repubblica ha aperto un fascicolo di atti relativi alla situazione della società Basket Livorno.
La magistratura sta seguendo con attenzione l'evolversi dei fatti che riguardano la Bl, ancora in mezzo al
guado di un difficilissimo tentativo di liquidazione aperto all'indomani della decisione di non iscrivere la
squadra al campionato di Legadue e di mettere così fine a una presenza storica, quella di una squadra
livornese in un campionato professionistico.

Una vicenda, quella della società di basket, che è anche sotto la lente d'ingrandimento del consiglio
comunale, la cui seconda commissione consiliare ha svolto diverse riunioni che hanno esaminato gli atti
della società. I lavori della commissione si sono, però, fermati nell'attesa dell'audizione della liquidatrice
della società Annalisa Mazzola, che ha declinato l'invito a presentarsi in Comune.

«In questo atteggiamento c'è qualcosa da chiarire - dice Gianfranco Lamberti, ex sindaco e oggi consigliere
comunale di "Confronto" - perché la liquidatrice continua a non dire apertamente se intende rispondere
alle domande della commissione oppure no. Io ho chiesto al presidente della commissione di sollecitare il
momento di quest'incontro, ma risposte e date precise ancora non ce ne sono». A quanto si è appreso, la
liquidatrice avrebbe dato un incarico a un consulente legale per studiare alcuni aspetti della situazione
societaria e soltanto una volta acquisito questo parere sarebbe in condizione di affrontare il dibattito in
commissione.

«Non vorrei arrivare alla conclusione che si tratti soltanto di un atteggiamento dilatorio - dice ancora
Lamberti - di un tentativo di perdere tempo, che francamente sarebbe inaccettabile, visto che di mezzo c'è
la dignità del consiglio comunale e il suo diritto a discutere conoscendo pienamente tutti gli atti che
compongono la vicenda della società. La signora Mazzola, se non vuole venire davanti alla commissione, lo
dica senza giri di parole. Vorrà dire che acquisiremo in altro modo i materiali che giacciono allegati ai verbali
d'assemblea di una società che è ancora partecipata dall'amministrazione comunale. Si tratta di atti che
non possono essere sottratti al dibattito del consiglio comunale. Per cui rinnovo l'invito alla liquidatrice a
parlare chiaro e a non assumere atteggiamenti dilatori».

lu.dem.
Giocatore trascina il Basket Livorno davanti al giudice
25 marzo 2010

Il Basket Livorno rischia di vedersi cadere un'altra tegola sul capo, quella di un possibile pronunciamento
sfavorevole del giudice del lavoro per una causa di un giocatore che chiede il riconoscimento del
professionismo.

Andrea Mariani, cestista livornese nato nel 1978, figlio d'arte (il padre aveva giocato nella Libertas anni '70),
ha deciso di ricorrere alle carte bollate per ottenere il riconoscimento di status di giocatore professionista
negli anni in cui, esaurita la trafila delle giovanili, si è allenato costantemente con la prima squadra
giocando anche qualche partita in serie A2.

Prodotto del vivaio Don Bosco, Mariani ha fatto le sue apparizioni in prima squadra dal 1998 in poi. Ed è
quello, secondo il procedimento che ha promosso davanti al giudice del lavoro, il momento in cui individua
la partenza della sua carriera professionistica. Mariani poi ha continuato a giocare anche fuori Livorno,
anche se il suo cartellino è sempre rimasto di proprietà della società livornese, che nel frattempo ha
cambiato nome chiamandosi Basket Livorno.

Così, Andrea è stato in prestito a Firenze e Pistoia, ad esempio. La sua carriera è già stata ricostruita nelle
udienze già celebratesi alla sezione lavoro del tribunale di via De Lardarel. Se il giudice accogliesse le sue
ragioni, il Basket Livorno potrebbe vedersi piombare nel già difficile processo di liquidazione una pisola da
70-80mila euro che ovviamente preferirebbe evitare, adesso che i soci e il liquidatore stanno lavorando per
trovare accordi coi creditori più recenti (i giocatori e l'allenatore dell'ultima stagione) per evitare il tracollo
e il fallimento. Fallimento già chiesto, peraltro, dalla società bolognese Best Union, che ha presentato nei
mesi scorsi un'istanza per ottenere il pagamento del servizio di bigliettazione e gestione dell'ospitalità al
palazzo dello sport.

lu.dem.
Basket, si indaga sui soldi pubblici
7 agosto 2010

La Procura della Repubblica continua a indagare sulla gestione della società di basket che ormai un anno fa
ha rinunciato alla Legadue facendo scomparire la città dai campionati professionistici.

L'attenzione degli inquirenti, coordinati dal sostituto procuratore Massimo Mannucci, sembra rivolgersi
soprattutto ai rapporti fra la Livorno basket e la Livorno sport, società di proprietà del Comune che è
tuttora socia al 5 per cento del sodalizio cestistico, sia pure in liquidazione. Al centro degli accertamenti,
anche i flussi di denaro che dalla società comunale sono partiti verso quella che ha portato avanti la
gestione della squadra di basket. Numeri che non sono certo misteriosi, visto che nel corso degli anni la
Livorno sport è stata socia a vario titolo: per una stagione è stata anche socia unica, facendo fronte
all'intera gestione del campionato di serie A.

Ieri in Procura è stato ascoltato, come persona informata sui fatti, Enrico Costagli, il ragioniere che per un
anno è stato presidente del collegio dei sindaci revisori della Livorno basket e che rassegnò le proprie
dimissioni alla fine del 2008, quando fu sostanzialmente messo in minoranza dagli altri due sindaci, che non
vollero votare la relazione al bilancio da lui predisposta. Al bilancio ne fu allegata poi un'altra versione,
approvata dagli altri revisori, che introducevano un passaggio non da poco, quando subordinavano il
giudizio sul bilancio al rispetto degli impegni presi da «autorevoli esponenti dell'amministrazione
comunale».

Costagli, che è rimasto due ore a rispondere alle domande degli inquirenti, invece nel testo da lui
predisposto invitava l'assemblea «a valutare attentamente il bilancio presentato e a deliberare senza
indugio gli opportuni provvedimenti per la copertura della perdita d'esercizio», chiamando i soci a sborsare
il denaro per ripianare il deficit maturato.

Luciano De Majo

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