NU
OV
CASTELLI
O
MALEDETTI
Delitti infami e congiure diaboliche
IL RITORNO
DEI TEMPLARI
Distinguere il falso
dal vero in film,
romanzi e serie tv
TARIFFA R.O.C. POSTE ITALIANE S.P.A. - SPEDIZIONE IN ABBONAMENTO POSTALE AUT. MBPA/LO-NO/008/A.P./2019 - PERIODICO ROC - S/NA
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QUEI CAVALIERI
IMMAGINARI
N on c’è libreria in Italia, anzi nel mondo, che non riservi almeno
uno scaffale all’infinita serie di titoli che vedono protagonisti
i cavalieri dell’Ordine del Tempio. Ovviamente, si possono
trovare saggi ineccepibili sull’argomento, ma il loro numero è modesto se
confrontato con quello dei romanzi storici e di ricostruzioni sempre più
fantasiose: tesori nascosti, segreti inenarrabili, confraternite esoteriche,
ricatti, alchimie e profezie che arrivano a coinvolgere Leonardo da Vinci,
Cristoforo Colombo e perfino Hitler. Tutti legati all’Ordine del Tempio e al
rogo che, nel 1314, mise fine a uno dei più ricchi potentati del Medioevo.
Un fenomeno che dura ormai da quarant’anni e che non accenna a
diminuire. Anzi, i cavalieri dalla croce scarlatta hanno superato i limiti
della pagina scritta per invadere il mondo dei fumetti, dei videogiochi, dei
film e delle serie televisive.
Il primo dossier di Civiltà medievale indaga su un fenomeno di
cultura popolare che si rivela ancora più sorprendente e avvincente degli
anacronismi e delle trame che ha generato nel corso degli anni.
Guglielmo Duccoli
civiltà medievale 3
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sommario
6 COVER STORY
Il ritorno dei Templari
16 PERSONAGGI
Nove donne che fecero l’impresa
22 ARTIGIANATO
PROSSIMO
NUMER
Il segreto dei vetrai IN EDICOLO
28 FEBBRAA
IO
IL
28 CUCINA
Torte e dolcetti, una passione millenaria
32 FATTI
I Vichinghi all’assedio di Parigi
38 MISTERI
Manieri insanguinati
50 TRASPORTI
Carri e carrozze riunirono l’Europa
60 LA DOMANDA
Umanesimo e Rinascimento
64 LINGUA
Come parlava veramente il volgo?
70 MODA
La rivoluzione degli orecchini
78 LIBRI E FILM
80 SIMBOLI
QUESTA CARTA
RISPETTA
L’aquila imperiale L’AMBIENTE
civiltà medievale 5
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cover story: il ritorno dei templari
IL RITORNO
DEI TEMPLARI
Messi al rogo nel 1314 come eretici, i cavalieri del Tempio non hanno mai smesso,
però, di vivere nella mente dei cultori dell’occulto. Soprattutto da quarant’anni a questa parte,
diventando protagonisti di romanzi, film, serie tv e perfino fantasiosi videogiochi
di Stefano Bandera
N
emmeno nei suoi sogni più reconditi Château, piccolo paese nel Sud della Francia.
Jacques de Molay, ultimo maestro Questo prete, alle cui vicende si era già inte-
dei Templari, avrebbe immaginato ressato lo scrittore francese Gérard de Sède,
che il suo nome sarebbe stato uno dei si sarebbe arricchito in maniera inspie-
più citati dalla letteratura d’intrat- gabile nel giro di una manciata di
tenimento del XX e XXI secolo. anni. Non pochi credettero che la
Eppure è così. Soprattutto a sua fortuna fosse legata al ritro-
partire dal 1982, anno di usci- vamento di un tesoro templa-
ta di Il santo Graal (Holy Blo- re (in realtà, pare vendesse
od, Holy Grail), il fantasioso messe per corrispondenza).
saggio storico scritto a sei Di che tesoro si trattasse,
Un ritratto di fantasia, mani dagli inglesi Micha- non fu mai chiarito: for-
risalente all’Ottocento, el Baigent, Richard Leigh se una ricchezza mate-
di Jacques de Molay, e Henry Lincoln. riale, forse un segreto la
ultimo maestro dei Creando un affasci- cui conoscenza avrebbe
Templari. Nella pagina nante miscuglio di infor- permesso a Saunière di
a fronte, Filippo IV di mazioni storiche, eventi arricchirsi mediante una
Francia, detto il Bello, incerti e dati inattendibi- serie di ricatti. Baigent,
grande nemico dei li o falsi (come ammesso Leigh e Lincoln, sposarono
cavalieri del Tempio, in dagli stessi creatori delle quest’ultima ipotesi. Secon-
una miniatura del XVI falsificazioni), i tre autori do loro, Saunière avrebbe
secolo realizzata da Jean diedero vita a una “storia scoperto una serie di docu-
de Tillet. Assieme al suo parallela” che si sarebbe di- menti che celavano una veri-
cancelliere, Guglielmo panata nell’ombra per secoli, tà sorprendente: Gesù non era
di Nogaret, Filippo senza che la storiografia ufficiale morto sulla croce, ma si era spo-
pianificò le mosse che se ne accorgesse. La loro indagine sato con Maria Maddalena e aveva
condussero alla rovina prese avvio dalla misteriosa vicenda di avuto da lei una discendenza. La stirpe
del potente ordine un prete francese di fine Ottocento, François divina si sarebbe trasferita nella Francia del
cavalleresco. Bérenger Saunière, parroco di Rennes-le- Sud (la notizia sarebbe attestata anche ›
6 civiltà medievale
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civiltà medievale 7
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cover story: il ritorno dei templari
8 civiltà medievale
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Sopra, da sinistra a secondo Baigent, Leigh e Lincoln, le tracce (1996) di Laurence Gardner (che cerca di ri-
destra, Ian McKellen, del segreto di cui i Templari sarebbero stati costruire tutta la storia della stirpe dei discen-
Audrey Tautou, Tom custodi sono sparpagliate un po’ ovunque; al- denti divini) al Codice Arcadia (2001) di Paul
Hanks, Paul Bettany e cune persone ne sarebbero state al corrente, S. Blezard e Peter Blake; fino Alla ricerca del
Jean Reno, protagonisti ma ufficialmente nulla sarebbe trapelato fino sepolcro (1997) di Richard Andrews e Paul
del film Il codice da alla loro sconvolgente scoperta. In tutto que- Schellenberger, autori che dichiarano di aver
Vinci, diretto nel 2006 sto bailamme, Jacques de Molay svolge la sua ritrovato nel Sud della Francia (ovviamente in
da Ron Howard e tratto parte: prima quando, già sul rogo, maledice i un luogo segreto) nientemeno che le tombe di
dall’omonimo romanzo sovrani di Francia fino alla tredicesima gene- Cristo e di Maria Maddalena.
di Dan Brown. Alle razione; poi quando, dopo la decapitazione Certo, non sono mancati in questi anni volu-
loro spalle, l’Ultima di Luigi XVI (nel 1793), qualcuno nascosto mi documentati e attendibili dedicati ai cele-
Cena di Leonardo da tra la folla (o forse il boia, Charles-Henri bri cavalieri: fra tutti, citiamo sei volumi dallo
Vinci, in cui sarebbe Sanson) gridò con entusiasmo: «Jacques de stesso titolo, I Templari, scritti da Peter Part-
racchiusa, come in un Molay, sei vendicato!». ner (1982), Georges Bordonove (1993), Alain
rebus, la spiegazione del Il fantasioso saggio dei tre inglesi ebbe un Demurger, Barbara Frale (2004) e Franco
mistero templare svelato successo straordinario. Nonostante Umber- Cardini (2011). Compulsando gli Archivi
nel libro. A destra, to Eco abbia scritto che «la loro malafe- segreti vaticani, la Frale ha ritrova-
Agrippa di Nettesheim, de è così evidente che il lettore to documenti da cui risulta che
l’esoterista tedesco il cui vaccinato può divertirsi come le accuse di eresia rivolte ai
De occulta philosophia se facesse un gioco di ruo- cavalieri erano infondate
mise per la prima volta lo», moltissimi hanno e che Clemente V, papa
in relazione (in poche creduto ai loro vaneg- al momento della loro
righe) i Templari con giamenti e hanno trat- messa in accusa, aveva
la stregoneria e i culti tato lo scritto come concesso il perdono ai
pagani della fertilità una fonte affidabile. condannati.
legati a Pan e al dio Sulla loro falsariga, i Questi autorevoli
fallico Priapo. libri di genere sono saggi storici, tuttavia, si
proliferati, sempre perdono nel mare del
mettendo in mezzo i “templarismo”, ormai
Templari e la stirpe di divenuto una sorta di
Gesù: si va dalla Linea mania per la “cultura
di sangue del Graal pop”, che riempie ›
civiltà medievale 9
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cover story: il ritorno dei templari
10 civiltà medievale
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Veduta di Rennes-le- derick Johnson (probabilmente nomi fittizi) teoria secondo cui i cavalieri del Tempio erano
Château, il paese del elaborarono una mitologia in base alla quale i entrati in contatto, in Siria, con gli Assassini,
meridione francese maestri Templari avrebbero posseduto cono- appartenenti a una setta integralista islamica
da cui prende avvio scenze derivanti dalla setta ebraica degli Esse- guidata dal Vecchio della Montagna. Il gesuita
l’indagine narrata ni, contemporanei di Cristo. Ereditati Augustin de Barruel (1741-1820) si rese
nel Santo Graal. Nel dai canonici del Tempio di conto che la porta della fanta-
tondo, il parroco Gerusalemme, tali segreti sia era spalancata, e nel suo
Saunière, fantomatico sarebbero poi passati ai libro Mémoires pour servir
scopritore di un tesoro Templari. Nella loro fan- à l’histoire du Jacobinisme
templare. A destra, tastica ricostruzione, Jacques scrisse: «Tutto si collega, dai
un’interpretazione del de Molay aveva assunto il nome Catari agli Albigesi, ai Cavalie-
Graal, la coppa di Gesù in codice di Hiram, appartenuto al ri del Tempio e, di conseguenza,
nell’Ultima Cena, di cui costruttore del tempio di Salomone. ai massoni giacobini; tutto indica una
i cavalieri sarebbero stati Su questa sorta di mitologia sorse- comune origine». Dietro a questo in-
custodi. Nella pagina ro società segrete votate al culto dei sieme di personaggi, secondo Barruel,
a fronte, Umberto Templari e della loro sapienza. Sulla c’era una cospirazione maligna, idea che
Eco: secondo lui, un stessa scia s’impose un altro te- si legò ai Templari per lungo tempo.
libro attendibile sui desco, Friedrich Nicolai L’orientalista austriaco Joseph
Templari non poteva (1733-1811), per il quale Freiherr von Hammer-Pur-
andare oltre il 1314, i Templari erano eredi di gstall (1774-1856), nel suo
anno di soppressione una dottrina eretica ereditata Mysterium Baphometis reve-
dell’Ordine. dagli gnostici del primo cristianesimo. A tale latum, arrivò a definire con precisione quali
idea, il farmacista Luis Cadet de Gassincourt gnostici ed eretici fossero stati antesignani dei
(1731-1799) aggiunse, nel saggio Le tombeau Templari: si trattava degli Ofiti, adoratori del
de Jacques Molay ou le secret de conspirateurs, la serpente e cultori di un rituale fallico legato ›
civiltà medievale 11
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cover story: il ritorno dei templari
12 civiltà medievale
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Una scena di Knightfall,
serie tv sui Templari
e sulla ricerca del Graal.
Enigmatico
Bafometto
T ra le accuse rivol-
te ai Templari vi
era quella di idolatria. Si
diceva che, nei loro riti
iniziatici, il Maestro chie-
desse ai novelli cavalieri di
rinnegare Cristo, sputare
sulla croce, dare e riceve-
re baci “osceni” su bocca,
ventre e fondoschiena. Tra
le accuse, anche quella di
adorare un idolo, chiama-
to Bafometto (Baphomet):
si sarebbe trattato di una
testa umana barbuta, op-
pure di una testa con più
facce, di un teschio o di
una testa di gatto. Cosa
fosse effettivamente il Ba-
fometto resta incerto, così
come misteriosa è l’origine
del nome, forse legata a
Mahomet (Maometto). Si
pensa potesse trattarsi di un
reliquiario a forma di testa
o di un volto di Cristo, dispersi nel Tevere (cosa impossibile, visto che fosse rivelato, potrebbe mettere in discussione
scolpito o dipinto (come furono arsi a Parigi, sulle rive della Senna). il mondo come lo conosciamo da duemila anni.
l’icona qui sotto). Certo Sulle orme di Brown sono nati L’ultima co- Ma forse il culmine della fantasia lo tocca La
è che nessun Bafometto è spirazione (2006) di Steve Berry, in cui si cerca chiave di Hiram (1996) di Christopher Knight
mai stato trovato nelle sedi la soluzione del mistero di Rennes-le-Chateau e Robert Lomas: tra manoscritti perduti e ri-
templari o tramandato fino (altro argomento che ha prodotto decine di vo- trovati, culti massonici e faraoni egizi, si arriva
a noi. Lo scrittore francese lumi), e Il sigillo maledetto dei Templari, scritto a sostenere che l’uomo della Sindone di Torino
Pierre Klossowski (1905- da David Gibbins nel 2006, in cui uno dei te- sia Jacques de Molay: il celebre sudario avreb-
2001) dedicò al tema il ro- sori perduti dei cavalieri del Tempio è il pre- be avvolto il corpo del maestro dopo la tortura
manzo esoterico Le Bapho- zioso candelabro ebraico a sette bracci, la Me- da parte dell’Inquisizione e prima del fatale
met (1965), la cui vicenda norah, alla cui ricerca si mettono l’archeologo rogo. Se consideriamo che, secondo qualche
si stende dal Medioevo Jack Howard e un gruppo di lestofanti nazisti. teoria anche non astrusa (ne parla Barbara
fino ai giorni nostri. All’ultimo maestro dei Templari è dedicato Frale in I Templari e la sindone di Cristo, 2009),
Jacques de Molay, cavaliere di Dio di Marco il Bafometto adorato dai Templari potrebbe
Fosso (2009, che ricostruisce la fine dei tena- essere un’immagine del volto di Gesù, simile
ci cavalieri e la morte del loro comandante, alla Sindone, il cerchio si chiude. Anche se
mentre 999, l’ultimo custode di Carlo Adolfo Knight e Lomas dovrebbero spiegare come i
Martigli (2009) ha per protagonista un discen- Templari potessero adorare la testa di de Mo-
dente di de Molay, tal Guido di Mola, che ha lay prima ancora della sua morte...
italianizzato il proprio nome per evitare le
persecuzioni: dopo aver ereditato un ma- Dalla pagina allo schermo
noscritto del filosofo umanista Pico della Il cinema non ha perso tempo per gettarsi
Mirandola, di Mola si trova alle prese con sul filone templarista. Tra il 1971 e il 1975, lo
un segreto (ambito anche da Hitler) che, se spagnolo Armando de Ossorio ha diretto ›
civiltà medievale 13
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cover story: il ritorno dei templari
14 civiltà medievale
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Sopra, Nicolas Cage (nelle vesti di un templare esperto e cinico miniserie francese del 2006, in cui si vive la vi-
(nei panni del crociato compare, ancora una volta, Nicholas Cage). cenda del processo all’Ordine fino alla sua rovi-
e bandito Gallain) e Decisamente sopra le righe Assassin’s Creed na (Jacques de Molay è interpretato da Gérard
Hayden Christensen (2016, regia di Justin Kurzel), pellicola ispira- Depardieu), per poi seguire le tracce della
(Jacob) in una scena ta all’omonimo videogioco, in cui Templari e maledizione lanciata dal maestro sulla famiglia
di Outcast - L’ultimo Assassini islamici si scontrano in una battaglia reale dei Capetingi. Anche la serie Knightfall,
templare, ambientato secolare (il film è un seguito di salti temporali inaugurata nel 2017, racconta la decadenza e
nella Cina del XII e mentali, indotti da una macchi- la caduta dei Templari dopo la per-
secolo. A destra, na che permette di rivivere le dita delle terre d’Oltremare e la
riproduzione del sigillo “memorie genetiche”) per fine del loro compito princi-
dell’Ordine: i due il possesso della Mela pale, la difesa dei pellegrini
cavalieri in groppa dell’Eden, artefatto di in Terrasanta. Ma a questa
a un unico destriero un’antica civiltà che vicenda si affianca la ri-
simboleggiavano, forse, contiene il codice gene- cerca affannosa, da parte
umiltà e unità d’intenti, tico del libero arbitrio: in dei cavalieri crociati, di un
ma diedero adito anche pratica, una sorta di San- nuovo scopo che giustifi-
alle accuse di sodomia. to Graal con un nome chi la loro esistenza, e che
Nella pagina a fronte, diverso. Interpretato da viene rintracciato proprio
Gérard Depardieu Michael Fassbender, il film nel ritrovamento del Graal.
interpreta il maestro è un susseguirsi di colpi di Già appartenuto ai Templari,
Jacques de Molay nella scena fantasmagorici, l’ultimo ma andato perduto durante un
serie televisiva francese dei quali permette di ritrovare la Mela naufragio al termine delle Crociate, il
La maledizione dei dell’Eden nella tomba di Cristoforo Colom- calice ricompare, infine, in Francia.
Templari (2006). bo (altro personaggio che una certa saggistica Il fenomeno del “templarismo” sembra
collega ai Templari e alla loro conoscenze). non avere fine, coinvolgendo anche video-
Tra i prodotti legati ai Templari non vanno giochi, fumetti, graphic novel e, in particola-
dimenticate due interessanti serie tv: La maledi- re, invadendo il web con le sue storie, tanto
zione dei Templari e Knightfall. La prima è una suggestive quanto improbabili.
civiltà medievale 15
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personaggi
9 DONNE
CHE FECERO L’IMPRESA
Ecco le vicende di figure femminili d’eccezione, che spesso partendo dal niente ebbero
la capacità, la determinazione e l’astuzia di scalare la società fino a conquistare il potere,
religioso o temporale che fosse. Lasciando un segno indelebile nella nostra storia
di Anna Lorenzini
L’IMPERATRICE TEODORA
16 civiltà medievale
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le donne e il potere
ILDEGARDA DI BINGEN
civiltà medievale 17
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personaggi
ELEONORA D’AQUITANIA
All’origine
c’è
FRoma
iglia primogenita del duca d’Aquitania e conte di Poitiers
Guglielmo X e di Aénor di Châtellerault, Eleonora nacque
nel 1122. Venne educata per rivestire un ruolo importante nel
panorama nobiliare francese, tanto che nel 1137 il padre, appena
prima della sua morte, la diede in sposa al futuro re di Francia
Luigi VII. Eleonora era considerata la donna più bella d’Europa,
ma certamente parte del suo fascino doveva derivarle dall’intel-
ligenza e da un carattere volitivo e particolarmente ambizioso.
Era anche sensuale e focosa, almeno a prestare fede alle cro-
nache dello storico coevo Guglielmo di Newbury, e la sua avve-
nenza doveva provocare più di qualche fremito all’interno della
corte francese: Guglielmo afferma che, in procinto di partire per
la Seconda crociata, il re decise di portare con sé la consorte,
spinto da una gelosia probabilmente non del tutto immotivata.
Quando il matrimonio fu annullato, nel 1152, a Eleonora basta-
rono sei settimane per farsi sposare dal futuro re Enrico II d’In-
ghilterra; aveva undici anni meno di lei, ma rimase ammaliato
da una donna che, pur avendo ormai trent’anni (non pochi, per
i canoni dell’epoca), sapeva esercitare ancora un notevole char-
me. Dote che non perse nemmeno quando rimase vedova, nel
1189, nonostante avesse vissuto gli ultimi 16 anni in prigionia
per aver sobillato i figli contro il padre Enrico.
MATILDE DI CANOSSA
18 civiltà medievale
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le donne e il potere
GIOVANNA D’ARCO
ISABELLA DI CASTIGLIA
E ducata con amore dalla madre nei primi anni di vita e gui-
data spiritualmente dai francescani, una volta incoronata
regina di Castiglia e León, il 13 dicembre 1474 a Segovia, Isabel-
la dimostrò subito un piglio a dir poco autoritario. Passata alla
Storia come “la Cattolica”, per prima cosa provvide a consacra-
re il proprio regno a Dio e alle leggi della Chiesa; non paga, nel
1480 introdusse l’Inquisizione, lo spietato strumento di “polizia
politica” (camuffata da indagine di fede) per combattere i soste-
nitori di teorie eretiche e i nemici del trono: in Spagna, gli in-
quisitori rispondevano direttamente alla Corona, e non a Roma.
Insieme al cattolicissimo marito Ferdinando d’Aragona, sposa-
to contro il volere del fratellastro il 19 ottobre 1469, nel 1492 Isa-
bella firmò il decreto di espulsione di tutti gli ebrei dalla Spagna:
un atto destinato a rappresentare un discreto affare per il regno,
dal momento che agli oltre 200 mila israeliti presenti sul territo-
rio fu vietato di portare con sé in esilio metalli preziosi e denaro.
Intanto, l’Inquisizione di Isabella e Ferdinando, i “Re Cat-
tolici”, bruciava vivi gli eretici e, anche se in misura minore, le
streghe: migliaia di persone vennero torturate e avviate al rogo, a
volte a seguito di processi intentati per invidie e desideri di ven-
detta, tanto che è difficile stimare con precisione quanti uomini e
donne siano stati uccisi durante il regno dell’implacabile Isabella.
civiltà medievale 19
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personaggi
CATERINA DA SIENA
P enultima dei 25 figli del tintore di stoffe Jacopo Benincasa, Caterina
nacque a Siena il 25 marzo 1347. Si votò alla vita religiosa fin da
adolescente, nonostante i genitori avessero cercato di maritarla già a 12 anni.
Quattro anni dopo, entrò nell’ordine delle Sorelle della Penitenza di san
Domenico, le cosiddette Mantellate. Quasi analfabeta, Caterina conosceva
solo il Paternoster e l’Ave Maria, e si trovò in difficoltà in un ambiente di
donne più anziane e colte di lei. Il suo modo di servire Dio, però, era diverso
da quello delle altre monache: più che la preghiera, per Caterina contava
l’assistenza a poveri e malati, che considerava immagine terrena del Cristo
sofferente. All’ospedale di Santa Maria della Scala, uno dei più antichi
d’Europa, si dedicò in particolare ad assistere gli indigenti e i contagiosi.
La fama della sua carità iniziò presto a diffondersi, e attorno a lei si
radunò un gruppo di uomini e donne, detto la “Bella brigata”, che
l’aiutava in diversi compiti, oltre che nella corrispondenza, che Caterina
iniziò a intrecciare con i grandi sovrani del tempo. Quando la sua notorietà
raggiunse Pisa, vi fu invitata da Piero Gambacorti, signore del luogo, e fu lì
che, il giorno della Domenica delle Palme del 1375, ricevette le stimmate.
L’anno successivo, Firenze chiese la sua intercessione presso il papa,
affinché cancellasse l’interdetto che gravava sulla città.
Caterina morì il 29 aprile 1380, a Roma, dove aveva seguito il pontefice
Gregorio XI di ritorno dalla “cattività” avignonese, che ella si prodigò di
far cessare. Si era anche battuta in favore di Urbano VI contro l’antipapa
Clemente VII, che venne infine costretto alla fuga. Mistica e visionaria, le
sue opere (Lettere, Orazioni, Dialogo della Divina provvidenza), dettate
ai discepoli, le valsero la nomina a dottore della Chiesa da parte di Paolo
VI nel 1970. Caterina era già stata canonizzata nel 1461, da papa Pio II.
20 civiltà medievale
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le donne e il potere
MARGHERITA DI DANIMARCA
All’origine
c’è Roma
Figlia minore del sovrano Valdemaro IV e nata nel 1353, Margheri-
ta non sembrava destinata al trono, se non come regina consorte;
ciò per via della presenza del fratello Kristoffer (1344-1363), della so-
rella Ingeborg (1347-1370) e, soprattutto, della consuetudine danese,
che non vedeva di buon occhio l’accesso al trono alle donne.
Ma lei non era tipo da sottostare passivamente alle regole. Così,
dopo la morte del padre, nel 1375, Margherita ottenne l’elezione del
figlio Olaf a re di Danimarca, nonostante le pretese di Enrico III di
Meclemburgo-Schwerin, marito della sorella, e del loro figlio Alberto.
Morto Olaf nel 1387, dopo essere succeduto al padre in Norvegia nel
1380 e con ambizioni verso il trono di Svezia, l’anno seguente Mar-
gherita, che aveva governato in sua vece su entrambi i regni, fu scelta
come reggente di Norvegia e Danimarca. In tale veste diede prova
di straordinarie capacità di governo, sedando le rivolte interne della
nobiltà danese e appoggiando, per contro, quella svedese per costrin-
gere Alberto di Meclemburgo ad abdicare. Divenuta signora di Da-
nimarca, Svezia e Norvegia, nominò sovrano il suo bis-nipote, Eric di
Pomerania, riservandosi il ruolo di reggente fino alla sua maggiore età.
Anche quando Eric compì i 18 anni, però, di fatto continuò a essere lei
la sovrana, illuminata e riformatrice, dei tre Stati scandinavi.
ANNA COMNENA
civiltà medievale 21
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riti misteriosi
22 civiltà medievale
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IL SEGRETO
DEI VETRAI
Per avere un’idea delle capacità dei maestri vetrai del Medioevo basta visitare le grandi
cattedrali gotiche disseminate in tutta Europa, Italia compresa. La loro luce è frutto
di un’arte che esigeva abilità manuale, spirito d’innovazione e straordinario talento
di Antonio Ratti
P
ercorrendo la na- Vetrata, databile al 1180,
vata della catte- che rappresenta la Ma-
drale di Chartres, donna con il Bambino
riedificata tra il 1194 e il circondata da una schie-
1240, è facile compren- ra di angeli. A rendere
dere il livello raggiunto davvero uniche queste
dai maestri vetrai in epo- opere è l’impiego di un
ca medievale. L’interno colore blu dalla tonali-
del maestoso duomo tà particolare e ancora
prende luce da 176 vetra- oggi inimitabile, tanto
te policrome, comprese le da essere noto come
rosette, che coprono una “bleu de Chartres”.
superficie complessiva di Per gli storici dell’ar-
2.600 mq. Raffigurano te non ci sono dubbi: è
racconti biblici, come la in questo edificio, come
storia di Noè e del Di- nella cattedrale di No-
luvio universale, la para- tre-Dame (XII secolo)
Il profeta Daniele in bola del figliol prodigo e nella Sainte-Chapelle
una vetrofania della oppure quella del buon du Palais (XIII secolo)
cattedrale tedesca di samaritano, ma non man- a Parigi, che la vetrata
Augusta: si tratta di cano episodi tratti dalla gotica raggiunse la sua
uno dei primi esempi popolare Leggenda aurea massima espressione.
noti di vetrata colorata di Jacopo da Varazze. La Gli esempi più antichi
medievale legata a maggior parte delle vetrate fu realizzata nel a noi noti provengono invece dalla mo-
piombo. Nella pagina corso del Duecento, anche se alcune risal- numentale cattedrale tedesca di Augusta:
a fronte, uno dei rosoni gono al secolo precedente, essendosi salvate cinque splendide vetrate policrome raffi-
della cattedrale di dal furioso incendio che nel 1194 devastò guranti personaggi dell’Antico Testamento
Chartres, le cui vetrate la chiesa romanica preesistente. Tra queste (Mosè, Daniele, Davide, Osea e Giona), re-
risalgono al XIII secolo. spicca la celebre Nostra Signora della Bella alizzate tra la fine del X secolo e il 1130. ›
civiltà medievale 23
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artigianato
c’è Roma
loro valore è inestimabile, continuò a sopravvivere
essendo opere che denotano in Medio Oriente e nell’Eu-
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i vetrai
civiltà medievale 25
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artigianato
26 civiltà medievale
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i vetrai
Sopra, le vetrate della XIII secolo i pittori disponevano della “gri- avrebbe permesso di resistere per secoli agli
Sainte-Chapelle, saglia”, una sostanza composta da polvere agenti atmosferici e all’umidità. Quando i
risalenti al Duecento. di vetro e da un additivo colorante (lima- cristalli uscivano dal forno venivano posti
Nella pagina a fronte: tura di ferro o rame), che veniva impastata nuovamente su una tavola lignea, dopodi-
nel tondo, il mese di con un legante fino a creare spessori diversi. ché il pittore procedeva a unirli fra loro.
aprile, dalla cattedrale Solo in un secondo tempo furono inventa- Ciò avveniva legandoli mediante righelli di
di Chartres, il cui ti nuovi colori, come il giallo-argento (in piombo malleabile dalla sezione a forma di
fondo è realizzato con Francia), il verde e il giallo (Germania). “H”, che venivano successivamente saldati
l’inimitabile colore fino a ottenere una sorta di reticolo (dalle
blu; nel riquadro, il La messa in opera informazioni in nostro possesso sappiamo
laboratorio di un vetraio, Ultimata questa operazione, i vetri veni- che potevano essere fusi solo piombi di
dalla classica forma a vano accatastati per poi essere cotti in for- circa 60 cm di lunghezza). A questo punto
campana, in una stampa no. Il procedimento era semplice: dato che l’opera era finalmente giunta al termine: re-
cinquecentesca. la grisaglia fondeva a temperature più basse stava soltanto da montare i pannelli, ormai
del vetro, era in grado di fissarsi alla sua su- ben fissati, sulle armature delle finestre e,
perficie, acquisendo una consistenza che gli quindi, provvedere a murarli.
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cucina
TORTE E DOLCETTI
UNA PASSIONE MILLENARIA
Cuochi di corte, monache, pasticceri specializzati: nel Medioevo, benché procurarsi
gli ingredienti fosse costoso e difficile, l’arte dei dolci toccò vertici assoluti. Perché le ricette
a base di zucchero non erano solo gustose, ma anche emblemi di ricchezza e potere
di Mario Galloni
D
ai frugali dolcetti secchi, confezionati Il peccato di gola, nella sua forma più dolce, Sopra, un fornaio
dalle monache nei conventi dell’alto ha attraversato tutto il Medioevo, dai primi trecentesco. I grandi
Medioevo, al monumentale pastic- secoli, poveri e timorati di Dio, fino all’edo- cuochi producevano
cio offerto dai Savoia a Carlo di Lussembur- nismo gastronomico delle corti del basso Me- dolci per le corti, mentre
go (il futuro imperatore Carlo IV) a metà del dioevo. Per scontare l’implicita lussuria insita fornai e monache si
Trecento, recato al desco dall’allora quattordi- nella loro cucina, le povere monache dell’Età occupavano di quelli per
cenne Conte Verde, a cavallo e in abito di gala. di Mezzo battezzarono i dolcetti con nomi- le persone semplici.
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i dolci
Sapori dall’Oriente
Per secoli, dopo la caduta dell’Impero
Romano, a deliziare il palato dei ghiottoni ci
pensò il miele, prodotto in abbondanza dagli
alveari vicini ai conventi, dove l’attività delle
api sosteneva già la produzione di cera per le
candele. Miele e cera presero così ad andare
a braccetto, tanto che per tutto il Medioevo i
fabbricanti di candele e quelli di dolci appar-
tennero alle stesse corporazioni di mestieri. UN DOLCE PER LE SPOSE
L’ambrato nettare, farina e frutta secca costitu-
ivano la base per la produzione di dolci sapori-
ti e sostanziosi, come il Panforte senese.
P reparata nella “cassa” di pasta tipica dei pasticci e delle torte dolci e sa-
late, la “diriola” era un classico della cucina francese già nel Medioevo,
e veniva riempita con un composto di uova e latte che, al termine della
Tutto questo fino all’arrivo dei musulmani cottura, doveva risultare mosso, quasi fosse un formaggio fresco molle. La
sulle coste siciliane, nell’827, anno che coin- torta, molto apprezzata come dolce nuziale, ci arriva in versione italiana
cise con l’inizio di una lenta rivoluzione nel- attraverso il maestro Martino da Como; l’unico, pare, ad aver compreso le
la produzione dolciaria europea. Abilissimi complicate istruzioni contenute nella ricetta originale francese.
pasticceri, gli arabi introdussero in cucina la
canna da zucchero, il gelsomino, lo zafferano, INGREDIENTI
il sesamo, la cannella, l’anice, e presero a crea- Per la pasta brisée: 200 g di farina, 100 g di burro (o di olio), 1/2 tazza
re dolci elaborati e profumati, come cannoli e di acqua fredda (o acqua e vino bianco), la buccia grattugiata di 1
cassate, grazie all’utilizzo di essenze quali l’ac- limone, un pizzico di sale.
qua di rose e il muschio. Dopo l’anno Mille, in
seguito alle Crociate, giunsero anche nei mo- Per il ripieno: 75 cl di latte fresco, 6 rossi d’uovo, 150
nasteri spezie e zucchero di canna, quest’ul- g di zucchero, 1 cucchiaio di cannella in polvere
timo destinato progressivamente a sostituire (da macinare), acqua di rose.
come dolcificante il miele e il mosto d’uva. Ma
con moderazione, perché come ebbe a scri- PREPARAZIONE
vere, già nel Settecento, il padre della moder- Preparare la pasta brisée mescolando
na gastronomia, il francese Brillant-Savarin, tutti gli ingredienti fino a ottenere un
«lo zucchero non fa male se non alla borsa», impasto liscio e lasciarla riposare per
battuta che testimonia quanto la “polvere di qualche ora in frigorifero, coperta con
Cipro” (così era chiamato il dolcificante nel un panno. Stendere la pasta nella te-
Medioevo, perché l’isola ne era la maggiore glia e metterla in forno per 20 minuti
produttrice) costava uno sproposito e poteva- a 180 °C, avendo cura di riempirla
no permettersela soltanto i ricchissimi. con un peso (vanno bene dei fagioli),
Ragione in più per farne un uso smodato per evitare che possa alzarsi. Intanto,
quando il banchetto, a partire dal Trecento, montare uova e zucchero fino a ottenere
divenne uno dei simboli dell’affermazione una spuma nella quale incorporare latte e
sociale di un casato, riflessa nelle prezio- cannella. Versato il tutto nella teglia con la
se ceramiche sulle quali veniva servito agli pasta (rimossi i fagioli!), infornare per un’altra
ospiti, e riverberata dal numero e dalla raf- ora. La diriola sarà pronta quando l’impasto as-
finatezza delle sontuose portate in menù, sumerà la consistenza di un budino. Alcune gocce di
preparate da cuochi sempre più specializza- acqua di rose serviranno a profumarne la superficie.
ti, che poco avevano da invidiare (se non ›
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cucina
D olce simbolo di Mantova, Brescia e del Basso Garda, la torta di rose è una ricetta
contesa da diversi territori. La leggenda, suffragata da vari scritti, farebbe pen-
dere la bilancia a favore della corte dei Gonzaga, dove l’arrivo di Isabella d’Este,
divenuta marchesa sposando Francesco II Gonzaga, portò in cucina gli influssi
emiliani del cuoco ferrarese Cristoforo Messisbugo. Costui, per omaggiare la
bellezza d’Isabella, creò un lievitato a forma di cesto di boccioli di rose.
INGREDIENTI
500 g di farina, 180 g di burro, 25 g di lievito di birra, 200 g di zucchero,
2 uova, 1 bustina di vanillina, 125 g di latte, mezzo limone.
PREPARAZIONE
Sbattere le uova con 120 g di zucchero finché non diventano spumose, quindi ag-
giungere 80 g di burro liquefatto, il lievito stemperato in poco latte, la vanillina e il
succo del limone. Aggiungere l’impasto alla farina, disposta a fontana, e ottenere una
pasta liscia da lasciar riposare per mezz’ora. Formare con la pasta delle losanghe di eguale
dimensione, da stendere con il mattarello; spalmare di zucchero e burro ammorbidito, e ar-
rotolarle su se stesse a cannellone. Avvolgere i cannelloni fino a formare i fiori, poi sistemarli
nella teglia e spennellarli con altro zucchero e burro. Infornare per 40 minuti a 180 °C.
il conto in banca) agli odierni chef stellati. chero poteva ammaliare gli ospiti di rango? Nel tondo, la
Maestro Martino da Como era tra questi: a La presentazione di queste opere d’arte ga- preparazione di un
lui si deve la stesura del Libro de arte coquina- stronomica lasciava senza fiato (bastava saper piatto secondo i
ria, caposaldo della letteratura gastronomica fare di conto per apprezzarle), come accadde dettami del Libro de arte
che accompagnò la cucina dal all’apparire del già citato pasticcio dolce, in- coquinaria di Maestro
Medioevo al Rinascimento. trodotto su un monumentale vassoio d’argen- Martino da Como, il
Martino servì a Milano to dal Conte Verde: la scultura rappresentava più importante cuoco
sotto Francesco Sfor- il maniero della famiglia comitale, con intor- europeo del XV secolo.
za, per poi spostarsi no le montagne nevose e sopra il diadema im- Lavorò a Milano, alla
nelle cucine papa- periale. Il gigantismo dolciario si fece ancor corte di Francesco
li, dove si consa- più spiccato a partire dal Quattrocento: fu l’e- Sforza, prima di recarsi
crò fra i migliori poca dei trionfi di zucchero, sculture effimere a Roma, dove si mise a
chef del XV seco- che adornavano tavoli e credenze delle corti servizio dei papi.
lo. Fu cuoco per- durante le grandi occasioni. Nessuna è giunta
sonale del cardinale fino a noi, ma le loro suggestive guarnizioni
Ludovico Scarampi, sono testimoniate da alcuni disegni originali
celebre buongustaio, che fecero da progetto per i maestri pasticceri.
noto per l’opulenza dei Ma il primato dello sfarzo in questo campo
suoi banchetti, tanto da essere spetta sicuramente alla Serenissima, che non
ribattezzato “cardinal Lucullo”. Per deliziare lesinò risorse per impressionare Enrico III,
il proprio palato e quello dei suoi commen- re di Francia, a cui toccarono il privilegio di
sali, l’alto prelato aveva stanziato la somma visitare l’Arsenale di Venezia e la sorpresa di
giornaliera di venti ducati destinati alla spesa. vedersi servire un sontuoso pranzo nelle sale
d’armi: tutto, dai piatti alle posate, fino alle to-
Il trionfo dello zucchero vaglie, era fatto di zucchero, ma perfettamen-
In una cornice di sfrenata esibizione delle te simile al vero, al punto che anche il raffina-
arti culinarie, che cosa più del niveo splen- to sovrano rimase ingannato e, preso in mano
dore di elaborate costruzioni di candido zuc- un tovagliolo, lo osservò stupefatto mentre si
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i dolci
Sotto, una tavolata spezzava in due parti. Per ridurre l’eccessivo papale era la prima a organizzare sontuosi
di corte. I grandi spreco di materie prime usate per dolci tan- banchetti, confezionati dai migliori cuochi
banchetti duravano to grandi, in alcune città italiane vennero ap- e pasticceri dell’epoca? Lo smodato piacere
spesso intere giornate provate leggi che ponessero fine allo sperpero di esibire e assaggiare vide primeggiare an-
(a volte anche più compiuto dai signori. Nel 1224, a Bologna, fu che i Borgia: ventiquattro enormi castelli di
giorni) e prevedevano emanata una legge che permetteva una qualità zucchero troneggiarono sul banchetto per le
la presentazione di un stabilita di dolciumi nei banchetti. nozze di Lucrezia, la figlia di papa Alessandro
numero spropositato VI, con Alfonso I d’Este, celebrate nel 1501.
di vivande, spesso Guerre a suon di dolci Risposero a tambur battente i Gonzaga di
preparate in modi L’esibizione di ricchezza, lo spreco e la sfre- Mantova, che in quanto a sfarzo non erano
che oggi troveremmo natezza alimentare delle classi agiate, nella secondi a nessuna corte europea: in occa-
bizzarri e poco totale noncuranza della fame patita da gran sione dello sposalizio di uno dei principi del
appetibili. parte del popolo, attirò anche le reprimende casato fecero realizzare tre statue ad altezza
della Chiesa, ma né i sermoni né le norme re- d’uomo, tutte in marzapane. Trionfi per oc-
strittive furono in grado di arginare lo smisu- chi e palato, ma veri salassi per le casse di
rato edonismo dei ricchi ghiottoni. corte: tra importazione e pedaggi, un pane di
D’altronde, che credibilità potevano mai zucchero poteva arrivare a costare quanto un
avere i moniti ecclesiastici, quando la corte pane d’argento del medesimo peso.
civiltà medievale 31
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eventi
I VICHINGHI
ALL’ASSEDIO DI PARIGI
Pietre, ferro e fuoco: per mesi i guerrieri normanni tentarono di conquistare
Parigi tempestandola con una pioggia di proiettili. Ma pochi uomini in armi,
decisi a vendere cara la pelle, si resero protagonisti di un’eroica resistenza
di Marco Dalla Fiora
A
ll’alba del 24 novembre 885, i pa- nea arcuata (snekkia) e dalla prua a forma di
rigini alzarono lo sguardo lungo il drago, immagine capace di tenere a bada gli
corso della Senna e rimasero sgo- spiriti del mare e, nel contempo, terrorizza-
menti. Le acque del fiume erano coperte re le popolazioni aggredite. Li muovevano
da un tappeto di poderose navi vichinghe la fame di nuove terre e il sogno di favolosi
intente a risalirlo, seguite da una moltitudi- bottini, ma anche la pressione esercitata dal
ne di altri barconi. Sull’Île de la Cité, dove neonato Regno di Danimarca sulla nobiltà
sorgeva la futura capitale francese, erede di secondo livello, resa orfana del potere
della Lutezia gallo-romana, si diffuse il pa- locale fino ad allora esercitato e costretta a
nico: i terribili razziatori del Nord tornava- cercare nuovi orizzonti di conquista. Con-
no a minacciare la città, come già avevano corse al loro andar per mare anche l’affina- A sinistra, il condottiero
fatto in precedenza, ma mai mettendo in mento delle tecniche di navigazione. Questi vichingo Ragnarr
acqua una simile forza distruttrice. popoli non erano nati marinai: erano stati Sigurðsson, detto anche
indotti a cercare fortuna sulle acque quan- Ragnarr Loðbrók,
Stirpe guerriera do, a partire dal V secolo, i Germani stanziati cioè “Ragnarr Brache
Antica stirpe germanica insediata nei nelle province romane avevano dato vita alle di Cuoio”, che guidò
fiordi scandinavi e organizza- prime strutture statali di una certa stabilità, l’assalto a Parigi
ta in élite guerriere, i Vichinghi impedendo agli abitanti del Nord di pe- dell’845. Nella pagina
(dal germanico vik, che significa netrare via terra nei loro domini. Rimasti a fronte, l’assedio
“baia”), chiamati anche Norman- isolati, i Vichinghi avevano adeguato la alla capitale franca
ni (“uomini del Nord”), erano loro indole bellicosa alle nuove abilità posto dai guerrieri
da sempre avvezzi a mescolare marinare, trasformandosi in una straor- scandinavi. Degli
commercio e pirateria, secon- dinaria macchina da saccheggio. eventi accaduti fra l’885
do una formula ben cono- Gli annali dei Franchi datano e l’886 fu testimone
sciuta anche nel Mediter- la loro prima irruzione conti- oculare il monaco
raneo. A partire dal IX nentale all’anno 810. I Vi- Abbone il Curvo
secolo, i clan vichinghi chinghi erano sbarcati in (Abbo Parisiensis),
presero a intensificare Frisia, la parte settentrio- che li descrisse nel suo
le loro attività preda- nale dei Paesi Bassi, con poemetto De bellis
torie: si muovevano in una flotta composta da Parisiacae urbis, scritto
piccoli gruppi, imbar- più di duecento navi, dan- in lingua latina per
cati su veloci vascelli do vita a una scaramuccia celebrare le gesta di
dalla riconoscibile li- più che a una vera incur- › Oddone di Parigi.
32 civiltà medievale
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i vichinghi a parigi
civiltà medievale 33
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eventi
Sotto, una flotta sione. Questo, però, valse a inaugurare la vico il Pio e nipote di Carlo Magno. Duran-
vichinga: veloci tradizione di razziare il territorio attraverso te la risalita del fiume la potente flotta dei
e maneggevoli, i sbarchi improvvisti e repentini, per ritirar- predoni (120 imbarcazioni e 5.000 uomini),
vascelli potevano si soltanto in seguito al pagamento di un al comando di un capo chiamato Ragnarr
risalire agevolmente consistente tributo in argento. Il riscatto, (spesso identificato con Ragnarr Lóðbr-
anche i fiumi. Nella in ogni caso, non proteggeva le vittime da ok, “Ragnarr Brache di Cuoio”, sovrano
pagina a fronte, una ulteriori assalti: dieci anni più tardi, infatti, leggendario di Svezia e Danimarca), aveva
drammatica immagine una nuova flotta era tornata a muoversi in fatto terra bruciata della città di Rouen e
dell’assedio posto a direzione di Parigi. Stavolta i Vichinghi era- la stessa sorte era toccata a Parigi, messa a
Parigi. Lo squilibrio no stati respinti dalle poderose fortificazio- sacco il 28 marzo, il giorno di Pasqua. Stret-
di forze doveva essere ni dei marchesi franchi e bretoni, e si erano to tra la riottosa nobiltà locale, poco pro-
notevole, ma non come convinti a cambiare obiettivo. pensa a riconoscere il potere della Corona,
affermato da Abbone A Parigi, divenuta nel frattempo la ca- e le limitate capacità del proprio esercito, il
il Curvo, secondo pitale del Regno dei Franchi Occidentali re franco aveva scelto di evitare lo scontro
cui 200 parigini (primo embrione della Francia moderna), con Ragnarr e i suoi, preferendo versare un
fronteggiarono i Vichinghi erano ritornati nella primavera pesante tributo purché levassero le ancore.
30 mila Normanni. dell’845. Lo avevano fatto dopo aver sba- Carlo il Calvo si era attirato così gli strali
ragliato il contingente di difesa approntato di chi vedeva nella sua arrendevolezza un
dal sovrano Carlo il Calvo, erede di Ludo- pericoloso precedente, un incentivo per i
34 civiltà medievale
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i vichinghi a parigi
Le frecce
del mare
S olide, leggere e veloci,
le navi vichinghe po-
tevano navigare tanto in
mare aperto quanto lungo
i fiumi. Rappresentaro-
no la massima espressione
della tecnologia navale
nordeuropea tra IX e XIII
secolo, e garantivano velo-
cità e capacità di navigare
anche in fondali bassi. Ciò
grazie al pescaggio ridotto
dello scafo, qualità deci-
siva per la buona riuscita
dell’attività predatoria.
La più diffusa di queste
navi era la snekkia, lunga
circa 17 m, larga dai 2 ai 3
m e con un pescaggio in-
feriore a 50 cm. Era mossa
da 20 rematori e pote-
va trasportare 40 uomini.
Grazie alla prua intagliata
a forma A Sinistra,
di bestie uno degli
feroci, la Vichinghi a ripetere simili azioni per otte- novembre dell’anno del Signore 885, la po-
naveorecchini
vichingaappartenuti
più famosaa nere altri compensi. Critiche non prive di polazione poté disporsi a resistere alla sel-
è peròunail dama
drakkarlongobarda
(rappre- fondamento, visto che il sovrano e i suoi vaggia furia vichinga con qualche speranza
sentatoritrovati a Civezzano,
sulla moneta sot- successori sarebbero stati costretti a cedere in più rispetto a quarant’anni prima. Si ri-
to): lungocentro
oltre 30di origine
m, tra- e pagare altre tredici volte. Carlo, tuttavia, velò comunque un’impresa durissima.
sportavaromana
fino ain 80provincia
uomini. aveva avuto il merito di trarre insegnamento
Mosse dai diremi
Trento: sono
e dalla in
vela dallo smacco subìto, facendo il possibile per La capitale fortificata
oro, ametista
(i Vichinghi e perle ae
riuscivano rinforzare le difese dei suoi territori. Le cronache del tempo forse esagerano nel
risalgonol’albero
impiantare al VII secolo.
in 90 Nell’editto di Pistres, emesso nell’864, quantificare i numeri dell’esercito invasore:
secondi), in condizioni Carlo aveva ordinato che ogni uomo pro- 30 mila armati sembrano una forza impen-
favorevoli queste imbar- prietario di un cavallo si rendesse dispo- sabile per il periodo, e ne sarebbero bastati
cazioni agili e leggere era- nibile a militare tra le fila di un esercito di un decimo per spazzare via ogni resistenza.
no in grado di sfrecciare liberazione dai Vichinghi, nel tentativo di Non bisogna dimenticare che Parigi era tut-
sull’acqua a 30 km/h. creare una difesa mobile da contrapporre ai ta compresa negli otto ettari dell’Île de la
predoni prima che potessero saccheggiare le Cité, una sorta di castrum dove i parigini
sue terre e poi fuggire per l’ennesima volta. (non più di 10 mila) si erano rifugiati a par-
Tale contingente costituì il primo embrione tire dal V secolo, in fuga dai saccheggi e dal-
della futura cavalleria francese. Contem- le distruzioni seguite al collasso dell’Impero
poraneamente, il sovrano aveva dispo- Romano. A difendere la città non vi erano
sto che ogni città affacciata su un fiu- che 200 uomini in armi al comando di Od-
me venisse dotata di ponti fortificati done, succeduto al padre Roberto il Forte
dai quali potersi meglio difendere dai nella carica di duca di Francia, responsabile
pirati. A Parigi erano stati costruiti delle terre tra Senna e Loira. Nel frattempo,
due di tali ponti, uno in pietra e l’al- la Francia Occidentale aveva patito il succe-
tro in legno, su entrambi i lati dell’Île dersi di regni precari, finché la corona non
de la Cité. Fu così che, quel fatidico 24 era finita in capo a Carlo il Grosso, già re ›
civiltà medievale 35
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eventi
di Germa- rigi resisteva. La città venne allora cinta d’as- Nel tondo, Carlo il
nia e d’I- sedio e il territorio circostante razziato. Nel Grosso, re dei Franchi
talia, a cui frattempo, da parte vichinga furono scavate all’epoca dell’assedio.
giunse il ri- trincee e recuperate grandi quantità di terra Chiamato in soccorso
catto vichin- che, a partire dal gennaio dell’866, vennero dai parigini, il re non
go: paga e sarai scaraventat nel fiume insieme a resti di piante, attaccò i Vichinghi,
lasciato in pace. carogne di animali e corpi di prigionieri tru- ma scese a patti con
Il sovrano rifiutò cidati. L’idea era quella di riempire la Senna il loro capo, Sigfried,
e i Vichinghi si pre- fino a renderla percorribile a piedi, dando così accettando di pagare
sentarono in forze a Parigi, modo alla fanteria di aggirare i ponti. Ma an- un tributo di 700
decisi a prendersi, armi in pugno, ciò che pre- che quello stratagemma risultò vano. libbre d’argento purché
tendevano. In città, Oddone aveva proseguito levassero le vele. Sotto,
l’opera di fortificazione del padre, munendo L’incertezza del re una mappa di Parigi
i ponti di due torri di guardia: una scelta che Straordinari guerrieri animati da un impe- nel IX secolo: come
si sarebbe rivelata molto assennata. Le opere to senza eguali, i Vichinghi non avevano però si vede, a parte alcuni
difensive ressero per tre giorni l’urto selvaggio esperienza nella conduzione di un assedio. edifici monastici, la
della furia vichinga. L’impiego di macchine Fallirono anche quello portato al monastero città si stendeva entro i
da guerra (baliste, manganelle e catapulte) e di Saint Germain-des-Prés, uno dei luoghi di limiti dell’Île de la Cité,
la pioggia di frecce e pietre riversata su Parigi culto cattolici più antichi della città, dove vi- sulla Senna. Solo più
non bastarono ai Vichinghi per penetrare in veva l’abate benedettino Abbone, che sull’as- tardi l’abitato cominciò
città. Al contrario, essi furono respinti dalle sedio di Parigi ci ha lasciato un poema epico a espandersi lungo le
mura e inondati di cera e pece bollenti. scritto in latino. La situazione appariva senza sponde del fiume.
Il 27 novembre gli assalitori cambiarono sbocchi quando, ai primi di novembre, in soc-
strategia, e attaccarono scavando gallerie e im- corso degli assedianti sopraggiunse il maltem-
piegando gli arieti e il fuoco. Tutto inutile: Pa- po. Piogge torrenziali fecero alzare il livello
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i vichinghi a parigi
IL BACIO DI ROLLONE
Una spada vichinga della Senna che, ostruita com’era di rifiuti, Oddone in persona a superare le linee nemi-
del IX-X secolo: queste esondò e fece crollare uno dei ponti. La torre che per chiedere aiuto al sovrano, sordo fino
armi, molto costose nordorientale rimase isolata, difesa soltanto a quel momento ai lamenti di Parigi. Per con-
da costruire, erano un da una decina di armati che si vincerlo a intervenire servì la ribellione dei
simbolo di ricchezza. I rifiutarono di cedere le armi e grandi dell’Impero che, alla dieta
guerrieri comuni erano vennero trucidati. di Metz del luglio 886, pretesero
di solito dotati, oltre Vinta la resistenza sul fiume, che il re muovesse con l’esercito
che di elmo e scudo, il grosso degli assedianti oltrepassò verso la Francia. Carlo il Grosso
di lance, alabarde e Parigi e si diede alla razzia di Le Mans accampò il suo esercito ai piedi della col-
scuri. Quasi tutti, e Chartes, mentre a tenere in scacco la lina di Montmartre solo in ottobre. I pa-
inoltre, portavano città rimase una piccola guarnigione. rigini esultarono: l’assedio stava per ter-
un coltellaccio. Ormai allo stremo, i parigini riusci- minare e la fine dei Vichinghi era vicina.
rono a infiltrare degli uomini oltre le Rimasero però delusi nel constatare che,
linee nemiche e raggiunsero l’Italia per seppur in vantaggio numerico, il re evitò
pregare Carlo il Grosso di intervenire lo scontro con i predoni, ai quali invece
e salvare la città. Al sovrano, però, non fu elargito un riscatto in argento e con-
sorrideva l’idea di uno scontro aperto cesso di risalire la Senna fino alla fer-
con i Vichinghi e in soccorso a Parigi tile Borgogna (terra ostile al sovrano),
arrivò soltanto il suo rappresen- offerta alle razzie degli invasori.
tante in Germania, Enrico di Indignati dalla viltà di Carlo,
Sassonia. Gli assediati otten- i parigini si rifiutarono di per-
nero provviste e rinforzi, ma mettere che, sulla via del ritor-
la situazione rimase dispera- no, i predoni, carichi di bottino,
ta. Nel maggio dell’886, in città passassero in città, e li obbligarono
scoppiò un’epidemia e la sorte a tirare in secca le barche e trasci-
di Parigi sembrava segnata. Fu narle con fatica fino alla Marna.
civiltà medievale 37
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misteri
MANIERI
INSANGUINATI
Congiure, delitti, grandi amori e losche trame trovarono scena in molti poderosi
castelli medievali: mute sentinelle di pietra, che ancora ospitano i segni degli sciagurati
protagonisti di oscure vicende. E in qualche caso, si dice, anche i loro fantasmi...
di Mario Galloni
38 civiltà medievale
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l’italia dei castelli
civiltà medievale 39
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misteri
Spiriti vaganti
Leggenda vuole che nel
maniero circolino numero-
si fantasmi: forse di una fan-
ciulla che si buttò dalla torre
perché impossibilitata a coronare
il suo sogno d’amore; forse dello stes-
so Bernabò o delle pulzelle che sarebbero state
gettate nel pozzo dopo aver passato un’ultima
notte “d’amore” nel letto del crudele signore.
40 civiltà medievale
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l’italia dei castelli
civiltà medievale 41
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misteri
Bardi (Pr)
LO SPIRITO INQUIETO DI MOROELLO
D all’alto di uno sperone di roccia ros-
sa, da più di mille anni il castello di
Bardi (sopra) vigila sul territorio posto alla
di un camminamento di ronda ancora oggi
interamente percorribile, le guardie poteva-
no avvistare con largo anticipo il nemico in
confluenza dei fiumi Ceno e Noveglia, avvicinamento. All’interno, la struttura vive-
nel Parmense. Nel Medioevo, sotto va la classica organizzazione di una fortezza
le sue mura passava l’importante militare, con la piazza d’armi, gli alloggi delle
“via degli Abati”, il cammino milizie, le prigioni e la sala destinata alle tor-
che portava da Bobbio a Pavia ture: tutte collegate da strette e tortuose scale.
(già capitale del Regno dei
Longobardi), e non lontano Tragico equivoco
scorreva il traffico dei pelle- Ma il castello è celebre soprattutto per le
grini lungo la via Francigena. presunte apparizioni del fantasma di Moroello,
Già nel IX secolo, all’epoca un cavaliere di umili origini che si tolse la vita
del regno di Berengario del al ritorno dalla guerra, dopo aver appreso la
Friuli (a sinistra), il vescovo notizia del suicidio dell’amata Soleste. La gio-
Everardo di Piacenza fece del vane, ignara dell’esito della battaglia, aveva vi-
castello un rifugio dalle incur- sto avvicinarsi un drappello di soldati recanti le
sioni ungare, ma fu con Uberti- insegne nemiche: credendo che Moroello fosse
no Landi che la rocca, a partire dal stato sconfitto e ucciso, si era gettata dal ma-
Trecento, raggiunse il suo splendore, stio in preda alla disperazione. L’infelice non
trasformandosi da imprendibile fortili- sapeva, purtroppo, che quelle insegne erano
zio in residenza principesca, impreziosita da state indossate dall’amato e dai suoi uomini in
una pinacoteca, un archivio di famiglia e una spregio al nemico vinto. Fu così che la storia
biblioteca. Dall’alto delle sue mura, dotate finì in tragedia, invece che in un abbraccio.
42 civiltà medievale
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l’italia dei castelli
Cafaggiolo (Fi)
EROS E MORTE
P rima di diventare dimore della potentis-
sima dinastia dei Medici, molti castelli
toscani sono appartenuti ad altre famiglie di
rango, oppure alla Repubblica di Firenze. È
il caso del maniero di Cafaggiolo (nell’ovale),
nel Mugello, la cui forma attuale, massiccia
e lineare, è frutto del genio architettonico di
Michelozzo, che lo progettò per Cosimo il
Vecchio prima del 1450. Amato da Lorenzo il
Magnifico, che vi trascorse l’adolescenza e vi
ospitò spesso la sua corte di filosofi e letterati,
nel 1537 il castello passò a Cosimo I, che lo
ampliò, annettendovi una riserva di caccia. Il
granduca lo donò, insieme all’amato castello
di Trebbio di San Piero a Sieve (dove aveva
trascorso la giovinezza con il padre, Giovanni
dalle Bande Nere), al figlio minore Pietro. LA POETESSA TRUCIDATA
Proprio a Cafaggiolo si consumò l’assassinio
della giovane e leggiadra Leonora di Toledo,
detta Dianora, cugina e moglie di Pietro, che
I sabella Morra sognava la libertà, invece visse (sono parole sue) «in un
inferno solitario e strano», prigioniera nel castello di Valsinni (sotto),
in Basilicata. Nella rocca di famiglia, la giovane trovò la morte, assassinata
l’aveva sposata su suggerimento di Cosimo, il dai fratelli che intendevano salvaguardare l’onore del casato, dopo aver
quale pare se ne fosse poi invaghito. scoperto la relazione della sorella con un nobiluomo.
Nata nel 1520 dal barone Giovan Michele di Morra e avviata da lui agli
La bella Dianora studi, Isabella visse la giovinezza reclusa nel maniero avito. Crebbe an-
Per consolarsi delle scarse attenzioni del ma- gariata dalla prepotenza dei fratelli, mentre il padre, accusato di infedeltà
rito, dongiovanni impenitente e frequentatore dagli spagnoli, era riparato in Francia. Isabella trovò rifugio nella scrittura
di donne di malaffare, la bella Leonora si gettò di versi petrarcheschi, e “galeotta” fu la poesia, che la indusse a intesse-
tra le braccia del nobile Ber- re una fitta corrispondenza (non puramente letteraria) con il signorotto
nardino Antinori. Scoper- ispano-napoletano don Diego de Castro, anch’egli
ta la tresca grazie all’in- poeta e padrone di un feudo vicino a Favale.
tercettazione delle Benché sposato, de Castro corteggiava fan-
loro lettere, Pietro, ciulle di buona famiglia, e non è escluso
furibondo, deci- che abbia incontrato davvero Isabella.
se di sbarazzarsi Sorpresa la sorella con una lettera in
della scomoda mano, i tre fratelli la uccisero a pugna-
moglie, ma lon- late nel 1545; stessa fine fece il precet-
tano da occhi in- tore della giovane, accusato di favorire
discreti. Spedita- la tresca. Fuggiti in Francia, ma ancora
la a Cafaggiolo, la assetati di vendetta, gli assassini fecero ri-
aggredì e la stran- torno in Basilicata l’anno dopo, sorpresero
golò con le sue stes- don Diego in un bosco e lo ammazzarono a
se mani, e l’ausilio di colpi di archibugio. I fratelli non pagarono mai
un telo “asciugatoio”. per il triplice omicidio, il cui movente era anche poli-
Trascorse poco tempo tico: Isabella, infatti, aveva tradito l’onore, ma anche la fede filofrancese
prima che anche il suo amante, del casato, entrando in contatto con uno spagnolo partigiano di Carlo V.
Bernardino Antinori, fosse trascinato con un
pretesto in prigione, dove poi trovò la morte. ›
civiltà medievale 43
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misteri
CELLA PAPALE A ssiso su una rupe da cui domina tutto il territorio sottostante, il
castello di Mussomeli (sotto), in provincia di Caltanissetta, è simile
a un imprendibile nido d’aquila mimetizzato nella roccia calcarea. Un
Spiriti vaganti
Impressionante è un’altra mummia del ca-
stello, quella del marchesino Francesco Caeta-
ni Longhi, morto a cinque anni nel 1851. Ar-
tefici della sua fine furono, si dice, le sorelle,
che lo avvelenarono lentamente (o gli fecero
ingoiare vetro macinato) per non essere estro-
messe dalla linea ereditaria. Quando il picco-
lo spirò, la madre Emilia impazzì di dolore e
volle farne imbalsamare il corpo, continuan-
do ad accudirlo e a parlargli come se fosse
vivo. La mummia, circondata dai suoi gio-
cattoli, è oggi conservata in una teca di vetro.
44 civiltà medievale
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l’italia dei castelli
Carini (Pa)
UN CELEBERRIMO DELITTO D’ONORE
L a leggenda racconta che ogni anno,
nell’anniversario di un delitto perpetrato
il 4 dicembre 1563, l’impronta di una mano
giunse il castello. Vi trovò il genero fuori di
sé per aver colto moglie e amante in flagrante
adulterio. Le carte del processo raccontano
femminile insanguinata riappaia sul muro che fu proprio il padre di Laura a mostrarsi
della stanza dove si consumò l’assassinio. Ap- il più risoluto nell’impugnare la lama che
parterrebbe alla povera Baronessa di Carini, freddò gli amanti e ripristinò l’onore
uccisa insieme al suo amante proprio nella familiare. Il lignaggio dei due casa-
stanza dove si rinnoverebbe l’apparizione so- ti consentì a suocero e genero di
vrannaturale. Tutto ciò nella cornice favolosa venire prosciolti da ogni accusa,
di un maniero arabo-normanno (sopra) a tren- e sui resoconti ufficiali cadde la
ta chilometri circa da Palermo, appollaiato su sordina della censura.
un colle roccioso a guardia del feudo che, ai
tempi, apparteneva ai La Grua-Talamanca. La Storie di strada
nobildonna Laura Lanza di Trabia (nel tondo, Il fattaccio, però, trapelò e ri-
il suo presunto sarcofago) era andata sposa, mase impresso nella memoria po-
giovanissima, a un discendente del casato pro- polare: la sorte dei poveri amanti
prietario del castello, don Vincenzo. Poi, però, divenne così uno dei topos narrativi
aveva finito per cedere alle lusinghe di un cugi- preferiti dai cantastorie ambulanti, ali-
no del marito, il bel Ludovico Vernagallo. mentando la memoria collettiva attraver-
La tresca era proseguita per anni, nonostan- so i secoli. Un racconto a tinte fosche, che
te fosse divenuta di dominio pubblico. Fino nel 1975 divenne noto a tutti gli italiani grazie
a quel fatidico 4 dicembre, quando Cesare allo sceneggiato L’amaro caso della baronessa
Lanza, padre di Laura (divenuta, a seguito del di Carini, prodotto dalla Rai e interpretato da
matrimonio, Baronessa di Carini), non rag- Ugo Pagliai, Janet Agren e Paolo Stoppa.
civiltà medievale 45
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letteratura
IL POETA
SCAPESTRATO
Anarchico ante litteram, polemico, giocatore d’azzardo e crapulone, Cecco Angiolieri
fu un personaggio simbolo della Toscana del Duecento. Poeta di razza e grande scialacquatore,
trasformò l’odio per il padre taccagno in fonte d’ispirazione per sonetti indimenticabili
di Stefano Bandera
46 civiltà medievale
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cecco angiolieri
«T
re cose solamente mi so ’n gra- ghieri. Amante della bel-
do… ciò è la donna, la taverna la vita e della prodiga-
e ’l dado», vale a dire: “Solo lità, l’Angiolieri ri-
tre cose mi sono gradite: le donne, il vino e ceveva dal padre
il gioco d’azzardo”. Sono due versi di una un appannaggio
poesia del Trecento composta da Cecco mensile che non
Angiolieri, nato a Siena nel 1260, contem- bastava mai ad
poraneo e amico di Dante, che nacque cin- appagare i suoi
que anni più tardi. Due versi che ben chia- capricci. Tra be-
riscono il carattere di Cecco (diminutivo di vute, partite a
Francesco) e la sua poetica, radicalmente dadi e spese per
diversa da quella dell’Alighieri e degli altri soddisfare la sua
poeti dello Stil Novo. Costoro erano tutti Becchina (diminuti-
dediti a glorificare l’aspetto più spirituale e vo di Domenica), figlia
angelicato della donna, vista come una cre- di un conciatore di pelli e
atura da adorare per poter raggiungere, at- sempre poco disposta a concedere
traverso il vero amore, una visione più alta le sue grazie all’amante (salvo fingere di mori-
e sublime della realtà. Cecco, al contrario, re per lui quando aveva bisogno di soldi), Cec-
ama la concretezza e spesso nelle sue poesie co si trovava quasi sempre nella condizione
si diverte a stravolgere gli stereotipi dello di dover richiedere prestiti. Tanto è vero che
stilnovismo, restituendo le donne e l’amore nel sonetto LXXIII si descrive così: «I’ son si
alla loro dimensione più reale, fatta di car- magro, che quasi traluco, / de la persona no,
nalità, litigi, bugie e quotidiane bassezze. ma de l’avere; / ed abbo tanto più a dar, che
avere» (“Sono quasi trasparente, ma non per
Una famiglia danarosa magrezza, bensì per mancanza di mezzi, tanto
Cecco era figlio di Angioliero Angiolieri che ho più soldi da dare che da ricevere”).
(registrato anche come Angelieri o Angiu- Questa sua costante mancanza di denaro,
lieri), ricco banchiere e maggiorente del confrontata alla ricchezza del padre (che si
Comune, di cui fu per due volte priore; la dava arie da buon credente, essendo frate
madre, monna Lisa, faceva parte della casata della Beata Gloriosa Vergine Maria, ma che,
aristocratica dei Salimbeni, che nella Siena secondo le parole del poeta, «non credette
del Duecento si era arricchita commercian- mai di sopra al tetto», cioè non ebbe mai al-
do grano e spezie. Il nonno paterno, a sua cuna fede in Dio), portò Cecco a nutrire un
volta, era stato un uomo d’affari, banchie- odio profondo nei confronti del genitore,
re di papa Gregorio IX (1170-1241) e ben ma anche della madre, che non aveva di lui
noto per un’altra particolarità: il sopranno- un’opinione migliore, visto che nel sonetto
me. Veniva chiamato “Solafica”, appellativo LXXXV gli augura di essere “fenduto”, cioè
Nel tondo, un chiaramente osceno, che lo storico ottocen- troncato in due con un taglio netto. Tutti
ritratto immaginario tesco della letteratura Alessandro D’Ancona questi, è vero, potrebbero anche essere solo
dell’Angiolieri, di definì “nome proibito”. Il nomignolo lascia semplici e giocosi motivi letterari, ma le po-
cui non possediamo intuire gli incontenibili appetiti sessuali del che notizie sulla vita del poeta paiono confer-
raffigurazioni. Nella nonno di Cecco, peraltro non differenti da mare in pieno la sua totale assenza di senso di
pagina a fronte, la Siena quelli si suo padre, dal momento che lo stes- responsabilità, associata a un carattere anar-
medievale, città natale so poeta, nel sonetto XXVIII, scrive di lui: chico e insofferente all’autorità e alle regole.
di Cecco, nell’affresco «Vive fresco e razza com’un toro / e ha degli Nel 1281, a 21 anni, partecipò con gli altri
di Ambrogio Lorenzetti anni ottanta». Entrambi, padre e nonno, si senesi guelfi (cioè fedeli al papato) all’as-
Allegoria degli effetti del davano, dunque, al buon tempo, ma senza sedio dei concittadini ghibellini (partigiani
Buon Governo in città. mai dimenticare gli affari, che restavano il dell’imperatore) che si erano rifugiati in un
Dipinto fra il 1338 e il loro interesse principale. castello non lontano da Grosseto: ma la sua
1339, si trova nella Sala Cecco, al contrario, era un bighellone, un disciplina militare era tale che fu più volte
dei Nove del Palazzo “begolardo”, come si definisce egli stesso in multato per essersi allontanato dall’accam-
Pubblico di Siena. un beffardo sonetto indirizzato a Dante Ali- pamento senza autorizzazione. In seguito, ›
civiltà medievale 47
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letteratura
48 civiltà medievale
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50 civiltà medievale
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carri e carrozze
CARRI E CARROZZE
RIUNIRONO L’EUROPA
Penalizzato dalle strade dissestate e dalla contrazione dei commerci,
per molti secoli il trasporto su ruote ebbe vita difficile. Ma i popoli del Nord
lo rivitalizzarono, grazie ad alcune innovazioni fondamentali
di Riccardo Larcheri
L
e efficienti e ramificate vie conso- variamente accidentati. I pochi privilegiati
lari, battute ai tempi di Roma da che potevano permettersi una cavalcatura
una straordinaria moltitudine di erano gli uomini d’armi e quelli di Chiesa,
carri a due o quattro ruote, dopo la caduta i primi su cavalli robusti, selezionati per
dell’Impero divennero sempre più impra- combattere, i secondi a dorso di mulo.
ticabili. Abbandonato a se stesso e all’in-
curia del tempo, orfano della meticolosa Le fuoriserie medievali
manutenzione pubblica, riconquistato dal- Nei regni romano-barbarici i pochi carri
la natura e depredato dai ladri di pietre, il sopravvissuti alla crisi persero l’estetica ac-
prodigioso sistema viario dell’Urbe decad- cattivante che aveva contraddistinto i mo-
de parallelamente al traffico di uomini e delli classici e divennero semplici ma solide
merci, entrambi vittime della crisi politica vetture da lavoro, impiegate in agricoltura
e di quella economica da essa provocata. e nel commercio. Tuttavia, furono proprio
I carri a quattro ruote scomparvero qua- i cosiddetti “barbari” a salvare dall’oblio le
si del tutto: sulle strade non più lastricate, vetture da traino. I re merovingi, per esem-
nemmeno la forza dei buoi era in grado pio, non rinunciarono a spostarsi sui carri:
di sottrarli al fango e alle buche. Gli uo- si limitarono a sostituire i nobili ma bizzo-
A destra, la mini dell’alto Medioevo, tuttavia, a diffe- si cavalli con i più miti ma possenti buoi,
ricostruzione di un renza di quanto senza dubbio
carro medievale a due erroneamente si meno belli
assi (quattro ruote), di crede, non smi- a vedersi (e
cui quello anteriore sero di viaggiare, certamente
sterzante. Poteva essere ma continua- meno ele-
trainato da due o più rono a farlo ganti) ma
animali (buoi o cavalli) soprattutto a pie- capaci di
e adibito al trasporto sia di, seguendo quel sopportare
di uomini che di merci. che restava ruote mas-
Nella pagina a fronte, il delle anti- sicce e pesan-
carro di un dignitario: che strade ti, e terreni
è coperto, decorato oppure, più spes- più difficili.
da fregi e trainato so, camminando Mentre
da cavalli bianchi, faticosa- nell’Eu-
segno della nobiltà mente ropa medi-
del proprietario. su percorsi terranea il ›
civiltà medievale 51
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trasporti
traffico su due o quattro ruote languiva, Dopo secoli di relativo “torpore”, carri,
sostituito da quello lungo le relativamente carrozze e carretti ripresero a battere la
più sicure vie d’acqua (mari, laghi e fiu- strada, con forme e fogge diverse a seconda
mi), nelle foreste del Nord e nelle steppe dello status del proprietario. Quando non
orientali, tra l’VIII e il IX secolo furono si spostava a piedi, il popolino viaggiava su
introdotte due novità rivoluzionarie: la semplici “cassoni” di derivazione agricola,
ferratura dei cavalli e il collare da spalla a un solo asse (quindi a due ruote), trainati
per gli animali da tiro. Soluzioni in grado da buoi e ricoperti da una rustica tettoia di
di rivitalizzare non solo il trasporto su ruo- pelle o di stoffa, molto semplice, fissata al
ta, ma anche i commerci dell’e- carro da centine di legno incurva-
poca, garantendo al surplus te a semicerchio.
di produzione agricola (che I signori, invece, si ac-
nel frattempo si stava cre- comodavano su più con-
ando, grazie a una mag- fortevoli vetture a due
giore stabilità politica) assi (e quattro ruote),
di raggiungere anche talvolta con l’avantreno
mercati lontani dai luo- girevole (per poter cur-
ghi di produzione. vare più agevolmente),
A partire dall’anno Mil- trainate da due o quat-
le, la ripresa dei traffici tro cavalli e con gli in-
commerciali, il rinnovato fer- terni impreziositi da stoffe
vore religioso e la conseguente pregiate, cuscini e tappezze- Nel tondo, Clodoveo I,
esplosione del fenomeno dei pelle- rie ricamate in oro. Alla fine del re dei Franchi dal 481
grinaggi rimisero in marcia anche i carri, in- Duecento fece scalpore l’entrata trionfale al 511. Fu uno dei pochi
dispensabili al trasporto “celere” di una gran a Napoli di Carlo I d’Angiò, al cui seguito sovrani altomedievali
quantità di persone, che per età o per ma- veniva la consorte, Beatrice di Provenza, a non rinunciare
lattie non sempre erano in condizioni fisiche assisa su un carro tappezzato di velluto blu all’uso del carro per
adatte ad affrontare un lungo viaggio a piedi. cielo e decorato, all’interno, di gigli rica- i suoi spostamenti.
52 civiltà medievale
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carri e carrozze
civiltà medievale 53
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riti misteriosi
54 civiltà medievale
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sepolture anomale
UCCIDERE
I MORTI
La paura dei trapassati risale alla notte dei tempi. Nel Medioevo, i suicidi, coloro
che morivano in circostanze sospette o erano affetti da strane malattie a volte
venivano sepolti con rituali macabri. Per evitare che tornassero a “tormentare” i vivi
di Elena Percivaldi
L’
archeologia ci ha restituito una Gli antropologi hanno documentato, in
casistica assai numerosa di defunti tutte le culture e le epoche, l’esistenza di
che, all’atto della deposizione nel radicate credenze secondo cui i defunti, in
sepolcro, erano stati le- situazioni particolari,
gati con corde, stoffe o potevano rappresen-
cinghie di cuoio. Nono- tare, anche dopo la
stante i lacci non si si- loro inumazione, un
ano conservati, essendo pericolo per la società,
stati realizzati con ma- tornando a tormentare
teriali deperibili, han- i vivi. Testimonianza
no comunque lasciato di queste convinzioni
tracce permanenti sul- si ritrovano sia nella
lo scheletro e ne hanno pratica funeraria che
determinato la posizio- nel folclore. Esempio
ne nella tomba, che ri- tipico è la credenza nel
sulta piegata o contrat- vampirismo, divenuto
ta in modo innaturale. popolare nell’Inghil-
In altri casi i cadaveri terra vittoriana e de-
erano stati sottopo- stinato al successo pla-
sti a mutilazione post netario dopo la pub-
mortem (amputazione blicazione, nel 1897,
A destra, un revenant degli arti, decapita- del romanzo epistolare
(“redivivo”, un morto zione), oppure giace- Dracula. La trama del
che ritorna dall’aldilà vano appesantiti da libro di Bram Stoker
in forma corporea) in pietre o accompagnati (1847-1912) echeggia
una stampa del XVI da oggetti come chiodi, remoti fatti storici (l’epo-
secolo. Nella pagina spine, paletti acuminati e amuleti, dall’evi- pea del principe quattrocentesco Vlad III
a fronte, un funerale dente valore apotropaico. Ma quali erano di Valacchia, detto l’Impalatore, baluardo
quattrocentesco. le ragioni di pratiche tanto macabre? contro l’espansione dei Turchi nei Balca- ›
civiltà medievale 55
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riti misteriosi
56 civiltà medievale
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sepolture anomale
Morti senza
battesimo
I bambini morti senza
battesimo erano sospet-
tati di incarnarsi in spiriti
o folletti maligni, che po-
tevano aggredire altri ne-
onati oppure manifestarsi
ai vivi per tormentarli.
Per evitarlo si cercava di
“rianimarli”, portandoli
in appositi santuari (det-
ti à répit o “della doppia
morte”, diffusi soprattutto
lungo l’arco alpino) per
battezzarli, oppure si in-
fieriva sul corpicino con
mutilazioni (decapitazio-
ne, taglio dei piedi, ecc.) o
altre forme di esorcismo.
Un esempio è dato dai
resti di un neonato se-
polto con alcuni rospi
decapitati, deposti con
lui a scopo apotropaico;
le spoglie appartengono
alla necropoli di Bag-
giovara, presso Modena,
databile tra il VI e il VII
secolo d.C. Queste pra-
tiche non erano benviste
dalla Chiesa: il Penitenzia-
le (1008-1012) di Burcar- di 238) erano assenti le calzature, presenti va subìto il taglio non solo della testa ma
do di Worms condanna invece nelle tombe a cremazione: anche in anche di entrambi i piedi. In quest’ultimo
apertamente la pratica di questo caso si voleva evitare che i morti tor- caso, le parti mutilate erano state “rime-
impalare i cadaveri dei nassero a camminare, problema che ovvia- scolate” in maniera alquanto singolare:
bambini, infliggendo ben mente non si poneva nel caso dei defunti la il piede sinistro collocato sopra la spalla
due anni di penitenza a cui salma era stata ridotta in cenere. destra, il destro vicino al femore, il cranio
pane e acqua a chiunque accanto alle tibie, in maniera da creare un
la mettesse in pratica. Impalare, gravare, mutilare puzzle inestricabile anche per il morto più
La pratica apotropaica (tesa ad allon- tenace. Altri casi si riscontrano nella necro-
tanare i morti e le loro influenze o azioni poli tardoantica di Baggiovara (Modena),
maligne) continua, sempre a Casalecchio dove gli inumati delle Tombe 11 e 13 erano
di Reno, anche nei settori frequentati stati oggetto l’uno della mutilazione della
più tardi, dove sono presenti deposizio- parte inferiore della gamba sinistra e l’al-
ni con scheletri mutilati. Nella Tomba tra, una donna, quella del braccio destro,
2, un cane giaceva in corrispondenza di entrambi i piedi e del cranio.
del cranio del defunto, decapitato e Nel 2011, una necropoli bulgara ha re-
deposto in posizione fetale (l’animale stituito due scheletri risalenti al Trecento
aveva, presumibilmente, la funzione di a cui erano stati rimossi i denti, forse per
guardia). Il corpo della Tomba 3 ave- precauzione; a breve distanza giaceva una ›
civiltà medievale 57
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riti misteriosi
58 civiltà medievale
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sepolture anomale
civiltà medievale 59
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la domanda
UMANESIMO E RINASCIMENTO:
QUALI SONO LE DIFFERENZE PIÙ IMPORTANTI?
Fra Trecento e Cinquecento, grazie a illustri poeti e letterati come Francesco Petrarca,
il pensiero, l’austerità, lo stile e il gusto del mondo classico prendono nuova vita.
Per traghettare l’Europa intera, guidata dall’Italia, dal Medioevo verso la modernità
di Luigi Lo Forti
L’
Europa di fine Trecento non era nel-
le condizioni di arretratezza sociale
e culturale che le vengono spesso at-
tribuite. Il XIV secolo era stato caratterizzato
da una profonda crisi economica, oltre che dal
flagello della Peste Nera, e ciò aveva radical-
mente cambiato la società. In Italia, i Comuni
si erano evoluti in società complesse o erano
stati sostituiti dalle signorie, mentre le grandi
città europee erano centri di scambi commer-
ciali e culturali intensi e fecondi. Una nuova
energia attraversava il continente, gettando le
fondamenta per una rivoluzione culturale e fi-
losofica, quindi estetica e artistica.
Le premesse per il cambiamento dello sce-
nario si concretarono a metà del XV secolo,
quando la fine della Guerra dei Cent’Anni,
nel 1453, regalò all’Europa un relativo perio-
do di pace. Le grandi banche e le potenze
continentali si trovavano nelle condizioni
di finanziare imprese ambiziose e poten-
zialmente redditizie, promuovendo così
spedizioni ed esplorazioni che avrebbero
ampliato (letteralmente) i confini
del mondo conosciuto e aperto la
strada a nuovi mercati. Non anda-
vano ridisegnate soltanto le mappe
geografiche, ma anche quelle delle
élite politiche e culturali.
Questo nuovo slancio metteva l’uomo
al centro di tutto: le sue capacità intellet-
tuali e la sua intraprendenza diventavano
valori fondamentali; al contempo, entrava
in crisi la religiosità dei secoli passati, che
si esprimeva soprattutto nell’osservanza dei
precetti e nell’omaggio acritico all’autorità ›
60 civiltà medievale
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umanesimo e rinascimento
della Chiesa. Questa visione rinnovata dell’uo- un secolo prima grazie a Francesco Petrarca,
mo e delle sue capacità fu alimentata anche poeta e filosofo che contribuì in maniera de-
Sopra, Lorenzo il dallo sguardo alla classicità, ovvero all’ideale cisiva alla riscoperta dei valori della classicità.
Magnifico, circondato di uomo che era stato elaborato da Greci e Non si trattava più di recuperare la saggezza
dagli artisti nel giardino Romani e che, attraverso lo studio delle loro degli antichi in modo acritico: i neoplatonici
delle sculture, incontra opere, tornava in auge, grazie a un movimento intendevano riprendere i fili di un discorso
Michelangelo che gli intellettuale chiamato Umanesimo. filosofico antico, ma che si stava rivelando
mostra la testa di un più che mai attuale. Esso esprimeva la cen-
fauno, dipinto di La riscoperta dei classici tralità dello studio dell’anima umana, della
Ottavio Vannini del Se l’atmosfera politica, sociale e culturale sua complessità e unicità, approdando a un
1638-1642. All’epoca dell’Europa del XIV secolo rappresentò il antropocentrismo che ben si sposava con
del fatto Michelangelo terreno di coltura per lo sviluppo del nuo- l’individualismo delle nuove personalità che
aveva circa 15 anni vo ideale umanistico, il luogo in cui esso si si stavano affacciando all’orizzonte politico e
e il Magnifico fu manifestò compiutamente, originando poi il sociale. Già il Petrarca aveva dato lo sprone
talmente colpito dalla Rinascimento, fu la quattrocentesca Firenze a leggere e studiare i testi dei grandi autori
bellezza dell’opera che dei Medici. La fondazione dell’Accademia classici. Ora si trattava di proseguirne il pen-
decise di ospitare il Platonica, nel 1462, da parte del filosofo siero. All’Umanesimo si dovette lo sviluppo
ragazzo in casa propria. Marsilio Ficino, su incarico di Cosimo il della filologia come disciplina, e fu proprio
Nella pagina a fronte, Vecchio, rappresentò un momento decisivo grazie agli studi umanistici che il paziente e
Francesco Petrarca e dimostrò l’importanza che la corrente del secolare lavoro di raccolta, copiatura e con-
(1304-1374), il grande neoplatonismo aveva assunto all’interno del servazione dei manoscritti da parte di mona-
letterato medievale il nuovo panorama filosofico e culturale. La ri- ci e amanuensi condusse alla definizione del-
cui amore per gli autori scoperta dell’opera di Platone (che proprio la moderna cultura occidentale. La centralità
classici diede inizio al Ficino tradusse integralmente) si dimostrò il delle opere classiche, insieme al rispetto e
movimento umanistico. punto di arrivo di un percorso iniziato circa all’autorità conferita ai loro autori, portò ›
civiltà medievale 61
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la domanda
Lo sposalizio della come conseguenza il confronto critico con incredibilmente intensa e feconda, durante
Vergine, dipinto da i maestri: fino a che punto era doveroso ri- la quale Firenze assurse al ruolo di capitale
Raffaello nel 1504. farsi integralmente alla loro opera e quando, artistica della cristianità. Attorno a lui si rac-
L’opera, una grande invece, era opportuno criticarli o addirittura colsero i principali campioni della filosofia e
tavola a olio, riassume contestarli? Tale discussione portò a svilup- di tutte le arti del Rinascimento, discendente
in sé tutti gli elementi pare un approccio inedito nei confronti dei diretto dello slancio intellettuale umanistico.
caratteristici della testi: il loro studio si fece più critico, teso alla
cultura rinascimentale: conferma dell’autenticità delle fonti e a una Firenze, la nuova Atene
l’attenzione all’uomo corretta interpretazione degli stessi. Se l’Umanesimo può essere considerato
nella sua dimensione In un secondo tempo, l’esigenza di legge- un movimento prevalentemente letterario,
sia carnale (espressa re e conoscere le opere originali condusse, il Rinascimento ne rappresenta l’evolu-
dalla perfezione oltre alla ripresa dello studio della lingua zione in ambito artistico. Anche in questo
dei gesti e delle greca (che nei secoli precedenti conosce- caso è evidente il ritorno ai modelli classici
anatomie) sia spirituale vano in pochi, anche fra gli eruditi), a una in pittura, scultura e oreficeria, che proce-
(simboleggiata dalla conseguenza destinata ad avere enormi ri- de parallelamente alla riscoperta dei grandi
luce dei volti); la percussioni sulla storia culturale e politica autori greci e latini. Per rendersene conto
precisione geometrica europea: la traduzione dei testi nelle lingue è sufficiente mettere a confronto un’opera
nella definizione dello volgari nazionali, che portò nel tempo alla esemplare del periodo, il David di Donatel-
spazio; l’attenzione a definitiva affermazione di queste ultime a lo (scolpito nei primissimi anni del Cinque-
uno stile architettonico discapito del latino, anche all’interno delle cento), con una qualsiasi scultura medie-
che si rifacesse a quello élite culturali. L’attitudine critica dell’Uma- vale. Sia l’Umanesimo che il Rinascimento
dell’epoca classica; la nesimo e la disponibilità di testi e manuali non potevano che affermarsi in un contesto
precisione dei dettagli. nelle diverse lingue fece da incubatrice alla politico e sociale dove i signori e i ricchi
formazione di un metodo “scientifico” che mercanti traevano lustro e riconoscimento
sarebbe stato definito compiutamente, all’i- circondandosi di grandi artisti.
nizio del Seicento, da Galileo Galilei. A costoro venivano commissionate opere
La diffusione di testi nei principa- importanti, destinate a essere riconosciute
li idiomi europei, amplificata come vette artistiche dall’intera
dall’invenzione della stam- umanità. Quale altra epoca
pa, permise la nascita e può vantare così tanti
l’affermazione di una geni? Leonardo, Raf-
comunità intellet- faello, Michelange-
tuale internazio- lo, Paolo Uccello,
nale, alimentata Masaccio, Bru-
dal mecenatismo nelleschi, Leon
dei nuovi signori Battista Alberti,
delle corti. Mol- Bramante, Cellini,
ti di loro erano Botticelli: nati tut-
animati anche da ti nelle stesse ter-
un sincero slan- re nell’arco di un
cio intellettuale, secolo, e nutriti
che contribuiva degli stessi ideali.
ad accrescerne il Punto di snodo
prestigio. Esem- può essere consi-
plare, a questo derato Botticelli,
proposito, è la fi- le cui opere sono
gura di Lorenzo spesso una sum-
de’ Medici, po- ma del neoplato-
eta e mecenate nismo, la filosofia
illuminato, ani- del circolo fioren-
matore di un’e- tino di Marsilio
poca breve ma Ficino e dei suoi
62 civiltà medievale
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umanesimo e rinascimento
civiltà medievale 63
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costume
riti misteriosi
64 civiltà medievale
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la lingua del popolo
COME PARLAVA
VERAMENTE IL VOLGO?
Sappiamo che furono Dante, Petrarca e Boccaccio, i padri dell’italiano, ad abbandonare
il latino per scrivere in “volgare”. Ma la lingua parlata dalla gente comune era ben diversa
da quella di poeti e letterati, e variava in maniera sensibile da una regione all’altra
di Alessandra Colla
P
er molti italiani, l’immagine più un crescente isolamento. In parallelo, l’arrivo
evocativa del Medioevo è quella di nuovi popoli nelle terre non più controllate
veicolata dal film L’armata Branca- dall’Urbe introdusse nuovi idiomi che anda-
leone, il capolavoro che Mario Monicelli rono prima ad affiancarsi e poi a sovrapporsi
girò nel 1966. Lontanissimo dalle fantasio- al latino classico, dando origine a sacche lin-
se ricostruzioni romantiche e da quelle più guistiche in cui la lingua ufficiale dell’Impero
rigorose e severe della storiografia accade- venne a poco a poco dimenticata.
mica, il bizzarro Medioevo ritratto da Mo- Per secoli, nello sconfinato territorio do-
nicelli è privo di riscontri scientifici, ma ha minato da Roma il latino era stato la lingua
il merito di richiamare l’attenzione su un che aveva permesso a popoli lontanissimi
aspetto fondamentale per ogni civiltà: la tra loro di trovare un linguaggio comune,
capacità di esprimersi in modo compren- un po’ come accade oggi con l’inglese. Tut-
sibile. Nel film, ciascuno degli sgangherati tavia, era sempre esistita una certa differen-
A destra, l’imperatore compagni d’avventura messi assieme da za tra il latino scritto della giurisprudenza,
Federico II di Svevia. Brancaleone parla un italiano tutto suo, della retorica ciceroniana, della diplomazia
Nonostante l’origine approssimativo, infarcito di termini dia- e della letteratura e il latino parlato (non
tedesca, scriveva lettali e punteggiato di latino decisamente solo dal popolo minuto), soprattutto al di
in volgare italiano, maccheronico, eppure tutti riescono fuori dell’Urbe, dove la lingua era conta-
celebrando la sua a intendersi. Paradossalmente, è minata dagli antichi idiomi italici,
amata con questi versi: forse questo l’elemento più au- sopravvissuti all’imporsi di Roma.
«Null’uom potria vostro tentico di tutta la pellicola. Così, con il passare del tempo e in
pregio cantare / di tanto seguito agli sconvolgimenti seguiti al
bella siete». Nella pagina Una lingua per tutti 476 (anno della caduta dell’Impero
a fronte, un calendario Il lento disgregarsi dell’Im- Romano d’Occidente), il latino ri-
del IX secolo con scene pero Romano ebbe tra mase appannaggio dei dotti. Tutti
di vita quotidiana. I le sue conseguenze il gli altri, invece, indipendente-
costumi sono quelli drammatico interrom- mente dal ceto sociale, comin-
del popolo, con i suoi persi delle vie di comu- ciarono a esprimersi in
abiti e i suoi strumenti. nicazione: le strade, meno un latino alterato dai
Anche la lingua di sicure, rendevano gli sposta- dialetti regionali e dal
questi personaggi menti difficoltosi, impedendo contatto con parlate
doveva essere differente gli scambi commerciali con diverse, dando vita in
da quella aulica parlata i grandi centri e condan- questo modo a una lin-
dall’imperatore. nando intere regioni a gua nuova, informale ›
civiltà medievale 65
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costume
66 civiltà medievale
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la lingua del popolo
BELLUNO (1196)
Nel 1196 gli abitanti di Belluno e Feltre si
VERONA (800 ca.) allearono contro Treviso, e rasero al suolo
Ritrovato su un codice nel 1924, l’Indo- Castel d’Ardo. L’impresa venne immortalata
vinello veronese è il primo esempio di nel cosiddetto Ritmo bellunese:
lingua intermedia tra latino e volgare.
De Castel d’Ard havi li nostri bona part;
Se pareba boves i lo zettà tutto intro lo flumo d’Ard
alba pratalia araba e sex cavaler de Tarvis li plui fer
et albo versorio teneba con se duse li nostre cavaler.
et negro semen seminaba.
Di Castel d’Ardo ebbero i nostri ragione;
Teneva davanti a sé i buoi [le dita]) lo gettarono tutto dentro il fiume d’Ardo,
arava bianchi prati [la pagina bianca] e sei cavalieri di Treviso, i più fieri,
e aveva un bianco aratro [la penna] con sé li condussero i nostri cavalieri.
e un nero seme seminava [l’inchiostro].
Belluno
Verona
Capua
TRAVALE (1158)
Parole di Malfredo di Casamagi, rinvenu-
te su una pergamena. Per essersi lamenta- CAPUA (960 ca.)
to dello scarso cibo ricevuto quando era Il Placito capuano testimonia l’appartenen-
di guardia, fu sospeso dal servizio. za di alcune terre ai Benedettini di Capua
e fu redatto per dirimere una lite tra i mo-
Guaita guaita male naci e il feudatario Rodelgrimo d’Aquino.
Non mangiai ma mezo pane.
Sao ko kelle terre, per kelle fini que ki con-
Guardia, maledetta guardia! tene, trenta anni le possette parte Sancti
Non ho mangiato neanche mezzo pane. Benedicti.
civiltà medievale 67
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costume
Dante in un affresco di tedesca, affinché più facilmente tutti pos- il latino, almeno nella vita di tutti i giorni.
Domenico di Michelino sano intendere quel che viene detto». In Italia, per esempio, agli inizi del X
(1417-1491): la parola Carlo Magno sarebbe morto l’anno se- secolo prese a circolare il cosiddetto Glos-
“romanzo” compare guente, dopo essere riuscito nel suo inten- sario di Monza: una sorta di manuale di
per la prima volta nel to e senza sapere che quel concilio aveva conversazione pensato per viaggiatori e
Purgatorio, nella lode rappresentato il solenne atto di nascita mercanti, che riporta un elenco di 65 voci
al provenzale Arnaldo delle lingue romanze: quelle “lingue ro- del volgare lombardo tradotte in greco.
de Mareuil, autore di mane rustiche” che venivano parlate nelle Dall’XI secolo, infine, in tutta la peni-
«versi d’amore e prose di varie regioni dell’Impero. sola italiana il volgare cominciò a essere
romanzi». Nella pagina . utilizzato abitualmente nei documenti
a fronte, una pagina del Dal volgare all’italiano giuridici, mercantili ed ecclesiastici; lenta-
De vulgari eloquentia, L’esistenza di una lingua autonoma e mente, crebbe in dignità e autorevolezza
l’opera dantesca dedicata alternativa al latino era ormai evidente, e fino a diventare una vera lingua letteraria,
alle lingue volgari. ovunque in Europa il volgare riuscì a im- diversa da regione a regione. Nel Duecen-
porsi con forza crescente fino a soppiantare to, furono Francesco d’Assisi e Jacopone
68 civiltà medievale
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la lingua del popolo
civiltà medievale 69
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moda
LA RIVOLUZIONE DEGLI
ORECCHINI
Amati tanto dalle sofisticate bizantine quanto dalle energiche donne “barbare”,
gli orecchini si diffondono nonostante la condanna degli scrittori cristiani,
che li considerano un vezzo peccaminoso. Nel Rinascimento saranno irrinunciabili
di Elena Percivaldi
S
foggiati fin dall’antichità (le più ric- facevano a gara nello sfoggiare parure di
che donne celtiche, romane, greche gioielli sempre più preziosi e raffinati. Di
ed etrusche li ritenevano un comple- conseguenza, anche gli orecchini divenne-
mento indispensabile per esal- ro un accessorio emblematico del variare
tare la loro bellezza), gli del gusto e della moda.
orecchini continuano a
ingentilire l’ovale del Trionfi barbarici
volto femminile an- Grandi appassionati di gioielli e or-
che nei secoli succes- namenti come status symbol e osten-
sivi. Ma non sempre tazione di potere e ricchezza, i “bar-
hanno vita facile. bari” esaltarono la loro creatività ed
Se ancora in età tar- eccellenza nell’oreficeria producendo
doantica e durante il pri- orecchini di grande gusto e raffina-
missimo Medioevo questi tezza. Il modello era fornito,
ornamenti compaiono spesso per ragioni sia estetiche che
nelle tombe delle signore di prestigio, dai preziosi A sinistra, un orecchino
facoltose, con il passare diademi in voga a Co- del VII secolo ritrovato
del tempo e fino alle porte stantinopoli e nel resto a Senise (Potenza) e
del Rinascimento vi si tro- dell’Impero Bizantino, conservato al Museo
vano molto più di rado, ma in molti esemplari si archeologico nazionale
fin quasi a scomparire del ritrova anche il retaggio di Napoli: è del tipo
tutto, tanto da risultare di simboli e intrecci tipi- “a tamburo” e reca
assenti nei ritratti di gen- ci del mondo germanico. al centro un volto
tildonne del tardo Medioe- Le forme del monile varia- femminile lavorato
vo. La ragione è semplice: nei vano dal cerchio all’anello a cloisonné. Nella
secoli centrali dell’Età di Mezzo, allungato, con o senza pendenti, pagina a fronte, il
complice il continuo richiamo dei predi- a gancio o a cestello. Tra il IV e ritratto dell’imperatrice
catori alla morigeratezza dei costumi, su il VII secolo, gli orecchini veni- Teodora nella basilica di
cui vigilavano apposite leggi, i gioielli in vano indossati comunemente, a San Vitale, a Ravenna.
genere e gli orecchini in particolare ven- dispetto degli strali lanciati dagli Realizzato nel VI secolo,
nero indossati molto meno di frequente. scrittori cristiani, che invitavano raffigura un vistoso paio
La loro rivincita si ebbe dal Quattrocen- le fanciulle ad abbandonare i gioielli visto- di orecchini pendenti
to in poi, quando le dame rinascimentali si, evitando anche di forarsi i lobi. Del › in oro, perle e smeraldi.
70 civiltà medievale
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gli orecchini
civiltà medievale 71
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moda
Sotto, un ritratto del resto, come è scritto nella Prima lettera di ornamenti d’oro, di perle o di vesti son-
Moroni (1522-1579). San Paolo a Timoteo: «Voglio dunque che tuose, ma di opere buone, come conviene
Abbandonata ogni gli uomini preghino, dovunque si trovino, a donne che fanno professione di pietà».
remora, la giovane alzando al cielo mani pure senza ira e sen- Un esempio significativo del grado di
mostra orgogliosa za contese. Alla stessa maniera facciano raffinatezza raggiunto dagli artigiani orafi
i suoi orecchini. le donne, con abiti decenti, adornandosi di quel periodo è dato da una coppia di
di pudore e riservatezza, non di trecce e orecchini appartenuti a una dama ostro-
gota (probabilmente una ricca aristocrati-
ca legata alla corte ravennate di Teodorico
il Grande), ritrovati nel 1893 nei dintorni
del castello di Domagnano, non lontano
da San Marino. Della parure facevano
parte anche due spille (fibule) a forma
di aquila, nove pendenti da collana, uno
spillone per capelli, un anello, tre bor-
chie, due puntali per foderi di coltelli-
ni e una fibula a forma di cicala. I due
orecchini con pendenti, in oro come
tutto il resto, erano stati realizzati a
cloisonné, o lustro di Bisanzio: una
tecnica molto in voga all’epoca, che
consisteva nel colare smalto colorato
in piccole celle metalliche in modo da
ottenere una sorta di mosaico. Gli orec-
chini, a base poligonale, sono completati
da tre pendenti che hanno la foggia di un
insetto alato, forse una cicala. Altri orec-
chini in stile policromo realizzati nella
stessa epoca sono invece a forma di aqui-
la: un noto esempio è conservato al Me-
tropolitan Museum di New York.
Un’eccellenza italiana
La fattura di questi gioielli è carat-
teristica dell’artigianato tardoantico e
rispondeva al gusto allora in voga a Bi-
sanzio: gioielli con pendenti anche mol-
to pesanti e ricchi di gemme e pietre
preziose (come gli smeraldi)
sono visibili, per esempio,
ai lobi dell’impera-
trice Teodora nel
famoso mosaico
della Basilica
di San Vi-
tale, a Ra-
venna.
L’impie-
go mas-
siccio
del
72 civiltà medievale
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gli orecchini
PRESENTE E PASSATO
A destra, uno degli motivo animale nell’ore- molto pochi), gli orecchini
orecchini ritrovati a ficeria è invece una no- tornarono in auge nel tardo
Civezzano, centro di vità di origine germanica: Medioevo, quando rientraro-
origine romana in alcuni simboli, come quello no da protagonisti nel raffinato
provincia di Trento: dell’aquila, potrebbero deri- bagaglio delle cortigiane: appar-
appartenuti a una dama vare dalla contaminazione con si dapprima timidamente ai lobi di
longobarda e databili al altre tradizioni presenti sia nel mon- alcune dame raffigurate nelle scene
VII secolo, sono in oro, do classico che tra le genti delle step- cortesi, care all’arte gotica internazio-
ametista e perle. pe asiatiche, con le quali i barbari nale, si fecero poi più spavaldi nei
vennero in contatto durante le ritratti femminili realizzati du-
loro migrazioni. Anche le donne rante il Rinascimento.
dei Longobardi amavano molto A imporne il gusto e la moda
gli orecchini: quasi assenti nelle furono proprio gli orefici ita-
necropoli di questo popolo prima liani, che spesso era considerati
del suo arrivo in Italia, compaiono veri e propri artisti: creando ela-
invece a partire dall’epoca in cui si borati modelli a forma di uccelli
insediarono nella penisola, su in- o di fiori, e giocando sia con
fluenza del mondo mediterraneo, la policromia degli smalti
originando esemplari di splendi- sia con il candore simboli-
da e pregiata fattura, come i pen- co delle perle, riuscirono
denti ritrovati a Civezzano (Tren- a dare vita a gioielli
to), Castel Trosino (Ascoli Piceno) squisiti e largamen-
o a Senise (Potenza). te imitati, destinati
Dopo secoli di relativo oblio a “fare tendenza”
(gli esemplari risalenti al perio- nelle corti di tut-
do fra il X e il XIII secolo sono ta Europa.
civiltà medievale 73
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A BEVAGNA
IL MERCATO DELLE GAITE
Una manifestazione realistica e suggestiva, al cui centro, in uno spettacolare
panorama di gare, giochi e feste, sta la ricostruzione, filologica e rigorosa,
di una vera comunità medievale: tra donne, artigiani, uomini d’arme e tiratori d’arco
di Elena Percivaldi
L
a quinta naturale del Due-Trecento, attraverso tre
centro storico di Be- sfide fra quartieri (le “gai-
vagna, borgo me- te”, appunto). La prima
dievale in provincia di prevede la ricostruzione Sopra, un momento
Perugia, è protagonista, di due mestieri con i ri- della gara del
ogni anno, del tradizio- spettivi cicli produttivi; la mercato, durante la
nale Mercato delle gaite, seconda è conviviale, con manifestazione di
evento che nel 2019 ha com- il servizio di cibi e bevan- giugno. Al centro, il
piuto trent’anni. Un traguar- de dell’epoca; la terza è una volto di una figurante
do raggiunto grazie alla qualità giornata di mercato. A queste e, nella pagina a
della proposta, che la nota guida gare se ne aggiunge una quarta, fronte, uno dei telai
Lonely Planet dedicata all’Umbria ha di tiro con l’arco. Se le competizioni del setificio. Il termine
definito «la più importante e attendibile rie- sono riservate alle giurie (i membri vengono “gaita”, che distingue
vocazione medievale nel panorama europeo». scelti tra i più noti nomi della medievistica e i quattro quartieri di
La ricetta del successo? Sicuramente l’effica- della divulgazione storica), i visitatori posso- Bevagna, deriva dal
cia e la credibilità con cui l’evento ripropone no entrare nelle botteghe e assistere alle prove longobardo watha, che
uno spaccato di vita reale di un Comune del in costume. I mestieri rievocati oggi sono: Ars significa “guardia”.
74 civiltà medievale
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eventi, rievocazioni e appuntamenti
civiltà medievale 75
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eventi, rievocazioni e appuntamenti
Firenze festeggia i granduchi Cosimo I e Caterina de’ Medici, entrambi nati nel 1519,
con una serie di iniziative ed eventi che continueranno fino al 25 marzo 2020, quan-
do sarà presentato, nella cornice di uno spettacolo pubblico, il restauro della Fon-
tana del Nettuno in Piazza della Signoria. Nell’attesa, si possono visitare le mostre
Cosimo I de’ Medici e l’invenzione del Granducato (allestita presso l’Archivio di Stato
e aperta fino al 12 gennaio) e Sguardi globali. Mappe olandesi, spagnole e portoghesi
nelle collezioni del granduca Cosimo III de’ Medici (visitabile fino al 29 maggio nel-
la Biblioteca Medicea Laurenziana). Nella prima mostra, la vicenda umana e politi-
ca del capostipite dei granduchi di Toscana viene illustrata attraverso una scelta tra
i molti documenti conservati nell’Archivio di Stato di Firenze, accompagnati da un
ricco apparato iconografico. La seconda mostra è invece dedicata al collezionismo
mediceo di mappe provenienti da tutta Europa e dedicate ai nuovi mondi: l’Africa,
le Americhe, l’Oceano Indiano, i mari del Sudest Asiatico e le terre che si estende-
vano nel remotissimo Pacifico, dal Capo di Buona Speranza allo stretto di Malacca.
INFORMAZIONI: www.500cosimocaterina.it
INFORMAZIONI: www.museibologna.it/arteantica/eventi
76 civiltà medievale
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proposte
NELLA BOTTEGA
DI MERLINO
La magia di un laboratorio artigiano
dove il Medioevo rivive in tutta la sua bellezza
A
Fossato di Vico, in provincia di Pe- N Cosa ti rende fiero del tuo lavoro? In alto, il banchetto
rugia, incontriamo Fabio, che nel suo Alla Bottega di Merlino si trovano moltissimi allestito dalla Bottega
laboratorio artigiano vende abbiglia- prodotti fatti a mano e curati nei minimi detta- di Merlino in occasione
mento e produce accessori storici per rievoca- gli, come dimostra il fatto che spesso io e mia di una delle molte
zioni e giochi di ruolo, attrezzature per arcieri moglie siamo invitati dalle associazioni di rievo- rievocazioni storiche a
e armigeri; ma anche articoli da regalo origi- catori per partecipare a eventi in costume. La cui partecipa con i suoi
nali, in stile gotico e contemporaneo, con la cosa di cui vado più fiero sono i miei articoli in prodotti artigianali.
possibilità di effettuare ricami unici e persona- pelle, che produco personalmente in bottega. Nel tondo, Fabio e sua
lizzati. Siamo qui per conoscerlo meglio e farci moglie Monica durante
raccontare da lui il suo lavoro, che è prima di N Quali sono i tuoi clienti più affezionati? una sfilata in costume.
tutto una grande passione. Pur vendendo anche prodotti destinati al gran-
de pubblico, la mia clientela più fidata è rap-
N Perché hai scelto proprio Merlino per presentata dai rievocatori, che apprezzano la
rappresentare la tua bottega artigiana? cura e la fedeltà filologica dei prodotti, e i molti
Quand’ero piccolo tenevo sul comodino utenti che acquistano nel mio store online.
una lampada di Merlino, a cui ero molto af-
fezionato, e che continua a farmi compagnia LA BOTTEGA DI MERLINO
nella vetrina del negozio. Pur passando gli Via Flaminia, 20 - 06022 Fossato di Vico (Pg)
anni, questo personaggio non ha mai smesso Aperto da lunedì a sabato
10,15-12,15 / 15,45-19,30
di rappresentare, per me, la perfetta sintesi del
Tel. 340 973 6761
Medioevo, fatto di Storia ma anche di magia.
www.bottegadimerlino.com
civiltà medievale 77
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libri e film
Cardini F., Musarra A. - Il grande racconto delle Crociate - Il Mulino, pp. 524, € 48
Noti come una cerchia di fanatici sicari musulmani, gli Assassini furono respon-
sabili, secondo la leggenda più conosciuta in Occidente, di un numero enorme di
efferati delitti e azioni suicide, compiute dopo essersi storditi con l’hashish (da cui
deriverebbe il loro nome), nella convinzione di guadagnarsi il Paradiso.
In realtà, la vera storia dei Nizariti (questo il vero nome della setta) è ben più affa-
scinante. Sorti nel 1094, ai tempi della Prima crociata, i Nizariti conquistarono in bre-
ve tempo una serie di fortezze tra Siria, Iraq e Iran. Da lì lanciarono una sfida al mon-
do islamico, che li considerava eretici. Per quasi due secoli seppero elaborare una ver-
sione dell’assetto sociale, politico e religioso dell’Islam radicalmente opposta a quella
sunnita, che si andava affermando quasi ovunque. Il coronamento di tale visione fu, nel
1164, la proclamazione della “Resurrezione”, cioè l’abrogazione dei vincoli della legge
religiosa e l’istituzione del Paradiso in Terra. In questo libro, Hodgson non solo trac-
cia la complessa storia dei Nizariti, ma ne ricostruisce la raffinata e stupefacente dot-
trina, a partire dai testi sacri della setta e dai dotti scritti dei loro più tenaci oppositori.
Fin dalla sua apparizione sulla scena letteraria, nel XII secolo, per opera di
Chrétien de Troyes, il Graal si presenta come un oggetto in continua trasforma-
zione: i romanzi cortesi lo descrivono, di volta in volta, come un piatto conte-
nente un’ostia, il vaso in cui Giuseppe di Arimatea raccolse il sangue di Cristo,
una pietra preziosa discesa dal cielo. Dopo una lunga eclisse, il mito viene recu-
perato nell’Ottocento, in particolare dal suo “inventore” moderno, Richard
Wagner: il Parsifal è all’origine di un nuovo “ciclo del Graal”, che compren-
de opere teatrali, narrative, storiche (o pseudostoriche) e cinematografiche.
Un ciclo a cui appartengono anche recenti successi, come Il Codice da Vinci.
Sintesi di un ventennio di ricerche effettuate sull’amplissima letteratura cor-
tese e cavalleresca, il volume offre una panoramica sull’evoluzione del mito del
Graal nel Medioevo e sul suo contesto letterario e religioso, proponendo anche
un’indagine critica circa le sue riscritture e interpretazioni moderne. E demolen-
do troppi luoghi comuni che circolano al suo riguardo.
78 civiltà medievale
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otata di vista acuta e volo altissimo, sull’Olimpo facendone il coppiere degli dei.
all’aquila vennero attribuiti, in tutti i Dal mondo greco a quello latino, passando
tempi e tutte le culture, molti signi- da Zeus a Giove, l’aquila si conferma uccello Militi di Federico II
ficati simbolici, tanto da imporsi, anche nel divino per eccellenza e finisce per assumere i di Svevia, da un
Medioevo, come uno degli emblemi più popo- connotati regali del padre degli dei. manoscritto della Nova
lari. Tradizionalmente associata agli dei, di cui Con molta probabilità, l’origine della fortuna cronica di Giovanni
è messaggera, nella cultura greca l’aquila è un simbolica del rapace è asiatica: in veste regale, Villani (1280-1348):
attributo di Zeus, nonché uno dei tanti anima- l’aquila si ritrova già tra i Babilonesi e i Persiani, come si nota, portano
li in cui il dio s’incarna, come dimostra il mito per giungere nel bacino mediterraneo e in Eu- l’insegna dell’aquila
di Ganimede: trasformatosi in aquila, Zeus si ropa attraverso le conquiste di Alessandro Ma- imperiale (nera, in
presentò al bellissimo giovane mortale, di cui gno, che la adotta quale simbolo del suo potere capo d’oro) su scudi,
si era invaghito, per rapirlo e condurlo con sé universale accanto al tradizionale leone macedo- gualdrappe e vessilli.
80 civiltà medievale
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civiltà medievale 81
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