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Stefano Bonometti

Lavorando s’impara
Riflessioni didattiche sulla formazione esperienziale
Il volume è stato pubblicato grazie ai contributi del Centro “G. A.
Colozza” e del Dipartimento di Scienze Umanistiche, Sociali e della
Formazione dell’Università degli Studi del Molise.

ISBN 978-88-6760-117-2

2013 © Pensa MultiMedia Editore s.r.l.


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Indice

Introduzione 7

Capitolo I
Apprendere nel mondo del lavoro 13
1.1. L’agire formativo nel mondo del lavoro 13
1.2. La didattica per una formazione “on the job” 16
1.3. L’azione didattica 19
1.4. Un modello di riferimento 23
1.5. Formazione e lavoro: il sapere pratico 27
1.6. L’azione lavorativa come dimensione generativa di sapere 32
1.7. Il valore formativo dell’azione pratica 33

Capitolo II
Per un tirocinio efficace 41
2.1. Il tirocinio tra sistema formazione e mondo del lavoro 41
2.2. La formazione dei docenti 44
2.3. La costruzione dell’identità professionale 46
2.4. Metacompetenza di trasferimento 50
2.5. Fattori per un tirocinio efficace 53
2.5.1. Il tirocinio come artefatto condiviso 53
2.5.2. La progettazione 55
2.5.3. L’attesa del tirocinante 56
2.5.4. Lo svolgimento 58
2.5.5. Learning contract e monitoraggio 61
2.6. Conclusioni 64

Capitolo III
L’inserimento professionale: il modello CPD
– Continuing Professional Development – 65
3.1. Il CPD - Continuing Professional Development 65
3.2. Approcci al CPD 72
3.3. I pilastri dello Sviluppo Professionale Continuo 75
3.3.1. Workplace Learning e Learning Environment 76
3.3.2. Peer Learning e Tutoring 78
3.3.3. Il Portfolio 83
3.4. Aspetti metodologici del CPD 85
3.5. L’impiego dell’ICT nel CPD 92

Capitolo IV
Il lavoro di gruppo come apprendimento 97
4.1. Le ragioni di un percorso 97
4.2. Il gruppo di lavoro 98
4.3. Lo sviluppo del gruppo di lavoro 101
4.3.1. I modelli di sviluppo lineari 104
4.3.2. I modelli di sviluppo sistemici 112
4.4. L’apprendimento nel gruppo di lavoro 116
4.5. Conclusioni 124

Conclusioni 127

Bibliografia 135
Introduzione

È da molto tempo che la comunità pedagogico-didattica riflette


sul tema dell’apprendere dall’esperienza, molto è stato scritto
in significativi lavori accademici ed altrettanto è stato realizzato
nei molteplici progetti di formazione continua realizzati nelle
varie organizzazioni. Il mondo delle lavoro, inoltre, ha trovato
in questa metodica un supporto significativo per promuovere la
formazione all’interno dei luoghi di lavoro, avvicinando i pro-
cessi di apprendimento alle attività e ai bisogni effettivi. Inoltre,
provengono da ogni istituzione internazionale sollecitazioni
che accreditano la formazione esperienziale come una delle
modalità più efficaci per l’apprendimento delle competenze
professionali e di vita. I primi dati dell’indagine OCSE – Piaac
(Programme for the International Assesment of Adult Compe-
tencies) sulle competenze degli adulti confermano che le com-
petenze fondamentali per affrontare le sfide del lavoro e della
vita quotidiana non provengono dall’educazione formale, ma
dell’educazione ricevuta nei luoghi di lavoro1. Eppure, se si os-
servano i dati sulla formazione degli adulti in Italia2, nella fascia
di popolazione compresa tra i 24 e i 64 anni, la percentuale di
coloro che frequentano esperienze formative nell’ambito dei
CTP (Centri Territoriali Permanenti) e dell’EDA (Educazione
Degli Adulti) è circoscritta intorno al 6,2% e, nello specifico, i

1 P. Federighi, G. Campanile, C. Grassi, Il Modello dell’Embedded


Learning nelle PMI, Edizioni ETS, Pisa, 2012, p. 17.
2 Cfr. Isfol, Rapporto 2012, Le competenze per l’educazione e la crescita,
Ediguida, Cava de’ Tirreni, 2012, p. 106.

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Introduzione

percorsi di formazione realizzati ancora all’interno delle aule,


solitamente lontane sia in termini spaziali che temporali dai
luoghi di lavoro, sono decisamente la maggioranza. Per quanto
concerne la formazione aziendale3 nel 2011 solo il 10% delle
piccole e medie aziende (tra 50 e 100 addetti) dichiara di aver
fatto formazione professionale e altrettante hanno l'intenzione
di effettuarne nel 2012. Mentre fra le organizzazioni con un nu-
mero di dipendenti fra i 100 e i 300, quelle che hanno attivato
programmi e corsi è stata del 15% per il 2011. La percentuale
però scende fino al 5% se le stesse organizzazioni vengono in-
terpellate sugli investimenti in formazione previsti per l'anno
successivo 2012. In altre parole, salvo la sempre apprezzata
scuola dell’infanzia centrata sui campi di esperienza, le oppor-
tunità intenzionalmente progettate di formazione rivolte agli
adulti attraverso modalità esperienziali sono davvero limitate.
Questo ridotto numero di proposte formative basate su un
approccio esperienziale, declinate nel contesto di lavoro non fa-
vorisce lo sviluppo di due fattori decisivi per l’innovazione e il
miglioramento continuo nel mondo del lavoro: la dimensione
sociale e la dimensione informale4. La prima, la dimensione so-
ciale, rappresenta l’innesco principale dei processi di apprendi-
mento che avvengono attraverso l’esperienza e permette lo svi-
luppo permanente delle persone nel proprio ruolo professiona-
le. Agire e riflettere con gli altri con modalità collaborative, an-
che partendo da prospettive differenti, rappresenta un’occasio-
ne fondamentale di apprendimento e solo attraverso un legame
professionale e sociale con altre persone è possibile aprire i pro-
pri confini culturali, conoscere nuove prospettive professionali
e nuove modalità operative. Promuovere progetti formativi “on
the job” basati sulla dimensione esperenziale con metodiche tu-
toriali e di lavoro di gruppo è la modalità didattica più efficace

3 R. Santonocito, “Indagine Expo Training - Formazione aziendale”, Il-


Sole24ore, 12 settembre 2012.
4 M. Eraut, “Informal learning in the workplace”, Studies in Continu-
ing Education, 26, 2, 2004, pp. 247-273.

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Introduzione

per attivare processi di apprendimento e cambiamento nei luo-


ghi di lavoro, ciò favorisce la costituzione di un clima collabo-
rativo e il consolidarsi di una cultura professionale centrata sul
miglioramento continuo.
Il secondo fattore è dato dall’importanza della dimensione
informale dell’apprendimento. L’azione didattica è sempre una
situazione intenzionale, ma al tempo stesso unica e irripetibile
data dall’originalità delle persone coinvolte. Da qui E. Wenger
esprime l’idea che “l’apprendimento” non può essere progetta-
to, un formatore, educatore, docente può solo progettare l’inse-
gnamento, c’è sempre un quid di imponderabile, non formaliz-
zabile, nel complesso dell’azione didattica. Più il contesto di ap-
prendimento è intriso di esperienze di vita, di confronto, di
scambio5, maggiore è la probabilità che questo contributo atte-
so, ma imponderabile, emerga con forza e arricchisca ogni mo-
mento. La formazione esperienziale è una modalità didattica che
favorisce l’informalità fra i differenti soggetti protagonisti del
processo di apprendimento, lascia margini di confronto, scam-
bio, affiancamento, in essa si attiva un apprendimento per con-
tatto, per imitazione, per sperimentazione in cui l’implicito di-
venta esplicito. L’aspetto informale dell’apprendimento non si
riduce quindi ad un laissez-faire, tutt’altro, rappresenta l’impor-
tanza del confronto e dello scambio intenzionale sia tra forma-
tore e formandi, che tra i partecipanti stessi. Le persone singole
e in gruppo sono una risorsa inestimabile, ciascuna è portatrice
di risorse e saperi e il compito di ogni azione educativa è l’inte-
grazione fra queste ricchezze attraverso l’abilitazione di oppor-
tunità in termini di tempi, di spazi, di metodo.
Sostenere la socialità, il confronto, la sperimentazione, la ri-
flessione sulle pratiche come mediatori didattici promuove l’at-
tivazione di percorsi formativi immersi nell’esperienza quotidia-
na del mondo del lavoro. Ciò incoraggia inoltre una maggiore
integrazione fra il “mondo della scuola” e il “mondo del lavo-

5 R. Sennet, Insieme. Rituali, piaceri, politiche della collaborazione, Fel-


trinelli, Milano, 2012, p. 16.

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Introduzione

ro”, attraverso un dialogo autentico, oggi ancora molto fragile.


Un dialogo che può esprimersi almeno a tre livelli: a) un primo
livello è dato dall’organizzazione dei percorsi di tirocinio curri-
culari universitari (ad anche nella scuola secondaria). Questo è
il livello in cui il sistema formativo si apre a forme maggiormen-
te esperienziali di apprendimento e insegnamento, il mondo del
lavoro diventa un interlocutore privilegiato per configurare in
modo condiviso percorsi di formazione propedeutici al ruolo
professionale, nonché favorire negli allievi la formazione della
capacità dell’imparare ad apprendere; b) un secondo livello in
cui il dialogo fra “mondo della scuola” e “mondo del lavoro”
può vedere margini di miglioramento è dato nell’organizzazione
degli stage post laurea, in cui il neo-laureato svolge un periodo
di “apprendistato” all’interno del mondo del lavoro. A questo
livello, il mondo del lavoro può individuare nel sistema della
formazione un partner importante per realizzare percorsi di in-
serimento professionale che possano corrispondere ai bisogni
sia delle organizzazioni sia dei singoli stager; c) il terzo livello si
manifesta nel momento in cui si attiva un gruppo di lavoro che
può diventare a tutti gli effetti un gruppo di apprendimento.
L’attuale forma lavorativa richiede necessariamente la capacità
di lavoro in gruppo, l’abilità di sapersi confrontare all’interno di
differenti comunità di pratiche e di gruppi scientifici. Mantene-
re aggiornate le proprie competenze è una priorità principale
per ogni ruolo, ed è data dalla capacità di confronto e capitaliz-
zazione della propria esperienza professionale. Tale forma di la-
voro non nasce dal nulla, le abilità sociali necessarie per attivare
e sviluppare le relazioni nel gruppo di lavoro sono traguardi di
apprendimento da raggiungere e le organizzazioni di lavoro
quindi, devono sempre più attrezzarsi di strumenti metodologi-
co-didattici per predisporre percorsi di apprendimento per i
gruppi di lavoro connessi con gli effettivi obiettivi organizzativi.
Questi tre livelli rappresentano l’ossatura principale del vo-
lume con il quale si intende apportare un contributo alla rifles-
sione intorno alla formazione esperienziale declinata nei luoghi
di lavoro. In particolare: il primo capitolo recupera i presuppo-
sti principali dell’approccio didattico centrato sull’apprendere

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Introduzione

dall’esperienza, enfatizzando la dimensione sistemica, la circo-


larità fra teoria e prassi, l’importanza della dimensione sociale e
della riflessione sull’operatività. Basandosi su questi pilastri è
stato possibile proporre un modello tripolare dell’azione didat-
tica che rafforza l’importanza della flessibilità e della plasticità
dei processi di apprendimento e trasforma il posto di lavoro
(workplace) in un luogo di apprendimento (workplace lear-
ning).
Nei capitoli successivi viene svolto un approfondimento sui
tre ambiti precedentemente descritti: il tirocinio curricolare, lo
stage e il lavoro di gruppo. Attraverso uno sguardo trasversale
è possibile evidenziare alcune convergenze fra questi tre ambiti.
Sono tre setting di apprendimento nei quali l’esperienza con-
creta diventa opportunità di apprendimento con il supporto di
un impianto didattico che favorisce il raggiungimento di speci-
fici traguardi di competenze. Il setting in ciascuna delle propo-
ste rappresenta una parte integrante della strategia didattica,
apportando un contributo a livello, non solo ergonomico, ma
specificatamente relazionale e culturale. L’ambiente di appren-
dimento/lavoro con il suo carico di significati partecipa diretta-
mente alla crescita della mappa concettuale e culturale dei par-
tecipanti coinvolti anche attraverso la mediazione di codici co-
municativi connessi con le nuove tecnologie di apprendimento,
dalle piattaforme di e-learning (Learning Management Sy-
stem – LMS) all’utilizzo di singoli devices (Mobile Internet De-
vices – MID).
Una seconda convergenza fra i tre ambiti è espressa dal ruo-
lo docente. Nelle tre strategie didattiche colui che insegna deve
coniugare la dimensione di processo e di prodotto, quindi non
solo un tutor di processo che favorisce gli scambi, la riflessione
e l’autoapprendimento, ma un docente/consulente con compe-
tenze tecnico-professionali capace però di un metodo maieuti-
co che sollecita il protagonismo dei partecipanti e il loro spirito
di ricerca, capace di un rapporto simmetrico tra professionisti,
novizi ed esperti. Il docente/consulente si pone nella zona pros-
simale di sviluppo dei suoi interlocutori e individua i dispositivi
più idonei per attivare i loro processi di apprendimento, la-

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Introduzione

sciando aperta la possibilità di concordare nuovi traguardi e


nuove modalità.
Infine, una terza convergenza è data dal rapporto a rete fra i
diversi sistemi coinvolti: il sistema formativo (scuola o universi-
tà), il mondo del lavoro, gli studenti/stager. Sono realtà con
specifiche caratteristiche, bisogni e interessi che entrano in dia-
logo per configurare una proposta didattica “terza”, superiore
ai singoli sistemi. Ciò che viene generato è un artefatto costrui-
to con il contributo di tutti e con caratteristiche proprie ed ori-
ginali. Il dialogo continuo e la condivisione di prospettive costi-
tuiscono quindi una rete flessibile, che sorregge e connette cia-
scun soggetto e permette di raggiungere i propri traguardi di
apprendimento e quelli dell’eco-sistema neo costituito.
Dal volume emerge un autentico interesse a dare valore alla
formazione esperienziale che avviene nei luoghi di lavoro, rico-
noscerne l’importanza per la crescita di ogni persona e la sua
fondamentale funzione sociale per l’avvio professionale delle
nuove generazioni.
Ringrazio tutti coloro che mi hanno aiutato e supportato in
questi anni di ricerca e formazione, il confronto e le riflessioni
svolte insieme mi hanno permesso di crescere personalmente e
portare a compimento questo piccolo contributo alla ricerca
pedagogica.

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