Se si ride per qualcosa ma si sente il contento che 1 atto
del ridere manifesta, così come, piangendo, è avvertito il bene del piangere, vien provata un'impotenza a godere immediatamente delle cose. 11 godimento nasce, si, da sè stessi, ma rimane una nostra modalità d'essere: pertanto, l'evento che ha provocato la reazione del ridere o del piangere, perchè di esso si possa godere, è necessario che venga purificato da lutto ciò che lo fa essere cosa a noi estranea, dalla scoria del suo manifestarsi in limiti animali (‘d ambientali frapponentisi tra il suo accadere e la nostra partecipazione. La (piale, perchè sia possibile, dovrà essere partecipazione ad alcunché di immediato, dal momento che niente altro ci tocca al di fuori della immediata, appunto, realtà di noi stessi. Solo così l'evento, fatto nostro, di nostra stessa sostanza, potrà essere assorbito e (piindi goduto. Allo stesso modo possiamo considerare evento, cosa a noi estranea, un qualsivoglia fatto di espressione artistica venga ad esserci presente. Sarà sempre im possibile, al suo primo presentareisi, poterne godere ed aspetteremo che ci abbia penetrato e sia divenuto materia filtrata ed assimilabile. Quando meno uno se l’aspetti rizampillerà da una nostra regione in uno stato di purezza essenziale, depurato dagli IDOLA del suo primo manifestarsi e si depositerà sul nostro presente con tanta adesione e penetrazione da riconoscerlo come nostra propria esperienza. Possiamo dire che la novità è sempre sconcertante e si guarda ad essa con perplessità. Non ci si lasci trarre in inganno da una possibile immediata reazione poetica che talora le cose provocano in noi. In realtà le abbiamo già conosciute e ne portiamo le im- pronte in cui vengono a calzare al nuovo ripresentarsi. I nostri due sentimenti (non sensazioni) del piacere e del dolore, erroneamente ritenuti impulsive reazioni all'evento. li vediamo così subordinarsi alla prima malizia dell'artista. Questo impotente a godere immediatamente delle cose potreste vederlo grottescamente cavarsi dal taschino per o- DELLE COSE gni circostanza un suo- filtro attraverso cui colare l’evento proprio come un filatelico estrarrebbe la lente pei* osservare nuovi preziosi pezzi. Sempre armato di que^ro strumento del mestiere egli attenderà che l’e vento si smaterializzi per versarlo nelle sue impronte personali. Ritroviamo le ossa dei mostri e gli scheletri delle piante primordiali sostituiti nella loro materia per un lentissimo ricambio allo stessajmodo di come ci è possibile recuperare le cose per informarle di noi stessi. Esprimeremo così, di nostra propria preziosissima materia, con i£ lenocinlo e con l'artifizio della ricerca, quello che possiamo ritrovare nelle zone della nostra, immediatezza ed abbiamo aspettato a ritrovare. L’attore, come personaggio che agisce, fa esemplarmente così. E* quello che meglio vediamo sapersi giovare del distacco che corre tra le cose ed il tempo del loro godimento, c. sull’arco della propria malizia d artista, opera con il suo filtro personale per poter assorbire l’evento allo stato puro. Il copione glielo propone all’attenzione e lui lo restituirà rifatto di sè stesso, con intenta disinvoltura, ben sicuro di ciò che fa, dal momento che si trova ad agire in una materia ormai assimilabile. L’agire, così, sarà partecipazione e pieno godimento, perchè è fine di sé stesso, è arte. L’asserita impotenza a godere immediatamente delle cose è riprova e condizione di godere esclusivamente di sé stessi, considerato che non le cose di per sè provocano il godimento bensì l’impressione stessa che le cose hanno fatto e il circolo si chiude. Diversamente non vi sarebbe altra possibilità di concepire una sua propria modalità d’essere di un poema, un quadro, una musica. Non altrimenti, insomma, che come cose rifatte di personale materia dell’autore, il quale ha necessariamente dovuto depurarle dopo averle còlte in una loro speciale dimensione.