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FENOMENI LINGUISTICI

Il troncamento può essere vocalico, quando cade soltanto la vocale finale della
parola, o può essere sillabico quando cade la sillaba finale della parola. Può inoltre
essere facoltativo, quando noi possiamo scegliere se attuarlo o meno, e in alcuni
casi obbligatorio, poiché siamo tenuti necessariamente ad applicare il troncamento.
La parola da troncare non può essere a fine di frase o prima di un punto (tranne che
nel linguaggio poetico e nelle canzoni), non può essere ossitona o tronca.
Un tipo particolare di troncamento è quello che abbiamo con gli imperativi (in
generale il troncamento non viene segnalato da alcun segno, tranne per quanto
riguarda gli imperativi). Il troncamento in questo caso, ha valore distintivo:
da’ -> imperativo – dà -> seconda persona singolare – da -> preposizione
di’ -> imperativo – dì -> giorno – di -> preposizione
va’ -> imperativo – và -> terza persona singolare
sta’ -> imperativo – stà -> terza persona singolare - sta/’sta -> questa
fa’ -> imperativo – fa -> terza persona singolare/avverbio (voce del verbo fare
diventata avverbio)
Ciò crea confusione nei parlanti e li porta, per analogia, a scrivere fa con l’accento
esattamente come dà. Ma la differenza sta che fa si scrive senza accento solo perché
la possibilità di confusione è remotissima e avviene solo con la nota fa, dunque la
lingua non prende neanche in considerazione questa differenza. Mentre dà ha
bisogno di differenziarsi dalla preposizione da, molto importante in italiano.
Ovviamente, con l’imperativo, possiamo anche usare le forme stai, vai, fai, ossia la
forma per intero.
Il troncamento sillabico è molto limitato, segue casi specifici:
san Marco, san Gennaro; ma santo Stefano
gran
po’
a mo’ di -> forma per dire come
Un tipo particolare di apocope, si è avuta nel passaggio dal latino all’italiano. In
latino noi avevamo la parola VIRTUTE(M), che in italiano è diventata VIRTUDE: la T
finale tra due vocali, si è sonorizzata (fenomeno comunissimo del passaggio dal
latino all’italiano). La parola VIRTUDE era spesso seguita dal complemento di
specificazione, che iniziava con de (es.: virtude de Cristo). Per evitare la successione
tra la sillaba finale della parola VIRTUDE e la preposizione de del complemento, si è
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fatta cadere la sillaba finale della parola. Non si poteva far cadere de, poiché ha un
valore morfologico importantissimo che indica il collegamento. Così VIRTUDE è
diventato virtù. Questo tipo di apocope, che è comunissimo, si chiama apocope
aplologica o aplologia. Tantissime parole italiane che hanno accento sulla vocale
finale, derivano da questo fenomeno.
UNIVERSITATE(M) -> UNIVERSITADE (per sonorizzazione della t), poi, proprio
perché si indicava sempre il nome dell’università, il de cade ed è diventato
università.
Abbiamo diversi fenomeni di caduta di un suono:
all’inizio della parola -> aferesi
Verno, aferesi di inverno, viene usato nella lingua letteraria.
Stamane -> aferesi iniziale dell’aggettivo dimostrativo questa
‘ndrangheta -> mafia calabrese. Aferesi della vocale iniziale, che sarebbe una a che
cade. È formata da due parole (anèr andròs che vuol dire uomo + agathos che vuol
dire valoroso) e andrangheta deriva da andrangathìa che vuol dire valore.
moroso -> fidanzato (Italia del nord), letteralmente è l’innamorato, amoroso. Cade
la a iniziale.
Nel parlato usiamo tantissimo l’aferesi:
‘nsomma -> la i iniziale cade, la vocale atona è debole e nel parlato spesso la
facciamo cadere.
anche quando pronunciamo l’articolo, tendiamo a dire ‘l e non il.
Nel passaggio dal latino all’italiano, ci sono diversi casi di aferesi:
l’articolo lo -> illu(m), con l’aferesi della sillaba iniziale il
lì -> illi(c), con l’aferesi della sillaba iniziale
là -> illa(c), con l’aferesi della sillaba iniziale
ecce hoc (ecco questo) -> per l’aferesi della sillaba iniziale, abbiamo avuto ciò
• eccum illu(m) (ecco quello) -> per l’aferesi della sillaba iniziale abbiamo avuto
quello
L’aferesi è importante in chiave diacronica, al giorno d’oggi la forma più comune è
quella di ‘sta.
Un tipo particolare di aferesi:
obscuru(m) -> oscuro. Tre consonanti che non sono ammesse nell’italiano
(bsc), queste si riducono a 2 e abbiamo oscuro. Quando questa parola viene
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inserita nella catena parlata e viene preceduta dall’articolo (l’oscuro), il


parlante può commettere l’errore di segmentare male la catena fonica, pensa
che la o si oscuro si quella dell’articolo, dunque mette lo e scuro. Da questo
errore, ci viene la parola scuro, parola molto più importante di oscuro e
fondamentale della lingua italiana.
Questo fenomeno avviene diverse volte nel passaggio dal latino all’italiano e si
chiama discrezione dell’articolo (separazione dell’articolo).
harena(m) -> arena, diventa la rena (la parola rena significa sabbia), perché il
parlante attribuisce la vocale iniziale della parola all’articolo.
labellu(m) -> vaschetta. Da questa parola deriva la parola italiana lavello (il lavandino
della cucina). Questo significato non esisteva in latino, questa eccezione si ha dal
secondo ‘900, quando nascono le cucine moderne, che vengono per lo più
fabbricate al nord e vengono pubblicizzate e cominciano a chiamare il lavandino
della cucina lavello, mentre prima veniva chiamato acquaio. È una parola che nasce
tramite il canale della pubblicità. I parlanti segmentano l’avello (avello è una parola
letteraria che indica una tomba), interpretano dunque la l iniziale come l’articolo.
lusciniolu(m) -> usignolo, avremmo dovuto avere lusignolo, ma i parlanti hanno
interpreta la l iniziale come se fosse quella dell’articolo.
Il fenomeno opposto è la concrezione dell’articolo o agglutinazione dell’articolo:
astracu(m) -> terrazzo fatto con cocci di terracotta, deriva dal greco ostrakon
che vuol dire coccio. Quando interviene l’articolo, noi abbiamo lastraco, il
popolo però non ne comprende più la motivazione e avvicina questa parola a
lastra. Da lastraco abbiamo dunque lastrico (pavimentazione fatta con lastre
di pietra), ha comportato dunque un cambiamento semantico (fenomeno
della paraetimologia)
Se un suono cade in mezzo alla parola, abbiamo un altro fenomeno che si chiama
sincope e questo fenomeno avviene soltanto nel passaggio dal latino all’italiano,
nella lingua di oggi dunque non avviene. È un fenomeno che interessa le vocali
atone, dunque è la caduta di una vocale atona ed è comunissimo. Spesso questa
vocale è una vocale postonica, ossia una vocale che si trova dopo una vocale tonica:
domina(m) -> padrona di casa, signora da domus. La vocale tonica è la o,
quella postonica è la i, che cade. Domna(m) -> donna, due suoni diversi (m-n)
diventano uguali per il fenomeno dell’assimilazione
calidu(m) -> caldo. Sincope della vocale postonica -> caldo
speculu(m) -> spesso quando si ha una finale in -um, la u postonica cade.
Diventa speclum e poi diventa specchio per altri processi fonetici
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oculum -> occhio. Sincope della vocale postonica -> oclum -> occhio
nebula(m) -> sincope della vocale postonica -> neblam -> nebbia
viride(m) -> virdem -> verde
frigidu(m) -> sincope della vocale postonica -> frigdum -> assimilazione ->
freddo. Frigidu(m) è la parola dotta, un latinisimo, ripresa dai testi; mentre
freddo ci è giunta oralmente ed è una parola popolare. Sono due allotropi o
doppioni.
Un’altra sincope che avviene spesso è la sincope della vocale intertonica, ossia la
vocale compresa tra accento secondario e accento principale: quando una parola è
composta da almeno 4 sillabe, può avere oltre all’accento principale, uno
secondario:
bonitate(m) -> l’accento principale sta sulla a e quello secondario sulla o, la
vocale compresa, ossia la i è la vocale intertonica. Spesso nel passaggio dal
latino all’italiano, abbiamo la sincope della vocale intertonica, abbiamo
dunque bontate -> bontade (sonorizzazione) -> bontà (per il fenomeno
dell’apocope aplologica)
verbo latino ululare -> esiste tale e quale in italiano, ululare è un latinismo,
una parola dotta, un cultismo ripreso dai libri. Da ululare deriva anche la
parola popolare urlare, che ci è giunta oralmente, ossia l’allotropo popolare.
Abbiamo due suoni uguali (l-l), a volte la lingua rende i suoni uguali, a volte
diversi ed è ciò che succede in questo caso, per la dissimilazione. -> URULARE
-> sincope della vocale intertonica -> URLARE
cerebellu(m) -> diminutivo, piccolo cervello. Capita spesso che i diminutivi,
prendano il posto delle parole intere, poiché sono più corposi foneticamente
e più espressivi delle parole semplice. La b diventa una fricativa labiodentale
sonora -> CEREVELLUM -> sincope della vocale intertonica -> CERVELLUM

AGGIUNTA DI SUONI
per iscritto -> aggiungiamo una i per evitare l’incontro di troppe consonanti. È una i
prostetica, il fenomeno si chiama prostesi (parola di origine greca, ossia aggiunta di
un suono prima di un parola).
Questo fenomeno, fino a poco decenni fa, era comunissimo:
in Ispagna
in istrada
in iscena
Il fenomeno è praticamente scomparso e sopravvive nella formula per iscritto.
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Se invece aggiungiamo un suono in mezzo alla parola, abbiamo un fenomeno che si


chiama epentesi (parola di origine greca). Avviene spessissimo nel passaggio dal
latino all’italiano:
vidua -> vedova. La lingua aggiunge una v tra le due vocali, vuole dunque
eliminare lo iato e vuole introdurre una sequenza di consonanti e di vocali che
rispetta l’andamento più normale della lingua italiana. Spesso e volentieri,
l’italiano inserisce una v per eliminare lo iato. È un’epentesi consonantica
Mantua -> Mantova. Epentesi consonantica in cui si inserisce una consonante
per evitare lo iato
Genua -> Genova
Iohannes -> Giovanni
Esempi di epentesi vocalica o anaptissi per separare due consonanti:
spasmu(m) -> spasmo. Spasmo è un latinismo, un cultismo, una parola dotta.
Quella popolare è spasimo, inserisco dunque una i tra la s e la m, per avere la
successione tipica della lingua italiana
baptismu(m) -> battesimo. Abbiamo un’assimilazione di p-t che diventano t e
poi abbiamo un’anaptissi tra s e m -> battesimo
Questo fenomeno avviene anche nella lingua popolare (non colta), per rendere la
parola più semplice da pronunciare:
psicologo -> pisicologo
pneumatico -> si utilizza un suono particolare tra la i e la, chiamato in
linguistica schwa
fantasma -> fantasima (nel toscano)
Se aggiungiamo il suono alla fine della parola abbiamo un’epitesi o paragoge, un
fenomeno che nella lingua antica avveniva spessissimo, ora no, tranne che nei
dialetti italiani:
piue -> si aggiungeva una e finale perché nella lingua italiana, le parole
ossitone o tronche sono una minoranza, sono molto più comuni quelle piane,
con accento nella penultima sillaba. Dunque si tendeva a riportare le parole
tronche a parole piane, con l’aggiunta di una parola o una sillaba
virtue
fue
Nel dialetto romano troviamo sine (per si) e none per (no), aggiungendo proprio una
sillaba intera. Nel passaggio dal latino all’italiano abbiamo l’aggiunta di suoni finali:
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esse -> essere, per analogia con tutti gli altri infiniti verbali che terminano con
la sillaba -re

Aggiunta di un suono all’inizio della parola -> prostasi


Aggiunta di un suono per evitare uno iato -> epentesi consonantica
Aggiunta di un suono per separare due consonanti -> epentesi vocalica
Aggiunta di un suono a fine parola -> epitesi

ASSIMILAZIONE

Avviene in due modi:


Nel passaggio dal latino all’italiano, la seconda consonante diventa uguale alla
prima, perché la consonante successiva regredisce e diventa uguale alla
precedente -> assimilazione regressiva
Nei dialetti italiani riconosciamo l’altro modo:
quanno -> quando. La prima consonante progredisce e assimila la seconda e
abbiamo un’assimilazione progressiva
Il processo inverso dell’assimilazione è la dissimilazione: due suoni uguali si
differenziano.
venenu(m) -> veleno
arbore(m) -> albero
numeru(m) -> numero, che è una parola comunissima, una parola molto
importante della lingua italiana ed è una parola dotta, un latinismo. La parola
popolare è novero, parola di registro elevato. Abbiamo due nasali (n-m) e la
seconda nasale la facciamo diventare una fricativa sonora
Il fenomeno di dissimilazione avviene molto spesso nella lingua popolare (di basso
livello):
proprio -> propio, la seconda r cade per dissimilazione dalla prima
La dissimilazione riguarda non solo il passaggio di un suono ad un altro suono, ma
riguarda anche la caduta di un suono: un suono scompare per distinguersi dal suono
precedente.

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