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G.

Leopardi

Alla luna (poesia scritta a Recanati nel 1820)

O graziosa Luna, io mi rammento


che, or volge l’anno, sovra questo colle
io venia pien d’angoscia a rimirarti:
e tu pendevi allor su quella selva,
siccome or fai, che tutta la rischiari.
Ma nebuloso e tremulo dal pianto,
che mi sorgea sul ciglio, alle mie luci
il tuo volto apparia, ché travagliosa
era mia vita: ed è, né cangia stile,
o mia diletta Luna. E pur mi giova
la ricordanza, e il noverar l’etate
del mio dolore. Oh come grato occorre
nel tempo giovanil, quando ancor lungo
la speme e breve ha la memoria il corso,
il rimembrar delle passate cose,
ancor che triste, e che l’affanno duri

“Alla luna” di Giacomo Leopardi è una delle liriche contenute nei Canti. Composta con molta
probabilità a Recanati, la poesia è datata 1820. Questo componimento è assai significativo nella
produzione di Giacomo Leopardi, in quanto va a toccare un tema a lui caro e particolarmente
presente in tutta la sua composizione poetica: il ricordo.

A questo proposito, in origine il titolo della poesia sotto analisi era proprio La ricordanza.
Vediamo insieme testo, analisi e parafrasi de “Alla luna” di Giacomo Leopardi.

Il componimento è facilmente divisibile in due parti, una prima in cui viene descritto un
notturno lunare e una seconda in cui viene evidenziato il grandissimo valore del ricordo come
consolazione.

Parafrasi di “Alla luna” di Giacomo Leopardi

O luna graziosa, mi ricordo che,


un anno fa, sopra questo colle
venivo pieno di angoscia per guardarti:
e anche in quel momento, così come ora,
rimanevi sospesa sulla quella selva
che illumini per intero.
A causa, però, del pianto che mi sgorgava dagli occhi
il tuo volto mi appariva tremulo e annebbiato,
poiché la mia vita è dolorosa, e ancora lo è,
non dando alcun segno di voler cambiare,
luna, mia cara.
Eppure ricordare mi dà sollievo,
così come contare gli anni che ho passato a soffrire.
Oh, com’è gradito quando giunge in età giovanile
la speranza di chi ha ancora davanti a sé un lungo cammino
e la memoria lascia dietro sé un tratto breve, il ricordo del passato,
nonostante questo sia stato triste e il ricordo ne perduri ancora!

“Alla luna” di Leopardi: l’analisi del testo

“Alla luna” è un componimento scritto da Leopardi attorno al 1820 e inserito nell’edizione dei
Canti del 1831. L’aggiunta degli ultimi versi è stata fatta nell’edizione postuma del 1845.
Il tema della poesia è squisitamente romantico. Essa sviluppa il rapporto che c’è tra uomo e
paesaggio notturno senza trascurare il tema assai caro di quanto un ricordo possa essere dolce
e amaro per l’uomo.

La poesia è composta in endecasillabi sciolti e parte con l’invocazione alla luna, astro molto
caro a Leopardi e suo confidente rispetto alle continue angosce che vive. Appare evidente sin
da subito come, in questa poesia, ci sia una combinazione tra gli scorci di paesaggio notturno e
le sensazioni dell’autore nel momento in cui lo guarda e il ricordo di quando il poeta, già in
passato, andava a confidarsi con la luna.
Leopardi si rivolge direttamente alla luna la quale, tuttavia, comunque non può capire fino in
fondo il suo tormento interiore.

Questo componimento ha più di un punto in comune con “L’infinito”, a partire dalla forma e
dal periodo in cui è stato composto. Le due poesie sono accomunate anche dalla brevità e dalla
densità di significato in così pochi versi, così come dalla presenza in entrambi di un colle.
La luna, inoltre, regna sovrana anche nella poesia “Sera del dì di festa”, a sottolineare come la
componente romantica data dal cielo e dall’astro notturno non manchino praticamente mai
nell’espressione artistica del poeta.

Il blocco compatto di sedici endecasillabi di cui la poesia è composta non viene suddiviso
nemmeno dalle rime. Attuare una divisione è possibile, come già accennato all’inizio, dal
momento in cui il poeta si rivolge alla luna nominandola direttamente.
Nella prima invocazione domina il paesaggio notturno verso il quale Leopardi proietta la
propria angoscia tornando su quel colle, un anno dopo, e vedendo la stessa luna che vide allora.
Nonostante il tempo sia passato, lo stato d’animo dell’autore non è cambiato.

Il poeta osserva la luna solo attraverso i suoi occhi, vedendola sfocata e deformata a causa del
suo pianto. Il dolore si rinnova, quindi, nell’incontro con la luna; non sappiamo la causa di
questo male che il poeta sta vivendo, un dolore immutabile di cui la luna è testimone. Il ricordo
di un passato triste che si tramuta in un presente triste sembra consolare il poeta, anche se nel
testo non viene spiegato il motivo per cui è così.

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