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A N A L I S I G R A F I C A I l D u o m o di M o d e n a


Lanfranco dirige i lavori di sterro
e Lanfranco dirige «artifices»
e «operarii». Modena, Archivio
Capitolare, ms II, 11, f. 1v.

1. Duomo di Modena, XI-XII sec.

¢ La cattedrale modenese di Santa Maria Assunta


e San Geminiano, meglio nota come Duomo di
Modena, fu edificata all’inizio del XII secolo sopra il
sepolcro di san Geminiano, patrono della città; in quel
sito, a partire dal V secolo, erano state erette già due
chiese. Le reliquie del santo sono oggi conservate
nella cripta del duomo, in una semplice urna del IV
secolo.
Il Duomo di Modena è un capolavoro dell’architetto
lombardo (forse comasco) Lanfranco, uno dei
pochissimi artisti di epoca medievale di cui ci è
giunto il nome. A quell’epoca, infatti, le maestranze
lavoravano nell’anonimato. Lanfranco, tuttavia,
seppe compiere una grande impresa: progettare e
costruire questa chiesa in soli sette anni (dal 1099
al 1106). Per questo la città di Modena gli espresse
la sua riconoscenza, celebrandolo in un famoso
documento come mirabile artifex, mirificus aedificator
e, in una lapide murata nell’abside, come ingenio
clarus, doctus et aptus, ossia celebre per il suo
ingegno, dotto e sapiente.

1 © 2014, GIUS. LATERZA & FIGLI, ROMA-BARI


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2. Duomo di Modena, XI-XII sec.

¢ Accanto a Lanfranco lavorò lo scultore


Wiligelmo, ricordato da un’altra lapide,
che si trova sulla facciata della chiesa.
Quest’altro artista si occupò della
decorazione scultorea. Si ipotizza, però,
che Wiligelmo sia pure intervenuto
con il ruolo di secondo architetto,
iniziando i lavori dalla facciata mentre
Lanfranco dirigeva il cantiere della parte
absidale. Che ci sia stato un doppio
sviluppo, in direzione opposta, dei lavori
di costruzione è più che plausibile,
considerando i tempi strettissimi di
realizzazione. Inoltre, si riscontrano sui
fianchi della chiesa, sul punto d’incontro
dei due nuclei edificati in contemporanea,
alcune incongruenze, frutto di un evidente
errore di calcolo. Questo, tuttavia, non è
sufficiente a confermare un ruolo attivo di
Wiligelmo. subentrarono nuove maestranze chiamate per completare la cattedrale e la
A partire dal 1167, a Lanfranco e Wiligelmo provenienti dal nord della Lombardia, torre campanaria.

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C
C C

3. Duomo di Modena. Pianta D


0 5 10 15 20 m

¢ Il Duomo di Modena è simile alla


Basilica di Sant’Ambrogio per l’impianto in navate e la sua copertura risulta
planimetrico; infatti, condivide con il leggermente più alta rispetto a quella
modello milanese la sua impostazione della navata centrale. Pur non sporgendo
tipicamente basilicale. La lunghezza dal perimetro della chiesa, la zona
totale esterna della chiesa è di 66,9 m; presbiteriale, percepibile dall’esterno per
quella interna di 63,1 m. la sua differente altezza (e per il tetto delle
L’edificio, orientato sull’asse est-ovest, navate, lì diversamente articolato), è stata
presenta una semplice pianta a tre insomma concepita come una sorta di
navate, priva di transetto, con pilastri transetto.
cruciformi (1) alternati a grosse colonne L’interesse che Lanfranco nutriva per
(2) e conclusa da absidi. l’architettura classica è testimoniato da
La navata centrale (A) è scandita da alcune sue scelte progettuali. Egli, difatti,
2
quattro campate quasi quadrate; le impostò il rapporto di proporzione fra
navate laterali (B), invece, si dividono lunghezza e larghezza delle navate tenendo
in otto campate. A ciascuna navata conto di quanto suggerito da Vitruvio (il 1
corrisponde un’abside (C). famoso architetto romano del I secolo
Il presbiterio (D), cioè l’area in cui è a.C.) nel suo trattato De Architectura. Con
A
collocato l’altare principale, è sopraelevato, ciò, Lanfranco dimostrò di possedere B
B
per la presenza della cripta che fuoriesce una cultura erudita e una sensibilità
in parte dal sottosuolo. Non è diviso professionale decisamente spiccata.

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4. Duomo di Modena. Interno, le navate


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¢ L’interno del Duomo di Modena, tutto in laterizio,


appare nella sua essenzialità magnifico e austero. 5
Grandi archi a tutto sesto (1), poggianti su pilastri
compositi (2) alternati a colonne (3), separano le tre 1
navate.
Nella zona del triforio, si affaccia sulla navata centrale
un finto matroneo con arcate divise in trifore (4). È
possibile che Lanfranco avesse inizialmente previsto
di realizzare, a questo livello, una galleria praticabile,
mettendo in opera un solaio ligneo sopra le navate
laterali, e che poi, per qualche motivo, abbia rinunciato
a tale soluzione. Il cleristorio è aperto da piccole
finestre (5) dalle quali filtra una debole luce. 2
Sul fondo della navata principale, tre ampie arcate
3
trasversali (6) indicano che la bella cripta ad
6
oratorium, con colonnine e capitelli decorati, luogo
di sepoltura di Geminiano, sbuca dal sottosuolo,
rendendosi visibile ai fedeli. La tomba del santo diventa
sostegno per il livello soprelevato del presbiterio,
luogo sacro per eccellenza della chiesa, il quale si offre,
in tal modo, come autorevole palcoscenico.

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5. Duomo di Modena. Interno, la copertura

La navata centrale, in principio, era coperta da un


soffitto a travature lignee, sostenuto da grandi
archi trasversali (1) dal profilo acuto, ancora
oggi visibili. Fra il 1437 e il 1455 si procedette a
sostituire questo tetto con una serie di quattro
volte a crociera (2), sicuri che la struttura di
Lanfranco avrebbe saputo sostenere il peso
della nuova copertura e soprattutto ne avrebbe
contrastato la sollecitazione di spinta. D’altro
canto, la presenza di pilastri e colonne alternati,
già prevista dal progetto originario dell’architetto,
è di per sé legato alla costruzione di un sistema
di copertura voltato. Infatti, di solito, le volte
della navata centrale poggiano sui pilastri,
mentre quelle delle navate laterali vengono
sostenute dalle colonne. La scelta di Lanfranco
di coprire un sistema di sostegno complesso
con un semplice tetto di legno fu guidata o da
necessità economiche o da criteri puramente
estetici (analoghe soluzioni furono adottate sia in
Normandia sia in Lombardia).

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6. Duomo di Modena.
Esterno

¢ L’esterno del Duomo di


Modena presenta un ricco 2
rivestimento in pietra,
realizzato in buon a parte con 3
materiale di spoglio proveniente
da resti di epoca romana,
scoperti nelle vicinanze. Ciò
spiega la presenza di figure
e iscrizioni antiche in alcune
lastre che ricoprono sia le
pareti dell’edificio sia la torre
campanaria (1), detta la Ghirlandina (in presenta una cintura di loggette ad arcate e il 1231. Questo nuovo, monumentale
questa foto coperta perché in restauro), con trifore (2), che circonda tutto il corpo ingresso conferisce al fianco meridionale
portata a termine da Lanfranco per i primi della chiesa (dalla facciata all’abside, della cattedrale la dignità di una seconda
quattro piani. Anche i leoni stilofori (che senza interruzione) richiamando il motivo facciata. La Porta Regia è preceduta da
reggono colonne) dei due portali principali del finto matroneo interno ed esaltando una serie di gradini ed è enfatizzata da un
(quello della facciata e l’altro sul prospetto l’inconfondibile unità del progetto. protiro con due leoni stilofori sormontato
laterale) sono di origine antica. La grandiosa Porta Regia (3) sulla Piazza da una loggia. Il suo profondo strombo è
L’articolazione delle membrature esterne Grande, non prevista da Lanfranco, arricchito da una serie di colonnine, tutte
riflette quella dell’interno. La chiesa, infatti, venne aperta sul fianco destro fra il 1209 diverse fra loro.

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7. Duomo di Modena. Facciata

La facciata del duomo fu progettata da Lanfranco con


la possibile collaborazione di Wiligelmo, cui certamente
vanno attribuiti i rilievi della sua decorazione. Idealmente 2 2
inscrivibile in un quadrato (la sua larghezza totale è di 24,7
m, la sua altezza di 22,3 m), è a salienti, con tetti a spioventi
di altezze diverse che disegnano la forma interna delle
1 1
navate. Due alti pilastri (1), coronati da torrette poligonali
(2), marcano la larghezza e l’altezza della navata centrale.
Ai maestri campionesi subentrati a Lanfranco nel XIII
4
secolo si deve la trasformazione della facciata, con
l’aperura di due nuovi ingressi (3) ai lati del portale
maggiore e del grande rosone gotico (4) in alto.
Il portale maggiore (5) è enfatizzato da un protiro
monumentale che presenta, in alto, una grande edicola
voltata a botte. Il protiro è retto da due leoni stilofori; lo
strombo è decorato da bassorilievi.
I quattro celebri pannelli (6) di Wiligelmo con le Storie
6 6
della Genesi, oggi posti sopra i portali laterali e accanto a
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quello centrale, erano un tempo (cioè prima dell’apertura
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delle nuove porte) allineati sullo stesso livello, come un 6 6
grande fregio.

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Arco: 1. Chiave di volta; 2. Cuneo;
3. Estradosso; 4. Piedritto; 5.
Intradosso; 6. Freccia; 7. Corda o
interasse; 8. Rinfianco.

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8. L’arco e le sue spinte

2
¢ Gli architetti che scelgono di impiegare l’arco (o
la volta a botte, che presenta la stessa meccanica) 3
devono sempre valutare adeguatamente gli effetti
della “spinta”. Ogni concio, o cuneo (2), a partire
dalla chiave di volta (1) trasmette la propria forza 6
al successivo, e la somma delle forze si scarica
o sul piedritto (4), che sia colonna o pilastro – nel
caso di un arco o di una volta a crociera - o sulle
4
pareti del rinfianco (8) – nel caso di una volta a
botte - con direzione inclinata. Quindi, piedritti e 5
rinfianchi, su cui si impostano archi e volte, sono
soggetti a spinta, per effetto della componente
orizzontale della sommatoria dei vettori-forza
in cui può essere scomposto il vettore inclinato.
La spinta, che tende a fare ribaltare i sostegni
verso l’esterno, si può neutralizzare o usando
piedritti molto larghi (l’esperienza insegna che è
più difficile ribaltare un solido con base ampia)
oppure allineando molti archi; in quest’ultimo
caso, le sollecitazioni di spinta uguali e contrarie si
annullano a vicenda.

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