Documenti di Didattica
Documenti di Professioni
Documenti di Cultura
BIG KILLERS:
Come si sviluppa un tumore? Il tumore si sviluppa quando una cellula normale perde il controllo replicativo
e della proliferazione ed inizia a proliferare in maniera incontrollata, e questo avviene perché vi è
unalterazione di un gene e cosi attraverso un processo complesso e lungo a carico di multiple alterazioni e
multipli geni una cellula normale acquisisce il fenotipo di cellula neoplastica.
Le alterazioni avvengono tutti i giorni e ciò che ci protegge dai tumori è il sistema immunitario.
CHEMIOPREVENZIONE
È una forma di prevenzione primaria che si efettua mediante dei farmaci, e sono:
- VACCINAZIONE ANTI HPV
- TAMOXIFENE che è un agente ormonale che blocca lazione degli estrogeni a livello del recettore, è
un farmaco antiestrogenico, viene utilizzato come una delle possibili terapie ormonali per il tumore
al seno, ma anche come preventivo in soggetti che hanno maggior possibilità di sviluppare un
carcinoma mammario, come le donne che hanno svilippato un tumore in situ (una forma pre-
invasiva).
- ASPIRINA non ancora utilizzata ma che possibilmente verrà utilizzata per prevenire l insorgenza dei
tumori del colon retto ad una dose bassa, 100mg al dì, ma anche antiinfiammatori non steroidei ed
inibitori di COX2, hanno una capacità di agire su quei processi infiammatori che si pensa siano
importanti nella fisiopatogenesi dei tumori del colon retto.
LA PREVENZIONE SECONDARIA:
Si basa sugli screening, che sono dei test che vengono efettuati su una classe di soggetti a rischio di
sviluppare una patologia tumorale, che non hanno sintomi.
La prevenzione secondaria può essere efettuata secondo due modalità:
- DIAGNIOSI PRECOCE che serve ad edintificare immediatamente la malattia ai primi sintomi.
- SCREENING che sono una serie di test che puntano ad identificare la malattia in una fase
asintomatica
Si punta ad identificare la malattina nella fase asintomatica (dal grafico da T1 a T3) perchè nel momento
in cui vi è già sintomatologia (T4 che può variare un tempo medio lungo, in base al caso), risulta essere
impossibile tornare indietro.
TEST DI SCREENING ORGANIZZATI:
- mammografia dai 50/70 anni
- pap test a partire dai 25 anni
- sangue occulto nelle feci per colon retto
Sindromi genetiche tumorali più frequenti (questa è la tabella che dobbiamo sapere)
Vale a dire, patologie tumorali che si manifestano sotto forma di sindromi, spesso caratterizzate
dallinsorgenza di più tumori nello stesso soggetto e associate a mutazioni genetiche ben definite. Alcuni
esempi:
- sindrome neoplastica che causa il tumore ereditario della mammella e dell ovaio, in cui vi è la
mutazione dei geni BRCA1 e BRCA2;
- sindrome di Li Fraumeni caratterizzato dalla mutazione di p53;
- sindrome di Cowden con mutazione inattivante delloncosoppressore PTEN;
- tumore ereditario del colon HNPCC o sindrome di Linch;
- sindromi MEN.
La CANCEROGENESI passaggi multipli che portano alla trasformazione neoplastica (guardare il modello
dalle slide)
CUTE NORMALE APPLICAZIONE CANCEROGENO (benzopirene) 1 MUTAZIONE INIZIAZIONE
NEOPLASTICA con incapacità di controllo alla proliferazione PROMOZIONE induce la cellula che ha
perso il controllo la proliferazione eccessiva IPERPLASIA ACCUMULO DI ALTRE ALTERAZIONI A
CARICO DELLE CELLULE DISPLASIA cellule con caratteristiche diverse rispetto a quelle normali
TUMORE MALIGNO fase irreversibile METASTATIZZAZIONE la quale può avvenire per: via linfatica, via
ematica, via contigua.
Un tumore riesce ad efettuare tutte queste cose perchè nel corso della trasformazione neoplastica e della
disferizzazione acquisisce delle funzioni che la cellula di base non ha, riattivando dei processi che sono
presenti allorigine codificate nel proprio genoma, ma che sono silenti.
Quindi la cellula tumorale man mano che acquisisce determinate alterazioni è in grado di acquisire sempre
nuove caratteristiche chè allorigine non hanno, tra cui quella di metastatizzare.
Inotre sono capaci anche di sviluppare resitenza ai farmaci chemioterapici, utilizzando dei normali
meccanismi di membrana andando ad iperesprimerli dove essi di conseguenza pompano attivamente fuori I
farmaci chemioterapici.
Nel corso di un trattamento oncologico è importante monitorare il paziente per valutare il trattamento
stesso: esistono, quindi, criteri per valutare lo stato di malattia ed indicatori di attività ed efficacia del
trattamento.
L’attività è la capacità del trattamento oncologico di ridurre le dimensioni delle masse tumorali.
L’efficacia è la capacità di prolungare la sopravvivenza con un determinato trattamento.
L’efficacia risulta essere più importante rispetto l’attività (ad esempio, quando introduciamo una nuova
strategia terapeutica, guardiamo principalmente l’indicatore di efficacia), ma è fondamentale considerare
entrambi gli indicatori.
Prima di iniziare un qualsiasi trattamento vi è una stadiazione basale attraverso la quale si identificano tutte
le lesioni presenti, dividendole poi in lesioni misurabili e lesioni non misurabili.
Dopodiché, in seguito ad alcuni cicli di trattamento, si ripete l’esame basale per confrontarlo con quello
iniziale.
le lesioni, mediante la diagnostica per immagini, vengono quindi suddivise in misurabili e non misurabili. Le
misurabili sono così dette perché è possibile misurarle matematicamente (sommandole) e confrontiamo i
loro diametri (quindi confrontiamo il diametro della lesione dopo alcuni cicli di trattamento con il diametro
della lesione basale, quindi la condizione iniziale).
Le lesioni non misurabili, invece, date le loro caratteristiche, non possono essere misurate (come il
versamento pleurico o metastasi ossee), quindi è possibile valutare qualitativamente e non
quantitativamente.
Noi valutiamo in base a due criteri:
i criteri RECIST: (RESPONSE EVALUATION CRITERIA IN SOLID TUMORS -> criteri di valutazione della risposta
nei tumori solidi) si utilizzano nella pratica clinica per stabilire se un soggetto risponde al trattamento.
Essi sono:
CR: RISPOSTA COMPLETA. Scomparsa di tutte le lesioni neoplastiche in corso di trattamento;
PR: RISPOSTA PARZIALE. Consiste nella riduzione di almeno il 30% della somma dei diametri massimi
delle lesioni. Se per esempio consideriamo più lesioni, andiamo a rivalutarle e rimisurarle dopo vari
cicli con le medesime indagini e la somma dei diametri risulta essersi ridotta del 30%, c’è stata una
risposta parziale;
SD: STABILITÀ DI MALATTIA. La malattia è stabile, non vi è alcuna risposta al trattamento né una
progressione di malattia;
PD: PROGRESSIONE DI MALATTIA. Avviene quando c’è almeno il 20% dell’aumento della somma dei
diametri massimi delle lesioni o quando compare una nuova lesione (è indice di resistenza della
patologia al trattamento, quindi quest’ultimo va sostituito);
I criteri SWOG: (SOUTHWEST ONCOLOGY GROUP).
- chemioterapici: citotossicità
- immunoterapia: si efettua in specifiche patologie neoplastiche laddove il sistema immunitario ha
un ruolo importante sia nella fase iniziale che nelle fasi di progressione tumorale; si distingue in
attiva e passiva
- ormonoterapia: fondamentale in diversi tipi di tumore, in particolare il tumore alla prostata e alla
mammella
inibitori della traduzione del segnale: i cosiddetti farmaci biologici, farmaci a bersaglio molecolare specifico,
o farmaci intelligenti; si tratta di farmaci di nuova generazione che hanno un target specifico, tipicamente
overespresso nelle cellule tumorali rispetto alle cellule sane.
Radioterapia
Esposizione di un tessuto a radiazioni ionizzanti (raggi x, raggi gamma, beta, alpha) Che comportano
danneggiamenti significativi a carico delle cellule interessate (fino all'apoptosi).
C'è la radioterapia a fasci esterni (c'è un apparecchio, il LINAC, che convoglia raggi attraverso un tubo
diretti nella zona interessata individuata precedentemente attraverso la TAC, cercando di risparmiare il
più possibile i tessuti circostanti, che potrebbero andare incontro a necrosil.
La brachiterapia, una forma di radioterapia attraverso la quale si pone fisicamente la sorgente radioattiva
nel punto del radiale.
La radioterapia radio
Chemioterapia
Quando si parla di chemioterapia, in generale, si fa riferimento a tutta quella classe di sostanze di origine
naturale, di sintesi o di semisintesi, in grado di intervenire contro gli agenti eziologici di una patologia.
(Da slide: chemioterapia antipalstica o antineoplastica: insieme di farmaci che inducono la citotossicità)
Quando queste sostanze agiscono contro agenti microbici si parla di chemioterapia antibiotica. Ma nel
gergo comune, parlando di chemioterapia si intende la chemioterapia antiplastica o antineoplastica che è
rappresentata da quellinsieme di farmaci che agiscono sulle cellule che si trovano in attivo ciclo cellulare
(che proliferano) e inducendo citotossicità, quindi la morte delle cellule tumorali, talvolta purtroppo anche
di quelle sane, con meccanismi diferenti.
Agenti alchilanti
Sono stati tra i primi farmaci chemioterapici ad essere introdotti nella pratica clinica.
Si tratta di una classe di sostanze la cui struttura permette di formare legami covalenti con i gruppi
nucleofilici, in particolare lazoto in posizione 7, e le basi delle guanine del DNA; questo crea legami
intracatenari e intercatenari, destabilizza la molecola di DNA e induce delle rotture del DNA in più punti che
sono incompatibili con la vita della cellula. Le cellule così attivano l apoptosi. Questi farmaci hanno una
maggiore azione sulle cellule che sono in fase proliferativa, ma agiscono anche sulle cellule che sono al di
fuori del ciclo cellulare: sono farmaci ciclo non specifici.
Antibiotici antitumorali
Detti così perché derivano dallestrazione da mufe e lieviti. Hanno una struttura planare che permette loro
di intercalarsi tra le basi azotate e questo determina il loro principale meccanismo d azione. Quest ultimo
consiste nel destabilizzare il DNA.
La maggior parte dei farmaci chemioterapici citotossici agisce creando un danno al DNA.
Un tipo di farmaco utilizzato trasversalmente in molte neoplasie è rappresentato dalle Antracicline, in
particolare le più utilizzate sono:
- Doxorubicina
- Epirubicina
- Daunorubicina
Le antracicline oltre allazione di intercalarsi tra le basi azotate, svolgono anche altre due funzioni:
- inibizione della topoisomerasi 2 (che è un enzima che rilassa le molecole di DNA)
- inducono la formazione di specie reattive dellossigeno ROS: che in maniera indiretta causano danni
al DNA.
Questo è importante perché linibizione della topoisomerasi 2 e soprattutto la formazione di ROS e quindi lo
stress ossidativo che ne deriva, sono la causa di un tipo peculiare di tossicità indotta dalle antracicline che è
la tossicità cardiaca.
Negli anni, si è cercato di sviluppare dei farmaci che avessero una maggiore specificità per le cellule
tumorali, ciò significa migliore risposta tumorale e minore tossicità cardiologia. Tra i farmaci maggiormente
efficaci tra quelli che sono stati sviluppati a partire da una molecola iniziale è la Doxorubicina Liposomiale
Pegilata: in pratica, la classica Doxorubicina è stata incapsulata in un doppio strato fosfolipidico, il che
permette un aumento e un prolungamento dei livelli di concentrazione plasmatici del farmaco, e quindi
migliora lefficacia ma rende anche questa molecola più grande e selettivamente captata dalle cellule
neoplastiche (anche perché le masse neoplastiche avendo una vascolarizzazione alterata, con capillari
fenestrati permettono più facilmente il passaggio di molecole di maggiori dimensioni). Inoltre, al doppio
strato lipidico è stato aggiunto anche il metossipolietilen glicole (MPEG) che aumenta lemivita del farmaco
(da inernet: poiché protegge i liposomi dal riconoscimento da parte del sistema fagocitario mononucleare
(MPS), incrementandone il tempo di circolazione nel sangue).
Il risultato è che questo farmaco ha una buona efficacia e sicuramente ha una tossicità cardiologia minore.
Antimetaboliti
I più importanti sono:
- methotrexate
- 5-fluorouracile
che impediscono la sintesi degli acidi nucleici, andando ad agire sia sui meccanismi di sintesi enzimatica
delle basi azotate (come fanno methotrexate e 5-fluorouracile) o, come gli analoghi delle purine e
pirimidine, andando ad inserirsi in maniera fraudolenta nell elica del DNA destabilizzandola, riducendo
quindi la capacità di replicazione del DNA e della trascrizione genica.
Agiscono tipicamente nella fase S del ciclo, ma possono avere talvolta anche un azione in fase G2, dove vi è
una produzione di proteine.
FARMACOCINETICA
Oltre al meccanismo dazione, che sicuramente influenza la scelta del farmaco per una determinata
patologia, anche la modalità di somministrazione, dovuta alle caratteristiche farmacocinetiche del farmaco
e alle caratteristiche fisiopatologiche proprie della patologia, può essere importante.
Tipicamente, la maggior parte dei farmaci chemioterapici viene somministrata per via sistemica, e la via di
somministrazione più frequente è quella endovenosa. La via endovenosa permette, infatti, un assorbimento
completo, in quanto non ci sono elementi che potrebbero ridurre l assorbimento del farmaco; inoltre, in
alcuni casi, come accade ad esempio per le antracicline, i farmaci possono legarsi alle molecole di DNA delle
cellule dei tessuti sani e indurre una necrosi irreversibile, quindi tali farmaci non potrebbero essere
somministrati per altre vie se non attraverso la via endovenosa.
In alcuni casi ci può essere una somministrazione dei farmaci per via distrettuale, per via intrarteriosa.
Pochi farmaci vengono somministrati per via intramuscolare.
Diversi farmaci vengono somministrati per via orale, questo migliora notevolmente le cose, soprattutto nel
setting metastatico. Ad esempio, è possibile, in particolari casi, utilizzare la capicitabina (profarmaco del 5-
fluoracile), somministrata per os al posto del 5-fluoracile la cui somministrazione per via endovenosa
richiede lospedalizzazione del paziente, avendo un impatto sulla sua qualità di vita. L impiego della
capicitabina consente, invece, la gestione domiciliare del paziente.
Le somministrazioni intracavitarie, oggi non sono molto frequenti. Per molti anni sono state efettuate nel
caso di tumore dellovaio che, date le caratteristiche di difusione intracavitaria, tende a manifestarsi con
lesioni che rimangono confinate al peritoneo; quindi c è il razionale di somministrare il farmaco all interno
del peritoneo lasciandolo agire per diverse ore, dopodichè si efettua il drenaggio del farmaco.
Comunque le somministrazioni intracavitarie non sono molto utilizzate; quelle che si utilizzano di più sono
invece le infusioni intravescicali dei farmaci, ad esempio in caso di carcinoma in situ della vescica.
In alcuni casi anche la durata di infusione può avere un impatto sullattività del farmaco, in base alle
caratteristiche farmacocinetiche, ma in base anche a quelle farmacodinamiche, cioè all azione del farmaco.
Per esempio, gli alchilanti devono essere somministrati in infusione rapida (per raggiungere rapidamente un
picco sierico del farmaco), mentre gli antimeteboliti, come il 5-fluoracile, spesso vengono somministrati in
infusione endovenosa prolungata (nellarco di diverse ore, proprio per permettere ai livelli plasmatici del
farmaco di rimanere alti per un periodo più lungo, in modo da andare ad agire su tutte quelle cellule che
entrano in fase S in tempi diversi).
I farmaci antineoplastici vengono somministrati generalmente alla concentrazione massima tollerata, vale a
dire alla concentrazione che permette un maggiore efetto in termini di cell killing (uccisione di cellule
tumorali), ma che non è associata ad una tossicità inaccettabile.
Quindi si tende, laddove le condizioni cliniche del paziente lo permettono, a somministrare i farmaci alla
maggiore dose possibile.
È stato visto, in realtà, che lazione dei farmaci antineoplastici può essere potenziata anche in maniera
diversa, ed è da qui che viene il concetto di intensità di dose: dose totale nellunità di tempo.
Lintensità di dose è un parametro fondamentale per determinare la tollerabilità di un farmaco.
È vero che la dose totale è importante per uccidere la massima frazione di cellule possibile, ma anche
lintervallo fra due dosi successive, cioè tra i picchi plasmatici terapeutici del farmaco, è importante perché
tra un picco e laltro cè la ricrescita tumorale. Soprattutto nei tumori che crescono in maniera molto rapida,
anche uccidendo la stragrande maggioranza di cellule con l utilizzo di dosi molto alte, nel tempo tra una
somministrazione e laltra, si può avere una ricrescita che bilancia o addirittura supera la frazione di cellule
che era stata uccisa dalla dose precedente.
Per potere aumentare lintensità di dose ci sono due possibilità:
- aumentare la dose per singola somministrazione
- ridurre il tempo tra due successive somministrazioni.
Nei tumori con unelevata frazione di crescita (elevato T77: che rappresenta il marker della proliferazione
cellulare) è molto utile ridurre lintervallo tra le somministrazioni in modo da evitare delle concentrazioni
troppo elevate di farmaco e ridurre la tossicità.
Ovviamente ravvicinando le dosi tra loro, si dà meno possibilità anche ai tessuti sani di riprendersi dagli
efetti tossici determinati dai chemioterapici; a pagarne le maggiori conseguenze, è soprattutto il tessuto
emopoietico, sempre più spesso infatti si registra il fenomeno della neutropenia (riduzione dei globuli
bianchi, in particolare neutrofili; può essere causa dell insorgenza di infezioni opportunistiche,
potenzialmente letali).
Ci sono molti casi di alterato metabolismo: sia ridotto metabolismo di profarmaci che devono essere
attivati, sia aumentato catabolismo dei farmaci. Può essere dovuto sia a mutazioni specifiche di geni, che a
polimorfismi genetici (che si associano, di solito, non a resistenza assoluta al farmaco ma ad una sua ridotta
azione). Un classico esempio, di cui si è parlato molto, ma su cui non vi sono ancora evidenza certe, è il
polimorfismo dei citocromi epatici e del gene dell aromatasi che sono associati a una risposta diversa ai
farmaci.
La mutazione dei target è anchessa un fenomeno molto importante. Per quanto riguarda i chemioterapici,
un classico esempio, è la mutazione del gene della topoisomerasi che rende inattivi tutti i farmaci che
agiscono sullenzima. Altro esempio, è lalterazione delle tubuline che rende impossibile la formazione dei
microtubuli del fuso mitotico. In altri casi, vi sono mutazioni geniche che portano ad un aumentata
esperessione del target e quindi non è più sufficiente somministrare il farmaco alla classica concentrazione
terapeutica. O, infine, si può avere la mancata espressione del target: laddove la cellula inibisce
lespressione del target il farmaco non può più svolgere la sua funzione.
Una delle strategie che può essere messa in atto per ridurre la resistenza è la poli-chemioterapia: cioè
lassociazione di diversi farmaci, ovviamente in maniera selettiva per le diverse patologie tumorali.
Lobiettivo è quello di avere una maggiore efficacia, ridurre la formazione di cloni resistenti e ridurre
paradossalmente la tossicità, in quanto in alcuni casi è possibile utilizzare farmaci a dosi più basse
ottenendo comunque un buon self killing. In particolare, la somministrazione sequenziale di diversi farmaci
chemioterapici può determinare la formazione di cloni resistenti che favoriscono la progressione tumorale;
se, invece, questi farmaci vengono somministrati in concomitanza si ha l inibizione della formazione di tali
cloni.
Spesso, inoltre i farmaci somministrati contemporaneamente possono avere non solo un efetto additivo,
ma anche un efetto sinergistico.