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Pedro Leal
Ateneo Pontificio Regina Apostolorum
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Introduzione ............................................................................................................ 4
2
F. Educare alla libertà ................................................................................................. 32
G. La realtà come segno ............................................................................................... 34
H. Le «esigenze ultime» ................................................................................................ 36
V. CONCLUSIONE ............................................................................................... 37
BIBLIOGRAFIA .................................................................................................... 42
3
Introduzione
Una prima risposta a queste domande l’ho cercata sulla scia della
fenomenologia della religione e come tutte le dimensione della persona vengono
toccate dalla dimensione religiosa. Rientrando in ambito filosofico, viene a gala il
problema della causa quasi-materiale della religione e dell’autenticità
dell’esperienza religiosa. Le dimensioni non sono parti della persona, bensì diverse
prospettive per conoscere l’uomo, ma che in ognuna vengono coinvolte tutte le
altre, cioè tutta la persona. Cosicché qualche frammentazione o dimenticanza di una
delle dimensioni, corporea, intersoggettiva, sociale, storica, affettiva o religiosa, fa
più difficile la sua «maturazione», raggiungere quella «completezza» che
chiamiamo felicità.
1
L. GIUSSANI, Il senso religioso, Rizzoli, Milano 1997, 5.
4
Nell’opera A viso scoperto de C.S Lewis, la protagonista Orual, regina di
Gloma, usa un velo per nascondere la sua bruttezza e intimidire gli altri con un
potere “impersonale”, senza volto. Tutta la sua vita trascorre in lotta contro gli dei
della città, gli idoli del suo popolo, la fede della sua sorella. Alla fine, dopo diverse
acute esperienze di perdita dei cari, di esito come regina e nelle guerre, di un amore
non corrisposto, di una preghiera vana e di raggiungere un potere senza frontiere,
in un sogno, Orual si vede davanti a un tribunale e lì, in uno sguardo sulla sua vita,
nella ricerca di senso, si rende conto:
Mentre l’uomo non si «prenda in mano» nella totalità del suo essere e delle
sue esperienze viene compromessa la possibilità di un incontro autentico «a viso
scoperto» con qualcuno, principalmente con Gesù Cristo.
2
C.S. LEWIS, Mientras no tengamos rostro, Andres Bello, ePub, II, 4. Comprendí muy
bien por qué los dioses no nos hablan abiertamente ni nos dejan responder. Mientras esas
palabras no puedan sernos arrancadas, ¿por qué iban a prestar oídos a la cháchara que
creemos querer decir? ¿Cómo van a mostrarse ante nosotros cara a cara mientras no
tengamos rostro? «La traduzione è mia».
5
febbraio 2005; sette anni dopo, il Card. Angelo Scola, Arcivescovo di Milano,
accetta la richiesta di apertura della sua causa di beatificazione ancora in corso.3
Sin dal 1964 è insegnante presso L’Università Cattolica del Sacro Cuore
di Milano ed era sempre impegnato nell’educazione per «comunicare la
ragionevolezza del ‘Fatto cristiano’»4. Tra le sue diverse opere, il senso religioso
pubblicato per prima volta nel 1958 fino all’ultima stesura del 1986 appare come
«l’espressione più compiuta dell’autore»5 sulla ragionevolezza della fede.
Quest’opera è il primo volume del Percorso, che comprende altre due volume sul
sviluppo educativo proposto per l’autore, frutto di quaranta anni di esperienza
pastorale, di insegnamento e ricerca filosofica e teologica. Le altre due opere sono
All’origine della pretesa cristiana, sulla rivelazione di Dio nella persona di Gesù
Cristo, e il terzo volume Perché la Chiesa, sulla Chiesa come fenomeno umano che
porta in sé la presenza del divino.
3
Cf. SITO UFFICIALE COMMUNIO E LIBERAZIONE, «Il fondatore: Luigi Giussani - Cosa
è CL», in http://it.clonline.org/luigi-giussani-il-fondatore-di-comunione-e-
liberazione/default.asp?id=443 [27-4-2016].
4
L. GIUSSANI, Il senso…, Prefazione di S.E.R il Cardinale James Francis Stafford, V.
5
L. GIUSSANI, «Il senso religioso», in M. BORGHESI (ed.), Sul senso religioso, Rizzoli,
Milano 2009, 36.
6
R. NIEBUHR, Il destino e la storia. Antologia degli scritti, BUR, Milano 1999, 66 in
C. MANCINI, «Il senso religioso è filo lanciato nel vento», 2013, La Porzione, in
http://www.laporzione.it/2013/11/13/il-senso-religioso-e-filo-lanciato-nel-vento/ [9-4-
2016].
7
L. GIUSSANI, Il senso…, 139.
8
Cf. J. RIES, L’uomo religioso e la sua esperienza del sacro, Jaca book, Milano 2007,
111.
6
B. Uno schema di presentazione del tema
L’aggiunta avviene già nel primo capitolo del lavoro, cercando di chiarire
cosa significa «senso» e «senso religioso». La parola «senso» nell’ambito della
ricerca filosofica appare in diversi autori come Scheler ed Heidegger. Certamente
D. Giussani è in dialogo indiretto con questi filosofi. Ma rispetto alla nozione di
«senso religioso» l’ispirazione viene da altre parti. Sarebbe lungo poter trattenerci
a tutti i livelli di rapporti con altri pensatori. È certo, però, che Giussani appare
come un autore capace di quello che diceva Hurs Von Balthasar9: la «spolia
Aegyptorum» e la «trasposizione chiarificante». Lui cerca di parlare sulla
dimensione di apertura dell’uomo al trascendente col linguaggio e le immagini del
col pensiero contemporaneo e anche con una nuova lettura dei termini scolastici
come sarà visto più avanti.
9
H. V. BALTHASAR, « On the Tasks of Catholic Philosophy in Our Time», Communio
20 (1993), 156, in http://www.communio-icr.com [9-4-2016].
7
I. COSA NON È IL «SENSO RELIGIOSO»
Nel nostro primo approccio di comprensione sul cosa sia il senso religioso
e la sua rilevanza, è necessario togliere di mezzo alcune concezioni di «senso» e di
«senso religioso» proveniente sia del linguaggio comune sia filosofico. Una sorta
di pars destruens per arrivare ad una compressione chiara sulla nozione in Giussani.
Il punto di partenza della riflessione è la pubblicazione del 1958 di il Senso
Religioso come una risposta alla lettera pastorale di Giovanni Battista Montini,
allora arcivescovo ambrosiano, scritta in occasione della quaresima dell’anno
anteriore. In questa prima edizione la nozione di senso religioso appare come
«storia del senso»10.
Nel testo del 1986, D. Giussani già non usa l’espressione «storia» per
affrontare, nel capitolo decimo, la questione sull’itinerario del senso religioso e
rispondere ad una domanda: se il senso religioso è stoffa della umana coscienza,
come farlo a destarsi? Questo interrogativo di ogni epoca è conseguenza
dell’incontro dell’uomo con la realtà. «Vivendo il reale» l’uomo trova il cammino
verso il significato ultimo dell’analogia in cui si svolge l’esistenza. Possiamo
domandarci allora quale sarebbe il primum analogatum del concetto di senso
religioso?
10
L. GIUSSANI, «Il senso religioso», in M. BORGHESI (ed.), Sul senso religioso, 78.
8
A. La nozione di senso in Scheler
In un acchito, si può dire che ci sono due nozioni usate da Scheler che
potrebbero avvicinarsi all’idea di senso religioso in Giussani: quella dell’uomo
capace di «atti religiosi» oppure la nozione di «valore»11.
Nel cosiddetto secondo Scheler, tale tendenza appare come tensione tra
«vita e spirito» nella quale l’uomo si domanda sul suo «posto nel mondo»
scoprendosi «extramondano», fondato «al di là del mondo». È la stessa idea del
nesso necessario ed evidente tra l’ente finito e l’ente assoluto, coscienza di sé e
coscienza di Dio.
11
W. WEISCHEDEL, Il Dio dei filosofi. 3, 3, Il melangolo, Genova 1994, 153.
12
Ibid., 158.
13
L. GIUSSANI, «Il senso religioso», in M. BORGHESI (ed.), Sul senso religioso, 88.
14
Cf. Ibid., 89.
9
inteso come «intenzionalità affettiva»15 per Scheler, appare in Giussani come la
terza delle «premesse del metodo» per conoscere la dimensione religiosa
dell’uomo. Soltanto nella misura in cui faccio attenzione ad un determinato oggetto
questo «guadagna» per me un «valore» rispetto al mio destino, e allora faccio
un’esperienza vera e propria. Ma il «valore» dell’oggetto religioso non ne
costituisce il senso; è premessa per un’adeguata esperienza.
Nella sua lettera pastorale, Montini afferma che uno dei punti principali
delle missione di «risvegliare il senso religioso» è anche «restituire la curiosità
metafisica» delle investigazioni scientifiche. All’inizio dell’opera Essere e Tempo,
Martin Heidegger propone una nuova impostazione al problema «dell’indefinibilità
dell’essere» come problema del «senso dell’essere». Prima di considerare cosa
intende Heidegger per «senso», è importante sollevare che gli ambiti di ricerca sono
distinti. D. Luigi prende una via antropologica, mentre l’altro pensa sull’essere.
Però in entrambi sta la preoccupazione per una vita piena di «senso».
15
A. PIAZZA, «Il problema dell’ordo amoris in Max Scheler (Dialegesthai)», in
http://mondodomani.org/dialegesthai/api01.htm#rif22 [9-4-2016].
16
Per la espressione: M. HEIDEGGER, Essere e tempo, UTET, Torino 1986.
17
Ibid., 472.
10
effettivamente nel mondo come «se-stesso». Il problema è che tale orizzonte di
senso per Heidegger si chiude nell’immanenza dell’«essere-per-la-morte».
Però, l’uomo esperimenta una sorta di «precarietà della libertà»22, non tanto
nel senso della finitudine dell’«essere-per-la-morte», ma di una dipendenza che non
può sfuggire della coercizione delle circostanze del tempo e dei poteri. Allora,
l’unica mia possibilità di essere libero, di essere autentico, è l’atto di fede che si
riconosce dipendente da Dio23. Ossia, il senso religioso è l’espressione più autentica
18
L. GIUSSANI, «Il senso religioso», in M. BORGHESI (ed.), Sul senso religioso, 88.
19
L. ROMERA, L’uomo e il mistero di Dio: corso di teologia filosofica, Edusc, Roma
2008, 25.
20
M. HEIDEGGER, Essere e tempo, 96.
21
L. ROMERA, «Dio e la questione dell’essere in Heidegger», Acta Philosophica 3/2
(1994), 287–313.
22
L. GIUSSANI, Il senso…, 121.
23
Ibid., 146.
11
della razionalità e libertà dell’uomo. È nella dimensione religiosa in cui lui trova,
per dire con Heidegger, il «senso della Cura»24.
Con Cristo, il senso religioso diventa piena comunicazione, che esige una
risposta di amore, adesione totale a Lui. Dopo la Croce, il senso religioso
naturale viene esaltato dal tocco dello Spirito Santo25.
Nella sua lettera pastorale27, Montini faceva notare che l’espressione «senso
religioso» non è «ben determinata». Tra le diverse accezioni prese negli studi
etnologici, psicologici o filosofici, la prima distinzione si rivolge all’interpretazione
modernista del senso religioso come un «sentimento» che non ha nulla a che fare
con la ragione28. Posizione essa già criticata da Pio X nell’enciclica Pascendi. Ma
anche se accettiamo l’esistenza di un «sentimento religioso», esso nemmeno può
essere «quasi una certa intuizione del cuore» come proponevano alcune correnti
protestanti. Parlare di sentimento religioso per Montini sarebbe «considerare il
senso religioso già in atto».
24
M. HEIDEGGER, Essere e tempo, 472.
25
L. GIUSSANI, «Il senso religioso», in M. BORGHESI (ed.), Sul senso religioso, 127.
26
Ibid., 45–76.
27
G. B. MONTINI, «Lettera pastorale all’arcidiocesi ambrosiana per la Quaresima»,
1957, in M. BORGHESI, Sul senso religioso, 47-76.
28
PIO X, Pascendi dominici gregis, (1907).
12
viva», vis appetitiva, si riferisce piuttosto a tutto ciò che è immediato e soggettivo
rispetto al fatto religioso.
In una carrellata di altre termini presi in diversi autori come «tendenza della
ragione» per Tommaso, «senso comune» per Garrigou-Lagrange, «conoscenza
prefilosofica» per Maritain e anche quella dell’esperienza religiosa che si dà nel
«timore di Dio» o nella «pietà», Montini conclude:
29
G. B. MONTINI, «Lettera pastorale…», 52.
13
«sintesi dello spirito», pero fa un importante passo rispetto alle «domande ultime»:
il senso religioso è la natura stessa della ragione. In questo senso il problema sul
Dio già non è propriamente l’ateismo, ma piuttosto l’idolatria30. L’ultima impronta
del 1986 appare come il punto di maturazione dell’autore, rispetto alle altre
edizioni. Giussani presenta le «tre premesse del metodo», l’itinerario del senso
inteso come «vivere il reale» che parte «dell’io-in-azione» portando la persona a
una «posizione vertiginosa» davanti il mistero che apre all’esperienza di un
incontro, ossia, all’ipotesi della Rivelazione.
L’origine del senso è il dato di fatto che «siamo fatti» per Dio. Il senso
religioso è «capacità fondamentale perché mentre tutte le altre si rivolgono a bene
particolari, questa si rivolge al bene finale e conclusivo»32 e viene svegliato
dall’iniziativa divina che lo chiama lungo la storia attraverso la realtà percepita
30
L. GIUSSANI, «Il senso religioso», in M. BORGHESI (ed.), Sul senso religioso, 30.
31
M. BORGHESI, Sul senso…, 28.
32
G. B. MONTINI, «Lettera pastorale…», 80.
14
come segno, la scoperta dell’io come rapporto e la sua coscienza morale, e fino alla
Rivelazione stessa di Dio-Amore in Gesù Cristo.
33
L. GIUSSANI, «Il senso religioso», in M. BORGHESI (ed.), Sul senso religioso, 111.
34
Ibid., 109.
35
Ibid., 120.
36
Ibid., 120.
15
C. Redazione del 1986
D. Le tre premesse
37
L. GIUSSANI, Il senso…, Prefazione, V.
38
GIOVANNI PAOLO II, Fides et Ratio (1998), 14.
16
consapevolezza della dipendenza dall’infinito»39, confermate pure da Papa
Francesco nella sua prima enciclica Lumen Fidei: «la fede allarga gli orizzonti della
ragioni»40.
39
BENEDETTO XVI, «Viaggio Apostolico in Germania: Visita al Parlamento Federale
nel Reichstag di Berlin (2011).
40
FRANCESCO, Lumen Fidei (2013), 34.
41
THOMAS AQUINAS, S. Th. I, q.14, a.1 c = Ed. Studio domenicano, Bologna 2014,
181
42
L. GIUSSANI, Il senso…, 5.
17
succede dentro di me». L’opinione comune sarà importante in un secondo momento
per aiutarmi a chiarire quell’immagine che ne ho.
Per l’uomo non basta col usare la ragione; il suo atteggiamento dev’essere
ragionevole, ossia, l’incontro con il reale esige la scoperta di «ragioni adeguate».
43
L. GIUSSANI, Il rischio educativo, Rizzoli, Milano 2005, 127.
44
L. GIUSSANI, Il senso…, 8.
45
Ibid., 17.
18
Giussani parla di due modi sbagliati perché riducenti nel ragionare: quello di vedere
il razionale come dimostrabile, che lui chiama «invitante curiosità» di chiarire ciò
che sta indietro agli effetti. Il problema di tale postura è che gli aspetti più originali
della realtà non sono dimostrabili, sono «esperienze originarie». La ragione richiede
delle dimostrazione, ma non è identica ad essa46. L’altra concezione sbagliata è
quella di prendere il razionale come il logico: «Gioco affascinante, certezza
dell’umano pensare, coerenza tra le premesse e le conclusioni»47. Ma se le premesse
da cui parto sono sbagliate? Neanche la logica dice tutto sulla ragione.
46
Ibid., 19.
47
L. GIUSSANI, Il senso…, 20.
48
Ibid., 20.
49
Ibid., 22.
50
Ibid., 27.
51
Ibid., 27.
19
sorta di «accumulo di probabilità»52 come direbbe Newman, che convergono in un
unico senso. Giussani descrive le premesse del «metodo della fede» in tre punti:
52
Cf. J. H. NEWMAN, Grammatica dell’assenso, Jaca book, Milano 2005 5.
53
L. GIUSSANI, Il senso…, 29.
54
Ibid., 32.
20
affettiva (l’incontro con i genitori), «qualunque cosa intervenga nell’orizzonte di
conoscenza della persona» produce una reazione che sarà più o meno vivace in
ciascuno. A tale reazioni affettive Giussani chiama «sentimento».
Il sentimento appare come un «filtro della ragione». Nella misura in cui sono
cosciente di ciò, tali reazioni mi aiutano a fare esperienza, e la mia conoscenza
guadagna un «valore». Essa diventa «qualcosa che mi interessa», con un significato
per cui vale la pena vivere. Il dramma del razionalismo fronte allo spirituale viene
esposto come chiusura all’orizzonte di significato della realtà:
L’ipotesi di una ragione pura, senza interferenze, per avere una conoscenza
oggettiva diventa drammatica se consideriamo il problema sul nostro destino,
sull’affettività, sulla vita politica, sugli oggetti che richiedono un
significato55.
Quanto più una cosa ha valore e vale la pena, più interessa, più vengono
implicati gli stati d’animo. Allora il dramma è questo: per conoscere quelle cose
che più valgono la vita e più la ragione soffre l’interferenza dei sentimenti, meno
oggettiva essa può essere. L’unica conoscenza per la cultura moderna è quella che
elimina o ridurre al massimo tali fattori, ma non c’è certezza vera rispetto al mio
destino personale, o nel rapporto con gli altri, o in società. La posizione razionalista
ci fa «esplodere d’amarezza, di tristezza esistenziale […] Tutto il nostro essere si
ribella a tale punto di partenza filosofico»56. Neppure la soluzione potrebbe essere
quella pragmatica che nella difficoltà di spiegare l’enigma, eliminiamo la
preoccupazione per tale fattore, come la volpe delle favole di Esopo. L’unico
atteggiamento adeguato, ragionevole, è pertanto «valorizzare l’umano dinamismo
intero»57.
55
L. GIUSSANI, Il senso…, 34.
56
Ibid., 37.
57
Ibid., 37.
21
averne opinione, dare un giudizio»58. È appunto perché a nessun uomo può esimersi
di esprimersi «circa il nesso fra il suo presente e il suo destino»59.
58
L. GIUSSANI, Il senso…, 40.
59
Ibid., 40.
60
Ibid., 41.
61
THOMAS AQUINAS, S. Th.I, q. 21, a. 2 c, 285.
62
M. BORGHESI, Sul senso…, 39.
63
L. GIUSSANI, Il rischio educativo, Rizzoli, Milano 2005, 130.
22
azione. «Tranne al dormire, la persona sempre compie qualcosa, agisce»64. Partire
da sé vuol dire «prendersi nella sorpresa dell’esperienza quotidiana senza accettare
le idee che ho di me o quelle offerte della cultura dominante».
64
L. GIUSSANI, Il senso…, 46–48.
65
T. AQUINAS, De Veritate, 10, 8.
66
cf. Seminario con Mons. Luigi Giussani, 6 gennaio 1984, in M. BORGHESI (ed.), Sul
senso religioso, 26.
67
M. BLONDEL, L’azione, 1893, in L. LUNARDI, La ragione alla ricerca di Dio,
Colibri editrice, Treviso 1995, 637.
68
L. GIUSSANI, Il senso…, 48.
23
L’altra, che si dà nelle idee, nel giudizio e nelle mie decisioni, è non-mutevole, non-
misurabile e non-divisibile, ossia è spirituale.
In tale contesto il senso religioso sarà l’impegno con la vita intera, senza
dimenticanze di nessun fattore verso la comprensione del mio destino. È la ragione
allargata in tutto l’orizzonte della realtà. Come punto di partenza, riconoscere
questa seconda realtà non mutevole ci apre al significato intero dell’io «non
totalmente corruttibile». C’è qualcosa nell’io di immortale. L’uomo deve avere il
coraggio di non «cedere alla tentazione materialistica»69 che riduce o nega questa
seconda realtà. Tale dimenticanza è «contro l’evidenza dell’esperienza, un errore di
metodo, una falsità». È questa la spiegazione di quel «non solo di pane vive l’uomo»
di Gesù (Mt 4,4).
Siamo alle porte del «senso religioso» e allo stesso tempo in un crocevia: le
domande ultime che scaturiscono dell’impegno con la vita, dell’interesse per il mio
destino. Ma perché non tutte le persone che cercano di «dare significato» alla vita
vedono la risposta in qualcosa al di là del mondo?
69
L. GIUSSANI, Il senso…, 56–58.
70
cf. Ibid., 196.
24
il cor inquietum dell’uomo requiescit71, è Dio. Il senso religioso è la propria natura
della ragione che, per ascendere al suo vertice, affermare ed afferrare l’esistenza di
un senso ultimo, bisogna di aiuto. Ma questo non fa dell’esperienza religiosa
qualcosa di relativo alla cultura o l’ambiente in cui cresce l’individuo, queste sono
«condizioni» per svegliare il senso, creare sensibilità, ma non le sue cause.
71
AGOSTINO, Confessioni, 1,1,1. Garzanti, Milano 2014.
72
L. GIUSSANI, Il senso…, 58.
73
R. GUARDINI, Religione e rivelazione, Vita e pensiero, Milano 2001, 36.
25
sempre si sposta nella misura in cui ci avviciniamo ad essa, o come l’orizzonte che
ci rimanda ad un altro orizzonte74. Ma allo stesso tempo rimane nell’uomo questo
impeto di ricerca. È un desiderio vano?
74
L. GIUSSANI, Il senso…, 65.
75
THOMAS, S. Th. I, q. 20, a.1c, 273.
76
cf. C. REBORA, «Sacchi a terra per gli occhi», in L. GIUSSANI, Il senso…, 68.
77
L. GIUSSANI, Il senso…, 60.
78
Ibid., 62.
26
B. Sproporzione tra la domanda e la possibilità di risposta
79
L. GIUSSANI, Il senso…, 63.
80
Cf. F. SEVERI, «Scoppiò cinquant'anni fa la 'rivoluzione' di Einstein», in Corriere
della Sera, 20 aprile 1955, 3, in L. GIUSSANI, Il senso…, 66.
27
L’inesauribilità strutturale dell’uomo si spiega soltanto secondo la categoria
della possibilità come «suprema dimensione della ragione». Questo è ciò che rende
l’uomo «inesauribile ricercatore», ed eliminarla vuol dire «voler imporsi sulla
realtà», ossia cadere nell’ideologia. Qui «entra in scena la violenza del potere» al
cui deve opporsi l’uomo e che Giussani lo espressa con parole di Shakespeare
nell’Amleto: «ci sono più cose in cielo e in terra, Orazio, che non nella tua
filosofia»81.
81
Cf. W. SHAKESPEARE, Hamlet, atto I, scena V, in L. GIUSSANI, Il senso…, 67.
82
Dostoievski, I Demoni, in L. GIUSSANI, Il senso…, 69.
83
J. PIEPER, Speranza e Storia, Morcelliana, Brescia 1969, 25.
28
Gabriel Marcel lo riassume come «l’assoluto io spero», più in là di qualche
«io spero che». È quell’unicum necessarium che mancando ciò fa crollare tutto. Se
quello che più ho bisogno per vivere devo ricevere, Giussani lo espressa in
domande: «a chi ringraziare? O chi bestemmiare quando tutto svanisce? A che cosa
attendiamo?»84
Per Guardini questi fatti sono le minacce della vita, il pericolo constante di
essere annullati, che ci indicono che «l’uomo non è al sicuro nella propria
esistenza»85. E conclude: «L’uomo non potrebbe esistere se ‘qualcuno’ non gli
venisse in aiuto».
84
L. GIUSSANI, Il senso…, 71.
85
R. GUARDINI, Religione e…, 41-42.
86
cf. Ibid., 62.
87
cf. L. GIUSSANI, Il senso…, 73.
29
E. Precarietà della libertà
L’uomo non vuole una libertà per un momento, ma come compimento totale
della vita, del proprio destino e per fare la verità su se stesso. Allo stesso tempo
scopre che la sua libertà è precaria, non sfugge alla «coercizione dei poteri dei
tempi», delle ideologie, delle circostanze in cui viviamo e dalle legge della natura.
Allora, possiamo dire che siamo liberi? Per Giussani soltanto può avere un caso in
cui l’uomo è libero di tutte le costrizioni del mondo: si ammette che questi «poteri»
non lo determinano totalmente, ma che lui è in rapporto diretto con l’origine di tutto,
con il Creatore di tutto, con Colui che è al di sopra di ogni influsso, cioè, con Dio.
Solo in tale ipotesi il mondo non lo vince, non lo afferra, l’uomo è libero.
Questo è il grande paradosso: la libertà è dipendenza da Dio. Tale dipendenza è una
evidenza dell’esistenza: «io non c’ero, ora ci sono, domani non ci sarò più», dunque,
dipendo. All’esperienza vissuta dell’«io dipendente» Giussani la chiama
«religiosità» e la considera come «l’unica obiezione ad ogni sorta di schiavitù del
potere». Una religiosità autentica resiste ad ogni forma di possesso, anzi è sfida ai
poteri88.
88
L. GIUSSANI, Il senso…, 119–128.
30
Il senso religioso è l’espressione più autentica di tale razionalità e libertà
dell’uomo. È la sua prima applicazione in quanto non cessa di domandare sul
significato delle cose. La dimensione religiosa è questa dinamica completa della
ragione che esige un significato della realtà, allo stesso tempo che la apre
all’infinito. Per Giussani questa era l’intuizione di Kant:
[La ragione umana] viene oppressa da questioni che non può respingere,
perché esse le sono imposte dalla natura della ragione stessa; mentre essa non
è in grado di rispondervi, perché esse oltrepassano ogni potenza della ragione
umana. […] cosi si vede forzata a cercare rifugio in principi che oltrepassano
ogni possibile uso dell’esperienza […] che non ammettono più la pietra di
paragone dell’esperienza.89
89
I. KANT, Critica della ragion pura, Bompiani, Milano 1981, 7, in L. GIUSSANI, Il
Senso Religioso, 136.
90
L. GIUSSANI, Il senso religioso, 12.
91
Gv, 16, 33.
31
L’unica obiezione alla schiavitù del potere è la religiosità […] Cosi che non
esiste niente più temuto e odiato, inconsciamente, che una religiosità autentica
nell’altro o nell’altra, perché è limite al possesso, è sfida al possesso.92
Il tema della libertà sta al cuore di D. Giussani. Lui vuole «educare alla
libertà». A questo scopo dedica il capitolo tredicesimo di Il senso religioso e l’opera
Il rischio educativo. La necessità di realismo porta con sé un certo «rischio
nell’insistere sulla razionalità del progetto di fede»94 in quanto l’itinerario verso Dio
non è del tutto comprensibile per l’umana ragione. Quest’idea veniva già espressa
da Sant’Anselmo nel suo Monologion: «rationaliter comprehendit
incomprehensibile esse»95.
92
L. GIUSSANI, Il senso religioso, 126.
93
cf. Ibid., 12.
94
L. GIUSSANI, Il rischio educativo, 43.
95
SANT’ANSELMO, Monologion 64.
96
L. GIUSSANI, Il senso…, 167.
97
cf. Ibid., 176.
32
D’altra parte, ognuno dev’essere disposto a «perforare le immagini comuni
e prendersi in mano». Interpretare la realtà vuol dire mantenere sveglia la «curiosità
del bambino», formarsi in un atteggiamento di ricerca, sempre attento alla necessità
di chiarire le risposte alle domande ultime. L’uomo bisogna chiarire l’immagine
che ha di Dio. Lasciarsi portare dalla consuetudine per un atteggiamento di dubbio
ci rende «incapace all’agire», ossia, di impegnarsi con la vita, di mettersi in
cammino verso il proprio destino.
Educare alla libertà per Giussani diventa un «rischio» perché, da una parte,
è educare alla «possibilità». Non si può «pretendere una dimostrazione
matematica», neppure voler suscitare dall’esperienza «un’emozione pietista». Si
deve imparare a partire da una «ricerca positiva» con «fame, sete, simpatia per il
reale» nella fiducia di ottenere delle certezze. La propria liberazione e la
riabilitazione della ragione, richiede questo lavoro ascetico.
98
R. LUCAS LUCAS, Orizzonte verticale: senso e significato della persona umana,
Edizioni Paoline, Cinisello Balsamo (MI) 1993, 65–69.
99
L. GIUSSANI, Il senso…, 183.
33
condizione di affermazione della persona e di sviluppo della sua libertà. Perciò
diventa essenziale l’espressione comunitaria del fenomeno religioso per svegliare
ed educare al senso religioso.
Si inizia nel dato della realtà che percepisco come «alterità». È «l’attrattiva»
che mi colpisce. In seguito «mi accorgo di essere stato colpito» da dove si scopre il
concetto «della vita come dono». Da questa prima esperienza della «presenza di un
altro», l’uomo intuisce, prende coscienze, che anche lui è «dato», è stato «fatto»,
100
L. GIUSSANI, Il senso…, 139.
101
Ibid., 141.
34
una certa dipendenza originale che si accentua nello accorgersi che questa realtà ha
un ordine, è cosmos, e sveglia anche in lui il senso di bellezza102.
«Dall’impatto» con la realtà bella che lo attira, gli uomini di tutti i tempi
hanno fatto questa esperienza di una realtà «provvidenziale» manifestatesi nelle
religioni antiche come la fecondità della terra, della donna, delle stagioni. Tutto ciò
li è sembrato divino, per cui l’uomo si ha reso grato e lieto. Se questo cammino si
fa con attenzione, quel senso di dipendenza originale matura verso la convinzione
che io non mi faccio da me. Le domande ultime si destano in primo luogo in questa
esperienza di scoprirsi come «un fiotto che nasce di una sorgente».
Si tratta della intuizione, che in ogni tempo della storia lo spirito umano più
acuto ha avuto, di questa misteriosa presenza da cui la consistenza del suo
istante, del suo io, è resa possibile. Io sono «tu-che-mi-fai» […] è quello che
la tradizione religiosa chiama Dio, è ciò che è più di me, è ciò che è più di me
stesso, è ciò per cui io sono103.
L’ultimo passo della sveglia delle domande ultime, che segue all’esperienza
dell’io, è la coscienza del bene e del male, «di un qualche cosa sui non si può
rifiutare l’omaggio della propria approvazione o l’accusa»105. Tale esperienza è la
«legge del cuore» che nasce nell’io che si sa contingente ed scopre un legame con
«Colui che mi crea», con un destino e un senso della vita. Nell’impatto con il
mondo, sembra «sprigionarsi una parola di invito per andare oltre il significato dei
102
L. GIUSSANI, Il senso …, 153.
103
Ibid., 146.
104
Ibid., 160.
105
Ibid., 149.
35
datti», a risalire al senso dell’analogia del mondo, che «mentre svela, vela»106. È il
reale che mi sollecita e provoca le domande: Cos’è? Perché? come mai? La realtà
come segno è «l’esperienza del reale che ci rimanda ad un'altra realtà». Non
possiamo negare tale esperienza in maniera irrazionale afferrandosi
all’immediatezza dei datti. Sin dalle indicazioni stradali, ai gesti che facciamo nel
confronto degli altri, fino alle «esigenze ultime della vita», tutto ci porta ad «andare
su» nell’analogia.
H. Le «esigenze ultime»
L’ultima esigenza è l’amore. Avere qualcuno da cui dire «tu non può
morire»108. È l’affermare l’altro che mi fa felice. Questa esigenza si esprime in
diverse forme, come bisogno di amicizia e di compagnia. L’amore è il segno
supremo che il mio significato, il senso del mondo è un «Tu». In questo «tu» la
ragione arriva alla sua vetta: Il mistero. L’altro non è dimostrabile, ma evidenza. La
spiegazione totale della realtà non si esaurisce con la mia vita e l’esperienza di
pienezza più intensa che vive l’uomo succede davanti a questo altro che mi
completa. Allora, il mistero non è limite, ma «chiarificazione» che allarga
106
L. GIUSSANI, Il senso …, 172.
107
Ibid., 156.
108
Cf. G. MARCEL, «La mort de demain», in Trois pièces, Plon, Paris 1931, 161, in L.
GIUSSANI, Il senso…, 160.
36
l’orizzonte dell’esistenza verso quello che non posso comprendere, ma che viene
all’incontro.
V. CONCLUSIONE
A. Il senso religioso come dimensione.
109
L. GIUSSANI, Il senso…, 74.
37
l’ipotesi di Dio, solo l’affermazione del mistero come realtà esistente oltre la
nostra capacità di ricognizione corrisponde alla struttura originale
dell’uomo110.
110
L. GIUSSANI, Il senso…, 76.
111
ARISTOTELE, Metafisica IX, 6, 1046.
112
cf. M. SCHELER, L’eterno nell’uomo, Bompiani, Milano 2009, 667.
38
espressa da Tommaso all’inizio della Somma: l’uomo può indagare sul Dio con la
sola ragione, ma senza la guida della Rivelazione, «non sarebbe stata accessibile se
non a pochi, dopo lungo tempo e non senza errori».113
113
THOMAS AQUINAS, S.Th. I, q.1, a.1.
114
cf. W. SHAKESPEARE, Macbeth, atto V, scena V, in L. GIUSSANI, Il senso religioso,
75.
115
cf. SANT’AGOSTINO, Soliloquia, I, III, 8 in Il Senso Religioso, 4.
39
l’ipotesi della rivelazione è «possibile» e «conveniente». Ci saranno però coloro
che la negano sia per la «rischiosità» della propria libertà oppure per altre forme di
idolatria.
C. Il metodo immanente-antropologico116.
116
Cf. M. BORGHESI, Sul senso religioso, 40. L’espressione originale è «immanente-
esistenziale». Il termino «antropologico» mi è apparso più conveniente per fare più
attenzione alla dimensione strutturale del «senso religioso» nella natura umana.
117
THOMAS AQUINAS, S.Th. I, q. 81, a.2.
40
queste ragioni perché a più conoscenza dell’oggetto, più l’amore verso lui. E di ciò
si tratta la sua ricerca: «Che io ti cerchi desiderandoti e ti desideri cercandoti, che
io ti trovi amandoti e ti ami trovandoti»118.
Per Giussani, tra le diverse tracce di Dio, c’è questa dimensione di senso
come pietra angolare di tutte le altre. Il senso religioso è la capacità dell’uomo di
scoprire il valore della «realtà come segno» che ci rimanda sempre ad un altro, segni
che «mentre svelano, velano» il significato ultimo dell’esistenza. Nell’analogia,
tutte gli argomenti anteriori si ordinano a questo senso ultimo che senza l’ipotesi di
Dio porta alla «tristezza esistenziale» e alla schiavitù dei poteri di questo mondo.
Nella convergenza degli argomenti, Giussani cerca questa riapertura dell’uomo
verso Dio, non soltanto come parte della sua struttura razionale di per sé spirituale.
Anzi, vuol mostrare che il «senso religioso» è «sintesi dello spirito», è la stessa
natura dell’uomo aperta a Dio in tutte le sue dimensione.
118
SANT’ANSELMO, Proslogion, 1.
41
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