Nei vecchi modelli di insegnamento, ove tutta l’attenzione era posta sul contenuto da insegnare e non su modelli e strategie di apprendimento che avessero come focus lo studente, l’errore era visto come una mancanza da parte dell’allievo. Era imputato a scarsezza di studio, deconcentrazione, distrazione e quindi sul piano didattico come un deficit da valutare con punti in meno. Nell’educazione musicale i brani proposti ed insegnati dovevano essere imparati con meno inesattezze possibili; la valutazione veniva dunque fatta quasi esclusivamente in base alle note eseguite correttamente per ciò che concerne altezza del suono e ritmo. Qualora lo strumento adoperato fosse il flauto si valutavano talvolta intonazione e timbro, senza mai accertarsi dei “perché” lo studente nel raggiungimento di questi parametri fosse deficitario. Naturalmente non ponendosi domande sulla causa di un errore è difficile agire per una risoluzione dello stesso. Si preferiva pertanto affermare che l’alunno fosse stonato, non portato per la pratica musicale, con un orecchio musicale non ben sviluppato. Mentre per le materie letterarie o scientifiche si poteva ovviare con il recupero, con spiegazioni alternative e strategie di studio, la comprensione della musica è sempre rimasta un miraggio; al suo linguaggio potevano accedere pochi studenti eletti, già in grado di apprendere il know-how per suonare correttamente grazie alle proprie qualità innate. L’apprendimento della musica era basato su una serie di insegnamenti deliberati fondati su solfeggio, lettura delle note sul pentagramma, con scarsa attenzione all'interazione comunicativa, agli interessi e all'impegno degli studenti. Spesso il tipo di musica proposta era basata su piccoli temi di musica classica o inni nazionali, da dover eseguire con strumenti e modalità avulse dal background socio-culturale in cui si trovavano i ragazzi. Anche se negli anni ’70 in seguito ad alcune proteste la maggior parte dei docenti si è ritrovata a dover mettere in discussione i propri modelli di insegnamento, nell’ambito musicale per le innovazioni si è dovuto attendere la fine degli anni ‘90. Tutt’oggi ancora resistono vecchie leve di docenti che, formati sul vecchio stampo, insegnano la musica decontestualizzandola da ciò che avviene nella realtà e fornendo spesso setting non adeguati all’apprendimento e allo sviluppo delle competenze. Questi deficit permangono anche a causa della carenza di libri di testo innovativi. Per quanto ormai ci si muova sull’adozione di libri con contenuti digitali e quaderni delle competenze, la parte dedicata alla pratica musicale è sempre carente, antiquata e poco adatta alla fruizione dei ragazzi di scuola secondaria di primo grado. Tornando all’ importanza dell’errore in ambito pedagogico, potremmo dire che esso è aggettivabile come: normale, positivo, utile. È normale perché fa parte dell’esperienza e dell’esecuzione musicale di ogni essere umano; è positivo perché con la sua correzione permette di far giungere l’allievo a conoscenze più vicine alla corretta esecuzione ed interpretazione del brano musicale; è utile perché lo mette in condizione di imparare dagli errori precedenti sviluppando in lui competenze tecniche sullo strumento ed una migliore connessione neurale tra il cervello e le mani. L’ apprendimento concreto e vero si realizza nella misura in cui nell'alunno emergono motivazione, interesse, curiosità, emozione; l’errore dev’essere anch’esso contestualizzato e la prima domanda che il docente deve porsi è: “Perché lo studente ha sbagliato?” Bisognerebbe capire se non è avvenuta la comprensione del passaggio musicale, se l’errore è imputabile al mancato gradimento del brano da eseguire, o ancora se manca la percezione dell’errore stesso. Solo in questo modo si può sviluppare un intervento mirato che crei dei “tasselli reali” di apprendimento. Non possiamo pertanto più parlare di colmare una lacuna, semmai di spostare l’attenzione su elementi già acquisiti che aiutino lo studente ad attraversare l’ostacolo senza traumi. Ciò che l’allievo deve ricordare è la strategia che ha usato in precedenza per superare l’impass. Così facendo all’errore successivo non avrà un blocco ma il suo cervello attiverà immediatamente dei processi utili al superamento dello scoglio. Ecco che l'attenzione sull'alunno non sarà tanto centrata sul fatto che egli sta acquisendo competenze, quanto sulle sue modalità di pervenire al sapere, sui procedimenti mentali ed emozionali che lo portano a modificare con una mente flessibile la sua struttura di conoscenza. L'insegnante deve supportare l'alunno nella riflessione su ciò che sta avvenendo nella sua mente mentre sta imparando. In un’ottica pedagogica positiva dell'errore si porta in primis il soggetto-alunno alla riflessione sul suo apprendere per poi aiutarlo a controllare in modo positivo i suoi sforzi, e i suoi insuccessi. Sempre in questa visione, anche l'insegnante deve mettersi in discussione circa i propri possibili errori e su come riuscire a prevenire gli errori degli alunni. Egli si interroga soprattutto in rapporto al tipo di strategie da attivare per favorire il successo nell' apprendimento, attraverso processi di controllo differenziati per studente, con compiti che siano individuali e di gruppo. In merito alla società “complessa” in cui il docente oggi si trova ad operare, possiamo affermare che la disciplina musicale consente di aiutare i ragazzi a formulare un nuovo linguaggio di comunicazione; la musica in quanto veicolo di emozioni e sentimenti non esprimibili a parole di rivela fondamentale nei processi di apprendimento e senz’altro è una materia trasversale al ‘sapere’ in tutte le sue sfaccettature. Partire da contesti di appartenenza e dalla musica presente in cui i nostri ragazzi sono cresciuti per poi allargare la visione della musica al passato e al futuro, facendo percepire l’importanza del senso di continuità, permetterà all'alunno di allargare davvero significativamente il background culturale al quale potersi riferire per percepirsi unito, continuo e non schizofrenico. Ecco che diventa importante rendere la comunicazione musicale interattiva, fatta di imitazione, scambio e reinterpretazione: maggiore è l'interattività, migliori sono le capacità di riflettere dell'alunno e le sue possibilità di arricchimento. L’errore nella pedagogia montessoriana Maria Montessori dedicò ampio spazio allo studio dell’errore e di come esso potesse portare all’autodeterminazione e all’autoeducazione del bambino. Secondo la pedagoga infatti non si può ragionare in un’ottica di castighi e punizioni in caso di errore, o viceversa di lodi e premi in caso di successo, e questo per due motivi: il primo di carattere psicologico in quanto si vedrebbe generata una crescente insicurezza e sfiducia in se stesso dello studente; il secondo di carattere pedagogico in quanto si impedirebbe all’allievo di autoguidarsi dovendo aspettare sempre il giudizio positivo/negativo di un’altra persona per determinare la correttezza del proprio operato. È lo stesso bambino che utilizza il materiale strutturato (nel nostro caso tubi sonori, campanelli intonati, glockenspiel o strumentario Orff) a rendersi conto di avere sbagliato, autocorreggendosi sia con più attenti controlli sensoriali, sia usando il proprio pensiero critico. Scoprire, incontrare e superare l’errore non ha solo una valenza sul piano stretto dell’apprendimento ma produce e sviluppa sentimenti attinenti la sfera ontologica, morale e sociale del discente. Il bambino che ha dimestichezza con l’errore e che lo avverte come un processo naturale dell’esistenza, osservando il suo pari che si ritrova a commettere lo stesso errore, si sente a lui vicino e legato per qualcosa di intrinseco facente parte della loro natura universale di esseri umani. Gli errori pertanto, che in campo pedagogico e didattico sono strumenti di formazione e di crescita, si rivelano, secondo la Montessori, fautori di coesione, collaborazione e coesistenza pacifica. Il fattore insicurezza e strategie per superarlo Al tema dell’errore è legato un fattore vincolante al superamento dell’ostacolo: l’insicurezza. Il timore di sbagliare nuovamente o di non essere all’altezza dei compagni determina spesso un circolo vizioso che fa sì che lo studente perpetri nell’errore. Bisogna pertanto spostare l’attenzione dalla possibilità dell’errore al divertimento puro e semplice che la musica crea. Il docente deve far comprendere che le emozioni e le sensazioni generate dal suonare tutti insieme devono essere al primo posto tra i pensieri dell’allievo, schiacciando qualsiasi pensiero che porti alla paura del fallimento. Bisogna dimenticare quanta strada c’è da percorrere e che essa sia in salita, apprezzando e godendo del viaggio in sé. Si è passati ad una concezione di tipo ‘combinatorio’, in cui gli aspetti di insegnamento e di apprendimento sono inscindibili ed appartengono all'unico processo formativo scolastico. In questo contesto si inserisce una strategia che può aiutare l’abbandono dell’insicurezza: la continuità d’esecuzione. Nel superamento di uno scoglio è importante guardare avanti per perseguire un obiettivo. Solo al termine dell’esecuzione si svolgerà il debriefing ovvero l’analisi degli errori fatti e delle loro cause. Questa strategia ha molte analogie con la disciplina metropolitana del Parkour, nella quale si prevede l’esecuzione di un percorso, superando qualsiasi genere di ostacolo con la maggior efficienza di movimento possibile e adattando il proprio corpo all'ambiente circostante. Allo stesso modo nell’esecuzione di un brano musicale bisogna superare l’errore continuando a suonare, tenendo il filo del discorso musicale individuale e collettivo e guardando solo il percorso da svolgere senza interrompersi. Questo aiuta a portare l’attenzione sul brano e non più sull’errore. L’insegnante deve incentivare questo tipo di allenamento che alleggerisce il “peso” dello sbaglio e dona fiducia e sicurezza all’allievo, il quale sarà appagato dall’aver portato a termine l’esecuzione sempre e comunque. Anche la correzione tra pari risulta essere una strategia utile all’abbandono dell’insicurezza. In un setting interattivo significativo la correzione tra pari rende possibile il riconoscere modi diversi di soluzione di un problema. Talvolta il suggerimento di un compagno risulta molto più incisivo e produttivo di quello proveniente direttamente dal docente. Naturalmente l’insegnante non è estraneo nella correzione tra pari ma è un ‘regista’ attento e insieme ‘co- protagonista’ con gli alunni. In quest’ottica, l'insegnante alleggerisce l’errore, collocando nel normale processo di apprendimento. L’insuccesso deve essere inserito in una visione motivante, come un normale avvenimento funzionale per l’accesso al sapere personale e collettivo.
SuperKids. Basi neurologiche della dislessia e contributo delle TIC nei processi riabilitativi, nell’apprendimento e nell’inclusione scolastica di soggetti con DSA