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IL SANTUARIO DI EN-GEDI ED IL RECINTO TEMPLARE DI TULEILAT EL-

GHASSUL: I PRODROMI DELL’ARCHITETTURA SACRA PALESTINESE DEL


BRONZO ANTICO NELL’ETÁ TARDO CALCOLITICA∗
Maura Sala∗∗
L’architettura sacra della Palestina nell’età del Bronzo Antico appare contraddistinta da
una relativa uniformità e specificità di sviluppi nell’architettura religiosa di età1 pre-
classica, a fronte della varietà di forme che essa assume nel II e nel I millennio a.C.


Desidero dedicare questo articolo al Prof. P. Matthiae in occasione del Suo sessantacinquesimo
compleanno. I Suoi insegnamenti e la fondamentale esperienza della partecipazione alle campagne
di scavo ad Ebla hanno contribuito in modo unico a formarmi alla rigorosa prospettiva storico-
archeologica che è caratteristica della Sua Scuola, e a trasmettermi la profonda coscienza e
sensibilità storica con cui costantemente vengono affrontate le tematiche e le problematiche
dell’archeologia del Vicino Oriente.
∗∗
Un sentito ringraziamento va al Prof. L. Nigro, correlatore della mia tesi di laurea discussa
all’Università di Roma “La Sapienza” nel luglio 2004, da cui il presente articolo è stato estratto. Lo
ringrazio per i consigli ed i suggerimenti, e per le preziose intuizioni, che mi hanno sempre spronata
ed aiutata ad affrontare in modo critico i temi e le problematiche dei miei studi.
1
Con l’avvento del II millennio a.C. la Palestina s’inserisce in un più ampio milieu storico-culturale,
che va ad abbracciare l’intera regione siro-palestinese (Matthiae 1990; Nigro 1996) e che
nell’architettura sacra palestinese del Bronzo Medio si manifesta segnatamente nell’introduzione di
una nuova tipologia templare di derivazione settentrionale: la tipologia del tempio Langraum,
monocellulare e con ingresso assiale, mutuata dall’architettura templare siriana, laddove appare
attestata fin dalla metà del III millennio a.C., nei templi di Tell Chuera (Orthmann 1990) e Tell
Halawa (Orthmann (ed.) 1989: 63-66, Abb. 15, Beig. 10), e dove si afferma in modo preminente nel
Bronzo Medio nei templi di Ebla, Tell Bi‘a e forse Aleppo (Matthiae 1995: 148-160; 2000: 182-
184). In Palestina essa è attestata nei templi di Megiddo X (Loud 1948: 102-105; Dunayevsky -
Kempinski 1973: 180), Shechem Ia-b (Campbell 2002: 145-151; Wright 2002: ills. III:61-62,
III:64), Hazor (area A; Ben-Tor et al. 1997: 51-71, 85-101), Tell Musa IV (Eisenberg 1977: 78-80)
e Tell el-Hayyat 2 (Falconer - Magness-Gardiner 1989: 258-259), tutti all’incirca databili al Bronzo
270 M. Sala CMAO X

Gli edifici di culto palestinesi del2 Bronzo Antico (le cui attestazioni si sono via via
incrementate negli ultimi decenni) appaiono caratterizzati da una basilare omogeneità
ed originalità di forme rispetto alle coeve tradizioni architettoniche delle altre regioni
del Vicino Oriente3, indicando l’elaborazione locale di un’architettura templare, che
viene canonizzata nel corso del periodo4 e definisce una tradizione che resterà radicata
nell’architettura palestinese anche tra i più diversificati sviluppi del millennio
successivo. Questa tradizione, segnatamente caratteristica dell’architettura sacra di
Palestina, è quella del tempio Breitraum, rettangolare e monocellulare, con accesso
diretto su uno dei lati maggiori (sovente ma non necessariamente assiale) ed un forte
sviluppo latitudinale, il quale è talvolta provvisto di modeste unità accessorie e
corredato di una corte comunemente recintata e dotata di alcune installazioni (bacini,
silos, piattaforme)5.

Medio III. Per una panoramica generale dei diversificati sviluppi dell’architettura religiosa
palestinese del II e I millennio a.C. si vedano Ottosson 1980; Zwickel 1994.
2
Le indagini nuove, o rinnovate, condotte negli ultimi decenni hanno progressivamente arricchito le
attestazioni relative all’architettura sacra della Palestina nel IV e III millennio a.C. Recentemente, da
un lato la pubblicazione finale dei risultati di scavi precedenti, come gli scavi condotti nel town site
di Bab edh-Dhra‘ (Rast - Schaub 2003); dall’altro, la ripresa degli scavi in alcune aree sacre
precedentemente indagate, come il recinto templare di Tuleilat el-Ghassul (Bourke et al. 1995;
2000) e l’area sacra di Megiddo (laddove gli scavi sono tuttora in corso; Finkelstein - Ussishkin
2000; 2003); infine, l’indagine di alcuni nuovi complessi cultuali, come l’articolata area sacra di
Khirbet ez-Zeraqon (Genz 2002: 94-96), hanno contribuito ad incrementare in modo rilevante la
documentazione e la conoscenza degli edifici sacri palestinesi del IV-III millennio a.C.
3
L’architettura sacra della Palestina nell’età del Bronzo Antico non è, invero, del tutto scevra da
possibili confronti e relazioni con coevi sviluppi dell’architettura religiosa di altre regioni del Vicino
Oriente; in particolare, l’architettura religiosa levantina e siriana del III millennio a.C., come
attesterebbe l’introduzione della tipologia del tempio in antis nel Bronzo Antico III nei siti
palestinesi di Megiddo (Loud 1948: 78-84; Dunayevsky - Kempinski 1973: 169-172) e Khirbet ez-
Zeraqon (Genz 2002: 94-96). La tipologia del tempio in antis appare attualmente caratteristica
dell’architettura templare della Siria nord-orientale, a Tell Chuera (Orthmann 1990) e Tell Halawa
(Orthmann (ed.) 1989: 63-66, Abb. 15, Beig. 10), ma risulta anche altrove attestata nel Vicino
Oriente intorno alla metà del III millennio a.C.: nel Levante, segnatamente a Biblo, nei tre tempietti
del complesso sacro indicato da Dunand come temple en L e nella Chapelle Orientale (1950-1958:
895-899); infine, nella Siria centrale, nell’edificio templare recentemente identificato nel sito di al-
Rawda, a circa 70 km a nord-est di Qatna, e datato al Bronzo Antico IV. Questo tempio, benché
ricondotto alla tipologia siriana dell’Antentempel, presenta, invero, una cella di morfologia
all’incirca quadrata (e non longitudinale come nei templi nord-siriani), accostandosi piuttosto nelle
proporzioni alla formulazione palestinese di questa tipologia.
4
Dal Bronzo Antico IB, nei templi di Megiddo e Hartuv, fino alla fine del Bronzo Antico III, nei
templi di ‘Ai, Khirbet Yarmouk e Bab edh-Dhra‘ (Kempinski 1992; de Miroschedji 1993).
5
La tipologia del tempio Breitraum, anche se con una morfologia, invero, quasi quadrata, è di nuovo
attestata in Palestina nella prima metà del II millennio a.C. nei templi Megiddo XII (Dunayevsky -
Kempinski 1973: 177-180), Tell Musa V (Eisenberg 1977: 78-81), Tell el-Hayyat 5 (Falconer -
Magness-Gardiner 1989: 256) e nel tempio degli ortostati a Hazor (Yadin et al. 1961-1989: 215-
264, pl. XLI).
2005 Il santuario di En-Gedi ed il recinto templare di Tuleilat el-Ghassul 271

I prodromi di questa tradizione architettonica, che va a costituire la tipologia canonica


dell’architettura religiosa pubblica ed ufficiale nella Palestina del Bronzo Antico, sono,
invero, rintracciabili già nell’età tardo calcolitica (3800-3400 circa a.C.)6. Nella fase
matura del Calcolitico, intorno alla metà del IV millennio a.C., questa tradizione di
architettura templare appare, infatti, affermata e codificata in due complessi cultuali
indagati nella Palestina meridionale, presso le sponde del Mar Morto: il santuario di En-
Gedi ed il recinto templare di Tuleilat el-Ghassul, rappresentando, peraltro, uno dei più
rilevanti elementi di continuità nel passaggio dal periodo tardo calcolitico all’età del
Bronzo Antico in Palestina7.
Nei complessi tardo calcolitici di En-Gedi e Tuleilat el-Ghassul si segnala la comparsa
delle prime strutture architettoniche di carattere manifestamente sacro e del primo
processo di codificazione di un’architettura religiosa palestinese, e specificamente
templare, che viene canonizzata, senza apparente soluzione di continuità, nel corso del
successivo Bronzo Antico I-III8. Il modulo di base di questa tradizione architettonica,
6
Per una periodizzazione del periodo calcolitico in Palestina si vedano Stager 1992: 26-27; Joffe -
Dessel 1995.
7
L’ipotesi di una sovrapposizione temporale tra la fase finale del calcolitico e la finale iniziale del
Bronzo Antico (Bronzo Antico IA) nelle diverse aree del territorio palestinese è oggi diffusamente
accantonata (Gophna 1995: 269-272; Yekutieli 2001: 664-665). Rimane, invece, ancora aperta la
problematica circa una precisa valutazione del grado di continuità o meno dei vari orizzonti culturali
del Bronzo Antico I rispetto alle precedenti tradizioni calcolitiche (Amiran 1977; 1985; Hanbury-
Tenison 1986; Braun 1989; Eisenberg 1989); problematica non marginalmente intricata dal marcato
regionalismo degli orizzonti della cultura materiale, che contraddistingue tanto il periodo calcolitico
quanto la fase iniziale del Bronzo Antico palestinese. Per il Calcolitico, in particolare, risulta a
tutt’oggi difficile tentare una correlazione dei diversi orizzonti regionali. Alcune sintesi generali
sulla cultura calcolitica in Palestina si hanno in Levy 1986; 1995; Gilead 1988; Gonen 1992; Bourke
2001.
8
Dopo la fine della cultura calcolitico-ghassuliana, la prima attestazione di edifici di culto in
Palestina non appare, al momento, anteriore al Bronzo Antico IB, la fase proto-urbana del Bronzo
Antico palestinese. I due sovrapposti edifici templari nel temenos dell’area BB a Megiddo (Loud
1948: 61-63; Finkelstein - Ussishkin 2000: 38-55, figs. 3.10, 3.11) ed il tempio identificato nel
complesso pubblico di er-Rujm (Mazar - de Miroschedji 1996: 4-13) mostrano una sostanziale
continuità con la tradizione architettonica codificata nei recinti templari calcolitici di En-Gedi e
Tuleilat el-Ghassul, ratificando la tipologia del tempio Breitraum ad accentuato sviluppo
latitudinale, che diviene nel Bronzo Antico il tipo classico e distintivo dell’architettura religiosa
pubblica della regione palestinese. Essa appare, infatti, impiegata nel complesso templare eretto agli
inizi del Bronzo Antico II sull’acropoli di ‘Ai (Callaway 1993: 41-44) e nel monumentale tempio
recentemente identificato nello strato XVIII/livello J-4 a Megiddo (Finkelstein - Ussishkin 2003);
nelle meno monumentali realizzazioni del recinto sacro di Arad (Amiran et al. 1996: 45-59) e nei
due sovrapposti templi dell’area XII a Bab edh-Dhra‘ (Rast - Schaub 2003: 157-166, 321-335);
infine, nel Bâtiment blanc di Khirbet Yarmouk (de Miroschedji et al. 1988: 35-41). La fase iniziale
del Bronzo Antico I, il Bronzo Antico IA, non ha restituito finora edifici di carattere cultuale. Ad
essa sono forse, invece, ascrivibili alcune aree sacre all’aperto, in apparenza specificamente
correlate con luoghi e culti funerari, come quelle individuate a Gezer ed associate alla prima
occupazione del sito in grotte nel Bronzo Antico IA: si tratta di aree all’aperto contrassegnate dalla
presenza di depressioni scavate nella roccia, per le quali è stata ipotizzata una possibile connessione
con lo svolgimento di azioni liturgiche, libatorie o sacrificali (Macalister 1912a: 74-75, 100; 1912b:
272 M. Sala CMAO X

l’unità di tipologia Breitraum9, viene mutuato e condiviso con la contemporanea


architettura domestica, laddove continua ad essere impiegato fino alla fine del III
millennio a.C. (ovvero finanche nel Bronzo Antico IV). Dalle coeve strutture
domestiche gli edifici di natura templare si differenziano, tuttavia, fin dalle prime
attestazioni calcolitiche e via via più chiaramente nel corso del Bronzo Antico, per la
diversa organizzazione planimetrica ed architettonica, per la monumentalità e la qualità
delle tecniche costruttive impiegate, per l’adozione e la combinazione di differenti e
specifici elementi strutturali (dal temenos di recinzione alla presenza di installazioni di
apparente carattere cultuale).
Sia il tempio di En-Gedi che il tempio di Tuleilat el-Ghassul sono edifici inseriti in
ampi recinti sacri, di simile morfologia ed articolazione, delimitati ed isolati dall’area
circostante da un temenos di recinzione: l’uno ubicato su un’altura ed interpretato come
un probabile santuario regionale e periodico centro di pellegrinaggio; l’altro, situato
all’interno del più vasto insediamento calcolitico del Levante meridionale. Un ulteriore
complesso architettonico di apparente carattere cerimoniale e possibile destinazione
cultuale è stato individuato a Gilat, un importante centro calcolitico del Negev
settentrionale (Alon - Levy 1989; 1990; 1993; Weippert 1998). Dal complesso di Gilat è
stato recuperato un ricco repertorio di vasi ed oggetti cultuali, con alcuni articoli di
carattere unico e valore ineguagliato nella comprensione del milieu ideologico-religioso
delle società calcolitiche10, suggerendo agli scavatori la destinazione sacra di questo

378-381). Un’area sacra all’aperto, contraddistinta dalla presenza di un allineamento di massebot,


sarebbe stata forse presente anche nel sito di er-Rujm, prima dell’erezione del complesso pubblico
dello strato II, in cui è stato identificato il tempio 152 ed in cui le massebot sarebbero state integrate,
mantenendo la loro originaria valenza cultuale (Mazar - de Miroschedji 1996: 11-13). Aree sacre
all’aperto, con tutta probabilità connesse con culti funerari, sono individuate anche per la precedente
fase calcolitica nella regione del Mar Morto e del Deserto di Giuda: si tratta di aree all’aperto
racchiuse da ampie recinzioni, di cui si ha attestazione a Nahal Mishmar, Nahal Hardof, Bab edh-
Dhra‘ e Adeimeh (Elliott 1977: 17-20; Bourke 2002a: 14-19, che da ultimo ha sottolineato la
connessione di queste aree sacre con cimiteri e, dunque, con pratiche e culti specificamente
funerari).
9
La fedeltà alla concezione dell’edificio Breitraum rappresenta il tratto distintivo e basilare
dell’intera architettura templare palestinese del Bronzo Antico, e viene mantenuta anche nella
seconda tipologia di edificio templare introdotta in Palestina nel Bronzo Antico III, nei templi di
Megiddo e Khirbet ez-Zeraqon: la tipologia del tempio in antis, laddove lo sviluppo latitudinale
della cella costituisce la specificità della versione palestinese di una tipologia templare, che è
documentata anche nell’architettura nord-siriana della metà del III millennio a.C. I tre tempietti in
antis di Biblo rappresentano, in proposito, un’interessante attestazione, giacché la cella centrale ha
uno sviluppo longitudinale, mentre le due celle laterali hanno uno sviluppo latitudinale, affine nelle
proporzioni ai templi di Megiddo, coniugando, dunque, in un unico complesso entrambe le versioni
(Dunand 1950-1958: 895-898, fig. 1007; Saghieh 1983: 14-18, 23-24, pls. II, III:1).
10
Il repertorio rinvenuto a Gilat (Alon 1977; Alon - Levy 1989: 182-207) comprende una
considerevole quantità di cornets, torpedo jars e più di 200 sostegni fenestrati in ceramica e basalto;
frammenti di calici e coppe in basalto; teste di mazza in granito, calcare, ematite e rame (le quali
trovano paralleli in identiche teste di mazza provenienti dall’Egitto pre-dinastico); palette in pietra;
figurine di tipo violin-shaped; alcune figurine fittili ed otto pietre coniche interpretate come possibili
massebot; infine, meritano una particolare attenzione due vasi cultuali, di presumibile impiego
rituale, e forse libatorio, di cui uno rappresentante un ariete che porta tre cornets sul dorso, l’altro
2005 Il santuario di En-Gedi ed il recinto templare di Tuleilat el-Ghassul 273

complesso architettonico, la sua identificazione come santuario,


11
nonché la possibile
natura dell’insediamento come centro cerimoniale regionale . Nondimeno, una precisa
identificazione templare rimane alquanto dubbia12.
Dai successivi sviluppi del Bronzo Antico, i templi tardo calcolitici di En-Gedi e
Tuleilat el-Ghassul si differenziano principalmente per due aspetti: l’accentuato
sviluppo latitudinale delle strutture, che, pur rimanendo una caratteristica distintiva dei
templi di questa tipologia e costituendo un elemento peculiare dell’architettura templare
palestinese del IV e III millennio a.C., si attenua nel corso del Bronzo Antico; l’assenza
di una fila centrale di pilastri, che ricorre, invece, usualmente nei templi palestinesi del
Bronzo Antico13.
*
* *
La seguente analisi dei due recinti templari di En-Gedi e Tuleilat el-Ghassul prende in
esame anzitutto le caratteristiche planimetriche ed architettoniche delle strutture (le
quali costituiscono spesso l’elemento fondante dell’identificazione templare degli
edifici di culto palestinesi del Bronzo Antico); ma ne considera anche l’ubicazione, la
presenza di eventuali installazioni di carattere cultuale, nonché la natura dei
ritrovamenti associati, che, per quanto limitati, possono contribuire a comprovare la
destinazione religiosa e cerimoniale di questi complessi architettonici.

raffigurante una figura femminile seduta su un piedistallo, con una zangola sulla testa ed un
incensiere od un calice sotto il braccio sinistro (Alon 1976; Amiran 1976; 1989).
11
Alcune analisi petrografiche condotte sia sulla ceramica sia su altri oggetti del repertorio (Gilead -
Goren 1989) hanno, in effetti, rivelato la presenza di numerosi articoli d’importazione straniera ed
origine esotica.
12
A fronte della copiosità dei ritrovamenti e delle importazioni, che sembrano attestare l’importanza
ed il peculiare ruolo cerimoniale di questo insediamento calcolitico, l’evidenza architettonica per
l’identificazione di un complesso templare a Gilat, com’è stato proposto, appare piuttosto incerta. Il
complesso architettonico di Gilat, infatti, non sembra palesare né nella planimetria, né nelle
caratteristiche strutturali, né nelle presenti installazioni, elementi che possano indicare chiaramente
una sua identificazione templare e che appaiano caratteristici della tradizione di architettura
templare che già nel tardo calcolitico va canonizzandosi in Palestina nei recinti sacri di En-Gedi e di
Tuleilat el-Ghassul. D’altro canto, la complessa articolazione della struttura, la sua estensione, la
cura costruttiva posta nella realizzazione di alcune installazioni (come nel caso del bacino in pietra
128), e soprattutto la natura dei ritrovamenti sembrano additare con altrettanta chiarezza la funzione
certamente non domestica e la probabile destinazione cerimoniale di questo complesso
architettonico. La pubblicazione definitiva dei risultati di scavo, con un particolare riguardo proprio
all’area della struttura che ha restituito il ricco repertorio di oggetti cultuali e che è stata identificata
dagli scavatori come un santuario, è in corso di stampa (Levy [ed.], in stampa).
13
La ridotta larghezza delle strutture calcolitiche, presumibilmente, non rendeva necessaria la
presenza di supporti centrali per la copertura degli edifici.
274 M. Sala CMAO X

1. IL SANTUARIO DI EN-GEDI
Il santuario di En-Gedi è un complesso architettonico del tutto isolato14, eretto in una
posizione eminente e suggestiva su una terrazza rocciosa presso la sponda occidentale
del Mar Morto, a circa 30 m sopra la sorgente di En-Gedi e a circa 600 m a sud della
sorgente di En-Shulamit15.
I resti del santuario calcolitico di En-Gedi furono identificati per la prima volta nel 1956
da Y. Aharoni nel corso di una prospezione archeologica della regione. Y. Naveh, che
continuò la prospezione, aprì una prima trincea nell’area del santuario, in quello che si
sarebbe rivelato poi essere l’edificio laterale del recinto templare. Al suo interno furono
rinvenute schegge di selce, ossa animali, conchiglie e frammenti ceramici assegnabili
all’orizzonte calcolitico-ghassuliano, che consentirono di datare alla fase calcolitica la
struttura preliminarmente identificata come un edificio pubblico, presumibilmente un
santuario (Naveh 1957; 1958). Lo scavo sistematico del complesso fu intrapreso nel
1962 dalla Hebrew University e dalla Israel Exploration Society sotto la direzione di B.
Mazar e 16 fu ultimato con una seconda campagna nel 1964 sotto la direzione di D.
Ussishkin .
1.1. Stratigrafia e datazione
L’indagine del santuario di En-Gedi risultò relativamente semplice, giacché la maggior
parte delle strutture murarie (conservate con alzati di 0,50-0,90 m) era già visibile in
superficie e l’accumulo dei detriti aveva formato dei monticoli in corrispondenza delle
diverse strutture del temenos. Anche la stratigrafia del complesso si rivelò piuttosto
semplice ed uniforme, attestando un’unica e continua fase occupazionale databile al
periodo calcolitico (e forse più precisamente al 17periodo tardo calcolitico, sebbene
rimanga difficile fissare la durata dell’occupazione) .
Tutte le strutture sembrano essere state erette contemporaneamente secondo un coerente
progetto architettonico e sembrano essere state utilizzate per un unico periodo, giacché
nel complesso non sono riconoscibili rifacimenti successivi o distinte fasi costruttive18.
Il santuario sembra essere stato, infine, semplicemente abbandonato senza violente
distruzioni19.
14
Non è stato individuato alcun insediamento coevo né nell’area limitrofa né nella regione
immediatamente circostante.
15
Verso l’una e l’altra sorgente sono rispettivamente orientati i due ingressi del temenos del santuario.
16
Allo stesso Ussishkin si deve la pubblicazione finale dei risultati di scavo (1980), dopo alcune brevi
pubblicazioni preliminari.
17
Ussishkin 1980: 30. Ad ogni modo, il santuario dovette rimanere in uso il tempo necessario affinché
sui pavimenti degli edifici si depositasse un consistente strato di detriti e le fosse di scarico
all’interno del tempio fossero completamente riempite.
18
Si è potuta distinguere una sola aggiunta minore rispetto alla costruzione originaria: l’aggiunta di un
rivestimento in pietra per sorreggere l’angolo nord-occidentale dell’edificio templare, probabilmente
reso instabile dalle fosse di scarico scavate nel pavimento immediatamente adiacente.
19
Una simile sorte sembra essere toccata agli insediamenti calcolitici della regione, in primis
l’insediamento di Tuleilat el-Ghassul. Al momento del suo abbandono, i beni e i manufatti custoditi
nel santuario dovettero forse essere trasferiti altrove; e, in effetti, il monumentale complesso
2005 Il santuario di En-Gedi ed il recinto templare di Tuleilat el-Ghassul 275

1.2. La planimetria del recinto templare


Il santuario di En-Gedi (Fig. 2; Ussishkin 1971: 27-35; 1980: 4-12, fig. 3) è un ampio
recinto templare di morfologia grosso modo trapezoidale, delimitato da un temenos di
recinzione in pietra, con dimensioni esterne di circa 26,5 x 20 m. Direttamente nel muro
del temenos s’inseriscono gli edifici del santuario: il tempio vero e proprio ed un
ambiente laterale minore20.
Al santuario si poteva accedere attraverso due ingressi: un ingresso principale
monumentale (locus 404), costruito sul limitare meridionale della terrazza rocciosa, di
fronte al ripido pendio che discende verso la sorgente di En-Gedi, ed una postierla
secondaria, situata sul lato orientale della recinzione ed orientata verso la sorgente di
En-Shulamit.
Il portale principale è costituito da un ambiente rettangolare a sviluppo latitudinale.
Entrambi i suoi accessi, quello esterno (largo 0,86 m) e quello interno (largo 0,83 m),
pressoché assiali, sono delimitati da stipiti sporgenti di circa 0,40-0,50 m e marcati da
una soglia pavimentata in pietre piatte, la quale, nell’ingresso interno, non copre
interamente lo spazio tra i due stipiti, allineandosi alle facce dei muri che fiancheggiano
il passaggio; mentre nell’ingresso esterno procede fin oltre la linea degli stipiti,
congiungendosi ad una sorta di gradino, o soglia esterna, realizzata con larghe pietre
piatte21. Una banchina in pietra (larga 0,30-0,40 m ed alta 0,20-0,30 m) si sviluppa
lungo le pareti interne dell’ambiente22.
L’ingresso secondario sul lato orientale del temenos è, invece, costituito da una
postierla della larghezza di 1 m, fiancheggiata da due specie di contrafforti laterali
(larghi 1,20 m e lunghi 1,65-1,70 m). Entrambi i contrafforti presentano sulla faccia
esterna una rientranza di 0,10-0,20 m, ad eccezione della parte immediatamente
adiacente al passaggio: anche in questo caso, dunque, l’ingresso appariva affiancato da
due stipiti sporgenti, come avveniva nell’ingresso principale. La soglia della postierla è

templare è apparso privo di ritrovamenti ed oggetti cultuali di particolare rilevanza. Ussishkin ha


suggestivamente proposto che lo straordinario deposito di oggetti (442 oggetti, di cui 429 in rame)
rinvenuto in una grotta del Nahal Mishmar, la cui ispirazione religiosa e destinazione rituale
appaiono evidenti (Bar-Adon 1980), fosse originariamente parte del tesoro e dell’apparato cultuale
del santuario di En-Gedi, che si trova a circa 10,5 km di distanza (Ussishkin 1971; 1980: 38-41).
Recentemente, tuttavia, Gilead e Goren hanno rilevato a seguito di alcune analisi petrografiche che
la maggior parte della ceramica proveniente dalla grotta del Nahal Mishmar si compone di un’argilla
rosso scuro, che non è attestata nel repertorio ceramico di En-Gedi, e si riscontra, invece, per
esempio, nel repertorio ceramico di Tuleilat el-Ghassul (1989: 7).
20
La recinzione fu secondariamente aggiunta dopo che le strutture erano state erette.
21
È possibile che una serie di altri gradini fosse originariamente costruita lungo il pendio, sia per
facilitare l’ascesa al santuario sia per conferire una maggior monumentalità all’ingresso principale.
22
Ad eccezione del muro a destra dell’ingresso esterno. Questo lato sembra essere stato lasciato libero
per consentire l’apertura della porta di 180º. In effetti, presso l’angolo destro dell’ingresso è stata
rinvenuta una ralla in pietra, in cui doveva essere assicurato il palo della porta. Presso l’angolo
sinistro, invece, un piccolo recesso ricavato all’estremità della banchina (a partire dal secondo corso
di pietre) doveva ospitarne la chiusura.
276 M. Sala CMAO X

similmente pavimentata con larghe pietre piatte, il cui lastricato procede oltre la linea
dei contrafforti allargandosi nella corte.
L’ingresso secondario si situa tra il tempio e l’ambiente laterale. Entrambi gli edifici,
direttamente inseriti nel muro del temenos, sono strutture di tipo Breitraum, a forte
sviluppo latitudinale ed ingresso assiale: l’edificio maggiore, il tempio vero e proprio,
che misura internamente 19,70 x 5,5 m circa23, s’inserisce nel lato settentrionale della
recinzione, occupandolo quasi interamente, ed ha l’ingresso (largo 0,90 m) orientato
verso sud; il vano minore, che misura 6,5 x 3,2 m all’interno e 7,5 x 4,5 m all’esterno,
appare, invece, trasversalmente inserito nel lato orientale del temenos, a sud della
postierla, ed ha l’ingresso (largo 0,70 m) orientato verso sud-ovest. Questo ambiente
doveva costituire verosimilmente un vano accessorio del santuario, forse un deposito
per gli oggetti e gli apprestamenti cultuali, od una stanza ad uso dei sacerdoti.
Alla facciata di entrambi gli edifici si allinea una sorta di banchina esterna, alta circa
0,20 m e larga 0,30-0,35 m, costituita da una singola fila di pietre piatte, con gli
interstizi riempiti di argilla e piccole pietre; nel tempio essa si sviluppa anche lungo gli
altri lati esterni dell’edificio, richiedendo in alcuni punti un doppio corso di pietre. Una
grande cura, come nelle porte del temenos, appare riservata alla realizzazione degli
ingressi dei due edifici (Ussishkin 1980: fig. 5): essi sono affiancati da stipiti costruiti
con larghe pietre ed hanno una soglia lastricata, grosso modo allineata alle facce dei
muri che fiancheggiano il passaggio. All’interno, la soglia di entrambi gli edifici è
seguita da un gradino, poiché il pavimento24era lievemente infossato rispetto a quello
della corte antistante (circa 0,20-0,15 m) . All’esterno, l’ingresso del tempio era
preceduto da due gradini, mentre l’ingresso dell’edificio laterale era preceduto da un
viottolo lastricato, che si restringe progressivamente dalla corte verso l’edificio (da 1,05
m a 0,80 m di fronte all’ingresso). Entrambi gli ingressi dovevano alloggiare una porta:
presso l’angolo destro interno è stata, infatti, rinvenuta una ralla in pietra, che doveva
ospitare il cardine della porta. Sulla faccia interna del muro a destra della ralla venne
risparmiato un recesso (di 1,15 x 0,12 m nell’edificio maggiore, e di 0,85 x 0,20 m nel
vano laterale), il quale doveva presumibilmente consentire l’apertura della porta di
180º, mentre un secondo e minore recesso (di 0,15 x 0,15 m nel tempio, e di 0,15 x 0,25
m nel vano laterale) ricavato nel muro a sinistra dell’ingresso doveva assicurarne la
chiusura25.

23
In realtà, il vano non è perfettamente rettangolare, poiché è largo 5,50 m alla sua estremità orientale,
ma solo 5,20 alla sua estremità occidentale (Ussishkin 1980: 9).
24
Nel tempio, il gradino interno è a sua volta 0,30 m più basso rispetto al livello della soglia, la quale
si elevava, dunque, considerevolmente più in alto sul livello pavimentale della sala.
25
Gli ingressi del tempio e dell’edificio laterale appaiono decisamente simili nella morfologia e nella
tecnica costruttiva all’ingresso esterno del portale principale del temenos; in sintesi: tutti e tre questi
ingressi sono preceduti da un gradino (o eventualmente da un gradino e da un viottolo pavimentato),
hanno una soglia lastricata ed una ralla in pietra nell’angolo destro interno, presentano due recessi
laterali per consentire l’apertura e la chiusura della porta. Che il recesso sul lato sinistro
dell’ingresso servisse ad assicurare la chiusura della porta può essere accreditato per gli ingressi del
tempio e del portale principale, ma crea qualche difficoltà per l’ingresso del vano laterale: qui,
infatti, la distanza dal centro della ralla all’estremità del recesso destro è di 0,78 m, e questa misura
dovrebbe rappresentare la larghezza massima della porta; di contro, la distanza tra la ralla ed il
2005 Il santuario di En-Gedi ed il recinto templare di Tuleilat el-Ghassul 277

Il complesso architettonico del santuario di En-Gedi si segnala, dunque, non solo per la
sua monumentalità, ma anche per l’accuratezza della tecnica costruttiva e degli
accorgimenti edilizi impiegati nella sua realizzazione.
1.2.1. La corte
Sia il tempio che l’edificio laterale si aprono sull’ampia corte centrale di circa 24 x 18
m, interamente circoscritta dal temenos di recinzione in pietra, che ha una larghezza
variabile di 0,60-0,90 m26.
Nel punto più alto, pressoché al centro della corte, si situa un monumentale bacino
circolare in pietra (locus 405), con un diametro complessivo di 3 m, che gli scavatori
hanno interpretato come un possibile bacino rituale.
In alcuni punti della corte sono state messe in luce tracce di cenere: è probabile che qui
venisse acceso il fuoco per lo svolgimento di attività cultuali e rituali. Nel complesso,
tuttavia, 27
la corte non ha restituito se non scarsi ritrovamenti, e principalmente frammenti
ceramici .
1.2.2. L’edificio templare
Il tempio, inserito nel lato settentrionale del temenos, ha dimensioni monumentali di
19,70 x 5,5 m ed uno sviluppo latitudinale fortemente accentuato (con un rapporto tra
larghezza e profondità interne di 3,58 m). L’edificio è costeggiato lungo il suo intero
perimetro esterno da una sorta di banchina o scalino in pietra. Al suo interno, contro la
parete di fondo di fronte all’ingresso, è stata messa in luce un’installazione in pietra
semicircolare (di circa 1,9 x 2 m), interpretata dagli scavatori come un altare, dove sono
stati rivenuti uno spesso strato di cenere ed una piccola base in calcare parzialmente
lavorata, intesa come possibile sostegno per una statua od un qualche simbolo cultuale.
Ad entrambe le estremità di questa installazione si unisce una banchina in pietra
addossata alla parete di fondo. Due altre banchine si trovano ai lati dell’ingresso, lungo
la parete meridionale dell’edificio. Queste banchine, lunghe 3,5-4,7 m ed alte circa
0,20-0,50 m, sono similmente costruite con una singola fila di grosse pietre all’incirca

recesso sinistro è di 0,86 m, sicché sembrerebbe che la porta, chiudendosi, non potesse raggiungere
lo stipite sinistro dell’ingresso.
26
Su tre lati il muro di recinzione sorgeva quasi sul confine estremo della terrazza rocciosa; solo a
nord-ovest, alle spalle del santuario, la terrazza si estendeva per altri 10 m. Il muro del temenos,
realizzato con una tecnica costruttiva non particolarmente accurata, è apparso meglio preservato nei
segmenti uniti alle strutture che in esso sono inserite, dove raggiunge un’altezza di 0,60 m; è,
invece, fortemente danneggiato o addirittura del tutto mancante in altri punti, in particolare nel
settore sud-occidentale tra l’edificio templare ed il portale d’ingresso principale, e nel settore sud-
orientale tra il portale principale e l’edificio laterale; sicché non è possibile stabilire se in questi
punti la recinzione avesse un andamento curvilineo od angolare, come nel segmento tra la postierla
ed il tempio.
27
Le indagini condotte al di fuori della recinzione non hanno prodotto alcun ritrovamento, a
testimonianza del fatto che tutte le attività cultuali e rituali dovevano essere svolte all’interno del
temenos.
278 M. Sala CMAO X

quadrate (in alcuni casi allettate in uno strato d’argilla e piccole pietre, in modo da
creare una sommità uniforme) e sono larghe 0,35-0,45 m. Due ulteriori installazioni in
pietra, allineate alle banchine lungo le pareti, si trovano al centro della sala,
rispettivamente ad est e ad ovest dell’installazione semicircolare. Anche queste
installazioni sono costruite con grosse pietre all’incirca quadrate, ma di esse solo
l’installazione occidentale si è sufficientemente preservata ed appare realizzata con due
o tre file di pietre. Tutte queste installazioni dovevano presumibilmente fungere da
mensole per oggetti cultuali o tavole offertorie.
Nel pavimento, alle estremità della sala, sono state scavate numerose fosse rotonde, per
lo più profonde 0,50 m e larghe di 0,60-0,70 m, disposte senza un ordine preciso ed
apparentemente adibite a favissae, ovvero fosse di scarico dove venivano gettati i resti
delle offerte presentate al tempio ed eventualmente bruciate presso il suo altare. Queste
fosse sono state trovate, in effetti, ricolme di terra, cenere e legni carbonizzati, nonché
di ossa animali, molluschi non marini e numerosissimi frammenti ceramici (sembra,
infatti, che anche i vasi utilizzati per presentare le offerte fossero ritualmente gettati
nelle favissae)28; da esse proviene la maggior parte dei ritrovamenti del santuario.
Le fondazioni di tutte le strutture del complesso architettonico di En-Gedi giacciono
sulla roccia vergine, che in alcuni casi funge direttamente da pavimento (nella corte e
nel portale principale) o da base per una pavimentazione in calce battuta (nell’edificio
laterale e in alcune parti dell’edificio templare). La parte inferiore dei muri è costruita in
pietre calcaree locali, che negli edifici (a differenza del muro di recinzione) sono
accuratamente disposte, con gli interstizi riempiti d’argilla e di pietre più piccole. Le
murature in pietra si sono variamente preservate ad un’altezza compresa tra 0,50-0,95
m; è difficile stabilire quale fosse la loro altezza originaria, sebbene le numerose pietre
crollate suggeriscano un’altezza superiore, ed è anche possibile che essa variasse da
edificio a edificio. La parte superiore, invece, era forse realizzata in mattoni crudi
(nessun mattone si è preservato in situ, ma si hanno abbondanti resti di mattoni crudi
crollati). I muri delle diverse strutture hanno uno spessore variabile: 0,45-0,55 m nel
portale principale; 0,55-0,75 m nel vano laterale (ad eccezione dell’angolo occidentale,
che aveva uno spessore di soli 0,50-0,55 m); 0,65-0,70 m nell’edificio templare. Se lo
spessore dei muri può essere considerato direttamente proporzionale alla loro altezza, in
un’ipotesi ricostruttiva, l’edificio laterale parrebbe essere stato più alto del portale
principale, ed il tempio, a sua volta, più alto dell’edificio laterale.
Tutte le pareti degli edifici erano probabilmente intonacate ed è possibile che avessero
anche un qualche genere di decorazione dipinta, similmente agli edifici di Tuleilat el-
Ghassul, poiché un piccolo frammento di intonaco dipinto (seppur lungo soli 2,7 cm),
decorato con delle bande ondulate parallele rosa e blu ed in cui sono stati individuati
ben tre rifacimenti successivi, è stato rinvenuto tra i detriti nel canale di scolo (locus
419) nel muro del temenos (Ussishkin 1980: fig. 6)29.

28
E forse deliberatamente frantumati prima di essere gettati, giacché la quasi totalità dei vasi è stata
rinvenuta in uno stato estremamente frammentario (Ussishkin 1980: 37).
29
Il frammento in questione, tuttavia, ha una superficie curvilinea e sembra unirsi verticalmente ad un
altro piccolo frammento d’intonaco bianco. Potrebbe, dunque, essersi trattato del rivestimento di
una qualche installazione piuttosto che di una parete (Ussishkin 1980: 12).
2005 Il santuario di En-Gedi ed il recinto templare di Tuleilat el-Ghassul 279

Benché non sia stata rinvenuta traccia di aperture nei muri, non è stata esclusa dagli
scavatori la possibilità che alcune finestre si aprissero nella parte superiore degli edifici
(similmente a quanto proposto da Hennessy per le due aperture laterali a fianco
dell’ingresso centrale nel tempio A di Tuleilat el-Ghassul; Hennessy 1989: 235); anche
perché il tempio sembrerebbe troppo ampio per essere stato illuminato dalla sola luce
proveniente dall’ingresso30.
Quanto alla copertura degli edifici, essa può essere ricostruita come una copertura
piana, costituita da travi lignee, rivestite con rami e fronde unite con argilla31.
1.3. Le installazioni
Due possibili installazioni cultuali sono state messe in luce nel santuario di En-Gedi:
l’una all’interno dell’edificio templare, l’altra situata pressoché al centro della corte che
lo precede.
La prima (locus 410) è un’installazione in pietra semicircolare di circa 1,9 x 2 m, situata
di fronte all’ingresso del tempio, contro la 32parete di fondo. L’installazione è costruita
con una singola fila di grosse pietre piatte , alte circa 0,20 m e larghe 0,20-0,30 m,
collocate direttamente sul pavimento della sala. Al suo interno è stato trovato uno
spesso strato di cenere, che sembrerebbe costituire i resti di attività cultuali e cerimonie
rituali: tra le ceneri sono stati rinvenuti, infatti, piccole ossa, ramoscelli bruciati, grumi
di bitume, molluschi di origine non marina, nonché perline e figurine d’argilla rotte.
L’installazione è stata, pertanto, interpretata dagli scavatori come un altare. Al suo
interno, nell’angolo destro, è stata trovata una piccola base in calcare parzialmente
lavorata (alta circa 0,22-0,25 m e larga 0,33 m), intesa come un possibile sostegno per
una statua od un qualche simbolo cultuale: di forma rotonda, con la sommità piana e i
lati convessi (presumibilmente sagomati con uno strumento affilato), la base è stata
realizzata con un calcare cristallino, di un tipo non reperibile nelle immediate vicinanze
del tempio e di colore bianco, che contrasta vivamente con le scure pietre locali
utilizzate nella costruzione dell’edificio.
L’installazione nel tempio di En-Gedi può trovare un confronto nell’installazione
semicircolare in pietra (installazione C) recentemente messa in luce nel recinto templare
di Tuleilat el-Ghassul ed identificata come un altare (Bourke et al. 2000: 46-48); a sua
volta confrontata con un’installazione semicircolare all’aperto rinvenuta a Shiqmin ed
anch’essa interpretata come un possibile altare (Levy et al. 1991: 400). L’installazione
di Tuleilat el-Ghassul ha, tuttavia, dimensioni maggiori (circa il doppio di quelle
dell’installazione di En-Gedi) e soprattutto è collocata all’esterno nella corte che
precede l’edificio templare.
30
Del resto, gli ossari rinvenuti nella piana costiera sembrerebbero attestare l’uso di finestre negli
edifici di questo periodo.
31
In effetti, alcuni resti botanici, rami e fronde di palma, sono stati rinvenuti sul pavimento del settore
occidentale del tempio (locus 407), e poiché sono stati trovati sopra lo strato dei detriti
occupazionali dell’edificio ma sotto i detriti di crollo della sovrastruttura, è possibile che essi
fossero originariamente parte della copertura dell’edificio.
32
Solo nella parte anteriore le pietre sono sistemate in due file, e qualche pietra si trova anche oltre
questa linea; in generale, la disposizione delle pietre non rivela una particolare accuratezza.
280 M. Sala CMAO X

La seconda installazione (locus 405) presente nel santuario di En-Gedi si situa nel punto
più alto pressoché al centro della corte ed è un monumentale bacino in pietra (Ussishkin
1980: 11). L’installazione, che ha un diametro complessivo di 3 m, è delimitata da una
serie di file concentriche di pietre: la fila più esterna è costituita da un singolo corso di
larghe pietre, mentre le file interne sono realizzate con due o più corsi di pietre più
piccole. Il centro dell’installazione è occupato da un bacino circolare, profondo circa
0,40 m e largo 0,85-0,90 m, con le pareti foderate da sette larghe pietre piatte ed il
fondo direttamente costituito dalla roccia naturale.
Ussishkin (1971: 31) ha proposto che quest’installazione fosse destinata a contenere dei
liquidi (probabilmente acqua) e costituisse, pertanto, un bacino rituale. A sostegno di
questa tesi ha segnalato 33
la presenza di uno scolo in pietra, costruito attraverso il muro di
recinzione del santuario , il quale sarebbe stato adibito per l’appunto al drenaggio dei
liquidi contenuti nel bacino. Nessun34collegamento, tuttavia, è stato individuato tra il
bacino 405 e lo scolo nella recinzione .

33
Lo scolo (largo 0,22-0,25 m e alto 0,28-0,30 m) è costruito nel tratto della recinzione compreso tra
l’edificio laterale e l’ingresso secondario, ha le pareti realizzate con uno o due corsi di pietre ed è
coperto da lastre di pietra.
34
Ussishkin ha ipotizzato che il canale di collegamento fosse originariamente costruito in argilla e
mattoni crudi, e per questo non si sarebbe preservato. In realtà, l’interpretazione come bacino rituale
dell’installazione 405 di En-Gedi, similmente a quella dell’affine bacino 4078, costruito nella corte
settentrionale del complesso dei “templi gemelli maggiori” ad Arad (Amiran et al. 1996: 49, 54-55),
si fonda largamente su un parallelo coi bacini rituali presenti nelle corti dei templi mesopotamici
proto-dinastici (Kempinski 1972: 10), i quali, invero, si differenziano dalle installazioni palestinesi
sia nella morfologia, sia nei materiali costruttivi, sia, infine, negli accorgimenti tecnici impiegati
(Delougaz 1940: 39-40; Delougaz - Lloyd 1942). Installazioni in pietra simili a quelle dei recinti
sacri di En-Gedi ed Arad sono state trovate anche altrove ad Arad, nonché a Tuleilat el-Ghassul,
Gilat, ‘Ai (nel vano 222 della Lower City ) e recentemente a Tell el-Khuweilfe (Levy et al. 1997),
sebbene le dimensioni siano generalmente inferiori e la tecnica costruttiva talvolta meno accurata.
Mallon (Koeppel - Mallon - Neuville 1934: 41), per primo, ipotizzò che questa tipologia di
installazioni fosse deputata all’immagazzinamento di cereali e che si trattasse, dunque, di silos. Le
installazioni di En-Gedi e di Arad, che appaiono strutturalmente affini, potrebbero aver avuto una
simile funzione di immagazzinamento e conservazione. Alternativamente, la Richard (1987: 28) ne
ha proposto un’interpretazione come favissae.
2005 Il santuario di En-Gedi ed il recinto templare di Tuleilat el-Ghassul 281

1.4. I ritrovamenti
Lo strato cineroso deposto sui pavimenti del tempio e dell’ambiente laterale ed
accumulatosi durante il periodo d’uso degli edifici35, ha restituito cospicui frammenti
ceramici, nonché selci, ornamenti, ossa animali e conchiglie.
Nel settore settentrionale dell’ambiente laterale (locus 403), in particolare, sono stati
trovati un pendente in osso ed un frammento di figurina animale; ad essi andrebbero
aggiunti un corno di cervo, alcune ossa animali, una conchiglia d’acqua dolce ed una
conchiglia del Mar Mediterraneo, il cui ritrovamento è indicato nel rapporto di scavo
relativo al primo sondaggio condotto da Naveh (1958: 48).
La maggior parte dei ritrovamenti del santuario, tuttavia, è stata rinvenuta nelle favissae
scavate nel pavimento dell’edificio templare, le quali sono state trovate ricolme di terra,
cenere e legni carbonizzati. Esse hanno restituito sia resti di offerte che abbondanti
frammenti ceramici36; soprattutto vasi di apparente uso rituale ed offertorio, come
coppette, coppe su piede fenestrato ed una considerevole quantità di cornets37. Circa
l’82% del repertorio ceramico rinvenuto nel santuario è rappresentato da coppe e
cornets e differisce, in questo, sensibilmente dal repertorio ceramico usualmente
recuperato dai contesti e dalle strutture domestiche. Si può segnalare, in particolare, il
ritrovamento di una coppa su piede fenestrato nell’angolo sud-occidentale del tempio
(locus 411), la quale era stata posta capovolta sopra due piccole corna, forse di uno
stambecco38, che dovevano costituire l’offerta in essa presentata. Altre piccole ossa
animali, molluschi non marini e corna di stambecco (?) possono essere considerati i
resti di altrettante offerte presentate nei vasi gettati nelle favissae. Una quantità di
molluschi non marini è stata recuperata anche dal canale di scolo nella recinzione
(insieme al frammento di intonaco dipinto sopra citato).
35
Si tratta di uno strato di terra e materiali cinerosi, di spessore variabile nelle diverse strutture, da
0,10 a 0,30 m.
36
Si veda la nota 28.
37
In totale sono stati raccolti dal santuario di En-Gedi 195 fondi di cornets. Un notevole numero di
cornets è stato rinvenuto, insieme con altri significativi oggetti di carattere cultuale, anche nel
complesso cerimoniale di Gilat, mentre la loro attestazione è apparsa minima nel recinto templare di
Tuleilat el-Ghassul (laddove, peraltro, l’attestazione di cornets è meno frequente in generale).
Questa tipologia di vasi avrebbe avuto una specifica funzione offertoria e rituale (Bourke 2001:
133).
38
Sul ruolo centrale dell’ibice nella religiosità dell’età tardo calcolitica in Palestina, e sulla sua
frequente ricorrenza come motivo figurativo e decorativo si vedano: Elliott 1977: 6-9; de
Miroschedji 1993: 213-215; Doumet-Serhal 2001: 9-10 e relativa bibliografia. La rappresentazione
dell’ibice gode di notevole fortuna nel periodo calcolitico, presumibilmente in connessione con la
valenza simbolico-religiosa di questo soggetto. Per citare alcuni esempi si possono ricordare un
frammento di orlo con decorazione a stampo da Tuleilat el-Ghassul (Koeppel et al. 1940: 84, pl.
97:20 ), lo stendardo n. 17 da Nahal Mishmar (Bar-Adon 1980: 42-45), le decorazioni di alcuni
ossari della piana costiera. Questo soggetto continua ad avere una certa fortuna anche tra le più rare
rappresentazioni del successivo Bronzo Antico I; per esempio, su una coppa in basalto rinvenuta
nella Valle di Beth Shan, nella decorazione di alcuni vasi ceramici da ‘Ai, Gerico, Bab edh-Dhra‘ e
Tell Musa (Amiran 1989b), nonché in alcune impronte di sigilli cilindrici provenienti dalla Palestina
settentrionale (Joffe 2001: 355-356).
282 M. Sala CMAO X

Lo strato di cenere che riempiva l’installazione a ferro di cavallo (locus 410), addossata
alla parete di fondo del tempio ed interpretata come un altare, ha restituito anch’esso
ritrovamenti indicativi: grumi di bitume, ramoscelli bruciati, piccole ossa, numerosi
molluschi non marini, due perline e, infine, una figurina fittile di toro che porta due
zangole (di cui, tuttavia, solo una preservata), alta 12,5 cm e lunga 11,6 cm. Essa trova
un significativo parallelo nei due vasi cultuali provenienti da Gilat, sia nel soggetto
rappresentato sia nella modalità di rappresentarlo (Alon 1976; Amiran 1976; Garfinkel
1999: 261-263). Il corpo del toro è pieno, ma la zangola conservata è cava, a
testimonianza evidente del fatto che l’oggetto doveva essere impiegato come vaso
cultuale39. Dall’interno del tempio (loci 413 e 414) sono stati recuperati altri due
frammenti di figurine fittili (forse appartenenti ad una figurina di serpente), un terzo
frammento (dal locus 401/402) non identificabile (Ussishkin 1980: 20-21), un pendente
in osso (dal locus 402), ed alcuni utensili in selce.
Infine, presso il segmento sud-orientale della recinzione (locus 416) è stata ritrovata una
punta di lancia in selce, mentre presso l’installazione circolare 405 al centro della corte
è stata rinvenuta la base di un vaso cilindrico in alabastro d’importazione egiziana (Id.:
21-25), di un tipo attestato già a partire dal periodo pre-dinastico, ma diffuso soprattutto
nel periodo proto-dinastico. La presenza di questo vaso egiziano nel santuario di En-
Gedi, insieme al ritrovamento di una possibile testa di mazza non finita in calcite nel
recinto templare di Tuleilat el-Ghassul, rappresenterebbe la prima attestazione di una
consuetudine frequentemente associata ai templi palestinesi del successivo Bronzo
Antico: la consuetudine di depositare nei santuari manufatti egiziani di pregio (od
eventualmente anche loro imitazioni), verosimilmente come offerte o come elementi di
apparato. L’esempio più significativo di questa pratica è indubbiamente rappresentato
dal deposito di oggetti egiziani rinvenuti nel “santuario A” del Bronzo Antico IIIB ad
‘Ai (Callaway - Ellinger 1972: 299-305).

39
I vasi cultuali di En-Gedi e di Gilat costituiscono un significativo esempio della pregevole
produzione artistica, in cui credenze e concezioni della cultura calcolitica trovarono espressione
(Epstein 1978; Gonen 1992: 66) e che, pur nel marcato regionalismo degli stili e degli orizzonti
della cultura materiale, rivela un comune milieu ideologico-religioso, che si manifesta nella sfera
cultuale.
2005 Il santuario di En-Gedi ed il recinto templare di Tuleilat el-Ghassul 283

2. IL RECINTO TEMPLARE DI TULEILAT EL-GHASSUL


Il recinto templare di Tuleilat el-Ghassul, che rappresenta finora l’unico complesso
architettonico di possibile carattere pubblico identificato nell’ampio insediamento
calcolitico, è stato scavato nell’area E, un’area localizzata su una bassa collinetta
indicata come tulayl 5, nel settore sud-occidentale di Tuleilat el-Ghassul. Gli scavi
nell’area del recinto templare furono intrapresi per la prima volta negli anni 1975-1977
sotto la direzione di J.B. Hennessy, nell’ambito di un generale ampliamento
dell’esposizione dell’insediamento tardo calcolitico, con l’apertura di nuove aree e con
l’obiettivo di individuare un’eventuale diversificazione orizzontale dell’abitato e la
presenza di zone funzionalmente differenziate40.
L’identificazione del recinto templare nell’area E (insieme, per esempio, a quella del
complesso industriale nell’area F) rappresenta uno dei più significativi risultati
dell’esplorazione condotta dall’Università di Sidney: essa, infatti, ha appurato, da un
lato, l’esistenza di aree funzionalmente differenziate, aprendo nuove prospettive nella
tradizionale riflessione sulla natura, l’origine e gli sviluppi della complessità socio-
economica nel Levante meridionale (Seaton 2000; Bourke 2002a); dall’altro, ha
individuato il primo complesso architettonico dell’insediamento, cui è stato possibile
attribuire con una qualche sicurezza una destinazione cultuale (Hennessy 1977: 13;
Bourke et al. 1995: 44 e nota n. 31).
Al momento di intraprendervi gli scavi, il tulayl 5 si segnalava come la sola area
dell’insediamento dove i materiali di superficie apparivano piuttosto scarsi,
suggerendone, pertanto, una destinazione differente rispetto a quella dei quartieri
abitativi; ma l’emergere di alcune pietre indicava, nel contempo, la sicura presenza di
un complesso architettonico. Le sedici trincee aperte da Hennessy nelle tre campagne
degli anni 1975-1977 misero in luce, infatti, due edifici rettangolari di tipologia
Breitraum, isolati, apparentemente circondati e racchiusi da un temenos. In questo
complesso architettonico è stato identificato un ampio recinto, ovvero il probabile
santuario pubblico dell’esteso insediamento tardo calcolitico41.
Gli scavi a Tuleilat el-Ghassul sono stati recentemente ripresi dall’Università di Sidney
negli anni 1994-1997 sotto la direzione di S. Bourke (Figg. 3-4; Bourke et al. 1995;
2000; Bourke 1997a; 1997b), ed hanno incluso una rinnovata esplorazione nell’area del
recinto templare42, che ha contribuito a chiarire sia la sequenza delle sue fasi
occupazionali sia la morfologia del complesso cultuale (con l’individuazione di nuove
strutture, quali l’installazione semicircolare in pietra al centro della corte ed un possibile
ingresso nell’angolo nord-occidentale del temenos).

40
Obiettivo questo, che è stato perseguito in modo soddisfacente anche dagli ultimi scavi
dell’Università di Sidney condotti negli anni 1994-1997 (Bourke 1997; Bourke et al. 2000: 85).
41
Le sedici trincee aperte da Hennessy nell’area E inclusero sia parte del recinto templare, sia parte di
un settore e di alcune strutture esterne immediatamente a nord di esso.
42
La spedizione dell’Università di Sidney ha aperto tre nuove trincee sia all’interno sia all’esterno
nell’area immediatamente a nord del recinto templare, volgendosi principalmente all’indagine di
settori non esaminati da Hennessy (Bourke et al. 2000: 34 e fig. 1).
284 M. Sala CMAO X

Il recinto sacro di Tuleilat el-Ghassul appare sostanzialmente isolato e separato dai


quartieri abitativi dell’insediamento; una caratteristica non secondaria nella valutazione
della destinazione cultuale e presumibilmente ufficiale di questo complesso
architettonico. Nondimeno, nel settore immediatamente a nord del temenos sono stati
messi in luce silos in pietra e possibili strutture di immagazzinamento, collocate sul lato
settentrionale di quella che sembra essere stata un’ampia piazza aperta. Queste strutture
hanno restituito una significativa concentrazione di frammenti di giare da
conservazione. Il settore sembra, dunque, aver ospitato un’area per
l’immagazzinamento e la preparazione di cibi, forse connessa e funzionale all’adiacente
complesso cultuale ed apparentemente correlata alle fasi 3 e 2 della sua occupazione
(Hennessy 1977: 15; Bourke et al. 2000: 49-50).
2.1. La stratigrafia
Il recinto templare di Tuleilat el-Ghassul venne ascritto da Hennessy allo strato IV della
sequenza stratigrafica di Mallon - Koeppel e di North, corrispondente agli strati B-A
della sequenza stratigrafica da lui elaborata (Hennessy 1969; 1989: 232)43, e datato al
Calcolitico recente. I più recenti scavi dell’Università di Sidney (1994-1997) hanno
contribuito a meglio precisare la sequenza occupazionale nell’area del santuario,
registrando una successione di cinque fasi principali (dalle più antiche tracce
d’occupazione al definitivo abbandono dell’area), ed identificando tre maggiori fasi
architettoniche nel recinto templare. Queste fasi sono associate a successive e correlate
ricostruzioni delle strutture del complesso cultuale e a numerosi rifacimenti interni degli
edifici44. Gli scavi dell’Università di Sidney hanno, infatti, dimostrato non solo la
presenza di successive fasi costruttive in tutte le strutture del temenos, ma anche una
loro fondamentale correlazione stratigrafica, così da identificare nel complesso tre
maggiori fasi architettoniche45.
L’esistenza di un complesso cultuale sul tulayl 5 di Tuleilat el-Ghassul dovette, dunque,
interessare un esteso arco temporale, che può essere assegnato alla fase tardo calcolitica
della prolungata occupazione del sito. Le tre fasi architettoniche del recinto templare
sono apparse, infatti, associabili alle ultime fasi occupazionali identificate da Hennessy
nell’area A (fasi A-D, Hennessy 1969; Bourke et al. 1995: 47; 2000: 46, 50).

43
Per una tabella comparativa delle varie sequenze stratigrafiche elaborate dagli scavatori, che si sono
succeduti nel sito, si veda Nigro - Panciroli 2001: 15. La sequenza stratigrafica proposta dai primi
scavatori, che individuarono nel sito quattro maggiori fasi occupazionali (I-IV) dal Neolitico finale
alla fine del Calcolitico, è stata sostanzialmente confermata dalle successive esplorazioni, le quali,
tuttavia, hanno conseguito una distinzione più dettagliata all’interno delle singole fasi.
44
Rifacimenti delle superfici pavimentali e dei rivestimenti parietali, fino ad una serie di ben otto
sovrapposte pitture murarie individuata da Hennessy nell’edificio B (1989: 235).
45
Gli ultimi scavi hanno documentato, in particolare, l’esistenza di una fase precedente del recinto
templare non identificata da Hennessy, contraddistinta dalla presenza di un temenos in mattoni crudi
anteriore al temenos in pietra ed associata all’erezione originaria dei due edifici all’interno del
recinto sacro. Questa prima fase del santuario sembra essere stata conclusa da un episodio
d’incendio e distruzione, di cui sono state rilevate tracce sia negli edifici che nella corte. La fase
seguente fu, pertanto, contrassegnata da una ricostruzione di entrambi gli edifici e da una
ripavimentazione della corte (Seaton 2000: 1505).
2005 Il santuario di En-Gedi ed il recinto templare di Tuleilat el-Ghassul 285

Tabella riassuntiva delle fasi occupazionali nell’area del recinto templare


Fase 5 pre-sanctuary deposits: piccole fosse coperte da strati pressoché sterili di cenere, limo,
sabbia ed argilla ghiaiosa; fosse di combustione al di sotto degli edifici del recinto
templare, con un’abbondante quantità di ossa animali, ma senza ceramica o strumenti
litici
Fase 4 pre-temenos phase: prima fase costruttiva del recinto templare; originaria erezione
dell’edificio B (muro nord 4 + muro ovest 9) e del tempio A; prima fase dell’installazione
C (muro 1, elementi46 4, 5, 21); temenos in mattoni crudi (muro 7), situato leggermente a
nord rispetto al successivo temenos di recinzione in pietra
tracce di incendio e strato di distruzione
Fase 3 temenos phase: seconda e maggiore fase architettonica del recinto templare; ricostruzioni
dell’edificio B (muro nord 3 + muro ovest 8) e del tempio A; seconda fase
dell’installazione C (muri 1 e 2, elementi 2 e 4 ); temenos di recinzione in pietra (muro 2)
Fase 2 ultima fase d’uso del recinto templare; ricostruzioni, seppur piuttosto inconsistenti, del
muro settentrionale del temenos (muro 1) e dei muri settentrionale ed occidentale
dell’edificio B (ultima fase dei muri 3 e 8)
Fase 1 post-sanctuary phase: fosse di combustione

La prima fase architettonica del recinto templare di Tuleilat el-Ghassul, identificata


nella campagna del 1994 dell’Università di Sidney ed indicata come pre-temenos phase
(fase 4; Bourke et al. 1995: 44-45), precede la realizzazione del temenos in pietra
individuato da Hennessy ed è contrassegnata dalla presenza di un muro di recinzione in
mattoni crudi (muro 7), correlato con la prima fase costruttiva dell’edificio B (Bourke et
al. 2000: 43-46), del tempio A47 e dell’installazione semicircolare al centro della corte.
Il passaggio da questa alla successiva e maggiore fase architettonica del recinto
templare sembra essere stato segnato da un qualche genere di distruzione,
apparentemente attestata dalla presenza di uno strato con tracce d’incendio e depositi
cinerosi nella corte, e probabilmente associata con la principale distruzione identificata
nell’edificio B (Hennessy 1978; Bourke et al. 2000: 47). La seconda fase architettonica
del recinto templare (fase 3) fu, dunque, caratterizzata da una ricostruzione dell’edificio
B, da un rifacimento dell’installazione semicircolare nella corte e dalla realizzazione di
un nuovo temenos in pietra (muro 2). Una terza ed ultima fase d’uso del complesso
sacro (fase 2) corrisponde ad alcune ricostruzioni del temenos e delle strutture murarie
dell’edificio B.

46
Il termine “elemento” viene adottato come traduzione dell’inglese “feature”, utilizzato nei rapporti
preliminari dell’Università di Sidney (Bourke et al. 1995; 2000) per indicare i vari elementi
pertinenti ad una fase costruttiva, dai riempimenti, ai livelli pavimentali, agli elementi strutturali.
47
La contemporaneità e la correlazione stratigrafica tra le successive fasi architettoniche dei due
edifici del recinto templare sono state appurate nel corso delle campagne del 1995-1997, che hanno
contribuito a chiarire in parte anche la loro correlazione con le strutture messe in luce nel settore
immediatamente a nord del temenos di recinzione (Bourke et al. 2000: 46-50).
286 M. Sala CMAO X

2.2. La planimetria del recinto templare


Nella sua centrale e maggiore fase architettonica (fase 3), il complesso cultuale di
Tuleilat el-Ghassul (Hennessy 1982: 56; 1989: 234-235; Bourke et al. 1995; 2000;
Seaton 2000; Bourke 2001: 130-133) comprende un ampio recinto sacro, delimitato da
un temenos di recinzione in pietra e mattoni crudi (muro 2), forse quadrato, ma solo
parzialmente conservato sui fronti settentrionale ed occidentale48 e con i lati
approssimativamente orientati secondo i punti cardinali. Le sue dimensioni sono state
ricostruite in 25 x 25 m circa (Fig. 5).
All’interno del temenos, disposti parallelamente ai suoi muri perimetrali, si trovano due
edifici isolati di tipologia Breitraum, con ingresso assiale, denominati rispettivamente
Sanctuary A e Sanctuary B. La struttura maggiore, il Sanctuary A, che ha misure interne
di 8,5 x 4,5 m, misure esterne di 10 x 4,5 m circa ed uno sviluppo latitudinale piuttosto
accentuato (con un rapporto tra larghezza e profondità interne di 3,4), doveva costituire
il tempio vero e proprio. In effetti, dall’ingresso centrale della struttura, orientato verso
est, si diparte un viottolo lastricato, che collega l’edificio ad un’installazione
semicircolare situata al centro della corte antistante ed interpretata come un possibile
altare. L’edificio aveva forse una partizione interna, che formava un piccolo vano alla
sua estremità meridionale, cui dava apparentemente accesso un ingresso secondario. In
realtà, poiché una seconda apertura è stata individuata anche all’altro lato dell’ingresso
principale, Hennessy propose di interpretarle come possibili finestre.
Il secondo edificio, denominato Sanctuary B (muro nord 3 + muro ovest 8), disposto
ortogonalmente al primo e con ingresso orientato verso sud, ha dimensioni leggermente
inferiori (dimensioni esterne di 6,3 x 4 m circa). Recentemente (Herzog 1997: 33) è
stato proposto di interpretare questa struttura non come un secondo edificio di culto,
bensì come una possibile unità ausiliaria del recinto sacro (come nel caso del vano
laterale minore nel santuario di En-Gedi). Questo edificio ha una banchetta allineata
lungo la parete interna orientale, che può, in effetti, essere servita da mensola per il
deposito di offerte ed oggetti cultuali, ed è preceduto da un ampio lastricato, allettato
immediatamente di fronte all’ingresso (elemento 20) ed accuratamente realizzato con
piccole pietre, che si sviluppa per tutta la lunghezza dell’edificio49.
I pavimenti di entrambi gli edifici (tempio A ed edificio B) sono realizzati con larghi
ciottoli di fiume, coperti da uno strato di malta e rifiniti con un rivestimento in intonaco
di calce. Come di frequente rilevato in strutture coeve, i livelli pavimentali dei due
edifici del recinto templare sono leggermente infossati (circa 0,60 m nel tempio A)
rispetto alla superficie esterna adiacente. Ad entrambe le sale si accedeva, pertanto,
mediante una bassa rampa di qualche scalino in pietra.
Anche le pareti interne sono intonacate ed erano presumibilmente dipinte con un
uniforme colore arancione, sebbene le pitture siano state rinvenute solamente in
frammenti.

48
Del tutto erosi sono apparsi, invece, i fronti meridionale ed orientale.
49
Questa pavimentazione esterna, in particolare, è un’aggiunta della seconda fase costruttiva (Seaton
2000: 1505).
2005 Il santuario di En-Gedi ed il recinto templare di Tuleilat el-Ghassul 287

I muri del tempio A sono realizzati in modo più massiccio rispetto a quelli dell’edificio
B: questi ultimi hanno uno spessore di 0,65-0,75 m circa e sono costruiti con due corsi
di grosse pietre, sormontati da un alzato in mattoni; i muri del tempio, invece, hanno
uno spessore variabile, ma in genere superiore al metro, sono costruiti con grosse pietre,
un riempimento in pietre più piccole ed un alzato in mattoni crudi50.
Al santuario si poteva accedere dall’angolo nord-occidentale del temenos attraverso un
modesto portale in pietra e mattoni, purtroppo assai malamente preservato: esso era
apparentemente delimitato da due pilastri51 e sormontato da un architrave, ed aveva una
pavimentazione acciottolata con piccole pietre piatte (Bourke et al. 2000: 46).
2.2.1. La corte
Gli edifici del recinto templare di Tuleilat el-Ghassul si aprono su una corte comune,
anch’essa intonacata. Quasi al centro della corte, di fronte all’ingresso del tempio A, i
recenti scavi dell’Università di Sidney hanno messo in luce un’installazione
semicircolare in pietra (installazione C), interpretata come un altare. Di essa sono state
identificate due fasi successive, rispettivamente associate alle due principali fasi
costruttive della corte e degli edifici del recinto templare52.
Nella sua precedente e prima fase architettonica (fase 4), il recinto templare di Tuleilat
el-Ghassul aveva un’articolazione analoga ed era delimitato da un temenos in mattoni
crudi (muro 7) con lo stesso orientamento, ma situato leggermente più a nord rispetto al
successivo temenos in pietra (muro 2). A questa fase risale l’originaria erezione dei due
edifici e la costruzione dell’installazione semicircolare nella corte.
2.3. Le installazioni
Nella corte del recinto templare, di fronte all’ingresso del tempio A, si colloca
un’installazione semicircolare in pietra (installazione C) del diametro (interno) di circa
3,7 m, che gli scavatori hanno interpretato come un altare.
In essa sono state identificate due successive fasi costruttive: l’una associata alla prima
fase della corte e all’originaria erezione del tempio A e dell’edificio B (fase 4), l’altra
associata alla seconda fase della corte ed alla ricostruzione dei due edifici (fase 3;
Bourke et al. 2000: 46-48).
Nella sua prima ed originaria realizzazione l’installazione del santuario si compone di
un muro semicircolare (muro 1), dello spessore di circa 0,50 m, costruito con due file di
50
Le fondazioni di questo edificio, inoltre, sono state scavate nel suolo per una profondità di circa
0,60 m, diversamente da quanto osservato negli altri edifici del sito. È possibile che questo fosse un
espediente per garantire una maggiore stabilità all’edificio, dovuta ad un alzato maggiore.
51
Si può ricordare a titolo di confronto la meglio preservata struttura dell’ingresso secondario del
santuario di En-Gedi (Ussishkin 1980: 8, fig. 3).
52
Le due fasi principali della corte sono apparse chiaramente separate da uno strato di distruzione con
tracce d’incendio e depositi cinerosi. Proprio la sequenza dei livelli pavimentali identificata nella
corte ha consentito di stabilire la correlazione stratigrafica tra l’installazione semicircolare e le fasi
architettoniche dei due edifici del recinto sacro (Bourke et al. 2000: 47).
288 M. Sala CMAO X

larghe pietre ed intonacato su entrambe le facce, il quale delimita un’area in buona parte
pavimentata con pietre piatte irregolari (elemento 21). Al centro del semicerchio è stata
messa in luce una grossa pietra (elemento 4)53, non lavorata ma approssimativamente
circolare e54naturalmente levigata, che gli scavatori hanno inteso come possibile sede
dell’altare . Grosso modo di fronte a questa pietra si sviluppa un viottolo lastricato con
tre file di pietre piatte (elemento 5), largo circa 0,75 m, che collega l’installazione
direttamente con l’ingresso assiale del tempio A. L’identificazione di questa
installazione come altare parrebbe supportata anche da tracce di bruciatura d’incenso e
resti botanici.
Nella sua seconda fase d’uso l’installazione viene in parte ricostruita. L’originario muro
perimetrale semicircolare (muro 1) viene ricostruito ed allargato con l’aggiunta di
un’ulteriore fila di pietre sul lato esterno (muro 2), anche se realizzato con minor
accuratezza rispetto al muro originale.
È difficile determinare l’altezza dell’installazione, ma resti di mattoni sembrerebbero
indicare la presenza di un’originaria sovrastruttura. Un confronto per l’installazione
semicircolare di Tuleilat el-Ghassul può essere indicato nell’altare semicircolare
all’interno del tempio di En-Gedi o nell’installazione semicircolare all’aperto rinvenuta
a Shiqmin, ed interpretata anch’essa come un possibile altare (Levy et al. 1991: 400).
2.4. I ritrovamenti
Entrambi gli edifici del recinto templare di Tuleilat el-Ghassul hanno restituito vasi
cultuali (in particolare, coppe su sostegno fenestrato ed un kernos rinvenuto nell’angolo
nord-occidentale del tempio A) e figurine fittili di una tipologia analoga a quella
attestata in altri siti della fase calcolitico-ghassuliana.
Anche dalla corte sono stati recuperati alcuni oggetti di apparente carattere cultuale, in
particolare: un cornet55, un kernos quasi completo, frammenti di braccia di una figurina
ed almeno otto sostegni fenestrati. La predominanza di forme aperte nel repertorio
ceramico di questo complesso architettonico costituisce un indicativo elemento di
diversità dai repertori ceramici recuperati nei quartieri abitativi dell’insediamento,
segnalandone la destinazione non domestica. Va ricordato, inoltre, il ritrovamento di un
grano in serpentino e di due fossili di conchiglia, che gli scavatori hanno interpretato
come possibili gettoni, elementi di gioco o piccoli articoli votivi (Bourke et al. 2000:
75). Nel settore settentrionale del temenos, tra l’edificio 56B e la recinzione, è stata trovata
anche una possibile testa di mazza non finita in calcite . Infine, due piccoli pestelli in
53
Si tratta di una pietra in arenaria del diametro di circa 0,70 m.
54
Questa pietra presenta tre parallele depressioni sulla sua estremità meridionale e sigillava una fossa
poco profonda, delimitata da pietre e di forma approssimativamente circolare.
55
Una notevole quantità di cornets è stata ritrovata sia nel santuario di En-Gedi che nel complesso
cerimoniale di Gilat; a questa tipologia di vaso, tipica dell’età tardo calcolitica, è stata recentemente
riconosciuta una specifica funzione offertoria e rituale (Bourke 2001: 133).
56
La presenza di materiali come la calcite, il serpentino e la faïence sembrerebbe indicare l’esistenza
di rapporti commerciali con l’Egitto. È possibile che questi materiali fossero importati anche in
forma grezza per poi essere lavorati in loco, come suggerirebbe per l’appunto il ritrovamento della
testa di mazza non finita (Bourke et al. 2000: 75; Bourke 2002b: 155-156).
2005 Il santuario di En-Gedi ed il recinto templare di Tuleilat el-Ghassul 289

basalto e un tibiotarso sono stati rinvenuti presso l’altare semicircolare nella corte
(Bourke et al. 2000: 79).
Nel complesso, l’insieme dei ritrovamenti provenienti dal recinto templare di Tuleilat
el-Ghassul risulta piuttosto modesto, come del resto appare scarsa la presenza di
manufatti di pregio o di oggetti d’importazione, non solo nel santuario ma in tutto il sito
in generale; un dato perlomeno curioso a fronte del significativo sviluppo, sia in termini
di estensione insediamentale sia in termini di complessità socio-economica, che sembra
aver interessato questo insediamento calcolitico nelle sue ultime fasi occupazionali
(Bourke 2002a; 2002b).
Pur nella sua limitatezza, il repertorio del recinto sacro rivela, nondimeno, la sua natura
non domestica ed apparentemente cultuale, da un lato nella presenza di alcuni articoli,
che trovano paralleli nei depositi cultuali di Gilat e di En-Gedi, dall’altro nella scarsità
di resti paleobotanici e paleozoologici, che abbondano, invece, nei quartieri abitativi
dell’insediamento, indicando la differente qualificazione funzionale di quest’area
(Seaton 2000: 1507).
Oltre al recinto templare dell’area E, nell’insediamento calcolitico di Tuleilat el-
Ghassul sono state individuate, invero, altre strutture di possibile natura cultuale: il silo
in pietra associato all’Affresco della Tigre (North 1961: 6-16), ma soprattutto alcuni
edifici scavati sul tulayl 1 e sul tulayl 3, associati a significativi frammenti di pitture
murarie di apparente carattere religioso o rituale (Elliott 1977: 9-12; Cameron 1981;
1995). Questi edifici si differenziano, in effetti, dalle limitrofe strutture domestiche sia
per la più complessa articolazione architettonica (giacché si tratta di edifici con
numerosi vani, corti recintate, unità di immagazzinamento ausiliarie, aree esterne
pavimentate ed installazioni semicircolari), sia per la quantità e la qualità dei
ritrovamenti, così da suggerirne una differente e specifica qualificazione funzionale
(Bourke 2001: 120)57. La planimetria ed i caratteri architettonici di queste strutture non
sono apparsi, d’altro canto, sufficientemente chiari e regolari da consentire il
riconoscimento tipologico di edifici di inequivocabile destinazione cultuale, com’è stato
possibile, invece, per il recinto templare dell’area E, laddove l’organizzazione
planimetrica ed architettonica, la combinazione dei vari elementi strutturali (quali
temenos di recinzione e portale d’ingresso, ampia corte antistante con installazione
centrale e viottolo pavimentato), nonché l’isolamento di questo complesso
architettonico dai quartieri abitativi dell’insediamento, indicano chiaramente la sua
specifica natura ufficiale e cultuale (Bourke 2001: 131). Nondimeno, il soggetto delle
pitture murarie rinvenute (come nel caso del “Dipinto dei Notabili” dell’edificio 78)
57
Si può citare, in particolare, l’edificio 78 scavato sul tulayl 3 (Koeppel - Mallon - Neuville 1934:
129; Koeppel et al. 1940: plan II; Cameron 1995): un articolato complesso architettonico, preceduto
da una corte recintata con un’installazione semicircolare, che ha restituito significativi frammenti di
pitture murarie, un possibile altare, numerose fosse offertorie ed oltre una trentina di cornets
rinvenuti in un piccolo magazzino (81); vasi presumibilmente impiegati in attività cultuali e rituali
(Bourke 2001: 133). L’associazione recentemente proposta tra lo svolgimento di cerimonie ed
attività cultuali, che includevano bevute e libagioni rituali da un lato, e lo sviluppo di una crescente
complessità sociale dall’altro (Joffe 1998), assume una particolare rilevanza nel caso specifico di
Tuleilat el-Ghassul, dove, nella fase matura dell’età calcolitica, sembrerebbe essere stato raggiunto
un notevole livello di complessità sociale ed organizzativa.
290 M. Sala CMAO X

sembra indicare altrettanto inequivocabilmente la particolare destinazione, nonché il


probabile impiego cerimoniale e rituale di questi edifici (Elliott 1977: 19-20; Bourke
2002b: 160). Sulla specifica natura di queste strutture resta difficile pronunciarsi, ma la
loro collocazione nei settori abitativi non rende improbabile che esse rappresentassero
sacelli domestici o cappelle cultuali di quartiere58, mentre il complesso templare
dell’area E avrebbe rappresentato il santuario pubblico, deputato alle attività religiose
ufficiali dell’insediamento e sede di un culto organizzato centralmente.

3. CONCLUSIONI
Il presente studio ha inteso esaminare i due complessi cultuali che l’esplorazione
archeologica in Palestina ha finora restituito per la fase tardo calcolitica e che mostrano
la prima seria codificazione di un’architettura religiosa ufficiale, e specificamente
templare, nell’architettura sacra palestinese di età pre-classica.
Il santuario di En-Gedi rappresenta il complesso cultuale meglio preservato e più
imponente del Calcolitico palestinese, sia per la sua suggestiva ubicazione e la sua
monumentalità architettonica, sia per la qualità della tecnica edilizia impiegata. La
posizione scelta per la sua erezione, da un lato, l’assenza di insediamenti calcolitici nel
territorio limitrofo, dall’altro, sembrano chiaramente indicare la natura di questo
complesso cultuale quale possibile santuario regionale e luogo periodico di
pellegrinaggio ad uso della popolazione stanziata nella regione circostante.
La prossimità di due sorgenti, la sorgente di En-Gedi e la sorgente di En-Shulamit, in
direzione delle quali furono orientati entrambi gli ingressi del temenos, ha suggerito una
possibile connessione del culto officiato nel santuario con l’acqua. Correlata allo
svolgimento di cerimonie rituali potrebbe59 essere stata anche la presenza di una serie di
piccole depressioni circolari (cup-marks) scavate nella roccia presso la sorgente di En-
Gedi e situate per la maggior parte tra la sorgente ed il temenos (Ussishkin 1980: 35-
36).
Pur mancando ritrovamenti cultuali di particolare rilievo (molto probabilmente a seguito
di un deliberato abbandono del santuario), l’aspetto più rilevante del complesso sacro di
En-Gedi risiede nella sua articolazione architettonica, che s’inserisce in modo
58
Per questi edifici è stata alternativamente usata la designazione di shrines o cult rooms. Il santuario
dell’area E e le altre possibili strutture cultuali dell’insediamento di Tuleilat el-Ghassul differiscono
tra loro sia nell’articolazione planimetrica che per la diversa collocazione nel contesto urbano.
Bourke ha proposto una spiegazione di questa diversità sia in termini diacronici, giacché la
differente e più codificata articolazione architettonica del complesso nell’area E potrebbe essere
dovuta ad una sua posteriore datazione (2001: 132); sia in termini di diversità cultuale, giacché nelle
differenti strutture sarebbero stati officiati culti differenti (2002b: 160). La diversa ubicazione degli
edifici nel contesto urbano può fornire, tuttavia, un’ulteriore ipotesi esplicativa di carattere
funzionale: le probabili strutture cultuali inserite nei settori abitativi potrebbero, infatti, aver
costituito sacelli e cappelle di quartiere, mentre le strutture del recinto templare nell’area E
sarebbero state deputate al culto pubblico ed ufficiale.
59
Queste depressioni hanno un diametro superiore di 0,11-0,21 m ed una profondità media di 0,05-
0,16 m.
2005 Il santuario di En-Gedi ed il recinto templare di Tuleilat el-Ghassul 291

preminente nell’elaborazione di un’architettura religiosa pubblica ed ufficiale nella


Palestina del IV-III millennio a.C. La planimetria del tempio di En-Gedi segna, infatti,
la codificazione di un tipo classico di architettura sacra, che a partire dalla fase matura
del Calcolitico va canonizzandosi in Palestina. Il tempio di En-Gedi presenta, invero,
nel contempo anche alcune peculiarità: l’edificio ospita, infatti, al suo interno alcune
installazioni abitualmente ubicate all’esterno dei templi, nelle corti dei santuari, come
l’altare e le favissae. Non è da escludersi, tuttavia, che anche questa particolarità sia in
qualche modo da collegarsi all’uso solo temporaneo e periodico del complesso sacro e,
dunque, al suo carattere extra-urbano.
L’articolazione del santuario di En-Gedi trova un diretto e significativo parallelo nel
recinto templare di Tuleilat el-Ghassul. In esso, per la prima volta, tra le numerose
fabbriche dell’esteso insediamento calcolitico, è stato possibile riconoscere una chiara
codificazione architettonica, che indica la specifica natura cultuale ed ufficiale di questo
complesso architettonico. Anche alcuni accorgimenti strutturali, come la
pavimentazione acciottolata ed intonacata dei due edifici, suggeriscono la peculiare
destinazione di queste strutture.
I due recinti sacri di En-Gedi e Tuleilat el-Ghassul condividono numerosi caratteri
planimetrici ed architettonici: la presenza di due edifici isolati a sviluppo latitudinale (di
cui una struttura templare maggiore ed un presumibile edificio laterale accessorio); la
presenza di una corte delimitata da un temenos, che costituiva uno spazio aperto
irrinunciabile destinato ad ospitare le attività cultuali e rituali connesse con il culto
officiato nel santuario; la presenza di aree e viottoli pavimentati, di installazioni
semicircolari in pietra, e di banchine all’interno degli edifici; infine, la presenza di un
ingresso (che nel caso del santuario di En-Gedi rappresenta60 l’ingresso secondario) in
un’analoga posizione angolare a destra dell’edificio templare .
La formulazione e la codificazione di una medesima tradizione architettonica nei due
santuari, unita alla condivisione di un medesimo milieu ideologico-religioso, che pur nel
marcato regionalismo degli stili e degli orizzonti della cultura materiale si palesa nei
ritrovamenti della società calcolitica, sembra chiaramente indicare l’esistenza di una
comune tradizione cultuale e rituale e di una condivisa pratica religiosa.
A fronte dei comuni sviluppi architettonici e della medesima tradizione cultuale, tra i
complessi sacri di En-Gedi e Tuleilat el-Ghassul sussistono, nondimeno, anche alcuni
fondamentali elementi di diversità: in primo luogo, la posizione del presumibile altare
del santuario, in un caso, ad En-Gedi, all’interno dell’edificio templare, nell’altro, a
Tuleilat el-Ghassul, nella corte aperta antistante; ma soprattutto l’ubicazione dei due
recinti templari: da un lato, ad En-Gedi, in una posizione completamente isolata, forse
ad uso periodico della popolazione stanziata nella regione circostante; dall’altro, a
Tuleilat el-Ghassul, all’interno del maggiore insediamento calcolitico della regione, del
quale il complesso nell’area E potrebbe aver rappresentato il santuario pubblico ed il
centro per il culto ufficiale.

60
Nel caso del recinto templare di Tuleilat el-Ghassul è naturalmente possibile che un altro e più
monumentale ingresso fosse presente su uno dei lati non conservati del temenos di recinzione.
292 M. Sala CMAO X

In effetti, le strutture del recinto templare di Tuleilat el-Ghassul sono databili alla fase
finale dell’occupazione ghassuliana, il Calcolitico recente, proprio quando
l’insediamento di Tuleilat el-Ghassul sarebbe stato interessato da una sensibile crescita
nello sviluppo insediamentale, nella specializzazione economica e nella complessità
sociale. Oltre al santuario nell’area E sono state, infatti, individuate nell’insediamento
altre zone funzionalmente differenziate, quali il settore industriale nell’area F.
In particolare, l’individuazione del presumibile santuario pubblico dell’esteso
insediamento tardo calcolitico ha portato a riconsiderare il ruolo di Tuleilat el-Ghassul
nell’ambito del più generale processo di crescita e di sviluppo della complessità sociale
nei centri del Levante meridionale, poco61prima dell’avvento della fase proto-urbana ed
urbana del successivo Bronzo Antico . L’eventuale esistenza di un nesso tra il
progredire della complessità socio-economica nell’età tardo calcolitica e l’erezione dei
complessi cultuali e cerimoniali di Gilat e Tuleilat el-Ghassul è una problematica ancora
in corso di esame, soprattutto negli studi concernenti l’origine e lo sviluppo
dell’urbanizzazione in Palestina. Sebbene la presenza di strutture cultuali (anche
pubbliche) non indichi di per sé l’esistenza di un’organizzazione urbana, i complessi di
Gilat e Tuleilat el-Ghassul indicano chiaramente il ruolo svolto dalla religione
nell’evoluzione della società, l’influenza da essa esercitata nel determinare i rapporti
sociali e l’importanza del rituale come forza attiva nel promuovere e consolidare il
cambiamento sociale. Proprio l’esempio del santuario di Tuleilat el-Ghassul, infine,
suggerisce nello specifico l’esistenza di un nesso tra lo sviluppo di una maggiore
complessità sociale ed insediamentale nel Levante meridionale e la comparsa dei primi
complessi cultuali di carattere pubblico e sembra indicare quanto l’istituzione ed il
mantenimento del culto pubblico fossero correlati all’emergere di un’amministrazione
centralizzata, e quindi di una società urbana o proto-urbana, contraddistinta dalla
presenza di centri o enti per il coordinamento e la direzione delle attività pubbliche
politico-sociali, economiche e religiose (Seaton 2000; Bourke 2002a).

61
Nella fase tardo calcolitica, oltre alla comparsa delle prime strutture cerimoniali e cultuali di
apparente carattere pubblico, il sensibile progresso della specializzazione artigianale e l’acquisizione
di alte competenze tecniche ed artistiche da un lato, l’attestazione di scambi regionali ed
interregionali, e l’esistenza di insediamenti di notevole estensione (dai 10 ettari di Gilat ai 20/30
ettari di Tuleilat el-Ghassul) con una differenziazione funzionale delle aree all’interno di essi
dall’altro, sembrerebbero, in effetti, indicare la crescita dell’organizzazione e della complessità
sociale acquisita da alcuni centri del Levante meridionale e la possibile esistenza di strutture
centralizzate per la gestione di attività pubbliche di carattere sia cultuale che socio-economico (Levy
1986).
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Fig. 1 - I principali siti palestinesi del Calcolitico.


2005 Il santuario di En-Gedi ed il recinto templare di Tuleilat el-Ghassul 301

Fig. 2 - Il santuario di En-Gedi (da Ussishkin 1980: fig. 3).


Fig. 3 - Pianta schematica di Tuleilat el-Ghassul con indicazione delle aree scavate con indicazione
delle aree scavate dalle spedizioni che vi si sono succedute (da Nigro - Panciroli 2001: fig. 2).
302 M. Sala CMAO X

Fig. 4 - Pianta di Tuleilat el-Ghassul con indicazione delle aree di scavo indagate dall’università di
Sidney (da Bourke 2002: fig. 2).
Fig. 5 - Il recinto templare di Tuleilat el-Ghassul, fase 3 (da Seaton 2000: fig. 1).

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