Sei sulla pagina 1di 23

See discussions, stats, and author profiles for this publication at: https://www.researchgate.

net/publication/233747494

L'Unione Europea e la primavera araba

Chapter · January 2012

CITATIONS READS

0 1,027

1 author:

Maria Eleonora Guasconi


Università degli Studi di Genova
19 PUBLICATIONS   8 CITATIONS   

SEE PROFILE

Some of the authors of this publication are also working on these related projects:

European Integration View project

European Political Cooperation View project

All content following this page was uploaded by Maria Eleonora Guasconi on 22 May 2014.

The user has requested enhancement of the downloaded file.


UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI URBINO “CARLO BO”
DESP - Dipartimento di Economia, Società, Politica
CRITICA EUROPEA

11
La Collana si propone di aprire una nuova stagione di studi, ricerche, riflessioni
sulle straordinarie ed inedite sfide istituzionali ed economiche, storiche e culturali
alle quali è oggi sottoposto il processo di integrazione europea. Il futuro dell’idea
europea e dell’Unione è a rischio per la forma che stanno prendendo iprocessi di
globalizzazione, ma anche per i limiti e le contraddizioni del “vecchio”europeismo
politico e giuridico del secondo dopoguerra.
Declino europeo
e rivolte mediterranee
a cura di
Maria Eleonora Guasconi

G. Giappichelli Editore – Torino


© Copyright 2012 - G. GIAPPICHELLI EDITORE - TORINO
VIA PO, 21 - TEL. 011-81.53.111 - FAX 011-81.25.100

http://www.giappichelli.it

ISBN/EAN 978-88-348-2994-3

Il volume è stato realizzato con il contributo del Dipartimento di Studi Internazionali. Storia, Lingue,
Culture (DISTI) e del Dipartimento di Economia, Società, Politica (DESP) dell’Università di Urbino.

Composizione: Compograf - Torino


Stampa: Stampatre s.r.l. - Torino

Le fotocopie per uso personale del lettore possono essere effettuate nei limiti del 15% di ciascun volume/fascicolo
di periodico dietro pagamento alla SIAE del compenso previsto dall’art. 68, commi 4 e 5, della legge 22 aprile
1941, n. 633.

Le fotocopie effettuate per finalità di carattere professionale, economico o commerciale o comunque per uso
diverso da quello personale possono essere effettuate a seguito di specifica autorizzazione rilasciata da CLEARe-
di, Centro Licenze e Autorizzazioni per le Riproduzioni Editoriali, Corso di Porta Romana 108, 20122 Milano,
e-mail autorizzazioni@clearedi.org e sito web www.clearedi.org.
INDICE

pag.

INTRODUZIONE
Maria Eleonora Guasconi XI

Sezione Prima
STORIA E GEOPOLITICA DEL MEDITERRANEO

IL MARE NOSTRUM AL CENTRO DEL RAPPORTO NORD-SUD


Gian Paolo Calchi Novati 3

1. Un secolo lungo 3
2. Il peso del colonialismo 5
3. La diversità del Medio Oriente 10
4. Alle origini del nazionalismo arabo 12
5. Dalla guerra fredda al Nuovo ordine mondiale 14
6. La Libia e le primavere arabe 16
7. Conclusioni 18

PLURIVERSO MEDITERRANEO E RIVOLUZIONI ARABE


Luigi Alfieri 21

SULLE RIVOLTE ARABE. RIPENSANDO IL NOVECENTO


Isidoro Davide Mortellaro 29

1. Tra informazione e comunicazione 30


2. Durata del Novecento 32
VI INDICE

pag.

3. Sismologie 37
4. Sotto la pelle 39
5. Stupori e silenzi 44
6. Un nuovo Noialtri 51

L’UNIONE EUROPEA E LA PRIMAVERA ARABA


Maria Eleonora Guasconi 55

1. Introduzione 55
2. L’Ue di fronte alla primavera araba 56
3. La politica mediterranea dell’Ue: il processo di Barcellona 58
4. I nodi della politica mediterranea dell’Ue 62
5. Dalla Politica europea di vicinato all’Unione per il Mediterraneo 65
6. Conclusioni 66

L’INCOGNITA LIBICA DEL DOPO GHEDDAFI


Massimiliano Cricco 68

1. Introduzione 68
2. La fine delle sanzioni dell’ONU e il rilancio internazionale della Libia 71
3. Il fondamentalismo islamico e i movimenti di opposizione a Gheddafi 75
4. Le potenze occidentali e l’ipotesi di una successione alla guida della
Libia 79
5. La rivolta e la fine della dittatura 82
6. Conclusioni 87

L A RIVOLTA EGIZIANA E LO SLALOM DELL’ AMMINISTRAZIONE


OBAMA
Azzurra Meringolo 89

1. Introduzione 89
2. Gli Stati Uniti davanti a Tahrir: tra incoraggiamento e contenimento
della rivolta 90
3. L’impronta di Obama sul sentiero della transizione egiziana 96
Bibliografia 101
INDICE VII

pag.

LA TUNISIA E IL SUO RISVEGLIO


Leila El Houssi 103

1. Alle origini della rivolta 103


2. Il profilo di un dittatore 105
3. La rivolta della dignità 108
4. Dalla sacralizzazione della laicità all’affermazione dell’identità 112

Sezione Seconda
ECONOMIA EUROPEA E SOCIETÀ MEDITERRANEE

UN’EUROPA RIPIEGATA SU SE STESSA


Mario Pianta 117

1. Introduzione 117
2. I limiti dell’integrazione europea 118
3. Centro e periferia 119
4. Le radici della crisi 121
5. La questione del debito pubblico 125
6. Una depressione europea? 128
Bibliografia 129

CRISI GLOBALE O CRISI ATLANTICA?


Vincenzo Comito 130

1. Crisi globale o crisi atlantica? 130


2. Crisi dell’euro o crisi dell’Europa? 134
3. La crisi araba: cambia tutto o cambia molto poco? 138

LE DISPARITÀ REGIONALI NELLA PERIFERIA DELL’UE: CONVERGEN-


ZA GLOBALE O DIVERGENZA LOCALE?

Rosalba Rombaldoni 142

1. Introduzione 142
VIII INDICE

pag.

2. La mappa della perifericità nell’Unione europea 145


3. La convergenza regionale, teoria e lavori empirici 147
4. Il modello centro-periferia nell’Ue: il contributo della NGE 153
5. Considerazioni conclusive 157
Bibliografia 160

LA MISURA DELLA DEMOCRAZIA. CRISI, LOTTE E MIGRAZIONI NEL


MEDITERRANEO
Massimiliano Trentin, Stefano Visentin
163
1. Il mondo arabo in movimento
163
2. Ancora sul colonialismo
167
3. Rivoluzionari a Sud, clandestini a Nord: il doppio standard dell’Europa
172
4. La misura della democrazia
176

VISTO DALL’INTERNO: I PAESI ARABI NELL’ERA DEMOCRATICA


Mustapha Tlili
180

UNA CRISI DI STRUTTURA


Danilo Barbi 186

Sezione Terza
COSTITUZIONALISMO EUROPEO E COSTITUZIONALISMO DELLA
TRANSIZIONE ARABO-ISLAMICA

LA PRIMAVERA ARABA (2011/12) NELLA PROSPETTIVA DELLA DOT-


TRINA DELLA COSTITUZIONE INTESA COME SCIENZA DELLA CULTURA

Peter Häberle 191


INDICE IX

pag.

L’UNIONE EUROPEA DI FRONTE ALLE RIBELLIONI NEI PAESI ARABI


Gregorio Cámara Villar 211

1. L’errata traiettoria della real-politik dell’Unione europea 211


2. La reazione dell’Unione europea di fronte alle rivolte arabe: lenta,
insufficiente e con tratti di continuità 216
3. Una richiesta di coerenza e un progetto politico proprio 219
4. Considerazioni conclusive: la caduta dei vecchi paradigmi sul mon-
do arabo e il ruolo dell’Unione europea 223

POTERE COSTITUENTE E POTERI COSTITUITI NELLE RIVOLUZIONI


ARABE

Antonio Cantaro 227

1. È accaduto l’impossibile 227


2. Rivolte politiche, costituzionali, sociali 230
3. “Sequestro” della rivoluzione? 233
4. Poteri costituenti e poteri costituiti nella transizione 237
5. Verso un neo-costituzionalismo islamico 242

LE TRANSIZIONI COSTITUZIONALI IN TUNISIA, EGITTO E MAROCCO 248


Federico Losurdo

1. Quale transizione? 248


2. La transizione tunisina. Una rivoluzione ‘democratica’ 250
3. La transizione egiziana. Una rivoluzione ‘sotto tutela’ 253
4. La transizione marocchina. Una rivoluzione ‘dall’alto’ 256
5. Democratizzazione e rischi di de-laicizzazione? 259
Bibliografia 262

LA PRIMAVERA ARABA E L’EUROPA


Fausto Vecchio 264

1. Premessa. Il nuovo quadro della primavera araba 264


2. Le differenze costituzionali tra i paesi delle due sponde del Mediterraneo 266
L’UNIONE EUROPEA E LA PRIMAVERA ARABA
Maria Eleonora Guasconi

SOMMARIO: 1. Introduzione. – 2. L’Ue di fronte alla primavera araba. – 3. La politica


mediterranea dell’Ue: il processo di Barcellona. – 4. I nodi della politica mediterranea
dell’Ue. – 5. Dalla Politica europea di vicinato all’Unione per il Mediterraneo. – 6.
Conclusioni.

1. Introduzione

Le rivolte della primavera araba hanno mutato profondamente il quadro


politico e strategico dell’Africa del Nord e del Medio Oriente, rimodellan-
do gli equilibri di potere tra gli attori regionali e scardinando le letture e gli
stereotipi con cui l’Occidente si era rapportato al mondo arabo 1.
Sebbene il processo di transizione politica in questi paesi sia ancora in
corso e sia quindi prematuro esprimere una valutazione definitiva sull’esito
delle varie primavere arabe, si può però affermare che nel 2011 è iniziata una
nuova fase delle relazioni euro-mediterranee, che rappresenta un importante
banco di prova della capacità dell’Ue di agire con un disegno condiviso in
un’area considerata strategicamente importante per la propria stabilità e si-
curezza e una tradizionale sfera d’influenza come il Mediterraneo.
Questo saggio intende analizzare le implicazioni della primavera araba
per il futuro delle relazioni euro-mediterranee, interrogandosi sul ruolo che
l’Unione europea ha svolto in passato e sulla sua capacità di rappresentare
ancora un possibile punto di riferimento per i paesi della sponda sud.

1
K. DALACOURA, The 2011 Uprising in the Arab Middle East: political change and
geopolitical implications, in “International Affairs”, vol. 88, n. 1, 2012, 63-79; M. OT-
TAWAY, The Middle East is in Transition- to What?, in “Insight Turkey”, vol. 13, n. 2,
2011, 1 e AA.VV., Emerging Order in the Middle East, in “Carnegie Endowment for In-
ternational Peace”, May 2012, 1.
56 MARIA ELEONORA GUASCONI

2. L’Ue di fronte alla primavera araba

Le prime reazioni europee di fronte alle proteste dei giovani nelle piaz-
ze della primavera araba si sono contraddistinte per la sorpresa e la caute-
la, con cui i governi e le istituzioni di Bruxelles hanno espresso il proprio
sostegno ai movimenti di protesta, incerti se paragonarli a un altro 1979 in
Iran, o a un altro 1989 in Europa orientale 2. L’estraneità delle rivolte dai
tradizionali interessi strategici regionali e l’assenza di rivendicazioni reli-
giose hanno infatti scompaginato i paradigmi e le categorie con cui i go-
verni europei si erano abituati a guardare i popoli della sponda sud del Me-
diterraneo, mentre la crescente impopolarità dei regimi con i quali aveva-
no collaborato a lungo, ha messo a nudo i limiti e le contraddizioni dell’ap-
proccio europeo, ancorato al mantenimento dell’apparente stabilità garan-
tita da leader politici corrotti e autocratici, in nome della lotta contro l’isla-
mismo radicale e l’immigrazione di massa.
Certamente ha pesato molto sulla capacità di reazione dell’Ue la dram-
matica crisi economica e finanziaria che ha colpito i suoi membri, in parti-
colare quelli della sua periferia meridionale, Grecia, Spagna, Italia e Por-
togallo, che ha scosso fino alle radici la solidità del progetto europeo, tan-
to da mettere in dubbio la sopravvivenza della moneta unica, corroboran-
do così l’immagine di un’Unione ormai in declino, incapace di ritrovare la
progettualità dei suoi padri fondatori e di imprimere un nuovo slancio al
processo di integrazione europea.
Mentre il mondo arabo è stato scosso dalla voglia di libertà dei giovani,
dalla richiesta della società civile di democrazia e rispetto dei diritti fonda-
mentali, l’Europa è sembrata incapace di prendere l’iniziativa e assumere
quel ruolo che la sua storia e la sua posizione le richiederebbero, anzi, la ri-
sposta europea è apparsa “lenta, debole, divisa e incoerente” 3. Si è così as-
sistito a reazioni declinate e differenziate a seconda degli interessi in gioco
e della posizione strategica del paese in questione, che hanno finito per far
prevalere i consueti egoismi nazionali, come dimostrato dallo stridente
contrasto tra l’intervento della Nato in Libia e la cauta reazione europea di

2
R. HOLLIS, No Friend of Democratization: Europe’s Role in the Genesis of the Arab
Spring, in “International Affairs”, vol. 88, n. 1, 2012, 81-94 e A. FOUAD, The Arab Spring
at One, in “Foreign Affairs”, vol. 91, March/April, 2012.
3
Per una ricostruzione delle primavere arabe, D. QUIRICO, Primavera araba. Le rivo-
luzioni dall’altra parte del mare, Torino 2012; N. TOCCI, S. COLOMBO, The Eu Response to
the Arab Uprising: Old Wine in New Bottles? e A. DRISS, The EU Response to the Arab
Uprising: the Show of Ambivalence, in AA.VV., Rethinking Western Polices in Light of
the Arab Uprising, IAI research paper n. 5, 2012.
L’UNIONE EUROPEA E LA PRIMAVERA ARABA 57

fronte alla sanguinosa repressione del popolo siriano da parte del regime di
Bashar el-Assad 4.
Il caso della Libia è forse l’esempio più calzante di queste affermazio-
ni. La crisi scoppiata nel regime di Gheddafi ha dimostrato che le incom-
prensioni e le esitazioni che hanno ritardato la presa di coscienza europea
di ciò che stava avvenendo nel proprio cortile di casa, hanno finito per fa-
vorire i protagonismi nazionali, come quello del presidente francese
Sarkozy, spinto all’azione militare dal desiderio di tornare a svolgere un
ruolo di leadership nel Mediterraneo, nonché dalla prospettiva di un gros-
so bottino in termini di concessioni petrolifere.
Alla fine l’Europa è stata spinta ad abbracciare la rivoluzione libica fino
all’impegno militare della Nato contro il regime del Colonnello Gheddafi. In
realtà anche questa scelta ha dimostrato i limiti della politica estera europea,
mettendo in luce come l’impianto tracciato dal Trattato di Lisbona con l’isti-
tuzione dell’Alto Rappresentante della politica estera europea, l’inglese
Catherine Ashton, non si sia automaticamente tradotto in una politica estera
comune, ma si sia mosso lungo le tradizionali rotte tracciate dagli interessi
delle principali nazioni europee, che ambiscono a un protagonismo dal sapo-
re neo-coloniale, nel caso libico in particolare la Francia e la Gran Bretagna.
Da anni gli analisti denunciavano la “fine di una visione euro-medi-
terranea dell’Ue” e ammonivano circa i pericoli legati a un ruolo sempre
più marginale svolto dall’Europa in questa regione, percepita come do-
natore generoso, ma debole attore politico, sottolineando la necessità di
fare del Mediterraneo una priorità della politica estera europea e defi-
nendo la situazione politica di molti paesi della sponda sud come una
“bomba a orologeria piazzata nel cortile di casa dell’Europa”, una mi-
scela esplosiva i cui ingredienti erano sottosviluppo economico, crescita
demografica e disoccupazione molto elevata soprattutto tra i giovani 5.

4
Per queste valutazioni si rimanda al saggio di G. CÁMARA VILLAR, L’Unione europea
di fronte alle ribellioni nei paesi arabi, in questo volume.
5
F. BICCHI, European Foreign Policy Making toward the Mediterranean, New York-
Basingstoke 2007; ID., M. MARTIN, Talking Tough or Talking Together? European Secu-
rity Discourses towards the Mediterranean, in “Mediterranean Politics”, vol 11, n. 2, July
2006; C. HILL, Il Mediterraneo e il Medio Oriente come priorità per la politica estera eu-
ropea, in E. BRIGHI, F. PETITTO (a cura di), Il Mediterraneo nelle relazioni internazionali,
Milano 2009, 165-179; K. KAUSCH, R. YOUNGS, The End of the “Euro-Mediterranean vi-
sion, in “International Affairs,” n. 85, September 2009, 963-975; D. SCHMID, Dal proces-
so di Barcellona all’Unione per il Mediterraneo e F. NICOLUCCI, Giochi di potere e nuove
alleanze nel Mediterraneo, in R. GUALTIERI, J.L. RHI-SAUSI, Hub globale, trincea o panta-
no? Il futuro del Mediterraneo e il ruolo dell’Europa, Bologna 2010, 82-84.
58 MARIA ELEONORA GUASCONI

L’Arab Human Development Report del 2009 esprimeva profonda sfi-


ducia nei confronti delle misure promosse dai governi dei paesi arabi, i cui
regimi autocratici avevano prodotto reti di corruzione e rapporti clientela-
ri, minando l’esito dei processi di liberalizzazione e indicava con chiarez-
za nella società civile del mondo arabo l’attore in grado di realizzare un ef-
fettivo cambiamento in senso democratico 6.
Le rivolte scoppiate in Africa del Nord e in Medio Oriente hanno con-
fermato queste valutazioni, trovando l’ispirazione e la forza della propria
ribellione proprio nei giovani e nella società civile di questi paesi.
Se i tumulti delle primavere arabe costituiscono certamente un proble-
ma complesso il cui esito non è affatto scontato, essi rappresentano anche
una straordinaria opportunità politica e una spinta, stavolta proveniente da
Sud, affinché l’Europa esca dai propri paradigmi nazionali e delinei una
nuova politica di sviluppo per tutto il Mediterraneo.

3. La politica mediterranea dell’Ue: il processo di Barcellona

Ancora oggi l’Ue detiene una lunga tradizione di relazioni con i partner
della sponda sud del Mediterraneo, relazioni spesso legate al passato colo-
niale dei suoi Stati membri.
L’Unione possiede gli strumenti finanziari per dispiegare il proprio soft
power in questa regione del mondo, perseguendo così i propri interessi po-
litici e geostrategici.
Si può anzi affermare che l’importanza strategica, economica ed ener-
getica che il Mediterraneo riveste per l’Europa affondi le sue radici nella
storia e nel Dna della stessa Unione europea. Secondo una tesi piuttosto
diffusa nei manuali di storia dell’integrazione europea, fu proprio una cri-
si scoppiata nel Mediterraneo, la crisi del Canale di Suez del 1956 e la
sconfitta subita dalla Francia e dalla Gran Bretagna a imprimere nuovo im-
pulso ai negoziati per la firma dei Trattati di Roma un anno più tardi 7.
Adesso che dai paesi della sponda sud, dai giovani, dalla società civile,
viene un potente richiamo al mutamento, l’Ue deve saper rispondere a que-
sto richiamo, deve ricostruire uno spazio “euro-mediterraneo” e fare del
mare nostrum una priorità della propria politica estera. Insomma deve ri-

6
Arab Human Development Report 2009. Challenges to Human Security in the Arab
Countries, United Nations Development Programme, 2009.
7
Cfr. M. GILBERT, Storia politica dell’integrazione europea, Roma-Bari 2005, 52-53 e
B. OLIVI, L’Europa difficile, Bologna 1993, 48.
L’UNIONE EUROPEA E LA PRIMAVERA ARABA 59

volgere il proprio sguardo a Sud, offrendo il proprio contributo per una sta-
bilizzazione della regione mediterranea.
Senza addentrarsi nelle numerose iniziative che la Comunità ha pro-
mosso nei confronti dei paesi della sponda sud del Mediterraneo, dai primi
accordi bilaterali stipulati nel corso degli anni Sessanta, alla politica glo-
bale mediterranea degli anni Settanta, fino alla politica mediterranea rin-
novata degli anni Ottanta 8, il partenariato euro-mediterraneo, inaugurato a
Barcellona nel 1995, ha rappresentato il tentativo più originale e ambizio-
so dell’Ue di costruire uno spazio euro-mediterraneo, per il suo approccio
multilaterale teso a cogliere tutti gli aspetti che caratterizzavano le relazio-
ni con i paesi terzi mediterranei e per la sua struttura, articolata in tre pila-
stri, o cesti.
Numerosi fattori avevano contribuito a riportare il Mediterraneo al
centro dell’agenda europea all’inizio degli anni Novanta: la fine della
guerra fredda e la scomparsa dell’Unione Sovietica avevano aperto nuove
prospettive all’azione dell’Unione europea, che con il Trattato di Maastri-
cht del 1992 si dotava di una Politica estera e di sicurezza comune. A ciò
si aggiungeva la percezione di una serie di minacce alla stabilità e alla si-
curezza dell’Europa provenienti dalla sponda sud del Mediterraneo, dal
sottosviluppo economico e il dinamismo demografico, al crescente feno-
meno dell’immigrazione, il terrorismo, il fondamentalismo islamico 9.
Valutazioni di ordine strategico si sommavano a importanti mutamenti
che avevano alterato gli equilibri dell’Ue. Parallelamente all’allargamento
ad Austria, Finlandia e Svezia, la maggior parte dei paesi dell’Europa cen-
tro-orientale faceva domanda di adesione, innescando un complesso pro-
cesso negoziale che avrebbe portato l’Unione tra il 2004 e il 2007 a passa-
re da quindici a ventisette membri, con un cospicuo drenaggio di risorse fi-

8
Per una ricostruzione delle relazioni euro-mediterranee mi permetto di rimandare al
mio saggio: Ambizioni e limiti della politica mediterranea dell’Ue, in E. DI NOLFO, M.
GERLINI (a cura di), Il Mediterraneo attuale tra storia e politica, Venezia 2012 e E. CA-
LANDRI, L’eterna incompiuta: la politica mediterranea tra sviluppo e sicurezza, in ID. (a
cura di), Il primato sfuggente. L’Europa e l’intervento allo sviluppo, Milano 2009, 89-117.
Sulla politica globale mediterranea cfr. G. MIGANI, La politique globale mediterranéenne
de la CEE 1970-1972, in A. VARSORI, G. MIGANI (eds.), Europe in the International Are-
na during the 1970s, Bruxelles 2011, 193-210.
9
Per un’analisi della politica mediterranea dell’Ue nel contesto della Pesc, si veda
M.A. MEDINA ABELLÁN, The Mediterranean: the Progressive Construction of a Common
Agenda, in D. MAHNCKE, A. AMBOS, C. REYNOLDS (eds.), European Foreign Policy From
Rethoric to Reality?, Bruxelles 2004, 277-292. F. BICCHI, op. cit., 164-168; S. BISCOP, Eu-
ro-Mediterranean Security. A Search for Partnership, Aldershot 2003, 26-27.
60 MARIA ELEONORA GUASCONI

nanziarie. L’allargamento a Est, compensato solo marginalmente dall’in-


gresso di Cipro e Malta a Sud, spingeva i membri mediterranei dell’Ue, in
particolare la Spagna, a esercitare forti pressioni per un rafforzamento del-
la dimensione mediterranea dell’Unione, da attuarsi grazie all’adozione di
politiche più mirate verso questa regione.
A ciò si aggiungevano chiari interessi economici: i paesi della sponda
sud rappresentavano all’inizio degli anni Novanta un importante mercato
per Bruxelles, che assorbiva il 10% delle esportazioni comunitarie, ma di-
rigeva verso l’Europa il 40% delle proprie esportazioni, oltre a costituire
un bacino di risorse energetiche fondamentale per la sopravvivenza di al-
cuni paesi europei.
Il partenariato coinvolgeva, oltre agli allora quindici membri dell’Unio-
ne, dodici partner mediterranei 10. Da sottolineare alcune significative
esclusioni, che hanno portato alcuni commentatori a definire lo spazio me-
diterraneo ideato a Barcellona, come “inventato 11: la Libia, che nel 1995 si
trovava in una condizione di isolamento internazionale in seguito alle san-
zioni imposte dall’ONU per il suo coinvolgimento in attentati terroristici e
i paesi dei Balcani, teatro nel corso delle anni Novanta dei drammatici con-
flitti che accompagnarono il crollo della Jugoslavia 12.
I firmatari della dichiarazione di Barcellona ambivano a fare del Medi-
terraneo “una zona di dialogo, di scambi e di cooperazione che garantisca
la pace, la libertà e la prosperità ”, fondata sul rispetto dei principi essen-
ziali del diritto internazionale 13.

10
I paesi terzi mediterranei firmatari della dichiarazione di Barcellona erano: Algeria,
Cipro, Egitto, Giordania, Israele, Libano, Malta, Marocco, Siria, Tunisia, Turchia e Auto-
rità Palestinese.
11
S.C. CALLEYA, Evaluating Euro-Mediterranean Relations, London 2005.
12
Esiste ormai un’ampia bibliografia dedicata al partenariato euro-mediterraneo e alla
Conferenza di Barcellona del 1995. In questa sede appare opportuno citare: F. ATTINÀ, S. STA-
VRIDIS (eds.), The Barcelona Process and Euro-Mediterranean Issues from Stuttgard to Mar-
seille, Milano 2001; A. BERRAMDANE (ed.), Le partenariat euro-méditerranéen, Paris 2005; F.
BICCHI, op. cit.; E. CALANDRI, L’eterna incompiuta: la politica mediterranea tra sviluppo e si-
curezza, cit., 89-117; R. GOMEZ, Negotiating the Euro-Mediterranean Partnership, Aldershot
2003; J. MOISSERON, Le partenariat euroméditerranéen, Grenoble 2005; C. NOTARSTEFANO,
Le processus de Barcelone: du partenariat euro-méditerranéen au dialogue interculturel, Ba-
ri 2009; F. PERROS, J, MEUNIER, S. ABRAMS, Bridges and Barriers. The European Union’s Me-
diterranean Policy, 1961-1998, Aldershot 1999; A. VASCONCELOS, G. JOFFE, The Barcelona
Process: Building a Euro-Mediterranean Regional Community, London 2000.
13
Prima conferenza euro-mediterranea dei ministri degli Affari Esteri, Barcellona 27-
28 novembre 1995 (http://www.euromedi.org/home/partenariato/conferenze/prima).
L’UNIONE EUROPEA E LA PRIMAVERA ARABA 61

In particolare, l’inserimento nella dichiarazione di Barcellona di chiari


impegni politici per l’instaurazione di regimi democratici che rispettassero
i diritti umani e le libertà fondamentali rappresentava un notevole progres-
so nelle relazioni euro-mediterranee, sebbene la dichiarazione di Barcello-
na fosse solo una dichiarazione di intenti politici e non un documento giu-
ridicamente vincolante.
Questa delineava la struttura del partenariato, suddividendolo in tre pi-
lastri o cesti, riguardanti rispettivamente una partnership nei settori della
sicurezza e della cooperazione politica, una collaborazione in ambito eco-
nomico e finanziario e la promozione del dialogo culturale e dell’inter-
scambio tra le società della sponda nord e sud.
Il primo pilastro, quello politico e di sicurezza, ribadiva l’obiettivo eu-
ropeo di costruire uno spazio di pace e stabilità nel Mediterraneo. A que-
sto scopo, i partecipanti si impegnavano a lanciare un dialogo politico
rafforzato, fondato sul rispetto dei principi essenziali di diritto internazio-
nale e sull’impegno ad agire conformemente alla Carta delle Nazioni Uni-
te e alla Dichiarazione Universale dei diritti dell’uomo, a sviluppare i
principi di legalità e di democrazia nei propri sistemi politici, a rispettare
i diritti dell’uomo e le libertà fondamentali, la diversità e il pluralismo
nelle loro società, a promuovere la tolleranza e la lotta contro il razzi-
smo 14.
Il secondo pilastro, quello economico, si basava sul binomio sviluppo
economico-progresso politico, riflettendo la speranza dell’Ue di replicare
anche ai paesi del Mediterraneo la ricetta applicata con successo all’Euro-
pa centro-orientale. Gli obiettivi a lungo termine di questo pilastro erano:
accelerare il ritmo di sviluppo socio-economico dell’area mediterranea,
migliorare le condizioni di vita della popolazione, aumentare il tasso di oc-
cupazione, ridurre gli squilibri tra sponda nord e sud e promuovere l’inte-
grazione e la cooperazione regionale tra i Ptm.
Gli strumenti previsti erano l’instaurazione di una zona di libero scambio
da realizzarsi entro il 2010, attraverso una serie di accordi di associazione
che avrebbero progressivamente abolito le barriere tariffarie tra l’Ue e i part-
ner mediterranei 15, il rafforzamento della cooperazione e concertazione eco-
nomica e l’aumento sostanziale dell’assistenza finanziaria dell’Ue. Infine, il

14
J. MOISSERON, op. cit., 60-61.
15
Da sottolineare che solo nel 2005 l’Ue ha accettato di allargare la zona di libero
scambio anche ai prodotti agricoli. Cfr. N. TZIFAKIS, EU’s region-building and boundary-
drawing policies: the European approach to the Southern Mediterranean and the Western
Balkans, in “Journal of Southern Europe and the Balkans”, IX, n. 1, april 2007.
62 MARIA ELEONORA GUASCONI

terzo pilastro si proponeva di migliorare la comprensione tra i popoli e le


culture del Mediterraneo, promuovendo una maggiore collaborazione socia-
le e culturale tra le due sponde, attraverso il sostegno al consolidamento del-
la democrazia e al rispetto dei diritti umani da parte dei paesi partecipanti.

4. I nodi della politica mediterranea dell’Ue

A ormai diciassette anni dal suo inizio, a fronte di un’ampia letteratura


sull’argomento, molti auterevoli commentatori hanno sottolineato che il
bilancio di questo progetto è sostanzialmente deludente, se non fallimenta-
re, soprattutto per quanto riguarda la realizzazione del primo cesto, quello
politico e di sicurezza.
Alle prevedibili difficoltà iniziali si sono aggiunti ostacoli inerenti gli
aspetti strutturali del partenariato stesso e fattori esterni. Sicuramente una
di queste impasse è rappresentata dal deterioramento del processo di pace
in Medio Oriente. Se la Conferenza di Barcellona era partita sulla scia de-
gli accordi di Oslo del 1993, che avevano aperto uno spiraglio di pace nel
conflitto arabo-israeliano, l’inasprimento delle relazioni israelo-palestine-
si ha scandito le scadenze del dialogo euro-mediterraneo, vanificando gli
sforzi dell’Ue di tenere separato il processo di Barcellona da quello di pa-
ce in Medio Oriente, ma anche mettendo in luce l’incapacità europea di
svolgere un ruolo di primo piano in questa complessa scacchiera del siste-
ma internazionale.
L’attacco terroristico alle Torri Gemelle dell’11 settembre 2001, la
guerra in Iraq, gli attentati a Londra e Madrid, la preoccupazione per la mi-
naccia del terrorismo globale e l’emergere dello spettro dello “scontro tra
civiltà” hanno reso il dialogo tra le due sponde del Mediterraneo ancora
più difficile 16.
Lo spettro del fondamentalismo islamico ha rafforzato la rappresenta-
zione europea del Mediterraneo come minaccia alla propria stabilità e si-
curezza, come luogo di frontiera destinato al controllo dei flussi migratori
e al contenimento dell’Islam radicale, piuttosto che come spazio condiviso
tra i popoli delle due sponde.

16
Ovviamente il riferimento è al noto saggio di S.P. HUNTINGTON, The Clash of Civiliza-
tion, in “Foreign Affairs”, vol. 72, n. 3, Summer 1993, 22-49; si veda anche R. GILLESPIE, Re-
shaping the Agenda? The Internal Politics of the Barcelona Process in the Aftermath of Sep-
tember 11, in “Mediterranean Politics”, vol. 6, 2001 and ID., The Valencia Conference Rein-
vigorating the Barcelona Process?, in “Mediterranean Politics”, vol. 7. n. 2, Summer 2002.
L’UNIONE EUROPEA E LA PRIMAVERA ARABA 63

Malgrado la dichiarazione di Barcellona del 1995 avesse costruito un rap-


porto ben preciso tra rispetto dei diritti umani e consolidamento della demo-
crazia e dello sviluppo, i governi europei hanno privilegiato la ricerca della
stabilità al rispetto dei diritti umani, finendo per rafforzare i propri rapporti
bilaterali con regimi autocratici come quello di Ben Ali in Tunisia o di Ho-
sni Mubarak in Egitto, considerandoli dei baluardi contro le minacce del fon-
damentalismo islamico e dell’immigrazione, anche se corrotti e arroccati
nella difesa delle proprie ricchezze, che controllavano senza democrazia 17.
Una realpolitik basata sul mantenimento della stabilità strategica, della
sicurezza energetica, sul contenimento dell’Islam radicale, sulla collabora-
zione nella lotta contro il terrorismo internazionale e contro l’immigrazio-
ne illegale.
La stessa eterogeneità del mondo arabo, misurata in termini di scelte
politiche, economiche e sociali, ma anche di alleanze strategiche, per
esempio nei confronti degli Stati Uniti o dell’Arabia Saudita, ha impedito
la formulazione di progetti di integrazione regionale. Il progetto euro-me-
diterraneo ha faticato quindi ad evolversi nel senso multilaterale auspicato
dai firmatari della dichiarazione di Barcellona e a porre fine al predominio
dei rapporti bilaterali. Questo è emerso chiaramente nel fallimento del pri-
mo pilastro del processo di Barcellona.
Anche l’influenza esercitata da attori esterni alla regione come gli Stati
Uniti, talvolta in competizione o in contrasto con gli europei, non ha faci-
litato il ruolo dell’Ue nelle relazioni con i paesi della sponda sud all’Egit-
to, basti pensare agli aiuti americani all’Egitto di Mubarak o al rapporto
con Israele 18.
Né va dimenticato che nel Mediterraneo hanno iniziato ad affacciarsi
prepotentemente vecchi e nuovi attori, concorrenti minacciosi dell’azio-
ne europea, dalla Russia con i suoi investimenti commerciali, militari ed
energetici, ai Paesi del Golfo che offrono ai vicini ingenti risorse deri-
vanti dalle esportazioni di petrolio, alla Cina, diventata un partner com-
merciale di rilievo per molti stati del Mediterraneo, alla Turchia, consi-
derata da molti analisti come un possibile modello di riferimento per i
paesi arabi, con la quale l’Unione ha in piedi un complesso negoziato di

17
Questi aspetti sono messi in evidenza da: F. BURGAT, Europe and the Arab world:
the Dilemma of Recognising Counterparts, in “International Politics”, vol. 46, n. 5, 2009,
616-635.
18
M. MUGNAINI, Fasi e percorsi della politica Ue verso l’area mediterranea: dalla
Conferenza di Barcellona alla Union pour la Mediterranée, in S. BERETTA, M. MUGNAINI
(a cura di), Politica estera dell’Italia e dimensione mediterranea: storia, diplomazia, di-
ritti, Soveria Mannelli 2009, 183-212.
64 MARIA ELEONORA GUASCONI

adesione sul cui esito finale non è possibile azzardare pronostici 19.
Allo stesso tempo, la riluttanza dell’Ue a interferire negli affari inter-
ni dei paesi terzi e a esercitare forme di pressione tramite lo strumento
della condizionalità politica degli aiuti economici, in difesa del rispetto
dei diritti umani e della democrazia, ha fortemente limitato la capacità
europea di far sentire la propria voce nei rapporti con i paesi della spon-
da sud 20.
È stato così impossibile adottare un documento come la “Carta per la
pace e la stabilità nel Mediterraneo”, che avrebbe dovuto rappresentare il
quadro di riferimento legislativo del processo di Barcellona e che invece è
stata congelata e mai applicata.
Se poi dalla componente politica del processo di Barcellona si passa a
quella economica, gli aiuti erogati dai fondi Meda e dalla Banca Europea
degli Investimenti, attraverso il Fondo europeo di investimento e partena-
riato (Femip) non hanno ridotto il divario nello sviluppo umano e nel red-
dito tra le due sponde del Mediterraneo. Sebbene le cifre impegnate dal-
l’Ue con il Meda I e il Meda II siano state ragguardevoli (circa 8,7 mi-
liardi euro), si è trattato comunque di somme molto inferiori rispetto a
quelle destinate ai Peco in vista dell’allargamento del 2004, tenendo con-
to del fatto che a Sud si concentra il 40% della popolazione del Mediter-
raneo e appena il 10% del Pil. E, sebbene quasi tutti gli accordi di asso-
ciazione con l’Ue siano entrati in vigore, l’obiettivo di creare una zona di
libero scambio con la sponda sud del Mediterraneo nel 2010 non è stato
realizzato.
A dispetto di questi dati negativi, alcune iniziative come la creazione di
Euromesco, una rete che collega circa novanta Istituti e centri di ricerca
che analizzano e commentano i rapporti euro-mediterranei, di un’Assem-
blea Parlamentare euro-mediterranea fondata al vertice di Napoli del 2003
e della Fondazione Anna Lindh per la promozione del dialogo tra le cultu-
re mediterranee nel 2005, ci testimoniano che alcuni risultati positivi sono
stati raggiunti, soprattutto sul piano del dialogo multiculturale.

19
AA.VV., Turkey and the Arab Spring: implications for Turkish Foreign Policy from
a Transatlantic Perspective, in “Mediterranean Paper”, October 2011.
20
Questo tema è frequentemente riportato come una delle cause del fallimento del pi-
lastro sulla sicurezza cfr: D. SCHMID, Dal processo di Barcellona all’Unione per il Medi-
terraneo, in R. GUALTIERI-J.L. RHI-SAUSI, op. cit., 78-79.
L’UNIONE EUROPEA E LA PRIMAVERA ARABA 65

5. Dalla Politica europea di vicinato all’Unione per il Mediterraneo

I limitati risultati conseguiti dal processo di Barcellona e l’imponente al-


largamento dell’Unione nel 2004, spinsero la Commissione Prodi ad inse-
rire i rapporti tra l’Ue e i paesi terzi mediterranei nel quadro della politica
europea di vicinato, che aveva l’obiettivo di creare “un anello di paesi ami-
ci” intorno all’Europa, ribaltando però il disegno multilaterale di Barcello-
na, per tornare alla dimensione bilaterale dei rapporti euro-mediterranei,
ponendo così termine all’idea del Mediterraneo come “spazio comune” 21.
Non potendo offrire ai partecipanti la “carota” dell’adesione veniva
elargita loro la possibilità di attuare forme più avanzate di integrazione
economica, ricorrendo a una più ampia condizionalità degli aiuti, come
strumento di pressione diplomatica.
In questo quadro si inserisce l’ultima iniziativa europea verso i paesi
della sponda sud: l’Unione per il Mediterraneo, promossa dalla Francia tra
il 2007 e il 2008, che, a dispetto dei tatticismi che l’avevano contraddistin-
ta e che avevano sollevato forti critiche da parte tedesca, ha avuto il meri-
to di riaccendere il dibattito europeo sul Mediterraneo e di invertire lo
sguardo dell’Unione da est a sud 22.
L’approccio proposto da Sarkozy per l’UpM è apparso molto diverso ri-
spetto al processo di Barcellona: è stato abbandonato il disegno globale e
multilaterale del partenariato preferendo la selezione di alcuni progetti
economici, meno ambiziosi, ma più realizzabili concretamente, tesi a pro-
muovere la cooperazione economica e culturale tra i paesi partecipanti in
alcuni settori, dallo sfruttamento dell’energia solare, al disinquinamento
del Mediterraneo, dal sostegno delle piccole e medie imprese, all’instaura-
zione di un’Università euromediterranea in Slovenia 23. Da sottolineare la

21
Sui rapporti tra il processo di Barcellona e la politica di vicinato si veda: C. GRANT,
A New Neighbourhood Policy for the EU, in http://www.cer.org.uk.
22
Il progetto di Sarkozy è stato interpretato da molti commentatori come un’alternati-
va all’ingresso della Turchia nell’Ue, cfr. G. CALCHI NOVATI, Nord-Sud e prospettive glo-
bali, in S. BERETTA, M. MUGNAINI (a cura di), op. cit., 89-102.
23
R. ALIBONI, The Union for the Mediterranean: an update, documento IAI0816; ID.,
The Union for the Mediterranean initiative a view from Southern Europe, documento
IAI0802; Idem and F.M. AMMOR, Under the Shadow of Barcelona: from the EMP to the
Union for the Mediterranean, Euromesco paper n. 72, January, 2009; B. KHADER, L’Union
méditerranéenne: un beau discours ou une bonne idée?, in RSPI, n. 297, 1/2008, 11; I. KI-
RILOV, La Unión por el Mediterraneo: Mediterraneización del Norte o europeización del
Sur?, in “Cuadernos de pensamento politico”, n. 19, Julio/Septembre, 2008, 167-185.
66 MARIA ELEONORA GUASCONI

scelta strategica di eliminare qualsiasi riferimento politico, promuovendo


solo la collaborazione tra i partecipanti in ambito economico. Tale scelta
ha portato, per esempio, a nominare al fianco di Sarkozy come co-presi-
dente dell’UpM il presidente egiziano Hosni Mubarak, principale bersa-
glio delle proteste di piazza Tahrir.
A dispetto del lancio ambizioso, l’UpM ha stentato a decollare, condizio-
nata da fattori di varia natura. Dal punto di vista politico, essa è divenuta pre-
sto ostaggio del conflitto israelo-palestinese, con i governi arabi, che, in se-
guito all’operazione israeliana su Gaza hanno bloccato i lavori della nascen-
te struttura, mentre la Libia di Gheddafi ha rifiutato di entrarvi e l’Unione ha
incontrato notevoli difficoltà nell’individuare una personalità che ricoprisse
il posto chiave di Segretario generale, come dimostrato dalla girandola di no-
mine che si sono susseguite tra il 2010 e il 2011.

6. Conclusioni

La domanda se l’Europa desideri continuare a rappresentare un punto


di riferimento economico e culturale per i paesi della sponda sud del Me-
diterraneo, oppure si accontenti di svolgere un ruolo da testimone nel
proprio cortile di casa, anche di fronte all’aggressività della penetrazio-
ne economica e commerciale di altri attori, come gli Stati Uniti, la Cina
o l’Arabia Saudita, appare dunque quanto mai attuale e stringente.
Le primavere arabe richiedono che l’Europa non si ripieghi su se stes-
sa, ma ripensi in tempi brevi a un audace rilancio della propria strategia
mediterranea. La credibilità di questa impresa dovrebbe però cominciare
con la rimessa in ordine della casa europea: la soluzione della crisi econo-
mica e finanziaria e il rilancio del processo di integrazione politica costi-
tuiranno un segnale forte anche per i paesi della sponda sud, contribuendo
a riavvicinare la periferia meridionale dell’Europa al suo nucleo forte.
L’Ue deve saper diversificare le sue politiche con paesi molto disomo-
genei tra loro, privilegiando quelli che scelgono la strada della democrazia.
Se l’Unione non può offrire a questi partner la carota dell’adesione, come
ha fatto dopo il 1989 con i paesi dell’Europa orientale, può però offrire a
coloro che lo desiderano forme più avanzate di integrazione economica, li-
beralizzazione degli scambi commerciali, anche in settori finora più pro-
tetti come l’agricoltura, fino alla realizzazione di un’area di libero scam-
bio, come quella creata con la Turchia.
Nel dibattito sollevatosi nei mesi scorsi su come rinnovare e rafforzare la
presenza europea nel Mediterraneo è emersa la scelta delle istituzioni euro-
L’UNIONE EUROPEA E LA PRIMAVERA ARABA 67

pee di privilegiare politiche già esistenti, invece di puntare sul rinnovamen-


to, riproponendo la politica europea di vicinato e un rilancio dell’UpM 24.
L’eterogeneità e le profonde differenze che caratterizzano le realtà eco-
nomiche, politiche e sociali dei paesi della sponda sud sembrano dunque
privilegiare la logica bilaterale e differenziata della Pev, con alcuni rile-
vanti mutamenti di tono, soprattutto in merito alla condizionalità degli aiu-
ti e al rispetto della democrazia e dei diritti umani 25.
Il vero banco di prova della capacità dell’Ue di continuare a rappresen-
tare un punto di riferimento economico e culturale per i paesi della sponda
sud del Mediterraneo dipenderà, più che dalla proclamazione di principi o
dal riaggiustamento cosmetico di politiche già esistenti, dalla capacità di
rinnovare il modello di relazioni euro-mediterranee esistente e di proporre,
parafrasando il titolo di un noto volume di Cassano e Zolo, una vera “al-
ternativa mediterranea” 26.
Il rischio è che l’Europa perda il Mediterraneo e questo a sua volta perda
l’Europa presumibilmente a vantaggio di arabi del Golfo, russi e cinesi
pronti a colmare i vuoti di influenza che si vengono formando nella regione.

24
P.J. CARDWELL, Euromed, European Neighbourhood Policy and the Union for the
Mediterranean: Overlapping Policy Frames in the EU’s Governance of the Mediterra-
nean, in “Journal of Common Market Studies”, vol. 49, n. 2, 2010, 219-241.
25
Ciò è apparso evidente nelle due comunicazioni della Commissione: Joint Communi-
cation to the European Council, the European Parliament, the Council, the Ecosoc and the
Commitee of Regions, A Partnership for Democracy and Shared Prosperity with the
Southern Mediterranean, Brussels, 8 marzo 2011 consultabile sul sito: http://eeas.europa.eu/
euromed/docs/com2011_200_en.pdf e New Response to a Changing Neighbourhood, del
maggio 2011 consultabile sul sito: http://www.eeas.europa.eu/top_stories/2011/
250511_en.htm.
26
Il riferimento è al volume di F. CASSANO, D. ZOLO (a cura di), L’alternativa medi-
terranea, Roma-Bari 2007.

View publication stats

Potrebbero piacerti anche