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POP ART:

Arte in trincea  Fino al ’63, l’arte americana era caratterizzata dalla voglia di invadere lo spazio circostante; nel ’64 comincia a
invaderlo, prima con la Pop Art e poi con la Minimal e, più avanti, con la Land Art. Si convenne che la Pop fosse il primo autentico
modo d’espressione tipicamente statunitense. Era evidente l’attenzione alla cultura europea. La Pop Art sostituisce l’immagine
dell’oggetto con l’oggetto stesso. La Pop si rifà alla prevaricazione massiccia e martellante dei media che annullano ogni giudizio
autonomo; alla massificazione e all’automazione della vita e delle scelte; alla scena urbana sempre più fantascientifica;
all’utilizzazione dell’apparato pubblicitario e a un certo erotismo legato al consumo.
Robert Rauschenberg e Jasper Johons, quando il fenomeno Pop fu divulgato erano già noti. Subito dopo vennero alla ribalta
internazionale i pop più tipici: Claes Oldenburg, James Rosenquist, Jim Dine, Roy Lichtenstein, Robert Indiana, Allan
D’Arcangelo, Andy Warhol. Essi propongono un’arte aperta alle forme più popolari di comunicazione: i fumetti, la pubblicità, i
quadri riprodotti in serie. Di qui la nuova scena americana: le bottiglie di Coca-Cola, le lattine di zuppa di Campbell, i cartelloni
pubblicitari, le stragi urbane, Marylin, gli incidenti. La Pop intrattiene una sorta di innocente affabilità nei riguardi di quella grande
macelleria che è la vita.
Oltre i pop statunitensi vanno ricordati gli inglesi Edoardo Paolozzi, Richard Hamilton, Peter Philips, lo svedese Fahlstrom, i
francesi Raysse e Télémaque, i tedeschi Gaul e Kalsen, lo spagnolo Genoves.
In Italia, a Roma, sotto il nome di “Scuola di Piazza del Popolo” diversi pittori lavoravano in una direzione concomitante allo spirito
pop. La caratteristica pop era il prelievo dell’oggetto o la sua diretta mimesi e si volle vedere nelle opere degli italiani una sorta di
spirito affine, nel recupero tra il nostalgico e l’ironico di una figurazione che usava della secolare tradizione pittorica.
Ed ecco le citazioni michelangiolesche di Tano Festa, i miti cinematografici e gli schermi di Fabio Mauri, le silhouettes argentate di
Giosetta Fioroni, le rivisitazioni futuristiche di Mario Schifano, il Novecento di Mario Ceroli.
In Italia c’erano anche Valerio Adami, Emilio Tadini, Aldo Mondino, Lucio del Pezzo che hanno usato il mondo dei media e quello
dei miti culturali e figurativi, sul filo di una provocazione elegante, all’europea.

Cricco di Teodoro  Negli anni Sessanta, dopo aver avuto origine in Inghilterra, matura negli Stati Uniti una nuova forma
d’arte popolare, la Pop Art, in netta contrapposizione con l’eccessivo intellettualismo dell’Espressionismo astratto, rivolge la propria
attenzione agli oggetti, ai miti e ai linguaggi della società dei consumi. L’appellativo di “Popular” deve essere inteso in modo
corretto quindi non come arte del popolo ma come arte di massa. La sfrontata mercificazione dell’uomo moderno, l’ossessivo
martellamento pubblicitario, il fumetto quale unico sono i fenomeni dai quali gli artisti pop attingono le loro motivazioni. Un prodotto
di grande diffusione come la bottiglietta di Coca-Cola, l’immagine di Marylin, possono essere altrettanti spunti per riflessioni
artistiche sul valore degli oggetti, dei miti. La Pop Arte attinge i propri soggetti all’universo del quotidiano. L’intervento artistico
avviene mediante la manipolazione dei soggetti stessi agendo sia sulle forme e sia sui colori. La Pop Art usa lo stesso linguaggio
della pubblicità e risulta omogenea alla società dei consumi che l’ha prodotta. Gli artisti Pop non sono dei ribelli o non lo sono a
misura di quanto vorrebbero apparire e le loro opere ci appaiono spesso più curiose che provocatorie e il loro impatto con la realtà
è senz’altro più ironico che sarcastico.
Tale interesse orienta anche la scelta dei temi. Uno dei favoriti dell’arte pop è quello del cibo. In una società come quella
statunitense è proprio il cibo il primo elemento di consumo, di abuso e di enfatizzazione. I prodotti non sono più decantati per il loro
sapore ma per le loro dimensioni, i loro colori, le loro confezioni. Il contenuto passa in secondo piano poiché non si mangia più per
vivere ma per consumare.

1. Andy Warhol (1928-1987): E’ il rappresentante più tipico della cultura pop americana. L’artista nasce il 6 agosto 1928 in
Pennsylvania. Fin dagli esordi adotta lo pseudonimo di Andy Warhol, il nome originale è Andrew Warhola. La formazione
di Warhol avviene in America. Dopo gli studi l’artista si trasferisce a NY, dove matura una lunga esperienza come
vetrinista per catene di grandi magazzini e artista commerciale nel campo della grafica pubblicitaria e dell’illustrazione. Nel
1960 decide di intraprendere la carriera di pittore, i primi dipinti hanno come soggetto di partenza strisce di fumetti o
prodotti di largo consumo. A partire dal 1962 adotta il procedimento della stampa serigrafica che gli consente la
riproduzione meccanica dell’opera in numerose copie e la massima impersonalità dell’esecuzione. Nello stesso periodo
affitta una grande mansarda dove riunisce una serie di giovani collaboratori cui viene delegata in misura sempre
crescente l’esecuzione delle opere: nasce così quella che lui chiamerà la sua “Factory”. Dalla metà degli anni 60 l’artista
accantona la pittura a favore del cinema, nel quale sperimenta una vera e propria estetica della noia: ad esempio riprende
per sei ore una persona che dorme. L’attività pittorica riprende a pieno ritmo nel 1972 e si incentra sul tema del ritratto.
Quando morirà nel 1987 l’America si rende conto di essere rimasta priva di uno dei maggiori interpreti della propria
cultura.

a. “Green Coca-Cola Bottles”  Olio su tela del 1962, Warhol aveva già messo a punto la sua tecnica pittorica. Una volta
scelto il soggetto si appropria dell’immagine a esso relativa e la replica in maniera seriale. La scelta simbolica della
bottiglietta di Coca-Cola ricorre non solo in Warhol ma anche in opere di artisti europei come il tedesco Wolf Vostell.

b. “Marilyn Monroe”  Nelle società capitalistiche occidentali, tuttavia, non solo gli oggetti sono fatti per essere
consumati. Possono essere consumati anche miti di altro tipo, come quelli cinematografici, musicali e politici. Così il mito
di Monroe, l’angelo biondo che negli anni ’50-’60 ha fatto girare la testa agli uomini, non sta tanto nella sua bravura come

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attrice né nella sua prorompente sensualità quanto ancora una volta nell’incalzante riproposizione della sua immagine da
parte dei mezzi di comunicazione di massa. Warhol lavora a decine di dipinti e serigrafie nei quali riproduce il volto
sorridente dell’attrice mutandone semplicemente i colori. In questo modo il personaggio di riferimento scompare e resta
solo la sua immagine.

c. “Sedia Elettrica”  Ecco che Warhol applica le sue ripetitive variazioni sul tema della morte, riproducendo fotografie di
incidenti stradali, di disastri aerei, di condannati a morte. Dove c’è violenza c’è notizia e il pubblico di massa è per sua
natura sanguinario. Ciò è particolarmente evidente in Sedia Elettrica, un portfolio di dieci serigrafie del 1971, nel quale la
drammaticità del soggetto stride con la sua ripetizione nei colori diversi.

d. “Minestra in scatola Campbell’s”  Gli oggetti pop per eccellenza sono e restano i cibi. Il mitico monumento a questo
tipo di cibo consumistico è la celeberrima Minestra in scatola Campbell’s, che Warhol incomincia ossessivamente a
dipingere fin dai primi anni ’60. Il barattolo presenta una semplice etichetta bicolore rossa e bianca con il cerchio
contenente il marchio di fabbrica e le scritte “Campbell’s condensed” bianca su fondo rosso, “Tomato” rossa e “Soup” nera
borfata d’oro su fondo bianco.

a. b.

c. d.

2. Roy Lichtenstein (1923-1997): Insieme a Warhol è senza dubbio uno dei massimi interpreti della Pop Art. Nato il 27
ottobre del 1923 a Manhattan, morto per i postumi di una polmonite il 29 settembre 1997. Ha una formazione artistica tutta
americana che risente del gusto per la grafica pubblicitaria e per il disegno industriale. Durante la seconda guerra
mondiale è destinato al fronte europeo e nel 1946, ritornato negli Stati Uniti, riprende i propri studi artistici. Gli esordi
pittorici si svolgono nel segno dell’allora dominante Espressionismo astratto. La svolta pop avviene nel 1961, quando
entra in contatto con Warhol. Il fumetto diventa allora la matrice principale della sua opera. Lichtenstein parte dall’analisi di
una qualsiasi vignetta e ne ingigantisce a dismisura le dimensioni. Questa dilatazione di un’immagine nota la ripropone in
modo inconsueto.

e. “Whaam!”  Qui l’artista precisa in modo spettacolare la propria tecnica di lavoro partendo da un fumetto in cui è
rappresentato un duello aereo nel quale un caccia statunitense abbatte un velivolo nemico. Il procedimento consiste nel
proiettare sulla tela il piccolo disegno originale a matita ingrandendolo alle dimensioni desiderate. L’intervento creativo

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dell’autore consiste nel mutare gli spessori dei contorni, dei tratteggi e delle retinature tipografiche, in modo da farli
apparire innaturalmente fuori scala e assolutamente irreali.

f. “M-Maybe”  Ciò è particolarmente evidente in M-Maybe (A Girl’s Picture) – F-Forse (Dipinto di una ragazza) una tela
di forma quadrata realizzata nel 1956. Se osserviamo con attenzione il colore carnicino del volto ci accorgiamo che esso è
ottenuto mediante l’ordinato accostamento di numerosissimi puntini rossi, secondo quanto avviene normalmente nel
procedimento tipografico di stampa. Questo procedimento sortisce effetti di straniamento: mentre alle dimensioni naturali
di una striscia a fumetti la retinatura non si percepisce e appare di un morbido color rosa.

g. “Tempio di Apollo IV”  La sua ispirazione viene principalmente dal fumetto. Negli anni poi l’autore diversifica
ulteriormente la sua produzione dandosi alla scultura e avviando successivamente una vasta attività nel campo della
grafica. Poiché il simbolo consumistico per eccellenza dell’immagine di paesaggio è la cartolina illustrata, l’artista
statunitense utilizza come base dei suoi lavori anche materiali tratti dalle cartoline. E’ il caso del Tempio di Apollo IV, una
tela del 1964. Grazie all’eliminazione di qualsiasi particolare superfluo, le rovine del Tempio di Apollo si sono trasformate
in un motivo puramente grafico, che non rappresenta altro che se stesso. Le due diverse retinature in grigio chiaro e grigio
scuro, così come lo sfondo di base, violentemente giallo, sono altri elementi di estraniazione rispetto all’immagine di
partenza. Questa acquisisce nuovi valori sul piano simbolico diventando una specie di emblema di come la società di
massa vede l’antichità classica: nient’altro che un mito da consumare.

e.

f. g.

3. Richard Hamilton (1922-2011): Prima di imporsi con successo nel corso degli anni ’60 negli Stati Uniti, la Pop Art ha
avuto origine durante il decennio precedente in Inghilterra. La sua prima formulazione avviene infatti all’interno
dell’Independent Group. Il gruppo riunisce al suo interno diverse personalità. Nel corso della sua attività i membri
rivolgono la propria attenzione ai rapporti tra arte, scienza e tecnologia, esplorando il legame tra l’arte considerata “alta”
(quella dell’avanguardia) e quella “bassa”, appartenente alla nascente cultura di massa, ed espressa in forme come la
cartellonistica pubblicitaria, il design industriale, il fumetto, la fantascienza. Uno dei membri principali di questo gruppo è
Hamilton. Quest’ultimo è Londinese, si forma artisticamente alle scuole serali.

h. “Just what is it that makes today’s homes so different, so appealing?”  L’opera che lo rende celebre è quest’ultima.
Un collage del 1956 concepito come locandina della mostra “This is Tomorrow” alla Whitechapel Art Gallery di Londra.
L’opera è diventata una sorta di manifesto visivo del Pop britannico. La scritta “Pop” sul lecca-lecca tenuto in mano dal
culturista è un presagio che avrebbe ispirato gli artisti della Pop Art americana. L’autore aveva individuato una serie di
categorie di interesse e aveva raccolto per ciascuna di esse delle immagini: uomo, donna, umanità, cibo, fumetto,
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telefono, parole, elettrodomestici etc. Le fonti utilizzate erano riviste americane che esprimevano il livello massimo
raggiunto dalla società dei consumi. La base del collage è costituita da un interno domestico, immagine tratta da una
pubblicità, la stessa pubblicità che fornirà il nome. I due protagonisti dell’opera sono due figure che Hamilton definisce
Adamo ed Eva: rappresentano i nuovi ideali maschile e femminile; la figura dell’uomo è quella del body builder vincitore
del terzo premio nel concorso di Mr America del ’54. La figura femminile è stata identificata con quella della pittrice
americana Jo Baer che negli anni ’50 aveva posato nuda. Anche il settore dell’alimentazione è preso in considerazione,
sul tavolo infatti spicca una confezione di prosciutto in scatola; l’interno è oltretutto dotato di elettrodomestici.
Intrattenimenti vecchi e nuovi fanno da contorno come l’immagine del cinema in alto a sinistra o la televisione sulla destra.
I mezzi di informazione quotidiani sono rappresentati dalla copia del quotidiano poggiata sulla poltrona in basso a sinistra.
Quelli più recenti sono invece il registratore al centro in basso.

h.

4. Jim Dine (1935): Nato a Ohio il 16 giugno 19345, non volle mai essere considerato un artista pop. Laureatosi nel 1957, si
trasferisce 2 anni dopo a NY. Qui entra in conttato con Allan Kaprow e Claes Oldenburg, assieme ai quali è protagonista
della stagione dei primi happenings. Sulla scorta delle ricerche del New Dada, Dine si indirizza verso la rappresentazione
di oggetti di uso quotidiano e del loro diretto inserimento all’interno dell’opera.

i. “Five Feet of Colorful Tools”  Opera del 1962 in cui una serie di attrezzi vivacemente colorati sono attaccati a una tela
su cui le loro sagome bianche appaiono circondate dal colore.

l. “Double Isometric Self-Portrait (Serape)”  Un dipinto del 1964, l’autore crea il proprio autoritratto attraverso la
raffigurazione di un oggetto personale, un accappatoio. L’opera combina la pittura con l’inclusione di oggetti reali.
L’immagine viene ripetuta affiancata per due volte: i due capi tuttavia sono diversi per colore e per forma.

m. “At the Carnival”  Nel decennio successivo passa alla scultura. All’interno della ristretta gamma dei suoi soggetti
assume un particolare rilievo quello della Venere di Milo, cui dedica numerose opere. Anche in questa scelta è possibile
scorgere una ben chiara matrice pop. Dine rivolge la sua attenzione alla scultura antica più abusata e commercializzata,
resa popolare da innumerevoli riproduzioni in qualunque dimensione. In At the Carnival, un gruppo del 1996, 3
monumentali veneri di legno, di dimensioni pressoché simili troneggiano per forma e colori; pure le veneri altro non sono
che una sola, la rappresentazione eterna e intramontabile della bellezza femminile.

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i. l.

m.

5. Claes Oldenburg (1929): Tra i più precoci ad aderire alla Pop Art, nato a Stoccolma nel 1929 e trasferitosi con la famiglia
negli Stati Uniti. Dal 1956 vive e lavora a NY, dove inizia ad operare nel campo degli environments e degli happeings.

n. “Toilette molle”  A partire dalla metà degli anni ’60 realizza una serie di sculture morbide. E’ il caso della impossibile
Toilette molle, realizzata nel 1966, con la quale l’artista, pur partendo da un soggetto banalmente reale, intende
stravolgere il senso della realtà togliendo qualsiasi certezza anche alle forme più note e sperimentate. Un wc molle, ance
se di grandezza naturale, è ovviamente inservibile, e il realismo delle forme è contraddetto dall’assurdità del materiale.

o. “Gelati da passeggio in morbido pelo”  La rappresentazione del cibo occupa un posto di primo piano anche nelle sue
produzioni. L’artista infatti realizza sculture a forma di hamburger, ice-cream etc. trasformando le sue esposizioni in
surreali supermercati dell’orrido. Nei Gelati da passeggio in morbido pelo realizzati nel 1963 ironia e grottesco vanno di
pari passo.

p. “Large-scale projects”  Dalla fine degli anni ’60 ha spesso operato assieme alla moglie. I due hanno prevalentemente
rivolto la propria attenzione allo spazio urbano, progettando strutture mastodontiche. I cosiddetti large scale projects non
sono che una proiezione sul territorio di piccoli oggetti d’uso comune ingranditi oltre ogni possibile immaginazione. Gli
oggetti innaturalmente ingigantiti generano uno scarto linguistico che impressiona.
p1. E’ il caso di “Screwarch”, opera dell’83, una grande vite ad arco lunga oltre 6 metri.
p2. “Shuttlecocks” un gruppo del 1994, qui 4 volani, ciascuno di 5 metri e mezzo di altezza sono disposti in un modo che
sembra casuale ma che in realtà è studiatissimo.

n. o.
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p1. p2.

6. Mario Schifano (1934-1998): Nasce nel ’34 in Libia, personalità estrosa e complessa; si avvicina alla più congeniali
tematiche della Pop Art grazie anche a un fruttifero soggiorno a NY tra il ’62 e il ’64. Negli anni ’70 e ’80 sposta la propria
caustica indagine verso l’immagine televisiva più trash bloccandone alcuni fotogrammi tramite foto Polaroid, e ritoccandoli
contratti sgargianti a smalto o a pennello fluorescente. Scompare a Roma nel ’98.

q. “Particolare Propaganda”  Smalto e carboncino su tela realizzato subito dopo l’esaltante esperienza americana.
L’opera finge uno studio preparatorio per la realizzazione di una scritta pubblicitaria per la Coca-Cola. Il messaggio è
chiaro: qualsiasi processo di comunicazione può ormai avvenire solo attraverso gli emblemi della società di massa, i soli
che possono ricondurre l’arte a una sua universalità espressiva.

r. “Senza Parole”  Forte virulenza cromatica è qui espressa, quando Schifano si avvicina anche alle sperimentazioni
della Transavanguardia. In Senza Parole, uno sgargiante acrilico su tela del 1986, l’artista proietta tutta la propria estrosa
inquietudine. Ecco allora che le onde d’un ipotetico mare fronteggiano un magma fiammeggiante.

q. r.

7. Mario Ceroli (1938): Nato a Chieti nel ’38, indirizza la propria ricerca verso una scultura povera quanto alla materia
utilizzata ma ricca di contenuti simbolici. E’ subito coinvolto dalle esperienze del Pop, dando volume alle sue creazioni
grazie alla sovrapposizione di sagome ritagliate, con le quali realizza installazioni, monumenti e scenografie teatriali.

s. “Maestrale”  L’effetto della grande onda gonfiata dal vento è ottenuto mediante l’incollaggio di centinaia di lastre di
cristallo sagomate. La tridimensionalità è ottenuta dalla somma di tante bidimensionalità.

s.
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