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Vent’anni fa moriva Fabrizio De Andrè.

Un ricordo
del cantautore genovese.
Domani, venerdì 11 gennaio, saranno già 20 anni senza Fabrizio De Andrè. Lo stesso

giorno, nell’anno 1999, se ne andava quello che con ogni probabilità rimane il cantautore

italiano più importante di sempre. Ma non è mai stato così presente con la sua opera, con

i suoi testi e con la sua musica tutta. Lo testimoniano le nuove generazioni di artisti,

anche quelli giovanissimi, di cui continua ad essere un faro.

Un intellettuale che sapeva farsi ascoltare senza gridare, merce rara oggi, e che è sempre

stato un punto di riferimento per gli ultimi, i reietti della società veri protagonisti del

suo canzoniere. E pensare che avrebbe potuto fare l’avvocato, se Mina con “La canzone di

Marinella” non avesse avuto quel successo incredibile. E voi ce lo avreste visto Faber tra

cause legali e decreti ingiuntivi? La risposta la diede lui dicendo che “senza Mina sarei

stato un pessimo avvocato”.

Ha fatto di tutto Fabrizio De Andrè, esplorando svariati mondi musicali e sorprendendo

anche a livello estero artisti importanti. Uno su tutti David Byrne, che rimase

incredibilmente entusiasta nell’ascoltare la world music di “Creuza de ma”, un disco

cantato in genovese ma dal respiro internazionale.

Vi lasciamo con i suoi versi tratti da “Smisurata preghiera”, capolavoro contenuto nel suo

ultimo disco “Anime salve” (scritto insieme a Ivano Fossati): “Coltivando tranquilla

l’orribile varietà delle proprie superbie la maggioranza sta come una malattia come una

sfortuna come un’anestesia come un’abitudine per chi viaggia in direzione ostinata e

contraria col suo marchio speciale di speciale disperazione e tra il vomito dei respinti

muove gli ultimi passi per consegnare alla morte una goccia di splendore di umanità di

verità“.

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