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LEZIONE 1 DIRITTO COMMERCIALE

Noi oggi cominciamo il corso di diritto commerciale e diritto commerciale e fallimentare, perché il
programma, se avete visto sul sito internet, è sempre uguale. Il corso si articolerà nelle seguenti parti:

-parte relativa al diritto dell'impresa, azienda e titoli di credito, che saranno le prime lezioni

-parte relativa al diritto fallimentare

-quadro complessivo sul diritto delle società di persone, di capitali e cooperative

Il testo che indico per affrontare questo insegnamento è il testo di AULETTA e SALANITRO, Diritto
commerciale, ult. ed., a cura di A. MIRONE, Giuffrè, Milano, che è un testo compatto, fermo restando
comunque che guardando agli argomenti del programma e in alternativa a questo testo potreste anche
utilizzare anche qualche altro manuale, di quelli per i corsi triennali, c'è per esempio il Campobasso editio
minor, il Ferri e così via. Chi invece deve fare solo il diritto fallimentare deve seguire il programma di diritto
fallimentare, che è il programma della materia fallimentare perché i crediti sono sempre uguali e quindi
deve studiare su uno dei due manuali di diritto fallimentare che sono consigliati nel programma generale e
che sono il Guglielmucci e l'altro è il testo di Abriani AUTORI VARI.

Detto questo cominciamo oggi subito parlando dell'impresa, della nozione di imprenditore e vediamo di
tratteggiare i caratteri fondamentali della figura dell'imprenditore, che è centrale in tutto il diritto
commerciale e che sta alla base degli studi che noi faremo.

Il legislatore del '42 disciplina all'art. 2082 del c. c. la figura dell'imprenditore; non ci detta una definizione
di attività d'impresa, ma ci dice chi è l'imprenditore, ossia ci indica le caratteristiche che un soggetto deve
avere per potersi considerare imprenditore. La scelta del legislatore di tratteggiare la figura
dell'imprenditore e poi di dettare una disciplina sull'imprenditore è ben precisa, in quanto il legislatore
distingue nettamente la figura dell'imprenditore in generale rispetto ad altre figure, come quella del libero
professionista o dell'artista, figure che non sono assoggettate alle norme sugli imprenditori, ma sono
assoggettate a norme a loro proprie che regolano innanzitutto il contratto d'opera professionale e norme
che sono poi contenute nelle singole leggi speciali per le varie figure di liberi professionisti. Qual è la
definizione di imprenditore che ci dà il codice civile e qual è il senso di questa definizione. L'art. 2082 del
c.c. se noi lo leggiamo ci dice che "imprenditore è colui che esercita professionalmente un'attività
economica, organizzata per la produzione e lo scambio di beni e servizi". Questa definizione quindi
dell'art.2082 contiene un insieme di elementi ben precisi che tratteggiano la figura dell'imprenditore in
generale. L'imprenditore intanto è colui che esercita un'attività economica; che cosa vuol dire attività
economica? Attività economica è quell'attività idonea, almeno in astratto, a produrre ricchezza.
Un'attività quindi che si rivolge a terzi, al mercato ed è idonea a produrre ricchezza, quindi ad accrescere il
patrimonio di chi la esercita, ed è idonea anche a portare ricchezza all'interno del mercato. Un'attività cioè,
quella dell'imprenditore, che si svolge in sintonia con il principio dell'art.41 della Cost. che è il principio di
libertà d'iniziativa economica privata. L'attività intanto deve essere ECONOMICA, idonea a produrre
ricchezza; l'attività però, ci dice il legislatore, dev'essere PROFESSIONALE. Se io svolgo un'attività, un
insieme quindi di atti collegati fra loro e che sono deputati tutti quanti insieme al perseguimento di un
unico fine, quest'attività anche se economica può essere un'attività fine a sé stessa, può essere un'attività
che io svolgo di tanto in tanto, può essere un'attività che si esaurisce in pochi attimi, in un periodo limitato
di tempo e basta. Qui allora interviene il concetto di professionalità: l'attività economica è attività
imprenditoriale se professionale. Professionale vuol dire che deve essere svolta in maniera abituale, cioè
dev'essere svolta di mestiere. La professionalità quindi si contrappone all'occasionalità, l'attività
occasionale non è un'attività abituale e quindi non è professionale. Se io occasionalmente svolgo un'attività
economica, per un giorno ad esempio io apro un chiosco e vendo aranciate, l'attività è economica ma io lo
faccio per un giorno solo, quindi in maniera occasionale, ma io non posso essere considerato imprenditore
perché non vendo limonate per mestiere, non lo faccio in maniera abituale, ma solo in via occasionale. La
professionalità quindi è un elemento imprescindibile della fattispecie imprenditore. Il problema per
l'individuazione del requisito della professionalità si pone con riguardo alle cosiddette attività stagionali. Vi
sono delle attività che per loro natura non si possono svolgere durante tutto l'anno in maniera
continuativa, ma ci sono determinate attività, per esempio nel mondo dell'agricoltura, che si svolgono solo
in un determinato periodo di tempo ma che si ripete ogni anno, la raccolta di certi frutti o la vendemmia ad
esempio. Ora ci si è domandati "ma chi svolge queste attività non lo fa per tutto l'anno, ma lo fa in un certo
periodo dell'anno, può considerarsi imprenditore?" La risposta è questa: "se un soggetto esercita queste
attività una volta nella sua vita e basta, allora non è imprenditore perché è stata un'attività occasionale, ma
se ogni anno questo soggetto ripete quest'attività, ad esempio nel caso della vendemmia, di trasformazione
delle uve in mosto, allora questo soggetto, naturalmente in relazione alla natura di quell'attività, può dirsi
un professionista di quell'attività e quindi per le attività stagionali l'abitualità si commisura nella loro
ripetizione nel tempo in relazione alle stagioni in cui queste attività possono essere per loro stessa natura
svolte." La professionalità quindi è il secondo requisito assieme all'economicità. Fin qui abbiamo dei
caratteri che sono però propri anche di altre attività, cioè il libero professionista svolge anch'esso un'attività
economica e in maniera professionale. Questi dunque sono due tratti imprescindibili della figura
dell'imprenditore, ma ancora questi due tratti non ci consentono di distinguere l'imprenditore dalle altre
figure cui facevo riferimento prima, ossia il libero professionista e l'artista. L'imprenditore si caratterizza
perché ha un requisito in più che è imprescindibile anch'esso, ossia il requisito dell'ORGANIZZAZIONE, cioè
l'imprenditore deve svolgere l'attività economica professionalmente e in maniera organizzata.
L'organizzazione presenta due profili: un profilo che si colloca sul piano dei capitali, dei mezzi e un altro
aspetto che riguarda il lavoro, l'opera prestata nell'impresa. L'organizzazione si valuta con riguardo ad
entrambi i profili, quindi l'organizzazione può essere intanto un'organizzazione di mezzi , di risorse
economiche, quindi di capitali, organizzazione di capitali che poi il legislatore disciplina autonomamente
con le norme dettate in maniera di azienda. Le norme in materia di azienda riguardano 15minuti

Le norme in materia di azienda riguardano l'organizzazione di capitali dell'imprenditore. Poi


l'organizzazione non riguarda soltanto le risorse economiche, ma anche le risorse umane, ossia è
un'organizzazione di lavoro e anche qui il legislatore detta una disciplina apposita del lavoro nell'impresa e
in particolar modo delle varie figure di ausiliari dell'imprenditore che distingue in ausiliari subordinati,
ausiliari autonomi e ausiliari para-subordinati. Ora l'organizzazione nel singolo caso concreto può anche
consistere soltanto in un'organizzazione di lavoro o soltanto in un'organizzazione di capitali o in entrambe
le forme di organizzazione. Non è necessario che ci siano entrambe le sottospecie di organizzazione in ogni
caso concreto affinché si soddisfi questo requisito, basta soltanto trovare un'organizzazione sotto uno di
questi due profili. Vi saranno imprese per esempio che si fondano essenzialmente o prevalentemente su
un'organizzazione di risorse economiche, specialmente oggi, quindi il lavoro è altamente informatizzato
quindi bastano pochi dipendenti o nessun dipendente e l'organizzazione consiste soltanto in un insieme di
mezzi, di capitali che l'imprenditore ha destinato allo svolgimento di quell'attività; l'organizzazione può
essere anche un'organizzazione di persone, un'organizzazione di risorse umane, con la componente di
organizzazione di capitali che passa in secondo piano, pensiamo ad esempio all'ipotesi di imprese di servizi
dove l'organizzazione di risorse umane è assolutamente prevalente sull'organizzazione dei mezzi di capitali,
ma questo non importa, l'importante è che in concreto ricorra l'organizzazione anche in maniera
embrionale in una o entrambe di queste sottospecie di mezzi e/o di persone. Questa quindi è l'essenza del
requisito dell'organizzazione, l'organizzazione che ripeto distingue l'imprenditore dal libero professionista e
dall'artista nel senso che eventualmente anche il libero professionista e l'artista possono avere
un'organizzazione, ma non è imprescindibile per l'acquisto di quella qualità la sussistenza del requisito
dell'organizzazione, mentre per l'imprenditore l'organizzazione è imprescindibile perché è uno degli
elementi costitutivi della fattispecie. L'attività imprenditoriale vi dicevo dev'essere ECONOMICA,
PROFESSIONALE, ORGANIZZATA però deve avere uno scopo ben preciso, ci dice il legislatore. Lo scopo è LA
PRODUZIONE O LO SCAMBIO DI BENI E SERVIZI. La produzione di beni invece i servizi, intesi come
prestazioni d'opera, vengono erogati. Cosa vuol dire questo? vuol dire che l'imprenditore non svolge la sua
attività ad uso e consumo proprio, ma la svolge per il mercato. L'imprenditore cioè è tale quando il risultato
della sua attività, i suoi prodotti e/o i suoi servizi, sono rivolti al mercato, alla fruizione da parte di terzi e
allora l'imprenditore è tale, perché si rivolge al mercato. Un soggetto che realizza un fabbricato ad uso e
consumo proprio, ma non per il mercato, non è un imprenditore perché la sua attività non è destinata alla
produzione di beni né tanto meno allo scambio di servizi in favore di terzi. Ci si è inoltre chiesti,
specialmente in passato, se al di là di quelle che sono le caratteristiche proprie dell'imprenditore, enucleate
espressamente dall'art.2082 del c.c., ci possono essere altri caratteri che si ricavano dal sistema. Per
esempio abbiamo detto che l'attività d'impresa dev'essere rivolta al mercato, quindi dev'essere rivolta alla
fruizione da parte di terzi di beni e/o servizi, ma allora ci si domanda "l'imprenditore deve svolgere
un'attività necessariamente onerosa?" perché nel contempo si è detto anche che l'impresa deve produrre
ricchezza, quindi vuol dire che l'attività d'impresa non può essere gratuita. Qui, di fronte a questa
argomentazione, si dice beh ma esistono anche le imprese pubbliche. Le imprese pubbliche non mirano ad
effettuare speculazioni sul mercato, ma mirano a fornire prodotti, servizi ai terzi magari a condizioni che il
libero mercato non potrebbe e a prezzi che il libero mercato non potrebbe fornire, e li forniscono a tutti
anche nei luoghi più sperduti. Non è che in questo caso l'attività è sempre onerosa, l'attività anzi a volte
non è onerosa e le prestazioni vengono erogate, o dei beni vengono forniti, a prezzi fuori mercato o
addirittura che rasentano il gratuito. Ma allora queste non sono imprese? Il problema è che comunque
l'attività d'impresa può anche essere gratuita però, facciamo attenzione a questo concetto, gratuita nel
senso che non mira a perseguire un lucro soggettivo, cioè un guadagno individuale di colui che la svolge,
può anche mirare semplicemente a fornire dei beni e dei servizi a condizioni che comunque si sono fuori
mercato ma consentono quanto meno di raggiungere un equilibrio fra i ricavi e i costi, perché altrimenti
non sarebbe un attività economica, ma sarebbe anti-economica. Da una parte quindi nessuna norma
impone che l'attività d'impresa debba essere sempre onerosa, ma dall'altra comunque il legislatore ci dice
che l'attività d'impresa deve comunque essere economica e perché l'attività sia economica deve produrre
ricchezza, ricchezza vuol dire che sicuramente non deve impoverire il soggetto che la svolge, almeno
impoverirlo istituzionalmente, quanto meno quindi deve mirare ad un pareggio fra i costi ed i ricavi. Altra
domanda che ci si è posti: "ma l'impresa dev'essere per forza lecita o può essere anche illecita?" In base alla
definizione dell'art.2082 potrebbero rientrare in questa fattispecie anche imprese illecite. Consideriamo
un'attività che sfrutta il gioco d'azzardo, è un'attività economica, è professionale, è organizzata, produce
servizi e a questo punto si e detto che questa potrebbe essere un'attività d'impresa a tutti gli effetti. Ma il
punto qual è? Legittimiamo anche le imprese illecite? Come si risolve il problema? Il punto è questo,
innanzitutto dobbiamo distinguere due fattispecie di attività illecite: una cosa è l'impresa illecita in quanto
tale, che ha ad oggetto un'attività vietata, il gioco d'azzardo, ad esempio, è un'attività vietata nel libero
mercato che è soggetta a speciali autorizzazioni, ma ce ne sono altre vietate sul libero mercato come
l'attività bancaria, l'attività di assicurazione sono soggette ad autorizzazione, perché non possono svolgersi
in assenza di autorizzazione; da queste attività illecite bisogna distinguere le attività lecite in occasione
delle quali si compiono atti illeciti o comunque attività lecite in occasioni delle quali si svolgono altre attività
illecite, per esempio l'ipotesi in cui un imprenditore svolge un'attività lecita, cioè ha un bar ad esempio, e in
occasione dello svolgimento di questa attività si perpetrano degli illeciti, magari a certi orari della giornata
in quel bar si gioca d'azzardo di nascosto, in maniera abusiva. Queste sono due ipotesi completamente
diverse perché una è un'attività radicalmente illecita, la seconda non è un'attività illecita, ma sono illeciti i
singoli atti compiuti in occasione dello svolgimento di un'attività lecita. A questo proposito, come si
risponde alla domanda se l'attività d'impresa dev'essere necessariamente lecita per qualificarsi come tale?
Si risponde effettuando una semplice riflessione sull'acquisto della qualità di imprenditore, cioè come si
diventa imprenditore. A questo punto le opzioni sarebbero due, qualcuno potrebbe dire va bene uno
diventa imprenditore quando si manifesta all'estero come tale, dichiara quindi in qualche modo, rende
noto ai terzi, di svolgere attività d'impresa, un'attività cioè con le caratteristiche di cui all'art.2082,
attraverso le forme di pubblicità previste dalle legge. Secondo una prospettiva formale, quindi, potrebbe
essere sufficiente questo, basta che si dichiara di essere imprenditore, di svolgere una certa attività in un
certo posto perché diventi tale. Altra prospettiva dice no non è sufficiente questo, o forse non è neanche
necessario, bisogna vedere in concreto quello che fa questo soggetto perché io posso pure dichiarare a
terzi, posso dare pubblicità di una mia ipotetica attività d'impresa, ma poi nei fatti non la svolgo, nel senso
che io posso anche ottenere tutte le autorizzazioni previste dalla legge per aprire un bar, pubblicizzo questa
mia attività come tale però poi la saracinesca non la apro mai, quindi io risulto sulla carte come titolare di
un bar, ma poi il bar non è mai stato aperto. Allora a questo punto ci si domanda "ma in presenza di queste
due ipotesi estreme quand'è che si può dire che il soggetto svolge veramente attività d'impresa? Quando la
svolge di fatto, senza averla pubblicizzata o quando l'ha pubblicizzata senza completamente svolgerla?" Ora
l'art.2082 ci consente di risolvere questo interrogativo perché dice che imprenditore è colui che esercita
questa attività economica, professionale, organizzata e così via, quindi l'art.2082 guarda all'esercizio
concreto effettivo dell'attività, quindi guarda al dato sostanziale ancor prima cha al dato formale. Il dato
formale serve ovviamente a dar modo che i terzi vengano a conoscenza della circostanza che quel soggetto
svolge una certa attività d'impresa, che ha certe caratteristiche, perché possono invocare certe tutele nei
confronti di questo soggetto perché possono essere a conoscenza del soggetto con cui hanno a che fare,
però il dato imprescindibile è il dato fattuale. Per l'acquisto della qualità d'imprenditore, quindi,
ovviamente stiamo considerando l'ipotesi base dell'imprenditore individuale, ci vuole il concreto
svolgimento di un'attività con i requisiti dell'articolo 2082, cioè vale il principio di effettività dell'attività,
dev'essere effettivamente svolta. A questo punto, tornando al nostro interrogativo, "se l'attività d'impresa
debba essere necessariamente lecita", quando un soggetto svolge un'attività illecita, ma che ha i requisiti di
quell'art.2082, egli è effettivamente un imprenditore ma questo comporterà che avrà tutti gli obblighi che
avrebbe qualsiasi altro imprenditore, compreso ovviamente l'assoggettabilità a procedure concorsuali,
quali il fallimento, ma non ha i diritti che può avere l'imprenditore perché la sua attività non è
pubblicizzabile ai terzi, non può essere formalizzata la sua posizione rispetto ai terzi perché è un'attività
illecita. Il problema relativo all'ammissibilità di imprese illecite quindi si risolve in questa maniera: vale il
principio di effettività, quindi l'attività illecita se ha i requisiti dell'art2082 è sempre attività illecita, ma è
un'attività d'impresa, che comporta che quel soggetto debba sottostare a tutti gli obblighi dell'imprenditore
anche perché sarebbe assurdo che un imprenditore che svolge attività lecita deve osservare certi obblighi e
uno che svolge attività illecita non sia sottomesso al rispetto di tali obblighi, soltanto che non può vantare
alcun diritto che deriva dalla sua posizione perché la sua attività ovviamente non può essere formalizzata
rispetto ai terzi come attività imprenditoriale. Non godrà quindi di alcun diritto. Se invece l'attività illecita si
risolve in singoli atti in occasione di un'attività lecita ovviamente quell'imprenditore magari nella forma e
nella sostanza risulterà tale, poi potrà essere sanzionato in base alle norme di diritto civile, penale,
ammnistrativo per gli atti illeciti che ha compiuto, ma questo non pregiudica assolutamente il suo status di
imprenditore e l'applicazione dei diritti e d'obblighi connessi a questa peculiare qualità. Per l'imprenditore
quindi vale il principio di effettività. L'attività d'impresa è dunque un insieme di atti posti in essere da un
soggetto che ha le caratteristiche di quell'art.2082 del c.c. La qualità d'imprenditore abbiamo detto che si
acquista con l'effettivo svolgimento dell'attività d'impresa, ma a questo punto ci si pone d'innanzi ad un
altro interrogativo, perché c'è una zona grigia di attività in cui il soggetto magari ha ottenuto le
autorizzazioni previste dalla legge per svolgere quell'attività, ha formalizzato la sua posizione però diciamo
la saracinesca non l'ha aperta, non ha iniziato a svolgere verso il pubblico la sua attività, ma si sta
organizzando per poter aprire questa saracinesca, quindi sta compiendo un insieme di atti propedeutici,
ovviamente, all'avvio dell'attività d'impresa in senso vero e proprio, ma ancora non ha concluso questa
fase. Si dice allora che in questo frangente in cui ancora la saracinesca non è stata alzata, quindi al pubblico
non si rivolge l'attività, ma si compiono una serie di atti propedeutici allo svolgimento dell'attività d'impresa
e funzionale allo stesso. Per esempio un soggetto vuole aprire un negozio di scarpe ma prima di aprire la
saracinesca deve comprare le scarpe quindi deve riempire il suo negozio dei prodotti che andrà a vendere,
altrimenti chi ci entra là dentro. Ora in questa fase in cui il soggetto è autorizzato a formalizzare la sua
posizione, ma ancora non opera presso il pubblico, ma sta compiendo una serie di atti propedeutici, magari
sta attivando degli abbonamenti come quello telefonico, abbonamento elettrico e così via, allora in questa
fase il soggetto può considerarsi imprenditore? Questo è molto importante perché dal momento in cui il
soggetto si considera imprenditore scatta l'applicazione di un insieme di norme, obblighi e diritti. La
risposta che si dà è tendenzialmente affermativa, cioè si dice nel momento in cui il soggetto inizia a
compiere atti funzionali allo svolgimento dell'attività d'impresa, quindi si sta organizzando per svolgere
l'attività d'impresa, fin da quel momento l'imprenditore individuale può considerarsi già tale, quindi
acquista la qualità dell'imprenditore.

Discorso differente in ordine all'acquisto della qualità di imprenditore va' fatto per le società perché le
società di capitali, come vedremo, diventano imprenditori a tutti gli effetti, in quanto vengono ad esistere
come persone giuridiche, solo al momento dell'iscrizione nel registro delle imprese, quindi nel momento
della costituzione della società, è quello il momento che segna lo spartiacque. Per le società di persone
invece l'iscrizione, come poi vedremo, non ha efficacia costitutiva, quindi, la società si costituisce anche se
non è pubblicizzata, non è formalizzata nei confronti dei terzi, e allora qui il discorso è differente. A partire
dal momento in cui il contratto di società è stato stipulato, ovvero si considera concluso per comportamenti
inconcludenti, allora a partire da quel momento si acquista la qualità di imprenditore che sarà commerciale
se la società è costituita nelle forme della società in nome collettivo (s.n.c) o della accomandita semplice
(s.a.s), che sono i due tipi commerciali di società di persone.

Detto ciò vediamo adesso di esaminare le varie singole figure di imprenditore che il nostro codice
tratteggia. Il codice civile ci dà una definizione di imprenditore in generale, imprenditore è chi in concreto
svolge un'attività con quelle caratteristiche che vi ho descritto, e questa è la definizione generale. Accanto a
questa definizione generale il codice individua due sotto figure di imprenditore che sono il piccolo
imprenditore (art.2083) e l'imprenditore agricolo. L'art. 2083 ci dice che se un soggetto svolge una certa
attività in un certo modo può considerarsi o piccolo imprenditore o in alternativa imprenditore agricolo. Il
piccolo imprenditore intanto è un soggetto che svolge una di queste tre attività: l'artigiano, il piccolo
commerciante e il coltivatore diretto del fondo. Se un soggetto svolge un attività artigianale o è un piccolo
commerciante o è un coltivatore diretto del fondo, che sarebbe una sorta di piccolo imprenditore agricolo,
allora è sicuramente piccolo imprenditore. Però noi come facciamo a stabilire quando un soggetto rientra
in una di queste tre sottospecie? Quando un soggetto si può dire artigiano? Quando si può dire coltivatore
diretto? Quando si può dire piccolo commerciante? Il legislatore ci aiuta all'art.2083 e aggiunge che in ogni
caso piccolo imprenditore è colui il quale svolge un'attività che è organizzata prevalentemente sul lavoro
proprio e dei propri familiari, prevalentemente rispetto a che cosa? cioè l'organizzazione del piccolo
imprenditore è un'organizzazione che si fonda sul lavoro dello stesso imprenditore, dei suoi familiari che
devono prevalere rispetto al lavoro altrui, a qualsiasi titolo, autonomo, para-subordinato, subordinato e in
rispetto ai capitali investiti. è un giudizio qualitativo non quantitativo, quindi quando c'è questo requisito
della prevalenza l'imprenditore si dice piccolo. Ora l'artigiano, il piccolo commerciante e il coltivatore
diretto del fondo, sono piccoli imprenditori in quanto l'attività da costoro svolta è organizzata
prevalentemente con lavoro proprio e dei propri familiari, i più hanno delle caratteristiche ben precise: il
coltivatore diretto del fondo svolge un'attività essenzialmente agricola anche se in piccole dimensioni, il
piccolo commerciante svolge un'attività commerciale anche se in piccole dimensioni, l'artigiano svolge
un'attività non industriale, che si contrappone a quella industriale, sempre in piccole dimensioni, ossia con
questo requisito della prevalenza del lavoro proprio e dei propri familiari rispetto al lavoro altrui ed ai
capitali investiti. Piccoli imprenditori sono sicuramente quelle tre figure quindi, che devono avere, in
quanto tali, questo requisito della prevalenza, in più anche ulteriori figure che non rientrano in nessuna di
queste tre fattispecie, ma in cui comunque, pur ravvisandosi tutti gli elementi della fattispecie
imprenditore, abbiamo un'organizzazione che si fonda prevalentemente sul lavoro dell'imprenditore e sui
suoi familiari rispetto al lavoro altrui e rispetto ai capitali investiti. Peraltro questa norma in particolare ci
chiarisce e ci ribadisce quello che abbiamo detto prima, cioè non è necessario che l'organizzazione si fondi
sempre e solo sulla coesistenza di entrambe le due componenti, lavoro e capitale, ma può esservene anche
una sola di queste due componenti, l'una può essere prevalente sull'altra, e infatti l'art.2083 ci conferma
tutto questo, tant'è vero che per coloro i quali hanno un'organizzazione familiare dell'attività d'impresa
prevede che siano sempre riconosciuti come imprenditori, ma in particolare rientrino nella sottospecie dei
piccoli imprenditori, cioè quell'imprenditori che per ragioni qualitative svolgono un'attività organizzata in
quella maniera. A questo proposito vorrei dire due cose che fino al 2007 la figura di piccolo imprenditore
era rilevante in quanto il piccolo imprenditore era praticamente escluso dal fallimento, fino al 2007. Se noi
leggiamo le versioni dell'art.1 della legge fallimentare dal '42 al 2007, fanno riferimento tutte al piccolo
imprenditore per dire che il piccolo imprenditore non fallisce. Dal 2007 in poi il legislatore non fa più
riferimento alla figura del piccolo imprenditore, quindi non ci dice più che il piccolo imprenditore è escluso
dal fallimento, ma distingue fra imprenditori fallibili e imprenditori non fallibili, in base a soglie non
qualitative ma quantitative, che riguardano il capitale investito, che riguardano i ricavi lordi, che ricavano
l'indebitamento complessivo. Soltanto l'esenzione da procedure concorsuali rimane per l'impresa agricola
che è sempre esente da fallimento e da procedure concorsuali e per gli enti pubblici, quindi per le imprese
pubbliche che non sono assoggettabili a fallimento. Il piccolo imprenditore non è più esente da fallimento,
quindi può accadere che un soggetto è piccolo imprenditore ma magari ha un indebitamento complessivo
superiore a 500mila euro. In quel caso ai sensi dell'art.1 comma 2 lettera c della legge fallimentare questo
soggetto è fallibile, se non svolge attività agricola e se non è un ente pubblico perché ha superato un
parametro dimensionale. Quindi una volta questo soggetto, il piccolo imprenditore, era sempre esente da
fallimento, adesso non è più così, perché per ragioni di maggiore certezza e di rigore nell'applicazione delle
procedure concorsuali si sono previsti dei parametri quantitativi. Sempre per quanto riguarda i piccoli
imprenditori vi devo anche dire che in particolar modo con riguardo alla figura dell'artigiano abbiamo una
legge che è di 30 anni fa, che è la legge quadro sull'artigianato, che ci delinea una figura di artigiano in parte
diversa rispetto a quella codicistica, cioè che ricomprende fattispecie non ricomprese nella figura codicistica
di artigiano. A questo punto la domanda è "che valenza ha questa legge quadro sull'artigianato?" cioè che
senso ha che il legislatore nel codice ci dà una definizione di artigiano e nella legge quadro dell'85 ce ne dà
un altro. Il senso è il seguente: quella definizione di artigiano serve soltanto ai fini dell'applicazione di quella
legge, quella legge contiene una serie di agevolazioni fiscali, previdenziali, assicurative a coloro i quali si
considerano artigiani ai sensi di quella legge. Quella nozione di artigiano quindi vale soltanto ai fini
dell'applicazione di queste agevolazioni. Per tutti gli altri fini civilisticamente intesi, l'artigiano si definisce ai
sensi dell'art.2083, cioè alla nozione di piccolo imprenditore che abbiamo visto poc'anzi ovviamente, una
nozione di artigiano che è collegata prettamente ad un requisito qualitativo, di prevalenza. Discorso diverso
va fatto per l'impresa agricola. L'impresa agricola, o meglio l'imprenditore agricolo è definito dall'art. 2135
del codice civile. Ora mentre gli artt.2082 e 2083 sono immutati dal '42 ad oggi, l'art.2135 no perché è stato
rivisitato nel 2001 quando ci fu la famosa riforma dell'agricoltura ed è stata ampliata la nozione di
imprenditore agricolo nei termini che adesso vedremo. Il legislatore ci dice quali sono le attività che un
soggetto deve svolgere per poter essere considerato imprenditore agricolo. Una volta si diceva servicoltura,
coltivazione del fondo, allevamento del bestiame e attività connesse. Adesso riguardo a quelle
prime 3 attività, servicoltura, coltivazione del fondo e allevamento, che si chiamano attività agricole
essenziali, si parla non più di allevamento del bestiame ma di animali, quindi è una nozione più ampia.
Bestiame è ovviamente un animale da stalla, quindi che si utilizza in agricoltura, perché poi ci dà dei
prodotti, il latte, la carne e così via che vengono trasformati. Animale è una nozione più ampia, quindi io
posso allevare animali ma per esempio allevo uccelli che poi serviranno in un circo, quindi quello non è
allevamento del bestiame, quello è allevamento di animali per finalità diverse. Quindi nella nozione di
animali rientrano anche gli animali non domestici, è ovvio, che invece non sono riconducibili alla nozione di
bestiame. Quando si parla di coltivazione del fondo e servicoltura siamo sempre lì, servicoltura vuol dire il
rimboschimento dei nostri boschi, quando si parla di allevamento adesso ci si riferisce agli animali e non al
bestiame quindi la nozione che si adotta dal 2001 in poi è più ampia. Più problematica è la definizione delle
attività connesse. Quali sono queste attività connesse? Fino al 2001 le attività connesse erano quelle che
rientravano nell'esercizio normale dell'agricoltura, quindi se un soggetto aveva un allevamento di bestiame
quindi allevava delle mucche da latte e poi trasformava il suo latte in derivati del latte quella era un'attività
connessa, un'attività che rientrava nell'esercizio normale ovviamente di quella che era l'attività essenziale
di allevamento del bestiame, ed era un'attività anch'essa di impresa agricola assoggettata alla disciplina
dell'imprenditore agricolo. Adesso la nozione di attività connesse è stata drasticamente ampliata perché
nelle attività connesse rientrano anche ulteriori attività che prima non erano contemplate, non erano
assoggettate alla disciplina dell'impresa agricola. Le attività connesse oggi sono quelle attività che
presentano un vincolo rispetto all'attività essenziale. Ci vuole innanzitutto la cosiddetta connessione
soggettiva, ossia lo stesso imprenditore che svolge l'attività essenziale deve svolgere l'attività connessa, e
su questo non si transige né oggi né ieri; soltanto che oggi si dice che l'attività è connessa anche quando si
mantiene il requisito della prevalenza. Prima quindi l'attività connessa era legata all'esclusività adesso alla
prevalenza. Rifacendosi all'esempio di prima fino al 2001 l'attività si considera connessa e quindi agricola se
l'imprenditore trasformava soltanto il proprio latte, quello del proprio bestiame e basta; se un imprenditore
trasformava anche il latte di terzi assieme al proprio allora quell'attività non si poteva più considerare
connessa e quindi non era più assoggettata al regime dell'impresa agricola perché veniva meno il vincolo di
esclusività nella trasformazione dei prodotti propri. Adesso invece non è più così perché vale il principio di
prevalenza quindi attività connesse sono quelle che mirano alla conservazione, valorizzazione, alienazione,
pubblicizzazione, trasformazione dei prodotti che derivano da una delle attività essenziali purché ciò
avvenga in maniera prevalente. Se io cioè trasformo PREVALENTEMENTE il latte del mio bestiame e in
maniera non prevalente il latte del bestiame altrui, trasformo quindi questi prodotti in latticini secondo
queste misure, la mia attività può definirsi connessa a quella essenziale, agricola, e quindi anch'essa
agricola, ma se io prevalentemente trasformo il latte altrui e in misura non prevalente il mio l'attività non
può dirsi connessa perché prevalentemente è un'attività che io svolgo non ad uso e consumo della mia
attività essenziale, ma nell'interesse dei terzi, quindi faccio un servizio a terzi. La nozione di connessione
comunque oggi è più ampia perché non è più legata ad un vincolo di rigida esclusività, ma basta il rispetto
della prevalenza. Questo vuol dire che con la riforma del 2001 un insieme di aree, di settori di attività sono
stati sottoposti al regime dell'impresa agricola. Queste attività prima a quale disciplina erano assoggettate?
Qui si pone la parte più problematica, ossia sull'individuazione dell'ulteriore fattispecie, forse quella più
rilevante, almeno sul piano economico di imprenditore, ossia, sull'individuazione dell'imprenditore
commerciale. Il punto è che il nostro legislatore ci dice chi è imprenditore agricolo, chi è piccolo
imprenditore, però non ci dice chi è imprenditore commerciale. Non c'è nessuna norma nel nostro
ordinamento che definisce l'imprenditore commerciale, anche se poi nella realtà l'imprenditore
commerciale è la figura più importante, più diffusa, quella che ha le norme più rigide. Ci si è posti a livello
interpretativo questo problema: chi sono gli imprenditori commerciali? A questo proposito ci sono due tesi:
la tesi positiva e la tesi negativa. Se noi leggiamo l'art.2195 del c.c. ci si riferisce ad imprese soggette a
registrazione, cioè se un imprenditore svolge una delle attività indicate dall'art. 2195 del c.c. l'imprenditore
è obbligato a iscriversi nella sezione ordinaria del registro delle imprese, quindi qualcuno ha detto siccome
la sezione ordinaria è la sezione in cui si iscrivono gli imprenditori commerciali allora l'imprenditore che
svolge quelle attività indicate dall'art.2195 è un imprenditore commerciale. Questa è la cosiddetta TESI
POSITIVA. Qui il punto è che l'art.2195 può essere considerato idoneo a definire l'imprenditore
commerciale anche se non reca questa parola, infatti non si parla di imprese commerciali, ma di imprese
soggette a registrazione. Pur considerando questo, se l'art.2195 presenta degli elementi specializzanti
rispetto alla fattispecie generale di imprenditore, allora potrebbe considerarsi anche idoneo a definire
quest'altra sottospecie, quest'altra figura che è l'imprenditore commerciale, come per esempio ciò avviene
per l'impresa agricola o per il piccolo imprenditore. L'art. 2083 sul piccolo imprenditore presenta degli
elementi specializzanti sul piano dell'organizzazione, l'art. 2135 presenta elementi specializzanti sul piano
della tipologia di attività, tant'è vero che queste norme ci definiscono rispettivamente il piccolo
imprenditore e l'imprenditore agricolo. Vediamo se l'art. 2195 fa la stessa cosa. L'art. 2195 elenca un
insieme di attività per esempio attività di trasporto per terra, aria, acqua, attività intermediaria nella
circolazione di beni e servizi, attività industriale di produzione di beni, attività bancaria e assicurativa,
attività ausiliaria rispetto quelle precedenti. Vediamo se queste attività presentano elementi specializzanti,
di diversificazione rispetto la fattispecie dell'art. 2082. A questo proposito che anche l'art. 2082 parla di
attività intermediaria nella circolazione di beni e servizi, prevede infatti l'attività per la produzione e lo
scambio di beni e servizi, quindi fin qui non c'è nessun elemento specializzante; attività di trasporto per
terra, aria, acqua, anche qui non si dice niente in più rispetto all'art. 2082; attività bancaria e assicurativa la
stessa cosa; l'unico dubbio potrebbe riguardare per l'attività industriale. Si dice attività industriale per la
produzione di beni però a questo proposito si fa osservare che esiste anche l'industria agricola e allora
l'industrialità non è una caratteristica esclusiva dell'imprenditore commerciale perché anche quello agricolo
può svolgere attività in maniera industriale eppure non è imprenditore commerciale. Anche il piccolo
commerciante può agire con metodo industriale soltanto che prevalentemente ci sarà il lavoro proprio, dei
propri familiari e il metodo industriale sarà secondario, ma può utilizzarlo anche lui. Il requisito
dell'industrialità quindi non riguarda l'oggetto, ma il metodo di svolgimento dell'attività e quindi non può
essere idonea a definire questa categoria. Di fronte a questa considerazione che l'art. 2195 non è idoneo
a definire né formalmente, perché non usa la parola commerciale, né sostanzialmente, perché non
contiene elementi specializzanti, non è idoneo quest'articolo a definire l'imprenditore commerciale. E allora
si è fatta strada la cosiddetta TESI NEGATIVA, cioè non può essere da nessun norma all'interno del nostro
ordinamento ricavata in positivo la fattispecie di imprenditore commerciale, ma questa va ricavata in
negativo, ossia attraverso un'operazione di sottrazione, ossia imprenditore commerciali sono tutti gli
imprenditori ai sensi dell'art. 2082 del c.c. che non sono né piccoli né agricoli. Tutti quelli quindi che
rientrano nella fattispecie dell'art. 2082 e non sono né riconducibili alla fattispecie dell'imprenditore
piccolo, né riconducibili alla fattispecie, sono imprenditori commerciali e sono assoggettabili a quell'insieme
di norme dettate appositamente per gli imprenditori commerciali che vanno sotto il nomen di Statuto
speciale dell'imprenditore commerciale che si affianca allo Statuto generale, cioè a quell'insieme di norme
che si applicano a tutti gli imprenditori, commerciali, piccoli o agricoli. è importante perché rileva
l'individuazione delle singole fattispecie di imprenditore e ancor prima l'individuazione della fattispecie
imprenditore, rileva perché una volta che in concreto viene individuata una di queste fattispecie, scatta
l'applicazione di un insieme di norme. Intanto quando un soggetto si qualifica come imprenditore scatta
l'applicazione delle norme dello Statuto generale, quando poi un soggetto in più deve considerarsi
imprenditore commerciale scatta l'applicazione di ulteriori norme, ancora più gravose, che costituiscono lo
Statuto speciale dell'imprenditore commerciale. Quindi è importante stabilire non solo chi è imprenditore,
ma che sottospecie di imprenditore abbiamo di fronte perché a seconda che l'imprenditore sia piccolo, sia
agricolo o sia commerciale, si applicano poi, al di là delle norme generali, specifiche norme diverse che sono
di maggior favore, verso i piccoli imprenditori e soprattutto verso gli imprenditori agricoli e più rigorose
rispetto agli imprenditori commerciali. Questo è una considerazione che fa il nostro legislatore, ossia gli
imprenditori commerciali sono quei soggetti che ovviamente vanno a contatto maggiormente con il
credito, fanno maggiormente ricorso al credito, hanno una diffusione più ampia sul mercato e coinvolgono
un insieme di interessi di terzi in misura molto più rilevante rispetto agli altri. Per questo il legislatore
dev'essere massimamente rigoroso, già nell'ipotesi in cui l'imprenditore commerciale sia individuale. Il
rigore poi aumenta sempre di più man mano che noi passiamo dall'imprenditore commerciale individuale
all'imprenditore commerciale collettivo, come società di persone e società di capitali, perché lì c'è un
problema di possibili abusi dello schermo societario che il legislatore cerca di frenare attraverso un insieme
di norme e attraverso un insieme di regole finalizzate a tutelare i terzi, ancor prima a tutelare coloro i quali
investono il loro capitale all'interno delle società.
Detto questo, fatta questa panoramica, vediamo adesso di parlare dello Statuto generale dell'imprenditore.
Le norme che rientrano nello Statuto generale dell'imprenditore sono le norme che riguardano il registro
delle imprese intanto, le norme che riguardano l'acquisto e la perdita della qualità di imprenditore e anche
in parte le norme che riguardano l'azienda. Le norme sulle procedure concorsuali, le norme sugli ausiliari
dell'imprenditore, le norme sulle scritture contabili obbligatorie, la stragrande maggioranze delle norme
sull'azienda invece compongono il cosiddetto Statuto speciale, cioè quell'insieme di regole che si applica
solo all'imprenditore commerciale, che ha degli obblighi in più rispetto all'imprenditore in generale, come
per esempio la tenuta di scritture contabili o la sua assoggettabilità a procedura concorsuale e così via.
Cominciamo con lo Statuto generale e partiamo dal registro delle imprese. Che cos'è il registro delle
imprese? Il registro delle imprese è questo strumento molto importante che serve a dare pubblicità a tutti
gli imprenditori. Questo registro delle imprese fu ideato nel '42 e poi divenne operativo soltanto vent'anni
fa, perché soltanto nel '93 e poi nel '95 furono adottati i decreti delegati che consentirono l'operatività del
registro delle imprese che dal '42 al '95 era rimasto completamente sulla carta. Il registro delle imprese
quindi diventa funzionante solo vent'anni fa anche se era stato previsto oltre 70 anni fa, quindi abbiamo
avuto 50 anni di tempo in cui il registro delle imprese è rimasto sulla carta e ancora esisteva il vecchio
registro delle ditte che era previsto dal previgente codice di commercio.

Il registro delle imprese si compone di varie sezioni: abbiamo la sezione ordinaria e più sezioni speciali. La
sezione ordinaria è quella sezione in cui si pubblicizzano i soggetti e gli atti relativi all'impresa commerciale,
quindi si pubblicizzano gli imprenditori commerciali e gli atti degli imprenditori commerciali siano essi
individuali, siano essi collettivi. La sezione speciale è quella deputata alla pubblicità dei piccoli imprenditori,
degli imprenditori agricoli e dei gruppi, ossia le società soggette ad attività di direzione, di coordinamento
da parte di altre società. La pubblicità che si effettua nel registro delle imprese ha finalità diverse, non
sempre è identica. All'iscrizione di determinati soggetti e di determinati atti nel registro delle imprese
conseguono effetti diversi a seconda della sezione in cui viene compiuta questa pubblicità, a secondo del
soggetto e del tipo di atto che viene pubblicizzato. Il legislatore infatti distingue tre fattispecie di pubblicità
nel registro delle imprese: una pubblicità notiziale, cioè che ha finalità soltanto di certificazione anagrafica
e pubblicità-notizia, cioè serve solo a mettere i terzi a conoscenza di quel determinato soggetto che svolge
quella attività di quell'atto, senza assolvere a nessun altra funzione. Questa è la pubblicità tipica dei piccoli
imprenditori, è sempre stata una pubblicità notiziaria. La pubblicità nella sezione speciale del registro delle
imprese dei piccoli imprenditori, di norma, è pubblicità notizia, anzi in generale è pubblicità notizia ogni
forma di pubblicità nella sezione speciale del registro dell'imprese salvo che sia stabilito diversamente. La
pubblicità nella sezione ordinaria del registro delle imprese, che si chiama anche pubblicità commerciale, di
norma ha efficacia dichiarativa. L'art. 2193 del c.c. spiega il significato dell'efficacia dichiarativa ed individua
le due facce della medaglia, ossia il legislatore ci dice che quando la pubblicità è dichiarativa la sezione
ordinaria di regola del registro delle imprese alla mancata iscrizione di soggetti o atti che devono essere
pubblicizzati consegue un determinato effetto, e questa è una prima faccia della medaglia che si chiama
efficacia negativa (comma 1). Il legislatore ci dice anche l'altra faccia della medaglia: se si iscrivono i
soggetti e gli atti che si sarebbero dovuti iscrivere consegue un'efficacia positiva. Quando un soggetto o un
atto devono essere iscritti nella sezione ordinaria del registro delle imprese con efficacia dichiarativa e non
vengono iscritti non si presume che i terzi ne siano a conoscenza, ma i terzi si considerano a conoscenza di
questa vicenda solo se si prova la loro conoscenza effettiva caso per caso. Questi atti e questi soggetti di
conseguenza non sono opponibili, ma possono essere fatti valere nei confronti dei terzi solo se si prova che
effettivamente i terzi ne erano a conoscenza. Questa è l'efficacia negativa, quindi la mancata iscrizione di
un soggetto o di un atto nella sezione ordinaria del registro delle imprese comporta che si nega
l'opponibilità di quel soggetto, di quell'atto ai terzi. Non si può presumere quindi che i terzi ne siano a
conoscenza. Viceversa se il soggetto o l'atto destinato all'iscrizione nella sezione ordinaria del registro
d'imprese è effettivamente iscritto si presume in maniera assoluta che i terzi ne siano a conoscenza quindi
quel soggetto, quelle vicende, quell'atto sono opponibili ai terzi. Nessun terzo può invocare la circostanza di
non esserne stato a conoscenza perché è stato messo nelle condizioni di esserne a conoscenza, in quanto il
registro d'impresa è pubblico, chiunque lo può consultare, quindi si ha una presunzione assoluta di
conoscenza in capo ai terzi delle vicende dei soggetti pubblicizzati nella sezione ordinaria del registro
d'impresa. Ovviamente sempre che questi soggetti e queste vicende rientrino fra quei soggetti e quelle
vicende per le quali la legge prevede l'iscrizione con efficacia dichiarativa, nella sezione ordinaria con
efficacia di pubblicità commerciale. Pubblicità dichiarativa quindi vuol dire opponibilità ai terzi del soggetto
della vicenda iscritta, vuol dire in caso di mancata iscrizione che la conoscenza si ha soltanto in caso di
prova di effettiva conoscenza in capo al terzo senza alcun meccanismo presuntivo. Ora questo effetto non
si ha per la pubblicità dei piccoli imprenditori perché il fatto che un piccolo imprenditore o i suoi atti siano
iscritti nella sezione speciale non fa scaturire questa presunzione assoluta di conoscenza in capo ai terzi,
quindi praticamente la conoscenza va provata caso per caso. Questa presunzione si ha soltanto nei casi di
pubblicità commerciale, di pubblicità dichiarativa che di regola avviene nella sezione ordinaria. Perché dico
di regola? Perché vi è un caso in cui anche a iscrizione nella sezione speciale del registro delle imprese si
ricollega l'efficacia dichiarativa, è il caso dell'iscrizione delle vicende degli imprenditori agricoli perché dopo
il 2001, con la riforma dell'agricoltura, la pubblicità degli imprenditori agricoli si effettua sempre nella
sezione speciale del registro delle imprese, ma non è più una pubblicità notizia, è una pubblicità
dichiarativa come la pubblicità commerciale, quindi con gli effetti negativi e positivi che vi ho spiegato
prima dell'art. 2193 comma 1 e2 del c.c. né più ne meno. Poi vi è un'altra fattispecie di pubblicità che è
quella costitutiva. Vi sono certi casi in cui all'iscrizione nella sezione ordinaria del registro delle imprese
consegue l'effetto costitutivo ossia vuol dire che quell'atto, quel soggetto esistono solo in quanto è
avvenuta la pubblicità. La pubblicità cioè è un elemento della fattispecie costitutiva di una certa vicenda
giuridica e questa è l'ipotesi delle società di capitali. Le società di capitali vengono ad esistenza, si
considerano tali e costituite, solo dopo l'iscrizione nel registro delle imprese. Quindi l'iscrizione nel registro
delle imprese è uno degli elementi che perfeziona la fattispecie di costituzione di una società di capitali.
Non è una semplice pubblicità commerciale, non è che la società è opponibile ai terzi se iscritta e se non è
iscritta possiamo provare la conoscenza effettiva in capo ai terzi. No, questo non è possibile. Nelle ipotesi di
pubblicità costitutiva la costituzione, e quindi l'esistenza stessa del soggetto, dipende dall'iscrizione, se
l'iscrizione non c'è non si può provare nulla, perché il soggetto non viene ad esistenza nel mondo giuridico.
Questa è la sintesi, l'essenza della pubblicità costitutiva. Abbiamo quindi una diversa graduazione degli
effetti di questa pubblicità nel registro dell'imprese: la pubblicità notiziale, la pubblicità dichiarativa o
commerciale e la pubblicità costitutiva. La prima mira alla semplice conoscenza, la seconda addirittura è
un elemento costitutivo della fattispecie e in mezzo ci sta l'ipotesi che è quella di regola che è la pubblicità
classica commerciale, cioè la pubblicità dichiarativa che si effettua per l'appunto di norma nella sezione
ordinaria del registro delle imprese. A questo punto ci si domanda come avvengono gli adempimenti
pubblicitari nel registro delle imprese. Gli adempimenti pubblicitari nel registro delle imprese si distinguono
in due sottospecie: iscrizione e cancellazione dell'iscrizione che possono avvenire su iniziativa di parte della
parte interessata. Una parte interessata, che ha acquisito o sta acquisendo la qualità di imprenditore
magari commerciale o un imprenditore già iscritto che compie un certo atto, una certa vicenda, ha l'onere,
nell'ipotesi in cui sia commerciale per rendere opponibile quell'atto ai terzi, di rivolgersi al conservatore del
registro delle imprese per ottenere la pubblicità di quell'atto. Il registro delle imprese è tenuto da un
apposito ufficio del registro delle imprese e quindi da un conservatore che si trova in ogni circoscrizione di
tribunale ed è tenuto dalla camera di commercio, un ufficio all'interno della camera di commercio. Il
conservatore cura le iscrizioni e le cancellazioni intanto su istanza di parte. A volte le cancellazioni possono
avvenire anche d'ufficio perché in certi casi il conservatore è tenuto ad accertare che sono venuti meno i
requisiti per l'iscrizione nel registro di imprese e quindi deve disporre di cancellazioni, poi iscrizioni o
cancellazioni possono essere disposti dall'autorità giudiziaria, dal cosiddetto giudice del registro. Abbiamo
detto che c'è un registro d'imprese in ogni circoscrizione di tribunale perché in quel tribunale ci sarà un
giudice delegato dal presidente che si occuperà delle questioni relative al registro e si chiama giudice del
registro. Questo giudice del registro decide con procedimento camerale di volontà e giurisdizione in camera
di consiglio sui ricorsi che gli vengono avanzati, ma ricorsi di che genere? Per esempio un soggetto ha
chiesto un'iscrizione e l'ufficio gliel'ha negata perché dice che non ricorrono i requisiti e allora può
presentare ricorso al giudice del registro per ottenere l'iscrizione d'ufficio, l'iscrizione dietro decreto del
giudice del registro; oppure un soggetto ha subito una cancellazione dall'ufficio e impugna questa
cancellazione dinanzi al giudice del registro per dimostrare che comunque non sussistevano i requisiti per
effettuare quella cancellazione e che doveva essere mantenuta l'iscrizione, così funziona il meccanismo. Il
giudice del registro quindi può essere compulsato soltanto da privati, cioè da coloro i quali interloquiscono
con l'ufficio del registro delle imprese perché l'ufficio del registro delle imprese ha la palla in mano, quindi
riceve la richiesta d'iscrizione, riceve richieste di cancellazione, può dare lo sta bene, può accoglierle, può
disporre cancellazione d'ufficio. Per evitare quindi lo strapotere, l'arbitrio dell'ufficio del registro delle
imprese c'è il giudice del registro a cui rivolgersi nei casi di doglianze nei confronti dell'attività dell'ufficio
del registro delle imprese e per ottenere dei provvedimenti in forma di decreto, perché è volontaria
giurisdizione, si tratta di procedimenti camerali non contenziosi, che si concludono quindi con decreto, per
ottenere dei decreti che dispongano iscrizioni o cancellazioni d'ufficio in base alle richieste che sono state
avanzate ovviamente dai privati. Così funziona l'interlocuzione con l'ufficio del registro delle imprese.
Peraltro ricordiamoci che i provvedimenti del giudice del registro possono essere a loro volta impugnati
innanzi al collegio nel tribunale e così via, ci sono infatti i vari mezzi d'impugnazione, è sempre ovviamente
il collegio che giudicherà in camera di consiglio secondo il procedimento di volontaria giurisdizione, che è
quello ovviamente tipico che si applica anche per esempio nelle procedure pre-fallimentari.

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