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LEZIONE 13 COMMERCIALE 02-05-2016

Nella lezione precedente avevamo parlato delle azioni e della circolazione delle azioni,dei limiti alla
circolazione delle azioni,dei metodi di circolazione e delle azioni speciali. Occupiamoci adesso della
disciplina sulle azioni proprie: qui il punto qual è? Il problema che si pone è quello se una società possa
compiere operazioni sulle sue azioni una società emette delle azioni ma può acquisirle? Le acquisizioni
delle azioni avvengono nel mercato primario,cioè le azioni vengono emesse,il primo che le emette è il
titolare e può farle circolare e i successivi titolari saranno acquirenti delle azioni; il punto qui è se una
società,ad esempio A può sottoscrivere ed acquistare le azioni che essa stessa emette: qui qual è l’interesse
che il legislatore tende a tutelare? Il legislatore vuole evitare che attraverso queste operazioni si abbia una
creazione fittizia di capitali,cercando di tutelare i terzi creditori sociali,ossia coloro i quali potrebbero essere
pregiudicati da operazioni di questo tipo,perché,se una società potesse acquisire o sottoscrivere tutte le
proprie azioni,il rischio sarebbe che tutti i creditori sociali che poi un giorno andranno ad aggredire il
patrimonio sociale, troverebbero niente,le azioni stesse della società e su cosa potrebbero rifarsi? Su
nulla,quindi il rischio sarebbe che il patrimonio venga svuotato attraverso queste operazioni che sono
ammesse ma entro certi limiti che il legislatore ha stabilito: vediamo quali intanto,il legislatore prevede
un divieto di SOTTOSCRIZIONE DI AZIONI PROPRIEla società non può sottoscrivere le azioni che essa
stessa emette perché diventerebbe debitrice e creditrice di se stessa (io,società A emetto delle azioni e le
vado a sottoscrivere e dovrei fare il conferimento ma non lo faccio perché sarei debitrice del conferimento
ma anche il creditore e si avrebbe una creazione fittizia di capitali); discorso diverso è se invece A emette
delle azioni,qualcuno le sottoscrive e poi costui le cede alla stessa società che le ha emesse: qui il discorso
è diverso perché il legislatore per l’acquisto lo concede purché si tratta di azioni interamente liberate,cioè A
emette le azioni,il signor X le sottoscrive,esegue per intero il conferimento e poi le cede alla società stessa
che le ha emesse che dal canto suo pagherà un corrispettivo: allora,in questo caso a fronte dell’emissione
di queste azioni,non si ha un capitale fittizio perché il conferimento è stato interamente versato dal signor
X; non è però questo l’unico limite che il legislatore prevede all’acquisto di azioni proprie: un altro limite è
che le azioni proprie acquistate non possono superare il 20% del capitale,una volta era pure più basso
(10%) questo limite è stato imposto perché sennò i creditori che si trovassero ad aggredire il patrimonio
sociale troverebbero solo azioni. Altra condizione ancora è che l’assemblea ordinaria deve autorizzare gli
amministrazioni a compiere queste operazioni e l’operazione va compiuta entro 180 gg dalla delibera
assembleare autorizzativa; altra condizione propria è che la società potrà acquistare azioni proprie ma solo
se ci sono riserve facoltative,disponibili (se vi è surplus patrimoniale rispetto al capitale), quindi c’è un
esubero di capitale e con quell’esubero,con quella ricchezza in più si acquistano azioni proprie condizioni
di massima cautela per evitare che azioni di questo genere si ritorcano contro i creditori sociali.
Gli stessi limiti si prevedono con riguardo ad un’altra ipotesi: ammettiamo il caso che la società A detenga
la maggioranza delle partecipazioni in un’altra società: la società ha A come socio di
maggioranza,quindi,quest’altra società è sotto la direzione di A, è una longa manus di A: ora,A cosa
potrebbe fare per cercare di aggirare i divieti e i limiti visti pocanzi? Potrebbe dare ordine a questa società
(B) di sottoscrivere o acquistare le sue azioni e in questa maniera aggirerebbe l’ostacolo perché poi B
sarebbe la longa manus di A anche in questa ipotesi se la società partecipata,sottoposta a rapporto di
controllo,ex art.2359 c.c. intende eseguire operazioni sulle azioni della controllante(A), si applicano gli
stessi limiti e gli stessi doveri imposti sulle partecipazioni proprie,ossia DIVIETO DI SOTTOSCRIZIONE e
LIMITI ALL’ACQUISTO. Mentre A può incrementare quanto vuole la sua partecipazione in B(può arrivare
anche dal 51% al 100% delle azioni),questo non vale al contrario perché l’operazione esattamente inversa
rischierebbe di aggirare i limiti e i divieti sulle operazioni rispetto alle partecipazioni proprie e quindi anche
queste operazioni soggiacciono alle stesse regole che abbiamo visto prima; così come dal ’42 c’è un
DIVIETO DI SOTTOSCRIZIONE RECIPROCA di PARTECIPAZIONE PROPRIA: ci sono due società,e  che
sono del tutto indipendenti: potrebbe accadere che  decide di aumentare il capitale sociale di 100mila€ e
 adotta la medesima decisione,quindi entrambi decidono di aumentare il capitale sociale a questo
punto succede che  sottoscrive l’aumento di  e  sottoscrive quello di : a questo punto si ha una
sottoscrizione reciproca di azione: in queste ipotesi diventa creditrice di  ma anche  diventa creditrice
di ,quindi i due crediti per compensazione si estinguono e non si versa niente, però alla fine sia il capitale
di  che quello di  risulterebbero gonfiati di 100 mila € e si avrebbe quindi una creazione fittizia di capitale
perché non versa niente ad perché  dovrebbe versare a  quindi i due crediti si estinguono per
compensazione ma all’esterno sembrerebbe che il capitale di  e di  sia gonfiato e potrebbe trarre in
inganno i creditori sociali che pensano che ci siano nuove finanze ma così non è per questo sono vietate e
si parla di DIVIETO DI SOTTOSCRIZIONE RECIPROCA DI PARTECIPAZIONE PROPRIA.
Peraltro,nelle società in accomandita per azioni valgono queste regole per le operazioni su partecipazione
propria( sono ammesse fermo restando il divieto di sottoscrizione),nelle s.r.l. il divieto è assoluto,non
potendo queste compiere alcuna operazione sulle proprie partecipazioni; peraltro nelle società azionarie e
nelle s.r.l. sono vietate altre operazioni,per esempio: fornire prestiti a dei soggetti per poter sottoscrivere o
acquistare le azioni emesse dalla società si parlerebbe di assistenza finanziaria; oppure garantire il
versamento dei decimi del conferimento oppure garantire il pagamento del corrispettivo in relazione ad
azioni proprie anche queste operazioni sono vietate perché si tratta di assistenza finanziaria perché sono
tutte operazioni che rischiano di ritorcersi in danno del ceto creditorio che il legislatore mira a tutelare in
maniera particolare,cioè il legislatore guarda sempre con diffidenza a questi fenomeni perché vede il
pericolo che il ceto creditorio sia danneggiato da operazioni di questo genere o lo vuole tutelare in questa
maniera. Sempre parlando di azioni di partecipazione va fatta anche un’altra osservazione:nelle società per
azioni, come già vi dissi quando abbiamo iniziato a parlare del diritto societario,i conferimenti possono
essere sia in denaro sia in natura purché si tratta di conferimenti di capitale,cioè che possano essere dei
conferimenti imputati a capitale: quindi,conferimenti d’opera e di servizi non si ammettono perché non
sono imputabili a capitale,cioè non si può esprimere con un valore assoluto la cifra di questo conferimento
ed imputarla a capitale; quindi,conferimenti in natura sono ammessi ma soltanto conferimento che hanno
ad oggetto la proprietà o diritti reali su determinati beni mobili o immobili,non sono conferibili diritti
personali di godimento ma solo diritti reali e sono conferibili da queste azioni d’opera o di servizi. Tuttavia,il
legislatore ha previsto che: se viene conferito denaro non ci sono problemi perché il denaro ovviamente ha
quel valore che noi conosciamo, se invece vengo conferiti dei beni in natura,diritti reali su beni,bisogna
stimare questi conferimenti, bisogna dargli un valore che poi verrà imputato a capitale può avvenire sia
in sede di costituzione,sia in sede di successivo aumento di capitale. Da chi devono essere stimati? Da un
esperto,nelle società per azioni si dice nominato dal presidente del tribunale(esperto nominato da
un’autorità terza) che esprima il suo intendimento circa la stima di questi conferimenti in maniera tale che
il valore corrispondente venga imputato a capitale. Quindi,quando si costituisce una società per azioni,se vi
sono conferimenti in natura,va allegata all’atto costitutivo la perizia giurata di stima,cioè la perizia di stima
dell’esperto nominato dal presidente del tribunale nella cui circoscrizione avrà sede la società,che
determinerà il valore dei beni in natura da imputare al capitale. Lo stesso iter va seguito quando
ovviamente il conferimento in natura serve a finanziare un aumento a pagamento del capitale sociale,alla
delibera va sempre allegata la perizia giurata di stima dell’esperto nominato dal presidente del tribunale.
Una volta questa regola era assoluta,ossia tutti i conferimenti in capitale,diversi dal denaro dovevano
essere stimati da questo esperto: questa regola ha poi subito una deroga per determinate categorie di beni
diversi dal denaro, di cui il valore sia determinabile in base a dei listini ufficiali: ammettiamo il caso che in
una società per azioni si conferiscono beni come azioni di altre società o obbligazioni o corrotti finanziari:
io,effettuo un conferimento in una società per azioni ma non conferisco denaro,non conferisco crediti in
denaro,non conferisco un immobile ma conferisco ad esempio le mie azioni che ho in un’altra
società,oppure obbligazioni oppure prodotti finanziari,negoziati in mercati regolamentati sono beni
imputabili a capitale e come tale fino a poco tempo fa dovevano essere anch’essi sottoposti alla stima da
parte dell’esperto come tutti gli altri per essere imputati a capitale. Adesso non è più così,perché essendo
beni che vengono negoziati nei mercati regolamentati che sono sottoposti ovviamente al controllo della
CONSOB,si può evitare la stima da parte dell’esperto,allegando all’atto costitutivo ovviamente il dato
ufficiale relativo al loro valore del momento in cui si stipula l’atto costitutivo o l’aumento nei mercati
regolamentati in cui vengono negoziati,perché quello è un valore controllato e c’è un’autorità di vigilanza
che vigila sui mercati regolamentati  non è un valore a caso ma è frutto di una negoziazione su questi
mercati sotto il controllo della CONSOB. Valore certo,rispondente al mercato in quel determinato
momento storico. Peraltro,se c’è una contestazione sulla stima e se questa contestazione comporta
l’apertura di un procedimento di revisione della stima che si può aprire solo quando la valutazione imputata
a capitale è esorbitante più di 1/8 rispetto al valore effettivo,fino a quando il procedimento di revisione
della stima non si conclude,le azioni emesse a fronte di quei conferimenti in natura,per cui la stima oggetto
di revisione non sono alienabili perché potrebbe accadere che da questa stima emerga che si tratti di beni
sovrastimati e per cui verranno annullate alcune azioni emesse in misura corrispondete ai valori stimati.
Adesso invece occupiamoci del ruolo dell’assemblea nelle società per azioni: in tutte le società di capitali
abbiamo un organo che non manca mai: l’ASSEMBLEA DEI SOCI essa è un organo deputato per
consentire ai soci di esprimere la loro volontà circa le operazioni vitali per la società stessa ORGANO
CENTRALE ALL’INTERNO DELLA SOCIETA’ perché attraverso questo i soci esprimono i loro intendimenti: i
soci sono coloro i quali rischiano il loro capitale all’interno della società quindi finanziano le attività della
società e quindi è logico che se i soldi( o i beni) ce li mettono loro,devono essere loro a decidere quale linea
la società debba prendere,cioè come la società debba andare ad operare sul mercato, fermo restando che
poi la società verrà gestita da altre persone che sono gli amministratori nel modello di base o comunque
l’organo gestorio che deve esistere in tutte le società,qualunque sia il modello adottato di amministrazione
di controllo. Una volta si diceva che l’assemblea era l’organo sovrano della società perché era l’organo che
stava al centro di tutte le società azionarie a responsabilità limitata, ora non è più così perché alcune
competenze sono state sottratte all’assemblea ed affidate ad altri organi(specialmente nei modelli
alternativi) ma ciò non toglie che l’assemblea abbia una funzione insopprimibile all’interno soprattutto
delle società di capitali perché è il momento in cui i soci che sono dei finanziatori esprimono i loro
intendimenti su scelte vitali per la società stessa. L’assemblea da cosa è formata e come decide? Ora,nelle
società di persone abbiamo visto che è prevalente sempre il profilo contrattuale, da cui il legislatore non si
distacca mai non sono società dotate di personalità giuridica ma sono dei soggetti che nascono in forza
del rapporto sociale,che possono operare sicuramente sul mercato ma la fonte contrattuale non può mai
venire meno tanto è vero che per poter modificare i contenuti del contratto di società,per poter adottare
tutte le scelte più importanti sulla vita della società,ci vuole il consenso unanime di tutti i soci come accade
per i contratti di collaborazione,tranne che per ipotesi in cui il legislatore o l’ autonomia privata in deroga a
quella che è la regola generale,consentono ma questo è possibile perché non si tratta di persone giuridiche
ma di soggetti di diritto; nelle società di capitali,il discorso è diverso: intanto,il principio secondo cui la fonte
è sempre contrattuale del rapporto,viene meno perché la fonte di un rapporto societario nelle società di
capitali può essere un contratto ma anche qualcosa di diverso ; soprattutto nelle società di capitali ci
troviamo di fronte a persone giuridiche,a degli enti che una volta costituiti diventano delle figure con pari
diritti e pari obblighi rispetto alle persone fisiche(sul piano giuridico sono parificati,non su quello della
personalità in quanto le persone giuridiche sono sempre una finzione dell’ordinamento),perché hanno la
medesima capacità giuridica e la medesima capacità di agire di tutte le persone fisiche perché come queste
hanno un’autonomia patrimoniale perfetta,hanno un patrimonio che è distinto da quello dei soci,come
ognuno di noi ha un patrimonio che è distinto da quello dei nostri simili.
Capite bene che le società di capitali che vengono costituite per iniziative imprenditoriali di livello più
rilevante rispetto alle società di persone che sono finalizzate a raccogliere capitali in misura superiore
rispetto alle società di persone e per favorire questo esiste la responsabilità limitata dei soci,per poter
portare avanti iniziative di questo tipo che le società di persone non sono idonee,come strumenti,a
sostenere; però, per poter far questo,il PRINCIPIO UNANIMISTICO,che è tipico delle società di persone
viene meno per l’applicazione di un PRINCIPIO MAGGIORITARIO,perché nelle società di persone la base dei
soci è molto ristretta(i soci sono pochi)e quindi è da un punto di vista,fisiologico,trovare il consenso tra
questi soci che poi ovviamente si conoscono tutti tra di loro; nelle società di capitali,non è così: le azioni
sono liberamente trasferibili, i soci sono un numero più consistente e a volte neppure si conosconoquindi
richiedere per le decisioni che attengono le società di capitali l’unanimità dei consensi da parte dei soci
vorrebbe dire impedire lo svolgimento dell’attività della società perché il consenso di tutti i soci è
praticamente impossibile da raggiungere: e questo si può accettare nella logica in cui comunque non
valgono i principi contrattuali per la gestione della società di capitali perché la società si emancipa dalla sua
fonte quindi,passa il PRINCIPIO MAGGIORITARIO,però a questo punto si pone un altro problema per il
legislatore: se la scelta del principio maggioritario è essenziale per poter consentire alla società di operare
sul mercato,per evitare la paralisi della società che si verificherebbe qualora per ogni decisione si
richiedesse l’unanimità dei consensi da parte dei soci,dall’altra parte bisogna evitare che questo principio
maggioritario si ritorca su chi è in minoranza,cioè divenga uno strumento attraverso il quale chi ha la
maggioranza delle partecipazioni all’interno della società possa decidere in tutto e per tutto,possa
diventare un socio tiranno all’interno della società e agire a discapito della minoranza senza informarla di
nulla,senza coinvolgerla nelle decisioni,senza consentire alla minoranza di esprimere il proprio
dissenso,senza comunque esercitare gli strumenti di reazione che il legislatore prevede nei confronti delle
decisioni,pur adottate a maggioranza: e allora,il legislatore nelle società di capitali come contrappeso
dell’adozione sistematica del principio maggioritario,prevede che tutte le decisioni che vengono
adottate(vale in maniera tassativa per le società azionarie) debbano essere adottate con METODO
COLLEGIALE,ossia con metodo che consente a tutti i soggetti interessati da quelle decisioni di poter essere
informati,di contribuire all’adozione di queste decisioni e di poter essere resi edotti qualora soprattutto
non siano riusciti a partecipare attivamente a queste decisioni degli esiti della volontà della maggioranza. Il
metodo collegiale è il metodo che viene utilizzato nelle assemblee ma è anche il metodo che viene
utilizzato in tutte le società per azioni, sia nell’organo amministrativo quando l’organo è più di uno(perché
se è uno ovviamente decide quello e stop) si deve adottare il metodo collegiale perché si forma un
consiglio di amministrazione,sia per l’organo di controllo,ossia il collegio sindacale che effettua il controllo
interno: anche qui va adottato il metodo collegiale si tratta di organi che adottano decisioni a
maggioranza,per cui laddove la decisione è a maggioranza il contrappeso è l’adozione del metodo
collegiale,cioè mettere in condizione tutti di essere informati e di esprimere il loro consenso o il proprio
dissenso rispetto a certe decisioni,di contribuire al dialogo all’interno della società per l’adozione di queste
decisioni. Il metodo collegiale quindi è il metodo tipico degli organi collegiali,di tutti gli organi anche al di
fuori del diritto societario,nella p.a.,in qualsiasi ente il metodo collegiale ha sempre la stessa struttura, è
cioè quel metodo che è scandito da una serie di passaggi attraverso i quali si struttura un procedimento per
l’adozione delle decisioni da parte dell’organo collegiale in senso lato: e quali sono questi passaggi che sono
pedissequamente seguiti dall’assemblea?Intanto il primo passaggio fondamentale è la CONVOCAZIONE,cioè
le decisioni da parte dei soci possono essere adottate solo una volta che l’assemblea è stata
convocata,quindi tutti i soci che hanno diritto di voto devono essere intanto informati della data e del luogo
dell’assemblea,devono essere informati degli argomenti che si andranno a discutere all’interno
dell’assemblea a queste finalità assolve la convocazione: tutti sono messi nelle condizioni di sapere,di
poter partecipare e di chiedere informazioni all’organo amministrativo prima che l’assemblea si svolga su
quello di cui si andrà a discutere e poi deliberare: in certi casi,il legislatore anzi prevede che l’organo
amministrativo debba obbligatoriamente fornire una certa documentazione su certi argomenti che parlino
dell’ordine del giorno, in altri casi, questo non è obbligatorio ma può essere sollecitato dal singolo socio che
sia interessato a tal fine.
Poi abbiamo la fase dell’ADUNANZA,cioè si tiene la riunione da parte dei soggetti che sono stati convocati:
ciascuno è libero di decidere se partecipare o meno a questa riunione,però questa riunione può tenersi
soltanto se c’è un QUOZIENTE COSTITUTIVO (O QUORUM COSTITUTIVO),cioè se sono presenti a questa
riunione tanti soci che rappresentano almeno una certa percentuale del capitale sociale(può essere
presente anche un solo socio che abbia il possesso del 51% delle azioni e che da solo è sufficiente per
l’apertura dei lavori assembleari) ma se non si raggiunge questo quoziente di capitale rappresentato in
assemblea,l’adunanza non può tenersi perché si considera assolutamente inesistente,questo per evitare
ovviamente che una sparuta minoranza possa formare l’assemblea e decidere per la
maggioranza,formandosi il paradosso che sia la minoranza a decidere per tutta la società.
Il passaggio successivo è la DISCUSSIONE degli argomenti che verranno esposti dall’organo amministrativo
all’interno dell’assemblea e ciascun socio con diritto di voto può intervenire in assemblea,può interloquire
all’ordine del giorno.
Poi si passa alla fase della VOTAZIONE in cui si assumono le delibere,in cui ogni socio può esprimere il
proprio consenso,il proprio dissenso,può astenersi rispetto a ciascuna proposta messa all’ordine del
giornoil punto è che nell’assemblea non si può discutere su quello che si vuole,all’ultimo momento ma si
può discutere solo su quello previsto nell’ordine del giorno,stop, perché solo su questi argomenti sono stati
compulsati i soci,solo su questi argomenti i soci hanno chiesto e ottenuto informazioni specifiche,quindi in
assemblea non è che si può fare quello che si vuole: e questo ovviamente è una norma molto garantista
sulle minoranze.
Dopodiché, dopo la fase della votazione si ha la fase della VERBALIZZAZIONE,ossia bisogna mettere per
iscritto quello che è stato l’oggetto della discussione e le delibere assunte oralmente nell’assemblea e il
verbale ovviamente resta poi agli atti perché costituisce la prova dell’avvenuta assemblea ed ha anche una
funzione informativa per chi non ha partecipato all’assemblea che potrà verificare se l’assemblea si è
regolarmente tenuta e di che cosa effettivamente si è discusso e deliberato all’interno di questa
assemblea; quindi come vedete,il metodo collegiale che non è un metodo perfetto ma raffinato,consente di
coinvolgere tutti i soggetti potenzialmente interessati rispetto a certe decisioni perché rischiano il loro
capitale in quella società,consente di coinvolgere tutti in quelle che sono le delibere fondamentali per la
vita della società e consente a tutti di poter dire la propria e nella fase di discussione e nella fase di
votazione.

Ora il legislatore,tuttavia va ben oltre a questo,cioè prevede che l’assemblea abbia delle competenze
specifiche,non è che in assemblea si può decidere su tutto quello che si vuole quindi decide su quali
argomenti si può discutere e deliberare in assemblea senza poter andare oltre e ripartisce le competenze
all’interno della società fra i vari organi che ci sono all’interno della società stessa. In linea di principio il
legislatore fa una distinzione su due argomenti su cui si può trattare all’assemblea: una prima distinzione
riguarda gli argomenti che possono essere discussi in sede ordinaria e quelli che possono essere discussi in
sede straordinaria, poi le competenze dell’assemblea variano a seconda del modello di amministrazione e
controllo adottato dalla società azionaria sia quelle ordinarie sia quelle straordinarie: l’assemblea è sempre
un organo unitario ma ora decide in sede ordinaria,ora in sede straordinaria a seconda della materia
trattataper esempio, le materie che vengono discusse su cui delibera l’assemblea ordinaria sono materie
fra virgolette “di routine”che rientrano nella fisiologia dell’esistenza della società (nomina e revoca degli
amministratori o dell’organo di controllo,alla determinazione dei loro compensi,all’approvazione del
bilancio), sono dei liberi che ciclicamente l’assemblea deve adottare per garantire la funzionalità della
società. L’assemblea straordinaria invece decide extra ordinem,decide cioè su argomenti di maggiore
impatto,di maggiore rilievo su cui i soci non sono chiamati a decidere tutti i giorni o tutti gli anni o
periodicamente ma rispetto ai quali sono chiamati a decidere a prescindere da cadenze regolari ma queste
decisioni avranno un impatto ancora più rilevante sui futuri sviluppi della società rispetto alle decisioni
adottate in sede ordinaria,tanto è vero che il legislatore questa distinzione la fa perché prevede dei
quozienti diversi a seconda che l’assemblea sia ordinaria o straordinaria: che cosa vuol dire quozienti
diversi? Allora,il legislatore per le assemblee prevede un quoziente o quorum costitutivo,ossia l’assemblea
per potersi aprire e intendersi validamente costituita,deve essere formata da tanti soci che rappresentino
almeno una certa aliquota di capitali:ora,accanto al quorum costitutivo abbiamo il QUOZIENTE
DELIBERATIVO vuol dire che l’assemblea si costituisce e può discutere degli argomenti validamente se si
raggiunge il quoziente costitutivo ma per poter deliberare su quegli stessi argomenti, è necessario che su
quella decisione si raggiunga il consenso di tanti soci che almeno rappresentano il quoziente costitutivo per
poter ,a volte,andare anche oltre: quindi il quoziente deliberativo di certo non può essere inferiore a quello
costitutivo,può essere pari ma mai inferiore perché non è possibile deliberare con una frazione di capitale
sociale più bassa di quella che ovviamente ci vuole per costituire l’assemblea. A volte il legislatore stabilisce
sia il quorum costitutivo che quello deliberativo per ogni decisione ma vi sono dei casi in cui il legislatore ci
dice soltanto qual è il quorum deliberativo e in quel caso il quorum costitutivo sarà coincidente,non
inferiore questo accade per l’assemblea straordinaria. Per l’assemblea ordinaria,il legislatore prevede il
quorum costitutivo e deliberativo; questo comporta che nell’assemblea straordinaria i quorum siano tutti
più alti rispetto all’assemblea ordinaria perché le decisioni sono di maggiore impatto e richiedono un
consenso maggiore: infatti,quali decisioni vanno all’assemblea straordinaria? Quelle che attengono alle
modifiche del capitale perché non sono decisioni che si adottano tutti i giorni e hanno un grande impatto
sulla società e quindi richiedono un consenso più ampio rispetto a quello che si richiede per le altre
decisioni; la nomina e la revoca dei liquidatori,dello scioglimento della società sono decisioni che spettano
all’assemblea straordinaria: lo scioglimento volontario della società non è una scelta da prendere a cuor
leggero,perché comporta che quella società finisce di operare sul mercato e va alla fase liquidativa  si
richiede quindi un consenso più elevato fra i soci rispetto alle percentuali richieste per l’assemblea
ordinaria.
Ora,le competenze dell’assemblea variano a seconda che essa sia ordinaria o straordinaria ma variano
anche in presenza di un altro fattore: a seconda del modello di amministrazione e controllo che viene
adottato dalla società fino al 2003 nelle S.p.A. e di capitale più in generale,il modello di gestione era uno
solo,cioè in tutte le società in accomandita per azione avevamo un’assemblea,avevamo un organo
amministrativo,che poteva essere o il consiglio di amministrazione o un amministratore unico e il collegio
sindacale che era l’organo di controllo interno della società; nelle s.r.l. c’era sempre l’assemblea,l’organo
amministrativo e in alternativa il collegio sindacale non era sempre obbligatorio ma lo diventava quando le
dimensioni delle s.r.l. superavano certi livelli,altrimenti non era obbligatorio. Nel 2003 il legislatore ha
inteso variare questo schema perché ha inteso introdurre nel nostro ordinamento dei MODELLI
ALTERNATIVI DI AMMINISTRAZIONE E CONTROLLO che sono stati importati da altre esperienze giuridiche e
che possono essere adottati ovviamente su scelta precisa dai soci in sede di costituzione o in un momento
successivo,in alternativa rispetto al modello cd. tradizionali adesso questi modelli alternativi possono
essere adottati soltanto nelle società azionarie rispetto al modello di base (per le s.r.l. certamente non è più
possibile dal 2012): e sono MODELLO MONISTICO & MODELLO DUALISTICO. Nel modello tradizionale di
base abbiamo l’organo amministrativo,l’assemblea e l’organo di controllo, nel modello monistico
(UNO)l’organo amministrativo e l’organo di controllo sono unificati perché c’è l’assemblea e c’è il consiglio
di amministrazione al cui interno deve essere formato un comitato per il controllo sulla gestione,costituito
da alcuni amministratori quindi alcuni amministratori saranno anche controllori,non solo membri del
consiglio di amministrazione ma anche membri di questo comitato interno a questo organo
amministrativo,che ha la funzione di controllare lo stesso organo amministrativo: quindi è un sistema più
semplificato rispetto a quello tradizionale e che porta ad un risparmio sui costi della gestione. Questo
modello monistico è di ispirazione anglosassone.
Poi c’è il MODELLO DUALISTICO che invece è importato dalla Germania:perché dualistico (DUALE)? Perché
abbiamo l’assemblea,l’organo amministrativo che è il consiglio di gestione e l’organo di controllo che ha un
titolo di sorveglianza :ora,qual è la differenza rispetto al modello tradizionale? Rispetto al modello
tradizionale,nel modello dualistico l’organo di controllo,cioè il consiglio di sorveglianza non è soltanto un
organo di controllo ma attrae su di sé delle competenze che sarebbero proprie dell’assemblea
tradizionalmente intesa ed ha anche delle competenze gestorie rispetto agli atti di alta
amministrazione;quindi nel modello dualistico l’organo più importante è sicuramente il consiglio di
sorveglianza tanto è vero che per fare un esempio, da che mondo e mondo coloro i quali gestiscono la
società vengono scelti dagli stessi soci o nell’atto costitutivo o con una decisione successiva da parte dei
soci,all’interno dell’assemblea a seconda che si tratti di società di persone o di capitali ma sono gli stessi ad
essere amministratori o a decidere chi amministra la società: nel modello dualistico non è così perché qui i
soci nominano il consiglio di sorveglianza ed è poi il consiglio di sorveglianza a nominare il consiglio di
gestione,cioè a nominare coloro i quali poi amministreranno la società : si ha quindi una scissione tra la
proprietà della società,ossia i soci,e la gestione della società,ossia i membri del consiglio di gestione perché
in mezzo a questi due poli ci sta il consiglio di sorveglianza quest’organo che dovrà anche scegliere chi
amministrerà la società; quindi è una logica completamente diversa, è una logica frutto di una concezione
diversa della società che si ha tradizionalmente in Germania rispetto all’Italia. In Italia la convinzione
tradizionalmente intesa è che la società sia un ente” egoistico”,che nasce per soddisfare le esigenze dei
soci,per soddisfare interessi privati,quindi la prospettiva è quella del socio per il quale la società è uno
strumento per fare guadagno: quindi,in questa logica,se io socio voglio guadagnare,deciderò io chi
amministrerà i miei affari perché o mi amministro da solo o scelgo chi deve gestire la baracca;invece in
Germania la situazione è diversa perché la società non è vista come ente egoistico,come ente finalizzato ad
assolvere o a perseguire gli interessi dei soci ma è visto come un ente che svolge una funzione socialeTESI
ISTITUZIONALISTICA DELLA SOCIETA’: la società non viene vista come ente che non è deputato soltanto a
coltivare gli interessi dei soci ma deve curare gli interessi di tutti coloro i quali ruotano intorno alla società:
creditori sociali,terzi,ovviamente lavoratori perché ha una funzione sociale da assolvere. In questa diversa
logica,ecco che affidare la nomina di chi gestisce la società ai soci potrebbe tradire questo scopo perché i
soci penserebbero sempre al proprio interesse e quindi è meglio che chi gestisca la società venga nominato
da chi è imparziale rispetto a tutti questi interessi che ruotano attorno alla società e chi meglio di chi deve
controllare la società che può scegliere le persone più adatte a gestire la società al fine non soltanto di
soddisfare gli interessi dei soci ma di contemperare agli interessi dei soci con tutti gli altri interessi che
ruotano attorno alla società: quello dei lavoratori ad esempio,quello dei creditori sociali,dei terzi,dello
stato,di tutte le altre istituzioni che ruotano attorno alla società. Quindi,anche questo modello è frutto di
una logica diversa rispetto alla logica italiana,cioè è una logica diversa che è tipicamente diversa mentre in
Italia la logica è che ognuno pensa agli affari propri parte da molto lontano questo pensiero. Nella logica
di avvicinare i vari ordinamenti anche in Italia è previsto questo sistema dualistico,introdotto dal 2003 ed
operativo ai giorni nostri: ovviamente,a seconda del modello di amministrazione e controllo adottato,le
competenze nell’assemblea cambiano perché ora alcune competenze possono essere spostate al consiglio
di sorveglianza,ad esempio l’approvazione del bilancio d’esercizio,la nomina e la revoca dei membri
dell’organo gestorio sono competenze che da sempre spettano all’assemblea ma se il modello adottato è
quello dualistico,spettano all’organo di controllo,al consiglio di sorveglianza perché adotterà queste
decisioni che sono sia ordinarie ma importanti per il proseguo dell’attività sociale al fine di soddisfare tutti
gli interessi coinvolti nella società. Quindi,il modello dualistico risponde a questa logica,il modello monistico
risponde ad una logica anglosassone,di risparmio di costi di gestione,cioè bisogna snellire il sistema,si ha
una grande fiducia nei confronti degli amministratori e si considerano gli amministratori persone mature
che una parte di loro può anche controllare se stessa. Questi sistemi sono stati importati in Italia con degli
aggiustamenti che il legislatore italiano ha inteso adottare per renderlo compatibile rispetto all’impianto
normativo generale in cui venivano adoperate.

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