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FEDRA O ARICIA?
LE RAGIONI DELLE “CAGIONI EPISODICHE”
Colla scorta, e coll’ajuto di tutti tre gli enunziati [scil. Euripide, Racine, Pellegrin], io
pure ho tessuto l’opera mia, a cui ho dato il nome di Fedra sul giudiziosissimo esempio
di Racine; giacché Fedra è qui protagonista, e troppo strano sarebbe adattarle un titolo
dedotto dalle sole cagioni episodiche.
1
Fedra | Dramma per musica | Da rappresentarsi nel Real Teatro di S. Carlo | nel dì
I.Gennaro 1788. | Dedicato | alla maestà | di | Ferdinando IV | Nostro Amabilissi-
mo sovrano. | Me Pasiphaeia quondam | Tentatum frustra patrium temerare cubile. | Ovid.
Metam. XV. | In Napoli | MDCCLXXXVIII. | Presso Vincenzo Flauto | Regio Impresso-
re.
2
Sulla gerarchia dei compiti tra impresario, librettista e compositore al San Carlo cfr.,
tra l’altro, FRANCO PIPERNO, Teatro di stato e teatro di città. Funzioni, gestioni e drammatur-
gia musicale del San Carlo dalle origini all’impresariato Barbaja, in Il teatro di San Carlo, a c.
di Carlo Marinelli Roscioni, Guida, Napoli 1987, pp. 61-118: 111-2, e, in generale, i
saggi compresi nel volume. Cfr. anche Il teatro di San Carlo, 1737-1987: l’opera, il ballo, a
c. di Bruno Cagli e Agostino Ziino, Electa, Napoli 1987 e Il Teatro del Re. Il San Carlo
da Napoli all’Europa, a c. di Franco Carmelo Greco e Gaetana Cantone, Edizioni
Scientifiche Italiane, Napoli 1987.
3
Fedra | Opera in musica | Originale | di Giovanni Paisiello | Composta per il
Real Teatro di S. Carlo | In Napoli | Anno 1788, 2 voll. (I-Nc. Rari 2.10.14-15): una
2 PAOLO RUSSO
con Ippolito (n. 37); due arie e una cavatina per Ippolito (nn. 2, 26, 38) oltre
al duetto con Aricia, due arie e una cavatina per Teseo (nn. 16, 21, 36) e due
sole per Fedra (nn. 12, 23).4 L’importanza drammatica di Fedra è ancor più
compromessa se si conta la distribuzione dei recitativi accompagnati5 tra Te-
seo – i cui interventi sono così frequentemente sostenuti dai violini e dall’or-
chestra (nn. 15, 17, 20, 32, 34, 35) da compensarlo ampiamente per l’esiguo
numero di arie concessegli –, Aricia (nn 13 e 39) e Ippolito (n. 25), mentre
Fedra si limita a pochi intereventi nel secondo recitativo accompagnato di
Aricia.
Il maggior ‘peso’ nell’economia dell’opera è dunque sostenuto da Aricia,
cui spetta l’unico rondò dell’opera, e in subordine da Ippolito; come vedre-
mo meglio in seguito, il numero elevato di recitativi obbligati definisce per
Teseo un ruolo affatto originale, mentre Fedra si trova ampiamente sottorap-
presentata,6 più svalutata perfino rispetto al suo confidente Learco, ruolo in
origine affidato all’oggi altrettanto ignoto Silvestro Fiamenghi che può canta-
re però almeno tre ariette gnomiche brillanti (nn. 11, 22, 33). Le ‘cagioni epi-
sodiche’ sembrano insomma aver prevalso nonostante le ambizioni classicisti-
che dell’abate Salvioni. Val la pena di chiedersi in cosa consistessero queste
‘cagioni episodiche’ e cosa abbiano visto gli spettatori del San Carlo in quel
gennaio 1788.
La vicenda rappresentata racconta l’amore della matrigna di Ippolito per il
figliastro, e la gelosia nei confronti della rivale Aricia che ella vorrebbe co-
stringere ai voti vestali; racconta la dichiarazione a Ippolito del proprio amore
incestuoso dopo la (falsa) notizia della morte dello sposo Teseo; racconta infi-
9
Cfr. CARL DAHLHAUS, Drammaturgia dell’opera italiana, in Storia dell’opera italiana, a c. di
Lorenzo Bianconi e Giorgio Pestelli, vol. VI: Teorie e tecniche. Immagini e fantasmi, EDT,
Torino 1988, pp. 77-162: 92 ss.
10
Sulle implicazioni ideologiche ed estetiche della scelta dei soggetti operistici nelle
capitali italiane della Restaurazione cfr. MARCO EMANUELE, L’ultima “Didone”: il Meta-
stasio nell’Ottocento, «Musica e storia», VI/2, 1998, pp. 369-400 e EMANUELE SENICI, Mayr
e il Metastasio: un contesto per “Demetrio”, in Giovanni Simone Mayr: l’opera teatrale e la
musica sacra, atti del convegno internazionale di studio (Bergamo, 16-18 novembre
1995), a c. di Francesco Bellotto, Comune di Bergamo, Bergamo 1997, pp. 285-307.
11
Solo l’anno prima, e con grave nocumento della monumentalità del Pirro, il San
Carlo non prevedeva ancora la presenza stabile del coro: cfr. FRIEDRICH LIPPMANN, Il
“Grande Finale” nell’opera buffa e nell’opera seria: Paisiello e Rossini, «Rivista italiana di
musicologia», XXVII, 1992, pp. 225-55: 254.
FEDRA O ARICIA? LE RAGIONI DELLE “CAGIONI EPISODICHE” 5
di questo dramma, […] abbia tralasciato di rammentare fra coloro che tratta-
rono questo argomento l’immortale Frugoni». I due libretti in effetti sono
molto diversi e non soltanto perché l’uno è in cinque atti e l’altro in due12 o
perché quasi nessun verso passa direttamente dall’uno all’altro; i due libretti
sono molto diversi soprattutto perché Salvioni inventa situazioni nuove, ne
tralascia altre, e stabilisce una diversa pianificazione musicale per Paisiello (cfr.
il raffronto delle due opere in tabella 3): se la musica deve dar sostanza teatra-
le alla vicenda rappresentata nell’opera, «costituirla davvero come materiale
drammatico», allora i due libretti rispondono a strategie differenti. Salvioni
aggiunse un ricatto di Fedra a Aricia di cui parleremo oltre, mise in scena il
trionfale arrivo di Teseo e la lotta di Ippolito con il toro marino inviato da
Nettuno per vendicare la presunta offesa a Teseo; tralasciò invece la scena del-
lo scontro armato tra madre e figlio sorpreso dall’inaspettato ritorno di Teseo
(un’idea che Frugoni tradusse pari pari dall’opera di Rameau e di cui Pelle-
grin era particolarmente fiero),13 e il tentativo di ritrattazione di Fedra che
colma il quart’atto dell’opera di Traetta.
12
Fedra è una delle prime opere serie italiane ad essere concepite in due atti anziché
in tre: cfr. ROBINSON, L’opera napoletana, p. 304.
13
Al proposito cfr. il mio Le ‘intenzioni’ d’ “Hippolyte”, «Il Saggiatore musicale», III/2,
1996, pp. 393-409.
6 PAOLO RUSSO
14
Lorenzo Bianconi definisce Fedra «una tragedia intessuta di reticenza e fondata sulla
rimozione funesta d’una trasgressione innominabile»: Introduzione a Drammaturgia mu-
sicale, a c. di Lorenzo Bianconi, Il Mulino, Bologna 1986, pp. 9-51: 33.
15
Nn. 22-26: Learco, «Pietà non merita»; Fedra, «Vuoi dar morte a chi t’adora»; Aricia,
«Parti, ma pensa oh Dio!»; Ippolito, «Sostenetemi o Numi» – «Fra le miserie estreme».
FEDRA O ARICIA? LE RAGIONI DELLE “CAGIONI EPISODICHE” 7
19
Della banda sul palco a Napoli abbiamo notizia già nelle opere di Domenico Nata-
le Sarri (Partenope 1739 e, Ezio 1741). Dopo di che la tradizione fu continua fino al
Pirro di Paisiello e oltre. Cfr. in ogni caso JÜRGEN MAEHDER, Banda sul palco. Variable
Besetzungen in der Bühnenmusik der italiensichen Oper des 19. Jahrhunderts als Relikte alter
Besetzungstraditionen? in Alte Musik als asthetische Gegenwart, II, Bärenreiter, Kassel 1987;
Marco Beghelli nella introduzione a GIOACHINO ROSSINI, Tre cantate napoletane, musica di
Gioachino Rossini, a c. di Ilaria Narici, Marco Beghelli, Stefano Castelvecchi, Fonda-
zione Rossini, Pesaro 1999; ANGELO DE PAOLA, La banda. Evoluzione storica dell’organico,
Ricordi, Milano 2002, p. 38, KARL BÖHMER, S’ode da lontano armoniosa Marcia: Zur Rol-
le der Harmoniemusik im Musiktheater des spaten 18. Jahrunderts, in Schloss Engers. Collo-
quia zur Kammermusik, Band 2. Zur Harmoniemusik und ihrer Geschichte, Villa Musica,
Mainz 1999, pp. 125-37. Per queste segnalazioni ringrazio Antonio Carlini che sta rea-
lizzando un censimento delle opere con questo effetto drammatico.
20
Sull’introduzione del ballo ‘analogo’ nell’opera cfr. ANDREA CHEGAI, Sul “Ballo analo-
go” settecentesco: una drammaturgia di confine fra opera e azione coreutica, in Creature di Pro-
meteo cit., pp. 139-75: 150 che osserva: «Un procedimento, quello dell’uso simultaneo
di cori e danze, non privo di effetti spettacolari importanti, per via del dinamismo
scenico e della grandiosità sonora, ma evidentemente afflitto da intrinseche difficoltà
giacché Angiolini nelle sue lettere a Noverre sosteneva la necessità di predisporre mu-
siche atte a favorire l’impiego del ballo mediante aggiunta di brani coreutici adatti ai
soli e ai passi a due». Sul doppio ruolo, musicale e pantomimico, talvolta svolto dai
cori operistici di questi anni, cfr. dello stesso autore anche L’esilio di Metastasio. Forme e
riforme dello spettacolo d’opera fra Sette e Ottocento, Le Lettere, Firenze 1998, pp. 180-2,
che ricorda La morte di Cesare con un ‘coro con ballo’ (Venezia, 1788) e prima ancora
didascalie esplicite in Telemaco nell’Isola di Calipso (Firenze, 1773) o Cook, ossia gl’Inglesi
in Othaiti (Napoli, teatro del Fondo, 1785).
21
Cfr. ROBINSON, L’opera napoletana, p. 193. Su aspetti analoghi della divisione del lavo-
ro operistico settecentesco cfr. anche FRANCO PIPERNO, Drammaturgia e messinscena nel-
l’opera italiana fra sette e ottocento. Il caso degli “abbattimenti”, «Drammaturgia», I, 1994, pp.
39-64 che osserva come fosse consuetudine delegare ad altri maestri la composizione
delle sezioni spettacolari dell’opera, almeno fino al Catone di Paisiello del 1789.
22
Orfeo fu allestito a Napoli nel 1774, il 25 gennaio a Palazzo Reale e il 4 novembre
al San Carlo: nel primo caso si intervenne sul terz’atto, nel secondo la modifiche furo-
no più radicali. Sulla ricezione dell’opera di Gluck cfr. ALESSANDRA MARTINA, Orfeo-
Orphée di Gluck. Storia della trasmissione e della recezione, De Sono-Passigli, Torino 1995,
pp. 103-17 che spiega come a palazzo reale il duetto «Vieni, appaga il tuo consorte»
sia stato trasformato, tenendo d’occhio l’originale, in un grande brano pluritempo, in
FEDRA O ARICIA? LE RAGIONI DELLE “CAGIONI EPISODICHE” 9
infernale, cita «Chi mai dell’Erebo – Deh placatevi» di Gluck. Nel cul-
mine drammatico dell’opera, poi, il terzo blocco di scene del secondo
atto con la lotta contro il mostro, Salvioni e Paisiello giocano la carta
del duetto23 («No, non partir, ben mio», n. 37), concepito però come
pagina dal notevole dinamismo scenico e musicale: una campata unica
allinea il duetto di Ippolito e Aricia, l’arrivo del toro marino inviato da
Nettuno, la discesa di Diana a sostegno del principe, la sconfitta del
mostro e il coro festoso conclusivo. Paisiello fonde canto e pantomima:
emancipa la danza dal semplice ruolo decorativo24 e la impiega con
spiccato effetto drammatico. Il ballo è sistematicamente presente assie-
me al coro, e le didascalie sceniche prescrivono con cura le pantomime
che devono essere realizzate dalle masse e dai protagonisti: in II,9, per
esempio,
Vedesi gonfiarsi, e sollevarsi un’onda, che poi sciogliendosi, e cadendo, scopre
un toro marino spaventoso, che a poco a poco s’avvicina alla sponda. Fugge
Aricia, Ippolito snuda la spada e s’invia verso il mare. Il toro esce dall’acqua e
s’azzuffa con Ippolito. Intanto vedesi apparire tra le nubi la Dea Diana, che
scoccando dall’arco suo uno strale ferisce il toro, e questo contorcendosi, e di-
battendosi va a morire in un angolo della scena. All’arrivo di Diana uscirà pure
il coro, calmerà la tempesta: cesseranno i tuoni, e il lampi, tranquillerassi il mare,
e tornerà il cielo sereno.
bemolle e suddivisa sua volta in due sezioni ‘a due’, analoghe l’una al-
l’altra dalla melodia ben definita e dal chiaro profilo ritmico. Queste
due sezioni (c-c’) sono però separate tra loro da un’altra sezione molto
modulante, sebbene prevalentemente incentrata sul Mi bemolle: com-
posta da un tessuto di frasi incoerenti e mobili, intona a mo’ di arioso i
versi sciolti delle esclamazioni sconvolte di Ippolito e Aricia all’apparire
del mostro marino.
A B
a b c d c’
αβαα
Si7 Fa-Si7 Fa - Si7-Fa Si7 Mi7…Si7
La sezione chiude poi con l’aria di Ippolito «Lode a lei che a cinto
impera» (n. 38): una vera aria virtuosistica che celebra la vittoria sul
mostro marino. Il solista si staglia sullo sfondo della stabile base armo-
nica del coro: ogni ripresa dell’eroe è alternata ad ‘applausi’ della folla,
la costanza del metro poetico e del metro musicale lasciano inoltre
percepire una struttura strofica molto netta.
25
La struttura è più prevedibile: tripartita con ripresa abbreviata; una forma analoga a
quella della seconda aria di Ippolito.
26
Sull’obbligo convenzionale di affidare alle prime parti arie differenziate per caratte-
re espressivo ci informano diversi trattati e cronache del tempo. Fra gli altri cfr.
BROWN, Letters upon the poetry and music e ROBINSON, L’opera napoletana, pp. 110 ss.
27
Ippolito | Dramma serio per musica | Da rappresentarsi nel Real Teatro di S. Carlo
| nella giornata de’ 4 Novembre 1798 | in cui si festeggia | il nome di S. M. Maria
Carolina | d’Austria | Regina di Napoli nostra Signora | dedicato | alla reale maestà
| di | Ferdinando IV. | Borbone | nostro amabilissimo sovrano | In Napoli
MDCCXCVIII, | Nella stamperia Flautina | con licenza de’ superiori. A Ippolito è affida-
ta una sola aria, a Fedra due, come a Teseo; la partecipazione vocale degli altri attori,
Aricia compresa, sarà limitata a un’aria ciascuno. Ippolito doveva essere però compen-
sato dell’esiguo numero di arie con la partecipazione a pressoché tutti gli ensembles:
due duetti (con Teseo, e con Fedra), due terzetti (entrambi con Teseo e Fedra), Finale I
e II, Introduzione.
12 PAOLO RUSSO
la sua terza aria («Parti, ma pensa, oh Dio», n. 24) segue il ricatto di Fe-
dra; l’ultima, infine, «Tu pagherai la pena» (n. 40), con cui Aricia si con-
geda, disperata, apostrofando la regina, è il vero finale tragico. Una selva
di violenti epiteti e minacce (pagherai la pena, Barbara, indegna, empi,
trema, ira del ciel…) sono organizzati in un’ampia aria bipartita ade-
guata alla scena culmine, della prima donna del San Carlo.28 Ciò che
segue non ha infatti gran rilievo musicale se si eccettua il coro con so-
lista suggello dell’inaspettato lieto fine.
Se dunque Ippolito è musicalmente definito coi tratti dell’eroe (ed
infatti non assiste alla cerimonia di consacrazione, come farà nell’Ippoli-
to napoletano di un decennio dopo: anche nelle vesti dell’eroe che gli
cuce addosso Salvioni avrebbe dovuto interrompere quella cerimonia
senza attendere l’arrivo di Diana), Aricia è invece il ruolo della prota-
gonista emotiva della tragedia, strattonata e scossa dagli inganni e dalle
insidie di regina.
Le arie di Fedra, dal canto loro, inframmezzano quelle di Aricia, i
loro accenti di acceso e violento furore creano contrasto con la tene-
rezza e l’ansia della prima donna: la regina risponde insomma all’esi-
genza di chiaroscuro che Robinson individua tra le funzioni principali
delle seconde parti. Fedra è ridotta a espediente teatrale, è colei che in-
nesca e gestisce la vicenda, ma anche colei che meno appare in termini
musicali. Le sue due arie sono entrambe in regolari forme tripartite e
uniformi per carattere: la prima, «Svegliati all’ire omai» (n. 12), di sette-
nari terribili per accostamenti di rime [esangue/sangue, morte/forte],
la seconda, «Vuoi dar morte a chi t’adora» (n. 23), di minacciosi ottona-
ri contro Aricia. Entrambe sono dialogiche, non esprimono affetti ma
28
Vincenzo Manfredini definisce i rondò degli anni ’80 «arie ampie e sublimi che
contengono due motivi, o soggetti, uno lento, e l’altro spirituoso, replicati due volte
solamente, le quali arie sono certamente migliori delle così dette arie cantabili anti-
che, perché più naturali, più vere, e più espressive … non veri rondò, benché ne ab-
biano qualche somiglianza, ma son’arie grandiose e veramente eroiche»: Difesa della
musica moderna e de’ suoi celebri esecutori, supplemento a c. di STEFANO ARTEAGA, Le rivo-
luzioni del teatro musicale italiano, vol. III, Trenti, Bologna 1788, pp. 195 ss. Cfr. anche
MARTINA, Orfeo-Orphée, p. 108. Erano dunque arie in due tempi, ma solo il primo
uomo o la prima donna erano ammessi a cantarle. Sulle strutture formali delle aria di
questi anni cfr. il capitale JAMES WEBSTER, The Analysis of Mozart’s Arias, in Mozart Stu-
dies, a c. di CLIFF EISEN, Clarendon Press, Oxford 1991, p. ??? e, più recenti, ANDREA
CHEGAI, La cabaletta dei castrati. Attraverso le “solite forme” dell’opera italiana tardosettecente-
sca, «Il Saggiatore musicale», X, 2003, pp. 221-68 e MARINO NAHON, Le origini del rondò
vocale a due tempi. Tempo musicale e tempo scenico nell’aria seria tardosettecentesca, in «Musi-
ca e storia», XIV, 2005, pp. ??-??.
FEDRA O ARICIA? LE RAGIONI DELLE “CAGIONI EPISODICHE” 13
34
La diffusione napoletana dei melologhi di Benda fu sostenuta da Norbert Hadrava,
ufficiale di origine ungherese e in quegli anni segretario dell’ambasciatore austriaco:
dopo Arianna a Nasso nel 1783 fece eseguire Medea, proposta assieme a sinfonie di
Ditters von Dittersdorf (Le quattro età del mondo, La caduta di Fetonte e Atteone
trasformato in cervo, di ciascuna delle quali viene pubblicato il programma descrittivo
tratto dalle Metamorfosi di Ovidio), e a farse inglesi, tedesche e francesi (rispettiva-
mente Il paggio, Il corsaro inglese, Gli originali). Sull’episodio si vedano gli studi di
LUCIO TUFANO, Un melologo inedito di Francesco Saverio Salfi: Medea, in Salfi librettista.
Studi e testi, a c. di Francesco Paolo Russo, Monteleone,Vibo Valentia 2001, pp. 97-131
e ID., Teatro musicale e massoneria: appunti sulla diffusione del melologo a Napoli (1773-1792),
in Napoli 1799 tra storia e storiografia, Atti del convegno (Napoli, 21-24 gennaio 1999), a
c. di Anna Maria Rao,Vivarium, Napoli in corso di stampa. Me ne sono occupato nel
mio “Medea in Corinto” di Felice Romani. Storia, fonti e tradizione, Olschki, Firenze 2004.
35
Cfr. ROBINSON, L’opera napoletana, p. 108 che sottolinea come Alcide fosse un caso
isolato degli anni russi di Paisiello, e come una volta rientrato in patria il maestro na-
poletano non avesse potuto utilizzare in modo più esteso il recitativo accompagnato
se non voleva alterare l’equilibrio della opera italiana e della sua vocalità. Il fatto che,
invece, in Fedra, un personaggio sia pressoché sempre intonato in quella modalità se-
gnala dunque l’intenzione di sperimentare nuovi equilibri espressivi entro il genere
operistico.
FEDRA O ARICIA? LE RAGIONI DELLE “CAGIONI EPISODICHE” 15
36
Cfr. MICHELA GARDA, Musica sublime. Metamorfosi di un’idea nel Settecento musicale, Ri-
cordi-Milano, LIM-Lucca 1995, p. 137.
37
Cfr. FRANCA CELLA, Aspetti e problemi dell’opera, la librettistica: verso l’approdo romantico,
in Storia dell’opera, a c. di Guglielmo Barblan e Alberto Basso, UTET, Torino 1977,
III/2, pp. 17 ss., a cui risponde LUISA COSI, Un contributo napoletano al “falso piano dell’o-
pera francese”: il “Pirro” di De Gamerra-Paisiello, in Gli affetti convenienti all’idee. Studi sul-
la musica vocale italiana, a c. di Maria Caraci Vela, Rosa Cafiero, Angela Romagnoli,
Edizioni Scientifiche Italiane, Napoli-Roma-Benevento-Milano, 1993, pp. 167-191.
Sul Pirro si veda anche FRANCESCO PAOLO RUSSO, Il “Pirro” di De Gamerra e Paisiello e il
rinnovamento del linguaggio operistico tardo-settecentesco, «Nuovi Studi Livornesi», V, 1997,
pp. 173-91 e il capitolo che a quest’opera dedica SERGIO DURANTE, Mozart and the Idea
of “Vera Opera”: A Study of «La Clemenza di Tito», Ph. D. Harvard University, 1993, pp.
259-89.
38
Sul ruolo di Venezia in questa prospettiva cfr. MARITA P. MCCLYMONDS, The Venetian
Role in the Transformation of Italian Opera Seria During the 1790’s, in I vicini di Mozart,
Atti del convegno internazionale di studi (Venezia 7-9 settembre 1987), vol. I: Il teatro
musicale tra Sette e Ottocento, a c. di Maria Teresa Muraro, Olschki, Firenze 1989, pp.
221-40.
39
EDMUND BURKE, Philosophical Enquiry into the Origin of our Ideas of the Sublime and
Beautiful, scritto nel 1756 ma diffuso in Francia a partire dagli anni sessanta e settanta:
cfr. LUCA ZOPPELLI, Lo stile sublime nella musica del Settecento: premesse poetiche e recettive,
«Recercare», II, 1990, pp. 71-93. Sulla diversa accezione delle teorie sul sublime sette-
centesche, e in particolare quelle che animavano Diderot piuttosto che Burke cfr.
GARDA, Musica sublime, pp. 30-2.
16 PAOLO RUSSO
ri, le arie con gli cori, le arie cantabili, la marcia militare frammischia
[ta] col canto, le sinfonie a tre tempi ed a un tempo solo».40
Rendere Fedra protagonista avrebbe creato inoltre, un’altra difficoltà:
come già in Frugoni e Pellegrin, l’interesse concentrato su Ippolito e
Aricia consentiva di rispettare la logica conclusione del mito con la
morte di Fedra, senza inficiare il lieto fine.41 L’ultimo episodio del se-
condo atto, infatti, liquida in poche battute di recitativo la morte della
regina e dimostra ulteriormente come fabula e drammatizzazione musi-
cale rispondano a logiche differenti: non necessariamente fasi cruciali
dell’intreccio narrato hanno adeguato peso nel dramma musicale e vi-
ceversa. L’epilogo tragico, la confessione e il suicidio di Fedra, è neces-
sario e fondante del dramma narrabile, del mito, ma appare accessorio e
trascurabile in quello musicale che infatti non gli dedica alcun numero
complesso, e nell’ultima aria preferisce piuttosto dar voce all’ansia di
Aricia convinta della morte di Ippolito. Salvioni e Paisiello d’altra parte
non avrebbero potuto fare altrimenti: la scena della confessione e mor-
te di Fedra aveva senso, nella tragedia, come conclusione logica di un
dramma ‘chiuso’,42 di una vicenda esemplare e catartica, ma nella logica
di un dramma ‘aperto’, com’è quello musicale – che utilizza cioè una
vicenda, una fabula, per inscenare singole situazioni ritenute significati-
ve sotto il profilo musicale – non poteva avere alcun ‘peso’, non poteva
essere costituita in quanto dramma e non ha quindi visibilità. Di nuovo,
logiche drammatiche letterarie e musicali divergono: se Salvioni può
essere sedotto dal fascino ‘terribile’ del soggetto letterario, non ha an-
cora gli strumenti, poetici in primo luogo, per renderlo musicalmente
rilevante. Affinché un finale tragico potesse essere accettato nell’opera,
e quindi diventare musicabile, era necessario che alla scena della morte
40
Cfr. AGOSTINO ZIINO, La dissertazione sullo stato attuale della musica italiana (Venezia
1811) di Giovanni Agostino Perotti ed una lettera inedita di Giovanni Paisiello, «Quadri-
vium», XXII, 1981, pp. 201-13 e GIULIANA GIALDRONI – AGOSTINO ZIINO, “Compositori
originali” e “compositori imitatori”, in Napoli e il teatro musicale in Europa tra sette e ottocen-
to. Studi in onore di Friedrich Lippmann, a c. di Bianca Maria Antolini e Wolfgang Wi-
tzenmann, Olschki, Firenze 1993, pp. 369-81. Cfr. anche LIPPMANN, Il “Grande finale”.
41
Sul problema del finale tragico nell’opera cfr. MARITA P. MCCLYMONDS, “La morte di
Semiramide ossia La vendetta di Nino” and the Restoration of Death and Tragedy to the Ita-
lian Operatic Stage in the 1780s and 90s, in Trasmissione e recezione delle forme di cultura mu-
sicale, atti del XIV Congresso della Società Internazionale di Musicologia, a c. di Angelo
Pompilio et al., EDT, Torino 1990, III: Freepapers, pp. 285-92.
42
Sui concetti di dramma ‘aperto’ e ‘chiuso’ cfr. CARL DAHLHAUS, Wagners Konzeption
des musikalischen Dramas, Bosse Verlag, Regensburg 1971, traduzione it., La concezione
wagneriana del dramma musicale, Discanto, Fiesole (FI), 1983, pp. 24 ss.
FEDRA O ARICIA? LE RAGIONI DELLE “CAGIONI EPISODICHE” 17
Ippolito e Aricia
Parma, Ducale, 1759
Carlo Maria Frugoni, musica di Tommaso Traetta
Fedra
Napoli, San Carlo, 1788
Abate Salvioni, musica di Giovanni Paisiello
Teseo a Stige
Firenze, Pergola, 1791
?, Musica di Sebastiano Nasolini
Ippolito
Napoli, San Carlo, 4 novembre 1798
?, musica di Pietro Gugliemi (dedica di Onorato Balsamo)
La Fedra o sia il ritorno di Teseo
Roma, Torre Argentina, 1804
?, musica di Giuseppe Nicolini
43
Per dirla con un verso tratto dal libretto di Anna Bolena di qualche anno successivo.
Già del 1804, comunque, un allestimento romano del mito intonato da Giuseppe Ni-
colini – La Fedra | o sia | Il ritorno di Teseo | Dramma serio per musica | da rap-
presentarsi | nel Nobil Teatro | di Torre Argentina | il Carnevale dell’anno 1804. |
Dedicato a sua eccellenza | la signora principessa | D. Paolina Borghese | nata Bona-
parte | In Roma, | presso Michele Puccinelli a Tor Sanguigna. | Con licenza de’ su-
periori – aveva dato molto più rilievo a Fedra cui spettano due arie, un duetto con
Ippolito, uno con Teseo, e un Rondò, mentre Aricia, Ippolito, Teramene e Cleone si
limitano a due arie ciascuno; si conferma poi la particolarità del ruolo di Teseo con
l’attribuzione di due arie di cui una sostenuta dal coro.
18 PAOLO RUSSO
Fedra
Milano, La Scala, 1821
Luigi Romanelli, musica di Giovanni Simone Mayr
Fedra
Firenze, Pergola, 1823
Luigi Romanelli, musica di Ferdinando Orlandi
FEDRA O ARICIA? LE RAGIONI DELLE “CAGIONI EPISODICHE” 19
TABELLA 2: OSSATURA DELLA «FEDRA» DI SALVIONI E PAISIELLO, NAPOLI, SAN CARLO, 1788
N. 144 ouverture
Gran tempio dedicato a Diana, ara e fuoco acceso Cerimonia di consacrazione di Aricia a Diana interrotta dalla Dea
I,2 Aricia, Coro, sacerdotessa, Fedra Preparativi per la cerimonia di consacrazione, rifiuto di Aricia e
alterco con Fedra.
N. 5 Coro, «Giusti dei che in ciel regnate»; (Ballo) Intervento di Diana in soccorso di Aricia.
N. 6 Sinfonia,
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Utilizzo la numerazione adottata in ROBINSON, Giovanni Paisiello. A Thematic Catalogue, pp. 408-14.
20 PAOLO RUSSO
N. 8 Aria di Aricia, «Se nell’amar chi l’ama» – Reazione affettiva alla dichiarazione di Ippolito e alla intercessione
di Diana.
N. 9 - 10 Ballo – Gavotta
Breve galleria nella reggia Dichiarazione di Fedra a Ippolito e reazione di Aricia nel vedere
Ippolito turbato
N. 11 Aria di Learco, «D’un labbro sincero» Learco incita Fedra a rivelare l’amore incestuoso.
N. 12 Rec. accompagnato e aria di Fedra, «Cessa, o crudele – Sve- Dichiarazione di Fedra e scandalo di Ippolito.
gliati all’ire omai»
I,7 Aricia, Ippolito Ippolito, turbato non riesce a spiegare il suo smarrimento
N. 13-14 Rec. accompagnato e aria di Aricia, «Che sarà mai? – Aricia che, sola, esprime le sue ansie d’amore.
Mille perigli insieme»
I,10 Teseo, Tisifone e Plutone, Coro, una voce Plutone condanna Teseo alle pene infernali lontano dall’amico Pi-
ritoo. Teseo invoca l’aiuto di Nettuno.
FEDRA O ARICIA? LE RAGIONI DELLE “CAGIONI EPISODICHE” 21
N. 19 Sinfonia e rec. secco di Mercurio Scende Mercurio che intercede per Teseo. L’eroe esce dall’inferno
tra le minacce delle furie e la funesta profezia di Plutone.
N. 20 Rec. accompagnato di Teseo, «Oh minaccia ond’io sento»
N. 23 Aria di Fedra, «Vuoi dar morte a chi t’adora» Ricatto di Fedra e Learco ad Aricia obbligata a rifiutare le rifiutare
le profferte d’amore di Ippolito.
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ROBINSON, Giovanni Paisiello. A Thematic Catalogue p. 411, considera questo numero come un unico coro di Teseo con Furie anziché
come aria di Teseo con coro: data la struttura e lo spiccato ruolo solistico di Teseo, mi sembra più opportuno considerarlo un numero ef-
fettivamente dedicato al cantante.
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II,3 Aricia e Ippolito (Fedra e Learco nascosti) Aricia dichiara di non amare più Ippolito.
N. 25-26 Rec. acc. e aria di Ippolito, «Sostenetemi o Numi – Fra Reazione emotiva di Ippolito, solo, all’inspiegato abbandono di
le miserie estreme» Aricia.
LIDO DI MARE IN PROSPETTO… Ritorno di Teseo e invocazione a Nettuno e intervento del dio
II,5 Fedra, Learco Complottano contro Ippolito per evitare che Teseo, inaspettata-
mente tornato in vita, venga a sapere il peccato di Fedra.
N. 29-31 Ballo: Largo – [altro ballo] – Ciaccona Festosa accoglienza di Teseo da parte del popolo, smarrimento di
Fedra e Ippolito; reazione affettiva di Teseo.
N. 34 Rec. accompagnato di Teseo, «Giusto ciel! Quale appresi» Teseo invoca la vendetta di Nettuno e scaccia sdegnato il figlio.
II,9 Ippolito e Aricia I due amanti chiariscono l’equivoco dovuto al ricatto, ma vengo-
no sorpresi dal toro marino. Aricia fugge, Ippolito s’avventa contro
il mostro.
II,10 Diana e Ippolito e coro Diana salva Ippolito e l’eroe rende onore alla Dea con un coro di
fauni, driadi e divinità silvestri .
Atrio del Tempio di Diana Reazione a corte della presunta morte di Ippolito e lieto fine
II,11 Aricia in ambasce poi Fedra Aricia incontra Fedra, e, sdegnata, la informa della morte (suppo-
sta) di Ippolito.
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ROBINSON, Giovanni Paisiello. A Thematic Catalogue p. 413, considera questo numero un «Chorus of huntsmen», ma l’autografo indica
«Segue Cavatina di Ippolito e Dopo Coroe dopo subito scena XI con Rec. ed aria di Aricia»: dato lo spiccato ruolo di primo piano as-
sunto da Ippolito, mi sembra effettivamente più opportuno considerarlo un numero dedicato al cantante.
24 PAOLO RUSSO
II,12 Teseo Fedra Fedra si confessa a Teseo ed entra per togliersi la vita.
II,13 Teseo solo Teseo da voce alla propria disperazione e fa per uccidersi.
II,14 Teseo, Diana, Ippolito, Aricia Scende Diana, ferma la mano di Teseo e gli rende il figlio. Unione
con Aricia e lieto fine
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ROBINSON, Giovanni Paisiello. A Thematic Catalogue p. 413, aveva definisce questo numero come recitativo accompagnato di Aricia e Fe-
dra; Fedra ha tuttavia un ruolo secondario: è poco più che una spalla che provoca Aricia e la porta a sfogarsi nell’aria. Nella didascalia ci-
tata sopra, d’altra parte, l’autografo napoletano non fa menzione di Fedra.
FEDRA O ARICIA? LE RAGIONI DELLE “CAGIONI EPISODICHE” 25
dere Ippolito turbato: aria di Learco, aria di Fedra, rec. acc. e aria
di Aricia
I,9-11 Processo, liberazione di Teseo agl’inferi e profezia: coro, recc.
II atto
Teseo agli inferi: coro infernale, danze, aria di Plutone, danze, coro
infernale, duetto delle parche, aria di Teseo, coro infernale, danze
III atto
II atto
II,1-4
Ricatto di Fedra ad Aricia: aria di Learco, aria di Fedra, aria
di Aricia, rec. acc. e aria di Ippolito.
e ritorno di Teseo: aria di Ippolito, aria di Teseo (invocazione a
II,5-8 Ritorno di Teseo e invocazione a Nettuno: coro e ballo, aria
Nettuno), coro di marinai, danze, canzonetta di una marinaia
di Learco, recc. acc. e aria di Teseo
IV atto
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V atto
Confessione, catastrofe e lieto fine: arietta di Diana, duetto Aricia e II,11-14 Reazione a corte della presunta morte di Ippolito e lieto
Ippolito, danze, coro fine: rec. acc. e aria di Aricia, coro finale.
IPPOLITO 3 arie, 1 duetto 3 arie, 1 duetto 3 arie, 2 terzetti finali , 1 aria, 2 duetti, 2 arie, 1 duetto,
TESEO 3 arie 3 arie 2 arie, 2 terzetti finali 2 arie, 1 duetto, 2 arie, 1 duetto
FEDRA 3 arie 2 arie 4 arie, terzetto finale I 2 arie, 1 duetto 3 arie, 2 duetti
2 a 3, 1 Finale 1 a 3, 1 Finale.