In copertina:
Il Teatro Petruzzelli (1903), con il sipario dipinto da Raffaele Armenise
(il doge Orseolo II libera la città di Bari dall’assedio dei Saraceni).
(foto di Peppino Addante)
ISBN 978-88-7553-104-1
Edizioni
dal Sud
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5
ANGELA ANNESE. Docente di Pianoforte al Conservatorio di Bari, è membro del CRAV (Centro Ricer-
che Avanguardie) presso l’Università degli Studi di Bari e collabora regolarmente tramite progetti di
ricerca e pubblicazioni con il Dipartimento di Anglistica della Facoltà di Lingue e Letterature Straniere.
NICOLA BADOLATO. Dottore di ricerca in Musicologia e Beni musicali nell’Università di Bologna, ha
frequentato un postdottorato alla Yale University. È assegnista di ricerca nel Dipartimento di Musica e
Spettacolo dell’ateneo bolognese e collabora all’edizione critica dei libretti delle opere di Francesco
Cavalli.
MARCO BEGHELLI. Docente di Filologia musicale nell’Università di Bologna, dedica le sue ricerche al
teatro d’opera fra Sette e Novecento, affrontato da diverse prospettive (storica, drammaturgica, socio-
logica, semiologica, filologica). Ha curato le edizioni di Tutti i libretti di Mozart e Tutti i libretti di
Rossini (Garzanti-Utet), nonché varie edizioni critiche di partiture teatrali. Volume di riferimento: La
retorica del rituale nel melodramma ottocentesco (Parma, Istituto nazionale di Studi verdiani). Nel
Dipartimento di Musica e Spettacolo dell’Università di Bologna coordina l’Archivio del Canto, dove
si raccolgono fondi documentari relativi a cantanti lirici del passato.
BEATRICE BIRARDI. Diplomata in Strumenti a percussione (Bari) e laureata in Musicologia (Lecce),
attualmente svolge il dottorato di ricerca in Storia e critica dei Beni musicali presso l’Università del
Salento e insegna strumento musicale negli istituti superiori.
ANNAMARIA BONSANTE. Diplomata in Violino e laureata in Lettere a Bari, ha conseguito il titolo di
Dottore di Ricerca presso «La Sapienza» di Roma. Docente di Storia della Musica nei conservatori
statali, è risultata vincitrice della borsa di studio «Luigi ed Eleonora Ronga» (Accademia dei Lincei) nel
2009.
DANIELE BUCCIO. Diplomato in pianoforte (1997) e in composizione (2006) ha conseguito il titolo di
dottore di ricerca in Musicologia e Beni musicali presso l’Università di Bologna (La psicologia della
Gestalt. Ricerche teoriche e sperimentali sulla percezione sonora e musicale (1890-1939), relatore
Maurizio Giani).
FABRIZIO BUGANI. Diplomato in corno, ha studiato composizione, direzione di coro e direzione d’or-
chestra. Si è addottorato presso l’Università di Bologna. Interessato in particolare alla musica per stru-
menti a fiato, pubblica per la casa editrice milanese Wicky. È coordinatore didattico-artistico della
Scuola comunale di educazione musicale «Vassura-Baroncini» di Imola, con la quale collabora come
docente dal 1993.
PAOLO CANDIDO. Diplomato in Pianoforte, Direzione d’orchestra, Musica corale e direzione di coro,
Strumentazione per banda, ha composto svariate opere e ha al suo attivo una corposa attività diretto-
riale. È docente di Armonia complementare presso il Conservatorio di Foggia. Con Francesco Lotoro
è coautore dei libri Fonte di ogni bene. Canti di risveglio ebraico composti dal 1930 al 1945 a
Sannicandro Garganico (2009) e Renato Virgilio - Vita e opere di un musicista (2010).
CARLA CANTATORE. Diplomata in pianoforte è musicoterapista. Ha curato l’edizione critica dell’ora-
torio Sant’Elena al Calvario di Leonardo Leo. Per la Facoltà di Musicologia dell’Università di Regen-
sburg, ha collaborato alla stesura del volume di Warren Kirkendale The court musicians in Florence
during the Principate of the Medici (Firenze, Olschki 1993).
ANTONIO CAROCCIA. Diplomato in Clarinetto e laureato in Musicologia presso l’Università di Pavia
ove ha collaborato con il RILM, è stato catalogatore musicale per diversi anni presso la biblioteca del
Conservatorio di Napoli. Docente di Storia della musica nei conservatori statali, è autore di una mono-
grafia sulla corrispondenza di Francesco Florimo e di numerosi saggi sulla musica a Napoli nel Sette e
Ottocento.
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ANNAMARIA BONSANTE. Diplomata in Violino e laureata in Lettere a Bari, ha conseguito il titolo di Dottore
di Ricerca presso «La Sapienza» di Roma. Docente di Storia della Musica nei conservatori statali, è
risultata vincitrice della borsa di studio «Luigi ed Eleonora Ronga» (Accademia dei Lincei) nel 2009.
GIOVANNI CASSANELLI. Diplomato in Pianoforte e laureato in Lettere, è Dottore di ricerca in Storia
dell’Arte comparata, civiltà e culture dei Paesi Mediterranei conuna tesi su Elena da Feltre di Saverio
Mercadante. È professore a contratto di Storia della Musica presso la Facoltà di Lettere e Filosofia
dell’Università «Aldo Moro» di Bari - sede di Brindisi.
ANNA CATINO. Diplomata in Pianoforte e in Didattica della Musica presso il Conservatorio di Bari si è
laureata in Beni Musicali presso l’Università del Salento. Ha pubblicato La scuola di musica e la
banda musicale del Real Ospizio di Giovinazzo (Molfetta, 2007) e Alfredo Macchitella. La musica da
camera nell’Italia meridionale tra XIX e XX secolo (Barletta, 2010).
LINDA CIMARDI. Laureata presso l’Università di Bologna attualmente presso lo stesso ateneo sta
frequentando il Dottorato di ricerca in Musicologia e Beni musicali. Si occupa di ricerca etnomusicologica
in Africa equatoriale, in particolare in Uganda.
LUISA COSI. Docente di Storia della musica e responsabile del Dipartimento di Musica antica del
Conservatorio «Tito Schipa» di Lecce, è professore a contratto presso l’Università del Salento. Ha
scritto preziose monografie e saggi sulla vita musicale salentina dal Settecento all’Ottocento. Per il
Festival della Valle d’Itria ha revisionato diverse partiture di autori pugliesi.
FEDELE DE PALMA. Diplomato in chitarra e mandolino, laureato in lettere classiche e dottore di ricerca
con curriculum musicologico presso l’Università «Aldo Moro» di Bari, oltre a diversi saggi per riviste
specializzate e libri universitari ha pubblicato per le Edizioni del Gripho ’O re de li stromiente dedicato
al colascione seicentesco.
DINO FORESIO. Critico musicale e giornalista dal 1979 si occupa di critica musicale e discografica su
quotidiani e periodici italiani e stranieri, attività che alterna a quella didattica. È autore di numerosi
volumi monografici e collettanei su compositori pugliesi, tra gli altri, Giovanni Paisiello, Dante Alderighi,
Mario Costa e Domenico Savino.
ANNAMARIA GIANNELLI. Titolare della cattedra di pianoforte nella Scuola «De Amicis» di Triggiano,
unitamente all’attività concertistica svolge quella di ricerca con particolare riguardo alla musica del
Novecento. Per l’editore barese Papageno ha pubblicato una monografia su Orazio Fiume.
SARAH IACONO. Laureata presso la Facoltà di Beni Culturali a Lecce, si è addottorata in Storia e critica
dei Beni Musicali presso lo stesso ateneo. Ha collaborato al Progetto Europeo Integrato per il Restauro
e la Valorizzazione del Patrimonio Artistico-Culturale del Conservatorio «San Pietro a Majella» di
Napoli.
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ALESSANDRO MACCHIA. Chitarrista e dottore di ricerca in Storia e critica dei Beni musicali, ha insegnato
Elementi di armonia e contrappunto e Storia della musica moderna e contemporanea presso l’Università
del Salento. È autore di Tombeaux. Epicedi per le Grandi Guerre (Ricordi 2005) e di una fitta produzione
saggistica sulla musica dell’Ottocento e del Novecento. È fondatore e direttore artistico del «Festival
dell’opera per voci bianche» di Lecce.
ALESSANDRO MASTROPIETRO. Ha studiato pianoforte, composizione, musica elettronica e direzione
d’orchestra nel Conservatorio dell’Aquila. Laureato e addottorato presso l’Università «La Sapienza»
si occupa della produzione musicale dell’ultimo sessantennio. Ha curato l’edizione critica degli scritti
di Domenico Guaccero. È ricercatore in Musicologia e Storia della Musica presso l’Università di Catania.
LORENZO MATTEI. Diplomato in Pianoforte e laureato in Lettere a Firenze, si è addottorato alla
«Sapienza» di Roma in Storia e Analisi delle Culture musicali. Docente di storia della musica nei
conservatori statali è professore a contratto nelle Università di Bari, Lecce, Teramo. Autore di vari saggi
sull’opera seria dell’ultimo Settecento, per Ricordi ha pubblicato l’edizione critica dei frammenti
dell’Ernani di Bellini e l’anastatica dei Giuochi d’Agrigento di Paisiello. Dirige il «Giovanni Paisiello
Festival» di Taranto.
FRANCESCO MAZZOTTA. Giornalista e critico musicale del «Corriere del Mezzogiorno» ha collaborato
con l’enciclopedia Die Musik in Geschichte und Gegenwart e ha redatto numerosi programmi di sala.
È stato redattore dell’ufficio stampa del Festival della Valle d’Itria di Martina Franca e attualmente è
responsabile dell’ufficio stampa della Fondazione Nuovo Teatro Verdi di Brindisi.
PIERFRANCO MOLITERNI. Professore associato di Storia della Musica Moderna e Contemporanea
presso la Facoltà di Lingue di Bari (unica cattedra pugliese di pertinenza musicale), ha scritto numerosi
saggi e monografie sulla musica in Puglia (da Piccinni a Casavola). Consulente artistico del Petruzzelli
per un decennio, è stato uno dei principali animatori della vita musicale barese in veste di musicologo
e di violinista.
GIOACCHINO PALMA. Compositore e musicologo. Docente di Storia ed analisi del repertorio e Storia e
tecnologia degli strumenti musicali (indirizzo tecnologico) presso il Conservatorio di Lecce. È
responsabile del laboratorio musicale multimediale del coordinamento SIBA presso l’Università del
Salento. È autore di studi sulla musica contemporanea.
CATERINA PULITO. Diplomata in Pianoforte e laureata in Lettere a Bari, si è addottorata in Musicologia
presso l’Università di Bologna con una dissertazione sul Code de Musique di Rameau, ed è docente di
Educazione musicale nella scuola secondaria di primo grado.
FRANCESCO SCOGNAMIGLIO. Laureato al DAMS di Bologna, nello stesso ateneo ha conseguito il titolo
di dottore di ricerca in Musicologia e Beni musicali specializzandosi su César Franck. Collabora dal
2003 con la segreteria di redazione della rivista «Il Saggiatore musicale».
NICOLA USULA. Laureato in Beni Culturali a Cagliari con Roberta Costa è specializzando a Bologna
con una tesi sul Seicento operistico sotto la guida di Lorenzo Bianconi e Marco Beghelli. Studia
composizione e direzione corale al Conservatorio «Girolamo Frescobaldi» di Ferrara.
PAOLO VALENTI. Laureato presso l’Università di Bologna con una tesi in Estetica musicale, è attualmente
iscritto al Dottorato di ricerca in Musicologia e Beni musicali presso lo stesso ateneo. Si occupa
prevalentemente di estetica e musica dell’Ottocento.
NICOLA VENTRELLA. Diplomato in pianoforte e composizione ha conseguito il Diploma di II livello in
Discipline musicali presso il Conservatorio di Bari. All’attività di direttore d’orchestra, pianista,
arrangiatore e docente, affianca quella di ricerca.
PAOLO VITTORELLI. Laureato in Conservazione dei Beni Culturali è dottorando di ricerca in Musicologia
e Beni musicali presso l’Università di Bologna. Suo campo d’indagine prediletto è il trattato Practica
Musicae di Franchino Gaffurio.
Indice
35 Gennaro Abbate
37 Enrico Abbate
38 Emanuele Bernardini Marrese
39 Ulderico Bernardini Marrese
40 Luigi Francesco Bianco
41 Pasquale Bona
44 Giuseppe Cacace
47 Luigi Giuseppe Capotorti
53 Carlo Carducci Agustini
55 Edgardo Carducci Agustini
64 Giovanni Gualberto Carducci Agustini Dell’Antoglietta
68 Franco Casavola
74 Nicola Cassano
76 Nicola Cosmo
78 Pasquale Mario Costa
85 Vito Cozzoli
87 Giuseppe Curci
94 Roberto Curci
95 Nicola D’Ammacco
96 Nicola De Giosa
103 Francesco De Matteo
106 Francesco Paolo De Renzio
108 Pasquale Di Cagno
111 Marco Falgheri
113 Ivan Fedele
117 Nicola Ferri
119 Giovanni Festa
121 Salvatore Fighera
123 Vincenzo Fiodo
126 Giuseppe Fiore
127 Matteo Luigi Fischetti
128 Orazio Fiume
136 Nicola Fornasini
138 Raffaele Gervasio
143 Vincenzo Giannini
145 Ugo Giuseppe Gigante
147 Umberto Giordano
156 Domenico Guaccero
164 Giacomo Lapolla
165 Reinhold Raoul Laquai
166 Pasquale La Rotella
172 Vincenzo Lavigna
176 Francesco Libetta
180 Giuseppe Lillo
186 Francesco Lotoro
188 Alfredo Macchitella
195 Francesco Magliocco
199 Giuseppe Mascia
200 Saverio Mercadante
218 Dino Milella
224 Vitantonio Waldemaro Morgese
226 Dante Morlino
230 Evemero Nardella
233 Giulio Pansini
234 Francesco Peruzzi
238 Giuseppe Peruzzi
240 Ottone Pesce
242 Giovanni Petrucci
243 Francesco Pisano
244 Carmelo Preite
246 Teresa Procaccini
250 Beniamino Rossi
254 Giacinto Sallustio
257 Oronzo Maria Scarano
260 Nicola Scardicchio
264 Tito Schipa
267 Alfredo Luis Schiuma
271 Rito Selvaggi
277 Carlo Sessa
279 Giovanni Spezzaferri
282 Giovanni Tamborrino
287 Gaetano Tarantini
289 Leopoldo Tarantini
290 Giovanni Tauro
291 Umberto Tucci
294 Vincenzo Valente
297 Nicola (Niccolò) van Westerhout
303 Giovanni Vavalli
304 Renato Virgilio
Prefazione
1
Sulla valorizzazione dei patrimoni identitari regionali rimando all’ottima monografia di Renata
SALVARANI, Storia locale e valorizzazione del territorio. Dalla ricerca ai progetti, Vita & Pensiero,
Milano 2005.
2
Per parecchie delle voci censite si è riusciti a fornire notizie che ben poco aggiungono ai già
scarni dati presenti nel pionieristico volume di Pasquale Sorrenti (I musicisti di Puglia, Laterza &
Polo, Bari 1966). Nel caso, invece, di alcune voci – in particolare quelle curate da Marco Beghelli
e Daniele Buccio – si è verificata una proliferazione di nuove e preziose informazioni, frutto di un
approfondito lavoro di ricerca. Resta ancora tutto da svolgere lo spoglio del materiale emerografico
12
7
Si precisa qui in nota che per gli operisti del Novecento e per quelli contemporanei non è stata
mantenuta la sezione dedicata alle “edizioni moderne”, ancora utile invece per gli autori dell’Ottocento.
Delle edizioni a stampa post 1900 si sono indicate solo quelle di non facile reperimento o assenti
nei maggiori cataloghi nazionali. Per questioni di spazio la voce CASAVOLA non riporta l’elenco di
musiche per film e per balletto, che il lettore può agevolmente ritrovare nelle monografie di MOLITERNI
e di SEBASTIANI.
8
Ringrazio Francesco Muolo per avermi messo a disposizione il libretto e la videoregistrazione
di Ghetonìa. Per una sintetica recensione dell’opera di Antonio Vinci cfr. Dinko FABRIS, La “Contessa”
di Vinci fra Rota e Hoffenbach, in «La Repubblica» 5 giugno 2003, p. 15.
9
“L’altro” melodramma. Studi sugli operisti meridionali dell’Ottocento, Graphis, Bari 2008;
e Ombre sonore. Musica, cinema e musicisti di Puglia, Edizioni dal Sud, Bari 2008.
15
tutti loro è rivolto un sincero elogio per la passione e la serietà profuse nell’esten-
sione di voci riguardanti autori scogniti e talvolta non presenti neppure nei moderni
OPAC.
Chi scrive effettuò nel 2002 una vasta ricerca bibliografica sulle “storie” della
musica prodotta in Puglia, in parte confluita in questo volume andando ad arricchire
i contributi dei singoli collaboratori. Il progetto era stato denominato BIMMPU -
Bibliografia della Musica e dei Musicisti Pugliesi ed era risultato vincitore della
seconda edizione del premio di ricerca Bruno Giannini - un progetto per la musica
indetto per onorare la memoria di un musicista-imprenditore che fu anche uno
straordinario patrocinatore della cultura a Bari. A Giulia e Gianna Giannini, che oggi
danno prosecuzione alla coraggiosa linea tracciata da loro padre, dedico Operisti
di Puglia e a chi, sul loro modello, si adopera per la crescita culturale di questa che
è la città dove è nato e dove crescerà mio figlio Jacopo.
Si sono adottate le sigle della serie alfabetica del Répertoire International des Sources
Musicales (RISM) per le seguenti biblioteche:
18
A - Austria
A-Wn Wien, Österreichische Nationalbibliothek
B - Belgio
B-Bc Bruxelles, Conservatoire Royal de Musique Bibliothèque
D - Germania
D-BsB Berlin, Staatsbibliothek Preussischer Kulturbesitz, Musikabteilung
D-Mbs München, Bayerische Staatsbibliothek
F - Francia
F-Pn Paris, Bibliothèque National
GB - Inghilterra
GB-Lbl London, The British Library
GB-T Tenbury Wells, St. Michael’s College Library
I - Italia
I-Bam Bologna, Collezioni d’Arte e di Storia della Cassa di Risparmio
(Biblioteca Ambrosini)
I-Bas Bologna, Archivio di stato
I-Bc Bologna, Civico Museo Bibliografico Musicale
I-Bmischiati Bologna, Biblioteca privata Oscar Mischiati
I-Bsf Bologna, Biblioteca del convento di San Francesco
I-BAcp Bari, Biblioteca del Conservatorio «Niccolò Piccinni»
I-BAmorgese Bari, Archivio privato Waldemaro Morgese
I-BAn Bari, Biblioteca Nazionale «Sagarriga Visconti Volpi»
I-BApdg Bari, Biblioteca a Archivio Provinciale De Gemmis
I-BAR Barletta, Biblioteca Comunale «Sabino Loffredo»
I-BGc Bergamo, Civica Biblioteca «Angelo Mai»
I-BRq Brescia, Biblioteca civica Querininana
I-BRI Brindisi, Biblioteca Arcivescovile «Annibale De Leo»
I-CAcon Cagliari, Biblioteca del Conservatorio «Giovanni Pierluigi da Palestrina»
I-COc Como, Biblioteca Comunale
I-Fc Firenze, Biblioteca del conservatorio «Luigi Cherubini»
I-Fm Firenze, Biblioteca Marucelliana
I-Fn Firenze, Biblioteca Nazionale Centrale
I-FERc Fermo, Biblioteca Comunale
I-FOG Foggia, Biblioteca Provinciale e Museo Civico
I-FPfanan Fratta Polesine, Biblioteca privata Giorgio Fanan
I-Gl Genova, Biblioteca del conservatorio «Niccolò Paganini»
I-GALc Gallipoli, Biblioteca Comunale
I-GALverona Gallipoli, Biblioteca privata Verona
I-GALAmiccolis Galàtone, Biblioteca privata Giuseppe Maria Miccolis
I-LE Lecce, Biblioteca provinciale «Nicola Bernardini»
I-Mc Milano, Biblioteca del conservatorio «Giuseppe Verdi»
I-Mcom Milano, Biblioteca Comunale «Sormani»
I-Mr Milano, Biblioteca della Casa Ricordi
I-Ms Milano, Biblioteca teatrale «Livia Simoni» Museo teatrale alla Scala
19
Nel primo volume di Operisti di Puglia si era scelto di includere all’interno dei cataloghi
delle opere drammatiche anche gli oratorii, in virtù delle affinità morfologiche con i melo-
drammi. In un secondo tempo si decise di dedicare singole voci anche ai compositori del Sei
e del Settecento che scrissero soltanto oratorii (il caso di Onofrio Van Westerhout). Si
riportano qui di seguito gli scarni dati relativi ad altri autori che, una volta rientrati in patria,
riversarono nella composizione di drammi sacri la conoscenza della teatralità musicale acqui-
sita durante il tirocinio svolto nei conservatorii partenopei (le voci non firmate sono state
redatte dallo scrivente). Di FRANCESCO DOLÉ si ignora se fosse di nascita pugliese, ragion per
cui non gli è stata dedicata una voce; giova tuttavia ricordare che per la festa di S. Cataldo
a Corato – dove svolgeva il ruolo di maestro di cappella – compose due oratorii, i cui libretti
sono conservati presso la Biblioteca «Sagarriga Visconti-Volpi» di Bari: Il figliuol prodigo
raveduto (Corato 30 maggio 1747) e La morte d’Abel (Corato maggio 1752).
Prima di presentare il breve elenco aggiuntivo degli autori settecenteschi di opere e di
oratorii, si desidera emendare alcune sviste e integrare qualche lacuna bibliografico-discogra-
fica relativa agli autori già censiti nel primo volume. Nell’elenco delle biblioteche era stata
omessa quella del monumento nazionale di Montecassino (sigla RISM I-MC). Per la disco-
grafia di Ignazio Gerusalemme si segnala il CD Musicisti pugliesi in archivi iberici (direttore
Anibal E. Cetrangolo) Tactus TC701001. Di Insanguine e Logroscino non erano state ricor-
date le opere manoscritte presenti on-line alla pagina www.internetculturale.it, né l’edizione
moderna della sinfonia di Motezuma di Insanguine curata da Lorenzo Fico (Roma, Il Melo-
grano, 1996). Nel momento in cui il precedente volume andava in stampa la casa discografica
Dynamic produceva in DVD L’Alidoro di Leonardo Leo. Per quanto concerne la bibliografia
paisielliana vanno aggiunti gli ottimi libri di sala su Barbiere di Sivilgia e Re Teodoro in
Venezia disponibili sul sito www.teatrolafenice.it e il saggio di Lorenzo Bianconi, Wer schrieb
das libretto zu Paisiellos “Barbiere di Siviglia”?, in «Mitteilungen des Dokumentationszen-
trums für Librettosforschung» 12 (luglio 2005), pp. 6-7. L’autore della tesi di laurea sulla
Messa in Pastorale è Linda Natale e non, come indicato, Ignazio Natale. Alla bibliografia su
Luigi Rossi vanno aggiunti i seguenti titoli: Isabelle Massin, L’Orfeo de Luigi Rossi. Premier
opéra représenté à Paris, in Musiques d’Orphée a cura di Danièle Pistone e Pierre Brunel,
Paris, PUF, 1999, pp. 53-61; Margareth Murata, Why the first opera given in Paris wasn’t
roman, in «Cambridge Opera Journal» VII, 1995, pp. 87-105; Alba Scotti-Michael Klaper,
L’Orfeo di Francesco Buti e Luigi Rossi. Storia di un libretto tra Roma e Parigi, in Musica
e drammaturgia a Roma al tempo di Giacomo Carissimi, a cura di Paolo Russo, Venezia,
Marsilio, 2006, pp. 87-105.
La bibliografia relativa ai Tricarico di Gallipoli era priva dell’importante contributo di
Paola Besutti, Centri e periferie musicali in Europa fra Sei e Settecento: Nicolò e gli altri
Tricarico, da Gallipoli al mondo, in I capricci di Proteo. Percorsi e linguaggi del barocco,
Atti del convegno di Lecce 23-26 ottobre 2000, Roma, Salerno editrice, 2002, pp. 663-685.
Per il catalogo di Tritto: l’Indice de’ teatrali spettacoli di tutto l’anno 1798 a p. 21 attesta
22
una rappresentazione della Morte di Cesare nel teatro Nazionale di Brescia per la fiera
dell’estate 1798. Sono stati erroneamente considerati titoli distinti La bella selvaggia (Roma
1788) e La creduta selvaggia (1792): si tratta invece della stessa opera, desunta non da
Goldoni bensì dalla commedia di Cerlone Gl’Inglesi in America.
Lorenzo Mattei
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MICHELE ARDITI
Presicce (LE), 12 settembre 1746 - Napoli, 23 aprile 1838
Cronologia
Un’analisi dello stile di Arditi è contenuta nella più recente monografia a lui
dedicata (DE BLASI 1995). Arditi predilige testi di Metastasio, a partire dal Gioas
del 1767 fino alla cantata La gelosia del 1792 e alle arie Povero cor tu palpiti
(dalla Nitteti) e Se cerca, se dice (da Olimpiade) del 1793. L’attenzione ai timbri
dei fiati, l’ambiziosa linea vocale, l’affrancamento frequente della viola dal basso
continuo, la preferenza per il recitativo accompagnato denotano l’interessante
linguaggio di Arditi. Le sue pagine sono aggiornate alle tendenze e ai precetti più
alla moda e rivelano un buon professionismo musicale vissuto, nel senso più pieno
del termine, da amateur.
Bibliografia
(DBI, DEUMM, SCHMIDL.)
ARDITI Giacomo, Corografia fisica e storica della Provincia di Terra d’Otranto, Tipografia Scipione
Ammirato, Lecce 1879. Ristampa anastatica Forni, Bologna 1979, pp. 492-496.
D’ANDREA Renzo, Vita musicale a Lecce e nel Salento dal terzo secolo a. C. ai nostri giorni. Con
schedario biografico degli artisti, cantanti e musicisti più noti, Schena, Fasano 1985, p. 27.
DE BLASI Sergio, L’intelligenza musicale di Michele Arditi. Prefazione di Giuseppe A. Pastore.
Congedo, Galatina 1995.
DE ROSA Carlo Antonio, Marchese di Villarosa, Memorie dei compositori di musica del Regno di
Napoli, Stamperia Reale, Napoli 1840, pp. 6-7.
FOSCARINI Antonio Edoardo, Di alcuni inediti del salentino Michele Arditi Marchese di Castelvetere
in «Lu Lampiune», anno V n. 2 (1989), pp. 43-59.
GABRIELI Giuseppe, Michele Arditi da Presicce moderno umanista salentino in «Rinascenza Salen-
tina», VI (1938), pp. 285-312.
PELLEGRINO Teodoro, Nel primo centenario della morte di Michele Arditi in «L’Ordine», 31 dicembre
1938.
SORRENTI Pasquale, I musicisti di Puglia, Laterza & Polo, Bari 1966, pp. 21-22.
VILLANI Carlo, Scrittori ed artisti pugliesi antichi, moderni e contemporanei, Vecchi, Trani 1904.
NICOLA CALATRAVA
Bari, 1680 ca. - ivi, metà XVIII sec.
Figlio del barese Bartolomeo Calatrava, Nicola risulta tra gli allievi del conservatorio
napoletano della Pietà dei Turchini nel 1695, ammesso per «anni sette»; è ipotizzabile
dunque che intorno al 1702 avesse fatto ritorno in patria. Nel 1718 viene stampato a Trani
il libretto dell’oratorio L’Inferno in catena di Antonio Notarpretis musicato dal Calatrava
menzionato come «maestro di cappella in detta città d’Altamura». Lo si ricorda soprattutto
per aver avuto tra i suoi allievi il giovane Niccolò Piccinni.
25
Bibliografia
BRINDISINO Maria Giovanna, Il Salento e la musica attraverso le fonti librettistiche dei secc. XVII-
XVIII, in Musicisti nati in Puglia ed emigrazione musicale tra Sei e Settecento, atti del
convegno internazionale di studi (Lecce 6-8 dicembre 1985) a cura di Detty Bozzi e Luisa Cosi,
Torre d’Orfeo, Roma 1988, pp. 95-115.
DISTASO Grazia, De l’altre meraviglie. Teatro religioso in Puglia (sec. XVI-XVIII), in «Musica e
Teatro. Quaderni degli Amici della Scala» 6 (dicembre 1987), pp. 149, 161-162.
FABRIS Dinko, Maestri e allievi italiani di Piccinni, in Il tempo di Niccolò Piccinni. Percorsi di
un musicista del Settecento, a cura di Clara Gelao, Michèle Sajous D’Oria, Adda, Bari 2000, pp.
21 e 120.
SORRENTI Pasquale, I musicisti di Puglia, Laterza & Polo, Bari 1966, p. 40.
Oratorii
NICOLA CAPUTI
Gallipoli (LE), 1718 ca. - ivi, 1794
Allievo di Durante a Napoli non riuscì ad affermarsi come compositore d’opera a motivo
di una salute malferma: «la sua famiglia lo richiamava alla patria e la sua salute infermiccia,
e sempre afflitto dal male d’impedimento di orina, lo fecero risolvere a ritirarsi. Gallipoli
non era per lui quel gran teatro nel quale potesse far campeggiare i suoi talenti ma ciò
nonostante produsse varie composizioni particolarmente ecclesiastiche. Morì verso la fine
del [Settecento] in età molto avanzata senza essersi casato». Questi gli unici dati riportati
dal Ravenna. Con molta probabilità al rientro da Napoli (1742-43 ca.) Caputi trovò presto
impiego presso le istituzioni religiose di Gallipoli – viene definito «Chierico» e «maestro
di cappella» nei libretti superstiti a lui riferiti – alle quali destinò i suoi due oratorii (1744
e 1752). Nel 1754 scrisse una frottola sacra (genere tipico della produzione gallipolina) per
la chiesa di S. Maria del Carmine, dove l’anno precedente figura insieme a Giuseppe Chiriatti
tra gli organisti e maestri di cappella (ruolo svolto fino al 1790 ca.). Alla morte (1794) risulta
essere maestro di cappella della cattedrale di Gallipoli, posto che ricoprì dal 1767.
Bibliografia
BRINDISINO Maria Giovanna, Il Salento e la musica attraverso le fonti librettistiche dei secc. XVII-
XVIII, in Musicisti nati in Puglia ed emigrazione musicale tra Sei e Settecento, atti del
convegno internazionale di studi (Lecce 6-8 dicembre 1985) a cura di Detty Bozzi e Luisa Cosi,
Torre d’Orfeo, Roma 1988, pp. 95-115.
COSI Luisa, Giardini stellati e cieli fioriti. Tradizione sacra e produzione musicale a Gallipoli dal
XVI al XIX secolo, Conte, Lecce 1993 (se ne veda la ricca bibliografia).
26
DISTASO Grazia, De l’altre meraviglie. Teatro religioso in Puglia (sec. XVI-XVIII), in «Musica e
Teatro. Quaderni degli Amici della Scala» 6 (dic. 1987), pp. 149, 161-162.
FABRIS Dinko, Maestri e allievi italiani di Piccinni, in Il tempo di Niccolò Piccinni. Percorsi di
un musicista del Settecento, a cura di Clara Gelao, Michèle Sajous D’Oria, Adda, Bari 2000, pp.
21 e 120.
LIACI Vincenzo, Per la storia del teatro a Gallipoli, a cura di Michele Paone, in «Zagaglia», a. IV
n. 24 (dic. 1964), pp. 404-405.
PASTORE Giuseppe A., Scuole musicali in Gallipoli, in «Informazioni Archivistiche e Bibliografiche
sul Salento» a. I n. 3 1957, pp. 5-7.
PINDINELLI Elio, Settecento tipografico leccese, in «Nuovi Orientamenti» XIII/72 (febbraio 1982), pp.
9-10 (per i dati biografici di Caputi).
RAVENNA Bartolomeo, Memorie Istoriche della città di Gallipoli, Raffaele Miranda, Napoli 1836,
p. 519 (presente in visualizzazione completa su Google.books)
SORRENTI Pasquale, I musicisti di Puglia, Laterza & Polo, Bari 1966, p. 44.
Oratorii
1. Per l’aspettazione del divin parto, componimento drammatico del sacerdote Don Pasquale
D’Aloisio, posto in musica dal signor chierico Don Nicola Caputi da recitarsi nella
chiesa dei domenicani in Gallipoli nell’anno 1744, Lecce, Domenico Viverito, 1744
(libretto in I-LE; I-GALverona).
2. Oratorio a cinque voci per la gloriosa vergine e martire S. Agata [testo di Giovanni
Presta], da cantarsi nella chiesa cattedrale di Gallipoli nel corrente anno 1752, musica
del chierico Nicola Caputi maestro di cappella di Lecce, Domenico Viverito, 1752
(libretto in I-Fm, I-GALc; I-GALverona).
GIUSEPPE CHIRIATTI
Gallipoli (LE), 1732 - ivi, 2 febbraio 1812
Bibliografia
BRINDISINO Maria Giovanna, Il Salento e la musica attraverso le fonti librettistiche dei secc. XVII-
XVIII, in Musicisti nati in Puglia ed emigrazione musicale tra Sei e Settecento, atti del
convegno internazionale di studi (Lecce 6-8 dicembre 1985) a cura di Detty Bozzi e Luisa Cosi,
Torre d’Orfeo, Roma 1988, pp. 95-115.
COSI Luisa, Giardini stellati e cieli fioriti. Tradizione sacra e produzione musicale a Gallipoli dal
XVI al XIX secolo, Conte, Lecce 1993 (se ne veda la ricca bibliografia).
LIACI Vincenzo, Per la storia del teatro a Gallipoli, a cura di Michele Paone, in «Zagaglia», a. IV
n. 24 (dic. 1964), pp. 404-405.
PASTORE Giuseppe A., Scuole musicali in Gallipoli, in «Informazioni Archivistiche e Bibliografiche
sul Salento» a. I n. 3 1957, pp. 5-7.
PINDINELLI Elio, Settecento tipografico leccese, in «Nuovi Orientamenti» XIII/72 (febbraio 1982), pp.
9-10.
RAVENNA Bartolomeo, Memorie Istoriche della città di Gallipoli, Raffaele Miranda, Napoli 1836,
p. 519 (presente in visualizzazione completa su Google.books)
SORRENTI Pasquale, I musicisti di Puglia, Laterza & Polo, Bari 1966, pp. 53-54.
Oratorii
1. Verona liberata dal giogo di Ezzelino tiranno per opera del glorioso S. Antonio da
Padova. Oratorio scenico da farsi rappresentare da Sua Eccellenza Don Giacinto M. Ferrari,
duca di Parabita, in detta sua terra nella seconda domenica di luglio di questo corrente anno
1757 per la solenne festività del medesimo santo, di sé e di tutta l’eccellentissima sua casa
speciale Avvocato e Tutelare. Poesia del Molto Reverendo Padre Francesco Pondera, lettore
giubilato de’ Minimi; musica del sig. Don Giuseppe Chiriatti. Lecce, Stamperia Viveriziana.
Cronologia
Bibliografia
DE ROSA Carlo Antonio Marchese di Villarosa, Memorie dei compositori di musica del Regno di
Napoli, Stamperia Reale, Napoli 1840, pp. 56-64.
FLORIMO Francesco, La scuola musicale di Napoli e i suoi conservatorii, Morano, Napoli 1880-1883,
p. 89.
29
Opere drammatiche
1. L’isola disabitata, azione teatrale di Pietro Metastasio, s.d. s.l. non rappresentata?
Annamaria Bonsante
ANDREA FESTA
Altamura (BA), 1744 ca. - ? fine XVIII sec.
Bibliografia
DISTASO Grazia, De l’altre meraviglie. Teatro religioso in Puglia (sec. XVI-XVIII), in «Musica e
Teatro. Quaderni degli Amici della Scala» 6 (dic. 1987).
MAGLIO Orazio, Andrea Festa: Messa per voci Cantus Alto e Organo (1780 ca.) in «Studibitontini»
n. 67 (1999/1), pp. 93-94.
MAGLIO Orazio - QUARTA Margherita, Musicisti di Puglia. Un manoscritto di Andrea Festa ritrovato
nell’Archivio della Cattedrale di Altamura, in «Studibitontini» n. 66 (1998/2), pp. 113-118.
SERENA Ottavio, I musicisti altamurani. Notizie […] in occasione del centenario di Saverio
Mercadante, Tip. Portoghese, Altamura 1895.
SORRENTI Pasquale, I musicisti di Altamura, in «Altamura» nn. 31-32 (1989-90), pp. 203-204.
30
CELESTINO GRECO
Lecce, 9 gennaio 1695 - ? metà XVIII sec.
Non si è in possesso di alcun dato sulla formazione di Celestino Greco che rivestì
il ruolo di maestro di cappella del Duomo di Lecce (ruolo attestato dai libretti
superstiti). In questa città rimase tutta la vita dedicandosi al servizio musicale
liturgico e alla composizione di drammi sacri per i padri Minimi di Gallipoli.
Bibliografia
BRINDISINO Maria Giovanna, Il Salento e la musica attraverso le fonti librettistiche dei secc. XVII-
XVIII, in Musicisti nati in Puglia ed emigrazione musicale tra Sei e Settecento, atti del
convegno internazionale di studi (Lecce 6-8 dicembre 1985) a cura di Detty Bozzi e Luisa Cosi,
Torre d’Orfeo, Roma 1988, pp. 95-115.
COSI Luisa, Giardini stellati e cieli fioriti. Tradizione sacra e produzione musicale a Gallipoli dal
XVI al XIX secolo, Conte, Lecce 1993 (se ne veda la ricca bibliografia).
D’ANDREA Renzo, Vita musicale a Lecce e nel Salento dal III secolo a.c. ai giorni nostri (con
schedario biografico degli artisti, cantanti e musicisti più noti), Schena, Fasano 1985.
LIACI Vincenzo, Per la storia del teatro a Gallipoli, a cura di Michele Paone, in «Zagaglia», a. IV,
n. 24 (dic. 1964), pp. 404-405.
PASTORE Giuseppe A., Scuole musicali in Gallipoli, in «Informazioni Archivistiche e Bibliografiche
sul Salento» a. I n. 3 1957, pp. 5-7.
RAVENNA Bartolomeo, Memorie Istoriche della città di Gallipoli, Raffaele Miranda, Napoli 1836,
p. 519 (presente in visualizzazione completa su Google.books)
SORRENTI Pasquale, I musicisti di Puglia, Laterza & Polo, Bari 1966, pp. 126-127.
Oratorii
DOMENICO LILLO
Galàtone (LE), 1711 - ivi, 15 giugno 1781
Le più che scarne notizie di questo autore provengono da Pasquale Maria Miccolis che le
trasmise nel 1964 a Pasquale Sorrenti. I libretti degli oratorii non sono presenti nel catalogo
Sartori. Fu cantore presso la Collegiata di Galàtone.
Bibliografia
BRINDISINO Maria Giovanna, Il Salento e la musica attraverso le fonti librettistiche dei secc. XVII-
XVIII, in Musicisti nati in Puglia ed emigrazione musicale tra Sei e Settecento, atti del
convegno internazionale di studi (Lecce 6-8 dicembre 1985) a cura di Detty Bozzi e Luisa Cosi,
Torre d’Orfeo, Roma 1988, pp. 95-115.
SORRENTI Pasquale, I musicisti di Puglia, Laterza & Polo, Bari 1966, p. 150.
Oratorii
1. L’eresia di Ario abbattuta dalla prodigiosa apparizione della Croce, oratorio scenico
di Giuseppe Carata da cantarsi in Galàtone il 3 maggio 1732.
2. L’invenzione della Croce, oratorio scenico di Oronzo Amorosi da cantarsi in Galàtone
il 3 maggio 1757 (libretto manoscritto in I-GALAmiccolis).
I dati relativi a questo autore si formulano per via ipotetica: formazione in uno
dei conservatorii napoletani, impiego – dopo il rientro nella città natale – in
un’istituzione religiosa del luogo. Sorrenti lo dice maestro di cappella del duomo
di Bitonto e segnala, senza menzionare alcuna fonte di riferimento, gli oratorii
Bersabea su testo di Giuseppe Pilolla (Roma, Zempel, 1761) e Gioas re di Giuda
intonato nel 1776.
Bibliografia
BRINDISINO Maria Giovanna, Il Salento e la musica attraverso le fonti librettistiche dei secc. XVII-
XVIII, in Musicisti nati in Puglia ed emigrazione musicale tra Sei e Settecento, atti del
convegno internazionale di studi (Lecce 6-8 dicembre 1985) a cura di Detty Bozzi e Luisa Cosi,
Torre d’Orfeo, Roma 1988, pp. 95-115.
BELLUCCI Mario Attilio, I musicisti baresi, in «Rassegna pugliese di scienze, lettere ed arti», 1855,
pp. 196-200.
D’ADDOSIO Raffaele, 340 illustri letterati ed artisti della provincia di Bari, Tipografia Avellino, Bari
1894.
FAENZA Vito, I maestri di musica della provincia di Bari, in «Barinon» numero unico 1881, pp. 17-21.
SORRENTI Pasquale, I musicisti di Puglia, Laterza & Polo, Bari 1966, pp. 169-170.
32
Oratorii
Allievo dal 1705 della scuola gallipolina dei fratelli Tricarico, svolse il ruolo
di sottocantore nella cattedrale della città natale. Nei libretti è nominato maestro
di cappella e tale ruolo rivestì presso la cattedrale gallipolina dal 1745 fino al
1765. Come di altri coetanei maestri salentini anche di Pasanisi è noto l’impegno
nella stesura di drammi sacri e di composizioni celebrative: il «festoso ricevi-
mento fatto all’Illustrissimo Monsignor Arcivescovo Vescovo di Gallipoli Don
Antonio Maria Pescatori e Mantegasse» del 1741 e la «festa celebrata in Gallipoli
per la nascita del figlio secondogenito di Carlo Re di Napoli» del 1749 (cfr. COSI
1993, p. 37).
Bibliografia
BRINDISINO Maria Giovanna, Il Salento e la musica attraverso le fonti librettistiche dei secc. XVII-
XVIII, in Musicisti nati in Puglia ed emigrazione musicale tra Sei e Settecento, atti del
convegno internazionale di studi (Lecce 6-8 dicembre 1985) a cura di Detty Bozzi e Luisa Cosi,
Torre d’Orfeo, Roma 1988, pp. 95-115.
COSI Luisa, Giardini stellati e cieli fioriti. Tradizione sacra e produzione musicale a Gallipoli
dal XVI al XIX secolo, Conte, Lecce 1993 (se ne veda la ricca bibliografia).
LIACI Vincenzo, Per la storia del teatro a Gallipoli, a cura di Michele Paone, in «Zagaglia», a. IV
n. 24 (dic. 1964), pp. 404-405.
PASTORE Giuseppe A., Scuole musicali in Gallipoli, in «Informazioni Archivistiche e Bibliografiche
sul Salento» a. I n. 3 1957, pp. 5-7.
RAVENNA Bartolomeo, Memorie Istoriche della città di Gallipoli, Raffaele Miranda, Napoli 1836,
p. 519 (presente in visualizzazione completa su Google.books)
SORRENTI Pasquale, I musicisti di Puglia, Laterza & Polo, Bari 1966, pp. 211-212.
GIUSEPPE PEDOTA
Altamura (BA), 5 maggio 1754 - Orvieto (TR), 16 settembre 1831
Bibliografia
Oratorii
1. Il trionfo della fede ossia il Miracolo del SS. Corporale di Orvieto, azione sacra di
Giuseppe Petrosellini, Orvieto 1795.
35
GENNARO ABBATE
Bitonto (BA), 1 aprile 1874 - Squinzano (LE), 11 settembre 1954
Cronologia
Il suo secondo nome è Michele. Studia musica dapprima col padre Biagio e poi
si trasferisce a Napoli per completare gli studi in conservatorio con Nicolò van
Westerhout. All’età di diciannove anni inizia a svolgere l’attività di direttore
d’orchestra, esibendosi nei teatri italiani di Alessandria, Bologna, Firenze, Ravenna
e in quelli russi di Kharkov (1901) e San Pietroburgo (1902), ove dirige importanti
stagioni liriche con interpreti del calibro di Enrico Caruso, Mattia Battistini, Titta
Ruffo, Carmen Melis, Luisa Tetrazzini e Gemma Bellincioni. Il 6 novembre del
1902 fa rappresentare al Teatro drammatico di Kharkov la sua opera Matelda o
I Fantasmi, in un atto e due quadri, che ebbe un buon successo e fu riproposta
al Teatro Storchi di Modena il 23 novembre del 1904 e in altre città italiane.
L’opera è su libretto di Valentino Soldani, il quale gli fornì anche quello per il
Sanzio (1902), in tre atti, rimasto non rappresentato. Scrisse l’operetta La stella
del Canadà su libretto di Emilio Reggio, rappresentata al Bellini di Napoli il 9
dicembre del 1921 e Le tre grazie, su libretto di Valentino Soldani, data all’Alhambra
di Firenze il 26 agosto del 1925. Compose su libretto proprio l’opera Vandea
(1930) e nel 1932 il lavoro in un atto Encantadora su testo di Emilio Reggio.
Fino al 1933 si esibirà come direttore in varie tournée in Russia, Olanda, America
del Sud, Svizzera e Francia. «Nel 1934 è chiamato dal fratello Ernesto, gravemente
infermo, a dirigere provvisoriamente la banda di Squinzano. Alla morte del fratello,
avvenuta dopo pochi mesi, abbandona la carriera orchestrale e rimane a dirigere
la banda di Squinzano». (cfr. ANESA 2004).
Fra le sue composizioni sono da menzionare un Trio con pianoforte (premiato al
concorso bandito dal Circolo Bellini di Catania), alcune Sinfonie e Poemi sinfonici
eseguiti nei concerti da lui diretti, diversa musica vocale da camera e pezzi per
banda.
Appartenente alla famiglia di musicisti di Bitonto ricordiamo il padre Biagio
e i fratelli Antonio Grazio e Ernesto Paolo (Noicattaro 6 ottobre 1881 - Martina
Franca 26 aprile 1934), direttore di varie bande pugliesi (San Ferdinando di Puglia,
Soleto e Squinzano).
Gennaro Abbate fu uno degli ultimi grandi musicisti pugliesi (ammirato fra gli
altri da Pietro Mascagni) che scelse Squinzano per raccogliere l’eredità musicale
del fratello, nonostante i suoi tanti successi internazionali. Riuscì a fare della Banda
di Squinzano un’orchestra, pur mantenendo gli strumenti propri del complesso
bandistico, e a riportare gli spartiti nella loro dimensione originaria ottenendo
risultati inimmaginabili prima di allora. Seguirono vent’anni di successi unici negli
annali delle bande musicali, interrotti solo dalla tragica parentesi del conflitto
bellico, in cui con la Banda-Orchestra di Squinzano continuò a riscuotere successi
e trionfi.
36
Bibliografia
(DEUMM, ES, IBI, SCHMIDL)
ANESA Mario, Dizionario della musica italiana per banda, Associazione Bergamasca Bande Musicali,
Bergamo 2004, vol. I, pp. 1-2.
BINETTI Domenico, Gemme musicali bitontine, La Librotecnica, Bitonto 1977, pp. 103-104.
BOSCIA Filippo - MARIELLA Pasquale, Capire la banda, Cassa Rurale ed Artigiana, Sammichele di Bari
1989.
CAPPELLO Angelo - CARLUCCIO Antonio - PASSANTE Italo, La Banda di Squinzano, Editrice Salentina,
Galatina 1987.
PASSANTE Italo, Abbate, a cura dell’Associazione Artistico-Culturale «Ernesto e Gennaro Abbate» di
Squinzano, Editrice Salentina, Galatina s.d.
RAELI Vito, Maestri compositori pugliesi e altri scritti di musicologia pugliese, Società di storia
patria per la Puglia, Tricase 1990.
VILLANI Carlo, Scrittori ed artisti pugliesi antichi, moderni e contemporanei, Vecchi, Trani 1904.
SESSA Andrea, Il melodramma italiano: 1861-1900. Dizionario bio-bibliografico dei compositori,
Olschki, Firenze 2003, pp. 3-4.
SORRENTI Pasquale, I musicisti di Puglia, Laterza & Polo, Bari 1966, p. 14.
Opere drammatiche
ENRICO ABBATE
Bitonto (BA), 1855 circa - Napoli, post 1881
Cronologia
Scarsissimi i dati riferibili a questo autore che intorno al 1870 fu allievo di Nicola
D’Arienzo (contrappunto) e Giuseppe Puzone (armonia) al conservatorio di Napoli,
nel cui teatrino mise in scena il melodramma in due atti Gilberto (aprile 1881)
su libretto di Francesco Cimmino. Forse appartiene alla famiglia degli Abbate
musicisti di Bitonto.
Bibliografia
(SCHMIDL)
BINETTI Domenico, Gemme musicali bitontine, La Librotecnica, Bitonto 1977, pp. 103-104.
RAELI Vito, Maestri compositori pugliesi e altri scritti di musicologia pugliese, Società di storia
patria per la Puglia, Tricase 1990.
SESSA Andrea, Il melodramma italiano: 1861-1900. Dizionario bio-bibliografico dei compositori,
Olschki, Firenze 2003, pp. 3-4.
SORRENTI Pasquale, I musicisti di Puglia, Laterza & Polo, Bari 1966, p. 14.
VILLANI Carlo, Scrittori ed artisti pugliesi antichi, moderni e contemporanei, Vecchi, Trani 1904.
«Il Teatro Illustrato», I, n. 5, maggio 1881 (notiziario).
«Gazzetta musicale di Milano», XXXVI (1881), pp. 189, 197.
Opere drammatiche
1. Gilberto, opera in due atti di Francesco Cimmino, NA teatrino del Collegio aprile 1881
(partitura in I-Nc*).
Antonio Caroccia
38
Cronologia
Bibliografia
(IBI)
BRINDISINO Maria Giovanna, “Appunti, punti e…puntini…” sull’attività musicale del Teatro Paisiello
di Lecce, in «Lu Lampiune», IX/1 (1993), pp. 65-71.
–, Cronologia delle stagioni liriche e degli spettacoli di operetta e balletto del Teatro Politeama
Greco di Lecce (1884-1926), in «Lu Lampiune», X/1 (1994), pp. 135-163.
D’ANDREA Renzo, Vita musicale a Lecce e nel Salento dal III secolo a.C. ai giorni nostri, Schena,
Fasano 1985, p. 193.
MARTINELLI Elsa, Scintille d’ispirazione. Per un catalogo delle musiche di Emanuele e Ulderico
Bernardini-Marrese, in Segni del tempo. Studi di storia e cultura salentina in onore di Antonio
Caloro, a cura di Mario Spedicato, Edizioni Panico, Galatina 2008, pp. 221-239.
RAELI Vito, Maestri compositori pugliese altri scritti di musicologia pugliese, Società di storia
patria per la Puglia, Tricase 1990, p. 60 sg.
SORRENTI Pasquale, I musicisti di Puglia, Laterza & Polo, Bari 1966, p. 30.
Opere drammatiche
1. Vendicata! opera in un solo atto di Antonio Menotti Buja, LE? non rappresentata?
Francesco Scognamiglio
39
Cronologia
Bibliografia
(IBI)
BRINDISINO Maria Giovanna, “Appunti, punti e…puntini…” sull’attività musicale del Teatro Paisiello
di Lecce, in «Lu Lampiune», IX/1 (1993), pp. 65-71.
–, Cronologia delle stagioni liriche e degli spettacoli di operetta e balletto del Teatro Politeama
Greco di Lecce (1884-1926), in «Lu Lampiune», X/1 (1994), pp. 135-163.
D’ANDREA Renzo, Vita musicale a Lecce e nel Salento dal III secolo a.C. ai giorni nostri, Schena,
Fasano 1985, p. 193.
MARTINELLI Elsa, Scintille d’ispirazione. Per un catalogo delle musiche di Emanuele e Ulderico
Bernardini-Marrese, in Segni del tempo. Studi di storia e cultura salentina in onore di Antonio
Caloro, a cura di Mario Spedicato, Edizioni Panico, Galatina 2008, pp. 221-239.
RAELI Vito, Maestri compositori pugliese altri scritti di musicologia pugliese, Societa di storia
patria per la Puglia, Tricase 1990, p. 60 sg.
SORRENTI Pasquale, I musicisti di Puglia, Laterza & Polo, Bari 1966, p. 31.
Opere drammatiche
1. L’amore dei giacinti, operetta di Antonio Menotti Buja, LE? non rappresentata?
Francesco Scognamiglio
40
Cronologia
Bibliografia
(SCHMIDL, STIEGER)
CASELLI Aldo, Catalogo delle opere liriche pubblicate in Italia, Olschki, Firenze 1969, pp. 52-53.
D’ANDREA Renzo, Vita musicale a Lecce e nel Salento dal terzo secolo a. C. ai giorni nostri. Con
schedario biografico degli artisti, cantanti e musicisti più noti, Schena, Fasano 1985, pp. 49,
193, 202.
DE ANGELIS Alberto, L’Italia musicale d’oggi. Dizionario dei musicisti, Ausonia, Roma 1918, p. 33.
LEGGER Gianni, Drammaturgia Musicale Italiana, Fondazione Teatro Regio di Torino, Torino 2005,
p. 91.
MANFERRARI Umberto, Dizionario universale delle opere melodrammatiche, Sansoni, Firenze 1955,
I, p. 126.
SESSA Andrea, Il melodramma italiano 1861-1900. Dizionario bio-bibliografico dei compositori,
Olschki, Firenze 2003 («Historiae Musicae Cultores», 97), p. 50.
SORRENTI Pasquale, I musicisti di Puglia, Laterza & Polo, Bari 1966, p. 31.
«Il Teatro illustrato», XII, 136, aprile 1892, p. 55.
TOWERS John, Dictionary-Catalogue of Operas and Operettas, Acme publishing, Morgantown 1910,
pp. 566, 710.
Risorse on-line
Sul sito www.internetculturale.it (contenuti digitali) sono presenti alcune musiche sacre di
Luigi Bianco.
Opere drammatiche
1. Sara la trovatella, melodramma in tre atti di Enrico Golisciani, Gallipoli teatro Comunale
7 marzo 1892 (libretto in I-Nc).
2. Almansor, melodramma in tre atti di Nicola Daspuro, non rappresentato.
Paolo Vittorelli
41
PASQUALE BONA
Cerignola (FG), 3 novembre 1808 - Milano, 2 dicembre 1878
Cronologia
Bibliografia
(DBI, DEUMM, ES, SCHMIDL)
AMBIVERI Corrado, Operisti minori dell’Ottocento italiano, Gremese, Roma 1998, p. 23.
CAFARO Pasquale, Puglia musicale. Pasquale Bona, Abate ed., Cerignola 1943.
CELLAMARE Daniele, Pasquale Bona. Gloria italiana nel mondo (prime ricerche), La Nuova Italia,
Firenze 1940.
43
FÉTIS François Joseph, Biographie universelle des musiciens et bibliographie generale de la musique,
II, Firmin Didot, Paris 1861, p.12 e Supplément, ibid. 1881, p. 107.
FRASSONI Edilio, Due secoli di lirica a Genova, Cassa di Risparmio di Genova e Imperia, Genova
1980, I (Dal 1772 al 1900), p. 255.
LEGGER Gianni, Drammaturgia Musicale Italiana, Fondazione Teatro Regio di Torino, Torino 2005,
p. 102.
LASORSA S., Per Pasquale Bona, in «La Gazzetta del Mezzogiorno», 27 ottobre 1938.
GORRIERI G., Dalla polvere dell’oblio..., in «Il Secolo. La sera», 18 ottobre 1938.
SESSA Andrea, Il melodramma italiano: 1861-1900, Olschki, Firenze 2003 («Historiae musicae
cultores» 97), p. 56.
SORRENTI Pasquale, I musicisti di Puglia, Laterza, Bari 1966, p. 32.
Risorse on-line
Opere drammatiche
1. Il tutore e il diavolo, dramma giocoso in due atti di Adolfo Schmidt, NA Nuovo carn.
1832 (partitura in I-Nc).
2. I Luna e i Perollo, dramma lirico in quattro atti di Giacomo Sacchero, MI Scala 26
novembre 1844 (partitura in I-Mc).
3. Don Carlo, dramma lirico-tragico in quattro atti di Giorgio Giachetti, MI Scala 23 marzo
1847 (partitura in I-Mc, I-Mr*) \ Cerignola teatro Mercadante 4 maggio 1969.
4. Il gladiatore, tragedia lirica in quattro atti di Francesco Guidi, TO Regio 3 febbraio
1849.
5. Vittoria, madre degli eserciti, melodramma in cinque atti di Marco Marcello, GE Carlo
Felice 26 febbraio 1863.
Nicola Cicerale
44
GIUSEPPE CACACE
Taranto, 5 settembre 1828 - ivi, 15 novembre 1891
Cronologia
stato accusato dal Cacace di aver allestito l’opera in maniera frettolosa e mediocre.
I critici, presenti alle rappresentazioni, alimentarono le polemiche. Il periodico «La
Moda» per esempio, fece notare che se l’opera «fosse stata prodotta nel Teatro
del Fondo, o anche nel medesimo Teatro Nuovo, ma con qualche artista diverso
[…] avrebbe avuto esito brillantissimo, comunque il maestro non poteva lamentarsi
della riuscita» (cfr. FORLEO, 1925).
Bibliografia
ANDRIANI Erato Gregorio, Giuseppe Cacace, in «La Settimana Santa a Taranto negli ultimi decenni»,
Numero Unico, aprile 1963, p. 2.
A proposito di un Inno, in «La voce del popolo», Taranto, 23 settembre 1916, p. 3.
CAPUTO Nicola, L’anima incappucciata, Mandese Editore, Taranto 1983, p. 168.
DE BARTOLOMEO Leonardo, Il Teatro D’Ayala, in «Cittàteatro spazi & luoghi dell’effimero a Taranto»,
Editrice Scorpione, Taranto 1985, p. 53.
FELLA Francesco, La Confraternita di S. Domenico e L’Addolorata nell’isola madre, Schena Editore,
Fasano 1987, p. 358.
FORESIO Dino, Euterpe Tarantina (Storia della Musica e dei Teatri a Taranto dal Seicento ai giorni
nostri), Mandese Editore, Taranto 1984, pp. 63-80.
–, “Mamma”, così bella e così straziante, in speciale «Ulivi e Misteri», «Quotidiano», Taranto 10
aprile 1990, p. V.
–, Le composizioni e gli adattamenti alle note dei riti, in «Speciale Settimana Santa», «Quotidiano»
Taranto 9 aprile 1993, p. 7.
–, Quel passo obliquo dei perdùne, in «ContrAppunti», anno IV, n. 4, aprile 1998, p. 8.
FORLEO, Taranto dove la trovo, Arti Grafiche Favia, Bari-Roma 1960, p. 165.
–, L’esumazione di un Inno eseguito a Taranto nel 1870, in «La voce del popolo», Taranto 16
settembre 1916, p. 3.
–, L’Elvira dei Celtradi del maestro Cacace, in «La voce del popolo», Taranto 11 luglio 1925,
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FORNARO Antonio, Le cento marce funebri per le bande musicali, in «Speciale Settimana Santa»,
«Corriere del Giorno», Taranto 8 aprile 1993, pp. 6-7.
SORRENTI Pasquale, I musicisti di Puglia, Laterza & Polo, Bari 1966, p. 38.
46
IMPERATRICE Pasquale, Tarantini del secolo scorso, Gaetano Portacci in «TAPAE» (Rassegna
Trimestrale di Demografia, Statistica e Storia della Città di Taranto e della Provincia del Jonio),
A. I (1927), nn. 3/4, pp. 3-10.
–, Decor Carmeli. Storia della Confraternita “Maria SS.ma del Carmelo” di Taranto, Mandese
Editore, Taranto 2007, pp. 456-457.
VILLANI Carlo, Scrittori ed artisti pugliesi antichi, moderni e contemporanei, Vecchi, Trani 1904.
Opere drammatiche
1. Elvira dei Celtradi, tragedia lirica in tre atti di Ernesto Del Preite, NA Teatro Nuovo
Autunno 1854 (libretto in I-Fm, I-Nc, I-Vgc; partitura in I-TAc* I-Nc*).
2. Isabella, melodramma idilliaco in tre atti di Giuseppe Pupino Carbonelli, non rappresentata
(libretto in I-Nc, I-TAc; partitura incompleta in I-TAc*).
Dino Foresio
47
Cronologia
’90 del XVIII secolo si consolida e si fonde con alcune delle novità importate dalla
drammaturgia francese. A giudicare dall’esigua produzione operistica, Capotorti
non dovette comunque offrire eccessiva importanza alle proprie esperienze teatrali,
pur dimostrando di essere aggiornato sulle principali novità del suo tempo. Molte
delle sue opere furono rappresentate in occasione di importanti festività di corte e
dimostrano implicitamente la stima di cui doveva godere negli ambienti napoletani
nonostante la scarsa prolificità teatrale. In quest’ottica si deve leggere il Ciro, omag-
gio indiretto al sovrano Ferdinando IV ed espressione di quel neoclassicismo erudi-
to che in quegli anni imperava negli ambienti di corte napoletani. Capotorti si di-
mostra allineato alle esperienze di Cimarosa e Guglielmi nell’utilizzo in senso espres-
sivo dei fiati solisti, nel tentativo di superamento delle forme chiuse attraverso in-
terruzioni delle arie con inserti di recitativi ariosi, nell’utilizzo del coro con funzio-
ne attiva per l’azione drammatica, in un declamato asciutto e solenne, nell’attenta
resa musicale della versificazione e dei contrasti suggeriti dai repentini cambia-
menti metrici. La monumentalità neoclassica troverà nel Marzio Curzio la sua mas-
sima realizzazione. Scritta in onore dell’imperatore Napoleone, in essa Capotorti
aggiorna il suo linguaggio introducendo le novità francesi apprese con le rappresen-
tazioni napoletane della Vestale di Spontini (1811 e 1813) e dell’Ecuba di Manfro-
ce (1812), senza ovviamente dimenticare il Cimarosa della Vergine del sole, degli
Orazi e Curiazi e dell’Artemisia. La solenne ricorrenza per cui fu rappresentata
l’opera (il compleanno e l’onomastico di Napoleone) permise a Capotorti di utiliz-
zare considerevoli masse corali e coreutiche le quali, in linea con la moda francese,
vengono utilizzate come motore essenziale dell’azione drammaturgica, contribuen-
do a scardinare alla radice le rigide forme chiuse dell’opera seria metastasiana.
Anche la produzione comica di Capotorti conosce analoghe dinamiche. La pri-
ma opera comica di cui oggi possediamo una copia, ossia Le nozze per impegno
(1802), si iscrive nel florido solco della tradizione buffa napoletana, in particolare
paisielliana e cimarosiana, per la distinzione dei ruoli comici e seri, l’utilizzo del-
l’orchestra per sottolineare momenti espressivi salienti, un gioco armonico sempli-
ce ma efficace, una trama costruita su numeri tradizionali e su situazioni topiche
consolidate. Molto più avanzato è invece il linguaggio di Ernesta e Carlino (1815),
melodramma che attinge a piene mani dall’opéra-comique con l’alternanza di parti
recitate e parti cantate. Il libretto di Tottola si ricollega ancora una volta alle novità
transalpine, in particolare al filone caratterizzato da una trama estremamente dina-
mica e ricca di colpi di scena e di mutamenti di atmosfere e non esente da richiami
orrorifici e violenti. Come nel Marco Curzio qui Capotorti dimostra di saper utiliz-
zare in senso moderno cori e concertati, ampliando notevolmente le forme chiuse e
introducendo l’azione nel cuore delle arie, allineandosi al linguaggio stilistico in-
trodotto in Italia dalla Lodoïska di Cherubini e di Mayr o dalla Leonora di Paër.
Bibliografia
SCHERING Arnold, Geschichte des Oratorium, Breitkoph & Hartel, Lepzig 1911, p. 240.
SORRENTI Pasquale, I musicisti di Puglia, Laterza & Polo, Bari 1966, pp. 43-44.
VILLANI Carlo, Scrittori ed artisti pugliesi antichi, moderni e contemporanei, Vecchi, Trani 1904,
pp. 195-196.
VOLPICELLA Luigi, Bibliografia storica della Provincia di Terra di Bari, Tip. Dell’Accademia Reale
delle Scienze, Napoli 1884, pp. 89, 554, 730.
Risorse on-line
Edizioni moderne
– Ernesta e Carlino, opera semiseria in due atti su libretto di Andrea Leone Tottola, edizione
critica a cura di Maria Pia Panunzio, Società di storia patria per la Puglia, Bari 1999.
– Innocente verginella a cura di Annamaria Bonsante, Il Melograno, Roma 2001.
Cronologia1
L’unica composizione teatrale di cui si abbia oggi memoria è l’operetta in tre atti
Ninetta, di cui l’autore scrisse versi e musica (il manoscritto autografo del libretto
contempla anche il sottotitolo Pancrazio). La composizione risale al maggio-
agosto 1944; non sono note rappresentazioni pubbliche. Del lavoro si conservano,
in archivio privato: il libretto autografo in chiara grafia, sottoscritto dall’autore;
due copie dattiloscritte dello stesso, con firma autografa; lo spartito per canto e
pianoforte unitamente alle parti di flauto, 2 violini, oboe, clarinetto, tromba,
trombone, violoncello, contrabasso e batteria jazz. Si tratta dunque di un organico
ispirato alle orchestrine di musica leggera, del tutto consono ai toni della partitura
che abbonda di ritmi ballabili alla moda (tango, valzer, one-step, ecc.).
1
Le informazioni sono state gentilmente fornite dal prof. Alberto Carducci Agustini dell’Antoglietta
che sentitamente ringraziamo.
54
Della restante sua attività compositiva resta traccia in alcuni brani strumentali
e canzoni (versi e musica): Sempre così!.. (strumentale); Tarantella (strumentale);
Perché diciam: perché? (canzone); Un bimbo non comune (Giovanni Carducci),
“canzone spirù” dedicata a Giovanni Carducci Agustini dell’Antoglietta, dei
marchesi di Fragagnano (nato a Sava l’8 agosto 1948). Fra i componimenti sacri,
una Preghiera a Dio per coro a due voci (parole e musica) e una tradizionale
Pastorale, suonata in passato dalle bande natalizie tarantine.
Opere drammatiche
1. Ninetta [Pancrazio], operetta in tre atti, parole e musica di Carlo Carducci Agustini,
maggio-agosto 1944, non rappresentata.
Marco Beghelli
55
Cronologia1
1898-1905. Nasce a Bari il 7 giugno dal ramo tarantino della nobile stirpe fiorentina
dei Carducci: i conti Carducci Agustini; in ambito artistico semplificherà spesso il
nome in Edgardo Carducci. Il padre Luigi, capitano di fanteria nell’Esercito, si
dilettava di musica (violino, chitarra e composizione di musica vocale e da ballo),
così come la madre Giuseppina Trapani (pianista), la sorella Pia («della musica
cultrice gentile»)2, lo zio paterno Carlo Carducci Agustini (organista e compositore:
vedi ad vocem) e la cugina tarantina Margherita Cosa (valente pianista e docente di
pianoforte). In famiglia si segnala anche il terzo cugino Giovanni Gualberto Carducci
Agustini dell’Antoglietta, pianista e compositore (vedi ad vocem).
1906-1908. A otto anni comincia lo studio del violino col padre, a dieci quello
del pianoforte con la madre, diventando presto abile nella lettura a prima vista.
1910-1911. Si esercita nella composizione; a tredici anni scrive un’opera lirica di
argomento mitologico su libretto del padre, che lo aiuta nella strumentazione dello
spartito.
1911-1915. Si avvia agli studi classici, frequentando il ginnasio e il liceo, prima
a Bari poi, seguendo la carriera del padre, a Barletta, dove prende lezioni di armonia
da un organista del luogo.
1917-1918. Verso la fine dell’anno, la famiglia si trasferisce a Roma, cosa che gli
permette di diventare allievo del compositore Giacomo Setaccioli, all’epoca diret-
tore del Liceo Musicale di Santa Cecilia, dove si diploma in composizione e dire-
zione d’orchestra. Prosegue invece in autonomia lo studio del pianoforte. Contem-
poaneamente frequenta l’Università «La Sapienza» (Facoltà di Lettere e Filosofia):
avrà quali docenti di riferimento Fausto Torrefranca (Storia della musica ed Esteti-
ca musicale), Ernesto Bonaiuti (Storia del Cristianesimo) e Adolfo Venturi (Storia
dell’arte medievale e moderna), laureandosi con una tesi su Giuseppe Verdi.
1919-1921. Scrive le prime composizioni ufficiali: romanze per voce e pianoforte
(su testi propri) e musica strumentale da camera.
1921-1924. Avvia l’attività concertistica, come pianista, direttore d’orchestra e
compositore. Nel 1921 pubblica a Roma, presso l’editore De Santis, la sua prima
composizione: la lirica per canto e pianoforte Solitudini (un esemplare in I-Rsc),
1
La maggior parte delle notizie sono tratte da CARDUCCI AGUSTINI post 1967. Un particolare ringraziamento al
dott. Antonio Addamiano, bibliotecario del Pontificio Istituto di Musica Sacra in Roma, e al prof. Alberto Carducci
Agustini dell’Antoglietta per i numerosi documenti forniti.
2
Così la dedica sul manoscritto autografo La serenata di Luigi Carducci Agustini (Taranto, collezione privata).
56
rimasta una delle poche opere musicali edite in vita. Scrive articoli su vari argomenti
musicali: Lo Stabat Mater dello Steffani (in «Rivista mondana», 1 aprile 1921);
Esecutori ed esecuzioni (in «Musica», 15 aprile 1923); Concezione della
musicologia (in «Nuova critica», 15 febbraio 1923); L’opera italiana del primo
Ottocento (in «Nuova critica», 1 febbraio 1924); Arrigo Boito (in «Vita», 6 giugno
1924); La poetizzazione della musica di Verdi in una delle sue pagine celebri (in
«Musica d’oggi», 1924). Nel 1923 il direttore e impresario Angelo Ferrari lo ingaggia
come maestro sostituto per la stagione lirica del Teatro Adriano in Roma, dove il 21
novembre dirige Rigoletto.
1924. Conosce il maestro di canto Georges Cunelli (Couneni), direttore della
Scuola Internazionale di Canto, il quale lo assume come insegnante di Estetica e
Musicologia.
1925. Seguendo la Scuola di Cunelli, si trasferisce a Parigi, restando in carica
nell’insegnamento fino al 1928.
1927. Con decreto ministeriale, Benito Mussolini conferma il titolo nobiliare di
Conte al padre Luigi e ai di lui fratelli Nicola, Gerardo e Carlo. Edgardo, pur
avendone diritto per discendenza, ne farà limitato uso.
1928-1936. Nella capitale francese studia con Paul Dukas, si avvicina alla
musica di César Frank e conduce ricerche sul musicista settecentesco Nicola Fago
detto “Il Tarantino”, studiandone i manoscritti conservati nella Bibliothèque du
Conservatoire Nationale de Musique (la sua trascrizione del Te Deum fu donata
nel 1935 alla Biblioteca Comunale di Taranto, città dove la famiglia di origine
si era nel frattempo trasferita). Studia anche il canto gregoriano e la paleografia
musicale, avvalendosi dei manoscritti della Bibliothèque Sainte-Geneviève.
Frequenta il salotto di Madame Barrès (vedova dello scrittore Maurice Barrès),
dove conosce i bei nomi della cultura parigina (da Roland Manuel a James Joyce,
da Paul Valéry a Georges Bernanos), guadagnandosi l’onore di un ciclo di tre
conferenze alla Sorbona su L’arte italiana dalle origini ai nostri giorni (1928).
Attira in tal modo le attenzioni di André Pirro, docente di Storia della musica in
quella Università, che gli propone una tesi dottorale proprio incentrata su Fago
(1930-31). Insegna armonia e contrappunto all’Institut Scientifique de la Voix
(1928-1937). Scrive nel contempo composizioni musicali di ampio respiro, che già
rivelano la sua idea mistica della composizone musicale, coltivata nei decenni
successivi: un Poema corale a 8 voci su testi evangelici (1928), un Requiem per
due cori, 2 pianoforti ed archi su testo di Jean Suberville (1929), il poema sinfonico
Purgatorio (1930), d’ispirazione dantesca (prima parte di una Trilogia mistica per
2 soprani, coro, organo, pianoforte e orchestra completata nel 1942), l’oratorio
Santo Francesco per soli, coro e orchestra (1932); ma si deve accontentare
perlopiù di esecuzioni private e parziali, affidate al solo pianoforte, benché molto
apprezzate dalla ristretta cerchia degli intenditori presenti. Prosegue anche l’attività
saggistica, tra Francia e Italia: Rapports entre la musique et les autres arts (in
«La Revue Musicale», VII/10, 1 agosto 1926, pp. 133-140); Davico (in «Il
pianoforte», VIII, agosto 1927); Opere di Nicola Fago esistenti a Parigi (in
«Taras», Taranto, II, 1928); La genèse de Tristan et Iseut (in «Mercure de France»,
1 dicembre 1928, pp. 339-354).
57
Bibliografia
(DEUMM, ES)
ARCHIVIO CENTRALE DELLO STATO, Censura teatrale e fascismo (1931-1944): la storia, l’archivio,
l’inventario, a cura di Patrizia Ferrara, Ministero per i Beni e le Attività Culturali - Direzione Generale
per gli Archivi, Roma 2004, vol. I, p. 271.
Archivio del Cinema Italiano, vol. II: Il cinema sonoro: 1930-1969, a cura di Aldo Bernardini, Edizioni
Anica, Roma 1992.
BARTOCCI Aldo, Figure da ricordare: Edgardo Carducci (1898-1967), in «Bollettino Ceciliano», LXIX/
11 (novembre 1974), p. 311.
BERTIERI Claudio, Filmlexicon degli autori e delle opere, vol. I, Edizioni di Bianco & Nero, Roma
1958, col. 1087.
BULL Storm, Index to Biographies of Contemporary Composers, vol. I, The Scarecrow Press, New
York 1960, p. 70.
CARDUCCI AGUSTINI Luigi, Amore sotto chiave. Impressioni. Note. Commenti, ms. autografo, Taranto
fine 1936 (I-TA coll. priv.): contiene la trascrizione di molte lettere di Edgardo Carducci al padre da
Parigi (1935-36) e di resoconti giornalistici.
CARDUCCI AGUSTINI Pia, Edgardo Carducci Agustini, Tarentum, Taranto [post 1967], con numerose
testimonianze, rassegna stampa, fotografie, catalogo delle opere e due scritti del musicista (Gradini,
pp. 23-28; Il contenuto dell’opera di Beethoven, pp. 29-38).
COLPI Henri, Défense et illustration de la musique dans le filmý, Société d’Édition de Recherches et
de documentation cinématographiques, Lyon 1963, p. 331.
COMUZIO Ermanno, La bella addormentata in camicia nera. La musica per film in Italia durante il
fascismo (1930-1944), in «Bianco & Nero» XLV/ 2 (aprile-giugno 1984), pp. 31-73.
CROLLALANZA Giovanni Battista di, Dizionario storico-blasonico delle famiglie nobili e notabili
italiane estinte e fiorenti, vol. I, Presso la direzione del Giornale araldico, Pisa 1886, p. 236.
DAWSON Hugh J., Thomas MacGreevy and Joyce, in «James Joyce Quarterly» XXV/3 (Spring 1988),
pp. 305-321: 314.
DEMING H. Robert, A Bibliography of James Joyce Studies, G. K. Hall & Co., Boston 19772, p. 106.
DONELLA Valentino, Dal pruno al melarancio: musica in chiesa dal 1903 al 1963, Edizioni Carrara,
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ELLMANN Richard, James Joyce, Oxford University Press, New York 1959, 19812, p. 661.
Encyclopédie de la musique, a cura di François Michel, François Lesure, Vladimir Fédorov, vol.
I, Fasquelle, Paris 1958, p. 490.
62
FABBRI Diego, Teatro, vol. I: Orbite, Paludi, La libraria del sole, Il prato, Vallecchi, Firenze 1959, p.
390.
FARGNOLI Nicholas - GILLESPIE Michael Patrick, James Joyce A to Z: The Essential Reference to the
Life and Work, Oxford University Press, Oxford 1955, p. 125.
GUALERZI Giorgio - MARINELLI Roscioni Carlo, 50 anni di opera lirica alla Rai 1931-1980, Eri, Torino
1981, pp. 68-69.
Letters of James Joyce, vol. III, a cura di Richard Ellmann, Faber and Faber, London 1966, pp. 205,
306, 307, 353, 357, 358.
MADDOX Brenda, Nora, the real life of Molly Bloom, Mariner Books, Boston 1988, 20002, pp. 294, 299.
Panorama biografico degli italiani d’oggi, a cura di Gennaro Vaccaro, vol. I, Curcio, Roma 1956, p.
303.
SORRENTI Pasquale, I musicisti di Puglia, Laterza & Polo, Bari 1966, p. 47.
Il Teatro delle Novità di Bergamo: 1937-1973, Comune di Bergamo, Assessorato alla Cultura e allo
Spettacolo, Bergamo 1985, pp. 106-107 (con bozzetti dell’opera Amore sotto chiave e rassegna
stampa).
VALABREGA Cesare, Il piccolo dizionario musicale per tutti, Ed. Il Faro, Roma 1949.
Opere drammatiche
Opere liriche
Oratorii
1. Santo Francesco, oratorio per soli, coro e orchestra, su testi dai Fioretti e dalle due Vite
di Francesco d’Assisi, 1930, revisionata nel 1959 (partitura e riduzione per canto e
pianforte in I-Rism).
2. Vita di Maria, oratorio per soli, piccolo e grande coro e orchestra, 1961.
3. Passione di Cristo, oratorio, 1967 (compiuta solo la prima parte e l’inizio della seconda).
Fiabe musicali
1. Il gigante egoista, fiaba musicale per voce recitante e piccola orchestra, da Oscar Wilde,
1946, eseguito a Roma, E.I.A.R., 1947.
2. Il principe felice, commento musicale per pianoforte e archi alla fiaba di Oscar Wilde,
1955.
63
Balletti
1. per il dramma Il prato di Diego Fabbri (1940), Roma, Teatro Eliseo, 27 maggio 1943.
2. Le Monastère, 1932 (documentariio).
3. Le Soleil de minuit, 1933 (documentario).
4. Il ponte di vetro, 1940 (regia di Goffredo Alessandrini), insieme a Umberto Mancini.
5. Incanto di mezzanotte, 1940 (regia di Mario Baffico).
6. Kean, 1940 (regia di Guido Brignone).
7. Confessione, 1941 (regia di Flavio Calzavara), insieme a Ettore Fecchi (Carducci è autore
delle canzoni Luna, dimmelo tu e Nostalgia di felicità).
8. Sancta Maria (La muchacha de Moscù), 1941 (regia di Edgar Neville e Pier Luigi Faraldo
per la versione italiana).
9. Se non son matti non li vogliamo, 1941 (regia di Esodo Pratelli), insieme a Franco
Casavola (Carducci direttore d’orchestra).
10. Uomini sul fondo, 1941 (regia di Francesco De Robertis).
11. È caduta una donna, 1941 (regia di Alfredo Guarini).
12. Alfa Tau!, 1942 (regia di Francesco De Robertis).
13. Gioco pericoloso, 1942 (regia di Nunzio Malasomma), insieme a Ezio Carabella e Rafael
Martinez Torre.
14. Violette nei capelli, 1942 (regia di Carlo Ludovico Bragaglia), insieme a Alberto Paoletti
e Lyno Benedetti.
15. Marinai senza stelle, 1943 (regia di Francesco De Robertis), come direttore musicale.
16. L’isola del sogno, 1947 (regia di Ernesto Remani): solo per le canzoni (in unione con
Cesare A. Bixio).
17. I dritti, 1957 (regia di Mario Amendola).
18. Le dritte, 1958 (regia di Mario Amendola).
Marco Beghelli
3
Sono elencati tutti i titoli di film in cui Carducci abbia un qualche ruolo musicale dichiarato in locandina.
64
Cronologia1
1
La maggior parte delle informazioni sono state raccolte direttamente dalla testimonianza del figlio del
compositore, prof. Alberto Carducci Agustini dell’Antoglietta, medico, che sentitamente ringraziamo. A lui si deve
anche la ricognizione sulla partitura della Divina tragedia. A lui si devono anche le notizie su Carlo Carducci
Agustini.
65
ATTO I. Sinedrio: La congiura dei Sommi Sacerdoti (tenori, baritoni e bassi); Il popolo
entra: Caifa, una guardia, Giuseppe, un sicario, popolo (tenori, baritoni e bassi), Anna,
Nicodemo, Giuda; Sinedrio (2° coro): Entra il popolo (tenori, baritoni e bassi), Caifa,
Giubal, Abia, Soliloquio di Giuseppe; Intermezzo cantato (a sipario momentaneamente
chiuso). L’ultima cena con gli apostoli (tenori, baritoni e bassi), Gesù, Pietro, Giuda,
Pietro (sorpreso e pensieroso), Coro degli Apostoli.
ATTO II. Intermezzo (a sipario chiuso). Il Monte degli ulivi: Gesù prega; l’angiolo
sospeso nel vuoto offre il calice a Gesù; Giuda seguito dai soldati bacia Gesù; Pietro
taglia l’orecchio a Malco e Gesù lo riattacca; Giuda con coro (tenori, baritoni e bassi);
Giuda s’impicca.
ATTO III. Una piazza, con la casa di Pilato: Pietro, un’ancella, un servo, un altro servo,
diversi servi e guardie; Il gallo canta tre volte; Pietro s’inginocchia e piange; Maddalena
e Giuseppe (duetto); Maddalena, Giuseppe, Maria e Giovanni (quartetto); Pilato e i
Sommi Sacerdoti (tenori, baritoni e bassi); Popolo, Gesù e Barabba; Maria e Giuseppe;
Maria, Maddalena, Giovanni e Giuseppe (tempo di marcia funebre, tromba e tamburo
scordato, tenori, baritono e bassi); Giovanni a Maria; Giovanni al popolo; Caduta di
Gesù; Maria al figlio; Il Figlio alla Madre; Maria, Maddalena, Gesù, Giovanni e
Giuseppe (quintetto); Coro (tenori, baritoni e bassi) e nuovamente quintetto.
ATTO IV. Preludio (a sipario chiuso). In fondo alla scena vi è la Croce con Gesù
inchiodato, ai suoi piedi le tre Marie e Giovanni, sul pavimento al centro della scena
tre soldati che giocano a dadi e che fuggono quando la terra inizia a tremare: Terremoto;
Giuseppe e Nicodemo calano il sacro corpo; Lamento di Giuseppe; Maria
(amorevolmente); Maddalena, Giovanni, Nicodemo e Giuseppe (quartetto, «molto largo
e piano, quasi un mormorio, mentre la scena si oscura gradatamente»).
Nonostante l’articolazione in numerose scene e momenti musicali e a dispetto
della lunghissima gestazione (oltre un decennio di lavoro), l’opera non è di ampie
proporzioni, totalizzando 135 carte di partitura (107 in un secondo esemplare di
formato maggiore e con modifiche alla strumentazione). Non è chiaro se sia mai stata
rappresentata nella sua intierezza; di certo alcune sue parti più significative (e segna-
tamente l’atto IV) furono eseguite ripetutamente a Taranto fino ai primi anni ’50, sia
in forma scenica nei cinema-teatri cittadini, sia come commento musicale alle sacre
rappresentazioni della Settimana Santa tarantina, cui l’autore prestava il suo diretto
apporto in qualità di direttore. In una nota dattiloscritta conservata all’interno del
secondo esemplare, l’autore dichiara di essersi attenuto ai canoni operistici dell’Ot-
tocento che anche i contadini conoscono e comprendono, e di aver scelto un soggetto
adatto alla rappresentazione sia nei teatri chiusi che aperti, con un numero di musi-
cisti variabile a seconda delle necessità. La sua restante produzione è strettamente
legata alle occasioni di vita locale (circa ottanta composizioni autografe conservate
nell’archivio di famiglia, molte su testo proprio): da un lato il pubblico intrattenimen-
to, con varie canzoni e ballabili (il tango A lumi spenti, il valzer lento Mia bella
nomade, la serenata Fra sonno e veglia, le mazurke Monella e Magna mia, ecc.);
dall’altro la devozione liturgica, con numerose composizioni sacre, non di rado
dedicate a particolari momenti eucaristici (Preludio per l’elevazione, Sanctus, Tantum
ergo, inni A Maria SS.ma “Stella del Mare” (1947), A S. Giuseppe, A S. Luigi, Per
la Gioventù Antoniana), oppure destinate a qualche occasione festiva (A Don Paolo
Acquaro in occasione della sua prima Messa. Fragagnano 9 settembre 1951, A
Padre Barella, Per la festa alla Direttrice, ecc.).
67
Stando ai registri della (S.I.A.E.), che lo vide iscritto a partire dal 1939, alcune
composizioni risultano eseguite anche nei paesi scandinavi.
Bibliografia
ARCHIVIO CENTRALE DELLO STATO, Censura teatrale e fascismo (1931-1944): la storia, l’archivio,
l’inventario, a cura di Patrizia Ferrara, Ministero per i Beni e le Attività Culturali - Direzione Generale
per gli Archivi, Roma 2004, vol. I, p. 271.
Marco Beghelli
68
FRANCO CASAVOLA
Modugno (BA), 13 luglio 1891 - Bari, 7 luglio 1955
Cronologia
servono questi quattrini (Esodo Pratelli, 1942); Carmela (Flavio Calzavara, 1942
con protagonista la famosa attrice Doris Duranti); Canal Grande (di Flavio
Calzavara, 1942); Tempesta sul golfo (di Gennaro Righelli, 1943); Resurrezione
(di Flavio Calzavara, 1943); Addio mia bella Napoli (di Mario Bonnard, 1945);
Aquila nera (regia di Riccardo Freda, 1946); Furia (di Goffredo Alessandrini,
1946); Eleonora Duse (di Francesco M. Ratti, 1947); Anni difficili (regia di Luigi
Zampa, 1948); La sepolta viva (di Guido Brignone, 1948); Il falco rosso (di Carlo
Ludovico Bragaglia, 1949); La figlia del mendicante (di Carlo Campogalliani,
1949); Quel fantasma di mio marito (di Camillo Mastrocinque, 1950); Ippodromi
all’alba (documentario, 1950); Alina (di Giorgio Pastina, 1950); Contro la legge
(di Flavio Calzavara, 1950); Sigillo rosso (di Flavio Calzavara, 1950); I due
derelitti (di Flavio Calzavara, 1952); Amore rosso (di Aldo Vergano, 1953).
Trasferitosi definitivamente in Puglia, Franco Casavola riincontra il poeta Nazariantz
e viene ancora una volta suggestionato dal movimento graalista per la cui rivistina
locale, «Graal», egli pubblica una Lettera sul teatro lirico che è insieme un amaro
bilancio della sua vita artistica e un lucido atto d’accusa contro la politica musicale
del Fascismo. Muore a Bari il 7 luglio del 1955. Contrariamente a quanto egli
stesso aveva dichiarato, la sua produzione musicale futurista non è affatto andata
distrutta, tanto che nel 1992 è stata fortunosamente rinvenuta in una delle abitazioni
delle sue sorelle, andando poi a formare un ricco fondo documentario, generosamente
donato dai nipoti, e oggi catalogato e consultabile presso la Biblioteca Provinciale
De Gemmis di Bari.
Invero già dal 1924 Casavola, in un abbozzo di estetica musicale delineato con il
sodale di sempre Sebastiano Arturo Luciani, il quale non poco ebbe ad influenzarne
l’intelligenza conoscitiva, fissava una proposta organica in vista della «nuova
opera»: l’opera dei futuristi della seconda ora che doveva risolvere il dissidio e la
separatezza dei ruoli tra canto, recitativo e forma scenica per puntare invece «a
limitare le parole (le parole del libretto) al puro necessario rendendo la trama
intellegibile come in una pantomima; e a far sì che il canto non sia un arresto
dell’azione, ma parte importantissima dell’azione, logicamente e strettamente legata
all’azione e che naturalmente dall’azione scaturisca come, nella vita, sono logiche
e legate alla vita una canzone ed una serenata». A ben vedere, Casavola resterà, alla
fine del suo cammino compositivo, un seguace di Respighi specie in virtù dell’abile
mestiere di strumentatore appreso dal famoso maestro. Tutt’al più, nelle prove
d’ampio respiro si affermerà come seconda linea, certamente di qualità, della
generazione tardo-verista, egli un tempo catturato dal vortice del futurismo e dotato
di sincere curiosità intellettuali e di un certo fiuto creativo per le novità accampate
dal film sonoro e dalla modern-dance. Sino ad intuire e a scorgere nel jazz (ed egli
fu tra i primi in Italia) la possibilità «di identificare l’esecutore con il creatore, di
portare l’improvvisazione nell’insieme orchestrale»; meglio se in un vortice
«eminentemente sintetico», dunque sin-estetico in quanto «l’intensità delle vibrazioni
visive è infinitamente superiore e la sensazione luminosa più rapida di quella
auditiva».
72
Bibliografia
BIANCHI Stefano, La musica futurista: ricerche e documenti, LIM, Lucca 1995, pp. 124-127.
BIRARDI Beatrice, I futurlieder di Franco Casavola, Tesi di laurea specialistica, Università degli Studi
di Lecce, a.a. 2005-2006, rel. Prof. Roberto Giuliani.
–, Dal futurismo al Bitter Campari. Le liriche da camera di Franco Casavola, in «Rivista Italiana
di Musicologia», vol. XLII (2007), n. 2, pp. 267-308 (con ricco apparato bibliografico).
CASAVOLA Franco, Difesa del jazz, in «L’Impero», 14 agosto 1926.
COLAZZO Salvatore, Il contributo di Franco Casavola, in Futurismo e Meridione, Catalogo della
mostra, Electa, Napoli 1996 .
DE ANGELIS Alfredo, Franco Casavola, in «La propaganda musicale», n. 7-8, 1929.
DE LISO Giuseppe, Il cinquantenario della morte di Franco Casavola, Litopress, Bari 2005.
–, Franco Casavola e il futurismo pugliese cinquant’anni dopo, Atheneum, Firenze 2008.
DELL’AQUILA Michele, Parnaso di Puglia nel ‘900, Adriatica ed., Bari 1993.
DORFLES Gillo, Il divenire delle arti, Bompiani, Milano 1996, pp. 185-189, 231-240.
Estasi brevi. Futuristi di Puglia: Casavola, Luciani e gli altri, a cura di Salvatore Colazzo, Amaltea,
Castrignano de’ Greci 2005.
FOLGORE Luciano, La musica futurista, l’arte dei rumori, in «Almanacco italiano», XXVIII, 1923.
GIANNONE Antonio Lucio, Futurismo e dintorni, Congedo ed., Galatina 1993.
GIOVINE Alfredo, Franco Casavola, in Musicisti e cantanti di terra di Bari, Levante, Bari 1968,
pp. 11-14.
LEUCCI Fiorenza, Satie, Canudo e Péladan dal simbolismo all’Esprit Nouveau, in Verso la modernità
a cura di Giovanni Dotoli, Schena, Fasano 1994.
73
Opere drammatiche
1. Il gobbo del califfo, atto unico di Arturo Rossato da Le Mille e una notte, Costanzi,
Roma 1929.
2. Le astuzie d’amore, opera comica in due atti di Arturo Rossato, BA Petruzzelli 1936.
3. Salambò, tragedia lirica in quattro atti di Emidio Mucci dall’omonimo romanzo di
Flaubert, Roma teatro dell’Opera 27 aprile 1948.
Pierfranco Moliterni
74
NICOLA CASSANO
Ruvo di Puglia (BA), 2 gennaio 1857 - Bari, 25 gennaio 1915
Cronologia
Bibliografia
BOCCUZZI Francesco, Profili ruvesi, Officine Grafiche Pansini, Ruvo 1926, pp. 74-75.
BUCCI Cleto, Nicola Cassano, musicista ruvese, Università della Terza Età - Centro Studi e Ricerca,
Ruvo di Puglia 2009.
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Tipografico di Vinc. Morano, Napoli 1881, pp. 530-531.
GIOVINE Alfredo, L’opera in musica nei teatri di Bari. Statistica delle rappresentazioni dal 1830 al
1969, Archivio delle tradizioni popolari baresi, Bari 1969, pp. 39, 45, 51, 110.
LEGGER Gianni, Drammaturgia Musicale Italiana. Dizionario dell’italianità nell’opera dalle origini
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LONGO Alessandro, Riccardo Wagner al Conservatorio di Napoli. Una visita - Una lettera, in «L’arte
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RAELI Vito, Maestri compositori pugliesi, Raeli, Tricase 1925, p. 63.
SESSA Andrea, Il melodramma italiano 1861-1900, Olschki, Firenze 2003.
SORRENTI Pasquale, I musicisti di Puglia, Laterza & Polo, 1966, p. 51.
TEDONE Angelo, Ruvo di Puglia. Uomini illustri, Centro Studi Meridionali, Giovinazzo 1997, p. 19.
TESTINI N., Musicisti ruvesi dimenticati, Ruvo di Puglia 1937.
Opere drammatiche
L’alpigianina, idillio in un atto e due parti di Enrico Golisciani, prima rappresentazione Real
Collegio di Musica, Napoli 21 aprile 1880.
Angela Annese
76
NICOLA COSMO
Acquaviva delle Fonti (BA), 30 aprile 1918 - Bari, 13 dicembre 1984
Cronologia
Compositore e didatta, Nicola Cosmo inizia gli studi musicali all’età di dieci anni,
nel 1928, seguendo i corsi di Composizione e Pianoforte tenuti da Amilcare
Zanella nel Conservatorio «Gioachino Rossini» di Pesaro. Nel 1937 si iscrive al
Conservatorio «S. Pietro a Majella» di Napoli, dove si perfeziona in Pianoforte
con Paolo Denza e in Composizione con Jacopo Napoli: si diplomerà in Pianoforte
nel 1940 e l’anno successivo conseguirà i diplomi in Strumentazione per banda
e in Alta Composizione. Nel 1941 segue i corsi di perfezionamento in Composizione
e Direzione d’orchestra tenuti da Antonio Guarnieri all’Accademia Chigiana di
Siena. Ha svolto attività didattica come docente di Lettura della partitura nel Liceo
Musicale di Bari (successivamente Conservatorio «Niccolò Piccinni») ed è stato
a lungo segretario del Sindacato Nazionale Musicisti. Tra le sue numerose
composizioni cameristiche si segnalano la Sarabanda e Toccata per pianoforte
(1942), il Girotondo per pianoforte, la Giullaresca a tre per pianoforte, flauto e
violoncello (1944), la Berceuse per pianoforte (1944), Jolao e Corinna, per arpa
e flauto (1944) e Eros, intermezzo per violino e pianoforte (1944) (cfr. GIOVINE,
1968). È autore anche di un’apprezzata opera didattica per pianoforte: due volumi
di Scale semplici e Scale doppie legate a schema fisso per pianoforte. Cosmo
si cimenta con il teatro musicale a partire dal 1950, quando compone Jaufré Rudel,
opera in un atto su libretto di Vincenzo Spinelli rappresentata per la prima volta
a Bari in forma di concerto nel 1955 e in prima teatrale nel Teatro Duni di Matera
il 27 aprile 1967, sotto la direzione dell’autore. L’opera fu accolta con successo
ed ebbe come interpreti Tommaso Frascati, Elvidia Titano, Renzo Catacchio,
scenografo Gennaro Fatiguso. Il lavoro successivo, la Redenzione di Davide, è
un’opera in un atto e 4 quadri basata su un libretto di Vincenzo Spinelli; fu
rappresentata per la prima volta a Bari il 1 febbraio 1964. Resta inedita e mai
rappresentata la Reine-Claire, opera in tre atti su libretto della moglie Eloisa
Curatolo dalla commedia Bifur di Simon Gantillon. È autore anche di un balletto
(mai eseguito) intitolato Pigmalione, con coro in lingua greca, su testo di Sebastiano
Arturo Luciani.
Secondo Alfredo Giovine la produzione teatrale di Cosmo «si tiene lontano dalle
stravaganze e astruserie d’avanguardia» ed è caratterizzata «dalla sintesi del
linguaggio musicale» e da una «intrinseca coerenza fra testo letterario e espressione
musicale. Per ottenere una maggiore compattezza fra gli interpreti ed il pubblico,
77
le voci tradizionali del canto recitano: declamato ritmico, quando l’azione richiede
il dialogo serrato e cantato per esprimere con più aderenza le umane passioni. Il
teatro di Cosmo si stacca dalla tradizione per immettere nel teatro lirico un
declamato ritmico con un sottofondo sonoro orchestrale, sia per quel che riguarda
il coro sia per i singoli personaggi» (cfr. GIOVINE, 1968). Nella Redenzione di
Davide l’autore sviluppa il tema del sentimento amoroso puro che, sorretto dalla
fede, eleva le creature terrene alla sfera dei sentimenti e dei sensi sublimati. Alcuni
dei testi scelti da Cosmo rispecchiano i più autorevoli temi culturali del Novecento
(Il tempo, lo spazio e l’uomo su testi di Cesare Brandi, 1982. Cfr FABRIS e RENZI,
1983).
Bibliografia
(DEUMM)
Opere drammatiche
Cronologia
Costa verso la composizione di opere di più ampio respiro, non bastano a spiegare
l’impegno e lo studio che caratterizzano il suo approccio al teatro musicale. Il
soggiorno parigino, con i successi raggiunti dalle sue pantomime, lo aiuta a vincere
la diffidenza iniziale nei confronti dell’opera in musica, forse considerata in
precedenza troppo complessa per un compositore abituato alle piccole forme della
canzone e della romanza. L’occasione giunge dall’editore londinese Chappell che,
dopo aver pubblicato le partiture delle sue pantomime, gli propone un lungo
soggiorno in una casa della campagna inglese, per dedicarsi in tutta tranquillità
alla scrittura di un’opera. Il risultato è Il Capitan Fracassa, opera comica su
libretto di Olindo Malagodi, Gigi e Antonio Cippico (che si firmano con lo
pseudonimo O. Magici) tratto dal romanzo omonimo di Gautier ridotto da Guglielmo
Emanuel. Non un’operetta, né una vera e propria opera comica, Il Capitan Fracassa
resta l’opera prediletta del compositore, la più riuscita, quella che, se pur non
compresa al momento, sarebbe stata di certo apprezzata dai posteri. La prima
rappresentazione del 1909 a Torino, registra da un lato gli applausi della critica,
dall’altro i fischi del pubblico, giudizi contrastanti che determinano la delusione
del musicista e la sua decisione di interrompere il percorso compositivo appena
intrapreso. Ma la combinazione di due fattori contribuisce al ripensamento. In
primo luogo l’accoglienza positiva che Il Capitan Fracassa riceve presso il
Costanzi di Roma l’anno seguente; in secondo luogo, il successo dell’operetta Il
re di chez Maxim che Carlo Lombardo concepisce con l’editore Tito Ricordi
utilizzando una serie di canzoni di Costa già edite, ma unite adesso tramite un
unico filo conduttore. L’effetto sorprende lo stesso compositore, il cui impegno era
stato unicamente quello di approvare il prodotto finale. I risultati positivi
dell’iniziativa rendono manifeste a Costa le opportunità che il mondo dell’operetta
offre, l’ambito perfetto in cui poter conciliare la sua vocazione per la canzone e
l’attrazione per il palcoscenico, ma anche genere molto in voga, capace di intercettare
i gusti di un folto pubblico. L’approccio di Costa all’operetta ha molto in comune
con la scrittura delle canzoni, in entrambi i generi il musicista infonde la stessa
vena melodica, l’identica passione per una costruzione musicale fluida, quasi
spontanea, la stessa semplicità di mezzi musicali.
Dopo appena due anni, giunge sulle scene Posillipo, operetta composta su un
libretto realizzato dallo stesso Costa utilizzando i versi di tre poeti napoletani:
Achille Campanile, Salvatore Di Giacomo e Ernesto Murolo. Posillipo è prima
di tutto un omaggio alla città di Napoli, ritratta in tutta la sua vivacità, con i suoi
colori, i suoi personaggi, i suoi luoghi, i suoi suoni. A partire dal successo di
Posillipo, Costa avvia il suo personale percorso operettistico, nel quale l’esperienza
della canzone napoletana si intreccia con gli influssi americani e mitteleuropei.
Il rapido entusiasmo per questo genere musicale, porta Costa a scrivere in tempi
brevissimi la sua operetta più famosa, Scugnizza, realizzata in stretta collaborazione
con Lombardo. La storia di due scugnizzi innamorati, la cui felicità è disturbata
dall’arrivo di un ricco signore americano che crede di poter comprare tutto, anche
una donna, col denaro, si traduce in uno scontro/confronto tra due culture e due
modi di vivere differenti, occasione proficua per cimentarsi in svariate soluzioni
drammaturgiche e musicali. In Scugnizza la lingua americana del potere si mescola
a quella napoletana della semplicità e della miseria; le melodie partenopee, il
caratteristico fischio dei popolani, si intrecciano con atmosfere da musical, come
mostra l’inserimento dello shimmy, un ballo molto in voga all’epoca. Scugnizza
82
esemplifica una delle caratteristiche tipiche della «piccola lirica» italiana dell’epoca,
ossia la notevole importanza rivestita dai contenuti – come avviene nell’opera
lirica – a dispetto dell’accusa di utilizzare trame banali al servizio della musica.
La vicenda dimostra, infatti, che l’amore trionfa sempre sull’arroganza del potere,
un messaggio forte anche se veicolato attraverso i toni leggeri dell’operetta, in
modo discreto e privo di protesta. La prima rappresentazione a Torino, consacrata
dalla presenza famosa soubrette Nella Regini (nome d’arte di Tilde Scarneo) nei
panni della protagonista Salomè, è soltanto l’inizio dell’ascesa di Scugnizza, che
a partire dagli anni Venti fino al dopoguerra rimane stabile nel repertorio di molte
compagnie di operetta.
Assecondando i ritmi rapidi del mercato musicale, Costa scrive a breve distanza
altre due operette, sempre in collaborazione con Carlo Lombardo, Mimì Pompon
e Il Re delle api, gli ultimi lavori di ampio respiro prima del trasferimento a
Montecarlo. Pur senza raggiungere le vette di Scugnizza, entrambe le operette sono
accolte in molti teatri con successo, a parte l’unico tonfo subito da Il Re delle Api
presso il Teatro Petruzzelli di Bari, che, proprio perché avvenuto nella sua terra
nativa, suscita la profonda delusione del compositore.
Dopo la comparsa delle versioni francesi di Il Capitan Fracassa e di Scugnizza
sulle scene di Montecarlo, la presenza delle sue operette sui cartelloni delle
stagioni liriche diviene sempre più rara. Nella fase più matura della sua carriera,
al compositore resta il rimpianto di non esser riuscito a realizzare il progetto –
concepito già fra il 1915 e il 1917 – di un’opera lirica “seria” sul Piccolo Santo
di Roberto Bracco, testo che aveva attirato l’attenzione anche di Mascagni e
Renato Simoni. A differenza delle operette, le sue canzoni non sono scalfite dal
passare del tempo e dall’imperversare di nuove tendenze, prime fra tutte il jazz,
continuando a risuonare grazie ai concerti, alla radio, ai grammofoni. Pur consi-
derando la fortuna delle sue operette, Costa sembra restare prigioniero della sua
gloria di canzoniere, un aspetto che, nonostante abbia forse impedito un pieno
riconoscimento delle sue qualità di operista, è stato in parte alimentato dallo stesso
Costa che parlando di sé affermava «Compositore di canzoni? Sì, e me ne vanto»
(ACQUAVIVA, p. 20).
Bibliografia
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ACQUAVIVA Giovanni, Mario Costa fra Taranto e Napoli, Scorpione, Taranto 1986.
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SESSA Andrea, Il melodramma italiano, 1861-1900: dizionario bio-bibliografico dei compositori,
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TRAUBNER Richard, Operetta. A theatrical History, Oxford University Press, New York-Oxford 1989,
p. 432.
Discografia
Edizioni
– Il Capitan Fracassa, riduzione per canto e pianoforte di Pasquale Mario Costa, Chappell,
London, 1910; «Isabella», canzone antica atto II, riduzione per canto e pianoforte di P.
M. Costa, Chappel, London 1909; «Zerbina», strofe atto II, riduzione per canto e pianoforte
di P. M. Costa, Chappel, London 1909; valzer sopra i motivi più favoriti dell’operetta
per pianoforte di P. M. Costa, Chappell, London 1910; riduzione per pianoforte di
Guglielmo Emanuel, Chappell, London 1910.
– Il re di chez Maxim, riduzione per canto e pianoforte di P. M. Costa, Ricordi, Milano
1919; «Il mio cor, qual mister...», duetto comico atto I, riduzione per pianoforte solo di
di P. M. Costa, G. Ricordi e C., Milano 1919; «La marcia della danza - il jazz», atto II,
riduzione per pianoforte solo di P. M. Costa, G. Ricordi e C., Milano 1919; grande fantasia
per banda/riduzione di Rocco Cristiano, Belati, Perugia s.d.; riduzione per pianoforte solo
di Arturo Cadore, Ricordi, Milano 1920; fantasia/riduzione per piccola orchestra di Arturo
De Cecco, Ricordi, Milano 1927.
– Scugnizza, «Salomé», duetto comico, riduzione per canto e pianoforte di P. M. Costa,
Carlo Lombardo, Milano 1922; «fox-trott della Scugnizza», riduzione per canto e pianoforte
di P. M. Costa, ed. Carlo Lombardo, Milano 1922.
– Il re delle api, riduzione per canto e pianoforte di Edoardo Marocco, Sonzogno, Milano,
1925; «Mary e Quickly», duetto comico, Sonzogno, Milano 1925; «Le amanti», fox-trot,
riduzione per piccola orchestra di P. M. Costa, Sonzogno, Milano 1925.
Opere drammatiche
1. Le disilluse, fiaba per marionette in un atto di Roberto Bracco, NA Società Filarmonica
aprile 1889 \ NA Fenice maggio 1894.
2. Histoire d’un Pierrot, pantomima in tre atti su libretto di Fernand Beissier, Parigi 1893
(poi in versione filmica 1913).
3. Model Rêvé, pantomima, Parigi 1893.
4. Voyage de noces, pantomima, Parigi 1894.
5. La dame de pique, pantomima, Londra 1894.
6. Il Capitan Fracassa, opera comica in tre atti di Guglielmo Emanuel e O. Magici, TO
Alfieri 14 dicembre 1909 \ Roma Costanzi novembre 1910; Buenos Aires Politeama
Argentino 20 giugno 1910; Vienna Volksoper 27 gennaio 1911; Parigi 1919.
7. Il re di chez Maxim, operetta in tre atti di Carlo Lombardo e Arturo Franci, MI Fossati
10 maggio 1919 \ BA Petruzzelli 22 dicembre 1922.
8. Posillipo, commedia lirica in tre atti su libretto proprio da Achille Campanile, Salvatore
di Giacomo, Ernesto Murolo, Roma Eliseo 8 novembre 1921.
9. Scugnizza, operetta in tre atti di C. Lombardo, TO Alfieri 16 dicembre 1922 \ Roma
Costanzi 15 maggio 1923; VE Fenice 8 maggio 1924; BA Petruzzelli novembre 1924;
Canosa di Puglia (BA) Politeama 18 dicembre 1926; BA Vittoria 19 maggio 1932;
BA Piccinni 26 dicembre 1938; TS Politeama Rossetti agosto 1979; TS Verdi agosto
1980; PA Bellini 1989; TS Verdi settembre 1996; TS Verdi settembre 2002; Cavriago
(RE) Multisala Novecento 31 dicembre 2006; TS Sala Tripcovich settembre 2008.
10. Il re delle api (La regina delle api), operetta in tre atti di Giuseppe Adami, MI Lirico 11
febbraio 1925 \ BA Petruzzelli settembre 1925; TA Politeama Alhambra settembre 1925.
11. Mimì Pompon, operetta in tre atti di Giuseppe Adami, MI Lirico 23 ottobre 1925.
Beatrice Birardi
85
Cronologia
1777. Il 13 aprile Vito Antonio Raffaele Cozzoli nacque a Molfetta da Gennaro
Cozzoli e Maria Laura Pansini.
1787-1795. Studiò al seminario vescovile di Molfetta, dove nel 1794 diventò
chierico con il rito della prima tonsura. In questo periodo si suppone abbia studiato
musica sotto la guida del maestro di canto gregoriano Francesco Saverio Massari
(autore di due Uffici conservati presso l’archivio diocesano di Molfetta) e
presumibilmente di altri maestri che in quel periodo lavoravano in seminario: Paolo
Giovanni de Leone, il primicerio Sallustio, Natale Magarelli, Pantaleo Spagnoletta.
1802-1805. Nel 1802 ricevette l’ordinazione presbiteriale e tre anni dopo occupò
il ruolo di “partecipante cantore” nel Capitolo della cattedrale. Non è certo se
Cozzoli nel 1805, come afferma Michele Romano (cfr. ROMANO 1842), iniziò lo
studio della musica a Napoli sotto la guida di Fedele Fenaroli. In quella data risulta
essere studente di Giurisprudenza, discepolo del Terracina; non è tuttavia improbabile
che avesse appreso i rudimenti della composizione studiando i trattati didattici di
Fenaroli e di Francesco Durante.
1811. A quest’anno risale un pagamento al Cozzoli da parte del seminario per
aver composto oratori (cfr. ROMANO 1842 e SALVEMINI 1878). La produzione oratoriale
di Cozzoli a tutt’oggi conosciuta si limita a due soli titoli (Ester e Giuditta),
confezionati dal sindaco di Molfetta Felice Fiore, dei quali non si conosce la data
della prima esecuzione. Cozzoli compose anche un Ufficio in canto gregoriano:
In Festo Maternitatis B. Mariæ Virginis.
1816-1817. Il Venerdì Santo (12 aprile) del 1816 venne eseguita nella cattedrale
di Molfetta la sua Passio D.N.I.C. Secundum Joannem per voci soliste, coro e
strumenti. Nel gennaio dell’anno seguente l’autore morì a Molfetta.
Bibliografia
(IBI, STIEGER)
FONTANA Aldo, Molfetta, raccolta di notizie storiche: galleria degli uomini illustri, A. Mezzina,
Molfetta 1965.
PERUZZI Francesco, Maestri compositori e musicisti molfettesi, Picca e Figlio, Molfetta 1931.
ROMANO Michele, Saggio sulla storia di Molfetta dall’epoca dell’antica Respa sino al 1840, De
Bonis, Napoli 1842.
SALVEMINI Antonio, Saggio storico della città di Molfetta, Tip. dell’Accademia Reale delle Scienze,
Napoli 1878.
SORRENTI Pasquale, I musicisti di Puglia, Laterza & Polo, Bari 1966, p. 62.
–, Per una storia del teatro pugliese, prefazione di Giorgio Saponaro, Schena, Fasano 1984.
86
Edizioni
– Passio D.N.I.C. secundum Ioannem: a più strumenti, con cori di ripieno, a cura
di Gaetano Magarelli, Mezzina, Molfetta 2006.
GIUSEPPE CURCI
Barletta, 15 giugno 1808 - ivi, 5 agosto 1877
Cronologia
di Marinari» nel Matrimonio conchiuso dalle bugie) sono impiegati con frequen-
za, così come gli ammiccamenti alla musica “popolare” impliciti negli slittamenti
cromatici cadenzali e nell’abbondanza di ritmi in 6/8 (cfr. il brindisi corale che
apre Il sarto ed i tabarri) e in 12/8 (cfr. la cavatina di Adolfo nell’Introduzione
della medesima opera). Di segno nuovo rispetto all’epoca di Paisiello e di Zin-
garelli è semmai la strumentazione sovrabbondante che non disdegna aggregati
timbrici di marca bandistica né l’utilizzo parossistico di determinati strumenti,
quali ad esempio il trombone e l’ottavino nel duetto buffo tra il basso Diego e
il tenore Pastofalo nel I atto del Matrimonio conchiuso dalle bugie. Non stupisce
che gli esiti artistici di maggior rilievo Curci li raggiunga nel momento in cui si
trova a collaborare con Andrea Pàssaro uno dei più valenti e prolifici autori di
questa tipologia di opera comica, sospesa tra il tentativo di assimilazione della
drammaturgia dell’opéra-comique contemporaneo e l’anacronistica riproposta dello
stile di Palomba e Lorenzi. Nel dissodare queste neglette fonti librettistiche e
musicali emerge dunque una tradizione melodrammatica buffa, tutta partenopea
e parallela al “grande Ottocento” di Bellini-Donizetti-Verdi, che, lungi dall’esau-
rirsi con l’astro rossiniano e donizettiano, attraverserà l’intero XIX secolo attuando
una lenta ma costante mitizzazione e museificazione del passato settecentesco
“napoletano”. Se ben poco si può dire dell’opera viennese I due mariti – soltanto
ipotizzabile nel suo assetto visto che l’unica fonte superstite riporta le linee di canto
– altrettanto scarsi sono i dettagli relativi agli atteggiamenti compositivi che
emergono dalle partiture confezionate a Parigi. Dai frammentari materiali supersiti
si deduce tuttavia una mancata assimilazione del modello francese, dove il brano
cantato si poneva come continuazione naturale delle sezioni in prosa e dove gli
ensembles erano brevi e non indulgevano in oasi liriche. La concisione dramma-
tica, la continuità tra canto e dialogo, l’attenzione agli aspetti gestuali e visivi
rappresentavano infatti i connotati salienti della drammaturgia francese ottocen-
tesca (debitrice nei confronti del mélodrame di fine Settecento) alla quale Curci
antepose un’impostazione all’italiana, fedele alla successione cantabile-cabaletta,
all’alternanza tra momenti d’azione e sezioni lirico-contemplative, alla gestione
dei pezzi d’assieme intesi come ampie architetture musicali prima ancora che
drammatiche. Nella Parigi degli anni compresi tra Le Prophète di Meyerbeer
(1849) e Les Vêpres Siciliennes di Verdi (1855), Curci continuò così a rivolgersi
in direzione dell’estetica rossiniana che assegnava il primato non al dramma ma
alla musica. Osservando nel suo insieme l’esperienza europea curciana, non si può
fare a meno di notare come essa si sia sempre mossa nell’angusto spazio dei salotti
aristocratici – senza mai venire a contatto con la pratica della scena e dunque con
le nuove istanze della drammaturgia romantica – così come era accaduto per altri
compositori di formazione napoletana già sopra menzionati: Giuseppe Lillo (a
Parigi dal 1847 al 1848), Federico Ricci (a San Pietroburgo nel 1853 e a Parigi
nel 1869) e Luigi Ricci (a Praga dal 1858 fino alla morte avvenuta l’anno
seguente), Lauro Rossi (in Messico, a l’Avana e New Orleans tra il 1834 ed il
1843), Salvatore Sarmiento (a Parigi dal 1852 al 1854). Un rapido sguardo alla
partitura di Afonso il magnanimo può aiutare a comprendere gli anacronismi
dell’ultima fatica teatrale curciana che si rintracciano non tanto nel taglio formale
“a numeri”, internamente organizzato secondo i dettami della “solita forma”,
quanto nella volontà di confezionare una partitura estremamente complessa nel-
92
Bibliografia
(DBI, DEUMM, ES, MGG, NG2001, NGO, PIPER, SCHMIDL, STIEGER)
CAROCCIA Antonio, La corrispondenza salvata. Lettere di maestri e compositori a Francesco
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delle opere).
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Risorse on-line
Sul sito www.internetculturale.it sono consultabili tutte le opere di Curci conservate presso
la Biblioteca del Conservatorio «S. Pietro a Majella» di Napoli. I saggi di Michele Cassandro
93
(in «Japigia») e di Anna Cassandro Sernia (in «Archivio Storico Pugliese») sono disponibili
sul sito emeroteca.provincia.brindisi.it
Opere drammatiche
Lorenzo Mattei
94
ROBERTO CURCI
Bari, 1856 - Bisceglie, 22 settembre 1924
Cronologia
Bibliografia
(DEUMM, ES)
ANNA CASSANDRO SERNIA Anna, Giuseppe Curci musicista barlettano, in «Archivio Storico Pugliese»
XXXI (1978) fasc. I-V, pp. 234-263.
MELUCCI Mariagrazia, Il fondo musicale Curci della biblioteca comunale di Barletta, Biblioteca
Comunale «S. Loffredo», Barletta 1999 («Ricerche della Biblioteca» 26), pp. 13-52 (con catalogo
delle opere).
Opere drammatiche
1. Delitto D’Amore, melodramma in due atti di Luigi Albrizio, Barletta teatro comunale
27 gennaio 1897 (partitura in I-BAR*).
Lorenzo Mattei
95
Cronologia
Scarsissime sono le informazioni relative a questo compositore. Secondo Sorrenti
(cfr. SORRENTI 1966), che ricorda un O salutaris hostia con accompagnamento di
organo o harmonium (Izzo, Napoli 1904) e una Ave Maria per mezzosoprano e
analogo accompagnamento (1905), è da considerare «musicista prevalentemente
ecclesiastico». Rimangono di D’Ammacco la romanza Primavera! e, manoscritti,
un Idillio Campestre ed una Suite, entrambi per orchestra, conservati a presso la
Biblioteca di S. Pietro a Majella di Napoli (è sul frontespizio di tali partiture che
appare la variante del nome “Niccolò”). È ancora Sorrenti a citare l’opera in un
atto, su libretto di Menotti-Buja, Rosa d’Inverno, rimasta inedita. Non si ha notizia
di ulteriori contributi nel genere operistico.
Bibliografia
SORRENTI Pasquale, I musicisti di Puglia, Laterza & Polo, Bari 1966, pp. 67-68.
Opere drammatiche
Paolo Valenti
96
Cronologia
1819-1841. Nicola De Giosa nasce il 3 maggio del 1819, nel borgo antico di
Santa Scolastica della città adriatica, da Angelantonio e Lucia Favia, esponenti
di una modesta famiglia borghese. Il giovane Nicola viene avviato allo studio del
flauto e nel 1834 inizia a frequentare il Real Collegio di Napoli, dapprima come
allievo nella classe di flauto del maestro Pasquale Buongiorno e successivamente
in quella di composizione dei maestri Ruggi, Zingarelli e Donizetti di cui diventa
uno dei discepoli prediletti. Una delle prime prove compositive è la preghiera per
soprano coro e orchestra Una lacrima sulla tomba del conte di Gallenberg, seguita
da un Inno funebre a 4 voci. Nel 1840, improvvisamente, abbandona l’istituto per
oscuri dissapori con il neodirettore Saverio Mercadante, concorrente questi di
Donizetti per quella ambita carica e per la primazia nell’agone operistico locale.
1842-1847. Nel 1842 debutta con franco successo al teatro Nuovo con La casa
dei tre artisti, cui segue Elvina (1845) su libretto di Almerindo Spadetta, laddove
già mostra uno stile attardato su temi e maniere della decaduta opera comica
napoletana. In tale chiave si muove anche La casa di tre artisti, poi mutata col
nuovo titolo L’arrivo del signor zio (1846) presentata in varie sedi italiane e con
alterne fortune: a Torino (teatro Sutera), a Milano (teatro Re, con repliche subitamente
oscurate dalla contemporanea messinscena dei Due Foscari di Verdi), al Carlo
Felice di Genova e infine, nel 1847, all’Argentina di Roma. Negli anni a seguire
De Giosa non si discosta molto dalla cifra stilistica a lui consentanea grazie a opere
comiche come Ascanio il gioelliere (Torino teatro d’Angennes 1847); Le due
guide (Livorno teatro degli Avvalorati 1848) e, infine, con la più nota e fortunata
di esse, Don Checco su libretto di Spadetta (Napoli teatro Nuovo 1847) replicata
a lungo come una delle preferite del pubblico napoletano e poi presentata in altri
teatri italiani.
1848-1864. La convinta adesione agli stilemi dell’amato maestro non tardano
a farsi sentire nel periodo della maturità compositiva di De Giosa, grazie a titoli
di opere serie come Folco d’Arles su libretto di Salvatore Cammarano tratto da
Ruy Blas di Victor Hugo (Napoli S. Carlo 1851); ovvero Guido Colmar (Napoli
S. Carlo 1852), cui seguono due interessanti tentativi che hanno l’intento di
illustrare in musica vicende romanzate di altrettanti momenti rappresentativi la
storia di Bari sua città natale, e della Puglia: Ida di Benevento (riveduta in seguito
col titolo Il Seudan di Bari) commissionatagli nel 1853 per la inaugurazione del
teatro comunale barese «Niccolò Piccinni», ma mai andata in scena, ove si
racconta dello storico assedio saraceno alla città dell’857; quindi Ettore Fieramosca
97
o La disfida di Barletta (Napoli S. Carlo 1855) che narra la famosa vicenda già
narrata in prosa da Massimo D’Azeglio sullo sfondo di un amore tragico tra il
paladino italiano e la nobile Ginevra.
1864-1885. Altre opere serie e comiche fanno da cornice alla successiva attività
compositiva come l’ambizioso Il bosco di Dafne (Napoli S. Carlo 1864 di cui si
conosce una prima redazione del 1853 col titolo Elena) dove De Giosa proietta
la narrazione in musica al tempo di Giuliano l’Apostata e dei primi conflitti
religiosi tra pagani e cristiani; Un geloso e la sua vedova (Napoli teatro Nuovo
1857); Isella la modista (Napoli teatro del Fondo 1857); Silvia 1864 e Il marito
della vedova 1870 (Napoli teatro Nuovo); Il pipistrello su libretto di Golisciani
proposta nel 1847 all’Opéra-Comique di Parigi; Il conte di S. Romano (Napoli
teatro Bellini 1878); Rabagas (Roma Argentina 1882). Un posto a sé merita senza
meno Napoli di Carnevale opera giocosa su libretto di D’Arienzo (Napoli teatro
Nuovo 1876) che forse è il suo più notevole e meritato successo grazie ad un gioco
metateatrale che proietta l’amato modello tardo-settecentesco napoletano in
dimensioni nostalgiche e inaspettatamente moderne.
Significativa fu infine la lunga stagione di vita da lui spesa come direttore
d’orchestra specialmente nel massimo teatro napoletano (quasi ininterrottamente
dal 1860 al 1876, dirigendo tra l’altro le prime esecuzioni de Un ballo in maschera
di Verdi, Il profeta di Meyerbeer, Faust di Gounoud) e nel biennio 1867-68 alla
Fenice di Venezia. A tale proposito è degno di nota il ruolo che De Giosa volle
e seppe far riconoscere al direttore-concertatore, considerato il responsabile unico
della fase preparatoria e di quella esecutiva all’interno del composito spettacolo
musicale. Con questo compito De Giosa fu attivo oltre che al S. Carlo, al Politeama
e al Sannazzaro napoletani, in giro anche in altri teatri italiani sino ad arrivare
al Colón di Buenos Aires (1873) e infine al Teatro Vicereale del Cairo, laddove
entrò in contatto con Verdi spinto dalla ambizione di dirigere, egli stesso, nel 1871,
la prima di Aida (cosa che non avvenne anche a causa di una reciproca rivalità
scaturita dalla annosa questione della standardizzazione, mai condivisa, dell’al-
tezza del diapason). Notevole fu anche la sua attività di docente di composizione
(ebbe come allievo il conterraneo Niccolò van Westerhout), alfiere della tutela e
della riqualificazione dei giovani compositori: De Giosa infatti rivestì una parte
attiva sia nella fondazione della Associazione dell’Arte Musicale Italiana sia
nell’organizzazione del Primo Congresso Musicale Italiano (Napoli, febbraio 1864).
Alla morte di Mercadante, nel 1871, Niccola De Giosa (così come curiosamente
amava firmarsi) presentò senza successo la sua candidatura a direttore del Real
Collegio di Musica S. Pietro a Majella, mentre di alcuni anni dopo è la organiz-
zazione di una serie di spettacoli d’opera tra cui la ripresa napoletana de Il Turco
in Italia di Rossini per ribadire l’eccellenza dell’opera comica italiana di contro
alla nascente moda dell’operetta francese, a cui del resto egli stesso, nel 1847,
aveva offerto la modesta prova de La chauve-souris. Gli ultimi tre anni della sua
vita furono trascorsi nella città natale ove la deputazione teatrale del Comune volle
nominarlo presidente onorario del comitato per le celebrazioni piccinniane. Qui
morì il 7 luglio del 1885. Nel 1936 i nipoti suoi eredi donarono tutti i manoscritti
in loro possesso alla Biblioteca Consorziale «Sagarriga Visconti Volpi», oggi
Biblioteca Nazionale di Bari, che li ha raccolti e catalogati in un apposito fondo.
98
Bibliografia
INCAGLIATI Mario, Nicola De Giosa e il genio musicale di Puglia, Cressati, Bari 1923.
MOLITERNI Pierfranco, Nicola De Giosa tra opera seria e opera nazionalpopolare, in L’“altro”
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Zoppelli, Fondazione Donizetti, Bergamo 2004, vol. II, p. 10.
Risorse on-line
Su Google.books sono consultabili per intero i libretti di Don Checco e Napoli di Carnevale.
Sul sito www.internetculturale.it sono presenti gli autografi conservati presso la Biblioteca
del Conservatorio «S. Pietro a Majella» di Napoli e molte altre opere manoscritte.
Opere drammatiche
1. La casa dei tre artisti, opera buffa in due atti di Andrea Passaro, NA Nuovo estate
1842 [I-Nc] \ NA Nuovo 1843; MI teatro Re estate 1846 (partitura in I-Mc; I-Mr*);
TO Sutera 1846; col titolo L’arrivo del signor zio, GE Carlo Felice 1846; Roma
Argentina 1847.
2. Elvina, opera semiseria in tre atti di Almerindo Spadetta, NA Nuovo 1845 (partitura
in I-Nc) \ TO Carignano autunno 1847.
3. Ascanio il gioielliere, opera semiseria in tre atti di Giuseppe Sesto Giannini, TO teatro
D’Angennes primavera 1847 (partitura in I-Mr*).
4. La chauve-souris, operetta comica di A. De Forges (pseudonimo), 1847 rev. come Il
pipistrello operetta in tre atti di Enrico Golisciani, NA teatro Società Filarmonica
gennaio 1875.
5. Le due guide, melodramma in quattro atti di Marco d’Arienzo, LI Avvalorati carnevale
1848 (brani in I-Nc).
6. Don Checco, opera buffa in due atti di Almerindo Spadetta, NA Nuovo 11 luglio 1850
(I-Nc*) \ MC carnevale 1858.
102
Pierfranco Moliterni
103
FRANCESCO DE MATTEO
Deliceto (FG), 17 aprile 1877 - Davos Platz, 18 giugno 1899
Cronologia
Il 23 gennaio del 1897 De Matteo aveva esordito sulle scene del Teatro
Comunale di Catanzaro con la breve scena lirica Dramma eterno, interpretata dalla
signorina France, dalla signorina Nicosia e dal tenore Badaracco, della quale la
sera del 12 dicembre del 1896 presso il Circolo Calabrese di Napoli aveva
presentato in anteprima la Serenata e la Romanza e di cui aveva redatto anche
il testo. Il 28 gennaio del 1897 dalle colonne dell’«Operaio» di Catanzaro il
recensore descrisse l’evento molto favorevolmente: «Il lavoro è ardito come ardito
si mostra l’animo dell’autore, nello svolgere, in soli 18 minuti un’azione di affetti
e di sospetti, di ansie e di dolori, di amore e di odio che spegna l’oggetto chi sa
quanto amato: e questa arditezza mostra anche l’animo spinto e sicuro del giovane
maestro a nuove conquiste nell’arte sua, al quale noi, sebbene operai, mandiamo
un saluto e un augurio di alti allori.»
Il Dramma eterno venne ripreso il 13 marzo 1897 al Teatro Mercadante (già
Fondo) di Napoli e Federigo Polidoro, corrispondente partenopeo della «Gazzetta
Musicale di Milano», riferì come la musica fosse «ricca di invenzione; quasi
sempre pregevole per la forma» e come l’influsso verista fosse vissuto tutt’altro
che sotto forma di spenta imitazione spenta, e pure perfettamente in linea con i
dettami della tradizione partenopea. Fu così che De Matteo pervenne all’attenzione
del pubblico di lettori milanesi e della Casa Sonzogno, e più tardi anche della
Stheiner di Vienna.
A quegli stessi anni risale l’amore non ricambiato per Aida Conforti, una
ragazza di Procida, che diede ispirazione a Francesco De Matteo per alcuni
componimenti poetici e in prosa. Alla fine del 1897 contrasse una grave tubercolosi
polmonare. Anche il padre Michele, che nel frattempo aveva cercato di sottoporlo
alla cura di diversi medici presso i migliori istituti del tempo, si ammalò e morì
il 15 novembre del 1898. Francesco e la madre furono ospiti della famiglia Magno
a San Giorgio a Cremano nel dicembre del 1898 e agli inizi di febbraio del 1899:
Agenóre Magno, suo fraterno compagno di scuola, era figlio dell’avvocato Saverio,
già animatore delle riunioni intellettuali organizzate nella Sala Ricordi, in una
delle quali Francesco De Matteo ebbe ad eseguire il preludio del suo Marco.
La ricerca della guarigione e del sollievo dalla malattia indusse Francesco De
Matteo a recarsi insieme con la madre in varie località di cura quali Saint Moritz,
Posillipo, Sanremo (3 marzo 1899). Il 10 maggio del 1899 partirono da Milano
e il 12 maggio del 1899 giunsero a Davos-Platz presso il noto Sanatorium del dottor
Turban, dopo un viaggio contrassegnato da particolare disagio fisico. Qui le
condizioni di Francesco De Matteo si aggravarono irrimediabilmente ed egli morì
il 18 giugno 1899 a soli 22 anni. Il 23 giugno il corpo giunse alla stazione
ferroviaria di Bovino e venne trasportato a Deliceto. La mattina del 24 il corteo
mosse dalla casa verso la chiesa del SS. Salvatore di Deliceto e la cerimonia
funebre raccolse nel dolore l’intero paese natale.
Oltre a diversi altri lavori per la scena rimasti incompiuti (Jeannette) o mai
rappresentati dei quali era l’autore anche dei testi (Il demente dedicato all’attore
Ermete Novelli, I demoni, Spiritismo, tratta dalla commedia, peraltro non parti-
colarmente stimata dai redattori del «Trovatore», di Victorien Sardou già rappre-
sentata da Sarah Bernhardt), Francesco De Matteo concepì numerose liriche per
canto e pianoforte (fra le quali il Preludio di F. Angelico, Madame Bovary di
Almerico Ribera e Rimpianto di Adolfo Genise). Gli unanimi attestati di stima
105
Bibliografia
CELLETTI Rodolfo, Il melodramma delle aree depresse. Miseria e nobiltà del Meridione nelle opere
dei veristi minori, in «Discoteca», III, n. 22, 15 luglio 1962, p. 25.
«Corriere di Foggia», Anno V, n. 199, 25 giugno 1899.
«Corriere di Foggia», Anno V, n. 200, 2 luglio 1899.
DI TARANTO Consalvo, La Vita Paesana in Capitanata, Conti, Matera 1927.
FANTASIA Rita e TALLINI Gennaro, Poesia e Rivoluzione. Simbolismo, Crepuscolarismo, Futurismo,
Franco Angeli, Milano 2004.
Fantasie [e] racconti vari dell’alunno F. De Matteo 1891, a cura di Grazia Iossa, Litostampa, Foggia
2008.
Foglie verdi: in memoria di Francesco De Matteo. 18 giugno 1899-1900, Melfi & Joele, Napoli
1900. [Preludio per l’amico francesco De Matteo di Giuseppe Aldo Randegger per pianoforte,
scritti commemorativi di Luigi Borrello da Bova, Pietro Bologna, prof. Egidio Candia, F. Bernardini,
Teresio Viglino, Tommaso Parisi, Federigo Polidoro, G. Agenóre Magno, prof. Salv. Falzone, dott.
Massimino D’Armento.]
Francesco De Matteo (1877-1899) poeta, musicista, compositore, Saverio Magno “A Francesco
De Matteo Commemorazione 13 Novembre 1899”, a cura di Grazia Iossa, Litostampa, Foggia
2005.
«Gazzetta Musicale di Milano», LII (1897), p. 179 [Recensione di Federigo Polidoro].
“Il libro… de l’anima” e “Lagrime”, a cura di Grazia Iossa, Litostampa, Foggia 2004.
«Operaio» di Catanzaro, Anno IV, n. 2, 28 gennaio 1897, p. 4 [Recensione della prima del Dramma
Eterno.]
SESSA Andrea, Il melodramma italiano 1861-1900 Dizionario bio-bibliografico dei compositori,
Olschki, Firenze 2003, p. 167.
SORRENTI Pasquale, I musicisti di Puglia, Laterza & Polo, Bari 1966, pp. 80-82.
«Il Trovatore», XLV, n. 22, 28 maggio 1898, p. 2.
VILLANI Carlo, Scrittori ed artisti pugliesi antichi, moderni e contemporanei, Vecchi, Trani 1904,
pp. 601-602.
Opere drammatiche
1. Spiritismo, opera in due quadri su libretto proprio da Victorien Sardou, non rappresentata.
2. Spasimo!... melodramma in un atto su libretto proprio, non rappresentato (libretto Stab.
Tip. Lanciano e Pinto, Napoli, 1896).
3. Jeannette, dramma lirico in due quadri su libretto proprio, non rappresentato (libretto
Tipografia Melfi & Joele, 1899 in I-Nc).
4. Dramma Eterno, scena lirica o melodramma lirico in due atti su libretto proprio, CZ
Teatro Comunale 23 gennaio 1897 \ NA Teatro Mercadante 13 marzo 1897.
5. Marco, melodramma in un atto e due quadri di Salvatore Falzone tratto dai Racconti
calabresi di N. Misasi, 1895-1896, non rappresentato.
6. Maria, dramma lirico in tre atti di Francesco De Luca (libretto Tip. Aurelio Tocco,
Napoli, 1898 in I-Nc).
7. Nina, scena lirica n.n., non rappresentata.
8. Il Demente, scena drammatica in un atto (dedicato a Ermete Novelli, libretto Melfi &
Joele, Napoli, 1898, in I-Nc).
9. I demoni, opera su libretto proprio, 1898 non rappresentata.
Daniele Buccio
106
Cronologia
giro per l’Italia. I suoi brani ottengono il primo premio in alcuni concorsi quali
«Voci d’oro» (Molfetta, 1962), «Città di Alessandria» (1964) e «Città di Trani»
(1965). Queste sono le ultime esperienze che caratterizzano la breve parabola
compositiva di De Renzio, che muore improvvisamente nel 1967.
Pochissime sono le fonti che trattano della figura di Francesco Paolo De Renzio,
la cui carriera, breve e dai tratti naïf, trova voce soltanto in pubblicazioni di ambito
strettamente locale. Ciò probabilmente deriva anche da un certo atteggiamento del
compositore, che non valicò mai i confini della propria città se non negli ultimissimi
anni di vita. I suoi interessi si rivolsero soprattutto alla musica vocale, come mostra-
no le prime esperienze nell’ambito della musica sacra e della canzone, ma attratto
dalle molteplici possibilità del teatro, non tardò a cimentarsi nell’opera in musica,
dando alla luce Mimmo. Scarse sono le informazioni riguardanti l’opera. Quel che
è certo è che il compositore si dedicò interamente e in maniera vivacemente
artigianale alla creazione di Mimmo, occupandosi delle musiche, del libretto, della
scenografia e della regia. In breve tempo realizzò la partitura e trasformò la sua casa
in una sorta di laboratorio per la realizzazione delle scene, per le quali collaborò
il prof. Raffaele Catucci nella pittura dei bozzetti e dei figurini. Lo stesso De Renzio
si impegnò personalmente per ottenere l’autorizzazione alla rappresentazione del-
l’opera da parte del Consiglio dei Ministri. Nella preparazione fu sostenuto da molti
concittadini e dalla stessa amministrazione comunale della sua città. Per la prima
e, a quanto ci risulta, unica rappresentazione di Mimmo, fu scritturata l’orchestra
del Teatro Petruzzelli di Bari, diretta dal M° Alberto Fiore, mentre i cori furono
affidati al M° Emanuele Scivattaro di Bitonto. Le cronache raccontano di una serata
di grande successo, durante la quale le autorità conferirono al compositore il
cavalierato e una medaglia d’oro come ricordo. L’evento ebbe una risonanza sostan-
zialmente locale, forse anche perché gli stessi caratteri “cittadini” intrinseci alla
realizzazione e all’allestimento di Mimmo, la rendevano un’opera difficilmente
esportabile, più facilmente destinata all’oblìo. Allo stato attuale l’assenza del
materiali e la scarsità degli studi che si occupano della figura di De Renzio non
permettono di delineare un più completo quadro stilistico.
Bibliografia
MOREA Nicola, I De Rienzo musicisti bitontini, in «Studibitontini», n. 7, maggio 1972, pp. 48-55.
Opere drammatiche
PASQUALE DI CAGNO
Bari, 27 gennaio 1888 - Milano, 27 ottobre 1965
Cronologia
Bibliografia
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–, Il teatro Petruzzelli di Bari: stagioni liriche dal 1903 al 1982, Laterza, Bari 1983, pp. 59, 128.
GUALERZI Giorgio - MARINELLI ROSCIONI Carlo, Cinquanta anni di opera lirica alla RAI: 1931-1980,
ERI, Torino 1981, p. 234.
LA SORSA Saverio, La vita di Bari nell’ultimo sessantennio, Tip. Ciccolella, Bari 1963, p. 280.
Le prime rappresentazioni. “Frida” del maestro Di Cagno, a Bari, in «Musica d’oggi», anno IV,
n. 11, 1924.
MAURIZI Paola, Quattordici interviste sul nuovo teatro musicale in Italia, Morlacchi Editore, Perugia
2004, pp. 124, 142.
PANDIANI Paola, I luoghi della musica, Touring Editore, Milano 2003, p. 235.
SORRENTI Pasquale, I musicisti di Puglia, laterza & Polo, Bari 1966, p. 86.
TRIGGIANI Giuseppe, Il melodramma nel mondo 1597-1987, Levante Editori, Bari 1988, p. 60.
Edizioni
Opere drammatiche
1. Frida, dramma lirico in tre atti di Giuseppe Adami, BA Petruzzelli 18 ottobre 1934
(libretto in I-Vgc; partitura a stampa in I-Fn, I-Nc, I-Rsc) \ NA S. Carlo 1932.
2. Passiflora, opera in un atto di O. Nigra, non rappresentata.
3. Ondina, opera in tre atti di O. Nigra, non rappresentata.
4. Maremma, opera in un atto di Giuseppe Adami, RAI 26 maggio 1966 \ BA Petruzzelli
27 gennaio 1968.
Linda Cimardi
111
MARCO FALGHERI
Ostuni (BR), 15 agosto 1871 - Taranto, Dicembre 1919
Cronologia
Bibliografia
(SCHMIDL, STIEGER)
CARETTA Jolanda, Il verismo letterario e Musicale: Marco Falgheri compositore pugliese, Università
degli Studi di Lecce Facoltà di Magistero (Corso di Laurea in Pedagogia), a.a. 1994-95.
DE ANGELIS Alberto, Marco Falgheri, in «L’Italia musicale d’oggi». Dizionario dei musicisti con
appendice, Ausonia, Roma 1918, p. 373.
FORESIO Dino, Marco Falgheri e il miraggio della città ideale, in «Euterpe Tarantina» (Storia della
Musica e dei Teatri a Taranto dal Seicento ai giorni nostri), Mandese Editore, Taranto 1984, pp.
113-131.
Marco Falgheri, in «Lo Staffile. Giornale illustrato di lettere, arti, teatri e sport», 23 agosto, 1903,
p. 3.
Marco Falgheri, in «Cronache Teatrali delle Puglie», Anno I, numero di saggio, Taranto 11 marzo
1920, p. 2.
SORRENTI Pasquale, I musicisti di Puglia, Laterza & Polo, Bari 1966, pp. 94-95.
Opere drammatiche
1. Maricca /Il bandito, melodramma di C.A.Blengini (pseudonimo di Carlo Albani), TO
Vittorio Emanuele 1902 \ TA Politeama Alhambra 1910 (I-TAfalgheri*).
2. Gardenia Hotel, opera di Elio Mazza, TA Politeama Alhambra 1919 \ NA Teatro Bellini
1919 (I-TAfalgheri*).
Dino Foresio
113
IVAN FEDELE
Lecce, 6 maggio 1953
Cronologia
Ivan Fedele nasce a Lecce nel 1953. Trasferitosi giovanissimo a Milano con la
famiglia, intraprende lo studio del pianoforte diplomandosi nel 1972 presso il
Conservatorio «Giuseppe Verdi». Avrà come maestri Bruno Canino, Vincenzo
Vitale e Ilonka Deckers. Gli studi pianistici hanno accompagnato la formazione
compositiva di Fedele e, per alcuni anni, lo hanno anche condotto a svolgere
attività concertistica. A Milano frequenta anche il liceo Parini, completando la sua
formazione classica presso la facoltà di Filosofia all’Università Statale. Suoi
docenti sono stati, tra gli altri, Enzo Paci, Ludovico Geymonat, Giulio Giorello.
Figlio di un matematico, deve all’insegnamento del padre la passione per questa
disciplina che lo accompagnerà in diverse importanti ricerche compositive; e
proprio lo studio della composizione, in questi anni, costituisce l’occupazione
formativa più intensa del giovane artista, che ha come maestri Renato Dionisi per
Armonia e Contrappunto e Azio Corghi, col quale si diploma in Composizione nel
1981. Angelo Paccagnini per la musica elettronica (diploma nel 1985) e Franco
Donatoni all’Accademia di Santa Cecilia a Roma (1982) completano la sua
formazione compositiva. Con il premio Gaudeamus, ottenuto ad Amsterdam nel
1981 (Primo Quartetto d’archi e Chiari per orchestra) Fedele si rivela a livello
internazionale. Sarà il primo di una lunga serie di premi, che gli varranno importanti
commissioni (tra cui Duo en résonance per l’Ensemble InterContemporain) e che
culminerà con il riconoscimento ad Antigone, opera commissionata dal Teatro
Comunale di Firenze per l’apertura del Maggio Fiorentino 2007 e insignita del
XXVII Premio «Franco Abbiati» dell’Associazione Critici Musicali Italiani come
migliore “novità assoluta” del 2007.
Il catalogo di Ivan Fedele comprende un’ottantina di titoli, e sarebbe ancora
più numeroso se si includessero le opere (soprattutto giovanili) trascurate o escluse
dalla considerazione del compositore. Il primo titolo risale al 1977 ed è Dodici
figlie di O, per pianoforte e nastro magnetico, al quale seguono, in sequenza
cronologica pressoché ininterrotta a partire dagli anni Ottanta, composizioni per
gli organici più diversi che spaziano dagli strumenti solisti (pianoforte, flauto e
violino i più frequentati), all’elettronica, composizioni da camera, ensemble,
orchestra (con o senza solisti), musica vocale (con o senza strumenti), musica per
film ed opere radiofoniche. Spicca nel catalogo la già citata Antigone, visto che
l’opera era stata fino al 2006 un’assenza vistosa. L’unico lavoro teatrale presente
era la cantata Oltre Narciso del 1982 (se si esclude il dramma in un atto Iper-
mnestra del 1984 che l’autore ha deciso di ritirare dal catalogo). Le sue compo-
sizioni sono pubblicate dalle Edizioni Suvini Zerboni – SugarMusic.
A partire dagli anni Novanta Ivan Fedele ha svolto anche un’intensa attività
didattica all’interno di importanti istituzioni come l’Università di Harvard,
114
La poetica di Ivan Fedele si distingue per una costante ricerca della chiarezza
formale e un’innata tensione drammaturgica. La ricerca di una sintesi tra esigenze
della modernità mescolate all’artigianato di un compositore erede della grande
tradizione sinfonica del classicismo, hanno permesso a Fedele di raggiungere
un’originalità inedita, se commisurata alle problematiche consuete della compo-
sizione contemporanea. Più che la generazione della materia sonora, la struttura
infinitesimale e gli automatismi di interconnessione tra i suoni, Fedele pone la
115
costruzione della grande forma alla base del suo fare, mai eludendo, d’altra parte,
la necessità di costruire un melos nuovo e originale.
Fedele è giunto relativamente tardi alla composizione operistica, ma alla sua
musica è stata riconosciuta da sempre una capacità di “raccontare” attraverso i suoni,
cioè una intrinseca vocazione drammaturgica. «Nella scrittura di Fedele è chiaramente
ravvisabile una spiccata sensibilità per le forme musicali organicamente compatte e
coese, una propensione per la creazione di complessi intrecci di eventi sonori legati
fra loro da un reticolo di relazioni e nessi che determinano svariati richiami, ritorni,
ripetizioni, reminiscenze: un “teatro del comporre” che per almeno un ventennio,
secondo l’influente direttiva estetica di Franco Donatoni, ha tenuto Fedele lontano
dal vero e proprio “comporre per il teatro”» (cfr. MOIRAGHI 2008).
L’unico lavoro teatrale di Fedele prima della realizzazione dell’opera Antigone
(composta nel 2005-2006 e rappresentata a Firenze nel 2007) era stato la cantata
Oltre Narciso, che risale al 1982 (il sottotitolo recita: cantata profana per un’azione
scenica in un atto); un narcisismo quello di Fedele più del pensiero che dell’immagine,
ispirato ai simboli di Borges. Il dramma in un atto Ipermnestra di poco successivo
(1984), con tematiche legate ad Orwell, fu ritirato dal catalogo. Antigone è quindi
la prima vera opera compiuta di Fedele. Il soggetto risente delle riscritture,
riadattamenti e rielaborazioni cui è stato sottoposto nel recente passato: Walter
Hasenclever (1917), Jean Cocteau (1922), Jean Anouilh (1944), Bertolt Brecht
(1948). Per quel che concerne l’opera, dopo una notevole tradizione settecentesca
che culmina con l’Antigona (1772) di Marco Coltellini e Tommaso Traetta, il soggetto
viene ripreso e aggiornato nell’Antigone (1927) di Jean Cocteau e Arthur Honegger
e quindi nell’Antigonae (1949) di Carl Orff, fondata come nel caso del dramma di
Brecht sulla versione di Hölderlin della tragedia di Sofocle. Opera mitica, quindi,
e non si tratta di una novità nel catalogo del compositore, che annovera, tra l’altro,
il racconto in musica Orfeo al cinema Orfeo (1994), i venti quadri radiofonici
Barbara Mitica (1996), Coram Requiem (1996), Animus Anima (2000), e che per
i testi si avvale della collaborazione di Giuliano Corti. «Se per quanto riguarda il
soggetto l’archetipo è la vicenda di Antigone, che compie il suo destino per aver
anteposto le leggi divine a quelle umane (come rilevava già Hegel nella Fenomenologia
dello spirito), l’impianto dell’opera riproduce la struttura della tragedia greca: Prologo,
Parodo, cinque Episodi alternati ad altrettanti Stasimi, Esodo». (cfr. FERTONANI 2007).
Cimentandosi per la prima volta con il dilemma compositivo di una grande opera
teatrale con un celebre e impegnativo argomento mitologico, Fedele ha fatto ricorso
ad uno dei criteri fondamentali del suo universo poetico: il “teatro della memoria”,
ovvero un luogo dell’immaginario compositivo in cui gli avvenimenti sonori si
presentano, si sviluppano e s’intrecciano, come personaggi la cui azione rimanda ad
un principio di organizzazione formale che è metafora della drammaturgia.
Bibliografia
BRAMANI Lidia, Ivan Fedele, in «Nuova Rivista Musicale Italiana», 1990, n. 1.
CORTI Giuliano, Antigone, archetipo della pietà (programma di sala), in Maggio Musicale Fiorentino,
2007.
FEDELE Ivan, Arte, Stile, Scrittura, in «Società di pensieri», n. 8, 1994.
FEDELE Ivan, Texture, écriture et analyse, intervista raccolta da Pierre Michel, «Analyse Musicale»,
n. 38, 2001.
116
–, Tout m’a poussé vers ce projet d’Antigone, intervista raccolta da Laurent Barthel, in «Opéra
Magazine», n. 17, 2007.
FERTONANI Cesare, Presentazione di Antigone (programma di sala), in Maggio Musicale Fiorentino,
2007.
–, Gli archetipi e la memoria. Una conversazione con Ivan Fedele, note introduttive del libretto
allegato al CD Ivan Fedele. Scena, Ruah, Concerto per violoncello, Stradivarius STR 33650, 2003.
GERVASONI Arturo, Directionnalités dans la musique d’Ivan Fedele, tesi di dottorato, Università
Rennes 2 - Haute Bretagne (Bibliothèque de l’Université de Rennes), 2007.
GIRARDI Enrico, Il teatro musicale italiano oggi. La generazione della post-avanguardia, Paravia,
Torino 2000.
MOIRAGHI Marco, Antigone (2005-2006) di Ivan Fedele. Vocalità, orchestrazione, forma, abstract
del «VI incontro di studio di Analitica», Rimini 2008.
RIVOLTA Renato, Tempo e direzionalità, in «Syrinx», n. 17, 1993.
STOIANOVA Ivanka, note introduttive a Ivan Fedele. Concerto per pianoforte, Epos, Chiari, Stradivarius
STR 33348, 1994.
–, La musique de Fedele. Tradition et innovation, in «Le Magazine du Centre», n. 92, 1996.
Risorse on-line
La pagina del sito ufficiale delle Edizioni Suvini Zerboni dedicata a Ivan Fedele (http://
www.esz.it/aut/ita/ivan_fedele/index.html) offre dell’autore curriculum, bibliografia,
discografia, elenco delle opere e rassegna stampa. Una schedatura dettagliata relativa alle
opere di Fedele si trova in http://mediatheque.ircam.fr. Un altro sito molto ricco di riferimenti
incrociati e d’informazioni sull’opera, la discografia e la bibliografia dell’autore è http://
brahms.ircam.fr/composers/composer/1269/.
Opere drammatiche
1. Oltre Narciso, cantata profana per una azione scenica su libretto proprio, MI Piccola
Scala 20 settembre 1982.
2. Ipermnestra, dramma in musica in un atto di Giuliano Corti, FE Sala Polivalente 13
giugno 1984 [ritirata dal catalogo dal compositore].
3. Orfeo al cinema Orfeo, racconto in musica per due voci recitanti e tastiere Midi su testo
di Giuliano Corti, RM Rai III, 13 dicembre 1994.
4. La chute de la maison Usher, musica per il film omonimo di Jean Epstein (1928), Paris
Cité de la Musique 26 dicembre 1995.
5. Barbara Mitica, venti quadri radiofonici sui miti di coppia su testi di Giuliano Corti,
1996.
6. Antigone, opera in sette quadri di Giuliano Corti, FI Teatro Comunale 24 aprile 2007.
Gioacchino Palma
117
NICOLA FERRI
Mola di Bari (BA), 4 novembre 1831 - Londra, 26 marzo 1886
Cronologia
Bibliografia
(ES, SCHMIDL)
GIOVINE Alfredo, L’opera in musica in teatri di Bari. Statistica delle rappresentazioni dal 1830
al 1969, Biblioteca dell’archivio delle tradizioni popolari baresi, Bari 1969.
–, Il teatro Piccinni di Bari. 1854-1964: 110 anni di attività operistica e altre manifestazioni
artistiche affini. Cenni storici, cronologia, bibliografia, illustrazioni, Biblioteca dell’archivio
delle tradizioni popolari baresi, Bari 1970, p. 22.
SORRENTI Pasquale, I musicisti di Puglia, Laterza & Polo, Bari 1966, pp. 98-99.
UVA Nicola, Saggio storico su Mola di Bari, Dedalo, Bari 1964, pp. 214-15.
VILLANI Carlo, Scrittori ed artisti pugliesi antichi, moderni e contemporanei, Vecchi, Trani 1904,
pp. 1261-62.
118
Risorse on-line
Opere drammatiche
1. Luigi Rolla, melodramma n.n., rappresentato in residenza privata a Mola di Bari nel
1848.
2. Ida di Benevento, tragedia lirica in tre atti di Francesco Rubino, BA Piccinni 26 luglio
1855 (libretto in I-Bc, I-Nc).
3. Lara, opera seria di Giuseppe Bardare, s.l., s.d., non rappresentata.
Rocco De Cia
119
GIOVANNI FESTA
Altamura (BA), 1806 - Napoli, 1839
Cronologia
Bibliografia
DE FILIPPIS Felice - MANGINI Mario, Il teatro Nuovo di Napoli, Berisio, Napoli 1967, p. 193.
FLORIMO Francesco, La scuola musicale di Napoli e i suoi conservatorii, con uno sguardo sulla
storia della musica in Italia, Morano, Napoli 1880-82.
MANFERRARI Umberto, Dizionario universale delle opere melodrammatiche, Sansoni, Firenze 1954-
55, vol. I (1954), pp. 379.
SERENA Ottavio, I musicisti Altamurani Notizie raccolte e pubblicate da Ottavio Serena in occasione
del centenario di Saverio Mercadante, Tip. F.lli Portoghese, Altamura 1895.
SORRENTI Pasquale, I musicisti di Altamura, in «Altamura», nn. 31-32 (1989-1990), p. 205.
120
Risorse on-line
Sul sito www.internetculturale.it (contenuti digitali) sono presenti le due partiture autografe
di Festa conservate presso la Biblioteca del Conservatorio di Napoli.
Opere drammatiche
1. Dev’esser una e son quattro, opera buffa di G. S., NA Nuovo 1824 (partitura in I-Nc*).
2. Il vecchio della selva di Ardenna, opera semiseria in due atti di Andrea Passaro, NA
Nuovo primavera 1831 (libretto in I-MATts, I-Mc, I-Vgc; partitura in I-Nc*).
Lorenzo Mattei
121
Cronologia
1771-1782. Salvatore Fighera viene condotto a Napoli per intraprendere gli studi
legali dallo zio paterno, Oronzo Fighera, uomo assai noto nell’ambiente della
giurisprudenza. Salvatore comincia di nascosto a dedicarsi all’arte musicale;
scoprendo la cosa, lo zio ne resta addolorato e vieta al giovane di proseguire, ma
scorgendo che questa era la sua naturale inclinazione, alla fine vi acconsente. Il
22 novembre 1779 entra così al Conservatorio di «S. Maria di Loreto» a Napoli
e studia canto e contrappunto sotto la guida di Giacomo Insanguine; a queste
discipline unirà poi lo studio della composizione sotto la guida di Fedele Fenaroli.
Riguardo alla data di nascita del nostro compositore, va detto che non esiste
documento negli archivi della città natale che la confermi. Sta di fatto che nel
1779, anno di ingresso al conservatorio napoletano, Fighera aveva otto anni, età
compatibile con l’inizio di studi musicali ma “problematica” con gli studi di
giurisprudenza che avrebbe intrapreso prima di entrare in Conservatorio.
1783-1836. Il 2 aprile 1783 lascia il Conservatorio di «S. Maria di Loreto» e
si dirige a Milano, dove fa rappresentare la sua opera buffa La sorpresa (Teatro
della Canobbiana, primavera 1800; alcune parti sono state rappresentate anonime
quattro anni prima al Teatro alla Scala), e dove compone due cantate, La finta
istoria e Lo sdegno e la pace.
Ritorna in seguito a Napoli e diviene maestro di cappella in alcuni conventi,
tra cui il Monastero di S. Sebastiano, posto che conserverà fino alla morte. Per
questi conventi scrive molte composizioni religiose, in gran parte perdute: due
messe a due cori con orchestra; una Messa funebre a due cori, con orchestra; una
Messa funebre a due cori in stile fugato, con orchestra, per i funerali della regina
Maria Carolina d’Austria; quattro messe a quattro voci, con orchestra, di cui due
scritte per la beatificazione e canonizzazione di S. Alfonso de’ Liguori; molte
messe alla Palestrina; un Miserere a otto parti reali alla Palestrina; un Miserere
a quattro voci, con orchestra; un oratorio a quattro parti, con orchestra; un Oratorio
per la festività de’ dolori di Maria; due Credo a otto voci, in stile madrigalesco.
Scrive inoltre recitativi e arie, canzonette, cavatine e duetti con orchestra o con
cembalo, e cori con orchestra, i cui manoscritti sono conservati alla Biblioteca del
Conservatorio «S. Pietro a Majella» di Napoli e alla Biblioteca del Conservatorio
«Giuseppe Verdi» di Milano ed anche musica strumentale – Intavolature, Arpeggi
e Divertimenti per pianoforte – i cui manoscritti sono conservati sempre presso
la Biblioteca del Conservatorio di Milano.
Oltre queste opere, lascia anche un trattato didattico, Studio di canto, concepito
secondo i precetti di Nicola Porpora.
122
Bibliografia
(DEUMM, ES, IBI, MGG, SCHMIDL)
BELLUCCI Michele Attilio, I musicisti baresi, in «Rassegna pugliese di scienze, lettere ed arti», II
(1885), pp. 196-200.
Catalogo della collezione d’autografi, lasciata alla R. Accademia Filarmonica di Bologna
dall’accademico ab. dott. Masseangelo Masseangeli, Regia Tipografia, Bologna 1881, pp. 114.
FAENZA Vito, I maestri di musica della provincia di Bari, in «Barinon», numero unico (agosto 1881),
pp. 17-21.
FÉTIS François-Joseph, Biographie universelle des musiciens et bibliographie générale de la musique.
Supplément et complément, Firmin-Didot, Paris 1878-812, vol. I (18782), p. 331.
FLORIMO Francesco, La scuola musicale di Napoli e i suoi conservatorii, con uno sguardo sulla
storia della musica in Italia, Morano, Napoli 1880-82, vol. II: Cenno storico sulla scuola
musicale di Napoli e suoi conservatorii, con le biografie dei maestri usciti dai medesimi (1882),
p. 449.
GIUSTO Domenico, Dizionario bio-bibliografico degli scrittori pugliesi viventi e dei morti nel
presente secolo, Stabilimento tipografico letterario di L. De Bonis, Napoli 1893.
MANFERRARI Umberto, Dizionario universale delle opere melodrammatiche, Sansoni, Firenze 1954-
55, vol. I (1954), p. 379.
MASUTTO Giovanni, I maestri di musica italiani del secolo XIX. Notizie biografiche raccolte dal
professore Giovanni Masutto, Stab. Tipografico di Gio. Cecchini, Venezia 18823.
MERSEBURGER Carl Wilhelm, Kurzgefasstes Tonkünstler-Lexikon für Musiker und Freunde der Musik,
begründet von Paul Frank (pseudonimo di Merseburger), Bosse, Regensburg 1936.
NARDONE Domenico, Notizie storiche sulla città di Gravina, Macri, Bari 19412.
PETRONI Giulio, Della storia di Bari. Dagli antichi tempi sino all’anno 1856, 2 voll., Stamperia e
cartiere del Fibreno, Napoli 1857-58.
DE ROSA Carlo Antonio, marchese di Villarosa, Memorie dei compositori di musica del Regno di
Napoli, Stamperia Reale, Napoli 1840, pp. 241-243.
SORRENTI Pasquale, I musicisti di Puglia, Laterza & Polo, Bari 1966, pp. 101-102.
VILLANI Carlo, Scrittori ed artisti pugliesi antichi, moderni e contemporanei, Vecchi, Trani 1904;
nuova edizione ampliata, Morano, Napoli 1920.
Risorse on-line
VINCENZO FIODO
Taranto, 1 settembre 1778 - Napoli, 5 settembre 1862
Cronologia
non più inserito nel circuito melodrammatico, sia alla composizione di musica sacra
(numerosi autografi sono stati di recente censiti e sono presenti sull’OPAC dell’ICCU
di SBN), sia alla stesura di testi didattici (scrisse un Corso di contrappunto che
ebbe ottimo incontro).
1846-1862. Nel 1846 fu nominato ispettore di canto delle scuole ‘satellite’ del
Conservatorio napoletano dove l’8 settembre 1858 ottenne l’ambita cattedra di
Solfeggio. Nel 1850 era entrato come socio onorario nella Real Accademia di Belle
Arti di Napoli (onoreficenza anche questa assai ambita e concessa a pochi docenti
del conservatorio partenopeo). Morì a Napoli il 5 settembre 1862. I necrologi
apparsi sulla «Gazzetta musicale di Napoli» (X, 28 settembre 1862, n. 11) e su
«L’Univers musicale» (anno 11 del 22 gennaio 1863, n. 4, p. 29 dove Fiodo viene
menzionato come «ancien professeur au conservatoire de musique de Naples»)
testimoniano la buona notorietà che il maestro tarantino aveva conseguito grazie
alla sua strenua attività didattica.
Bibliografia
(DBI, DEUMM, ES, MGG, NGO, SCHMIDL, STIEGER)
Almanach aus Rom für Künstler und Freunde der bildenden Kunst, Roma 1810, vol. II, p. 176.
CAMPA Cecilia, Il musicista nelle rivoluzioni dei poteri: mutamenti e costanti nel codice celebrativo,
in Giovanni Paisiello e la cultura europea del suo tempo, atti del convengo internazionale di
studi (Taranto 20-23 giugno 2002) a cura di Francesco Paolo Russo, LIM, Lucca 2007, p. 133.
VOLPICELLA Luigi, Bibliografia storica della provincia della Terra di Bari, Tip. Dell’Accademia
Reale delle Scienze, Napoli 1884, p. 89.
CARACI VELA Maria, La produzione di Vincenzo Fiodo nel fondo Noseda della Biblioteca del
Conservatorio di Milano, in Musicisti nati in Puglia ed emigrazione musicale tra Seicento
e Settecento, atti del convegno internazionale di studi (Lecce 6-8 dicembre 1985) a cura di Detty
Bozzi e Luisa Cosi, Roma, Torre D’Orfeo 1988, pp. 227-240.
CASELLI Aldo, Catalogo delle opere liriche pubblicate in Italia, Firenze 1969, p. 164.
DE ROSA Carlo marchese di Villarosa, Memorie dei compositori di musica del regno di Napoli,
Stamperia Reale, Napoli 1840, p. 78.
FABRIS Dinko, Maestri e allievi italiani di Piccinni, in Il tempo di Niccolò Piccinni. Percorsi di un
musicista del Settecento, a cura di Clara Gelao, Michèle Sajous D’Oria, Adda, Bari 2000, p. 22.
FLORIMO Francesco, La scuola musicale di Napoli e i suoi Conservatori, Morano, Napoli 1880-82,
vol. III, 1882, pp. 93 e sgg.
«Gazzetta Musicale di Napoli», X, 28 settembre 1862, n. 11 (contiene il necrologio di Fiodo).
GERVASONI Carlo, Nuova teoria di musica ricavata dall’odierna pratica […] Blanchon, Parma 1812,
p. 138.
Giurisprudenza Civile ossia raccolta con ordine cronologico delle decisioni emesse dalla corte
suprema di giustizia in Napoli pubblicate da Ferdinando Albisinni, Stamperia Fibreno, Napoli
1850, voll. VII-VIII, pp. 105-106.
LANZILLOTTA Pierluca, Non oro, non gemme. Giacomo Insanguine detto Monopoli, Schena, Fasano
1995, p. 108.
LORETO Alessandro, Musica e musicisti a Siracusa nel XIX secolo, Istituto siciliano di studi politici
ed economici, Palermo 1998, p. 290.
MANFERRARI Umberto, Dizionario universale delle opere melodrammatiche, Sansoni, Firenze 1954,
vol. I, p. 381.
PIPERNO Franco, Rossini (vero e falso), il “Quinto Fabio” di Nicolini (Roma 1817) e “L’Atalia”
di Mayr (Napoli 1822), in Pensieri per un maestro. Studi in onore di Pierluigi Petrobelli a cura
di Stefano La Via e Roger Parker, EDT/Musica, Torino 2002, p. 173.
SESSA Andrea, Il melodramma italiano 1861-1900. Dizionario bio-bibliografico dei compositori,
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VILLANI Carlo, Scrittori ed artisti pugliesi antichi e moderni, Vecchi, Trani 1904, p. 356.
GIUSEPPE FIORE
Corato (BA), 1877ca. - Milano, 30 aprile 1957
Bibliografia
(IBI)
Opere drammatiche
Vincenzo Germano
127
Cronologia
Pianista e compositore, studiò nel Conservatorio «San Pietro a Majella» di Napoli.
Fu allievo di Michele Cerimele per il pianoforte e di Errico Petrella, Fortunato
Raejntroph, Giuseppe Lillo, Salvatore Pappalardo e Giovanni Moretti per armonia
e contrappunto. Si dedicò all’insegnamento, testimoniato dalle numerose riduzioni
pianistiche a due e quattro mani a scopi didattici di brani d’opera, dal metodo
pianistico Istituto musicale op. 123, e dal Manuale per l’insegnamento del canto
corale ad uso delle scuole, scritto con il collaboratore Giuseppe Capobianco. Compose
divertimenti brillanti, reminescenze e fantasie per pianoforte, su motivi operistici
tratti da un repertorio che spazia da Cimarosa a Offenbach. Tra di esse spicca il titolo
Due Fantasie in una, ovvero gran pezzo concertato per due pianoforti a quattro
mani ciascuno, eseguendosi contemporaneamente sopra un pianoforte Ernani,
sull’altro pianoforte I Lombardi. Fu pure autore di pezzi originali per pianoforte
solo, per voce e pianoforte, e di alcune composizioni sacre. La sua produzione per la
scena comprende quattro titoli, tra i quali una parodia di Aida.
Bibliografia e risorse on-line
(SCHMIDL, STIEGER)
AMBIVERI Corrado, Operisti minori dell’Ottocento italiano, Gremese, Roma 1998, p. 68.
FLORIMO Francesco, La scuola musicale di Napoli e i suoi conservatori, Morano, Napoli 1880-82,
IV (1882), p. 420.
FRASSONI Edilio, Due secoli di musica a Genova, Cassa di risparmio di Genova e Imperia, Genova
1980, I, p. 407.
LEGGER Gianni, Drammaturgia Musicale Italiana, Fondazione Teatro Regio di Torino, Torino 2005,
p. 317.
MASUTTO Giovanni, I maestri di musica italiani del secolo XIX, Tipografia Cecchini, Venezia 18843,
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Opere drammatiche
ORAZIO FIUME
Monopoli (BA), 16 gennaio 1908 - Trieste, 21 dicembre 1976
Cronologia
1908-1915. Orazio Fiume, quinto di dieci figli, nasce il 16 gennaio 1908 da Donato
e Rosaria Contento. Il padre, industriale oleario, amministra con il cugino la R.O.M.
(Raffineria Olearia Meridionale), e spera che il figlio Orazio si avvii a collaborare
nell’azienda di famiglia. A diciotto mesi questi viene colpito dalla poliomielite e
subisce vari interventi chirurgici; ma la sua tempra forte e le cure amorevoli della
madre lo mettono in condizione di affrontare in modo ottimale la vita.
1916-1930. Il 30 giugno 1916 consegue la licenza elementare presso la Scuola
«A. Volta» di Monopoli. Inizia gli studi musicali con il maestro Orso e in seguito
con Maria Rota da Taranto. Conosce Luigi Russo, futuro senatore della Repubblica,
col quale instaura un’amicizia destinata a durare tutta la vita. Il 30 giugno 1924
consegue il Diploma di V ginnasio presso la Scuola «G. Galilei» di Monopoli e il 30
ottobre 1930 la Licenza di Pianoforte presso il Conservatorio «San Pietro a Majella»
di Napoli dove si trasferisce per intraprendere gli studi di composizione con il maestro
Mario Pilati.
1931-1934. Compone i seguenti brani: Dalla mia terra per canto e pianoforte op.
1, Melodia per pianoforte op. 2 (1931), Tre pezzi per pianoforte op. 3 (1932), Marcia
per banda op. 4, Minuetto per pianoforte op. 5, Io come te per canto e pianoforte
op. 6 (1934).
1935-1937. Si trasferisce a Palermo per seguire il maestro Mario Pilati presso
Conservatorio «Vincenzo Bellini». Frequenta il “Gruppo dei quattro”: Lia Pasqua-
lino Noto, Nino Franchina, Giovanni Barbera e Renato Guttuso con cui divide l’ap-
partamento e qui Fiume, coinvolto dal fascino di questo ambiente pregno di grande
vivacità culturale, si inserisce nel sodalizio d’arte per combattere il conformismo e
aprirsi al nuovo; compone Due pezzi per violino e pianoforte op. 7, Marcetta per
pianoforte op. 8. In virtù del suo lodevole profitto al Conservatorio, gli viene donata
una copia della partitura del Tristano e Isotta di Richard Wagner, premio istituito
dal maestro Benedetto Morasca. Nel 1936 compone Fantasia eroica per violoncel-
lo e orchestra op. 10, opera inclusa nel repertorio editoriale della Ricordi per lo
stile «sempre chiaro, netto, ben condotto senza incertezze e senza stranezze.» (cfr.
GIANNELLI 2005 p. 25). Nel 1937 compone Divertimento in cinque tempi per picco-
la orchestra op.11; Introduzione ad una tragicommedia per orchestra op. 12; Pic-
cola suite per pianoforte op. 13; Variations Sérieuses per orchestra op. 54. Vince il
secondo posto nei “Littoriali della Cultura e dell’Arte” di Napoli con la composi-
zione Fantasia eroica op. 10.
129
vanni Gronchi. Nell’ottobre 1959 vince il concorso indetto dal Ministero della P. I.
per la cattedra di Fuga e Composizione e dirige il «Conservatorio di Musica Gioac-
chino Rossini» di Pesaro creando occasioni di confronto e approfondimento tra
musicisti di provenienza e cultura differenti. Su invito del «Museum Gesellschaft»
di Francoforte scrive una Ouverture per orchestra che Fiume dedica all’amico Gu-
glielmo Pasqualino, marito della pittrice Lia Noto di Palermo. Compone Ouverture
per orchestra op. 22 e porta a compimento la stesura del melodramma Il tamburo di
panno op. 23 con dedica al senatore Luigi Russo.
1960-1976. Il 1 ottobre 1960 vince il concorso per direttore di Conservatorio e si
insedia nel «Giuseppe Tartini» di Trieste. Qui sviluppa le scuole di archi, fiati,
quelle di percussione, clavicembalo e chitarra. Rinnova i repertori e alimenta interessi
per la musica antica e contemporanea. Promuove il restauro di Palazzo Rittmeyer,
sede del Conservatorio, e l’organizzazione del patrimonio librario, della sala museale
intitolata a Giuseppe Tartini e della scuola media ad indirizzo musicale. Il 2 giugno
1961 su proposta di Amintore Fanfani, presidente del Consiglio dei Ministri, riceve
l’onorificenza di ufficiale “al merito della Repubblica italiana”. Nel 1965 Compone
Sinfonia per archi e timpani, op. 24. Il 14 settembre 1969 nominato accademico di
Santa Cecilia in Roma. Il 1 ottobre 1971 passa alla direzione del Conservatorio di
Milano ma dopo un mese rientra a Trieste. Viene nominato, per i risultati conseguiti,
membro dell’«Accademia Tiberina» in Roma. Compone In una notte di bufera
balletto corale, op. 25. Il 21 dicembre 1976 muore a Trieste. Le sue spoglie mortali
riposano a Monopoli.
«Iniziando lo studio della composizione avevo pensato di dedicare ogni mia futura
attività al teatro lirico: compositore, allora, per me era sinonimo di operista. Una
volta acquistate conoscenza ed esperienza della tecnica compositiva, mi trovai,
invece, intento ad una produzione prevalentemente sinfonica. Ma tale contraddizione
pratica non venne mai, da me, accettata come un dato di fatto inappellabile. Anzi,
proprio quando le accoglienze tributate ai miei lavori sinfonici, sia in Italia sia
all’estero, avrebbero dovuto motivare una legittima soddisfazione, provai ancora
più vivo rammarico di essere venuto meno ad un impegno assunto verso me stesso.»
Così dichiarava Fiume parlando del suo interesse per il melodramma (cfr. FIUME
1962). Il tamburo di panno, atto unico, iniziato nell’anno 1952 e terminato nel
1959 è dedicato a Luigi Russo, «in segno di fraterna e affettuosa amicizia, con
animo grato». Insieme al balletto-corale In una notte di bufera, Il tamburo di panno
si pone a coronamento della sua carriera. Nelle composizioni sceniche rispetto a
quelle strumentali «lo stimolo esterno dei testi letterari esalta la fantasia del
compositore spingendolo a raggiungere soluzioni timbriche ed estetiche personali»
(cfr. GIANNELLI 2005). Entrambe le opere sceniche non sono state più rappresentate
dopo la morte del compositore. L’idea della stesura de Il tamburo di panno viene
suggerita a Fiume dal compositore Carlo Pinelli che teneva sulla rivista «La scala»
una rubrica in cui segnalava una pièce o una novella riducibili in un libretto d’opera.
Il testo, liberamente adattato da Fiume, è tratto da un nô giapponese del secolo XIV
di autore anonimo ma impropriamente attribuito all’imperatore Go-Hanazono. I
131
Guido Pannain scrive su «Il Tempo» di Roma: «Una partitura che non fa una grinza,
una sicurezza pittorica infallibile, una elaborazione armonica e di svolgimento che
non cade mai in fallo» (cfr. PANNAIN 1962). Ferdinando Lunghi su «Il giornale
d’Italia» scrive: «Un atto vivo nella forma e nel contenuto: nasce da una condizione
fantastica e poetica insieme che senza dubbio appartiene all’arte» (cfr. LUNGHI
1962). Sol [Danilo Soli] nel «Messaggero Veneto»: «Un grosso impegno quello
affrontato dal maestro Fiume e risolto magistralmente. Si tratta di un compositore
di scuola rigorosa e severa, fedele agli ideali contrappuntistici e agli scarni mezzi
espressivi di un Hindemith e di un Ghedini, [che] ha creato uno spartito di profonda
bellezza» (cfr. SOLI 1963). Mario Messinis su «Il gazzettino» dichiara: «Ci troviamo
dunque di fronte ad una partitura che accanto alle consuete sovrapposizioni tonali
talvolta non cela una propensione verso certi modi espressionistici, specialmente del
Wozzeck berghiano» (cfr. MESSINIS 1966).
Orazio Fiume si avvicina alla poesia di Rainer Maria Rilke attraverso la segna-
lazione di Paolo Mirko Bononi e subito ne rimane affascinato. nel 1968 inizia la
stesura di quello che diverrà un balletto-corale nel 1972. Rappresentata in prima
assoluta al Teatro dell’Opera di Roma il 12 giugno del 1973, tutta la critica si
interessa all’opera «mettendo in evidenza le implicazioni mitteleuropee palesemen-
te presenti e dovute alla lunga permanenza dell’autore nell’ambiente triestino» (cfr.
GIANNELLI 2005). L’opera toccante e di presa immediata raggiunge grande successo,
come testimoniato dalle tante recensioni: Silvana Gaudio su «Il piccolo» di Trieste
scrive: «La carica emotiva traspare evidente […] accorata e angosciosa, illuminata
da una spiritualità filtrata, dalla quale appare affiora la “lezione”, se così si può
chiamare, di Ildebrando Pizzetti, che è stato maestro di Orazio Fiume» (cfr. GAUDIO
1973); Rosita Fragola sulla «Gazzetta del Mezzogiorno» di Bari scrive: «Più che di
un vero balletto si tratta di un’azione mimata che tende ad esprimere plasticamente
le mille notti di bufera che travagliano l’esistenza umana in genere, la vita di un
artista qui celato nel personaggio del poeta in particolare» (cfr. FRAGOLA 1973); Gino
Tani su «Il messaggero» di Roma evidenzia che il lavoro di Fiume «ha voluto e saputo
anzitutto dimostrare come, nell’epoca del turpe, osceno e prosaico rumore, è ancora
possibile far musica» (cfr. TANI 1973). Questo lavoro di In una notte di bufera si può
considerare l’unica composizione di Fiume di ascendenza espressionista poiché ri-
chiama sia il genere del piccolo teatro musicale sia l’atmosfera stravolta da incubo,
come quella del Pierrot lunaire di Schoenberg. Il materiale musicale si caratterizza
per il libero tonalismo realizzato mediante rapide pennellate espressive che si ade-
guano all’esoterismo visionario di Rilke. Il testo si compone di un frontespizio segui-
to da sette pagine ciascuna delle quali evoca uno stato d’animo. Tutti i versi sono
declamati da una voce recitante, mentre il coro, che non pratica narrazione, si limita
a vocalizzare a bocca chiusa o ad intonare su una sola vocale. L’organico orchestrale
si compone di un gruppo di sette fiati un pianoforte e nove percussioni fra le quali c’è
un metronomo amplificato, solo in un secondo momento compaiono gli archi.
Bibliografia
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ZAFRED Mario, Novità al teatro dell’Opera. “Il tamburo di panno” di Orazio Fiume, in «La giustizia»,
20 aprile 1962.
Il fondo Orazio Fiume si trova presso la Biblioteca del Conservatorio «Nino Rota», di
Monopoli dove è possibile visionare lettere, spartiti, partiture e recensioni.. Altre notizie e
documenti sono custoditi presso la Biblioteca «Prospero Rendella», di Monopoli.
Discografia
Si segnala l’esistenza di un racconto radiofonico sulla vita e le opere di Orazio Fiume, dal
titolo Ritratto di un compositore ideato da Federica Barbo e realizzato dalla sede regionale
RAI per il Friuli Venezia Giulia Radio con le voci recitanti di Omero Antonutti, Marco Casazza
e Mariella Terragni. Consulente musicale: Dario Caroli. Consulente Tecnico: Federico Comar.
Regia: Angela Rojaz. Il lavoro si compone di n. 5 puntate: 1) L’infanzia in Puglia; il primo
apprendistato musicale 1908-1930; 2) Gli studi. Napoli, Palermo, Roma 1930-1940; 3) Gli
anni della guerra tra Parma e Roma. Il primo dopoguerra, 1939-1949; 4)Il periodo Milanese
1951-1959; 5) Gli anni Triestini di Orazio Fiume 1960-1976.
Si offre qui un elenco delle registrazioni radiofoniche effettuate presso sedi RAI riguardanti
le composizioni di Orazio Fiume: Fantasia eroica per violoncello e orchestra, edizione Ricordi,
esecutore al vlc Egaddi Umberto, direttore Umberto Cattini, Orchestra Sinfonica della RAI di
Torino. Riversamento effettuato il 27 gennaio 1983 da TO/15/68284, Nastro RC 00003255
DR/32/83 MONO Nastroteca esercizio. Concerto per orchestra edizione Ricordi direttore
135
Pietro Argento Orchestra Sinfonica della RAI di Milano. Copia stereo a Torino MI/15/S/
53961. Nastro NA 00031844 NAB92 Stereo Torino Nastroteca esercizio. Concerto per
orchestra edizione Ricordi, direttore Fulvio Vernizzi, Orchestra Sinfonica della RAI di Torino,
riversamento effettuato il 25 giugno 1969 da TO/15/76182 di RC. Nastro RC 00002036
DR02855 Stereo Torino Nastroteca esercizio. Sinfonia per archi e timpani edizione Curci,
direttore Elio Boncompagni, Orchestra Sinfonica della RAI di Napoli. Copia stereo a Torino
NA/15/S/31832. Nastro RC 00001022 ORDRC38 Mono Nastroteca esercizio. Sinfonia per
archi e timpani edizione Curci, direttore Ferruccio Scaglia Orchestra Sinfonica della RAI di
Torino, Copia stereo a Torino TO/15/S/142016. Nastro TO00180292 TO7761 Stereo Torino
Nastroteca esercizio. Sinfonia in tre tempi edizione Curci, direttore Ferruccio Scaglia,
Orchestra Sinfonica della RAI di Torino. Riversamento effettuato il 27 settembre 1977 da
TO/15/102434. Nastro RO 00074599 RO 99455 Mono Nastroteca esercizio. Canto funebre
per la morte di un eroe, manoscritto, per coro e orchestra, Direttore Ferruccio Scaglia, Direttore
di coro Nino Antonellini, Orchestra e Coro della Rai di Roma. Sistemazione effettuata il 27
ottobre 1958 con ORD 100189. Nastro RO00115416 ROA31249 Mono Nastroteca esercizio.
Ouverture per orchestra edizione Curci, direttore Franco Mannino, Orchestra Sinfonica della
RAI di Roma. Sistemazione effettuata l’1 luglio 1977. Nastro TO00119664 TO33582 Stereo
Torino Nastroteca esercizio. Ouverture per orchestra edizione Curci, direttore Bruno Bogo,
orchestra Tatro La Fenice di Venezia. Ajace cantata per coro e orchestra edizione Ricordi
Direttore Eliauh Inbal Maestro di coro Ruggero Maghini Orchestra e coro della RAI di Torino.
Copia stereo a Torino TO/15/S/119667. Nastro 00142014 TOB2316 Stereo Torino Nastroteca
esercizio. Il tamburo di panno, edizione Curci, direttore Ferruccio Scaglia, direttore coro
Fulvio Angius, Orchestra e coro della RAI di Torino; personaggi e interpreti: il vegliante
Renzo Gonzales (bs), il giardiniere-spirito-cortigiano Antonio Liviero (ten), la principessa
Michie Akisada (sopr). Copia stereo a Torino TO/15/S 180294 95 Nastro TS00008788 TS5356
Mono nastroteca esercizio.
NICOLA FORNASINI
Bari, 17 agosto 1803 - Napoli, 24 giugno 1861
Cronologia
1803. Nicola Fornasini nacque a Bari il 17 agosto dai bresciani Angelo Fornasini
e Maddalena Di Pietro Columbo. In questa città intraprese i primi studi musicali
di tromba col padre, che di quello strumento era docente. Dopo il trasferimento
a Napoli con la famiglia, per l’interessamento della contessa Viti d’Altamura, entrò
come allievo esterno nel Regio collegio di musica S. Sebastiano.
1815-1826. Dopo aver superato gli esami per l’ammissione gratuita nel 1815,
entrò come allievo interno al S. Sebastiano (allora sotto la direzione di Nicola
Zingarelli) e iniziò a seguire le lezioni di Giovanni Furno per il “partimento”
(esercizio su basso figurato), Francesco Ruggi e Domenico Tritto per il contrappunto
e la composizione, Luigi Mosca per il canto; suoi compagni di corso furono
Mercadante, Conti, Bellini e i fratelli Ricci.
1821. Fornasini assistette all’arrivo delle truppe austriache a Napoli, e in particolare
ebbe l’occasione di ascoltare la banda (i cui musicisti erano ospitati proprio nei
locali del conservatorio di S. Sebastiano) del reggimento Kaiser Alexander diretta
dal maestro Leonhardt, col quale strinse un’amicizia fruttuosa che lo iniziò al
genere bandistico.
1822. L’esordio operistico avvenne con Il Marmo, melodramma scritto nello stile
rossiniano, allestito nel teatrino del conservatorio, primo di una serie di buoni
successi che Fornasini riscosse in campo melodrammatico e bandistico.
1826. In quest’anno venne nominato capomusica del I reggimento Svizzero; in
un secondo momento passerà, con uguale ruolo, nel II reggimento granatieri della
guardia reale.
1846-1861. Nel 1846 compose le musiche per il Torneo di Caserta, carosello
cavalleresco messo in opera dal re e dalla sua corte e, prima di morire, ricoprì
varie importanti cariche musicali nel Regno Borbonico. Sempre in quest’anno fu
eletto con regio decreto «direttore di tutte le bande e fanfare militari dell’armata
del regno» e svolse anche il compito di ispettore delle classi di strumenti a fiato
del conservatorio e di direttore della musica di scena al teatro di San Carlo. Morì
a Napoli il 24 giugno 1861.
Bibliografia
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Risorse on-line
RAFFAELE GERVASIO
Bari, 26 luglio 1910 - Roma, 4 luglio 1994
Cronologia
1910-1936. Raffaele Gervasio nasce a Bari il 26 luglio 1910, primo di tre fratelli
(Elena e Giuseppe) da Michele e Rosa De Leonardis. Il padre era un famoso
archeologo, celebrato per le importanti scoperte effettuate nei luoghi della battaglia
di Canne, nonché professore di Storia antica, archeologia e paleontologia alla
facoltà di Lettere e Filosofia dell’Ateneo di Bari; la madre avviò il piccolo
Raffaele precocemente alla musica. Nel 1923 Gervasio si iscrive al Liceo musicale
«Niccolò Piccinni» di Bari dove studia pianoforte con Italo Delle Cese, armonia
con Don Cesare Franco e violino con Gioconda De Vito. Nel 1927, su invito di
Amilcare Zanella, si trasferisce presso il Conservatorio «Gioachino Rossini» di
Pesaro dove prosegue gli studi di composizione con lo stesso Zanella e di violino
con Chiti. Dopo il diploma di violino conseguito nel 1929, Gervasio continua gli
studi di composizione con Zanella fino al 1931 per poi trasferirsi presso il
Conservatorio «Luigi Cherubini» di Firenze nella classe di Vito Frazzi dove
consegue il diploma di composizione nel 1933 con medaglia d’oro. Frequenta poi
a Roma il corso di perfezionamento tenuto da Ottorino Respighi presso l’Accademia
di Santa Cecilia, vincendo nel 1935 il Premio Ministeriale come miglior allievo
del corso. Sempre a Santa Cecilia Gervasio segue anche, nello stesso periodo, il
Corso di avviamento alla Musica per riproduzione (cinematografia, grammofonia,
radiofonia), tenuto dall’Ingegner Ernesto Cauda.
1938-1960. Dopo aver scritto alcuni lavori sinfonici e cameristici, Gervasio si
dedica prevalentemente alla cosiddetta “arte applicata” cercando un più immediato
e diretto rapporto con il pubblico attraverso la radio, il teatro, il cinema e poi, la
televisione. Dal 1940 al 1960 è compositore e consulente generale dell’Ufficio
Musica della INCOM-Industrie cortometraggi. In questo periodo Gervasio cura il
commento musicale, con musiche originali e di repertorio, di migliaia di cortometraggi,
trovando un campo particolarmente fecondo di esperienze musicali e di ricerche
tecnico-stilistiche. Non vi è genere nel quale Gervasio, nel periodo che va dalla fine
degli anni ’30 al 1960, non si sia cimentato: dalle musiche di scena per spettacoli
di prosa (Francesca da Rimini, Faust, Il mercante di Venezia), alla Terze Pagine
Radiofoniche, tra cui spicca la Ballata italiana (1951) su testi di Edoardo Antòn,
alle Sigle per produzioni cinematografiche, radiofoniche e televisive (il cinegiornale
Settimana Incom, Voci dal Mondo, la sigla del GR2, la famosissima sigla televisiva
Carosello), alle colonne sonore cinematografiche (I Pirati della Malesia, Luna di
miele, Quartetto pazzo, La roccia incantata, L’incantevole nemica, Il capitano
nero, Carosello napoletano, Piccola posta), allo spettacolo Philips di suoni e luci
Romani de Roma per la regia di Ettore Giannini (1958), al balletto (Viaggio di nozze
scritto nel 1959 per la Compagnia del Balletto Italiano diretta da Ugo Dell’Ara).
139
1943. Sposa Raffaella Botta da cui nascono i figli Michele e Rosa Maria.
1950-1954. Particolare rilievo assume, in questa produzione professionale di
Gervasio, il Carosello napoletano, grande spettacolo teatrale prodotto dalla Errepì
nel 1950 per la regia di Ettore Giannini e rappresentato in tutto il mondo, per il
quale venne attribuita a Gervasio la Maschera d’argento per la musica. A seguito
dello straordinario successo, Carosello napoletano viene trasportato sugli schermi
dalla Lux Film, ottenendo successo e riconoscimenti tra cui il Premio Internazionale
al Festival di Cannes. La partitura della colonna sonora è di circa 1.500 pagine,
di cui due terzi sono elaborazioni e parafrasi ed un terzo composizioni originali.
1961-1970. A partire dal 1961 Gervasio si dedica quasi esclusivamente alla
musica “pura”. È del 1961 il Concerto spirituale per coro, viola, organo ed arpe,
scritto in memoria del padre. Seguono alcuni lavori seriali, due dei quali vincono
premi internazionali. Il Preludio e Allegro concertante op. 66 per archi, pianoforte
e percussioni vince nel 1967 il premio «Ferdinando Ballo»; il Concerto per violino
e orchestra op. 70 vince nel 1968 il premio «Umberto Giordano». Di questo periodo
seriale sono anche la Composizione in la op. 75 per violino e pianoforte (1968),
poi trascritta per violino e archi, e Logos op. 77 per orchestra (1969). Con la fine
degli anni ’60 la serialità, più o meno programmatica, non è più rintracciabile nella
musica di Gervasio, mentre viene potenziata la sua attitudine a cercare nuove
interdipendenze verticali o orizzontali tra i suoni, in uno stile che nel tempo si
chiarificherà sempre più, in una sorta di “nuovo tonalismo”.
1967-1980. Su insistente richiesta dell’amico Nino Rota, Gervasio assume nel
1967 la Cattedra di Composizione nel Conservatorio «Niccolò Piccinni» di Bari
e nel 1969 passa alla Direzione del neo Conservatorio «Egidio Romualdo Duni»
di Matera dove per sette anni si dedica con impegno e passione ad iniziative
didattiche che hanno, per il loro livello, una risonanza nazionale. Sono di questo
periodo una serie di lavori espressamente scritti per i giovani allievi del Conservatorio
di Matera. Tornato alla Cattedra barese di Composizione nel 1977, la lascia
definitivamente nel 1980. Nel 1978 viene eletto Accademico di Santa Cecilia.
1981-1994. Dell’ultima produzione di Gervasio si segnalano per particolare
successo di pubblico la Fantasia per pianoforte (richiesta e poi presentata dal
celebre Rudolf Firkusny), le Invenzioni di Aprile per flauto, viola e chitarra, i Moti
lucenti per ottoni e percussioni, Il filo rosso per quintetto di fiati, i Movimenti
perpetui per orchestra, il Concerto da camera per undici strumenti, il Doppio
Concerto per violino, chitarra e orchestra d’archi, la Composizione orchestrale
scritta tra il 1986 ed il 1987 su commissione dell’Accademia di Santa Cecilia di
Roma, Matera Interviene per voce recitante, coro ed orchestra, Un’Orchestra e
tre Recitanti per Giulietta e Romeo per tre voci recitanti e orchestra, il Triplo
Concerto “degli oleandri” per flauto, viola, chitarra ed orchestra d’archi e
percussioni. Muore a Roma il 3 Luglio 1994.
Carosello napoletano non è solo l’opera più nota (insieme alla sigla del program-
ma-contenitore pubblicitario televisivo Carosello) di Gervasio, ma rappresenta
140
Bibliografia
ANNESE Angela, “Musica per tutti”. I documentari musicali di Raffaele Gervasio, in «Ombre
Sonore», musica, cinema e musicisti di Puglia, a cura di Pierfranco Moliterni, Edizioni dal Sud,
Bari 2008, pp. 131-149.
BIGNARDI Roberta, «Carosello napoletano». Il cinema, la danza e il teatro nell’opera di Ettore
Giannini, Liguori editore, Napoli 2008.
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Gervasio, in «Ombre Sonore», cit., pp. 117-130.
CAPRARA Valerio, «Spettabile pubblico». Carosello napoletano di Ettore Giannini, Alfredo Guida
editore Sud, Casoria (NA) 1998.
GERVASIO Raffaele, La musica nel documentario, in «Bianco e Nero», rassegna mensile di studi
cinematografici, n. 5-6, Maggio-Giugno 1950, Edizioni dell’Ateneo, Roma.
MOLITERNI Pierfranco, Intervista a Gervasio, in Cineasti di Puglia, a cura di Vito Attolini, Alfonso
Marrese e Maria A. Abenante, Adda editore, Bari 2006, pp. 267-271.
142
SCARDICCHIO Nicola, La musica del cinema secondo Raffaele Gervasio, in Ombre Sonore, cit., pp.
88-99.
VENTRELLA Nicola, Carosello napoletano, il primo musical italiano?, in Ombre Sonore, cit., pp. 101-
116.
Risorse on-line
Discografia
1. Golgotha op. 8, oratorio per soli, coro e orchestra (partitura in I-biblioteca privata
Famiglia Gervasio).
2. Musiche per il “Faust” op. 28, musiche di scena (partitura in I-biblioteca privata
Famiglia Gervasio).
3. Musiche per “Francesca da Rimini” op. 30, musiche di scena (partitura in I-biblioteca
privata Famiglia Gervasio).
4. Carosello napoletano op. 45, spettacolo teatrale di Ettore Giannini, FI Teatro La
Pergola 14 marzo 1950 (partitura in I-biblioteca privata Famiglia Gervasio).
5. Romani de Roma op. 58, spettacolo Philips di suoni e luci di Ettore Giannini (partitura
in I-biblioteca privata Famiglia Gervasio).
6. Viaggio di nozze op. 60, balletto di Ugo dall’Ara (partitura in I-biblioteca privata
Famiglia Gervasio).
7. Musiche per “Il mercante di Venezia” op. 71, musiche di scena (partitura in I-
biblioteca privata Famiglia Gervasio).
8. Matera Interviene op. 122, oratorio, MT Teatro Duni 19 dicembre 2006 (partitura in
I-biblioteca privata Famiglia Gervasio).
9. Rivelazioni op. 125, oratorio (partitura in I-biblioteca privata Famiglia Gervasio).
10. Un’orchestra e tre recitanti per Giulietta e Romeo op. 129, oratorio (partitura in
I-biblioteca privata Famiglia Gervasio).
Nicola Ventrella
143
VINCENZO GIANNINI
Altamura (BA), 5 marzo 1914 - Daly City (California USA), 24 febbraio 2006
Cronologia
Compositore, direttore di coro e d’orchestra, si diploma in Alta Composizione e
Violino nel Conservatorio «S. Pietro a Majella» di Napoli, dove si specializza
anche nella Direzione d’orchestra, nella Direzione del Coro e nella Polifonia
vocale. È stato docente di Musica Corale e Direzione di Coro nel Conservatorio
«Pierluigi da Palestrina» di Cagliari, dove ha insegnato anche Armonia e Con-
trappunto. Gli interessi per la didattica sfociano nella pubblicazione di un trattato
di canto corale (3 voll. del 1940). Nel 1959 viene scritturato come maestro del
coro all’Opera di San Francisco, dove svolge anche il ruolo di direttore d’orchestra.
Nella città californiana fonda la «San Francisco Polyphonic Chorale», società
dedicata all’organizzazione di concerti per orchestra da camera, solisti e coro
polifonico. Nella sua lunga carriera di direttore d’orchestra ha partecipato alla
realizzazione di molte opere di Verdi, Donizetti, Bellini, Rossini, Puccini, Ma-
scagni. Ha composto molta musica da camera, sinfonica, sacra e operistica (cfr.
SORRENTI, 1989-90). Particolarmente interessante e rara è la sua produzione, stru-
mentale e vocale, ispirata alla musica popolare pugliese e dell’Italia meridionale,
come la Ninna nanna per soprano e coro (Matera, 1940), i Tre canti sacri senza
parole per coro misto, violino e pianoforte (Matera, 1943), il Canto nostalgico
e la Tarantella per violoncello e pianoforte (Cagliari, 1945), le Liriche di poeti
sardi (Cagliari, 1950). Alla musica vocale Giannini si dedica con particolare
interesse anche negli anni “americani”: a San Francisco compone la raccolta Songs
of Innocence per soprano e pianoforte (1965), un Vocalizzo per soprano, flauto
e fagotto (1966), i Four Poems for Soprano and Instruments (1968) e la Crumbs
Illogical Suite (1975). Restano inediti due saggi in lingua italiana: Il coro e il
suo maestro con regole ed esperienze per la formazione del coro, la sua con-
certazione e la sua esecuzione nell’opera, nel concerto sinfonico e nel concerto
corale e il diario autobiografico Storie, storioni, storielle: racconto della mia vita
(cfr. SORRENTI, 1989-90). Fra le opere teatrali si segnalano: Befana Fascista,
operetta su libretto di G. Denora (1938); Pinocchio piccola opera per piccoli
ascoltatori in 2 atti, con parti recitate, piccolo coro e orchestra (1983); La miniera,
opera in 3 quadri per soli, coro e orchestra (1987); Il nuovo reggiseno, opera
comica in 2 quadri (1990).
Bibliografia
GIANNINI Vincenzo, Canto Corale ad uso della real Scuola d’avviamento: Teoria, Solfeggi parlati
e cantati, Brani per esercitazioni corali, STEM, Matera 1940.
–, Musica e Canto Corale ad uso dei r. Istituti magistrali. Parte pratica: Solfeggi parlati e cantati,
Brani per esercitazioni corali, STEM, Matera 1940.
144
–, Musica e Canto Corale ad uso dei r. Istituti magistrali. Parte teorica: Teoria musicale e Storia
della musica, STEM Matera, 1940.
–, Due salmi per coro misto, Zanibon, Padova 1951.
SORRENTI Pasquale, I musicisti di Altamura, in «Altamura», nn. 31-32 (1989-90), pp. 208-211.
Risorse online
L’archivio online del San Francisco Opera dà notizia di tutte le rappresentazioni (dal 1959
al 1967) cui Vincenzo Giannini ha preso parte come direttore del coro o dell’orchestra:
http://archive.sfopera.com/qry4WebCrewlist.asp?psearchall=on&psearch=giannini&psearchtype=.
Opere drammatiche
Cronologia
Bibliografia
(SCHMIDL)
DE ANGELIS Alberto, L’Italia musicale di oggi. Dizionario dei musicisti, Ausonia, Roma 1918, p.
373.
GIGANTE Giuseppe, Dal melodramma l’“opera” rinnovata, Amici della “A. De Leo”, Brindisi 1990
(alle pp. 81-225 si trova l’edizione anastatica dello spartito autografo per canto e pianoforte
dell’Ultimo giorno di Pergolesi).
RAELI Vito, Musicisti e cantanti contemporanei e anime musicali salentine, in «Studi salentini»,
V-VI, giugno-dicembre 1958, Lecce 1958, pp. 196-197.
SORRENTI Pasquale, I musicisti di Puglia, Laterza & Polo, Bari 1966, pp. 115-116.
Opere drammatiche
1. L’ultimo giorno di Pergolesi, favola scenica in un atto di Ugo Cola, non rappresentata;
sono stati eseguiti in forma di concerto: il Preludio orchestrale (Fano, Teatro della Fortuna,
1 febbraio 1910), il Duetto per organo e tenore (Pesaro, 22 maggio 1910, Liceo Musicale
“Rossini”), la romanza per tenore Femminee risa (Quito, Teatro Sucre, 24 maggio 1912)
e L’ultimo lamento (Quito, Teatro Sucre, 10 agosto 1914). (libretto, partitura e spartito in
I-BRI*).
Angela Annese
147
UMBERTO GIORDANO
Foggia, 28 agosto 1867 - Milano, 12 novembre 1948
Cronologia
e Praga. Ottiene intanto una nuova commissione da Sonzogno per l’opera in due
atti Regina Diaz, libretto di Targioni-Tozzetti e Menasci, tratta dalla Maria di
Rohan di Cammarano. Il lavoro debutta a Napoli (1894) registrando un chiaro
insuccesso e viene ritirato dopo la seconda rappresentazione. È criticato soprattutto
il libretto, mentre parte della critica sottolinea i progressi fatti dal giovane autore.
Il risultato di Regina Diaz, unito alle critiche a Mala vita, costa a Giordano l’ira
di Edoardo Sonzogno, deciso a licenziarlo. Solo l’intercessione di Alberto Fran-
chetti fa sì che l’editore milanese conceda un’altra possibilità: si tratta di Andrea
Chénier, dramma storico ambientato nella Francia della Rivoluzione, il cui libretto
è affidato a Luigi Illica. Si trasferisce a Milano per essere a più stretto contatto
con il librettista.
1896-1900. Andrea Chénier viene accolto trionfalmente alla sua prima al Teatro
alla Scala di Milano (28 marzo 1896), dove verrà replicato per dieci sere. L’opera,
che inaugura la stagione dei migliori lavori di Giordano, ottiene successi nei più
importanti teatri del mondo, donando all’autore un ruolo di primo piano tra i
compositori della cosiddetta “giovane scuola”.
Il 18 novembre 1896 sposa Olga Spatz-Wurms, figlia di Joseph Spatz, proprie-
tario dell’omonima catena di alberghi. Dall’unione nasceranno quattro figli: Fedora,
Elisabetta, Caterina, Mario. Sull’onda del successo di Chénier, Sonzogno riesce
ad acquistare da Victorien Sardou i diritti per la riduzione librettistica di Fedora.
Intanto va in scena, il 10 novembre 1897 al Lirico di Milano, Il voto, una nuova
versione di Mala vita, ritoccata in varie parti e depurata degli aspetti più crudi.
La critica è concorde nel ritenere che l’opera non esca migliorata dalle nuove
modifiche e che anzi perda in verità. Nel 1898 torna il grande successo con Fedora,
un vero e proprio giallo musicale ridotto per la scena lirica da Arturo Colautti.
Grande rivelazione della prima (Lirico di Milano, 17 novembre) è il giovane tenore
Enrico Caruso che è costretto a bissare l’aria Amor ti vieta. Come per l’Andrea
Chénier anche per Fedora si aprono i grandi teatri stranieri. A Vienna (Hofoper,
16 maggio 1900) sul podio del direttore d’orchestra sale Gustav Mahler, che
manifesterà a Giordano tutta la sua stima. Firma intanto un contratto con Sonzogno
per Siberia, su libretto di Illica.
1903-1912. Siberia, vicenda ambientata nella Russia della prima metà dell’Ot-
tocento, debutta alla Scala il 19 dicembre 1903. È il terzo dei grandi successi
giordaniani. Nel 1905 Edoardo Sonzogno organizza una stagione lirica al teatro
Sarah Bernhardt di Parigi. Di Giordano sono rappresentate Andrea Chénier, Fedora,
e Siberia. Quest’ultima in particolare riceve calorosi consensi dal mondo musicale
francese, ottenendo l’ammirazione di Alfred Bruneau, Camille Saint-Saëns e
soprattutto di Gabriel Fauré. La successive realizzazioni non riusciranno ad egua-
gliare i trionfi dei tre capolavori. È il caso di Marcella, del 1907, “idillio moderno”
tratto da un libretto di Henry Cain ed Edouard Adenis tradotto in italiano da
Lorenzo Stecchetti. Il lavoro non suscita grandi entusiasmi. Nel dicembre del 1908
Giordano presenta al Congresso musicale didattico internazionale, che si tiene
presso il Conservatorio di Milano, il suo sistema di notazione a suoni reali nelle
chiavi di SOL e di FA per tutti gli strumenti, anche quelli traspositori. Questo
sistema (già usato per le proprie partiture sin dalla stesura dell’Andrea Chénier)
viene approvato all’unanimità dal Congresso e ottiene le lodi di Jules Massenet.
149
Figlio della plurisecolare scuola napoletana, che tanti mirabili frutti aveva donato
al teatro musicale, sin dagli esordi con Mala vita Giordano si inserisce nel filone
del verismo musicale. La melodrammaturgia di Giordano condivide con gli altri
autori della “giovane scuola” (Mascagni, Puccini, Leoncavallo, Cilèa) alcuni
elementi stilistici: l’estroversa tensione passionale alternata al languore sentimen-
tale (a cui corrispondono determinati atteggiamenti della scrittura musicale); la
150
Giordano resta l’autore di alcuni tra i più celebri brani del melodramma italiano
(Amor ti vieta e l’intermezzo da Fedora, La mamma morta da Chénier, per citarne
alcuni). Ebbe da subito l’onore di entrare nei repertori dei teatri di tutto il mondo
e di essere interpretato dalle più grandi voci, grazie specialmente ad Andrea
Chénier (per le possibilità che la partitura offre al ruolo del tenore protagonista)
e a Fedora (il cui personaggio principale è scritto in modo da esaltare il ruolo
della “prima donna”). La sua musica ha mantenuto intatto il suo posto sulla scena
e nella produzione discografica.
Bibliografia
(DBI, DEUMM, ES, NG2001, NGO, PIPER, SCHMIDL, STIEGER)
Opere monografiche
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153
Risorse on-line
Discografia
Opere drammatiche
4. Andrea Chénier, dramma storico in quattro atti di Luigi Illica, MI Scala 28 marzo 1896
\ GE Politeama 28 novembre 1896; New York Acad. of Music 15 novembre 1896.
5. Fedora, opera in tre atti di Arturo Colautti, MI Lirico 17 novembre 1898 \ MN Sociale
14 gennaio 1899; Buenos Aires Opera 14 maggio 1899.
6. Siberia, opera in tre atti di Luigi Illica, MI Scala 19 dicembre 1903 \ NO Coccia 6
gennaio 1904; Lisbona San Carlos 9 marzo 1904.
7. Marcella, opera in tre atti di Henri Cain - Edouard Adenis - Lorenzo Stecchetti, MI
Lirico 9 novembre 1907 \ GE Politeama 26 dicembre 1907; Lucerna 6 luglio 1927.
8. Mese Mariano, bozzetto lirico di un atto di Salvatore Di Giacomo, PA Massimo 17
marzo 1910 \ Roma Costanzi 12 aprile 1910; Buenos Aires Opera 23 luglio 1910.
9. Madame Sans-Gêne, commedia in tre atti di Renato Simoni, New York Metropolitan
25 gennaio 1915 (partitura con “puntature” per Mezzosoprano in I-FOG) \ Montecarlo
Opéra 19 marzo 1916; Torino Regio 28 febbraio 1915.
10. Giove a Pompei, commedia musicale in tre atti di Luigi Illica - Ettore Romagnoli, Roma
La Pariola 5 luglio 1921 (partitura in I-Mr*) \ VE Malibran 17 luglio 1921 [composta
in collab. con A. Franchetti].
11. La cena delle beffe, poema drammatico di Sem Benelli, MI Scala 20 dicembre 1924
(libretto con annotazioni autografe in I-FOG, partitura in I-Nc*) \ BS Grande 25
gennaio 1925; Buenos Aires Colón 27 agosto 1925.
12. Il re, novella in tre atti di Giovacchino Forzano, MI Scala 12 gennaio 1929 \ TO Regio
6 marzo 1929; Buenos Aires Colón 9 agosto 1929.
13. Cesare, musiche di scena per la pièce di Giovacchino Forzano, Roma Argentina 24
aprile 1939 \ MI Lirico 11 maggio 1939.
14. La festa del Nilo, opera (incompleta) di Victorien Sardou - Emile Moreau (riduzione
per canto e piano in I-FOG).
Nicola Cicerale
156
DOMENICO GUACCERO
Palo del Colle (BA), 11 aprile 1927 - Roma, 24 aprile 1984
Cronologia
1927-1956. Figlio di Paolo (organista presso la chiesa principale del paese natale,
ma musicista non strettamente professionista, anche se c’è traccia memoriale di una
sua formazione musicale a Napoli) e di Anna Tricarico, compie parallelamente studi
musicali e umanistico-filosofici, diplomandosi in pianoforte a Bari sotto la guida di
Donato Marrone, e conseguendo la Laurea in Lettere presso l’Università di Bari con
la tesi L’interpretazione dell’opera d’arte nell’estetica contemporanea (relatore
A. Corsano). Subito dopo si trasferisce a Roma, dove studia armonia, contrappunto
e fuga con Barbara Giuranna (1950-53), e composizione con Goffredo Petrassi
(1953-56). Quest’ultimo rappresenta per Guaccero un incontro fondamentale, non
solo come guida didattica – di cui Guaccero erediterà le caratteristiche di “empi-
rismo illuminato”, ovvero di antidogmatismo sorretto tuttavia da una razionalità
limpida e rigorosa – ma pure come lezione di prassi etico-compositiva, improntata
a una radicale rimessa in discussione (e perciò torsione) delle coordinate stilistiche
sulla base delle esigenze di sviluppo storico e di approfondimento personale del
linguaggio (per cui il modello del maestro non può e non deve essere riprodotto
dall’allievo), e come esempio di militanza nell’orizzonte dei problemi sociali e
civili da parte del compositore. Negli stessi anni, entra in contatto con molti degli
allievi di Petrassi (Clementi, Bertoncini, Porena, Razzi, Morricone, Bortolotti etc.)
che di lì a poco sostanzieranno le fila della Nuova Musica romana in una forma di
sodalizio umano e intellettuale. Questa fase di apprendistato termina significativa-
mente con un piccolo testo operistico, La farmacista, realizzata in forma di concerto
in Conservatorio al termine degli studi curriculari; a dirigerla, Daniele Paris,
interprete elettivo della Nuova Musica romana fino ai primi anni settanta e com-
ponente egli stesso di quella cerchia petrassiana.
1957-1970. La formazione di Guaccero si perfeziona anzitutto attraverso la pre-
senza ai Ferienkurse di Darmstadt (documentata nel 1957 e 1959): un crocevia che
gli consente di conoscere senza mediazioni le tecniche del serialismo, ma – quasi
contemporaneamente, dunque fuori da un assorbimento esclusivo di quelle tecniche
che avrebbe potuto condurre a un dogmatismo seriale – anche le ricerche elettroniche
e la sperimentalità spesso “gestuale” di Cage, Kagel, Schnebel. La percezione di un
gap tra la vita musicale contemporanea romana e quella europea porta Guaccero (che
nel frattempo ha stretto un legame artistico e umano profondo con i compositori
Egisto Macchi e Franco Evangelisti e col pittore Franco Nonnis) a fondare: 1) uno
studio di musica elettronica (più teorico che pratico) presso l’Accademia Filarmo-
nica Romana (1958); 2) il Sindacato Musicisti Italiani che, a cavallo del 1960, è un
motore vitale (auspice Petrassi) nel propagare nuove composizioni degli iscritti nelle
stagioni concertistiche, nell’organizzare eventi di musica contemporanea, nel propi-
157
gna anche un ripiegarsi “semi-privato” della ricerca dopo le utopie degli anni Ses-
santa. Gli ultimi allestimenti di articolate opere di teatro musicale (molti altri brani
del suo catalogo fino alla morte hanno comunque una componente fortemente “ge-
stuale”) risalgono dunque agli anni 1972-73, quando vanno in scena, con esito curio-
samente simmetrico a quello della coppia del 1968, Novità assoluta, una pièce di
dimensioni cameristiche dopotutto ben recepita da un pubblico pur mondano (era
destinata, nel Piccolo Festival di Positano del ’72, a far coppia con l’Histoire du
soldat), e il balletto Rot, “miccia” nel 1973 di tumulti nel pubblico ideologicamente
prevenuto del Teatro dell’Opera. Da lì in poi, l’attività di Guaccero nel teatro mu-
sicale – compresa una ripresa di Novità assoluta nel ’77 – è principalmente lo sbocco
di quelle iniziative di laboratorio, portate avanti quasi iniziaticamente con pochi fidi
performer (nel caso del gruppo Intermedia, dal 1977-78 in poi, Lucia Vinardi, Lydia
Biondi e Claudio Conti), e analoghe all’orientamento dei gruppi-laboratorio statu-
nitensi (Living Theatre, Oper Theatre), del Teatr Laboratorium di Grotowski, del-
l’Odin Teatret di Barba, e di molte altre esperienze del nuovo teatro italiano di quegli
anni, peraltro perfettamente note a Guaccero proprio per la loro collocazione geogra-
fica romana (Quartucci, Celli, Ricci etc.). Pur prodotto dal Teatro dell’Opera di
Roma, lo spettacolo Fatti d’amore e di guerra del 1980 non contraddice questa linea,
trovandovisi coinvolti i medesimi performer di Intermedia e il regista Ezio Alovisi
(già committente e regista della pièce cameristica Novità assoluta), e per di più
inglobante il Combattimento di Tancredi e Clorinda di Monteverdi, quale incuna-
bolo di una drammaturgia musicale che prescinde dagli schemi produttivi operistici.
Poco dopo aver fondato a Roma con Macchi l’Istituto della voce, Guaccero si spegne,
dopo una lunga malattia, all’età di 57 anni.
mente gestato, ambizioso, forse eccessivamente articolato, di Scene del potere, cui
Guaccero lavora sin dal 1961 (la prima versione verrà abbandonata e riformulata),
è una prima grande sintesi di tali motivi, tenuta assieme dal tema del potere, non solo
quello politico-economico-scientifico subìto (parte prima) o agito, seppur inconsape-
volmente (parte seconda), ma anche quello sperimentato su se stessi, la “discesa
all’interno” necessaria a una iniziatica esperienza di “salita di grado” (parte terza).
Analoga ambivalenza, del tutto coscientemente portata avanti, investe il balletto
Rot, anche in questo caso un parto sofferto (il Teatro dell’Opera lo aveva program-
mato sin dal 1970, ma andrà in scena con le coreografie di Amedeo Amodio solo
nel 1973, curiosamente nella stessa serata della prima di un altro autore pugliese,
Orazio Fiume): la successione di tre colori scenici (nero - bianco - rosso) richiama
il processo alchemico, ma – nell’apparizione finale di un immenso drappo rosso –
anche un processo di liberazione politico-sociale, nel quale Guaccero (socialista
dopo i moti di Budapest nel 1956) non esita a citare – in chiave problematica – moti
anti-sovietici, particolare che accentuò la baruffa “tutti contro tutti” alla prima
romana.
Un più scoperto valore sacro-esoterico o politico (senza abbandonare del tutto
la polisemia delle strutture simboliche) hanno rispettivamente Rappresentazione
et esercizio e Novità assoluta. Il primo dei due, col suo tenersi sul crinale tra
rappresentazione e rito, concretizza una spinta decisiva nella direzione sintetica
e laboratoriale: i dodici interpreti, pur partendo da una competenza performativa
specifica (attoriale / vocale / strumentale), condividono anche le altre, da prepararsi
in base a una partitura di azioni molto definita quanto a timing, e ricorrente a una
notazione che è sia grafico-analogica, sia simbolico-operativa (con segni da as-
similare ad hoc, o rinvianti spesso alla notazione neumatica gregoriana). Il tragitto
narrativo va dalla genesi del logos alla sua incarnazione e resurrezione, confluente
– questa – dalla “rappresentazione” al con-fondersi arte/vita dell’esercizio mistico-
spirituale, una struttura simile allo sbocco nella terza parte di Scene del potere.
Il secondo lavoro mette in scena il divorarsi progressivo dei poteri (religioso,
giudiziario, militare, scientifico) sotto la regia di un super-potere, e sotto la spinta
delle nuove forze sociali: un’immagine visionaria, che guarda all’utopica palin-
genesi dello stato borghese come a una – improbabile – “novità assoluta”. Simil-
mente a tutti gli altri lavori, la rosa degli interpreti è ristretta (nove) e gli stru-
mentisti – pur non cantando né recitando – sono on stage, interagendo con gli altri
interpreti; i materiali musicali, più ancora che nei lavori precedenti, mostrano una
molteplicità linguistica governata dal loro potenziale scenico-teatrale e, soprattut-
to, dal loro essere materia sonora che si fa situazione narrativa: per questo, è
lasciato ampio spazio all’elaborazione performativa dell’interprete (il contenuto
teatrale-musicale di molte scene è più prescritto da istruzioni, che descritto in
notazione mensurale o cronometrica, e alcune pagine di partitura appaiono alla
stregua di un copione con inserti in notazione musicale), e dunque a una sorta di
“scrittura scenica”, com’era definita – nella sperimentazione teatrale del tempo
– la prassi dell’elaborazione inventiva delle azioni da parte di performers e regista.
In tutti i lavori citati successivi al 1965 (e con particolare incidenza in Scene
del potere e Rot) viene utilizzata in modo non ancillare la tecnologia elettroa-
custica: Guaccero la impiega per ampliare lo spettro dei materiali (suoni e voci
con carattere documentario) o il loro comportamento sonoro, modulandone il
161
Bibliografia
(DBI, DEUMM, MGG, NG2001)
ALOVISI Ezio, Disamina affettuosa di un decennio di avventure teatrali con Domenico Guaccero,
in Domenico Guaccero, teoria e prassi dell’avanguardia, atti del Convegno Internazionale di
Studi (Roma, Università «La Sapienza», 2-4 dicembre 2004), a cura di Daniela M. Tortora, Aracne
Editrice, Roma 2009, pp. 431-440.
ANDERSON Christine, Sperimentare con musica e scena. Le prime gestuali di Domenico Guaccero
a confronto, in Domenico Guaccero, teoria e prassi dell’avanguardia, atti del Convegno
Internazionale di Studi (Roma, Università «La Sapienza», 2-4 dicembre 2004), a cura di Daniela
M. Tortora, Aracne Editrice, Roma 2009, pp. 249-296.
ANNIBALDI Claudio, Musica gestuale e nuovo teatro, in «La musica moderna», vol. VII: le avan-
guardie, Fratelli Fabbri Editore, Milano 1967, pp. 129-157.
Di Domenico Guaccero. Prassi e teoria, Nuova Consonanza editrice, Roma 1984.
Domenico Guaccero, Numero monografico «Archivio Musiche del XX secolo», CIMS, Palermo 1995.
Domenico Guaccero. Iter di un musicista operativo, a cura di Dino Tarantino, Tip. Mare, Bari 2004.
Kombinat Joey, numero monografico di «Grammatica», n. 4, settembre 1972.
GIANNI Stefania, Domenico Guaccero. La vita come arte, in «Musica/Realtà», XX, n. 60 (novembre
1999), pp. 57-78.
GUACCERO Domenico, Un’esperienza di “teatro” musicale, 1963, in di Domenico Guaccero. prassi
e teoria, Nuova Consonanza editrice, Roma 1984, pp. 147-166 (edito precedentemente, ma privo
dell’ultimo capitolo, in «Il Verri», nuova serie, n. 21, 1966, pp. 53-66).
–, Postilla sul teatro musicale, 1966, in «Duemila», II (1966), n. 6, pp. 79-85.
–, Testo parallelo A:B sulla storia della musica “sacra” in occidente, in «Lo spettatore musicale»,
IV, novembre-dicembre 1969, pp. 10-16.
162
–, Sulla tradizione del teatro musicale, in di Domenico Guaccero. prassi e teoria, Nuova Con-
sonanza editrice, Roma 1984, pp. 180-192.
–, “Un iter segnato”. Scritti e interviste, a cura di Alessandro Mastropietro, Ricordi-LIM, Lucca 2004.
MASTROPIETRO Alessandro, Nuovo Teatro Musicale tra Roma e Palermo, 1961-1973, tesi di dottorato
in Storia e Analisi delle Culture Musicali, XIV ciclo, a.a. 2003-2004, Università «La Sapienza»
di Roma - Università di Palermo.
–, Riflessione teorica e presenza storica in alcuni brevi scritti di Domenico Guaccero, in «Musica/
Realtà», XXV, n. 75 (novembre 2004).
–, L’interno/esterno della voce: su Scene del potere di Domenico Guaccero, in Voce come soffio,
Voce come gesto. Omaggio a Michiko Hirayama, atti del Convegno Internazionale di Studi,
(Roma, Università «La Sapienza», 9-10 giugno 2003) a cura di Daniela M. Tortora, Aracne Editrice,
Roma 2008, pp. 121-170.
–, Ancora una “scena del potere”: Novità assoluta (1972), in Domenico Guaccero, teoria e prassi
dell’avanguardia, atti del Convegno Internazionale di Studi, (Roma, Università «La Sapienza»,
2-4 dicembre 2004) a cura di Daniela M. Tortora, Aracne Editrice, Roma 2009, pp. 297-316.
–, Rot, un teatro musicale contrappuntistico-alchemico-militante, in Un iter inverso, atti dell’In-
contro di Studi su D. Guaccero nel ventennale della morte, a cura di Maria C. De Amicis, L’Aquila,
Istituto Gramma, Solisti Aquilani, Accademia di Belle Arti e Conservatorio “A. Casella” dell’Aqui-
la, novembre 2004, in preparazione.
MONOPOLI Giuseppe, Il teatro musicale di Domenico Guaccero tra rappresentazione et esercizio,
in Conservatorio di Bari «N. Piccinni». Ricerca musicologia e didattica, a cura di Salvatore
Colazzo, Amaltea, Bari 2000, pp. 47-74. Ripubblicato in «Sonus», 2002, n. 21/22, pp. 40-63.
SALIS Giuliano, Gli “Esercizi” di Domenico Guaccero, in «Studi musicali», 2000, n. 2, pp. 499-523.
TORTORA Daniela M., Nuova Consonanza. Trent’anni di musica contemporanea in Italia (1959-
1988), LIM, Lucca 1990.
TROZZI Gianni, Il Gruppo Altro, uno sguardo retrospettivo tra linguaggi, forme e gesti nei primi
spettacoli, in «Chorégraphie», III, n. 6 (autunno 1995), pp. 91-102.
Visione che si ebbe nel cielo di Palermo, a cura di Floriana Tessitore, Cidim/Amic - Nuova Eri, Roma
2003.
ZILOCCHI Letizia, La farmacista di Domenico Guaccero, opera da camera in un atto da un racconto
di Èechov, in Domenico Guaccero, teoria e prassi dell’avanguardia, atti del Convegno Inter-
nazionale di Studi (Roma, Università «La Sapienza», 2-4 dicembre 2004) a cura di Daniela M.
Tortora, Aracne Editrice, Roma 2009, pp. 249-276.
Risorse on-line
Piuttosto che segnalare una serie di siti contenenti disparate notizie su Guaccero si preferisce
rimandare il lettore unicamente a www.guaccero.it dove gli si offre un’abbondante messe
di informazioni e di collegamenti ad altri strumenti di ricerca on-line.
Discografia
Opere drammatiche
Alessandro Mastropietro
164
GIACOMO LAPOLLA
Gravina (BA) 1843 - ivi dicembre 1925
Bibliografia
SORRENTI Pasquale, I musicisti di Puglia, Bari, Laterza & Polo, 1966, p. 134.
«Rassegna pugliese di scienze, lettere ed arti», XI, n. 3, 1894, p. 28.
Opere drammatiche
1. Papà Gianni, commedia lirica in tre atti di Matteo Pignatelli, non rappresentata. (I atto
presso la Fondazione Pomarici Santromasi).
2. Saridda, bozzetto lirico drammatico di Matteo Pignatelli, 1892-1898 non rappresentato.
3. Padron Giorgio, commedia lirica in tre atti di Matteo Pignatelli, non rappresentato.
Fabrizio Bugani
165
Bibliografia
(SCHMIDL)
Opere drammatiche
1. Der Schleier der Tanit, Schauspiel in einem Aufzug von Ernst Bauer (da Salambò di
Falubert) luglio 1923.
2. Die Revisionsreise, Komische Oper in zwei Akten von Ernst Bauer, 4 giugno 1924.
Lorenzo Mattei
166
PASQUALE LA ROTELLA
Bitonto (BA), 26 febbraio 1880 - Bari, 20 marzo 1963
Cronologia
una densa e lunga attività direttoriale che lo porterà a lavorare in moltissimi teatri
in Italia e all’estero.
1896-1911. Nel 1896 si trasferisce a Milano dove comincia a dedicarsi alla
composizione, partecipando alla vita culturale della città e guardando con interesse
al clima di rinnovamento che stava investendo il panorama musicale italiano.
Nonostante ciò, La Rotella resta estraneo alle istanze della “Generazione dell’Ot-
tanta”, sentendosi invece attratto dall’opera e dalla tradizione melodrammatica
ottocentesca. Un romanzo d’appendice sul «Secolo» di Milano fornisce lo spunto
per la sua prima opera Ivan, su libretto di Armando Perotti. L’opera va in scena
nel gennaio 1900 per la stagione del Teatro Piccinni di Bari ottenendo un grande
successo che determina quattordici serate di replica e l’approdo al Teatro Dal
Verme di Milano. L’anno successivo La Rotella ritorna a Bari per assumere
l’incarico di direttore della Schola Cantorum della Basilica di San Nicola, ottenuto
dopo aver superato un concorso ministeriale. Nel periodo in cui ricopre tale carica,
dal 1902 al 1911, compone molta musica vocale sacra, messe e brani polifonici
rimasti inediti, fra cui spiccano l’Inno a S. Nicola, la Messa degli Angeli e la
Missa in honorem S. Nicolai. Tra i suoi allievi ci sono i compositori Franco
Casavola e Pasquale Di Cagno. Il primo periodo presso la Schola coincide con
l’anno di volontariato svolto dal compositore in luogo del servizio militare. In
questi mesi incontra Goffredo di Crollalanza (padre del futuro senatore Alfredo)
con cui progetta la sua seconda opera Dea, rappresentata nella prima stagione del
neonato Teatro Petruzzelli (1903). Il successo è buono nonostante le critiche inferte
al librettista, lo stesso Crollalanza che per i suoi versi si era ispirato al romanzo
Les nuits du Père-Lachaise di Léon Gozian. Nel 1904 sposa Angela Scannicchio,
appassionata di musica e cantante dilettante, che collabora con lui alla realizza-
zione dell’opera successiva Fasma (1908), su libretto di Arturo Colautti. Tra il
1910 e il 1911 La Rotella si accinge a scrivere la sua quarta opera Maria di Trento,
ispirata al romanzo Il destino di Nicola Misasi, attualmente irreperibile e forse
mai completata.
1911-1919. Dopo aver lasciato la carica presso la Schola Cantorum, ha inizio
per La Rotella un periodo lavorativo molto intenso, con la direzione di numerose
opere presso il Teatro Petruzzelli di Bari e in Francia, Belgio, Nord America,
Messico, nei teatri di città quali Nizza, Barcellona, Budapest, Cairo. Nel 1912
si ristabilisce a Milano, ma l’inizio della guerra e la chiamata alle armi lo costringe
a interrompere per qualche tempo l’attività direttoriale. Scrive alcune marce
militari, fra cui Gorizia, Rompete le righe e l’Inno a Fiume su testo di D’An-
nunzio, il quale lo ricompensa con l’Ordine della Stella d’Oro di Fiume. Nella
città occupata il compositore, grazie alla mediazione di Ricciotto Canudo, viene
chiamato a dirigere un concerto per raccogliere fondi in favore dei bimbi poveri
di Fiume. Durante gli anni del conflitto muore la figlia Fasma di nove anni, evento
che contribuisce alla paralisi dell’attività compositiva, già gravemente compromes-
sa dalla sensazione di disagio nei confronti di una realtà musicale italiana che
sembra allontanarsi sempre più dai suoi orizzonti rimasti legati alla tradizione
verista. Terminata la guerra, mentre l’attività direttoriale riprende a pieno ritmo,
quella compositiva persevera in un lungo silenzio che si estende sino ai primi anni
Trenta.
168
Carmen, opera più volte diretta dallo stesso La Rotella – offre il materiale adatto
per sviluppare alcuni modi compositivi già inaugurati e sperimentare del nuovo.
Una forza drammatica più matura, una tecnica del leitmotiv maggiormente fun-
zionale, un’attenzione particolare all’armonia con il ricorso al modalismo e alla
scala gitana, una vocalità più curata, sono alcuni dei tratti che rendono Fasma
una delle opere più riuscite di La Rotella. Il nuovo corso intrapreso dal compositore
sembra avere un immediato sviluppo con Maria di Trento, opera cui ci si può
accostare solo tramite fonti indirette, vista la scomparsa della partitura. Per que-
st’opera il compositore impone specifiche indicazioni al librettista, col preciso
intento di sperimentare una notevole esiguità di mezzi musicali, eliminando quasi
del tutto coro e romanze per lasciare maggior spazio all’azione. Allo stato attuale,
non sappiamo se Maria di Trento sia stata mai ultimata. Al fervore di questo
periodo segue una lunga pausa compositiva dovuta a ragioni mai chiaramente
esplicitate dal musicista, ma probabilmente riconducibili soprattutto alle difficoltà
di tornare alla scrittura operistica in una realtà musicale sempre più distante dalle
sue aspirazioni. L’incontro con Enrico Cavacchioli e il concorso nazionale indetto
dalla Corporazione dello Spettacolo lo stimolano alla composizione di una nuova
opera, Corsaresca, che compare sulle scene venticinque anni dopo Fasma. Il
compositore resta legato al verbo verista, ma il linguaggio mostra i suoi debiti nei
confronti di Debussy e dello Strauss del Rosenkavalier. Lo stesso soggetto del-
l’opera, a cavallo tra mito e realtà, ne denota la modernità, anche se l’impianto
resta squisitamente tradizionale, con la centralità assoluta del canto. Gli apprez-
zamenti del pubblico e di critici – anche di quelli poco inclini ad apprezzare il
tardo verismo, quali Alceo Toni e Mario Labroca – sanciscono il successo dell’ope-
ra, replicata in numerosi teatri italiani. L’iter compositivo inaugurato da Fasma
e proseguito con Corsaresca non ha seguito e, dopo alcuni anni di silenzio, il
compositore torna alla scrittura operistica virando decisamente verso il passato,
riappropriandosi nuovamente di una concezione drammaturgica verista che preve-
de, in particolare, la ripresa del folklore e dell’enfasi melodica, e una semplifi-
cazione del linguaggio specialmente dal punto di vista armonico. Tutto ciò carat-
terizza l’ultima opera, Manuela, che presenta già nel soggetto e nell’ambienta-
zione messicana – ispirata da una tournée direttoriale nel centro America – la sua
perfetta appartenenza a una passata stagione musicale. Difficile stabilire le ragioni
di questo atteggiamento d’altronde comune, in quegli anni, a molti altri musicisti
che, per coerenza, convinzione o altro, non si avventurarono nel nuovo rimanendo
refrattari a tutto quello che in modo sempre più corrosivo stava “violando” la
tradizione lirica italiana. In occasione della trionfale prima di Manuela a Nizza,
La Rotella così si esprimeva: «contrariamente a quello che pensano i “dodeca-
fonisti”, io dico, che oggi più che mai il dovere degli operisti moderni dovrebbe
esser quello di ridonare al nostro gloriosissimo teatro lirico il suo antico splendore,
percorrendo il cammino sulla via lasciata da Verdi, da Mascagni, da Puccini, da
Giordano. Il repertorio teatrale va sempre più impoverendosi perché non nascono
opere, che interessino il pubblico, il quale comincia a dar segni di stanchezza per
certi lavori cerebrali, che sono la negazione del vero classico teatro italiano»
(Manuela, «La Gazzetta del Mezzogiorno», 25 aprile 1948, p. 3). L’opera in
musica nella visione di La Rotella deve dunque rifarsi alla tradizione del bel canto
italiano e spogliarsi dei “tecnicismi”, poiché solo in questo modo può assolvere
171
Bibliografia
Edizioni
– Ivan, riduzione per canto e pianoforte di Pasquale La Rotella, Fantuzzi, Milano 1903.
– Fasma, riduzione per canto e pianoforte di Pasquale La Rotella, Sonzogno, Milano 1908.
– Corsaresca, riduzione per canto e pianoforte di Pasquale La Rotella, proprietà dell’autore, 1933.
Opere drammatiche
1. Ivan, dramma lirico in tre atti di Armando Perotti, BA Piccinni 20 gennaio 1900
(partitura in I-BAcp*) \ MI Dal Verme 24 giugno 1900.
2. Dea, dramma lirico in tre atti di Goffredo di Crollalanza, BA Petruzzelli 11 aprile 1903
(partitura in I-BAcp*).
3. Fasma, dramma lirico in tre atti di Arturo Colautti, MI Dal Verme 28 novembre 1908
(atto I, interludio atto III e aria Croce, croce di Dio in I-BAcp*.) \ BA Piccinni 21
gennaio 1928; Il Cairo Teatro Reale 13 marzo 1929; BA Petruzzelli 3 gennaio 1939.
4. Maria di Trento, melodramma in tre atti di Nicola Misasi, non rappresentato.
5. Corsaresca, visione tragica in tre atti di Enrico Cavacchioli, Roma Argentina 13 no-
vembre 1933 (partitura in I-BAcp*) \ BA Petruzzelli 7 febbraio 1934.
6. Vincenzella, melodramma in tre atti di Enrico Cavacchioli, non rappresentato.
7. Manuela/La Fattoria, dramma lirico in tre atti di Arturo Rossato, Nizza Municipale
4 marzo 1948 (partitura in I-BAcp*) \ CT Bellini 16 aprile 1950 \ BA Petruzzelli 14
gennaio 1951.
Beatrice Birardi
172
VINCENZO LAVIGNA
Altamura (BA), 21 febbraio 1776 - Milano, 14 settembre 1836
Cronologia
Monticini). Non è certa la notizia che fissa, sempre nel 1803, la composizione
dell’Idolo di se stesso per il Comunale di Ferrara. Nel 1804, pur proseguendo
l’impegnativo compito di estensore delle musiche per i balli, sempre alla Scala
riesce a mettere in cartellone l’opera buffa L’impostore avvilito (11 settembre). Il
quadriennio di commissioni per il massimo teatro di Milano si conclude con Eraldo
ed Emma, scritta in collaborazione con Mayr e Orlandi (8 gennaio 1805).
1806-1822. Il buon successo ottenuto alla Scala attira su Lavigna l’attenzione
degli impresari del Regio di Torino (dove si rappresentano ben tre opere nel giro
di quattro stagioni, tra il 1806 e il 1809) e della Fenice di Venezia (nella primavera
1807 si mette in scena il dramma eroicomico di Foppa Le metamorfosi). L’attività
a Milano resta comunque indefessa confermata da documenti conservati nell’Ar-
chivio Storico milanese (Spett. pubbl., cart. 47, f. 7, protocollo della direzione
n. 15061 del 27 maggio 1812) e nella Biblioteca Trivulziana, testimonianze
preziose per comprendere, sulla base di una comparazione tra onorarii, quanto
ancora il maestro altamurano fosse considerato un artista di medio livello (1.500
lire per la composizione d’un’opera seria e 1.050 per una buffa erano paghe
mediocri). In questi anni Lavigna ha modo di conoscere i più significativi nomi
del melodramma pre-rossiniano e assume dimestichezza con le loro partiture (che
spesso deve adattare, ritoccare, concertare). Insieme alle novità dei vari Federici,
Generali, Mayr, Morlacchi, Nicolini, Paer, Pavesi, egli resta un convinto assertore
del valore formativo insito nei grandi maestri del passato lontano (il Durante della
tradizione contrappuntistica) e più recente (Haydn e Mozart); proprio di Mozart
cura l’allestimento milanese del Così fan tutte (19 settembre 1807) e del Don
Giovanni (17 ottobre 1814) additando ai suoi discepoli (Verdi compreso, suo
allievo dal 1832 al 1835) quelle opere come uno dei migliori modelli di scrittura
operistica. Dal 1818 inzia a dare lezioni di composizione (in quell’anno accoglie
un giovanissimo Ruggero Manna).
1823-1836. Nel 1823 assume il ruolo di docente di Solfeggio nel Conservatorio
milanese (la cattedra era stata di Ferdinando Orlandi) che mantiene fino alla morte.
Da questo momento Lavigna intensifica l’attività didattica, anche in ambito privato,
imponendosi come uno degli insegnanti più ricercati a Milano (in questi anni, oltre
a Verdi, insegna composizione a una serie di talentuosi compositori esordienti, tra
cui il suo famulus Giacomo Panizza). I primi segni di un forte esaurimento nervoso
si palesano a cominciare dal 1827. Dal matrimonio con Teresa Sivelli nacque di
certo una figlia, Francesca. Non si hanno invece notizie sicure su SALVATORE LAVIGNA
che alcuni biografi indicano come un possibile figlio di Vincenzo: Salvatore è noto
per aver fatto rappresentare l’opera Matilde al Nuovo di Napoli il 26 settembre 1851
(cfr. Florimo, IV, p. 212). Dopo aver diradato gli impegni didattici in modo drastico
già dal 1829, Lavigna si spense il 14 settembre 1836.
Bibliografia
(DBI, DEUMM, ES, IBI, MGG, NG2001, NGO, SCHMIDL, STIEGER)
Gli affetti convenienti all’idee: studi sulla musica vocale italiana, a cura di Rosa Cafiero, Maria
Caraci Vela e Angela Romagnoli, ESI, Napoli 1993, pp. 549-580.
L’arcano incanto. Il teatro Regio di Torino 1740-1990, a cura di Alberto Basso, Electa, Milano 1991,
pp. 59, 341, 536-538.
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144 (on-line su emeroteca.braidense.it).
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1836), Saverio Mercadante (1795-1870), Industrie Rosio & Fabe, Milano 1931; ristampa ana-
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Diminution and Harmony-oriented Counterpoint in Late Eighteenth Century Naples: Vincenzo
Lavigna’s Studies with Fedele Fenaroli, in Amerikanische und europäische Traditionen der
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teatro La Fenice 1797-1815, in «L’aere è fosco il ciel s’imbruna». Arti e musica a Venezia dalla
fine della Repubblica al congresso di Vienna, atti del convegno internazionale di studi (Venezia
10-12 aprile 1997) a cura di Francesco Passadore e Franco Rossi, Fondazione Levi, Venezia 2000,
pp. 299-314: 311-312 [su Le metamorfosi].
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in «Arte organaria e organistica», VIII (2001), 38, pp. 12-19.
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2002 (il lavoro è confluito in sede discografica Provesi & Lavigna maestri di Giuseppe Verdi.
Sinfonie, sonate, adagi e fughe per organo San Paolo audiovisivi EAN 8013147470621)
175
SERENA Ottavio, I musicisti Altamurani Notizie raccolte e pubblicate da Ottavio Serena in occa-
sione del centenario di Saverio Mercadante, Tip. F.lli Portoghese, Altamura 1895, pp. 25-27.
SORRENTI Pasquale, I musicisti di Puglia, Laterza & Polo, Bari 1966, pp. 142-143.
ZIINO Agostino, Luigi Romanelli ed il mito del classicismo nell’opera italiana del primo Ottocento,
in «Chigiana», XXXVI (1984), pp. 173-215.
Discografia
Risorse on-line
Opere drammatiche
1. La muta per amore ossia il medico per forza, farsa in un atto di Giuseppe Foppa da
Molière, MI Scala 14 giugno 1802 \ MI Scala carn. 1803 (libretto in I-Fm, I-Mc, I-
Nc, I-Vgc).
2. Idolo di se stesso, melodramma n.n., FE Comunale 1803?
3. L’impostore avvilito, melodramma giocoso di Luigi Romanelli, MI Scala 11 settembre
1804 (libretto in: I-Fm, I-Mc, I-Vgc).
4. Eraldo ed Emma, melodramma eroico in due atti di Gaetano Rossi (in collaborazione
con con Mayr e Orlandi), MI Scala 8 gennaio 1805 (libretto in I-Bam, I-Mc, I-Mcom,
I-Rn).
5. Coriolano, melodramma serio in due atti n.n. di Luigi Romanelli?, TO Regio 20
gennaio 1806 (un rondò e una cavatina in I-Mc).
6. Hoango, opera seria di Giandomenico Boggio, TO Regio 19 gennaio 1807 \ rielaborato
da Luigi Romanelli col titolo Orcamo MI Scala 28 gennaio 1809 (partitura in I-Mc*).
7. Le metamorfosi, dramma eroicomico in un atto di Giuseppe Foppa, VE Fenice pri-
mavera 1807 (libretto in I-Vgc).
8. Di posta in posta, melodramma giocoso in due atti di Luigi Romanelli, MI Scala 2
luglio 1808 (libretto in I-Fm, I-Mc, I-Mcom).
9. Palmerio e Claudia, opera seria di Luigi Romanelli, TO Regio 20 gennaio 1809
(Rondò e cavatina in I-Mc).
10. Zaira, melodramma n.n., FI 1809?
11. Chi s’è visto s’è visto, dramma giocoso in due atti di Angelo Anelli, MI Scala 23 aprile
1810 (libretto in I-Fm, I-Mc, I-Nc; partitura in I-Mc*).
Lorenzo Mattei
176
FRANCESCO LIBETTA
Galatone (LE), 16 ottobre 1968
Cronologia
per una sempre più intensa attività sul territorio. Nel 2005 è invitato da Franco
Battiato a recitare nel film su Ludwig van Beethoven Musikanten. Nel 2006 registra
le trentadue sonate di Beethoven e, in un video live di due concerti milanesi, i
cinquantatre Studi di Godowsky-Chopin.
2008-2010. Su invito della Farm e suggerimento di Battiato, che supervisiona
il lavoro, Libetta scrive le musiche (e i versi di alcune arie) per l’opera Ottocento,
ispirata all’assedio subito da Otranto nel 1480 per parte degli Ottomani: il testo,
curato da Fredy Franzutti, segue la lettura che Maria Corti fa dell’evento nel
romanzo L’ora di tutti. La prima esecuzione si tiene appunto ad Otranto (bastioni
del Castello aragonese) nell’agosto del 2009, con ripresa a Roma (Auditoriom della
Conciliazione) nel gennaio 2010. L’attività pianistica di Libetta prosegue con la
registrazione a fine 2009 dell’opera integrale per tastiera di Georg Friedrich
Händel e, nei primi mesi del 2010, con l’esecuzione dell’integrale di Chopin.
Mai rappresentato, Iopa (epico cantore alla corte di Didone) ha un linguaggio più
elusivo. Il lavoro teatrale si è presto dissolto in molti pezzi strumentali e vocali,
eseguiti o pubblicati separatamente.
Operazione teatrale fuori schema resta la lettura di inedite poesie giovanili di
Carmelo Bene da parte della sorella del poeta, Maria Luisa, nella grotta della
Poesia di Roca, su un palco sospeso sull’acqua. La crudezza degli accostamenti
stilistici del giovane Bene si riflette nell’eterogeneo materiale musicale con cui
Libetta punteggia le letture, in alternanza o sovrapposizione. Il linguaggio, spesso
modale, si appoggia ad una scrittura informale e aleatoria, per rientrare in citazioni
(Wagner, Epitaffio di Sicilo) e autocitazioni (da Iopa e varia musica cameristica).
Suoni elettronicamente rielaborati e un ensemble dal vivo si integrano.
Bibliografia
BOLOGNINI Pierluigi-MONTEFUSCO Luigiantonio, Lecce nobilissima, Edizioni del Grifo, Lecce 1998.
DE PASCALIS Vincenzo, Nardò nella Provincia di Lecce, Grafiche Panico, Galatina 1997.
–, Nardò maestra di civiltà, Grafiche Panico, Galatina 2000.
LOVATO Vanna, Franco Battiato - L’interminabile cammino del Musicante, Editori riuniti, Roma
2007.
MAFFEI Adolfo, In Poltrona, Il Corsivo, Manduria 1998, pp. 22-31.
MITCHELL Mark, Vladimir de Pachman: a Piano Virtuoso’s Life and Art, Indiana University Press,
Bloomington 2002.
Non solo Lirica. Il concertismo a Milano fra ‘700 e ‘900, a cura di Luisa Longhi, Nuove Edizioni,
Milano 1996.
PESCE BUONAMICO Lori, Quando ero piccolo. Rircordi d’infanzia di cinquanta protagonisti della
cultura salentina, Schena Editore, Fasano 2002, pp. 56-57.
PIANA Roberto, Around the Piano, Magnum Edizioni, Sassari 2000.
RIMM Robert, The Composer-Pianist, Amadeus Press, Portland 2002.
SATORU Takaku, Francesco Libetta, in «The Record Geijutsu», gennaio 2002.
SANTORO Luigi, La poesia nella Poesia. Carmelo Bene, poesie giovanili, Adriatica Editrice Salentina,
Lecce 2009.
Risorse on-line
Si veda il sito www.libetta.it per l’attività del musicista. Sulla realizzazione e concezione
di Ottocento, con numerose foto di scena, è ottimo il sito www.operapopolare.it Per una
discografia completa si rimanda al sito www.nireo.it.
Discografia
Edizioni
– Touche et Continuità senza soluzione da Iopa (versione per pianoforte solo), Manduria,
Barbieri Editore, 1994.
Opere drammatiche
Carla Cantatore
180
GIUSEPPE LILLO
Galatina (LE), 26 febbraio 1814 - Napoli, 4 febbraio 1863
Cronologia
1814-1834. Giuseppe Lillo nasce il 26 febbraio 1814 a Galatina da Giosuè e
Maria Rosaria Ayroldi, ma la sua infanzia ha luogo a Lecce, dove la famiglia si
trasferisce tre anni più tardi. Il padre – un buon maestro di cappella e uno stimato
insegnante di canto – ravvisa fonti di maggiore guadagno presso le chiese e i
palazzi della nobiltà leccese, piuttosto che fra le vestigia dell’antico ducato di San
Pietro in Galatina. Giosuè avvia il figlio alla musica, ma in breve lo affida al
leccese Luigi Carnovale per lo studio del basso numerato. Il ragazzo, dotato di
inconsueta memoria auditiva ed eccezionale tecnica pianistica, a soli dieci anni
si esibisce con favore nei salotti della città, al punto che alcuni gentiluomini si
prodigano perché intraprenda più avanzati studi a Napoli. Giuseppe accede all’am-
bito Real Collegio di Musica della città partenopea proprio in quel 1826 quando
la sede è trasferita da San Sebastiano a San Pietro a Majella. Al cospetto delle
capacità musicali di Lillo, Nicola Zingarelli, il direttore del Real Collegio, gli
assegna una borsa di studio “per merito straordinario” e lo accoglie nella sua stessa
classe quale allievo di contrappunto. Giovanni Furno – già insegnante di Bellini
e Mercadante – è incaricato dell’insegnamento dell’“armonia sonata”, mentre
Francesco Lanza ne veglia i progressi al pianoforte. In occasione del Carnevale
del 1834, come saggio per il compimento degli studi, Lillo compone la sua prima
opera, La moglie per 24 ore, ossia L’ammalato di buona salute, una commedia
buffa in due atti allestita presso il teatrino del Real Collegio.
1835-1846. La fortuna di questa prima partitura operistica gli schiude le porte
del Teatro Nuovo, per il quale nel ’35 scrive Il giojello, “dramma per musica”
in due atti. La definitiva consacrazione dovrebbe aver luogo al Teatro San Carlo,
dove, nel ’37, si rappresenta Odda di Bernaver, ma l’opera, su libretto di Giovanni
Emanuele Bidera, riceve una tiepida accoglienza. Nuovi smacchi vengono dalla
“tragedia lirica” Rosmunda in Ravenna (1838) per la Fenice di Venezia e dal-
l’opera semiseria Alisia di Rieux (1838) per il Teatro Valle di Roma. Nondimeno,
le sorti di Lillo come autore teatrale si risollevano proprio al San Carlo con Il Conte
di Chalais (1839), su libretto di Salvatore Cammarano. L’osteria di Andujar
(1840), “azione comica” in due atti, è l’ultima opera di successo. Una serie di
fiaschi al San Carlo (Cristina di Svezia nel ’41, Lara nel ’42) porta il compositore
salentino ad abbandonare momentaneamente il teatro. Per quasi cinque anni, dal
’42 al ’46, si dedica all’insegnamento del pianoforte e alla composizione di musica
da salotto, recando un contributo importante alla produzione vocale da camera
della Napoli di metà Ottocento. Dal 20 settembre al 5 ottobre 1845 figura fra i
partecipanti al Settimo Congresso degli Scienziati italiani, un evento di rilevante
importanza perché nelle intenzioni di Ferdinando II di Borbone segna l’occasione
181
di stilare un resoconto della cultura scientifica del Regno, di cui egli è un appas-
sionato patrocinatore. Lillo vi è presente in qualità di “socio corrispondente della
R. Accademia di Belle Arti” per la sezione di Matematica. Ciò si spiega col fatto
che pochi mesi prima è stato nominato, al posto di Pietro Casella, “Ispettore della
classe di partimenti” presso le sezioni esterne del Real Collegio; e poiché lo studio
dei partimenti, ossia dell’armonia, è associato ai numeri, Lillo rientra nel settore
matematico a questo titolo. L’8 agosto 1846 subentra a Giacomo Cordella in qualità
di insegnante di armonia sonata presso il Real Collegio, ma Torino gli offre
l’opportunità di riprendere a comporre per le scene. Di fatto, prima della fine
dell’anno il Teatro Carignano ospita l’opera semiseria Il Cavaliere di San Giorgio,
ossia Il mulatto.
1847-1863. Dopo quattro mesi trascorsi a Torino, Lillo parte alla volta di Parigi.
Qui riceve l’entusiastico abbraccio di Gaspare Spontini; poi è introdotto alla corte
di Filippo d’Orléans dal duca di Serracapriola, l’ambasciatore del Regno delle due
Sicilie in Francia. Ma Lillo è acclamato pressoché esclusivamente come pianista
e insegnante di pianoforte; in questa veste la regina Maria Amelia cerca di
convincerlo a stabilirsi definitivamente nella capitale francese. L’invito è allet-
tante, e tuttavia Lillo torna a Napoli, dove si imbarca negli ultimi disperati tentativi
per imporsi come autore teatrale con Caterina Howard (Teatro San Carlo, 1949),
Delfina (Teatro Nuovo, 1850), La gioventù di Shakspeare, ossia Il sogno d’una
notte estiva (1851), Il figlio della schiava (1853). Nel ’59 Lillo è promosso
docente di contrappunto e composizione al posto di Carlo Conti. Due anni più tardi
è colpito dai primi disturbi mentali e viene internato nel manicomio di Aversa.
Vi rimane per nove mesi. Poi, in virtù di un manifesto miglioramento delle
condizioni di salute, rientra a Napoli e riprende in forma saltuaria l’attività
didattica. Fra gli allievi di Lillo si annoverano Filippo Marchetti, Salvatore
Giannini e Giorgio Miceli. Agli inizi del 1863 è preda di un ictus che dapprima
gli causa la paralisi del lato sinistro del corpo, infine la morte. Nel 1870 i fratelli
fanno donazione alla biblioteca di San Pietro a Majella degli autografi di Lillo
e di numerose partiture a stampa da questi custodite, nonché di svariate compo-
sizioni del padre Giosuè, per un totale di 120 volumi di musica.
Bibliografia
AMBIVERI Corrado, Operisti minori dell’Ottocento italiano, Gremese, Roma 1998, p. 84.
ARDITI Giacomo, La corografia fisica e storica di Terra d’Otranto, Ammirato, Lecce 1879 (rist.
anast. Sala Bolognese 1979).
CAFIERO Rosa, Carlo Cotumacci nella tradizione didattica della scuola napoletana, in Affetti
musicali. Studi in onore di Sergio Martinotti a cura di Maurizio Padoan, Vita e pensiero, Milano
2005, pp. 105-120: 119-120.
FÉTIS François-Joseph, Biographie universelle des musiciens et bibliographie générale de la musique,
II, F.Didot, Paris, 1873.
FLORIMO Francesco, voce Giuseppe Lillo, in La scuola musicale di Napoli ed i suoi Conservatori,
Morano, Napoli 1880-82, pp. 375-385.
DE SIMONE Luigi Giuseppe, Lecce e i suoi monumenti descritti ed illustrati, Campanella, Lecce 1874.
DELLA NOCE Gaetano, Musicisti salentini: il Maestro Giuseppe Lillo, in «Rivista Storica Salentina»,
anno IX, maggio-giugno 1914, nn. 3-6, pp. 131-163.
GIARDA Maurizio, Il mestiere di operista nell’Ottocento, in «Suono Sud», n. 2, aprile-giugno 1990,
pp. 47-53.
LAMACCHIA Saverio, Un tempo, due affetti: una risorsa dell’aria romantica, in «Studi Verdiani», 14
(1999), pp. 51-68: 58n.
LO PRESTI Fulvio Stefano, Rosmunda “barbara” regina nel teatro di Giuseppe Lillo, in «Musicaaa!»,
anno XIV, n. 40, gennaio-aprile 2008, pp. 9-13 (on-line su www.scribd.com/doc/27353882/Mu-
sicaaa-AnnoXIV-Numero-40-Gennaio-Aprile-2008 )
MACCHIA Alessandro, Un singolare personaggio nel cuore dei salotti napoletani di metà Ottocento:
Giuseppe Lillo, in «Accademie e Società Filarmoniche in Italia» 8 (2008), pp. 151-170.
MAGLIO Orazio, Una messa di Giuseppe Lillo: contributi ed ipotesi interpretative, in «Studi
Bitontini», n. 71 (2001), pp. 113-116.
MARTINEZ Andrea, Su la Caterina Howard. Melodramma del Signor Giuseppe Lillo, in «Museo di
Letteratura e Filosofia», n.s., vol. XV, anno V, Napoli 1848, pp. 295-305 (on-line su Google.books).
SORRENTI Pasquale, I musicisti di Puglia, Laterza & Polo, Bari 1966, pp. 151-153.
WEATHERSON Alexander, Lillo and the unhappy “Caterina Howard”, in «Donizetti Society New-
sletter», n. 92, june 2004, pp. 27-33.
–, Giuseppe Lillo and Gaetano Donizetti (le disgrazie d’un bel giovane), in L’“altro” melodramma.
Studi sugli operisti minori dell’Ottocento, a cura di Piefranco Moliterni, Graphis, Bari 2008, pp.
102-111.
184
ZOPPELLI Luca, I burattini del Cardinale. Maria di Rohan: spazio privato e drammaturgia del-
l’angoscia (programma di sala), Teatro La Fenice, Venezia 1999, pp. 57-58.
Lettere inedite di Lillo sono conservate in I-Fn (fondo Lanari), I-Nc, I-Vlevi,
Discografia
Romanza Invan tentai di David harper pf. con Nuccia CD Opera Rara ORR219
spegnere (1843) e La Focile, Donata D’Annunzio
camelia (1844) sta in Sibilo Lombardi, Ildebrando
D’Arcangelo, Paul Charles
Clarke / 2002
Risorse on-line
Il sito www.internetculturale.it (contenuti digitali) offre la possibilità di effettuare downloa-
ds gratuiti delle seguenti partiture di Lillo: Caterina Howard, Delfina, Cristina di Svezia,
La gioventù di Shakspeare, Lara, Odda di Bernaver, Il Conte di Chalais, La moglie per
24 ore, Il giojello, Il figlio della schiava.
Su Google.books sono presenti numerosi articoli inerenti all’attività di Lillo; si segnalano:
«Allgemeine Musikalische Zeitung», n. 52, dicembre 1836, col. 869; n. 11, marzo 1840,
col. 230-231; n. 33, agosto 1841, col. 668; «Poliorama Pittoresco», 13, del 9 novembre 1839,
p. 122 (contiene il sonetto di Francesco Spinelli Al signor Giuseppe Lillo per la sua musica
il Conte di Chalais); «Rivista Contemporanea», Unione tipografica editrice, Torino 1861,
vol. 24, anno nono, p. 469 (dove si dà notizia della follia che ha ottenebrato il maestro);
«Teatri Arti Letteratura», anno 18, n. 874, tomo 34, 19 novembre 1840.
Opere drammatiche
1. La moglie per 24 ore, ossia L’ammalato di buona salute, commedia buffa in due atti
di Andrea Passaro, Napoli, Teatro del Real Collegio di Musica, carnevale 1834 (I-
Nc*).
2. Il gioiello, dramma per musica in due atti n.n., Napoli, Nuovo autunno 1835 (I-Nc*)
\ FI Pergola autunno 1837.
3. Odda di Bernaver, opera seria in due atti di Emanuele Bidera, NA S. Carlo, inverno
1837 (I-Nc*) \ MI Scala primavera 1840.
4. Rosmunda in Ravenna, tragedia lirica in due atti di Luisa Amalia Paladini, VE Fenice,
26 dicembre 1837 (ed. a stampa in I-Vnm).
5. Alisia di Rieux, opera semiseria di Gaetano Rossi, Roma, Argentina, primavera 1838.
6. La modista, opera semiseria in due atti n.n., FI Pergola, 9 maggio 1839.
7. Il Conte di Chalais, melodramma tragico in tre atti di Salvatore Cammarano, NA S.
Carlo, ottobre 1839 (partitura in I-Nc*).
8. Le disgrazie di un bel giovane, ossia Il zio e il nipote, opera giocosa in due atti di
Leopoldo Tarantini, FI Pergola, primavera 1840.
9. Le nozze campestri, farsa in un atto di Giovanni Schmidt, con Cordella-Puzone-
Sarmiento, NA S. Carlo, 30 maggio 1840 (partitura in I-Mc).
185
10. L’osteria di Andujar, azione comica in tre atti di Leopoldo Tarantini, NA Fondo 30
settembre 1840 (partitura in I-Nc*) \ MI teatro Re 1845.
11. Cristina di Svezia, tragedia lirica in tre atti di Salvatore Cammarano, NA S. Carlo 21
gennaio 1841 (partitura in I-Nc*).
12. Lara, tragedia lirica in due atti di Leopoldo Tarantini, NA S. Carlo carnevale 1842
(partitura in I-Nc*).
13. Il cavaliere di San Giorgio, ossia Il mulatto, opera semiseria in due atti di Jacopo
Ferretti, TO Carignano autunno 1846.
14. Caterina Howard, melodramma tragico in quattro atti di Giorgio Giachetti, NA S.
Carlo 26 settembre 1849 (partitura in I-Nc*).
15. La Delfina, opera semiseria in tre atti di Marco d’Arienzo, NA Nuovo 5 marzo 1850
(partitura in I-Nc*).
16. La gioventù di Shakespeare, ossia Il sogno d’una notte estiva, commedia lirica in tre
atti di Giuseppe Sesto Giannini, NA Nuovo 29 dicembre 1851 (partitura in I-Nc*).
17. Ser Babbeo, opera semiseria in tre atti di Emmanuele Bardare, NA Nuovo 8 maggio
1853 (partitura in I-Nc*).
18. Il figlio della schiava, dramma lirico in tre atti di Giuseppe Sesto Giannini, NA Fondo
9 luglio 1853 (partitura in I-Nc*).
Alessandro Macchia
186
FRANCESCO LOTORO
Barletta, 28 novembre 1964
Cronologia
Francesco Lotoro nasce a Barletta il 28 novembre 1964. Dopo aver conseguito nel
1987 il diploma di Pianoforte presso il Conservatorio di Musica “Niccolò Piccinni”
sezione staccata di Monopoli (oggi Conservatorio di musica “Nino Rota”), si trasfe-
risce a Budapest dove si perfeziona con Kornel Zempleni presso l’Accademia “Franz
Liszt” e successivamente con Viktor Merzhanov, Tamas Vasary e Aldo Ciccolini. Ben
presto il suo interesse musicale si indirizza verso un repertorio insolito e nel 1992
incide le Sonate per pianoforte di Boris Pasternak e Ferruccio Busoni e brani pia-
nistici di Friedrich Nietzsche e Federico Garcia Lorca, dedicandosi poi alla non
facile ricostruzione musicale e letteraria del Weihnachtsoratorium per Soli, coro e
pianoforte dello stesso Nietzsche (eseguito e inciso sia con il Coro della Radio
Svizzera Italiana che con l’Ars Cantica Choir). Nel 1996, dopo averne commissio-
nato la traduzione, incide in prima assoluta la versione italiana dell’opera Brundibár
di Hans Krása. Interessato alla letteratura pianistica prodotta durante gli eventi più
drammatici del Novecento, a trent’anni dall’occupazione della Cecoslovacchia (1968-
1998), registra ed esegue a Praga tutte le opere pianistiche e cameristiche scritte da
Alois Pinos, Petr Pokorny, Petr Eben e Miloslav Istvan a seguito dei fatti che posero
fine alla storica Primavera di Praga. Negli anni successivi trascrive per due pianoforti
e registra la Musikalisches Opfer, i Concerti Brandeburghesi, la Deutsche Messe
e i 14 Canoni BWV1087 di Bach. Unanimemente considerato la massima autorità nel
campo della letteratura musicale concentrazionaria, sta incidendo in quarantotto
CD-volumi l’Enciclopedia discografica KZ Musik (Musikstrasse Roma-Membran
Hamburg), contenente l’intera produzione musicale composta nei campi di concen-
tramento d’Europa, Africa Settentrionale e coloniale, Asia e Oceania durante la
seconda guerra mondiale. È l’unico pianista al mondo ad aver eseguito e inciso la
monumentale Sinfonia n. 8 di Erwin Schulhoff per pianoforte (scritta nel Campo di
internamento di Wuelzburg) e le difficilissime partiture pianistiche del Don Quixote
tanzt Fandango di Viktor Ullmann (scritta a Theresienstadt) e del Nonet di Rudolf
Karel (scritta a Pankràc Praha). Nel 2003 compone l’opera Misha e i Lupi, rappre-
sentata il 25 gennaio 2005 al Teatro “Umberto Giordano” di Foggia, e nel 2006 la
Suite ebraica Golà per cantore e orchestra, eseguita dal Collegium Musicum al
Kursaal Santa Lucia di Bari. Attualmente sta completando il Dizionario della Let-
teratura Musicale Concentrazionaria. È docente di Pianoforte principale presso il
Conservatorio “U. Giordano” di Foggia.
Bibliografia
(DEUMM)
CANDIDO Paolo - LOTORO Francesco, Fonte di ogni bene: canti di risvaglio ebraico composti dal
1930 al 1945 a Sannicandro Garganico, Rotas editrice, Barletta 2009.
LOTORO Francesco - TIRITIELLO Grazia, Quaderno di storia concentrazionaria: gli ebrei nel Terzo
Reich, Rotas editrice, Barletta 2004.
NATOLI Cesare, Nietzsche musicista: frammenti sonori di un filosofo inattuale, L’Epos, Palermo
2007.
OLIVERI Dario, Hitler regala una città agli ebrei: musica e cultura nel ghetto di Theresienstadt,
L’Epos, Palermo 2008.
Opere drammatiche
Cronologia
inni e composizioni di vario genere. Al 1936 risale infatti, la fantasia lirica Fatma
composta su libretto di Giovanni Semerano, a celebrare le prime fasi del colonia-
lismo italiano in Libia. In questi anni il compositore collabora nuovamente con
Tito Schipa che torna ad Ostuni in svariate circostanze, come dimostrano la
romanza Sull’ali del 1935 e una Ninna Nanna del 1938. Copiosa è la produzione
di musica sacra di questo periodo e scritta su commissione, che probabilmente gli
assicurerà le entrate necessarie per il sostentamento non più garantite dalla remu-
nerativa attività di direzione bandistica. Questa occupazione gli assicura la pos-
sibilità di dedicarsi ai generi musicali che sente più congeniali alla sua espressione
artistica. Risale, infatti, al 1939 il bozzetto lirico Dante in Santa Croce del Corvo;
inoltre egli si dedica intensamente anche alla composizione di musica da camera
destinata ai suoi allievi, a diversi circoli musicali come il Circolo Madrigalistico
Leonardo Leo di San Vito dei Normanni, a convitti come quello dei Fanciulli
Gracili Orfani di Milano, e, infine, ai salotti delle famiglie più in vista delle
province pugliesi. Sarà, paradossalmente la musica sacra a portare la fama del
musicista oltre i confini regionali: nel 1943 verrà eseguita una sua imponente
Messa a 3 voci nella chiesa S. Petronio a Bologna. Nell’ultimo periodo Macchitella
sembra dedicare più attenzioni anche alla musica popolare e folcloristica tanto da
musicare i versi in vernacolo di alcuni poeti locali e dedicare una raccolta di
Stornelli Ostunesi al critico musicale Vito Raeli. A questo filone appartiene il
bozzetto lirico in due quadri La morte di Carnealu su libretto di Domenico Colucci
composto nel 1945 e allestito ad Ostuni nello stesso anno. Questo bozzetto lirico
può in effetti essere considerato l’ultimo lavoro destinato ad un grande pubblico
in quanto dal 1946 Macchitella si dedicherà esclusivamente alla composizione di
romanze, pezzi brevi per pianoforte e per piccole formazioni da camera.
Il nome di Alfredo Macchitella è passato alla storia della musica per la sua
attività legata alla composizione e alla direzione di banda. Poco si è indagato
invece sulla produzione di musica sacra e di musica da camera e operistica. Inoltre,
la mancanza di studi e di fonti in ambito musicologico riguardanti questo tipo di
produzione viene solitamente surrogata da una ricerca volta alla raccolta e all’os-
servazione critica di cronache dell’epoca e di corrispondenze epistolari, parallela
all’analisi di partiture manoscritte e a stampa rinvenute in diversi fondi bibliogra-
fico-musicali, che lasciano trasparire un riflesso di quelle che erano le consuetudini,
i luoghi e i contesti dell’Italia meridionale in cui si praticava il genere operistico
e cameristico. Il fondo bibliografico-musicale più consistente per studiare Mac-
chitella è quello del Conservatorio «Niccolò Piccinni» di Bari, mentre altri do-
cumenti sono conservati presso gli archivi dell’Istituto «Vittorio Emanuele II» di
Giovinazzo, della Fondazione «Ribezzi-Petrosillo» di Latiano e della Diocesi di
Ostuni. Dallo studio dei manoscritti ritrovati emerge che Macchitella trova più
congeniali alla sua indole le composizioni cameristiche, in particolare vocali, che
nella loro brevità racchiudono tutta la sua poetica musicale. Infatti, nonostante i
suoi interessi verso il teatro d’opera, i lavori operistici sembrerebbero occasionali
e legati a determinati contesti e situazioni, probabilmente connessi alla possibilità
192
di allestimento. Ad eccezione del suo ultimo bozzetto lirico, non vi sono riscontri
certi per quel che riguarda gli allestimenti, segno della scarsa risonanza che i suoi
lavori hanno avuto tra i coevi. Tuttavia le numerose indicazioni sceniche e alcuni
chiari riferimenti a luoghi o persone presenti su tutti i manoscritti delle compo-
sizioni operistiche, portano ad individuare la loro genesi e a supporre i contesti
entro i quali siano state messe in scena.
La prima composizione operistica è Miriam, dramma lirico in tre atti, composto
nel 1900 su libretto di Antonio Menotti Buja, poeta e scrittore attivo a Napoli,
presumibilmente allestito nella città partenopea in quello stesso anno. Miriam
risale al periodo napoletano in cui il compositore studia con Oronzo Mario Scarano
con il quale cerca ancora una propria dimensione compositiva. Infatti, questo
dramma lirico risente di una certa scolasticità e ricalca alcuni tòpoi operistici legati
alla tradizione verdiana. Dall’analisi congiunta del libretto e della partitura sem-
brerebbe che sia stato condotto un lavoro a quattro mani in quanto Macchitella
annota con accuratezza ogni minimo cambiamento presumibilmente accordato con
Buja. La composizione di quest’opera, che si articola in tre lunghi atti muovendosi
sullo sfondo di una storia d’amore tragico, è caratterizzata essenzialmente da uno
stile ancora immaturo nel quale egli resta imbrigliato nella rete di regole scola-
stiche per quel che riguarda il trattamento delle voci dei personaggi principali,
i cui concertati non si sviluppano appieno, mentre del tutto convenzionale è il coro,
che si muove generalmente con un andamento accordale e viene utilizzato prin-
cipalmente per rappresentare le masse e commentare i momenti salienti di alcune
scene. In alcuni punti, inoltre, Macchitella per sopperire alla semplicità delle linee
vocali affida all’orchestra il compito di descrivere situazioni ed emozioni attra-
verso espedienti strumentali e armonici meticolosamente indicati sulle parti
manoscritte. Tuttavia il giovane compositore, pur restando ancorato ad una scrittura
vocale semplice e lineare, mostra nelle arie affidate alle voci dei protagonisti la
propensione all’introspezione psicologica che caratterizzerà alcune romanze per
voce e pianoforte. Di carattere diverso risultano i lavori risalenti al periodo
giovinazzese allestiti nel teatro del Real Ospizio e interpretati con tutta probabilità
dagli allievi della Scuola di Musica, che mostrano un impianto più semplice e
scorrevole, adatto al pubblico e agli interpreti cui sono destinati. L’atto unico Albe
fiorite, la cui partitura è affiancata dal libretto manoscritto di autore ignoto, celebra
l’istituzione giovinazzese e la magnanimità del suo direttore e dei suoi collabo-
ratori, che si celano dietro situazioni e nomi fittizi. Infatti, pur non conoscendo
l’anno esatto di composizione è possibile risalire alla collocazione temporale di
quest’opera sia attraverso i riferimenti ai personaggi gravitanti in quegli anni
intorno al Real Ospizio sia attraverso l’analisi dell’organico orchestrale, desumi-
bile dalla partitura in forma ristretta pervenutaci, nella quale si individuano gli
strumenti presenti a quel tempo nell’istituto. Preponderante, inoltre, è l’utilizzo
del coro impiegato per aprire, commentare e chiudere l’atto. L’impianto scorrevole,
la semplicità degli intrecci vocali e l’andamento accordale confermano ancora una
volta la destinazione di questo lavoro che con tutta probabilità non oltrepassa le
mura dell’istituzione giovinazzese. Queste stesse caratteristiche contraddistinguo-
no l’atto unico Il Cantastorie, composto nel 1914, che al suo interno racchiude
anche due danze, per le quali è possibile supporre un allestimento coreografico.
Si presenta, invece, più organico e completo, Il Mutilato, del 1919, bozzetto lirico
193
Bibliografia
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Opere drammatiche
FRANCESCO MAGLIOCCO
Manfredonia (FG), 17 ottobre 1880 - New York, post 1926
Cronologia1
1
Desidero esprimere un sincero ringraziamento al dottor Antonio Tomaiuoli per il gentile aiuto nel rinvenimento
dell’esatto riferimento anagrafico nel libro dei Battesimi (XXXVIII-309) presso la Cattedrale di Manfredonia e nel
Registro Unico delle nascite del 1880 (atto n. 306) presso l’Ufficio di Stato Civile di Manfredonia. I documenti
conservati presso l’Archivio Capitolare della cattedrale di Manfredonia non sono di agevole accesso. Le ricerche
commissionate dallo scrivente al reverendo Rapaglia presso l’archivio della Our Lady of Mount Carmel Church di
New York non hanno avuto esito positivo.
196
A partire dai primi anni ’10 Magliocco si adoperò per la diffusione a New York
delle composizioni di Michele Bellucci; in una lettera risalente al 12 novembre
1912 egli riferì di una sua esecuzione della Messa di Requiem che riportò ampio
successo di critica ed acceso sinceri entusiasmi presso gli esecutori; così pure in
un’altra lettera a Bellucci del 14 settembre 1913 Magliocco ne descriveva un’ese-
cuzione presso la sala Bedford Park 202th St. con il concorso di duecento musicisti.
Nel primo dopoguerra ebbe modo di collaborare strettamente con il baritono Alfredo
Cibelli, con Nathaniel Shilkret (New York, 25 dicembre 1889 - 18 febbraio 1982),
che dal 1915 faceva parte del Dipartimento Esteri della Victor Talking Machine
Company (la futura RCA Victor) e con Rosario Bourdon (6 marzo 1885 - 24 aprile
1961) violoncellista dal 1909 per la Victor Talking Machine Company, con i quali
ebbe modo di realizzare diverse incisioni discografiche. Il 12 gennaio del 1916
diresse presso la storica Tammany Hall (East 14th Street) un concerto di beneficenza
per le famiglie dei soldati chiamati in guerra, preceduto da un discorso di Ferdinan-
do Parri. Più tardi anche la cantante signora Angelina Baccaro-Marrese promosse
un concerto a beneficio dei profughi e dei mutilati di guerra, presso la Carnegie Hall;
del comitato esecutivo e di patronato faceva parte tra gli altri anche il rev. prof.
Magliocco. Mrs. Kenneth J. Muir fu promotrice dell’International Musical Festival
Chorus con una sezione dedicata a brani «of foreign born citizens and their descen-
dants»; il direttore musicale della sezione italiana era il “well known musical
Prelate” Francesco Magliocco che rese possibile la presentazione il 17 aprile del
1918 presso la stessa Carnegie Hall di un concerto di sole composizioni italiane per
coro e orchestra sia di repertorio ottocentesco sia di recente creazione. Nel giugno
del 1919 organizzò un Concerto della Vittoria dato all’Harlem River Casino (127th
Street and Second Avenue) con un entusiastico successo. Nel settembre del 1919 il
coro di bambini della chiesa di Our Lady of Mt. Carmel da lui diretto omaggiò
Monsignor Raffaele Casimiri in visita a New York con il coro pontificio. Magliocco
divenne consigliere della “Lega Musicale Italiana” nel gennaio del 1920. Nell’apri-
le del 1921 i suoi cori suscitarono ammirazione in occasione della visita dell’Am-
basciatore italiano di Washington. Nel maggio del 1921 egli venne apertamente
elogiato dalle colonne de «Il Carroccio», la rivista diretta da Agostino de Biasi “di
coltura, propaganda e difesa italiana in America” che così scriveva: «Abbiamo in
colonia, nel rev. D. Francesco Magliocco, un musicista di razza, inspirato, colto,
appassionato d’arte, splendido tipo dell’anima italiana che trae dai penetrali della
genialità il segreto di render bella ogni sua manifestazione. Il pubblico ha potuto
avere in questi giorni la riprova della versatilità di talento di questo giovane
sacerdote-musicista, applaudendo due suoi lavori in un atto: Bambola vivente e
Lacrime e pentimento. Librettista di entrambi, il rev. Severino Focacci. - L’esecu-
zione fu data all’Hunt’s Point Palace [Southern and 163rd Street], con la coopera-
zione del rinomato Coro di Belmont che il maestro Magliocco ha organizzato e
dirige, suscitando la lode generale. Il cospicuo uditorio gustò con segni palesi di
ammirazione la musica del Magliocco, lasciandosene penetrare. Come compositore
il Magliocco è destinato a raccogliere gli stessi allori che ha meritamente mietuto
come filarmonico competente e come elegante scrittore di critica musicale».
Una sua Messa da Requiem inedita venne eseguita nel corso di una funzione
solenne in suffragio del Milite Ignoto Italiano tenuta il 4 novembre 1921 nella
Cattedrale di San Patrizio, alla presenza dei Delegati Italiani alla Conferenza del
197
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Cronologia
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Opere drammatiche
Linda Cimardi
200
SAVERIO MERCADANTE
Altamura (BA), 17 settembre 1795 - Napoli, 17 dicembre 1870
Cronologia
torna al genere buffo, e nello stesso anno assume l’incarico di direttore musicale
presso il Teatro S. Carlo, carica che manterrà fino al 1856. Risale al 1845 Il
vascello di Gama, l’opera mercadantiana forse più vicina alla concezione del
grand-opéra, mentre un grande successo riscuote Orazi e Curiazi, melodramma di
argomento classico e dalla costruzione monumentale. Un viaggio tra Venezia,
Trieste e Milano, risalente al 1847-48, è occasione per la commissione de La
schiava saracena, unica opera mercadantiana su libretto di Piave, rappresentata
alla Scala di Milano nel dicembre del 1848. La scelta del soggetto di Virginia,
dramma la cui protagonista eponima guida la rivolta che conduce all’istituzione
del tribunato della plebe, deriva, con ogni probabilità, dalla volontà di reazione
all’abolizione, nel 1849, della costituzione, solo da pochi mesi concessa, da parte
di Ferdinando II di Borbone. Tutto ciò, unitamente al rifiuto opposto dal compo-
sitore a qualunque modifica di ambientazione e di situazioni, determina il ritiro
dell’opera dalle scene per volere della censura; il lavoro vedrà la luce solo a
unificazione avvenuta, nel 1866. Il progetto per un nuovo viaggio a Parigi e per
la composizione di un’opera da rappresentarsi all’Opéra, ventilato in questo scorcio
degli anni ’40, non trova infine realizzazione. Nel 1852 Mercadante è nominato
ispettore delle bande militari reali. L’ultima opera mercadantiana, Pelagio, è
rappresentata al S. Carlo nel 1857. Gli anni successivi sono dedicati esclusiva-
mente alla musica strumentale, a quella sacra e alla composizione di romanze e
canzoni. Nel 1859 al compositore vengono commissionate le musiche per l’inco-
ronazione e il matrimonio di Francesco II. Nel 1862 Mercadante rimane comple-
tamente cieco, menomazione che gli impone di lasciare la direzione del S. Carlo
e che aveva nuovamente assunto in seguito all’unità d’Italia (ma non quella del
Conservatorio). Tale grave menomazione fisica è all’origine de Il lamento del
bardo, poema sinfonico di carattere autobiografico. La volontà di tornare al
melodramma è stroncata dalla morte: il compositore lascia incompiuta al Finale
del I atto Caterina di Brono, l’opera su libretto postumo di Cammarano alla quale
stava lavorando.
Il declino della fortuna di Mercadante comincia già all’indomani della sua morte.
Una serie di concause hanno condotto alla scomparsa pressoché totale del patri-
monio operistico mercadantiano dalle scene internazionali fin dagli ultimi decenni
del XIX secolo, e assolutamente sparute possono considerarsi le messe in scena
attuatesi nel XX nonostante l’attenzione che, a partire dal 1970, anno del cen-
tenario della morte, la musicologia ha progressivamente dedicato al compositore
di Altamura. Solitamente si fa risalire la causa prima di questo oblio al “tradi-
mento” di Francesco Florimo, grande amico e collaboratore del compositore mentre
questi era in vita e proprio per tal motivo dotato di ampia credibilità; Florimo infatti
ne La scuola musicale di Napoli e i suoi conservatorii (1881) ne traccia un ritratto
postumo niente affatto lusinghiero. Tale giudizio sarà seguito, nel corso degli anni,
da valutazioni che, spesso non corroborate da alcun contatto diretto con le partiture,
contribuiranno a diffondere l’immagine di un compositore superficiale, incolto e
grossolano. Tutto ciò, unitamente al mancato contatto di pubblico e artisti con la
203
musica mercadantiana, creerà una distanza con il compositore che gli studi più
recenti, attraverso la ricerca documentaria e l’analisi delle partiture, stanno cer-
cando di colmare.
Gli inizi della drammaturgia mercadantiana sono legati a filo doppio alla
cultura napoletana del ‘700: l’insegnamento di Zingarelli mirava alla formazione
di musicisti che se da un lato dovevano essere conoscitori della più recente cultura
strumentale europea del tempo, dall’altro dovevano rimanere fedeli alla tradizione
operistica napoletana e chiusi alle più recenti innovazioni rossiniane. Il successo
di un’opera come Elisa e Claudio (1821) nasceva anche dal suo essere erede diretta
della Cecchina piccinniana e, ancor più, del cimarosiano Matrimonio segreto. Il
discrimine rispetto a un atteggiamento più aperto alla contemporaneità va cercato
nel soggiorno viennese del 1824, in seguito al quale il compositore mostra una
maggiore disponibilità a indagare il modello rossiniano, mettendo già tuttavia in
discussione le convenzioni formali e manifestando una buona padronanza nella resa
psicologica dei personaggi. Tutto ciò è in linea con una ricerca drammaturgica che
in questo momento è già in corso: un’opera come Caritea, regina di Spagna,
caratterizzata da un buon livello di analisi psicologica e da un’interessante lettura
dei conflitti interiori che turbano i personaggi, rappresenta una tappa significativa
nell’ambito del percorso che condurrà il compositore alle soglie della maturità.
Da più parti si è sottolineato come il ricorso a libretti metastasiani (si pensi a
Didone abbandonata, Ezio, Adriano in Siria, Ipermestra) non fosse coerente con
le più recenti elaborazioni degli anni ’20; ma è pur vero (cfr. RUSSO 2003), che
l’utilizzo di tali testi si inseriva in una temperie culturale mirante all’utilizzo di
poesia di alta qualità in un’epoca in cui ancora il panorama librettistico italiano
non offriva sicuri punti di riferimento, fermo restando l’adattamento dei libretti
del poeta cesareo alla più moderna drammaturgia ottocentesca attraverso la tra-
sformazione di alcune arie in pezzi a più voci e mediante l’inserimento di cori
e concertati.
La permanenza nella penisola iberica, e soprattutto l’attività di direttore delle
stagioni d’opera di Lisbona e di Madrid, posero il compositore in una posizione
privilegiata che gli consentì di respirare l’aria di novità proveniente dall’Italia:
la rappresentazione di alcune delle più recenti produzioni belliniane rappresentò
un importante momento di riflessione le cui conseguenze sono ben leggibili sia
nella Francesca da Rimini, composta su un preesistente libretto di Romani, non
a caso opportunamente modificato, sia in Zaira, opera realizzata, al rientro in Italia,
sullo stesso libretto romaniano già utilizzato da Bellini ma caratterizzata da un
linguaggio originale che si sostanzia in una particolare concisione della scrittura
e in una singolare organizzazione della forma, oltre che in un trattamento armonico
e coloristico dell’orchestra e nella ricerca di particolari effetti drammatici che
lasciano intuire gli sviluppi dell’immediato futuro.
Tutto ciò rivela come I Normanni a Parigi, spesso considerata l’opera che
inaugura una nuova epoca nella drammaturgia mercadantiana, rappresenti in realtà
un’ulteriore tappa all’interno di un percorso evolutivo già da tempo avviato e
destinato ad arricchirsi con i lavori degli anni successivi, all’interno dei quali sarà
spesso possibile riscontrare la ferma volontà di sviluppare una continuità dram-
maturgica che inganni l’alternanza tra recitativi e pezzi chiusi pur formalmente
mai abbandonata.
204
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Sieghart Döhring, R. Piper GmbH & Co., München 1986-97, IV, 1991, pp. 75-77.
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ZOPPELLI Luca, “Stage Music” in Early Nineteenth-Century Italian Opera, in «Cambridge Opera
Journal», II, 1, 1990, pp. 29-39.
Risorse on-line
Il sito www.internetculturale.it (contenuti digitali) offre la possibilità di effettuare downloads
gratuiti delle partiture custodite presso la biblioteca del Conservatorio di Napoli «S. Pietro
a Majella». Sono altresì scaricabili gratuitamente dalla stessa sezione del sito numerosi
spartiti e partiture contenenti musica sinfonica, sacra, da camera, cantate, brani d’opera,
romanze, pezzi celebrativi, tracce di concorso, esercizi didattici. Su Google books sono
presenti numerosi libretti di opere mercadantiane, unitamente a recensioni e saggi prodotti
tra il XIX e il XXI secolo riguardanti, a vario titolo, la figura e l’opera di Saverio Mercadante.
Edizioni
– Italian Opera 1810-1840: printed editions of complete operas and excerpts by contem-
poraries of Rossini, Bellini and Donizetti, Garland Publishing, New York-London, 1985-
1989 (L’Apoteosi d’Ercole, vol. XIV, 1985; Elena da Feltre, vol. XX, 1985; Il Giura-
mento, vol. XVIII, 1986; La Vestale, vol. XXII, 1986; Elisa e Claudio, vol. XIV, 1989;
Il Bravo, vol. XXI, 1989).
– Il Bravo, Elibron Classics, New York 2003 (canto e pianoforte).
– Donna Caritea, Elibron Classics, New York 2002 (canto e pianoforte).
– Il Giuramento, Elibron Classics, New York 2002 (canto e pianoforte).
– I Normanni a Parigi, Elibron Classics, New York 2003 (canto e pianoforte).
– La Vestale, Elibron Classics, New York 2002 (canto e pianoforte).
– Le sette ultime parole di Nostro Signore sulla croce, Kessinger Pub Llc, Whitefish 2010.
Discografia
Amleto: Finale I “Qui fu Parry 1988-1993 Opera Rara 1994 [ORCH 104]
commesso, o popoli” in
A Hundred Years of Italian
Opera 1820-1830
212
Virginia: Aria di Appio “Ah! Parry 1994-1997 Opera Rara 1997 [ORR 202]
Tant’oltre non credea” in Bruce
Ford: Romantic Herpes
Virginia: Corteo al tempio di Magone 1970 Melodram 1991 [CDM 27099]
Imene
Virginia: “Paventa insano gli Parry 2006 Opera Rara 2006 [OR 236]
sdegni miei” in Paventa insano
Zaira - Selezione Parry 2002 Opera Rara 2003 [ORR 224]
Zaira: Duetto “Io troverò 1972 [UORC 126]
nell’Asia” in Opera rara
Recital TWO
Mercadante rediscovered Parry 2003 Opera Rara 2003 [ORR226]
(brani tratti da Virginia, Zaira,
Emma d’Antiochia, Gabriella
di Vergy, Orazi e Curiazi)
Primo disco antologico, edito a Brizio 1968
cura dell’Associazione “Saverio
Mercadante”, con brani da Il
Giuramento, La Vestale (Scena
ed invettiva di Metello), Orazi
e Curiazi, Il Reggente
Secondo disco antologico, edito Brizio 1971
a cura dell’Associazione “Saverio
Mercadante”, con brani da Elisa
e Claudio, I Briganti, Il
Giuramento, Il Reggente
Saverio Mercadante: Sinfonie Frontalini 1994 Bongiovanni 1994 [GB 2144-2, anche
da opere (Sinfonie di Elena da EJS 570]
Feltre, Nitocri, I Normanni a
Parigi, Il Reggente, La Schiava
Saracena, Gli Sciti)
Le sette ultime parole di Nostro Scapin 1995 Bongiovanni 1995 [BON 2188]
Signore
Parola quinta dalle Sette Parole Adler 1968 Decca [SXL 336781] poi 2007 [DEC
(“Qual giglio candido”) in O 4758383]
Holy Night
5. Scipione in Cartagine, melodramma serio in due atti di Jacopo Ferretti, Roma Argen-
tina 26 dicembre 1820 (partiture in I-Fc, I-Mr, US-CA* US-Wc) \ MI 1821.
6. Maria Stuarda regina di Scozia/ Maria Stuart, dramma serio in due atti di Gaetano
Rossi (?), BO Comunale 29 maggio 1821 (partitura in F-Pn, I-Mr).
7. Elisa e Claudio, ossia L’amore protetto dall’amicizia, melodramma semiserio in due
atti di Luigi Romanelli, MI Scala 30 ottobre 1821 (partitura in B-Bc, D-Bsb, F-Pn,
GB-Lbl, I-Bc, I-Bsf, I-Fc, I-Mc, I-Mcom, I-MAC, I-Mr*, I-Nc, I-OS, I-PAc, I-PESc,
I-Rsc, US-Bp, US-Wc) \ MI 1821-1822; Parigi 1823.
8. Andronico, melodramma tragico in due atti di Dalmiro Tindario (pseudonimo di
Giovanni Kreglianovich), VE Fenice 26 dicembre 1821 (parti in I-Nc; I-OS) \ MI 1821-
1824.
9. Il posto abbandonato, ossia Adele ed Emerico, melodramma semiserio in due atti di
Felice Romani, MI Scala 21 settembre 1822 (partitura in I-Mc, I-Mr*) \ MI 1823;
revisionata per Madrid Príncipe autunno 1826; revisionato per Lisbona S. Carlos 18
giguno1828 (partitura in I-Nc).
10. Alfonso ed Elisa, melodramma serio in due atti n.n., MN Nuovo 26 dicembre 1822;
come Aminta ed Argira, RE Pubblico 23 aprile 1823 (parti in I-Gl, I-Nc, I-OS).
11. Amleto, melodramma tragico in due atti di Felice Romani, MI Scala 26 dicembre 1822
(partitura in I-Mc, I-Mr*).
12. Didone abbandonata, dramma per musica in due atti da Pietro Metastasio, TO Regio
18 gennaio 1823 (partitura in F-Pn, I-Fc, I-Nc, I-PAc, I-Tco, US-Wc) \ MI 1823;
revisionato per NA S. Carlo 31 luglio 1825 (partitura in I-Nc*).
13. Gli Sciti, dramma per musica in due atti di Andrea Leone Tottola, NA S. Carlo 18
marzo 1823 (partitura in I-Nc) \ MI 1823-1824.
14. Costanzo ed Almeriska, dramma per musica in due atti di Andrea Leone Tottola, NA
S. Carlo 3 settembre 1823 (partitura in I-Nc) \ NA ?1824.
15. Gli amici di Siracusa, melodramma eroico in due atti di Jacopo Ferretti, Roma
Argentina 7 febbraio 1824 (parti in I-Rsc).
16. Doralice, melodramma in due atti n.n. da Les troubadours, Vienna Kärntnertortheater
18 settembre 1824 (parti in I-Nc*).
17. Le nozze di Telemaco ed Antiope, azione lirica di Calisto Bassi, Vienna Kärntnertor-
theater 5 novembre1824, in collaborazione con altri autori (parti in D-Bsb*).
18. Il podestà di Burgos, ossia Il signore del villaggio, melodramma giocoso in due atti
di Calisto Bassi, Vienna Kärntnertortheater 20 novembre 1824 (partitura in F-Pn, I-
Nc) \ come Il signore del villaggio NA Fondo 28 maggio 1825 (in dialetto napoletano);
come Eduardo ed Angelica NA Fondo 1828 (partitura in I-Nc).
19. Nitocri, dramma per musica in due atti da Apostolo Zeno, TO Regio 26 dicembre 1824
(partitura in I-Tco*) \ MI 1826.
20. Les noces de Gamache, opéra bouffon in tre atti di Jean Henry Dupin e Thomas
Sauvage, Parigi Odéon 9 maggio 1825.
21. Erode, ossia Marianna, dramma tragico in due atti di Luigi Ricciuti, VE Fenice 27
dicembre 1825 (partitura in I-Nc*, I-Vlevi).
22. Ipermestra [I], dramma tragico in due atti di Luigi Ricciuti, NA S. Carlo 29 dicembre
1825 (partitura in I-Nc*).
23. Caritea, regina di Spagna, ossia La morte di Don Alfonso re di Portogallo/Donna
Caritea, melodramma serio in due atti di Paolo Pola, VE Fenice 21 febbraio 1826
(partitura in B-BC, F-Pn, GB-T, I-Bc, I-Fc, I-Mc, I-Nc, I-PAc, I-Vlevi, US-Wc) \ MI
1827; Parigi s.d.
216
24. Ezio, dramma per musica in due atti da Pietro Metastasio, TO Regio 2 febbraio1827
(partitura in I-Tc) \ MI 1827.
25. Il montanaro, melodramma comico in due atti di Felice Romani, MI Scala 16 aprile
1827 (sinfonia in I-Bc).
26. La testa di bronzo, ossia La capanna solitaria, melodramma eroicomico in due atti di
Felice Romani, Lisbona teatro privato del Barone di Quintella a Laranjeiras 3 dicembre
1827 (partitura in GB-Lbl, I-Mc, I-Nc) \ Parigi 1828.
27. Adriano in Siria, dramma eroico in due atti da Pietro Metastasio, Lisbona S. Carlos 24
febbraio 1828 (partitura in I-Nc).
28. Gabriella di Vergy, dramma tragico in due atti di Andrea Leone Tottola, Lisbona S.
Carlos 8 agosto 1828 (partitura in I-Mc, I-Nc); revisionato da Emanuele Bidera per GE
Carlo Felice 16 giugno 1832 (partitura in I-Mr*, I-Nc) \ MI 1833; NA s.d.
29. Ipermestra [II], dramma eroico in due atti da Pietro Metastasio, Lisbona S Carlos 29
settembre 1828 (partitura in I-Nc); revisionato per GE Carlo Felice 26 dicembre 1832
(partitura in F-Pn, I-Mr*).
30. La rappresaglia, melodramma buffo in due atti di Cesare Sterbini, Cadice Principal 21
febbraio 1829 (partitura in I-Nc, US-Wc).
31. I due Figaro, melodramma buffo in due atti di Felice Romani, 1826 ma prima
rappresentazione Madrid Principe 26 gennaio 1835.
32. Don Chisciotte alle nozze di Gamaccio, melodramma giocoso in un atto di Steffano
Ferrero, Cadice Principal carnevale 1829-30 (partitura in I-Nc).
33. Francesca da Rimini, melodramma in due atti di Felice Romani, Madrid 1830-31
(partitura in I-Bc*).
34. Zaira, melodramma tragico in due atti di Felice Romani, NA S. Carlo 31 agosto 1831
(partitura in I-Nc*, I-Rsc) \ MI 1831.
35. I normanni a Parigi, tragedia lirica in quattro atti di Felice Romani, TO Regio 7 febbraio
1832 (F-Pn, I-Bc, I-Fc, I-Nc, I-OS, I-Rsc*, I-Tc*, US-Bp) \ MI 1832.
36. Ismalia, ossia Amore e morte, melodramma in tre atti di Felice Romani, MI Scala 27
ottobre 1832 (partitura in A-Wn, I-Mc, I-Mr*) \ MI 1832.
37. Il conte di Essex, melodramma in tre atti di Felice Romani, MI Scala 10 marzo 1833
(partitura in I-Mc, I-Mr*) \ MI 1833.
38. Emma d’Antiochia, tragedia lirica in tre atti di Felice Romani, VE Fenice 8 marzo 1834
(partitura in F-Pn, I-Mc, I-Mr*, I-Nc, I-Vlevi) \ MI 1835.
39. Uggero il danese, melodramma in quattro atti di Felice Romani, BG Riccardi 11 agosto
1834 (partitura in D-Bsb) \ MI 1839.
40. La gioventù di Enrico V, melodramma in quattro atti di Felice Romani, MI Scala 25
novembre 1834 (partitura in I-Mc, I-PAc, I-Mr*) \ MI 1835.
41. Francesca Donato, ossia Corinto distrutta, melodramma in tre atti di Felice Romani,
TO Regio 15 febbraio 1835 (partitura in I-Tc*); revisionato da Salvatore Cammarano
per NA S. Carlo 5 gennaio 1845 (partitura in I-Nc*) \ MI ?1845.
42. I briganti, melodramma in tre atti di Jacopo Crescini, Parigi Italien 22 marzo 1836
(partitura in F-Pn, I-Nc, I-Raf) \ MI 1836; revisionato per MI Scala 6 novembre 1837
(partitura in I-Mc, I-Mr*).
43. Il giuramento, melodramma in tre atti di Gaetano Rossi, MI Scala 11 marzo 1837
(partitura in A-Wn, D-Bsb, D-Mbs, F-Pn, I-CAcon, I-Fc, I-Mc, I-Mr*, I-Nc, I-Nlp, I-
NOVd, I-Rsc, US-Wc) \ MI 1837; Parigi 1859; come Amore e dovere Roma 1839.
217
44. Le due illustri rivali, melodramma in tre atti di Gaetano Rossi, VE Fenice 10 marzo
1838 (partitura in I-Mc, I-Nc, I-Vlevi) \ MI 1838; Leipzig 1840; revisionato per MI
Scala 26 Dicembre 1839 (partitura in I-Mc, I-Nc*, I-Rsc).
45. Elena da Feltre, dramma tragico in tre atti di Salvatore Cammarano, autunno 1837
ma prima rappresentazione NA S. Carlo 1 gennaio 1839 (partitura in I-Fc, I-Mr, I-
Nc) \ MI 1839.
46. Il bravo, ossia La veneziana, melodramma in tre atti di Gaetano Rossi e Marco
Marcelliano Marcello, MI Scala 9 marzo1839 (partitura in A-Wn, D-Bsb, F-Pn, GB-
Lbl, I-Mc, I-Mr*, I-Nc, I-Rsc) \ MI 1839; NA s.d.; Parigi s.d.
47. La vestale, tragedia lirica in tre atti di Salvatore Cammarano, NA S. Carlo 10 marzo
1840 (partitura in I-Fc, I-Mc, I-Mr, I-Nc*, I-PAc, I-VEc) \ MI 1841; Parigi s.d.; come
Emilia Roma autunno 1842; come San Camillo (azione sacra) Roma 1851.
48. La solitaria delle Asturie, ossia La Spagna ricuperata, melodramma in cinque atti
di Felice Romani, VE Fenice 12 marzo 1840 (atto I in A-Wn*; atti II-V in I-Mr*;
partitura I-Vlevi).
49. Il proscritto, melodramma tragico in tre atti di Salvatore Cammarano, NA S. Carlo
4 gennaio 1842 (partitura in I-Nc*) \ MI 1842.
50. Il reggente, dramma lirico in tre atti di Salvatore Cammarano, TO Regio 2 febbraio
1843 (partitura in I-Mr*, I-Nc); revisionato per TS 11 novembre 1843 \ MI 1843; Parigi
s.d.
51. Leonora, melodramma in quattro atti di Marco d’Arienzo, NA Nuovo 5 dicembre 1844
(partitura in F-Pn, I-Mc, I-Mr*, I-Nc)\ MI s.d; Parigi s.d.; come I cacciatori delle
Alpi, MN 1859.
52. Il vascello de Gama, melodramma romantico in un prologo e tre atti di Salvatore
Cammarano, NA S. Carlo 6 marzo 1845 (partitura in I-Mr*, I-Nc) \ MI 1845.
53. Orazi e Curiazi, tragedia lirica in tre atti di Salvatore Cammarano, NA S. Carlo 10
novembre 1846 (partitura in I-Bc, I-Mc, I-Mr*, I-Nc) \ MI 1846; NA s.d.
54. La schiava saracena, ovvero Il campo di Gerosolima, melodramma tragico in quattro
atti di Francesco Maria Piave, MI Scala 26 dicembre 1848; revisionato per NA S. Carlo
29 ottobre 1850; (schizzi in F-Pn*; partitura in I-Mc, I-Mr*, I-Nc, US-NYpm); MI
1849–51.
55. Medea, tragedia lirica in tre atti di Salvatore Cammarano, NA S. Carlo 1 marzo 1851
(schizzi in I-Bc*, partitura in I-Mr*, I-Nc) \ MI 1864?; Roma s.d.
56. Virginia, tragedia lirica in tre atti di Salvatore Cammarano, 1849-1850 ma prima
rappresentazione NA S. Carlo 7 aprile 1866 (schizzi in I-Bc*; partitura in I-Nc*) \
MI 1845?; NA s.d.
57. Statira, tragedia lirica in tre atti di Domenico Bolognese, NA S. Carlo 8 gennaio 1853
(partitura in I-Nc*)\ Parigi 1853; NA s.d.
58. Violetta, melodramma in quattro atti di Marco d’Arienzo, NA Nuovo 10 gennaio 1853;
(partitura in I-Nc*) \ MI s.d.
59. Pelagio, tragedia lirica in quattro atti di Marco d’Arienzo, NA S. Carlo 12 febbraio
1857 (partitura in I-Nc*) \ MI s.d.
60. Caterina di Brono, melodramma in tre atti di Salvatore Cammarano, NA 1869-70,
incompiuta (partitura in I-Nc).
61. Giaele, azione sacra n.n., Lanciano 1841 (partitura in I-Rf) \ Roma 1855.
62. Le sette ultime parole (Le tre ore d’agonia) di Nostro Signore, oratorio n.n., MI 1841.
Giovanni Cassanelli
218
Cronologia
1907-1920. Secondogenito di Lorenzo e Carmela Diana. Al nome di battesimo
di Donato viene presto preferito il diminutivo di Dino ad un bambino che vive
e recepisce appieno gli stimoli culturali e la vivezza di una città come quella barese
d’inizio secolo. A dieci anni è già immerso nello studio del pianoforte con Diana
Antico, mentre don Cesare Franco lo segue nel corso di armonia. A sedici anni,
dopo aver conseguito il diploma magistrale, si trasferisce a Roma per proseguire
gli studi al Conservatorio di S. Cecilia sotto la guida di Oreste de Rubertis, quindi
con Cesare Dobici e Francesco Baiardi. L’improvvisa scomparsa del padre lo
costringe a ritornare a Bari. Ciò non gli impedisce di portare a termine gli studi,
diplomandosi brillantemente in pianoforte a S. Cecilia.
1921-1939. Dopo qualche tempo assume l’incarico di maestro sostituto nel teatro
Petruzzelli, il che gli consente di affiancare, nel lavoro di preparazione, grandi
compositori (Mascagni, Zandonai, Refice) e illustri direttori (Leopoldo Mugnone,
Vincenzo Bellezza, Pasquale La Rotella). Nel giro di pochi anni accumula una
tale esperienza che è in grado di dirigere il repertorio corrente nel corso delle
stagioni liriche programmate al Petruzzelli. La sua preparazione varca i confini
regionali al punto che molti impresari di teatri italiani lo scritturano per l’alle-
stimento delle rispettive stagioni liriche. Nel 1935 compie un’importante tournée
in Norvegia quale sostituto di Issay Dobrowen. In seguito dirige da titolare a
Bruxelles, Anversa e nel Canton Ticino.
1940-1960. Tra il 1940 e il 1941 consegue il diploma in strumentazione per
banda presso il Liceo Musicale di Foggia, quelli in alta composizione e in direzione
d’orchestra al Conservatorio di S. Cecilia di Roma. Il maestro Pasquale La Rotella
lo chiama ad insegnare pianoforte nell’allora Liceo Musicale «Niccolò Piccinni»
di Bari. Nel novembre del 1943 viene assunto dal P.W.B. di Radio Bari in qualità
di direttore dell’orchestra sinfonica. Da gennaio ad agosto del 1944 diventa capo
del servizio artistico della stazione radio. Per alcuni mesi è sul podio del Teatro
Piccinni impegnato nella direzione di alcuni spettacoli lirici e concerti sinfonici
radiotrasmessi e destinati prevalentemente alle truppe anglo-americane. Nel 1945
decide si trasferirsi a Taranto per dirigere il prestigioso Concerto bandistico «Città
di Taranto» che guida fino al 1948 anno in cui riprende l’attività didattica, questa
volta presso il Liceo Musicale «Giovanni Paisiello» del capoluogo ionico, inse-
gnando armonia, teoria e solfeggio per poi passare a composizione.
È anche l’anno in cui compone il suo primo e significativo lavoro, il poema
sinfonico Il monte degl’ulivi che costituisce, nel panorama sinfonico post-bellico,
un raro esempio di recupero dell’essenza narrativa ispirata al tema della Passione,
raramente affrontato, in ambito sinfonico, dai musicisti del Novecento. Una com-
219
retoriche e squarci futuristi», evidenziando tutto l’impegno nel fare teatro musicale
(cfr. SARDI 1972). La premiére sulle scene del teatro Petruzzelli nel 1972 ottiene
un bel successo di pubblico che si rinnoverà in numerosi teatri, non ultimi il teatro
di San Carlo di Napoli (1975) e il teatro Metropolitan di Catania (1977) per la
stagione del Massimo Bellini.
Nel 1977, in occasione del suo settantesimo compleanno, il Comune di Taranto
promuove la prima assoluta della sua terza opera, Il Marchese di Roccaverdina,
tratta dal romanzo di Luigi Capuana. Forte dell’esperienza acquisita in cinquant’anni
di teatro, Milella cerca di sdoganare l’opera tardo-romantica attraverso la cultura
contemporanea senza lasciarsi da questa prevaricare. Ne scaturisce un lavoro
complesso dove, all’impianto tonale, il maestro associa cromatismi, dissonanze,
procedimenti modali, politonali, atonali in una omogeneità stilistica sorprendente.
Non poche le pagine di grande impatto emozionale ripartite nei tre atti dove persino
la vocalità assume connotazioni strumentali in perfetta sintonia con la parte or-
chestrale (cfr. FORESIO 1997).
Raggiunti i limiti di età, viene collocato in pensione ma continua a dirigere
opere e concerti a Bari, Lecce, Taranto, Siracusa.
1981-2002. Nel 1982 sale sul podio per l’ultima volta dirigendo il Marchese
di Roccaverdina al Teatro Romano di Benevento. Nel 1984 l’Unione Musicisti
di Taranto gli conferisce il Premio «Fiore all’occhiello» e nel 1985, per i suoi
cinquant’anni di attività nel campo artistico e dell’insegnamento, il Ministero della
P.I. gli concede la medaglia d’oro e il diploma di prima classe. Nel 1987 diviene
“Paul Harris” del Rotary Club di Taranto, nel 1991 riceve la «Troccola d’argento»
dall’Associazione cultuale «Capital» e il Premio di cultura «Renoir» dall’omo-
nimo centro culturale di Taranto. Nel 1995 la città di Taranto, con delibera del
Consiglio Comunale, gli attribuisce la cittadinanza onoraria. Un riconoscimento
analogo gli era stato conferito nell’87 dalla Città di Mottola.
Bibliografia
(DEUMM)
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positori e catalogo delle opere dal 1800 al 1945. Prefazione di Roberto Leydi, Gazzaniga,
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Adriatica editrice, Bari 1971, pp. 212-214.
–, Ispirazione e sintesi drammatica di “Una storia d’altri tempi”, in «La Gazzetta del Mezzogior-
no», Bari 23 gennaio 1972, p. 6.
221
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Bari 12 febbraio 1979, p. 3
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n. 4 [71], Bari aprile 2002, pp. 1-2.
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25 giugno 1968, p. 15.
–, Con i “Preludi” di Milella un’impressione indimenticabile, «La Gazzetta del Mezzogiorno», Bari
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–, Dino Milella e l’ispirazione melodica, in «Pentagramma», Anno III, n. 2 (8), Bari aprile-giugno
1991, p. 12.
–, Un uomo una città, «Numero Unico [a cura di Silvana Milella] per il conferimento, da parte del
Consiglio Comunale di Taranto, della Cittadinanza Artistica Onoraria al Maestro Milella, Brizio
Grafiche, Taranto maggio 1995.
–, Abbraccio di Taranto a Dino Milella una festa per la scuola e la musica, in «ContrAppunti»,
Anno I, n. 4, Bari giugno 1995, p. 5.
–, Taranto onora Milella con la sua musica, in «ContrAppunti», Anno III, n. 9 [26], Bari novembre
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FUMAROLA Gabriella, Dino Milella la vita e l’opera, Grafiche Cressati, Taranto 1997.
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–, E la lirica? Forse dobbiamo rimpiangere i Borboni…, in «Corriere del Giorno», Taranto 10
dicembre 1985, p. 10.
–, Il mistero della Passione in un teorema musicale di singolare intensità, in «Corriere del Giorno»,
Taranto, 22 maggio 1991, p. 3.
–, “Monte degli Ulivi” e delizie mentali, in «Corriere del Giorno», Taranto, 15 aprile 1992, p. 16.
–, Il “grazie” di Taranto al maestro Dino Milella, in «Corriere del Giorno», Taranto 27 maggio 1995,
p. 17.
–, Grande festa… per un gentiluomo, in «Corriere del Giorno», Taranto 1 novembre 1997, p. 20.
–, Addio al Maestro Dino Milella, in «Corriere del Giorno», Taranto 22 marzo 2002, pp. 1-2.
–, Ricordo di Milella, musicista sensibilissimo, in «Corriere del Giorno», Taranto 21 settembre 2002,
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[Redazione] La cittadinanza onoraria di Taranto al m° Milella, in «Corriere del giorno», Taranto
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Caro maestro Milella, in «Quotidiano», Taranto 25 maggio 1995, p. 6.
Dino Milella, tarantino doc, in Quotidiano», Taranto 1 giugno 1995, p. 7.
Al Rotary di Taranto omaggio a Dino Milella, in «ContrAppunti», Anno VIII, n. 8, Bari ottobre
2002, p. 3.
Il Rotary Club ricorda il maestro Dino Milella, in «Taranto Sera», Taranto 12 settembre 2002, p. 9.
Taranto ricorda Dino Milella, in «ContrAppunti», Anno IV, n. 1, settembre 2002, p. 63.
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ROSCINO Domenico, Anche Conversano festeggerà il “suo” Dino Milella, in «ContrAppunti», Anno
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–, Dino Milella, tarantino doc, in Quotidiano», Taranto 1 giugno 1995, p. 7.
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ROTONDO Gianni, Pubblicata un’opera di Dino Milella, in «La Gazzetta del Mezzogiorno», Bari 24
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–, Una serata in ricordo del maestro Dino Milella, in «Corriere del Giorno», Taranto 22 ottobre
2003, p. 16.
–, Bari ricorda il compositore Dino Milella a un anno dalla scomparsa, in «Corriere del Mezzo-
giorno», Taranto 30 ottobre 2003, p. 17.
SARDI Silvano, Spuntano a maggio le speranze della musica classica, in «Corriere del Giorno»,
Taranto 22 maggio 1966, p. 9.
–, Da una affascinante esperienza concertistica l’efficienza della scuola musicale tarantina, in
«Corriere del Giorno», Taranto 22 giugno 1968, p. 11.
–, Poesia e comicità che si rinnovano sul filo della tradizione, in «Corriere del Giorno», Bari 29
gennaio 1969, p. 10.
–, Quattro risate in aperta campagna, in «Corriere del Giorno», Taranto 14 aprile 1970, p. 10.
–, Al faro appuntamento con la morte, in «Corriere del Giorno», Taranto 23 gennaio 1969, p. 10.
–, Un musicista temperato, in «Corriere del Giorno», Taranto, 2 gennaio 1973, p. 3.
–, Grosso successo di Dino Milella con “Una storia d’altri tempi”, in «Corriere del Giorno», 4
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–, Con Milella sul monte degli ulivi, in «Corriere del Giorno, Taranto 19 novembre 1976 p. 14.
–, Milella uno e due, in «Corriere del Giorno», Taranto 17 giugno 1977, p. 12.
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SORRENTI Pasquale, I Musicisti di Puglia, Laterza & Polo, Bari 1966, pp. 183-184.
TRIGGIANI Giuseppe, Il melodramma nel mondo 1597-1987. Prefazione di Franco Mannino, Levante
Editore, Bari 1988.
VALLETTA Luigi, Novità al San Carlo di Milella e Calbi, in «Roma», Napoli 16 aprile 1975, p. 9.
Discografia
Titolo Direttore/data di registrazione Casa discografica/distribuzione/n.catalogo
Il monte degl’ulivi Lorenzo Fico 2007 I.W. 2007
223
Opere drammatiche
1. La farsa della tinozza, opera buffa dalla traduzione di Elio Piattelli di anonimo del
XV secolo, BA Teatro Petruzzelli 1969 \ LE Politeama Greco 1969; TP Teatro Villa
Comunale 1969; TA Teatro Orfeo 1970; SP Teatro Astra 1970; Gradisca Teatro Comu-
nale 1970; Imola Teatro Cristallo 1970; Nardò Teatro Comunale 1971; Barletta Teatro
all’aperto 1971; Pisticci Teatro all’aperto 1971; Andria Teatro all’aperto 1971; BR
Teatro all’aperto 1971; GO Teatro “G. Verdi” 1972; CE Teatro della Reggia 1972; AQ
Teatro Comunale 1972; Pinerolo Teatro delle Manifestazioni 1973; Fossano Teatro Astra
1973; Francavilla Fontana Teatro all’aperto 1973; Fasano Teatro all’aperto 1973; Rovereto
Teatro Zandonai 1973; TN Teatro Sociale 1973; BN Teatro Romano 1974; Mondovì
Teatro Corso 1974; MI Teatro Concordia 1986; TA Salone della Provincia 1992; TA
Teatro S.A.R.A.M. 2003.
2. Una storia d’altri tempi, melodramma su libretto proprio da Emily Brontë, BA Teatro
Petruzzelli 1972 \ LE Politeama Greco 1972; BN Teatro Romano 1972; CE Teatro della
Reggia 1972; SS Teatro Comunale 1972; TA Teatro Orfeo 1973; CN Teatro Comunale
1973; NA Teatro di San Carlo 1975; San Severo (FG) Teatro Comunale G. Verdi 1975;
CA Teatro Metropolitan 1977.
3. Il marchese di Roccaverdina, melodramma su libretto proprio da Luigi Capuana, TA
Teatro Orfeo 1977 \ BA Petruzzelli 1979; LE Politeama Greco 1979; BN Teatro Romano
1982; TA Teatro Orfeo 1997.
Dino Foresio
224
Cronologia
Vitantonio Waldemaro Morgese nasce a Terlizzi ma vive a Mola di Bari, dove sin
da bambino mostra spiccate attitudini musicali come violinista, suscitando l’ammi-
razione di Niccolò van Westerhout, che addirittura si diletta nell’accompagnarlo
all’armonium nella Siciliana tratta da Cavalleria rusticana di Pietro Mascagni.
Giovanissimo si allontana da Mola di Bari per compiere gli studi: nel 1910 si
diploma presso il Liceo Musicale di Roma, nel 1913 si laurea in Scienze sociali
all’Istituto Superiore «Vittorio Alfieri» di Firenze e nel 1919 in Giurisprudenza
all’Università «Federico II» di Napoli, dando presto inizio a una lunga e prestigiosa
carriera di magistrato, alla quale, nel corso di tutta la sua vita, affianca, sostenuta
da un indubbio talento, la passione per il teatro musicale. Musicista per diletto,
accanto a pagine pianistiche e a romanze per voce e pianoforte è autore di testo e
musica di operette e commedie musicali di carattere brillante e giocoso, d’ambien-
tazione generalmente contemporanea e borghese, che alternando dialoghi parlati a
brani cantati di grande piacevolezza riscuotono grande successo nel Teatro Comu-
nale di Mola di Bari, dove vengono più spesso rappresentate, ma anche nel Teatro
Piccinni di Bari. Conseguita anche la laurea in Medicina all’Università di Bari nel
1935, una volta in pensione come magistrato apre a Mola uno studio medico dove
assiste gratuitamente pescatori e contadini. Muore a Mola di Bari il 30 luglio 1965.
Bibliografia
BARTOLO Viviana - MONACHINO Antonella - MONACHINO Giuliana, Il teatro musicale nella Terra di
Mola di Bari, Edizioni dal Sud, Bari 2007, pp. 19-104.
Censura teatrale e fascismo (1931-1944): la storia, l’archivio, l’inventario, a cura di Patrizia Ferrara,
Ministero per i beni e le attività culturali - Direzione generale per gli archivi, Roma 2004, p. 610.
Edizioni
– La pupilla di Geremia ovvero Lia, commedia musicale in tre atti e quattro quadri di
Vitantonio Waldemaro Morgese, Contegiacomo, Mola di Bari 1937.
Opere drammatiche1
1. La pupilla di Geremia ovvero Lia, commedia musicale in tre atti e quattro quadri su
libretto proprio, 1937 (spartito in I-BAmorgese).
1
Si fa qui riferimento all’elenco dattiloscritto compilato dal figlio Giuseppe Morgese su richiesta del nipote
Waldemaro in occasione della prima manifestazione musicale dedicata a Vitantonio Waldemaro Morgese con il
musicista non in vita.
225
2. La Madonnina del legionario, commedia musicale in tre atti, 1940 (libretto dattilo-
scritto e spartito in I-BAmorgese).
3. Atteone l’infanticida, scherzo comico di Raffaele Viviani, Mola di Bari Teatro Co-
munale 8 giugno 1948.
4. Turlurù, scherzo comico musicale in due atti su libretto proprio, Mola di Bari Teatro
Comunale 8 giugno 1948 (libretto dattiloscritto e spartito in I-BAmorgese).
5. Mariola, operetta in tre atti su libretto proprio, Mola di Bari Teatro Comunale 7 aprile
1951.
6. La morte di Augusto, commedia musicale in un atto (libretto dattiloscritto e spartito
in I-BAmorgese).
7. Articolo 527 del Codice penale: oltraggio al pudore, commedia musicale in due atti
n.n. (libretto dattiloscritto, spartito e parti orchestrali in I-BAmorgese).
8. Una notte movimentata, commedia musicale in un atto n.n., non rappresentata.
9. La bella di Narciso, commedia musicale in tre atti n.n., non rappresentata.
10. Fiorella, commedia musicale in tre atti n.n., non rappresentata.
11. Il principe burlone, commedia musicale in tre atti n.n., non rappresentata.
12. La sposa riserbata, commedia musicale in due atti n.n., non rappresentata.
Angela Annese
226
DANTE MORLINO
San Severo (FG), 4 gennaio 1909 - Carugate (MI), 18 febbraio 1978
Cronologia1
Originario di una famiglia dedita ad attività rurali, Dante Morlino si iscrisse poco
più che quattordicenne alla scuola filarmonica municipale per strumenti ad arco
«Ludovico D’Alfonso» allora guidata dal maestro Michele Manno e in seguito da
Michele Nozzetti (musicista sanseverese autore di opere liriche), istituita nei primi
anni ’20 presso un locale del convento San Benedetto grazie all’interessamento
delle famiglie sanseveresi Fraccacreta e Masselli, nell’attuale sito del Teatro
Comunale. Qui venne iniziato allo studio del contrabbasso e prima ancora a quello
del solfeggio, sebbene Dante avesse precocemente manifestato un forte interesse
anche per il violino. Nel 1928, ritenuti conclusi gli studi, venne scritturato da
Francesco Monzione nell’ensemble che eseguiva musiche d’accompagnamento di
film muti durante le proiezioni nel Cinema Ideal. Ai primi anni ’30 risale un
incontro conviviale a Napoli con il maestro Camillo De Nardis presso la sua
abitazione in via Chiaia per l’acquisto del suo strumento Lòveri, a tutt’oggi in
possesso della famiglia Morlino. Il 6 dicembre del 1937, grazie al “vivo interes-
samento” del podestà in carica dal 1927 al 1935 Giovanni Colio, venne inaugurato
il Teatro Comunale oggi «Giuseppe Verdi». L’anno successivo Francesco Giannuz-
zi, allora direttore artistico, affidò a Dante Morlino la concertazione e la direzione
della commedia musicale Il gatto in cantina realizzata nel 1930 dal compositore
palermitano Salvatore Allegra (13 luglio 1898-1993) allievo di Cilea e Favara,
che incontrò un ottimo esito di pubblico. Pochi mesi più tardi nello stesso teatro,
Morlino colse l’opportunità di mettere in scena il suo primo lavoro su testo di Mario
Colio, giovane professore e futuro sindaco di San Severo, L’ereditiera innamorata
operetta rappresentata l’11 dicembre del 1941 sotto la direzione del maestro
Umberto Russi. Questa felice esperienza risolse definitivamente Dante Morlino a
dedicarsi alla composizione e a consacrarsi alla sua esclusiva vocazione operistica.
Durante gli anni della guerra egli fece parte dell’Orchestra dell’esercito italiano
al fronte e in seguito svolse attività occasionale di orchestrale presso il Teatro di
San Severo nella compagine delle produzioni liriche. Morlino iniziò a comporre
la Messa da Requiem nel 1953 a seguito della scomparsa dei genitori, con il
sostegno del parroco della chiesa di San Nicola, don Francesco Morisco, per il
reperimento dei testi liturgici; più tardi il maestro Giannino Zecca (Sannazzaro
de’ Burgondi, 1911-1991), già maestro di Cappella e organista della cattedrale
di Pavia, nonché primo esecutore del lavoro, lo esortò a scrivere il Lux Aeterna,
1
Ringrazio sentitamente il dott. Pasquale Morlino, figlio del musicista, per la gentile disponibilità e per la
ricchezza delle informazioni elargitemi.
227
che richiese a Morlino poco più che una mezza giornata di lavoro. Nel 1961 don
Michele Pisante gli commissionò l’episodio lirico Don Camillo su testi dell’amico
professore Ciro Pensato, rappresentato lo stesso anno presso la Parrocchia di Cristo
Re di San Severo.
La fanciulla del borgo è ritenuta dallo stesso Morlino l’opera maggiormente
compiuta, su testo dell’amico avvocato Vittorio Emanuele Giordano, di argomento
ispirato a vicissitudini legate al mondo contadino dei primi del ’900. Un momento
di particolare vigore creativo egli trovò a Foligno in un periodo di permanenza
nella Casa dei Sacerdoti del Sacro Cuore dove si era recato per trovare il figlio
Michele, prossimo ad essere ordinato sacerdote.
Durante gli anni ’60 si recò a Milano legandosi di sincera amicizia con il
compositore, direttore e didatta Sergio Massaron; grazie all’intercessione di questi
presso il teatro di San Severo e all’impresario Gilda Martini Rossi fu possibile
vincere le resistenze del Comune di San Severo e ottenere l’impegno del sindaco
e dell’assessore insieme con la necessaria sovvenzione dal Ministero dello Spet-
tacolo per la messa in scena della Fanciulla del Borgo. La prima ebbe luogo lunedì
26 aprile 1965 sotto la direzione dello stesso Massaron con la regia di Aimone
Vaccari. Dopo entusiastiche recensioni apparse su diverse testate locali, in maggio
comparvero sul «Corriere di San Severo» in forma anonima alcune opinioni
polemiche concernenti una presunta mortificazione del patrimonio musicale di San
Severo da parte di quell’opera di Dante Morlino.
Il 20 agosto 1966 Morlino partecipa al concorso di musica contemporanea
indetto dallo Sport Club «Pista del sole» presso il teatro del casinò municipale
di San Pellegrino Terme (BG) con la romanza Vieni tratta dal terzo atto della
Fanciulla del borgo, ricevendo un gratificante riconoscimento.
Nel 1967 mette a punto lo spartito per canto e pianoforte del Conte di Lodi
su soggetto risorgimentale e nel 1968 si dedica infine a Leyla, episodio lirico in
un atto e due quadri su libretto di Loromin (pseudonimo del figlio Michele Vittorio
Morlino). Dante Morlino morì nel 1978 a Carugate nei giorni in cui La messa
da requiem veniva preparata per l’incisione.
Bibliografia
«Corriere di Foggia», 1° maggio 1965 [Recensione della prima della Fanciulla del borgo, prof. Daniele
Cellamare].
«Corriere di San Severo», 20 maggio 1965.
«Gazzetta del Mezzogiorno», 17 agosto 1966.
«Gazzetta del Mezzogiorno», 23 aprile 1965 [Annuncio della prima esecuzione della Fanciulla del
borgo prof. G. A. Tardio].
«Gazzettino Dauno», 3 maggio 1965 [Recensione della prima della Fanciulla del borgo, prof. Antonio
Milone].
F. M. Dante Morlino, in «Il Tempo», 29 aprile 1965.
MASSA Alfredo, Dante Morlino, in «La voce repubblicana», 1 maggio 1965.
«Il Messaggero», 29 aprile 1965.
MORLINO, Tullio, Mio fratello Dante e “La fanciulla del Borgo”, San Severo 1969 [S.i.e.m., Milano
2001].
MORLINO, Michele, Gli ultimi compositori lirici pugliesi. Italienische Komponisten des 18.-20.
Jahrhunderts aus Apulien, VHS - Università popolare, Worms 1983.
Le composizioni di Dante Morlino sono edite dalla SIEM (Società Italiana Edizioni Musicali di
Milano) da Pasquale Morlino.
229
Discografia
Opere drammatiche
Daniele Buccio
230
EVEMERO NARDELLA
Foggia, 25 settembre 1879 - Napoli, 23 aprile 1950
Cronologia
Bibliografia
(SCHMIDL)
BELLUCCI Mario, Evemero Nardella, il Melodista foggiano, in «Corriere di Foggia», maggio 1951 (si
veda anche l’articolo su «Corriere di Foggia», 30 aprile 1950).
BORGNA Gianni, Storia della canzone italiana, Laterza, Roma 1985.
232
Opere drammatiche
Daniele Buccio
233
GIULIO PANSINI
Molfetta (BA), 1896 - ivi, 1923
Cronologia
Ultimo esponente della tradizione musicale molfettese del primo ‘900, Giulio Pansini
studia ragioneria ma coltiva la passione musicale che si realizza nella composizione
di Desy, operetta in tre atti di cui purtroppo sono perduti sia il libretto, sia la partitura.
Muore a soli ventisette anni nel 1923.
Bibliografia
PERUZZI Francesco, Maestri compositori e musicisti molfettesi, Picca e figlio, Molfetta 1931.
SORRENTI Pasquale, I musicisti di Puglia, Laterza & Polo, Bari 1966, p. 209.
Opere drammatiche
FRANCESCO PERUZZI
Molfetta (BA), 23 gennaio 1863 - ivi, 12 marzo 1946
Cronologia
del destino di Verdi, Faust di Gounod e Carmen di Bizet e con artisti quali il
basso Venturini e il mezzo soprano Calanci.
1898-1908. Le fortunate stagioni del Teatro Comunale molfettese spingono gli
impresari a progettare l’ampliamento del teatro in modo da accogliere un pubblico
sempre più numeroso e composito. Ma repubblicani e socialisti, vincitori nelle
elezioni comunali del 1902, dapprima sospendono i lavori e poi deliberano la
distruzione del teatro, scelta aspramente denunciata da Peruzzi. Alla chiusura del
teatro il compositore molfettese reagisce intensificando le proprie attività private
di promozione culturale e trasformando la sua casa natale nel più importante centro
culturale della città con un susseguirsi di concerti, rassegne, mostre e conferenze
sui principali temi estetici del tempo. In questi anni si dedica alacremente soprat-
tutto alla composizione di romanze da salotto per soprano e tenore e alle trascri-
zioni di arie d’opera per piccoli organici, prevalentemente per pianoforte, violino
e violoncello ma con l’introduzione talvolta anche di strumenti quali arpa, man-
dolino, corno inglese. Nelle trascrizioni operistiche, che spaziano da Pergolesi a
Catalani, da von Flotow a Zampa, da Ponchielli a Boito e Mascagni senza
ovviamente tralasciare i classici di Verdi, Rossini, Donizetti e Puccini, Peruzzi
si rivela musicista aggiornato sulle novità operistiche del proprio tempo e al
contempo dotato di raffinate tecniche compositive. Non marginale è infine anche
la produzione di musica sacra e di composizioni strumentali, prevalentemente per
violino e pianoforte, per quartetto d’archi o per pianoforte.
1909-1919. Nel 1909 si presenta l’occasione per costruire un nuovo teatro a
Molfetta. È proprio Peruzzi a convincere il commerciante molfettese Giovanni
Battista Attanasio ad utilizzare il legname ereditato dalla ditta del suocero per la
costruzione di quello che sarà il «Politeama Attanasio» – dal nome del suo
proprietario – poi inaugurato il 19 aprile 1909 con Un ballo in maschera. A
dirigere l’opera vi è Francesco Peruzzi che nei mesi precedenti si era recato a
Milano per scritturare gli artisti ottenendo la partecipazione, tra gli altri, del
soprano Gilda Butti e del baritono Enrico De Franceschi. Seguono altre tre opere
con la sua direzione: Cavalleria Rusticana, I Pagliacci e Rigoletto, in cui spicca
la partecipazione del baritono Giuseppe Viggiani e la presenza del coro e dell’or-
chestra proveniente in gran parte dal Petruzzelli di Bari. Le successive stagioni
teatrali, in cui a Peruzzi si alternano nella direzione Leopoldo Mugnone e Pasquale
La Rotella, richiamano ormai un crescente numero di appassionati anche dalle
province vicine, suscitando l’interesse di Antonio Quaranta, primo storico direttore
artistico del teatro Petruzzelli. Lo scoppio della Prima Guerra Mondiale sancisce
una nuova interruzione delle attività teatrali e la demolizione del Politeama
Attanasio per esigenze belliche. Le stagioni riprendono però con una certa costanza
nel 1919 con il Teatro La Fenice, costruito in soli quaranta giorni sul sito in cui
un incendio aveva distrutto un precedente teatro molfettese.
1920-1946. Nell’ultimo quarto di vita Peruzzi rallenta sensibilmente le proprie
attività pubbliche, pur mantenendo le redini della vita culturale cittadina attraverso
la costante organizzazione di eventi musicali nel proprio celebre salotto. La profon-
da conoscenza della vita musicale della propria città lo porta a pubblicare nel 1931,
con prefazione di Vincenzo Roppo, Maestri compositori e musicisti molfettesi, un
prezioso documento sull’attività musicale di Molfetta nei secoli XV-XIX. Inoltre,
236
dopo anni di intensa attività quale trascrittore e direttore di opere altrui, Peruzzi si
cimenta nella composizione di una propria opera, Il Conte Marchi, opera giocosa
in tre atti su libretto del concittadino Sergio Azzollini, rappresentata al teatro La
Fenice di Molfetta nel 1935 e quindi al Petruzzelli di Bari nel 1938 con la
partecipazione del basso Andrea Mongelli nella parte del protagonista. Per tutta la
vita ha alternato alla composizione e all’organizzazione di eventi culturali un’in-
tensa attività didattica, sancita dalla stesura di diverse opere tra cui un Manuale di
composizione, degli Studi graduati per violoncello, numerosi studi per violino
(Primi esercizi sul violino, Duettini didattici per violino) e antologie di brani
semplici per pianoforte. Muore a Molfetta il 12 marzo 1946.
Del Conte Marchi, unica opera di Peruzzi, si è purtroppo conservato solo il libretto
a stampa per i tipi di Spadavecchia Editore ed è oggi consultabile presso la
Biblioteca Comunale «G. Panunzio» di Molfetta. La storia ruota attorno alla figura
del Conte Marchi, un ricco aristocratico con insulse velleità letterarie opportuni-
sticamente incoraggiate però da don Fabrizio per ottenere il consenso al matri-
monio tra Piero, figlio di don Fabrizio e Alba, figlia del Conte. Ma Alba è
innamorata del Barone Dini il quale ricambia l’amore offrendole ogni sera una
serenata sotto la sua finestra. Vero motore dell’azione scenica è però l’astuto servo
Buonalana il quale convince il Barone Dini a travestirsi da attore per impersonare
il protagonista principale della commedia scritta dal Conte e ormai pronta per la
prima rappresentazione pubblica. Ovviamente il ruolo della protagonista è affidato
proprio ad Alba e i due possono così liberamente scambiarsi i loro messaggi
d’amore davanti all’ignaro Conte. Ormai tutto è pronto per la rappresentazione
della commedia del Conte: si aprono i sipari ma nello stupore generale esce
Buonalana che annuncia al pubblico che Alba e il Barone Dini sono fuggiti insieme.
La notizia è accolta con disappunto da don Fabrizio il quale, persa ormai la
speranza nel matrimonio tra Alba e Piero, si comporta in maniera sprezzante nei
confronti del Conte svelandogli così i suoi reali sentimenti. Solo allora il Barone
Dini e Alba si ripresentano al Conte il quale impara la lezione e offre il proprio
entusiastico consenso al matrimonio tra i due.
La trama riprende molte situazioni tipiche della drammaturgia operistica del
‘700 e del primo ‘800 (la serenata, il travestimento, il metateatro, il brindisi),
eppure il testo costruito su un libero alternarsi di quinari, senari, settenari,
decasillabi ed endecasillabi liberamente rimati, pur non mancando di strutture
chiuse tradizionali (ad esempio il duetto tra Alba e il Barone costruito con la
tradizionale “solita forma” quadripartita), sembra aver accolto le novità formali
del’operismo di primo Novecento. Difficile intuire quale possa esser stato l’inter-
vento musicale di Peruzzi e l’indubbia sua conoscenza del mondo operistico rende
forse ancor più grave la perdita della partitura di tale opera.
Bibliografia
FONTANA Aldo, Molfetta. Raccolta di notizie storiche. Galleria degli uomini illustri, Angelo Alfonso
Mezzina, Molfetta 1965.
–, Il genio musicale molfettese. Il teatro a Molfetta. La banda musicale, 1966, pp. 16-17, 22-23,
27, 35-36 dattiloscritto in I-MFc.
237
ROPPO Vincenzo, prefazione a PERUZZI Francesco, Maestri compositori e musicisti molfettesi, Picca,
Molfetta 1931.
SORRENTI Pasquale, I musicisti di Puglia, Laterza& Polo, Bari 1966, p. 217.
Opere drammatiche
1. Il Conte Marchi, opera giocosa in tre atti di Sergio Azzollini, Molfetta La Fenice 1935
(libretto I-MFc) \ BA Petruzzelli 1938.
Fedele De Palma
238
GIUSEPPE PERUZZI
Molfetta (BA), 1 maggio 1837 - ivi, 18 giugno 1918
Cronologia
Molfetta la partitura per quattro voci maschili (due tenori, un baritono e un basso)
e harmonium con testo in italiano. Si tratta di sedici numeri che corrispondono
all’inno Ave Crux spes unica, ad un’Introduzione e alle quattordici stazioni della
Via Crucis. Si alternano soli del tenore, del baritono e del basso in forma di romanza
o nella tradizionale aria col da capo, un duo di baritono e tenore, un terzetto tra i
due tenori e il basso e un duettino tra tenore e baritono. L’andamento melodico è
lineare, sempre aderente al testo; procedimenti contrappuntistici sono rari mentre
al contrario talvolta Peruzzi sceglie di procedere omoritmicamente per tutte e tre
le voci (stazione VII). Perduta è invece la partitura de La passione di Nostro
Signore, di cui si è conservata solo una trascrizione dello stesso Giuseppe Peruzzi
per legni (flauto, saxophon, clarino primo, clarino secondo, clarone). Considerata
da Francesco Peruzzi l’opera più riuscita del padre, Le tre ore di Gesù agonizzante
fu composta per tre voci di uomini, harmonium e legni nel 1879 ed eseguita nella
chiesa di San Domenico a Molfetta il Venerdì Santo dal 1879 al 1882. Nel 1922
Francesco Peruzzi, in memoria del padre, la rimise in partitura aggiungendovi le
voci femminili e integrando altri strumenti orchestrali. In questa nuova veste l’ora-
torio fu eseguito il 24 e il 26 marzo 1923 da oltre cento esecutori tra cantanti e
orchestrali nella chiesa di San Bernardino a Molfetta. Solo quest’ultima partitura
si è conservata presso l’Archivio Diocesano di Molfetta ma risulta difficile distin-
guervi il nucleo originario dai possibili interventi del figlio Francesco. La struttura
generale dell’oratorio così come si desume dalla partitura del 1923 prevede otto
numeri, ossia un’ouverture e le sette parole di Gesù agonizzante in cui si alternano
soli del baritono e del soprano, concertati con soprano e coro e tenore e coro, due
concertati. Gli oratorii di Giuseppe Peruzzi da una parte sono indubbiamente
debitori dalla produzione sacra di Rossini (Stabat Mater, Messa Solenne, Petite
Messe Solemnelle), Verdi (Messa da Requiem, Pater Noster, Stabat Mater) e
Mercadante (Ave Maria, Messa Solenne), dall’altra si collegano agli oratorii che
in quegli anni, seppur in modalità minoritarie rispetto all’operismo vero e proprio,
trovava in Simon Mayr, Giovanni Pacini, Nicolò Zingarelli, Paolo Bonfichi, Pietro
Raimondi e Saverio Mercadante importanti conferme. E proprio a quest’ultimo la
produzione oratoriale di Peruzzi sembra particolarmente vicina: sarà infatti il caso
di ricordare che anche il compositore altamurano aveva composto nel 1838 un
oratorio sulle sette parole di Gesù in croce.
Bibliografia
FONTANA Aldo, Molfetta. Raccolta di notizie storiche. Galleria degli uomini illustri, Angelo Alfonso
Mezzina, Molfetta 1965.
PERUZZI Francesco, Maestri compositori e musicisti molfettesi, Picca e figlio, Molfetta 1931.
SORRENTI Pasquale, I musicisti di Puglia, Laterza & Polo, Bari 1966, pp. 217-218.
Oratorii
1. La via Crucis, oratorio in sedici “numeri”, 1867 (partitura in I-MFad*).
2. La passione di Nostro Signore, oratorio in otto “numeri”, 1872.
3. Le Tre Ore di Gesù agonizzante, oratorio in nove “numeri” di S. Pansini?, Molfetta
chiesa di San Domenico primavera 1879 (partitura in I-MFad*) \ Molfetta, cattedrale,
1880, 1881, 1882; Molfetta, chiesa di S. Bernardino, 24 e 26 marzo 1923.
Fedele De Palma
240
OTTONE PESCE
Mola di Bari (BA), 28 agosto 1889 - Roma, 11 luglio 1967
Cronologia
Ottone Pesce nasce a Mola di Bari il 28 agosto 1889 da Angelo Delfino Pesce
e dalla sua giovanissima cugina Regina, che muore quaranta giorni dopo il parto.
Ultimo di undici figli, il neonato viene affidato alla nonna Luisa e allo zio Mimì,
poeta e musicista dilettante. Conclusa la frequenza del collegio, il giovane Ottone
comincia presto a viaggiare tra Napoli, Roma e Milano, approdando infine al
Conservatorio «S. Pietro a Majella di Napoli» dove si diploma in Pianoforte e
per alcuni anni studia anche violino. L’incombere della dittatura fascista convince
Ottone, che, sulle orme del fratello Piero Delfino Pesce, fondatore in Puglia del
movimento repubblicano e federalista, comincia a maturare convinzioni antifasciste,
e mutare il suo cognome in Pesce e soprattutto a tentare una propria strada oltre
oceano, partendo con un amico verso gli Stati Uniti. Sbarcato e fermatosi a New
York in cerca di lavoro come musicista, sostituisce per un caso fortuito un direttore
d’orchestra durante un concerto al Metropolitan ed è la svolta della vita. Nominato
presto ufficialmente al Metropolitan maestro collaboratore, diventa protagonista
come direttore di numerose tournée nelle principali città dell’intero continente
americano e conosce un personale successo come compositore di Arcadia, balletto
fantastico in un atto su un poema di Arturo Tomaiuoli che egli stesso dirige, insieme
con La sonnambula di Vincenzo Bellini, al National Theatre di Broadway il 30
marzo 1924. Occasione questa davvero speciale, poiché nella rappresentazione
dell’opera belliniana è impegnata una giovane cantante, Lina Palmieri, che presto
Ottone sposerà. Con il matrimonio, e sull’onda della propaganda fascista, i viaggi
in Italia si fanno sempre più frequenti fino al ritorno definitivo, prima a Milano
poi a Roma, dove però Pesce conosce minor fortuna: lavora saltuariamente come
accompagnatore di cantanti nel mondo della musica lirica romana e alla radio,
ma la sua acclarata fede antifascista gli impedisce di ottenere un impiego stabile
e di veder rappresentate e pubblicate due opere liriche pronte per andare in scena,
sebbene entrambe siano frutto della collaborazione prestigiosa con Antonio Lega,
poeta, critico teatrale e soggettista cinematografico molto affermato negli anni
Trenta, autore, tra l’altro, di libretti per opere di Arrigo Pedrollo e Amilcare
Zanella. Si tratta di La matrona d’Efeso, in origine intitolata Cleanta, commedia
lirica in un atto ispirata all’Arbiter Elegantiarum di Petronio, nella quale una serie
di equivoci viene brillantemente risolta guardando al riferimento dell’opera
pucciniana ormai del tutto priva di pezzi chiusi, e di La sposa del sole, tragedia
lirica in un atto e due quadri nella quale l’ambientazione nell’antico Egitto diviene
spunto per una solenne e austera messa in scena dalle forti tinte drammatiche, con
ascendenze quasi pizzettiane nella presenza di cori e grandi scene di massa così
come nell’uso della modalità e nel dispiego di imponenti forze orchestrali. Solo
241
alcune delle numerose pagine pianistiche e delle romanze per canto e pianoforte
vengono pubblicate, mentre, grazie ai buoni uffici di Ugo, un fratello di Ottone
generale dell’Aeronautica tra i progettisti della spedizione Nobile, la moglie Lina
riesce ad avere presso un Ministero un impiego di ruolo come archivista di terza
classe essenziale per il sostentamento della famiglia. Raccolte nel 1966 in un
album manoscritto le ultime pagine per pianoforte in gran parte dedicate ai suoi
familiari e ricche di accenti affettuosi e nostalgici, Ottone Pesce si spegne a Roma
l’11 luglio 1967.
Bibliografia
BARTOLO Viviana - MONACHINO Antonella - MONACHINO Giuliana, Il teatro musicale nella Terra di
Mola di Bari, Edizioni dal Sud, Bari 2007, pp. 105-178.
Le due opere e il balletto di Ottone Pesce sono inedite. Il materiale musicale manoscritto ad esse
relativo è conservato a Mola di Bari nell’archivio privato della figlia Franca. In particolare di La
matrona d’Efeso sono presenti lo spartito per canto e pianoforte e le parti orchestrali, di La sposa
del sole lo spartito per canto e pianoforte, di Arcadia la partitura orchestrale.
Opere drammatiche
Angela Annese
242
GIOVANNI PETRUCCI
Barletta, inizi XIX sec. - Torino, fine XIX sec.
Poche notizie biografiche si possono ricavare sulla vita di questo autore che nacque
a Barletta nei primi dell’Ottocento e che trascorse a Torino gran parte della sua
vita. In questa città morì dopo aver lasciato varie composizioni sacre e profane,
tra le quali l’unico suo melodramma superstite, La Maledetta, rappresentato a
Barletta nel 1873 (ma, secondo il Sorrenti, conobbe un primo allestimento torinese)
e successivamente gratificato di riduzioni bandistiche inserite nel repertorio
molfettese di marce funebri per la settimana santa. Alcune fonti manoscritte degli
anni ’20 del Novecento si conservano presso al Biblioteca civica di Molfetta; in
una di esse (Marcia funebre sui motivi dell’opera La Maledetta del maestro
Petrucci) l’opera di Petrucci viene datata 1840.
Bibliografia
(IBI, STIEGER)
ANESA Marino, Dizionario della musica italiana per banda e gruppi di fiati. Biografie dei compositori
e catalogo delle opere dal 1800 ad oggi, con prefazione di Roberto Leydi, Gazzaniga, Bergamo
2004.
DASSORI Carlo, Opere e operisti: dizionario lirico, Tip. editrice R. I. Sordomuti, Genova 1903.
FÈTIS François Joseph, Biographie universelle des musiciens et bibliographie générale de la musique,
Firmin-Didot, Bruxelles 1873-1880.
«Il Mondo Artistico: Giornale di musica dei teatri e delle belle arti», VII, n. 13-14, 9 aprile 1873, p. 5.
SESSA Andrea, Il melodramma italiano, 1861-1900: dizionario bio-bibliografico dei compositori,
Olschki, Firenze 2003.
SORRENTI Pasquale, I musicisti di Puglia, Laterza & Polo, Bari 1966, p. 219.
Opere drammatiche
1. La Maledetta, melodramma in tre atti dal romanzo storico di Raffaele Altavilla, Barletta
Teatro Comunale 22 marzo 1873 (partitura incompleta in I-BARc*).
Nicola Usula
243
FRANCESCO PISANO
Cerignola (FG), 1873ca. - ivi, 1960 ca.
Cronologia
Studiò al Liceo «G. Rossini» di Pesaro, dove fu allievo prediletto di Pietro Mascagni,
conseguendo nell’agosto del 1901, il diploma col massimo dei voti. La sua prima
opera è la Celeste, su libretto del poeta e sindaco di S. Miniato Agostino Bachi,
messa in scena al Teatro Verdi di San Miniato (PI) nel 1901, che incontrò un buon
successo. L’altra opera di cui si hanno notizie è la Taziana, rappresentata al Teatro
Mercadante di Cerignola (FG) nel 1922. Fu inoltre attivo come compositore di
musica vocale da camera.
Bibliografia
(IBI, SCHMIDL)
CELLAMARE Daniele, Pietro Mascagni “Cerignola, culla della mia musica”, Palombo, Roma 1965.
LEGGER Gianna, Drammaturgia Musicale Italiana, Torino 2005, p. 678.
MANFERRARI Umberto, Dizionario Universale delle opere melodrammatiche, Sansoni, Firenze 1955,
vol. III, p. 90
«Nuova Antologia di scienze lettere ed arti» vol. CCIX (1906), p. 340 (si dà notizia della rappresentazione
torinese di Celeste).
PARSONS Charles H., Opera librettists and their works, Edwin Mellen Press, Lewiston-Quuenston
1987, vol. I, p. 26.
SORRENTI Pasquale, I musicisti di Puglia, Laterza & Polo, Bari 1966, p. 235.
Edizioni
Opere drammatiche
1. Celeste, bozzetto in tre atti di Agostino Bachi da Leopoldo Marenco, San Miniato (PI)
Teatro Verdi 13 novembre 1901 (libretto in I-Fn) \ TO autunno 1906; San Miniato (PI)
Teatro Verdi 11 novembre 1906; Cerignola, Teatro Mercadante 5 giugno 1943.
2. Taziana, opera seria in tre atti di L. Sbraglia, Cerignola Teatro Mercadante 13 dicembre
1922.
Vincenzo Germano
244
CARMELO PREITE
Presicce (LE), 14 febbraio 1866 - Milano, 27 marzo 1952
Cronologia
1866-1883. Avviato sin da bambino allo studio della tromba Preite si perfezionò
in questo strumento con Gaetano Martucci (padre del pianista Giuseppe) al
conservatorio «S. Pietro a Maiella» di Napoli dove studiò strumentazione per
banda e composizione con Paolo Serrao (suoi compagni di studi furono i “wagneriani”
Francesco Cilea, Umberto Giordano e il tarantino Pasquale Mario Costa).
1884-1889. Dopo essersi diplomato si trasferì a Bergamo. Vinto il concorso per
diventare direttore della banda militare del 45° reggimento fanteria, Preite si
spostò a Messina (1886), Peschiera (1889), Verona e Vercelli (1897), tutte città
in cui, con fama crescente, affiancò la pratica di direttore di banda a quella di
direttore d’orchestra nei vari teatri. Dal 1884 è attestata la sua collaborazione con
la rivista napoletana «La Musica» dove recensì un concerto vocale e bandistico
tenutosi in occasione delle feste in onore di San Tommaso a Ortona (CH).
1890. È l’anno della sua prima ed unica opera pervenutaci, Una spedizione dei
coscritti per l’Africa o Carmelo, messa in scena dagli stessi soldati del suo
reggimento (il libretto è scritto dal primo clarinetto della banda) stanziati nel
mantovano per il campo estivo a Castiglione delle Stiviere (in STIEGER pp. 75-77
i due lavori sono distinti: Una spedizione documentato a Peschiera nel gennaio
dell’89 e Carmelo datato al giugno del ‘90, a Castiglione delle Stiviere).
1895-1898. In questi anni si dedicò alla direzione di opere e oratorii in varie
città, tra cui Torino, Verona (dove dal ‘95 al ‘97 è concertatore e direttore delle
stagioni liriche), Vercelli e Bologna.
1900-1904. Preite continuò gli spostamenti con il reggimento, prima a Lecce
(dove nel 1901 diresse la stagione lirica e incontra Tito Schipa) poi a Napoli
(1904).
1907-1928. Nel 1907 vinse il concorso per il ruolo di direttore della banda
municipale di Venezia e, dopo aver chiesto il congedo temporaneo dall’esercito,
si occupò del riordino del corpo bandistico, oltre ad insegnare composizione e
strumentazione per banda al liceo musicale «Benedetto Marcello», e a ricoprire
il ruolo di direttore di molte opere alla Fenice. Negli stessi anni – con la parentesi
della chiamata alle armi in occasione della prima guerra mondiale – ricoprì il ruolo
di direttore in molte altre città, tra le quali Parigi per I gioielli della Madonna
di Ermanno Wolf Ferrari nel 1913.
1930. Dopo essersi ritirato dal campo bandistico militare a causa della nuova
situazione politica italiana, su invito del comune di Bologna curò l’assetto della
245
banda cittadina, così come farà l’anno successivo a Gioia del Colle (BA); qui sarà
direttore di banda fino al 1934.
1934-52. Si trasferì a Milano dove svolse il ruolo di consulente per le formazioni
strumentali di scena a carattere bandistico alla Scala e diede alle stampe il trattato
Istrumentazione per banda per la casa editrice Hoepli.
Bibliografia
ANESA Marino, Dizionario della musica italiana per banda e gruppi di fiati. Biografie dei compositori
e catalogo delle opere dal 1800 ad oggi, con prefazione di Roberto Leydi, Gazzaniga, Bergamo
2004.
BIERLEY Paul - HOE Robert - REHRIG William, The heritage encyclopedia of band music: composers
and their music, Integrity Press, Westerville Ohio 1991.
Casa Musicale Sonzogno. Cronologie saggi testimonianze, Sonzogno, Milano 1995, II, pp. 16, 61,
576.
D’ANDREA Renzo, Vita musicale a Lecce e nel Salento dal 3° secolo a.C. ai giorni nostri, Schena,
Fasano 1985, pp. 233-236.
DE ANGELIS Alberto, L’Italia musicale d’oggi: dizionario dei musicisti, Ausonia, Roma 1918.
DE MATTEIS Piergiuseppe, Musica e Musicanti. Note storiche sui complessi bandistici di Novoli,
Il Parametro, Novoli 2003.
FIORENTINO Waldimaro, L’operetta italiana. Storia, analisi critica, aneddoti, Catinaccio ed., Bolzano
2006, p. 74.
GIRARDI Michele - ROSSI Franco, Il Teatro La Fenice: cronologia degli spettacoli 1792-1936,
Albrizzi, Venezia 1989, pp. 401-440
PEDIO Edoardo, Il maestro Carmelo Preite, in «La città di Brindisi», XXVII, a. II, n. 27 del 27 agosto
1941.
Preite Carmelo, recensione, in «La Musica», a. 5, n. 9, 2 giugno 1884.
RAELI Vito, Musicisti e cantati contemporanei e anime musicali salentine, in «Studi salentini», n.
3, 1958 (presente on-line sul sito emeroteca.provincia.brindisi.it).
SESSA Andrea, Il melodramma italiano, 1861-1900: dizionario bio-bibliografico dei compositori,
Olschki, Firenze 2003.
SILVESTRI Giuseppe, Carmelo Preite: ritratto di un musicista, Edizioni di «Vita Veronese», Verona
1953.
SORRENTI Pasquale, I musicisti di Puglia, Laterza & Polo, Bari 1966, pp. 237-238.
VETRO Gaspare Nello, Teatro Reinach 1871-1944: gli spettacoli musicali, opere, concerti, operette,
Parma: comune di Parma - Archivio Storico Teatro Regio, 1995, pp. 581-637.
WOLFF Stéphane, L’Opera au Palais Garnier, 1875-1962: les oeuvres, les interpretes, L’Entr’acte,
Paris 1962.
Opere drammatiche
1. Una spedizione dei coscritti per l’Africa o Carmelo, dramma di Gaudenzio Betti,
Castiglione delle Stiviere (MN), giugno 1890.
Nicola Usula
246
TERESA PROCACCINI
Cerignola (FG), 23 marzo 1934
Cronologia
Bibliografia
(DEUMM, NG2001)
ADKINS CHITI Patricia, voce Teresa Procaccini in Almanacco delle virtuose, primedonne, compositrici
e musiciste d’Italia: dall’A.D. 177 ai giorni nostri, De Agostini, Novara 1991.
–, Donne in musica, Armando, Roma 1996.
248
ANESA Marino, Dizionario della musica italiana per banda e gruppi di fiati. Biografie dei compositori
e catalogo delle opere dal 1800 al 1945, con prefazione di Roberto Leydi, Gazzaniga, Bergamo
2004.
Archiv Kassel Noten 1990. Bestandskatalog des Archivs Frau und Musik, Furore, Kassel 1990, pp.
22, 50, 54, 80, 109, 116, 119, 134, 141, 144, 150, 184, 192, 213; Archiv Kassel Noten 1994.
Ergänzungsband mit über 2.000 neuen Titeln, Furore, Kassel 1994, pp. 36, 49, 57, 60, 76, 80,
84, 88, 93, 135, 151.
CERATTO Marina, Teresa Procaccini, in Il “chi è” delle donne italiane, Mondadori, Milano 1982.
COHEN Aaron, Teresa Procaccini in International Encyclopedia of Women Composers, Books &
Music, New York 1981, vol. II.
DAMIANI Paola, Teresa Procaccini in The New Grove Dictionary of Women Composers, Macmillan,
London 1996.
DALOISO Maria, Progettare una scenografia, metodologia della progettazione. L’opera Piazza della
musica n. 1 di Teresa Procaccini, tesi di laurea, Accademia di Belle Arti di Foggia, marzo 2007.
EVANS Janet, Teresa Procaccini, in The International Directory of Distinguished Leadership,
American Bibliographical Institute, Raleigh 1986.
GIUDICI, Carla - NAPOLI Jacopo, Teresa Procaccini in Dizionario di autori e di composizioni
pianistiche, Curci, Milano 1999².
KAY Ernest, Teresa Procaccini, in Foremost Women of the Twentieth Century, International Biographical
Centre, Cambridge 1988.
MALITO Maria Giusi, Tradizione ed innovazione nella musica per flauto delle compositrici del XX
secolo, tesi di laurea, Conservatorio di Musica “Guido Cantelli” di Novara, marzo 2007.
MAURIZI Paola, Quattordici interviste sul nuovo teatro musicale in Italia, Morlacchi, Perugia 2004,
pp. 105, 106, 131, 132.
MUCHNICK Amy, Teresa Procaccini: An Overview of the Composer with emphasis on the literature
for viola, tesi di laurea, The University of Maryland, 1994.
NIES Christel, Unerhörtes Entdecken. Komponistinnen und ihr Werk, II, Bärenreiter, Kassel 1995.
OLIVIER Antje - BRAUN Sevgi, Teresa Procaccini, in Komponistinnen aus 800 Jahren, Sequentia,
Kamen 1996, pp. 326-328.
PARADISO Claudio, Il flauto in Italia, Istituto Poligrafico e Zecca dello Stato, Roma 2005.
PROCACCINI Teresa, Musica e infanzia camminano insieme (intervista a cura di Tiziana Ragni), in
«Prospettive nel mondo», XIV, n. 3, marzo 1989, p. 38.
–, I nuovi programmi di educazione al suono e alla musica: una certezza, un’incognita o
un’avventura musicale?, in I programmi della scuola elementare - Dalla teoria alla pratica,
Armando, Roma 1986.
–, Note per il booklet del CD Musica per orchestra, PAN CD 3070, 1998.
–, Comunicare: un dovere dell’arte (intervista a cura di Carlotta Ghezzi), in «clingKlong: Musikszene
Frau», n. 45, Berna, autunno 2000.
PROCACCINI Teresa - TARTAGLIONE Simeone, Teresa Procaccini. Una vita per la musica, Edipan, Roma
(in stampa).
SANTOLI Carlo, Gabriele D’Annunzio. La musica e i musicisti, Bulzoni, Roma 1997, pp. 49, 517-
518.
YOUNGDAHL DEES Pamela, voce Teresa Procaccini, in A Guide to Piano Music by Women Composers:
Women born after 1900, Praeger, Westport 2004, p. 187.
TARTAGLIONE Simeone, Teresa Procaccini, compositrice nel XX secolo, tesi di laurea, Università degli
Studi di Palermo, marzo 2002.
ZAIMONT Judith Lang, The Musical Woman: An International Perspective, Greenwood Press, Westport
1983.
Risorse on-line
Discografia
Opere drammatiche
Angela Annese
250
Cronologia
1822-1848. Di nobile famiglia, Beniamino Rossi compie i primi studi presso il
Reale Collegio leccese dei Padri Gesuiti, che, rientrati in città nel 1832, offrono
da subito per ornamento e diletto de’ loro convittori corsi di musica e in modo
particolare di pianoforte. Rossi ha tra i suoi maestri Giacomo Lombardi, musicista
di formazione napoletana (allievo a sua volta di Zingarelli e Raimondi), il quale
è peraltro anche al servizio, come didatta, direttore e compositore, del teatro lirico
leccese e dei principali palazzi e chiese del Salento, essendo nondimeno un
fervente patriota, segretamente affiliato alla Giovine Italia. Ed è sotto il magistero
del Lombardi che il giovane convittore, appena quindicenne, esprime il suo primo
saggio operistico, Roberto Conte di Lecce, in cui episodi della storia medievale
(in questo caso, patria) diventano metafora di aspirazioni e passioni tutte moderne:
per l’occasione Rossi scrive sia il libretto, sia la partitura, per una versatilità
espressiva che sarà costante di tutta la sua produzione.
Egualmente versato nella musica e nella letteratura, Rossi è però indirizzato
dalla famiglia agli studi giuridici che porta a termine a Napoli sotto l’egida di
Pasquale Stanislao Mancini. Nella capitale borbonica, tuttavia, il giovane studente
non manca di frequentare teatri d’opera e accademie culturali, trovando anche
ospitalità come critico musicale nel periodico scientifico-letteario-artistico «il
Sibilo». Nel contempo si consolida in lui quella idealità risorgimentale probabilmente
già inculcatagli dal Lombardi e certo rafforzatagli dalla frequentazione del Mancini,
così che pure Rossi diventa un affiliato della Giovine Italia. Rientrato a Lecce,
il giovane avvocato torna subito a mettersi in mostra come poeta e come musicista,
essendo tra l’altro promotore e garante, assieme ad altri notabili locali di fede
parimenti liberale (Pasquale Romano, Realino Cimino, Gaspare Balsamo, Donato
Zaccaria) della fondazione e della dotazione strumentale della nuova banda
municipale (1847), tutta composta da artigiani.
In occasione dei moti del 1848, Rossi prende parte attivamente alle feste leccesi
per la Costituzione (3-5 marzo), non mancando poi di partecipare alle barricate
di Napoli, allorché Ferdinando II decide inopinatamente di sciogliere il Parlamento
(15 maggio). Ritornato a casa, fonda l’uno dopo l’altro i giornali patriottici «L’Eco
del Salento», «Farfalla» e «Iapigia», che vengono puntualmente chiusi dalla
polizia borbonica a causa degli scritti sovversivi ospitati. Finalmente arrestato l’11
ottobre del 1848, nel carcere di Brindisi il versatile patriota scrive una tragedia
ispirata alle gesta della Lega lombarda, Uberto da Crema: tragedia che, bruciatagli
dalle guardie, riscriverà nel 1860 e farà pubblicare a sue spese nel 1864 (per
l’occasione Angelo De Gubernatis, su «La Civiltà Italiana», ne elogerà il rinnovato
impegno tematico, fatto come sempre di amore della patria e odio della servitù:
ma l’autorevole critico non mancherà al contempo di stroncare certe debolezze
di sceneggiatura e di versificazione dell’industrioso avvocato leccese).
251
1849-1860. Appena rimesso in libertà, nel marzo del 1849, l’indomito Rossi
scrive una messa funebre in onore del liberale Damiano Pontari, dirigendola in
pubblica esecuzione presso la chiesa leccese di Sant’Angelo; a distanza di un anno,
è nuovamente arrestato, con l’accusa di aver affisso cartelli inneggianti alla
Costituzione. Sigismondo Castromediano, il più famoso patriota del Risorgimento
salentino con cui divide il carcere, lo ricorda come un giovane d’indole “ardente
e irrequieta”, musico eccellente e autore di libretto e partitura dell’Iginia d’Asti,
opera in musica “ancora inedita” (e tale restò), molto probabilmente ispirata
all’omonima tragedia che pure Silvio Pellico aveva scritto in prigione, rivisitando
romanticamente un episodio della guerra civile fra Guelfi e Ghibellini. È peraltro
da notare che il soggetto aveva già ispirato, tra gli altri, il librettista Girolamo
Marini e il musicista Tommaso Genoves, per una fortunata rappresentazione
napoletana del 1840 probabilmente non ignota al Rossi. Smorzato temporaneamente
l’impegno politico, intensifica la sua attività di scrittore e musicista componendo
e dirigendo concerti per le devote manifestazioni indette dall’arciconfraternita
dell’Addolorata in Sant’Angelo e dai Gesuiti, nuovamente rientrati in città dopo
la parentesi costituzionale (l’afflato religioso, del resto, non fu mai da lui sentito
in contraddizione con le idealità risorgimentali). Intanto, la ideale sintonia col
primo maestro Giacomo Lombardi si conferma con la rappresentazione nel 1853,
presso il locale Teatro pubblico, dell’ Elfrida di Salerno: il Rossi ne ha scritto
il libretto, il Lombardi la musica, e le autorità, al solito, sembra non abbiano
apprezzato, almeno a leggere la corrispondenza privata di giovani letterati che al
tempo sono ospiti del Collegio dei Gesuiti (Ludovico Rienzi, Tommaso Briganti).
Il contesto municipale, autorizza a pensare ad una diretta derivazione dalla tragedia
Tancredi conte di Lecce di Davide Bertolotti (ed. 1832, tolta da una cronaca
pugliese: Elfrida vi figura come sposa segreta di Tancredi), piuttosto che dall’opera
lirica Elfrida di Sesto Giannini (versi) e Giuseppe Puzone (musica), andata in scena
al S. Carlo nel 1849.
1860-1881. Arrestato preventivamente negli ultimi mesi del regno borbonico e
finalmente messo in libertà nel settembre del 1860, il patriota leccese organizza
subito manifestazioni filogaribaldine, facendo poi eseguire (18 ottobre), nel teatro
cittadino, comunemente detto di S. Giusto, un proprio inno che plaude all’imminente
Plebiscito (sarà poi pubblicato a Napoli col titolo di Inno costituzionale). Nel
luglio dell’anno seguente, nello stesso teatro viene eseguita la sua tragedia lirica
Caterina di Guisa, con “spartito nuovo del tutto” (per una volta Rossi si è avvalso
di un libretto altrui, precisamente di Felice Romani, già usato da Carlo Coccia
nel 1833 e 1836). Sfogate le tensioni patriottiche, si impegna dunque nella
rivisitazione del tema della cieca gelosia, causa di morti innocenti – ma malgrado
l’impegno del baritono Sansone e del giovane direttore Pontari, questo nuovo
cimentarsi nel genere operistico appare molto audace ai cronisti locali, tanto più
che la Caterina è eseguita dopo che il pubblico leccese ha largamente applaudito
l’Attila e il Macbeth verdiani. Né la ripresa del titolo nel 1863, sempre al teatro
di Lecce, sortisce maggior fortuna, anche se questa volta la responsabilità è
attribuita alla “mediocrità” degli interpreti. E si deve probabilmente a questi anni
l’ideazione di uno svelto trattatello intitolato Il compositore autodidatta (poi
stampato a Portici, in anno imprecisato, presso l’editore Florio), i cui 4 capitoli
e 14 paragrafi (I: Accordo e disposizione delle parti, Moto delle parti, Forma e
252
Requiem in morte del patriota Pontari, ed una Messa di Gloria a grande – sic –
orchestra, tutte composizioni in uso della confraternita leccese dell’Addolorata in
Sant’Angelo). E può esser anche utile accostare tale corpus a certe appassionate
critiche musicali dell’autore, il quale, dimostrando di ben conoscere la storia
dell’opera italiana, francese e tedesca con relative querelles, resta poi assoluto
partigiano della “fecondità linguistico-melodica” nazionale, cui l’armonia “dee far
da complemento” (la stessa Aida è vista come una sorta di aggiornamento filo-
francese, che lascia tuttavia “invulnerate le italiane tradizioni della melodia”).
Dall’insieme risulta l’impressione di un dilettante di talento, di un “compositore”,
effettivamente, “autodidatta”, inteso a supplire con l’entusiasmo e l’ispirazione,
nonché con la prudente imitazione dei grandi autori italiani coevi, alla mancanza
di studi regolari. Forgiato al fuoco patriottico del Risorgimento meridionale e a suo
modo partecipe – per il voler esser tutt’insieme poeta, musicista e critico delle arti
– dell’ideale romantico dell’artista totale, Beniamino Rossi impersona dunque, con
suggestiva vivezza le ambizioni e, alla lunga, i rimpianti di un piccolo mondo antico
che, marginale e periferico in una Italia essa stessa senza più primati, non ignorava
ma di fatto non capiva e forse al limite temeva le tensioni estetiche di contesti ben
più ampi e “avveniristici”.
Bibliografia
BERNARDINI Nicola, Lecce nel 1848. Figure, documenti ed episodi della rivoluzione, Bortone, Lecce
1913.
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COSI Luisa, Il progresso dell’incivilimento ovvero la banda della Guardia Urbana di Lecce (1835-
1860) nella tradizione bandistica di Terra d’Otranto, in «L’Idomeneo», I/1998, pp. 351-389.
DELLA NOCE Gaetano, Musica patriottica in Lecce, in «Rivista Storica Salentina», VI (1909), pp. 292,
300-308.
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pp. 75, 79-80.
LA SORSA Saverio, Gli avvenimenti del 1848 in Terra D’Otranto - Narrazione storico-critica, Dante
Alighieri, Milano 1911.
MANSI MONTENEGRO Beatrice, Il Teatro di S. Giusto a Lecce: città e cultura musicale tra Settecento
e Ottocento, in «Itinerari di ricerca storica», X (1996), pp. 195-196.
PALUMBO Pietro, Risorgimento Salentino, G. Marcello, Lecce 1911.
PANAREO Salvatore, Dalle carte di Polizia dell’Archivio provinciale di Lecce. IV. Lecce, in «Rinascenza
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RIZZO Gino, La cultura letteraria: identità e valori, in Storia di Lecce. Dagli Spagnoli all’Unità,
a cura di B. Pellegrino, Laterza, Bari 1996, pp. 818-820, 824-825.
SCARDIA Marcello, Un diario in carcere di Sigismondo Castromediano, in «Rinascenza Salentina»,
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VACCA Nicola, Giornali e giornalisti salentini, tip. ed. Salentina, Lecce 1940, pp. 29-34, 47-48.
Opere drammatiche
1. Roberto Conte di Lecce, melodramma su libretto proprio, LE teatrino del Reale Collegio
retto dai Gesuiti 1837.
2. Iginia d’Asti, melodramma su libretto proprio, 1848 non rappresentato.
3. Caterina di Guisa, melordamma di Felice Romani, LE teatro di S. Giusto luglio 1861
\ LE teatro di S. Giusto 1863.
4. Bianca de’ Gaddi, melodramma su libretto proprio, LE teatro di S. Giusto 1862.
Luisa Cosi
254
GIACINTO SALLUSTIO
Molfetta (BA), 15 agosto 1879 - Roma, 29 ottobre 1938
Cronologia
modo discreto con cui Sallustio tenta la sua carriera di operista, da un lato
consapevole delle difficoltà di accedere al mondo dell’opera per un giovane e
sconosciuto compositore, dall’altro insicuro e fortemente critico nei confronti delle
sue prime realizzazioni. Devono passare diversi anni prima che egli torni a comporre
per il teatro musicale, con altri due lavori rimasti isolati quanto quelli giovanili,
l’operetta Il pipistrello e l’oratorio Il Redentore in Galilea, accomunati
dall’incertezza sulla datazione e dalla stessa scarsità di informazioni a riguardo.
Il nome di Sallustio è legato soprattutto alla sua fama di didatta, capace di dar
vita a una sua scuola, basata sul tradizionale insegnamento musicale, ma anche
cautamente aperta ad accogliere il nuovo, come mostra il suo interesse nei confronti
di compositori quali Respighi e Zandonai. La stessa moderazione caratterizza la
sua scrittura che, sia nella grande sia nella piccola forma, si mostra sostanzialmente
legata alla tonalità classica, attenta alla prosodia del testo e all’eleganza della
melodia, indirizzata alla ricerca di un equilibrio e di una correttezza formale, in
generale elementi tipici del suo approccio artistico. La sua ricca produzione
musicale, la pluralità di interessi e di attività musicali, lasciano emergere la
necessità di ulteriori indagini che possano contribuire a collocare doverosamente
la figura dell’artista all’interno del panorama musicale del secolo scorso.
Bibliografia
(SCHMIDL, STIEGER)
DE ANGELIS Alberto, L’Italia musicale di oggi. Dizionario di musicisti, Ausonia, Roma 19222, p.
436.
FONTANA Aldo, Molfetta, raccolta di notizie storiche: galleria degli uomini illustri, Angelo Alfonso
Mezzina, Molfetta 1965, p. 141.
RAELI Vito, Maestri compositori pugliesi, Giovanni Raeli, Tricase 1925, p. 21.
LA SORSA Saverio, Storia di Puglia, IV, Levante, Bari, p. 202.
Beatrice Birardi
257
Cronologia
Il suo secondo nome è Mario. Figlio di un falegname, mostra sin da subito una
spiccata propensione per l’arte musicale tanto che il padre lo fa studiare contrap-
punto e composizione a Napoli con Giorgio Miceli, dove diviene presto trombet-
tista della Guardia Nazionale. Esordisce come compositore a ventidue anni con
una Messa e un Quartetto per archi. Inizia la sua carriera teatrale nel 1872 con
l’opera, La forza del denaro, su libretto di Angelo De Sanctis, rappresentata al
Teatro Nuovo di Napoli il 22 febbraio. A detta di alcuni, nello stesso giorno si
rappresentò anche un’opera del suo maestro Miceli, che ottenne però un successo
di gran lunga minore. Miceli, per “vendicarsi” di questo affronto, fece passare
Scarano per uno iettatore. La carriera proseguì, con opere come Il tartufo, Lo
starnuto di Giove, Trappola d’amore e soprattutto La tazza da the (Torino, Circolo
degli Artisti, 3 dicembre 1888), opera giocosa ambientata all’epoca della dinastia
dei Ming, che gli valse il primo premio del concorso nazionale del Comune di
Torino per musicare il libretto di Ugo Fleres. Perfino Giuseppe Verdi lo elogiò.
Costretto a rompere un contratto con l’editore Ricordi, che non si decideva a far
rappresentare l’opera Marion Delorme, Scarano vide la propria carriera volgere
verso il declino, nonostante il buon incontro di opere come Caporal Mimì (1894)
e il melodramma Renata o La tradita, col quale vinse poco prima di morire un
premio a Berlino. Nel 1892, partecipò, anche, al concorso bandito dal Regio
Istituto Musicale di Firenze con un Trio per violino, violoncello e pianoforte.
Compose, inoltre, diversa musica vocale da camera e dei pregevolissimi lavori
sinfonici. Trascorse buona parte della sua vita nel capoluogo partenopeo come
compositore e insegnante di pianoforte.
La fortuna di Oronzo Mario Scarano, al di là della malevola fama addossatagli
dal suo maestro, non fu duratura: dopo i primi successi (La forza del denaro, Lo
starnuto di Giove, La tazza da the) non riuscì più, per svariate vicende, a proporre
in patria una sua opera. Tra l’altro, il recente ritrovamento di una lettera di Miceli
inviata il 13 dicembre 1870, all’allora bibliotecario del Conservatorio di Napoli
Francesco Florimo, dimostra quali e quante difficoltà doveva affrontare un giovane
compositore dell’epoca che voleva far rappresentare i propri lavori, riferendosi
proprio alla Forza del denaro del giovane Scarano.
La “riscoperta” postuma di Scarano è avvenuta soltanto nel 1983 grazie all’in-
teresse dell’allora vice Presidente della Provincia di Taranto Gianvito Caldararo.
Nell’ambito delle manifestazioni musicali dell’estate 1983 furono organizzati due
concerti dall’Orchestra Sinfonica di Taranto e dal Coro dei Cantori della Con-
cattedrale di Taranto, diretti dal maestro Riccardo Saracino, con brani tratti
dall’opera Mater, dal Nino e Ninetta e dall’Ave Maria. In occasione dei concerti
258
Bibliografia
AMBÌVERI Corrado, Operisti minori dell’Ottocento italiano, Gremese, Roma 1998, p. 142.
CAROCCIA Antonio, “I canti soavi”: il carteggio Miceli-Florimo (1870-1886), in Giorgio Miceli
e la musica nel Mezzogiorno d’Italia nell’Ottocento, a cura di Maria Paola Borsetta e Annunziato
Pugliese, Vibo Valentia, Ibimus Calabria (in corso di stampa).
D’ANDREA Renzo, Vita musicale a Lecce e nel Salento dal III secolo a.C. ai giorni nostri, con
schedario biografico degli artisti, cantanti e musicisti piu noti, Schena, Fasano 1985.
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professore Giovanni Masutto, Stab. Tip. di Gio. Cecchini, Venezia 18823, p. 178.
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RAELI Vito, Maestri compositori pugliesi e altri scritti di musicologia pugliese, Società di storia
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Tendenze della musica teatrale italiana all’inizio del Novecento. Atti del 4. Convegno internazio-
nale Ruggero Leoncavallo nel suo tempo (Locarno, Biblioteca cantonale, 23-24 maggio 1998)
a cura di Lorenza Guiot e Jurgen Maehder, Casa musicale Sonzogno, Milano 2005, p. 88.
VILLANI Carlo, Scrittori ed artisti pugliesi antichi, moderni e contemporanei, Vecchi, Trani 1904.
Opere drammatiche
1. La forza del denaro, opera comica di Angelo De Sanctis, NA Nuovo 22 febbraio 1872.
2. Griselda o La marchesa di Saluzzo, opera semiseria in tre atti di Enrico Golisciani,
NA Nuovo 6 gennaio 1878.
3. Lui..? Lei..? opera di Tullio Clare, NA Società del Quartetto Popolare maggio 1886
(libretto in I-Nc, I-Nn, I-Vgc).
4. Trappole d’amore, opera semiseria in tre atti di A. Riccionisi, NA Nuovo 21 maggio
1887 (libretto in I-Fn).
5. La tazza da the, opera giocosa in due atti di Ugo Fleres, TO Circolo degli Artisti 3
dicembre 1888 (libretto in I-Nc, I-Vgc).
6. Non toccate la regina, opera in tre atti di Almerindo Spadetta da Scribe, Parigi Opéra-
Comique 16 gennaio 1889 \ MI Manzoni 30 agosto 1890 (libretto in I-Vgc).
7. Bì bà bù, opera di Almerindo Spadetta, in collaborazione con De Nardis, NA Nuovo
marzo 1881.
259
NICOLA SCARDICCHIO
Bari, 17 luglio 1954
Cronologia
di Eduardo De Filippo (Cagliari, Teatro Lirico, 1995), di Mosè, cantata per basso
e orchestra (Lecce, Politeama, 2005), di Platon. Una lettura dal Symposion, per
voce recitante, piccolo coro misto, flauto, arpa e percussioni (Napoli, Cappella
della Pietà dei Turchini, 2006), di Alla Musa, cantata per voce sola e orchestra
da camera su testo di Ugo Foscolo (Nizza, Orchestra Filarmonica, 2007).
Sugli aspetti estetici e linguistici del rapporto di Nicola Scardicchio con il teatro,
riportiamo qui le parole dello stesso musicista.
«Fin da giovanissimo accanto alla musica autonoma ho sempre amato la musica
legata a teatro, cinema, danza, narrazione e tutto quanto riguardi il rapporto tra
musica e parola, detta o rappresentata. Un po’ per tradizione familiare – i miei
genitori provengono da famiglie della piccolissima borghesia molto amanti del
melodramma – fin da ragazzino ho frequentato il teatro d’opera e subito ho amato
il balletto. Naturalmente a questi amori si è aggiunto quello per il cinema, che
mi pare essere oggi la forma che ha preso il posto che fu del melodramma quale
forma di spettacolo globale di impatto popolare. Oltretutto in famiglia avevo mia
madre dotata di una bellissima voce di soprano, sulla quale aveva rinunciato ad
investire per metter su famiglia. Quando conobbi Nino Rota ne ascoltai I due
timidi, seguendo la produzione dell’opera presso il Petruzzelli ai primi degli anni
’70: mi accorsi che ancor oggi c’è spazio – uno spazio diverso da quello ottocentesco
– per la composizione di melodrammi e presto cominciai a pensare a comporne
anch’io. Ma nel frattempo già componevo musiche di scena per ogni sorta di
spettacolo teatrale: per una Medea di Euripide, mai rappresentata per mancanza
di mezzi, scrissi tanta musica dopo attenti studi sulla musica greca antica. E da
allora non ho smesso di pensare ad affiancarmi con la mia musica a cose di teatro
quale che sia. Verso la metà degli anni Settanta cominciai a pensare ad una vera
e propria opera su mio libretto tratto dal Dracula di Bram Stocker e in un
quinquennio completai il lavoro. Accanto ad una giovanile ricerca linguistica già
da allora emergeva la naturale inclinazione per il canto: senza ricorrere a pezzi
chiusi ogni personaggio ha la sua vocalità, i suoi momenti solistici (che sono vere
e proprie romanze) senza per questo interrompere la continuità teatrale. Il mio
modello è stato senza dubbio il Boris Godunov di Mussorgskji, così come non poca
influenza ebbero su di me la scrittura vocale dello Janacek dell’Affare Makropoulos
o certe interessanti formulazioni del Samuel Barber di Anthony and Cleopatra
o del Menotti di The Medium o ancora la pubblicazione, avvenuta in quel periodo,
di Mass di Leonard Bernstein, che m’indusse anche ad approfondire certi sintagmi
armonici e di scrittura. Insomma cercai la mia voce nel confronto con quelli che
mi parevano modelli melodrammatici a cui mi sentivo affine. Non a caso tra quei
modelli manca Igor Stravinskji, che pure è per me il massimo rappresentante della
musica del Novecento: musicista che amo senza riserve, ma che è diverso da quello
che cercavo nella mia epopea vampiresca.
Nel 1987 misi mano ad una cantata scenica basata sul capolavoro di Apuleio
Le metamorfosi. In ciò stimolato dal fraterno amico Momcilo Borojevic, grande
maestro di danza classica formatosi presso il Bolshoi di Mosca e coreografo
262
valentissimo, trassi un libretto su cui composi un’opera per voci recitanti, soprano,
baritono, basso, coro e due pianoforti che ebbe una prestigiosa rappresentazione
presso il Teatro Petruzzelli nello stesso anno, con due interpreti d’eccezione come
Salvatore Capozzi e Margherita Parrilla nel ruolo di Amore e Psiche, per la regia
dello stesso Borojevic. In questo caso ancora una volta ho cercato di comporre una
partitura che avesse una reale funzionalità teatrale ed insieme una chiara connotazione
melodica riproponendo, con libera invenzione, moduli melodici stilizzati per creare
le atmosfere arcaiche e misteriche connotanti la favola di Apuleio. Nel madrigale
rappresentativo sulla favola di Amore e Psiche ho riproposto la formula monteverdiana
dei ritornelli strumentali alternati alle strofe cantate e nel corteo di Iside della scena
finale una passacaglia accompagna l’incedere della processione misterica. In questo
atteggiamento apertamente neoclassico nelle citazioni di forme e stilemi antichi
non posso non rendere grazie agli esempi illustri di Carl Orff e dello Stravinskji
di Oedipus Rex, Perséphone o Apollon Musagète, opere di stile e scrittura del
tutto diversi da quanto andavo io componendo, ma che segnano una precisa
indicazione del rivivere il passato con occhi moderni. In questo lavoro, d’altro
canto, ho recuperato e rielaborato materiali musicali di un’opera tratta dal Satyricon
di Petronio, composta quasi per intero nel 1972, progetto abbandonato quando
seppi che Bruno Maderna aveva a sua volta lavorato allo stesso soggetto. Va da
sé che in quel mio Satyricon lo sguardo curioso e tutto inedito del capolavoro
felliniano aveva lasciato tracce evidenti.
Una ricerca intorno alle possibilità di affiancamento della musica alla parola,
nell’intento di “rappresentare”, narrare, rendere visibile l’azione attraverso la scrittura
musicale, vissuta anche attraverso brani con voce recitante così come nei miei lavori
per la danza, primo fra tutti Filumena Marturano, balletto tratto dalla celebre
commedia di Eduardo De Filippo composto per Carla Fracci con libretto di Beppe
Menegatti su temi di Nino Rota tratti dalle musiche composte per il film di Eduardo».
Bibliografia
La bibliografia su Nicola Scardicchio consiste esclusivamente di recensioni critiche. Si dà qui notizia
solo di quelle relative alla cantata scenica Asinus aureus.
C. S., L’Italia a Saarbrücken, in «Corriere d’Italia», 5 novembre 1994.
SBISÀ Nicola, Nuove speranze della danza con una partenza alla grande, in «La Gazzetta del
Mezzogiorno», 6 giugno 1987.
Risorse on line
Sul sito del giornale «Cannibali» sono presenti numerosi links con interviste a Nicola
Scardicchio. Si rimanda inoltre alla voce Nicola Scardicchio su Wikipedia.
Opere drammatiche
1. Dracula, opera su libretto proprio, 1978 (revisionata nel 2003).
2. Due carillons, musiche di scena per I ciechi di Maurice Maeterlinck, regia di Corrado
Veneziano, BA Centro Culturale «Re Artù», 21 luglio 1980.
3. Zeza, musiche di scena per lo spettacolo di Lamberto Lambertini, Paris Theatre de Paris
24 ottobre 1984.
263
4. Asinus Aureus, frammenti da Apuleio, cantata scenica su libretto proprio per soprano,
baritono, basso, coro, voci recitanti e due pianoforti, BA Petruzzelli 4 giugno 1987
\ BA Monastero di Santa Scolastica al Porto 14-16 maggio 1991; Saarbrücken
Schloâkirche 6 novembre 1994.
5. Assunta Spina, musiche di scena per il dramma di Salvatore Di Giacomo, regia di
Lorenzo Salveti NA Teatro Cilea dicembre 1987.
6. Filumena Marturano, musiche per la coreografia su temi di Nino Rota, regia di Beppe
Menegatti CA Teatro Lirico 18 aprile 1995.
7. Medea, musiche di scena per la tragedia di Lucio Anneo Seneca, regia di Nicola
Valenzano BA 2005.
8. Fedra, musiche di scena per la tragedia di Jean-Baptiste Racine, coreografia e regia
di Domenico Iannone, BA 2006.
9. Suite pour danseurs, musiche per la coreografia di Momcilo Borojevic, 2006.
10. Salomè, musiche di scena per la tragedia omonima di Oscar Wilde, regia di Nicola
Valenzano, Amman Al-Hussein Cultural Center Theatre 14 febbraio 2009.
Angela Annese
264
TITO SCHIPA
Lecce, 2 gennaio 1889 - New York, 16 dicembre 1965
Cronologia
non racconti altro che la storia piuttosto banale, immaginata in un contesto circense,
di un riconoscimento, con immancabile lieto fine. La musica, anche nelle arie
staccate che sono conservate, sembra essere decisamente migliore, visto il successo
di pubblico che l’operetta ottenne. Le rappresentazioni furono numerose: la già
citata prima messa in scena fu preceduta da una esibizione in forma di concerto
data a New York, il 30 aprile dello stesso anno, presso il Loreto Auditorium. Altre
repliche, sotto la direzione dello stesso Schipa, si ebbero nel 1935 a Milano (Teatro
Lirico) e a Lecce (Teatro Politeama Greco), a Torino (Teatro Vittorio Emanuele)
nel 1936. Nuovamente nel ’35 l’opera fu eseguita a Roma negli studi dell’EIAR.
Bibliografia
Risorse online
Il sito ufficiale www.titoschipa.it contiene numerose fonti sul celebre tenore ed è ricco di
utili links.
Opere drammatiche
1. La Principessa Liana, operetta in tre atti di Alcide Santoro e di Ennio Neri, New York
Loreto Auditorium 30 aprile 1929 (libretto e arie in I-LEcon) \ Roma Teatro Adriano
22 giugno 1929; MI Teatro Lirico 1935; LE Teatro Politeama Greco 1935; Roma studi
EIAR 1935; TO Teatro Vittorio Emanuele 1936.
Sarah Iacono
267
Cronologia
da parte della critica, che non riserva un’accoglienza favorevole neppure ai lavori
immediatamente successivi: il Quartetto in re minore (1912), l’opera lirica Bian-
cofiore (1913) e il Sestetto per archi in mi bemolle maggiore (1917). Solo nel
1917, con l’opera Amy Robsart, e poi nel 1920, con il poema sinfonico La pampa
e l’opera La sirocchia, critici e musicologi cominciano a riservare un’attenzione
positiva a Schiuma, che ora orienta la sua ricerca verso argomenti ed elementi
linguistici più vicini alla storia e alla cultura latino-americana. Nel 1923, final-
mente avviene la sua consacrazione con l’opera lirica Tabaré, che in quell’anno
vince il Premio Municipal de Óperas e, rappresentata per la prima volta al Teatro
Colón il 6 agosto 1925 con la direzione di Tullio Serafin, verrà ripresa in molte
stagioni successive a Buenos Aires e nei maggiori teatri d’Argentina. Accanto
all’intensa attività di direttore d’orchestra prosegue negli anni il lavoro di com-
positore, sempre legato al teatro. Nascono così il balletto La infanta (1937), l’opera
Las Vírgenes del Sol (1938), vincitrice del Premio della Comisión Nacional de
Cultura, e il racconto lirico in tre atti El manto mágico: Piel de asno (1947-49),
che non verrà mai rappresentato.
Fondatore a Buenos Aires del «Conservatorio Schiuma» che vede a poco a poco
impegnarsi nell’attività didattica tutti i numerosi musicisti della sua famiglia,
Alfredo Schiuma muore a Buenos Aires il 23 luglio 1963.
La presenza musicale europea, che ancora nei primi decenni del Novecento
monopolizza sotto ogni aspetto la vita musicale argentina, esercita tutta la sua
influenza sulla formazione stilistica ed estetica del giovane Schiuma. Particolarmente
presente e amata, anche tra i tantissimi immigrati appena giunti in cerca di fortuna,
è l’opera italiana: direttori europei e, soprattutto, tutti i più grandi cantanti lirici
italiani, sono ogni anno ospiti dei teatri di Buenos Aires nei titoli più rappresentativi
del repertorio ottocentesco ma anche nelle novità di sicuro successo, da Montemezzi
a Zandonai, da Franchetti a Puccini. È dunque quasi naturale che il giovane
Schiuma guardi a quell’opera italiana come a un sicuro riferimento per le sue prime
prove di teatro musicale, attirando su di sé molte critiche – soprattutto da parte
dei più eminenti membri dell’Associazione Wagneriana argentina – proprio per
la sua adesione incondizionata a un modello, quello della successione di lunghi
recitativi e pezzi chiusi, che si ritiene ormai superato. È una scelta cui si informano
le opere Biancofiore, La sirocchia – che già nel titolo, un’antica parola italiana
per “sorella” di ascendenze dantesche, rende ben chiari stile e ambientazione –
e Amy Robsart, ispirata come moltissimo teatro lirico ottocentesco, a un romanzo
storico di Walter Scott, cui viene rimproverata una veste musicale fin troppo
sontuosa e comunque inefficace nella ricostruzione dell’Inghilterra elisabettiana,
a partire dall’assenza di chiari riferimenti alla musica inglese di quel periodo.
D’altra parte, alla cultura letteraria e musicale europea sono legate anche due tra
le ultime creazioni per il teatro: il racconto lirico El manto mágico: Piel de asno,
dalla fiaba popolare francese riscritta da Charles Perrault, e il balletto La infanta,
ispirato al racconto di Oscar Wilde Il compleanno dell’infanta già soggetto
dell’opera di Zemlinsky Der Zwerg e di una omonima pantomima di Franz Schrecker,
269
nel quale l’ambientazione ispanica resa dalla musica con spontanea efficacia
rientra comunque in un impianto linguistico e formale nel solco della tradizione.
Tra la metà degli anni Venti e la fine dei Trenta Schiuma sviluppa un interesse
sempre più marcato per la cultura e la storia musicale dell’America Latina e
dell’Argentina in particolare, con un’attenzione orientata sia verso il folklore indio
delle origini sia verso quello ispanico dei conquistatori, cui attinge ampiamente
nella composizione di Tabaré, la sua opera più importante e rappresentata, per
mettere in scena la disperata lotta per la sopravvivenza dei Charrúa, tribù indigena
che abitava la zona oggi compresa Brasile meridionale, Uruguay e Argentina
settentrionale. Una ricerca che si arricchisce di nuova profondità nella successiva
Las Vírgenes del Sol, opera di ampia concezione molto amata da Héctor Villa-
Lobos in cui una sapiente mescolanza di generi e stili musicali racconta la fine
della cultura inca e la nascita, dalla fusione tra quella spagnola e quella indigena,
di una nuova stirpe e di una nuova civiltà.
Bibliografia
(DEUMM, ES, MGG, NG2001, NGO)
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270
SENILLOSA Mabel, Compositores argentinos, Casa Lottermosser, Buenos Aires 1956, p. 451.
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–, 100 años de música en Buenos Aires: de 1890 a nuestros dias, Ediciones de Arte Gaglianone,
Buenos Aires 1992, pp. 143, 153, 199.
Le opere di Schiuma sono inedite. I manoscritti sono conservati a Buenos Aires nel Fondo
del Archivo particular de Alfredo L. Schiuma curato da Ana María Mondolo.
Risorse on line
Un ampio saggio di Ana Maria Mondolo su Schiuma è disponibile sul sito http://
www.uca.edu.ar e su http://www.musicaclasicaargentina.com/mondolo/sflia.pdf Notizie sul
musicista in Memoria del Teatro Colón IV 1931-1940: la crisis, la paz y la guerra, in
Revista, n. 43, rivista on line del teatro Colón all’indirizzo http://colon.is.com.ar/colonweb/
revista/rev43/memorias.html. Il Diccionario Biográfico Italo-Argentino, scaricabile
all’indirizzo http://www.dante.edu.ar/web/dic/s.pdf della Asociación Dante Alighieri de
Buenos Aires. Prólogo de Raúl Montero Bustamante a “Tabaré” de Juan Zorilla de San
Martín al sito www.archivodeprensa.edu.uy.
Opere drammatiche
1. Biancofiore, opera lirica in due atti di Agenor Magno, Buenos Aires Politeama Argentino
8 gennaio 1915.
2. Amy Robsart, opera lirica in quattro atti di Agenor Magno dal romanzo Kenilworth di
Walter Scott, Buenos Aires Teatro Coliseo 24 aprile 1920.
3. La sirocchia, commedia lirica in un atto di Agenor Magno, Buenos Aires Teatro Odeón
23 aprile 1922 \ col titolo Litigio de amor, Buenos Aires Teatro Colón 15 settembre
1931.
4. Tabaré, opera lirica in tre atti di Jorge Servetti Reeves dal poema omonimo di Juan
Zorilla de San Martín, Buenos Aires Teatro Colón 6 agosto 1925.
5. Las Vírgenes del sol, dramma lirico in tre atti di Ataliva Herrera dal poema omonimo
dello stesso autore, Buenos Aires Teatro Colón 9 giugno 1939.
6. La infanta, balletto sul racconto Il compleanno dell’infanta di Oscar Wilde, Buenos
Aires Teatro Colón 12 agosto 1941.
7. El manto magico: Piel de asno, racconto lirico in tre atti, 1947-1949 non rappresentato.
Angela Annese
271
RITO SELVAGGI
Noicattaro (BA), 22 maggio 1898 - Zoagli (GE), 19 maggio 1972
Cronologia1
1898-1914. Rito Selvaggi inizia precocissimo gli studi musicali con lo zio
materno Vitantonio Susca e con Giuliano Consiglio, rispettivamente clarinettista
e direttore della banda musicale di Noicattaro. Sostenuto nella sua passione per
la musica dalla famiglia, nel 1910 Selvaggi viene ammesso al liceo «G. Rossini»
di Pesaro, dove prosegue gli studi con i maestri Mario Vitale e Amilcare Zanella,
conseguendo il diploma in armonia e pianoforte. A quattordici anni si esibisce in
un concerto a Parigi, dove riceve gli apprezzamenti di due ascoltatori d’eccellenza,
Paderewski e Debussy. Poco tempo dopo, tiene un recital pianistico a Bologna dove
è notato da Ferruccio Busoni, del quale diviene in seguito allievo.
1914-1920. Non ancora diciottenne è chiamato alle armi come tenente nel 242°
Reggimento Fanteria, rimanendo ferito in un conflitto contro gli austriaci. In questo
periodo, tiene diversi concerti per i militari con l’orchestra interalleata di guerra,
ideata dallo stesso Selvaggi e composta da musicisti di varie nazionalità appartenenti
alle forze alleate presenti sul fronte italiano. Compone le sue prime opere sinfoniche:
Introduzione e Corale (1914), Meditazione per arpa e orchestra (1915), Tempo
di concerto per pianoforte e orchestra (1915), Vibrazioni notturne (1916). Fin dai
suoi esordi, la carriera di Selvaggi è caratterizzata da un costante interesse verso
la musica vocale sacra, alimentato da una profonda devozione religiosa che lo vede
cimentarsi nella composizione di messe, oratorii, brani polifonici, inni, laude, ecc..
Tale inclinazione riceve un ulteriore impulso dalle lezioni con Venceslav Bulicioff,
direttore della Cappella Sinfonica di Mosca e allievo di Sergej I. Taneev. La prima
importante composizione sacra è la Messa per quattro voci e orchestra del 1916.
Lo stesso anno scrive la sua prima opera in musica, il bozzetto drammatico Il falco
dalmata. Subito dopo l’armistizio, Selvaggi è a capo del Commissariato civile di
Rovereto dove, fra i vari compiti, si occupa della riedificazione del Teatro Sociale,
che decide poi di inaugurare con la Francesca da Rimini di Riccardo Zandonai
(del quale fa inoltre ricostruire la casa natale ad Arco di Trento). Durante
l’occupazione di Fiume, collabora con D’Annunzio alla stesura della Carta del
Carnaro, per la parte della legislazione riguardante l’istruzione musicale, e diventa
centurione della milizia nella Legione Orfica. Nella città occupata scrive La città
olocausta, poema sinfonico per orchestra, e la Canzone del Carnaro, su testo di
D’Annunzio. Tiene inoltre varie conferenze in qualità di musicologo in varie città
italiane.
1
Si ringrazia sentitamente Rito Selvaggi jr. per le preziose informazioni fornite.
272
Fra questi si segnalano il Canto della milizia (1930) e il Canto dei volontari
d’Italia (1943). Divenuto Commissario straordinario del Sindacato orchestrale
romano e presidente della Commissione di reggenza del Sindacato dei musicisti,
Selvaggi ottiene inoltre vari incarichi da parte del Ministero dell’Educazione
Nazionale, che lo invia all’estero per missioni di carattere culturale-musicale.
1938-1943. Nel 1938 assume la direzione del Conservatorio di Palermo, dove
gli viene assegnata anche la presidenza che detiene fino al 1941. Sotto la sua guida
iniziano i lavori di restauro dell’edificio e degli strumenti musicali ivi presenti,
si riorganizzano i corsi didattici con l’inserimento di sette nuovi insegnamenti, fra
cui direzione d’orchestra, clavicembalo e acustica, e viene inoltre creata, con il
contributo di tutti gli insegnanti, l’orchestra settecentesca «Alessandro Scarlatti»
per i venerdì musicali. Nel 1939 dirige alla radio una sua revisione della sinfonia
dell’Ifigenia in Tauride di Tommaso Traetta, come già aveva fatto per la sinfonia
dell’Ifigenia in Aulide dello stesso compositore. Nel 1940 il regista Domenico M.
Gambino, utilizza musiche di Selvaggi, Zandonai, Martucci, e Costantino Ferri,
per il commento musicale del film Arditi civili. Nel 1943 una bomba colpisce la
casa di Selvaggi, che in seguito subisce anche un grave saccheggio, con seri danni
per i materiali archivistici, librari e sonori.
1945-1956. Terminata la guerra, Selvaggi, che era riuscito a portare avanti le
sue attività durante gli anni di regime ottenendo anche importanti riconoscimenti,
preferisce non passare dalla parte dei vincitori, decidendo di chiudersi coerentemente
nel suo silenzio. Ciononostante riceve duri attacchi da parte degli antifascisti, che
lo accusano di esser diventato direttore del conservatorio di Palermo grazie a una
nomina dall’alto e non per regolare concorso, ragion per cui viene forzatamente
sollevato dall’incarico e isolato. Anni dopo, il Ministero lo destina alla
Soprintendenza Bibliografica per il Lazio e l’Umbria, con lo scopo di studiare dei
fondi musicali manoscritti, conservati in varie biblioteche, fino ad allora mai
sottoposti a un esperto musicale. Nel 1947 porta a termine la musica e il libretto
per La sposa di Fontebranda, oratorio dedicato a S. Caterina da Siena nel sesto
centenario della sua nascita. Nell’arco della sua carriera Selvaggi realizza numerose
elaborazioni e trascrizioni di musiche antiche, con l’intento di promuovere e far
conoscere questo prezioso patrimonio. Tra le prime si ricordano Suite drammatica
con musiche di Purcell, le suites Couperiniana, e Rameau, entrambe per orchestra
d’archi, e la Frescobaldiana, aria per oboe e archi. Tra le trascrizioni si segnalano
alcuni preludi e fughe dal Clavicembalo ben temperato di Bach, per archi e
strumenti vari, 12 Canzoni dall’organo di Zipoli, per oboe e archi, la Sonata Pian
e Forte di Giovanni Gabrieli, per fiati e viole, e un Concerto grosso di Corelli
per archi. Nel 1951 porta a termine la sua ultima opera Mitzi, la cui idea originaria
risale agli anni Venti.
1956-1972. Dal 1956 al 1959 ritorna a Parma come direttore del conservatorio,
occasione che suscita accese proteste da parte dell’amministrazione comunista della
città nei confronti del compositore che aveva messo in musica versi di Mussolini e
scritto l’Ave Maria per voce e quintetto d’archi per le nozze di Edda e Galeazzo
Ciano. La stessa situazione, in maniera anche più aspra, si ripresenta a Pesaro dove
ricopre la carica di direttore del conservatorio dal 1959 al 1963. Qui l’amministrazione
comunale si oppone duramente a Selvaggi, il quale, nonostante tutto, si adopera per
274
della vita e della storia. La sua vasta produzione di musica sacra esprime forse
ancora meglio questo lato della sua personalità. In Maggiolata Veneziana i temi
della maternità, del tempo che passa, della fede, della passione amorosa e del-
l’innocenza, sono affrontati attraverso personaggi fortemente simbolici, che si
muovono in uno spazio quasi astorico, appena contornato dallo sfondo della città
di Venezia. Pur muovendosi nel solco del melodramma italiano, Selvaggi non
concepisce il dramma in funzione della centralità del canto, ma adotta un linguag-
gio apertamente sinfonico in cui l’orchestra raggiunge un’autonomia espressiva
soprattutto nella partecipazione attiva ai sentimenti dei personaggi e nella descri-
zione degli spazi e dei momenti temporali che scandiscono la vicenda, interamente
sviluppata nell’arco di una giornata. Ampio spazio è dato anche ai cori e alle danze,
fra cui la Furlana, certamente una delle pagine più riuscite dell’opera.
La seconda opera di maggior fortuna è l’oratorio La sposa di Fontebranda,
completato in occasione del sesto centenario della nascita di S. Caterina nel 1947,
ma nato da un’idea risalente a molti anni addietro, quando Selvaggi riveste la
carica di direttore presso il conservatorio di Palermo. In quegli anni gli viene
donato dal padre domenicano suo amico Filippo Caterini una copia de I colloqui
con Dio di santa Caterina da Siena. Colpito dalla lettura dell’opera, Selvaggi
compie ulteriori ricerche sulla vita della Santa, fino a decidere di dare corpo
musicale al materiale raccolto con un lavoro che lo impegna per ben sei anni,
considerato dal musicista più un atto di fede che un’opera d’arte vera e propria.
Nella scelta della forma musicale da adottare, Selvaggi ricorre all’oratorio perché
gli «offriva le maggiori possibilità di utilizzazione di mezzi tecnici e formali per
dare alla concezione musicale e drammatica quella sostanza profondamente
spiritualizzata che il soggetto richiedeva» (AZZARITA Leonardo, Incontro con Rito
Selvaggi, in «La Gazzetta del Mezzogiorno», 8 maggio 1949, p. 3). La natura
stessa dell’oratorio determina la concezione musicale di Selvaggi, il quale affida
agli strumenti, piuttosto che al canto, un ruolo fondamentale, perché solo la musica
può andare oltre i limiti della parola e dare corpo all’inesprimibile. Sempre grazie
ad alcuni stratagemmi musicali, il compositore fa irrompere nella storia spirituale
e ascetica della Santa la realtà degli anni di guerra in cui l’opera viene composta,
attraverso l’inserimento di ritmi, squilli, spunti melodici, che svolgono una funzione
quasi di ponte tra due contesti solo apparentemente lontani. La fortuna operistica
di Selvaggi resta legata principalmente a queste due opere, mentre gli altri lavori
sono rimasti perlopiù inediti o appena citati.
Bibliografia
(SCHIMDL)
Lui chi è, II, Editrice Torinese, Torino 1969.
ROPPO Vincenzo, Noa, memorie storiche di Noicattaro, Ed. Fiorentino, Noicattaro 1927, pp. 502-504.
SORRENTI Pasquale, I musicisti di Puglia, Laterza & Polo, Bari 1966, pp. 276-277.
Risorse on-line
Il sito www.ritoselvaggi.it, curato da Rito Selvaggi Jr., nipote del compositore, offre molte
informazioni sulla vita e sulle opere di Selvaggi.
276
Discografia
Edizioni
Opere drammatiche
1. Il falco dalmata, bozzetto drammatico in tre atti su libretto propiro, non rappresentato.
2. Estasi di Santo Francesco/Estasi francescana, oratorio n.n., Studi EIAR 25 novembre
1934 (partitura in I-Noicattaro, archivio privato Selvaggi*).
3. Maggiolata veneziana, tragedia lirica in un atto di Emanuele Lecconi e Rito Selvaggi,
NA S. Carlo 16 aprile 1929 (canto e piano in I-Noicattaro, archivio privato Selvaggi*)
\ Studi EIAR 11 luglio 1933
4. Fiamma, melodramma in tre atti di Antonio Lega, non rappresentato.
5. Trilogia del fuoco: S. Lorenzo-Giovanna d’Arco-Savonarola, tre misteri per un teatro
sacro su libretto proprio, non rappresentato.
6. Profumo di Dio, oratorio n.n., non rappresentato (partitura in I-Noicattaro, archivio
privato Selvaggi*).
7. Mitzi, melodramma in un prologo e due atti su libretto proprio, non rappresentato
(partitura in I-Noicattaro archivio privato Selvaggi*)
8. La sposa di Fontebranda/Santa Caterina da Siena, oratorio con proemio storico in
un prologo e tre tempi su libretto proprio, MI Auditorium Rai 31 ottobre 1956 (libretto
e partitura in I-Noicattaro archivio privato Selvaggi*).
9. Per crucem ad lumen, dramma mistico in tre atti e un epilogo su libretto proprio, non
rappresentato (partitura incompiuta in I-Sacsc*).
Beatrice Birardi
277
CARLO SESSA
Trani, 30 gennaio 1843 - Milano, 29 dicembre 1919
Cronologia
1867. Carlo Sessa compie gli studi presso il Conservatorio «S. Pietro a Maiella»
di Napoli con i maestri Bonacci, Parisi e Serrao. Nello stesso anno compone l’opera
comica in due atti Un marito vecchio, mai rappresentata.
1876. L’opera in 3 atti Cuor di marinaro, su libretto di Enrico Golisciani, viene
rappreentata al Teatro Comunale di Reggio Emilia, 3 giugno.
1883. Vince il concorso annuale del Ministero dell’Interno per una composizione
nell’anniversario della morte di Re Carlo Alberto con una Messa da Requiem,
eseguita il 28 luglio dello stesso anno nel Duomo di Torino.
1884. L’opera in 4 atti Re Manfredi, su libretto di Enrico Golisciani viene
rappresentata al Teatro Dal Verme di Milano, 23 luglio.
1885. Il 29 gennaio dirige al Teatro Comunale di Trani Cuor di marinaro.
1890. Vince il concorso per titoli come maestro di cappella e organista della R.
Basilica Palatina di Acquaviva delle Fonti, assumendone la carica assieme a quella
di maestro della Banda municipale.
1893. Sessa è vincitore del Gran Premio d’onore, con medaglia e bacchetta d’oro,
nel Gran Concours International de composition musicale «Le Carillon» di Bruxelles
patrocinato dal Principe di Fiandra. Nello stesso anno si dimette dalla carica di
maestro di cappella, scegliendo di dedicarsi esclusivamente alla composizione e
alla trattatistica: pubblica, per i tipi della Tipografia S. Giuseppe Collegio degli
Artigianelli di Torino il manuale Teoremi d’armonia.
1896. Esecuzione della sinfonia Viggiona al Teatro Piccinni di Bari.
1897-1919. Sessa compone l’opera in tre atti Il Piccinni, mai rappresentata. Si
stabilisce a Milano, dove si dedica alla direzione di concerti e all’insegnamento
del canto. Tra i suoi allievi il tenore Giacomo Dammacco (Bari 26 giugno 1883-
Milano 6 febbraio 1966).
Le quattro opere di Carlo Sessa sono un esempio di quel sommerso lavorio dei
tanti misconosciuti compositori che tra Otto e Novecento sono vissuti all’ombra
dell’ultimo Verdi e dell’emergente Mascagni. Dei quattro lavori per il teatro del
compositore tranese solo il secondo ed il terzo, ambedue su libretto di Enrico
Golisciani, hanno avuto una seppur breve fortuna. Di Cuor di Marinaro, tratto dal
278
Bibliografia
(DEUMM, SCHMIDL)
AMBÌVERI Corrado, Operisti minori dell’Ottocento Italiano, Gremese, Roma 1998, p. 144.
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«Gazzetta musicale di Milano», XXXI (1876), p. 3.
MASUTTO Giovanni, I maestri di musica italiani del secolo XIX. Notizie biografiche, 3. Ed. corretta
e aumentata, s.e., Venezia 1882, p. 180.
RINALDI Mario, Due secoli di musica al Teatro Argentina, Olschki, Firenze 1978, II, p. 1099.
SANGUINETTI Giorgio, Un secolo di teoria della musica in Italia. Bibliografia critica (1850-1950)
in «Fonti musicali italiane», II, 1997, p. 228.
SESSA Andrea, Il melodramma italiano 1861-1900, Olschki, Firenze 2003, pp. 443-445.
SORRENTI Pasquale, I musicisti di Puglia, Laterza & Polo, Bari 1966, p. 277.
Storia della banda di Acquaviva delle Fonti, Regione Puglia, Acquaviva delle Fonti 1988, pp. 39-
40, 42-44, 64.
«Il tranasiere», XIX, n. 7, luglio 1977, pp. 9-13.
«Il teatro illustrato», V, n. 50, febbraio 1885, p. 27.
«Il teatro illustrato», IV, n. 44, agosto 1884, pp. 119, 122.
VILLANI Carlo, Scrittori ed artisti pugliesi antichi, moderni e contemporanei, nuove addizzioni,
Alberto Morano, Napoli 1920, pp. 214-215.
Opere drammatiche
GIOVANNI SPEZZAFERRI
Lecce, 11 settembre 1888 - Lodi, 1 febbraio 1963
Cronologia
1888-1913. Giovanni Spezzaferri nasce a Lecce l’11 settembre 1888. Ben presto
si trasferisce a Pesaro per studiare nell’allora Liceo Musicale «G. Rossini”, nelle
classi di Amilcare Zanella, Mezio Agostini, Antonio Cicognani e Villanis. Nel
1910 si diploma in pianoforte e composizione. Il 2 giugno 1911 esce a Lecce il
primo numero di «Evoluzione musicale», diretto dal M° Spezzaferri, primo periodico
specialistico – a cadenza quindicennale – pubblicato in Puglia. Il 3 novembre 1911
viene inaugurato a Lecce il Conservatorio «Leonardo de Leo»: Spezzaferri, a
dispetto del disinteresse delle autorità cittadine, sostiene con tenacia la fondazione
dell’istituto, di cui assumerà la direzione. Esso si configura come la prima struttura
scolastica in Puglia appositamente e organicamente concepita per l’istruzione
musicale. Nel 1913 Spezzaferri effettua un’importante tournée, eseguendo proprie
composizioni cameristiche.
1916-1929. Si trasferisce a Lodi dove a partire dal 1918 e sino al 1930 dirige
il neonato Istituto Musicale «F. Gaffurio», che sotto la sua guida diviene ben presto
“civico istituto”. Nel 1928 dà vita, sempre a Lodi, alla “Rassegna Nazionale di
Musica”, attraverso la quale si impegna nella diffusione della musica dei principali
autori a lui contemporanei, come Cilea, Zandonai, Respighi, Alfano. Nel 1922 per
sua iniziativa si svolge nell’Istituto Gaffurio il II Convegno dell’Associazione dei
Musicologi Italiani, a vent’anni di distanza dal I, tenutosi nel 1908.
1930. Diventa direttore dell’Istituto Musicale «G. Nicolini» di Piacenza, carica
che conserva sino al 1954, riuscendo a portare la scuola all’equiparazione ai
Conservatori di Stato.
1933. Viene eletto membro dell’Accademia Filologica Italiana
1947. È presidente del sindacato Scuole di Musica.
1950. Promuove il primo Congresso Nazionale di Musica italiano del Dopoguerra
(Verona, 5-7 agosto).
1952. Diventa segretario per la Lombardia del Sindacato Nazionale Musicisti.
1953. Ottiene una laurea ad honorem dall’Università di Parigi.
1955. Viene premiato dal presidente della Repubblica per benemerenze nell’arte
nella cultura e nella scuola.
1 febbraio 1963. Muore a Lodi.
Meritano una menzione altri due membri della famiglia di Giovanni: GAETANO
SPEZZAFERRI (Lecce, 15-X-1895 - Lodi, 6-III-1920) valente violinista morto
giovanissimo per l’epidemia di spagnola degli anni Venti, fratello di Giovanni, lo
280
Bibliografia
(DEUMM, SCHMIDL, STIEGER)
BRINDISINO Maria Giovanna, Notizie musicali sui periodici politico-letterari salentini dalla seconda
metà del XIX secolo al 1911, in «Periodica musica», III, Spring 1985.
D’ANDREA Renzo, Vita musicale a Lecce e nel Salento dal III secolo ai giorni nostri, Schena, Fasano
1985.
GABRIELLI, Lina, Giovanni Spezzaferri, musico e musicologo, Società Filarmonica Ascolana, Ascoli
Piceno 1957 («Quaderni della società filarmonica ascolana» 1).
SORRENTI, Pasquale, I musicisti di Puglia, Laterza & Polo, Bari 1966, pp. 278-279.
Giovanni Spezzaferri nella missione quarantennale, Arti Grafiche Biancardi, Lodi 1951.
Sarah Iacono
282
GIOVANNI TAMBORRINO
Laterza (TA), 30 ottobre 1954
Cronologia
2000-2004. Il 2000 è l’anno dell’ultima edizione del Festival della Terra delle
Gravine. La manifestazione chiude i battenti per il mancato sostegno degli am-
ministratori locali dopo aver rappresentato uno dei laboratori di ricerca più inte-
ressanti per il nuovo teatro musicale e luogo di forte ispirazione per le sperimen-
tazioni del compositore. L’anno successivo Tamborrino realizza altri due lavori:
uno strumentale, la toccata per chitarra Modu, e l’installazione sonora Il palazzo
del suono, spettacolo verticale costruito sulla facciata di un palazzo nel centro
di Laterza occupato da musicisti e attori. Dall’incontro con lo scultore Antonio
Paradiso, “l’artista dei voli”, nel 2002 nasce l’opera senza canto Ali di pietra che
viene eseguita per la prima volta nel Parco scultura La Palomba di Matera, città
dove dal 1985 Tamborrino è docente di percussioni al Conservatorio, e dove per
un periodo è anche responsabile del dipartimento “Nuovi linguaggi e nuove tec-
nologie” da lui stesso avviato. Sempre nel 2002 Tamborrino scrive le musiche per
il progetto drammaturgico Dialoghi con l’Angelo che va in scena in forma di studio
al MittelFest di Cividale del Friuli con la regia di Daniele Abbado prima del
debutto in forma compiuta al Teatro Piccinni di Bari.
2004-2010. Nel 2004 presenta a Taranto Il giusto paese dell’isola (su testi di
Jean Paul), opera che precede l’inizio della collaborazione del musicista con un
giornalista prestato al teatro, Enzo Quarto. Suoi sono i libretti del trittico di opere
L’anello di Egnazia, Elia e Lo sguardo di Abele. Le prime due vengono prodotte
e tenute a battesimo nel 2005 e nel 2008 dalla Fondazione lirico-sinfonica Pe-
truzzelli e Teatri di Bari; la terza debutta a Grottaglie nel 2009. In questo stesso
periodo Tamborrino pubblica il volume-manifesto Il teatro nel sistema timbrico
nel quale spiega le ragioni della propria ricerca e del suo particolare teatro
musicale. Contemporaneamente promuove e dirige per due edizioni, tra il 2006
e il 2007, la rassegna “Le Grandi Narrazioni” con la quale tenta di riprendere il
discorso del Festival della Terra delle Gravine interrotto nel 2000. Giunge infine
il debutto discografico, nel 2009, con la pubblicazione su disco degli Studi etnici:
il musicista recupera alcune vecchie registrazioni mai edite, tra cui le toccate per
marimba (Guar), chitarra (Modu) e flauto (Roli), e le sovraincide utilizzando
elaborazioni timbrico-percussive delle musiche extracolte, con soluzioni ritmiche
che rinviano alle circolarità ipnotiche della musica etnica, al tribalismo del
drum’n’bass e a certe sonorità della lounge music.
Bibliografia
(MGG)
GUCCINI Gerardo, Le opere senza canto di Giovanni Tamborrino, CLUEB, Bologna 1998.
GIRARDI Enrico, Il tamburino pugliese, in Il teatro musicale italiano oggi, De Sono - Paravia Bruno
Mondadori Editori, Torino 2000, pp. 132-146.
MAZZOTTA Francesco, Tamborrino e l’opera senza canto, in «Corriere del Mezzogiorno Puglia», 27
dic. 2000 p. 13.
– , Lasciamo il Petruzzelli così com’è, in «Corriere del Mezzogiorno Puglia», 26 gen. 2001, p. 14.
– , Le stazioni dell’arte a Laterza, in «Corriere del Mezzogiorno Puglia», 8 ago. 2001, p. 16.
– , Un palazzo per restituire musica alla vita, in «Corriere del Mezzogiorno Puglia», 1 sett. 2001,
p. 16.
– , Tamborrino va alla guerra, in «Corriere del Mezzogiorno Puglia», 4 sett. 2001, p. 16.
– , Tamborrino fra i grandi del Novecento, in «Corriere del Mezzogiorno Puglia», 27 sett. 2001, p. 16.
– , Tamborrino compleanno alla Scala, in «Corriere del Mezzogiorno Puglia», 28 ott. 2001, p. 14.
– , Tamborrino, “Eresie” contro, in «Corriere del Mezzogiorno Puglia», 5 nov. 2001, p. 16.
– , “Eresie”, Tamborrino rilegge Giordano Bruno, in «Corriere del Mezzogiorno Puglia», 10 nov.
2001, p. 16.
– , Le ali di pietra di Giovanni Tamborrino, in «Corriere del Mezzogiorno Puglia», 12 apr. 2002,
p. 15.
– , «Ali di pietra», metafora della pesantezza, in «Corriere del Mezzogiorno Puglia», 19 giu. 2002,
p. 16.
– , Il primo volo dell’angelo di Diaghilev, in «Corriere del Mezzogiorno Puglia», 19 lug. 2002, p. 12.
– , Angeli nel cielo di Bari, in «Corriere del Mezzogiorno Puglia», 19 nov. 2002, p. 13.
– , «Dialoghi con l’angelo», un oratorio laico per dire l’indicibile, 22 nov. 2002, p. 14.
– , Il teatro musicale e politico di Giovanni Tamborrino, in «Corriere del Mezzogiorno Puglia»,
25 giu. 2003, p. 15.
– , Tamborrino: “Porto la musica fuori dai teatri”, in «Corriere del Mezzogiorno Puglia», 23 agosto
2003, p. 13.
– , Nell’officina del compositore: Giovanni Tamborrino e il mare, in «Corriere del Mezzogiorno
Puglia», 28 sett. 2003, p. 15.
– , Tamborrino, musica in chiesa per la sacralità della vita, in «Corriere del Mezzogiorno Puglia»,
28 dic. 2003, p. 19.
– , Tamborrino indaga i suoni del sacro, in «Corriere del Mezzogiorno Puglia», 4 giu. 2004, p. 13.
– , Cresce la mappa geosonica di Giovanni Tamborrino, in «Corriere del Mezzogiorno Puglia», 12
ott. 2004, p. 21.
– , Tamborrino cerca un nuovo pubblico, in «Corriere del Mezzogiorno Puglia», 19 dic. 2004, p. 17.
– , Tamborrino e i “Peccati di vecchiaia” di Rossini, in «Corriere del Mezzogiorno Puglia», 5 mar.
2005, p. 15.
– , Le «Ali dir pietra» di Tamborrino a Reggio Emilia volano con l’arte, in «Corriere del Mez-
zogiorno Puglia», 26 ott. 2005 p. 19.
– , Tamborrino: «Il teatro musicale deve tornare umano», in «Corriere del Mezzogiorno Puglia»,
15 nov. 2005 p. 15.
– , Tamborrino e l’opera senza canto alla Fondazione lirica Petruzzelli, in «Corriere del Mezzo-
giorno Puglia», 19 nov. 2005 p. 19.
– , Metto in musica Giovanni Testori. È il mio canto in favore della vita, in «Corriere del Mez-
zogiorno Puglia», 3 feb. 2006, p. 13.
– , Il teatro timbrico spiegato al popolo, in «Corriere del Mezzogiorno Puglia», 5 ott. 2006, p. 19.
– , La mia opera tra fede e nuovi linguaggi, in «Corriere del Mezzogiorno Puglia», 21mag. 2008,
p. 21.
TAMBORRINO Giovanni, Marimbaphon, Edizioni Suvini Zeboni, Milano 1994.
–, Il teatro nel sistema timbrico, Besa editrice, Nardò 2006.
VERSIENTI Fabrizio, Tamborrino e le opere senza canto, in Passaggio a Sud-Est. Atlante della vita
musicale pugliese, Laterza Edizioni della Libreria, Bari 2002, pp. 52-57.
286
Discografia
Opere drammatiche
1. Reputi di Medea, opera senza canto di Teresa Ludovico, Savignano Teatro Moderno
25 marzo 1994.
2. III Riccardo III, opera senza canto di Claudio Morganti, Fiesole Teatro Romano 13
luglio 1995.
3. Gordon Pym, opera senza canto di Francesco Leprino, ME Teatro Savio 10 maggio
1996.
4. Giuseppina la cantante, opera senza canto di Gerardo Guccini, Gioia del Colle Teatro
Rossini novembre 1997.
5. Canti marini 5, spettacolo coreutica-musicale, Gravina 18 luglio 1997.
6. Epos in rock, concerto per attore n. 1 su libretto proprio, Mola di Bari Casa dei
Doganieri 7 febbraio 1999.
7. Ali di pietra, opera senza canto su libretto proprio, MT Parco scultura La Palomba
22 giugno 2002.
8. Dialoghi con l’Angelo, opera senza canto Boris Stetka, Cividale del Friuli Sala Centro
S. Francesco 20 luglio 2002.
9. Il giusto paese dell’isola, opera senza canto su libretto proprio, TA Chiostro di Santa
Chiara 29 settembre 2003.
10. L’anello di Egnazia, opera senza canto di Enzo Quarto, BA Castello Svevo 17
novembre 2005.
11. Elia, opera senza canto di Enzo Quarto, BA Cattedrale 29 maggio 2008 \ Bitonto
cattedrale 2008.
12. Lo sguardo di Abele, opera senza canto di Enzo Quarto, Grottaglie Teatro Monticello
29 gennaio 2009.
Francesco Mazzotta
287
GAETANO TARANTINI
Trani, 21 dicembre 1872 - Napoli, 14 gennaio 1927
Cronologia
Bibliografia
(IBI, ES, SCHMIDL, STIEGER)
CANTONI Ettore, Vita a rovescio, a cura di Silvia Acocella, Salerno, Roma 2002 (cfr. prefazione).
DE SIMONE Maria Rosaria, Gaetano Tarantini: la vita, le opere, Amaltea, Castrignano de Greci 1997.
–, Catalogo a stampa della donazione musicale “Gaetano Tarantini” custodita presso la Biblioteca
Comunale “G. Bovio” di Trani, A.C.M. editore, Roma 2007.
RAELI Vito, Maestri compositori pugliesi e altri scritti di musicologia pugliese, Società di storia
patria per la Puglia, Tricase 1990.
SORRENTI Pasquale, I musicisti di Puglia, Laterza & Polo, Bari 1966, pp. 283-284.
Opere drammatiche
1. Vendetta Veneta, dramma lirico in due atti, Trani teatro comunale 15 febbraio 1897.
2. Maritana, opera in tre atti di Enrico Golisciani, 3-13 luglio 1901 ma prima
rappresentazione BA Petruzzelli 14 febbraio 1911 (libretto, partitura e riduzione pianistica
in I-TRN*).
3. La principessa di Valdieri, atto unico con introito di Enrico Golisciani, 12 marzo-17
aprile 1902 non rappresentata (libretto, partitura e riduzione pianistica in I-TRN*).
4. La fiaccola sotto il moggio, opera per coro e solisti in quattro atti da Gabriele D’Annunzio,
1906-1907, incompiuta (partitura in I-TRN*).
5. Rosmunda, tragedia in quattro atti di Sem Benelli, 1914 non rappresentata (libretto,
partitura e riduzione pianistica in I-TRN*).
6. Kin-fo, opera comica in tre atti di Ettore Cantoni, 1922 non rappresentata (libretto,
partitura e riduzione pianistica in I-TRN*).
Lorenzo Mattei
289
LEOPOLDO TARANTINI
Trani, 21 dicembre 1872 - Napoli post 1910
Cronologia
Bibliografia
DE SIMONE Maria Rosaria, Gaetano Tarantini: la vita, le opere, Amaltea, Castrignano de Greci 1997.
–, Catalogo a stampa della donazione musicale “Gaetano Tarantini” custodita presso la Biblioteca
Comunale “G. Bovio2 di Trani, A.C.M. editore, Roma 2007.
RAELI Vito, Maestri compositori pugliesi e altri scritti di musicologia pugliese, Società di storia
patria per la Puglia, Tricase 1990.
SORRENTI Pasquale, I musicisti di Puglia, Laterza & Polo, Bari 1966, pp. 283-284.
Opere drammatiche
Antonio Caroccia
290
GIOVANNI TAURO
Castellana (BA), 1831 - Bari, 1910
Bibliografia
Opere drammatiche
1. Arrigo II d’Inghilterra, tragedia lirica in quattro atti su libretto proprio, 1901, non
rappresentata (libretto in I-Nc).
Antonio Caroccia
291
UMBERTO TUCCI
Foggia, marzo 1901 - ivi, post 1966
Cronologia1
Umberto Tucci intraprese lo studio del violino all’età di undici anni “con una
passione ritenuta straordinaria” e, dopo una forzata interruzione in adolescenza
dovuta a “tristi vicende”, riprese a dedicarsi al suo strumento all’età di diciotto
anni. Proseguì gli studi musicali presso il Conservatorio di Roma diplomandosi
in Violino e Viola e trasferitosi a Bologna si perfezionò nei primi anni ’20 presso
l’allora Liceo Rossini sotto la guida del maestro Federico Barera (illustre didatta
appena invitato presso l’istituto bolognese da Franco Alfano, violinista, futuro
animatore del Nuovo Quartetto Bolognese e accademico filarmonico di Bologna);
qui consegue il diploma in strumentazione per banda. A Bologna Tucci ottenne
pure il diploma di insegnante presso la Regia Accademia e a quel medesimo
periodo risale una occorrenza concertistica che gli valse le lodi sincere del violinista
Arrigo Serato (Bologna, 7 novembre 1877 - Roma, 27 dicembre 1948) figlio del
celebre violoncellista Francesco.
1922-1925. Viene chiamato a reggere la cattedra di Violino e di Viola presso
il Liceo Musicale «Umberto Giordano» di Foggia e più tardi a Manfredonia diresse
la Scuola per strumenti ad arco dove tra i suoi migliori allievi ebbe Cherubino
Salvatore Murgo (Manfredonia, 24 dicembre 1879 - ivi, 5 gennaio 1962). Nel
corso degli anni ‘20 prese parte più volte al Concorso Internazionale di Composizioni
musicali indetto dall’Ufficio Musicale «N. Salzano» di Nocera Inferiore e dette
vita a Foggia alla Scuola d’Archi «Giuseppe Verdi» e alla «Società del Trio». La
città di Foggia gli tributò un gratificante successo a seguito della rappresentazione
dell’operetta La Signorina dattilografa avvenuta presso il Cinema Dante nel
marzo del 1926 con la Compagnia d’Operetta città di Roma.
1932-1940. Risale al ’32 la pubblicazione per i tipi fiorentini dell’Unione Musicale
Italiana di una Serenata per violino e pianoforte, offerta in omaggio al Maestro
Amleto Zucchi, allora Direttore del Conservatorio di Bologna. Tra il 1933 ed il
1939 Tucci diresse molte bande italiane, tra cui quelle di Foggia, di Manfredonia,
di San Giovanni Rotondo, la banda filarmonica “Giuseppe Verdi” di Revere (MN)
della quale fu direttore stabile alla fine degli anni ’30 e quella di Fiuggi.
1941-1946. Diventa direttore del «Complesso di strumenti a fiato della R.A.I.
di Roma», il solo ensemble dell’immediato dopoguerra ad essere stabilmente
impegnato in regolari trasmissioni radiofoniche presso la stazione Radio di Roma,
che ebbe grande successo di critica e incontrò vivo favore tra gli appassionati;
1
Ringrazio la prof.ssa Lilly Carfagno per avermi cortesemente inoltrato lo scritto comparso nel «Corriere
internazionale della musica» celebrativo dei 60 anni del compositore.
292
Bibliografia
Album cenni biografici dei compositori, maestri e solisti contemporanei, Ufficio Musicale “N.
Salzano” di Nocera Inferiore, Tipografia Orlando, 1928, a cura di Salvatore Pucci, pp. 47-48.
ANESA Marino, Dizionario della musica italiana per banda e gruppi di fiati. Biografie dei compositori
e catalogo delle opere dal 1800 al 1945, con prefazione di Roberto Leydi, Gazzaniga, Bergamo
2004.
BELLUCCI Mario, Lira musicale di Manfredonia: musicisti del passato e del presente, Centro studi
Michele Bellucci, Albano Laziale 1966.
«Il foglietto: cronaca settimanale» articoli: Il concerto del violinista Tucci, Anno 30, n. 2290 (12
maggio 1927), p. 2 [Concerto tenuto presso il Cinema Dante]; Il concerto della Giordano
all’Università popolare, Anno 28, n. 2221 (31 dicembre 1925), p. 3 [Cooperativa musicale
293
Umberto Giordano]; Cronaca teatrale: Cronaca di Foggia, Anno 29, n. 2232 (18 marzo 1926),
p. 3 [Sulla prima della Signorina Dattilografa, Compagnia d’Operetta città di Roma]; L’8° Concerto
della Giordano, Anno 29, n. 2222 (7 gennaio 1926), p. 3; Nella scuola di musica G. Verdi, Anno
30, n. 2297 (30 giugno 1927), p. 3; Nella scuola di musica Umberto Giordano, Anno 29, n. 2252
(5 agosto 1926), p. 3; Nuovo attestato al prof. U. Tucci, Anno 29, n. 2224 (21 gennaio 1926),
p. 3; Piedigrotta pugliese, Anno 29, n. 2254 (26 agosto 1926), p. 3; Il saggio pianistico della
scuola Sartorio al Dauno, Anno 27, n. 2146 (29 giugno 1924), p. 3; La scuola di musica
Giuseppe Verdi, Anno 30, n. 2286 (7 aprile 1926), p. 5; La signorina dattilografa di Umberto
Tucci, Anno 29, n. 2230 (4 marzo 1926), p. 3 [Prima avvenuta presso il Cinema Dante].
«Risveglio bandistico», articoli: La R.A.I. e il suo complesso di strumenti a fiato, Anno I, n. 12 (15
febbraio 1947), p. 4; Nostra intervista con il Maestro Umberto Tucci, in «Risveglio bandistico»,
Anno III, nn. 6-7 (15 agosto 1948), pp. 14-15 [Intervista concessa il 5 agosto 1948].
Per il violinista U. Tucci: un giudizio del M. Serato, ne «Il rinnovamento: politico, amministrativo,
giudiziario» Anno 12, n. 49 (2 dicembre 1923), p. 4 [Attestazione di merito riconosciuta al
concittadino Umberto Tucci]
SORRENTI Pasquale, I musicisti di Puglia, Laterza & Polo, Bari 1966, p. 302.
Altri articoli su Tucci: Auguri al Mo Umberto Tucci, in «Corriere internazionale della musica», Anno
XVII, n. 177, marzo 1961; «La Tribuna del Popolo», Sabato 19 ottobre 1946; «Foggia Sport», 15
marzo 1956; «Musica e dischi», Anno X n. 97, Ottobre 1954.
Opere drammatiche
1. La signorina dattilografa, operetta in tre atti n.n., FG Cinema Dante marzo 1926.
Daniele Buccio
294
VINCENZO VALENTE
Molfetta (BA), 11 novembre 1830 - ivi, 20 ottobre 1908
Cronologia
opere e oratorii e che resero Molfetta una delle principali piazze culturali del
Mezzogiorno d’Italia.
Il debito dei musicisti molfettesi nei confronti di Valente fu riconosciuto
pubblicamente da Francesco Peruzzi [PERUZZI 1931] che in occasione della sua
commemorazione funebre lo definì «maestro dei maestri compositori contemporanei
molfettesi». Difficile è però la restituzione dell’effettivo valore operistico vista
la perdita di un gran numero di parti dell’oratorio Maria desolata e la temporanea
non fruibilità della partitura di Roberta de’ Gherardini.
Di quest’ultima si possono comunque avanzare ipotesi latamente stilistiche
attraverso un’analisi del libretto conservato presso la Biblioteca Comunale «G.
Panunzio» di Molfetta. I due fratelli Valente avevano scritto l’opera immediatamente
dopo la fine della campagna garibaldina nel Mezzogiorno d’Italia e l’importanza
di questo evento a cui Vincenzo aveva partecipato personalmente non poteva non
lasciare importanti segni nella genesi della trama. Roberta de’ Gherardini è infatti
ambientata nella Firenze del 1260 dilaniata dalle lotte tra guelfi e ghibellini.
Ubaldo de’ Gherardini, podestà guelfo di Firenze e padre di Roberta e Raimondo,
è spinto controvoglia dal perfido Everardo degli Abati a muovere guerra contro
Siena e al contempo ad emanare una legge per cui sarebbe stato punito con la morte
chiunque avesse dato asilo ad un ghibellino (ma tale atto è un pretesto per
conquistare Roberta, promessa sposa del valente Jacopo dei Pazzi). La situazione
però precipita: Roberta per obbedienza paterna accetta di sposare Everardo ma poi
decide di ingerire un potente veleno morendo tra le braccia del padre; Ubaldo,
disperato e braccato dal popolo che nel frattempo era venuto a conoscenza
dell’accoglienza al ghibellino Raimondo, si dà la morte con un pugnale.
Non è difficile intravedere nel libretto una sentita denuncia della negatività della
guerre civili, capaci di dilaniare irreparabilmente famiglie e città. Il rimando all’Italia
del tempo, divenuta nazione unita dopo anni di guerre, è continuamente adombrato
e diviene esplicito ad esempio nei seguenti versi in cui Roberta esorta Jacopo a
considerare anche i nemici quali figli d’Italia: «Nel bollor di pugna orrenda / sii
guerrier ma generoso/mai disio al cor ti scenda / di vendetta, o nimistà/[…] Son
d’Italia figli ancora/lo rimembra o pro’ guerriero; / li risparmia e il ciel allora/la
vittoria ti darà» (Atto I scena IV) o nei versi di Ubaldo «Un dì verrà che gl’Itali/
accolga una bandiera; e allor Regina e altiera/l’Italia diverrà» (Atto I scena V). Da
un punto di vista metrico Pasquale Valente costruisce un libretto omogeneo, basato
su endecasillabi, settenari e ottonari spesso in rima baciata e su una ripartizione tra
arie e recitativi suddivisi seguendo le consuetudini drammaturgiche dettate dalla
“solita forma”. Si può pertanto presumere che il linguaggio musicale di Vincenzo
Valente dovesse seguire l’alveo della tradizione melodrammatica di primo Ottocento,
non diversamente dalla tradizione stilistica del primo Verdi e del suo maestro
Mercadante.
Bibliografia
FONTANA Aldo, Molfetta. Raccolta di notizie storiche. Galleria degli uomini illustri, Angelo Alfonso
Mezzina, Molfetta 1965.
–, Il genio musicale molfettese. Il teatro a Molfetta, La banda musicale, 1966, pp. 15, 35 dattiloscritto
in I-MFc.
296
PERUZZI Francesco, Maestri compositori e musicisti molfettesi, Picca e figlio, Molfetta 1931.
SORRENTI Pasquale, I musicisti di Puglia, Laterza & Polo, Bari 1966, pp. 304-305.
Fedele De Palma
297
Cronologia
1857-1882. Nicola van Westerhout, figlio del maestro di musica Onofrio Napoleone
e di Teresa Montini, nasce a Mola di Bari, città in cui un’epigrafe posta in via
Morgese ancora oggi commemora l’abitazione che gli diede i natali. Numerosi
studiosi, tratti forse in inganno da cenni autobiografici contenuti in una sua lettera
al librettista Arturo Colautti, hanno collocato la nascita nel 1862 (cfr. INCAGLIATI
1913, SCHMIDL 1928, PANNAIN 1952, STIEGER 1975-83, AMBIVERI 1998); l’atto di
nascita risale invece al 1857 (cfr. GIOVINE 1968).
Avviato precocemente allo studio del pianoforte, Nicola compone già all’età di
tredici anni una Ouverture per il Giulio Cesare di Shakespeare. Compie gli studi
liceali a Mola e a Monopoli, mentre per quelli musicali è affidato dal padre a
un ignoto maestro di armonia molese, allievo di Lauro Rossi, che lo giudica privo
di talento (cfr. UVA 1964, SORRENTI 1966). Dopo una diatriba che appassiona la
cittadina, e in cui Nicola si distingue musicando un testo ritenuto assai ostico (a
giudice viene interpellato Nicola De Giosa), il Comune di Mola delibera
l’assegnazione di una “piazza gratuita” presso il Collegio di «San Pietro a Majella».
Nel 1874 si trasferisce quindi a Napoli per studiare privatamente contrappunto col
barese Nicola De Giosa in preparazione all’ammissione all’istituto napoletano;
dopo il superamento di un esame di armonizzazione di un basso può quindi
studiarvi con Nicola d’Arienzo e Lauro Rossi, seguendo al contempo i corsi di
estetica tenuti da Antonio Tari all’Università. Secondo Pannain, nonostante sia uno
dei migliori musicisti vissuti a Napoli a fine Ottocento, incontra l’ostilità degli
accademici del Conservatorio, fra i quali spicca Rocco Pagliara «bibliotecario e
despota» (cfr. PANNAIN 1952, p. 155). Vivrà nella capitale partenopea per il resto
della vita, assieme al fratello Vincenzo e alla sorella Rosa, tornando a Mola
periodicamente per trascorrervi i soggiorni estivi.
Benché sempre in ristrettezze economiche e di salute assai precaria, “Niccolò”
– come usava farsi chiamare a Napoli, e come firmò tutte le sue composizioni –
si fa apprezzare nei salotti e nei circoli intellettuali della città. Fra gli amici e
i compagni di studi vanno menzionati Camillo de Nardis, Emanuele Gianturco,
Arturo Colautti, Giulio Massimo Scalinger, Saverio Procida, e infine il già citato
esteta Antonio Tari, che conia per lui l’epiteto di ‘Niccolò Orfico’. Inoltre in più
occasioni d’Annunzio, ospite del salotto di casa van Westerhout, lo ascolta suonare
trascrizioni wagneriane al pianoforte, traendone ispirazione per il completamento
del Trionfo della morte (cfr. GUARNIERI CORAZZOL 2000, p. 156).
1883-1892. Compone Tilde su libretto di Golisciani per il Teatro Bellini, mai
rappresentata e andata perduta (non c’è uniformità nella datazione di quest’opera,
poiché non ne sono rimaste tracce: RENEO propone il 1878, STIEGER il 1883,
298
Bibliografia
AMBIVERI Corrado, Operisti minori dell’Ottocento italiano, Gremese, Roma 1998, p. 157.
BRUGNOLI Attilio, La musica pianistica italiana dalle origini al ‘900, Paravia, Torino 1932, p. 98.
CAFARO Pasquale, Niccolò van Westerhout, in «Rassegna Pugliese di Scienze Lettere e Arti», XXIX/
27, 1912, pp. 331-332.
CARLI BALLOLA Giovanni, Niccolò van Westerhout, in «Piano Time», n. 93, 1990, p. 22.
CASELLI Aldo, Catalogo delle opere liriche pubblicate in Italia, Olschki, Firenze 1969, pp. 496-497.
DE MARTINO Pier Paolo, Napoli musicale fin de siècle nelle pagine di «Fortunio», in Napoli
musicalissima. Studi in onore di Renato Di Benedetto a cura di Enrico Careri e Pier Paolo De
Martino, LIM, Lucca 2005, pp. 211-233.
DE NATALE Marco, Considerazioni su N. van Westerhout, «Rassegna Musicale Curci», XVIII, settembre
1964, pp. 18-20.
DI BENEDETTO Renato, La musica a Napoli nell’Ottocento, in Storia e civiltà della Campania.
L’Ottocento, a cura di Giovanni Pugliese Carratelli, Electa, Napoli 1995, p. 383.
–, La cultura musicale, in Letteratura e cultura a Napoli tra Otto e Novecento, Atti del Convegno
di Napoli, 28 novembre - 1 dicembre 2001, a cura di Elena Candela, Liguori, Napoli 2001, pp.
34-35.
GIOVINE Alfredo, Nicola van Westerhout e i suoi antenati, in Musicisti e cantanti di Terra di Bari,
Archivio delle Tradizioni Popolari Baresi, Bari 1968, pp. 35-41.
GUARNIERI CORAZZOL Adriana, Sensualità senza carne. La musica nella vita e nell’opera di d’Annunzio,
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Un musicista crepuscolare: Niccolò van Westerhout (1857-1898), a cura di Galliano Ciliberti,
Florestano edizioni, Bari 2007. Contiene i seguenti saggi: CILIBERTI Galliano, Al lettore, pp. 7-
9; DI BENEDETTO Renato, Un musicista crepuscolare: Niccolò van Westerhout, pp. 13-14; MARRI
Luca - PALAZZO Paolo, Niccolò van Westerhout: immagini, pp. 15-20; RIZZO Silvia, Niccolò van
Westerhout: l’artista e l’uomo, pp. 21-30; CILIBERTI Galliano, Niccolò van Westerhout: nuovi
percorsi d’indagine per una ricostruzione bio-bibliografica, pp. 31-87; BUONGIORNO Maria
Antonietta, Westerhout e l’anelito nostalgico: alcune riflessioni sulle Rimembranze pugliesi, pp.
88-95; TRIPALDI Miriam, Westerhout e l’opera: un amore non corrisposto? La ricostruzione di
un rapporto difficile attraverso la corrispondenza con Giulio Ricordi, pp. 96-113; ARGENTIERI
Roberta, Niccolò van Westerhout e il sistema operistico italiano: alcune riflessioni, pp. 114-
125; CORSANO Gianluigi - MARRI Luca - RAUSA Ester, Niccolò van Westerhout e il mondo dell’opera:
dizionario biografico, spoglio della stampa periodica-epistolario, pp. 126-160; SUMMA Matteo,
Doña Flor tra storia e didattica, pp. 161-185; LASAPONARA Ornella, Niccolò van Westerhout e
i poeti della sua produzione vocale cameristica, pp. 186-206; GIORDANO Valeria - ROMANAZZI
Maria Elena, Su alcune Romanze di Niccolò van Westerhout: riflessioni di due esecutrici, pp.
207-216; ZIGNANI Alessandro, L’ordine necessario: sulla musica sinfonica di Niccolò van
Westerhout, pp. 217-226; CAPUTO Antonio, La Sonata in Fa minore di van Westerhout: analisi
critica, pp. 227-244; RENEO Giovanna, Niccolò van Westerhout: indagine tra le sue pagine
pianistiche migliori, pp. 245-276; SGURA Marco, I piccoli pezzi da salotto di van Westerhout
e la cultura salottiera nell’Italia dell’Ottocento, pp. 277-284; LORÈ Luigi - TRICARICO Giovanna,
L’idea della musica antica nella produzione pianistica di Niccolò van Westerhout, pp. 285-309;
LATTANTE Giuseppe, La Sonata di stile antico in La maggiore di Niccolò van Westerhout, pp.
310-319; DI CESARE Marika, Le composizioni per arpa di Niccolò van Westerhout, pp. 320-325;
COPPOLA Francesco, Le composizioni per banda di Niccolò van Westerhout, pp. 326-338; CORSANO
Gianluigi, Una Melodia religiosa di Niccolò van Westerhout unicum in una moltitudine produttiva
eterogenea, pp. 339-356; COCCOLI Giuseppe, Niccolò van Westerhout: Valse d’amour trascrizione
per clarinetto in Si bemolle e pianoforte, pp. 357-364; SEBASTIANI Grazia, Niccolò van Westerhout:
un progetto didattico, pp. 365-381; RENEO Giovanna, Catalogo delle composizioni di Niccolò
e Vincenzo van Westerhout, pp. 382-403.
RUBBOLI Daniele, La romanza da salotto italiana, in Tosti, a cura di Francesco Sanvitale, EdT, Torino
1991, p. 177.
ZIINO Agostino, D’Annunzio, Wagner e gli “Anni Napoletani”: poco più di un flash, in D’Annunzio
a Napoli, a cura di Angelo R. Pupino, Liguori, Napoli 2005, pp. 333-362.
UVA Nicola, Saggio storico su Mola di Bari. Dalle origini ai giorni nostri, Dedalo litostampa, Bari
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VITALE Vincenzo, Il pianoforte a Napoli nell’Ottocento, Bibliopolis, Napoli 1983, pp. 87-88.
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302
VILLANIS Luigi Alberto, L’arte del pianoforte in Italia (da Clementi a Sgambati), Bocca, Torino
1907, p. 247.
Per uno spoglio della stampa periodica fino al 1923, si veda CILIBERTI Galliano, Niccolò van Westerhout:
nuovi percorsi d’indagine per una ricostruzione bio-bibliografica, in Un musicista crepuscolare:
Niccolò van Westerhout (1857-1898), cit., pp. 31-87; e inoltre CORSANO Gianluigi - MARRI Luca - RAUSA
Ester, Niccolò van Westerhout e il mondo dell’opera: dizionario biografico, spoglio della stampa
periodica-epistolario, ibidem, pp. 126-160. Parte della stampa periodica è riportata in MASSIMEO 1985.
Risorse on-line
Discografia
Opere drammatiche
Caterina Pulito
303
GIOVANNI VAVALLI
Bari, seconda metà del XIX secolo - ivi?, post 1930
Cronologia
Giovanni Vavalli nasce a Bari. Mancano notizie sulla sua formazione musicale.
Secondo De Angelis (DE ANGELIS 1928) in seguito è direttore di banda e direttore
del giornale «Musica di Roma». Pubblica in vita alcune opere di carattere sacro
(Inno a S. Anna: coro per soprani e contralti, Vavalli, Cosenza s.d.; Messa di
S. Anna: a due voci bianche con coro e harm.[sic], E. van den Eerenbeemt, Roma
s.d.,) e didattico (La scuola moderna: trattato teorico-pratico-estetico di armonia,
contrappunto e composizione). Sempre secondo De Angelis, che non fornisce però
una dettagliata cronologia, è autore di una Cantata a due voci, per coro e orchestra,
nonché di alcune sinfonie (Pronos, [sic, ma forse da intendersi Kronos o Cronos?]
Diana, Marte, Vulcano, Giunone), di evidente ispirazione mitologica. La rivista
parigina «Le Ménestrel» nel numero di domenica 15 gennaio 1905 annuncia le
imminenti esecuzioni di due opere di Vavalli, Nel cantiere, su libretto di Achille
Cavallo e Leonilda, su libretto di Francesco Saverio Padovani, entrambe a Cosenza,
nonché quella di una terza opera, Tisbe, che avrà luogo nella primavera successiva
a Roma. De Angelis attribuisce al compositore barese inoltre l’opera Saul, mentre
Sorrenti (SORRENTI 1966) parla di una quinta opera, Bona Sforza, rimasta inedita.
Sugli ultimi due titoli mancano ulteriori informazioni. Nel 1930 Vavalli tiene al
Primo congresso della Fiera del Levante di Bari una conferenza dal titolo La crisi
bandistica e teatrale, che nello stesso anno esce a stampa presso la Tipografica
Moderna di Bari.
Bibliografia
DE ANGELIS Alberto, L’Italia musicale d’oggi: dizionario dei musicisti, Ausonia, Roma 1928³.
«Le Ménestrel», LXXI/3, 15 gennaio 1905, p. 23 (on-line su gallica.bnf.fr)
SORRENTI Pasquale, I musicisti di Puglia, Laterza & Polo, Bari 1966, p. 309.
Opere drammatiche
Paolo Valenti
304
RENATO VIRGILIO
Barletta, 27 agosto 1879 - Wiesbaden, 5 giugno 1959
Cronologia
Bibliografia
(DEUMM)
BATTEGAZZORE Umberto, Storia della musica di Tortona e del Tortonese, Società Storica Pro Iulia
Dertona, Tortona 2003, pp. 362-371.
CANDIDO Paolo - LOTORO Francesco, Renato Virgilio vita e opere di un musicista, Editrice Rotas,
Barletta 2010.
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Office, Washington 1937, vol. 31, n. 9, p. 1307.
CELLAMARE Daniele, Teatro Umberto Giordano: cronistoria degli spettacoli di 140 anni (1828-
1968), Fratelli Palombi Editori, Roma 1969.
DELL’IRA Gino, I teatri di Pisa (1773-1986), Giardini Editori e Stampatori, Pisa 1987, pp. 74, 117,
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FABRIS Dinko, Il fondo musicale Gallo della biblioteca comunale di Barletta, Biblioteca comunale
Sabino Loffredo, Barletta 1983, p. 213.
FRITZSCH Ernst Wilhelm, Renato Virgilio, in «Musikalisches Wochenblatt», 1906, vol. 37, p. 947.
FANELLI Jean Grundy, A chronology of operas, oratorios, operettas, cantatas and miscellaneous
stage works with music performed in Pistoia, 1606-1943, Edizioni Pendragon, Bologna 1998,
pp. 151, 251-255.
GALLO Nicola Ugo, Barletta d’ogni tempo - Enciclopedia di personaggi e avvenimenti barlettani,
Edizioni Gazzetta della Provincia, Barletta 1970.
GIOVINE, Alfredo, Il Teatro Petruzzelli di Bari: stagioni liriche dal 1903 al 1969, Archivio delle
tradizioni popolari baresi, Bari 1971, p. 25.
GIOVINE Alfredo, Il Teatro Piccinni di Bari 1854-1964: 110 anni di attività operistica e altre
manifestazioni artistiche affini. Cenni storici, cronologia, bibliografia, illustrazioni, Archivio
delle tradizioni popolari baresi, Bari 1970, p. 47.
GIRARDI Michele - ROSSI Franco, Il Teatro La Fenice. Cronologia degli spettacoli (1792-1936),
Albrizzi Editore, Venezia 1989.
308
HERMINGHOUSE Patricia - MUELLER Magda, Gender and Germanness: cultural productions of nation,
Berghahn Books, Oxford 1997, p. 167.
MANTOVANI Tancredi, Cronaca musicale in «Rassegna contemporanea» a cura di Ercole Rivalta. s.n.,
1909 vol. 2 parti 7-9, p. 548.
MARTENS Frederick Herman, A thousand and one nights of opera, D. Appleton & company, New
York 1926, p. 316.
Si vedano inoltre i seguenti articoli giornalistici apparsi su: Avanti!, 3 dicembre 1905; Corriere della
Sera, 3 dicembre 1905; La maschera: cronaca del teatro, Anno IV, 1908, p. 8; Il Messaggero, 17
giugno 1958; Il Messaggero, 4 luglio 1959; Il Rinascimento, Libreria editrice lombarda, 1905, nn.
1-3, p. 386; La Lombardia, 2 e 3 dicembre 1905; La Perseveranza, 3 dicembre 1905; La Voce
Democratica, 30 agosto 1902, n. 12; La Voce Democratica, 8 novembre 1902, n. 17; 17 ottobre 1903,
anno II, n. 41; 16 gennaio 1904; Opinione Liberale, 21 ottobre 1902; Piedigrotta d’oggi, 1900,
numero unico; Rivista musicale italiana, 1907, n. 1, p. 222; Rivista teatrale italiana, Ente Univer-
sitario del Teatro Milano, 1907, vol. 12, e 1913, vol. 17, p. 58; Signale für die musikalische Welt.
Verlag von Bartholf Senff., 1907, vol. 65, p. 257; Südländischer Tenorglanz, Berlin, 11 luglio 1936;
Wiesbadener Kurier, 27 agosto 1959 (contiene il necrologio di Renato Virgilio).
Discografia
Opere drammatiche
Paolo Candido
Finito di stampare
nel mese di Giugno 2010
dalla Tipografia Mare - Bari
per conto di
Edizioni dal Sud