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XVIII, 1 2015
Nuova
Rivista
di
Nuova Rivista di Letteratura Italiana • XVIII, 1 2015
EDIZIONI ETS
EDIZIONI ETS
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periodico semestrale
Autorizzazione del Tribunale di Pisa n. 15 del 1998
abbonamento individuale: Italia € 48,00, estero € 60,00, pdf € 36,60
abbonamento istituzionale: Italia € 60,00, estero € 70,00, pdf € 60,00
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causale: abbonamento NRLI 2015
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Nuova
Rivista
di
Letteratura Italiana
XVIII, 1
2015
Edizioni ETS
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INDICE
SAGGI
LUCA DEGL’INNOCENTI, Machiavelli canterino? 11
FEDERICO DI SANTO, Tasso e la Cronaca di Guglielmo Di Tiro:
la materia storica nella Gerusalemme liberata 69
LUCA D’ONGHIA, Sfortune filologiche di Giulio Cesare Croce 137
PAOLO GIOVANNETTI, Le cornici di Mastro-don Gesualdo.
Un’analisi e una proposta teorica 193
DISCUSSIONI
FEDERICO BARICCI, Studi folenghiani vecchi e nuovi. Sulla riedizione
di Tra don Teofilo Folengo e Merlin Cocaio e sul nuovo numero
dei «Quaderni folenghiani» 233
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FedeRico di SaNto
RiaSSuNto. L’articolo verte sulla questione, molto trascurata dalla critica, del rap-
porto al contempo legittimante e creativo che la Gerusalemme liberata intrattiene
con le sue fonti storiografiche. esaminate le motivazioni teoriche che portano
tasso a scegliere per il suo poema la materia storica e nello specifico la Prima
crociata, esse vengono poi verificate in una più diretta analisi dell’effettiva riela-
borazione delle fonti nel testo della Liberata, che rispetto alle premesse teoriche
evidenzi anche gli eventuali scarti. Prendendo in considerazione soprattutto la
fonte principale, la Cronaca di Guglielmo di tiro, ma senza trascurare quelle se-
condarie, si fornisce un primo quadro generale del margine di libertà che il poeta
si concede in questo peculiare rapporto intertestuale, individuando le possibili
motivazioni di alcune modifiche di maggior rilievo nonché i più rilevanti procedi-
menti seguiti da tasso per trasformare il materiale documentario in testo poetico.
Particolare attenzione è riservata al ‘meraviglioso’ e ai suoi inaspettati appigli sto-
riografici. il canto Xi e l’episodio di Sveno forniscono infine brevi campioni di
analisi testuale in cui sottoporre a verifica le osservazioni emerse nello studio.
PaRoLe chiaVe. tasso; Gerusalemme liberata; fonti storiografiche; belli sacri histo-
ria; Guglielmo di tiro; verosimiglianza; meraviglioso.
titLe. tasso and the Chronicle of William of tyre: the historical material of
Jerusalem Delivered.
abStRact. the present essay concerns the question, greatly obscured through criti-
cism, regarding the legitimizing and creative association that Jerusalem Delivered
maintains with its historiographical sources. after a survey of the theoretical
motivations that caused tasso to choose this historical matter (that is, the First
crusade) for his epic poem, these arguments are verified in a closer analysis of
how the sources are effectively reworked in the very text of the Liberata, which
also points out a possible discrepancy between the text and its theoretical
premises. Without neglecting secondary influences, the principal source, the
chronicle of William of tyre, is taken into account above all. a first overview re-
garding the degree of freedom that the poet allowed himself within this peculiar
intertextual exchange is thus presented, investigating both the likely motivations
behind some of the most relevant changes and the main methods followed by
tasso in turning the documentary material into poetic text. Particular attention
is paid to the ‘marvelous’ and its unexpected historiographical hints. canto Xi
and the episode of Sveno are used as brief samples for textual analysis in order
to test the observations that have emerged from this study.
70 FedeRico di SaNto
coRReSPoNdiNG authoR. Federico di Santo, Via Pietro Gori 11, 56100 Pisa,
italy. email: federico.disanto84@gmail.com
1 i principali rapporti della Liberata con le fonti storiografiche sono segnalati negli studi di
critica delle fonti (SaLVatoRe muLtiNeddu, Le fonti dalla Gerusalemme Liberata, torino, clausen
1895; ViNceNzo ViVaLdi, La Gerusalemme liberata studiata nelle sue fonti, trani, Vecchi 1901 e
1907, vol. ii; ettoRe de maLdé, Le fonti della Gerusalemme liberata, Parma, cooper 1910 e altri
studiosi da loro citati), spesso fin troppo dettagliati e talora acritici nell’individuare fonti non sem-
pre accessibili a tasso, nonché nei più approfonditi fra i commenti alla Liberata (quelli di bRuNo
maieR, di GioRGio ceRboNi baiaRdi e di FRaNco tomaSi), che al contrario fanno riferimento
quasi solo a Guglielmo di tiro e talvolta tralasciano di individuare spunti storici importanti. Le
poche trattazioni specifiche della questione, peraltro assai scarne nell’analizzare il rapporto con le
fonti storiche, sono: FRaNco caRdiNi, torquato tasso e la crociata, in torquato tasso e la cultura
estense, a c. di GiaNNi VeNtuRi, vol. ii, Firenze, olschki 1999, pp. 615-24; Fabio GiuNta, tor-
quato tasso e la guerra santa. L’historia di Guglielmo di tiro nella Gerusalemme liberata, in Lette-
ratura di guerra, a c. di GiaN maRio aNSeLmi e GiNo Ruozzi, bologna, archetipoLibri 2010; più
ampie e penetranti sono invece le osservazioni di FRaNceSco FeRRetti, Narratore notturno. aspet-
ti del racconto nella Gerusalemme liberata, Pisa, Pacini 2010, in particolare pp. 23-48 (sulla que-
stione teorica del rapporto fra vero e verosimile) e 84-102 (più specificamente relative al rapporto
con le fonti storiografiche) e di michaeL muRRiN, History and Warfare in Renaissance epic, chica-
go, university of chicago Press 1994 (v. in particolare i capitoli su tasso); qualche utile riflessione,
soprattutto sulle implicazioni etiche e ideologiche emergenti dal confronto con le cronache, è an-
che in PietRo FLoRiaNi, Per una Gerusalemme commentata. esercizio su cinque (sei…) ottave del
poema tassiano, «Nuova Rivista di Letteratura italiana», Vi (2003), pp. 169-206: 193 sgg.; sporadi-
ci invece gli spunti nella Lettura della Gerusalemme liberata, a c. di FRaNco tomaSi, alessandria,
dell’orso 2005 (qualcosa di più si dice solo nella lettura del canto Xi di RiccaRdo bRuScaGLi,
pp. 272-73 e 289 e sgg.). Per una ricostruzione storica della Prima crociata cfr. almeno il classico
SteVeN RuNcimaN, the First Crusade and the Foundations of the Kingdom of Jerusalem in a hi-
story of the Crusades, Vol. i, cambridge, university Press 1951 (trad.it. torino, einaudi 1966).
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bari, Laterza 1954; FeRRuccio uLiVi, L’imitazione nella poetica del Rinascimento, marzorati, mi-
lano 1959; ceSaRe VaSoLi, L’estetica dell’umanesimo e del Rinascimento, in momenti e problemi di
storia dell’estetica. Parte prima: dall’antichità classica al barocco, marzorati, milano 1983, pp. 326-
433 (in particolare Il problema dell’imitazione, pp. 345-54 e La poetica aristotelica e le dispute cin-
quecentesche sulla poesia, pp. 376-90); id., Ludovico Castelvetro e la fortuna cinquecentesca della
«poetica» di aristotele in Ludovico Castelvetro. Letterati e grammatici nella crisi religiosa del Cin-
quecento, atti della Xiii giornata Luigi Firpo (torino, 21-22 settembre 2006), a c. di maSSimo
FiRPo e Guido moNGiNi, Firenze, olschki 2008, pp. 1-24; aNNa SieKieRa, La Poetica vulgariz-
zata et sposta per Lodovico castelvetro e le traduzioni cinquecentesche del trattato di aristotele,
ivi, pp. 25-45.
3 Per la ricostruzione del vasto dibattito sul verosimile è d’obbligo il rinvio a beRNaRd
WeiNbeRG, a History of the literary Criticism in the Renaissance Italy, chicago, university Press
1961.
4 cfr. il celebre passo di aRiStoteLe, Poetica, 9 (1451a, 36-b, 6): «da quanto si è detto ri-
sulta chiaro che compito del poeta non è dire ciò che è avvenuto ma ciò che potrebbe avvenire,
vale a dire ciò che è possibile secondo verosimiglianza e necessità. Lo storico e il poeta non diffe-
riscono tra loro per il fatto di esprimersi in versi o in prosa – si potrebbero mettere in versi le sto-
rie di erodoto, e in versi come in prosa resterebbero comunque storia –, ma differiscono in
quanto uno dice le cose accadute e l’altro quelle che potrebbero accadere» (trad. it. di Guido Pa-
duano, come per le successive citazioni dallo stesso testo).
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5 toRQuato taSSo, Discorsi dell’arte poetica e del poema eroico, a c. di LuiGi Poma, bari,
Laterza 1964, p. 3.
6 da notare la circolarità di questo primo argomento: la ‘verosimiglianza’ della materia nar-
rata è garantita sufficientemente solo dalla sua effettiva ‘verità’ storica; come dire: il possibile si
dimostra senz’altro tale solo quando è effettivamente reale. L’idea è ripresa dalla Poetica di aristo-
tele, ma con una notevole forzatura: 1451b, 16-19: «La causa di ciò è che il possibile è già di per
sé credibile; di ciò che non è avvenuto noi non abbiamo ancora fiducia che sia possibile, mentre
di ciò che è avvenuto è sempre chiaro che era possibile: se non fosse stato possibile non sarebbe
avvenuto». con ciò, aristotele non intende affatto sostenere che la realtà (storica) sia argomento
preferibile per la poesia, e anzi contrappone notoriamente lo storico al poeta proprio distinguen-
do la materia da loro trattata, rispettivamente, in τὰ γενόμενα (gli eventi accaduti) e οἷα ἂν
γένοιτο (le cose quali potrebbero accadere), senza mancare di sottolineare la superiorità del se-
condo nella celebre frase per cui «la poesia è più filosofica e più seria della storia, poiché la poe-
sia si occupa piuttosto dell’universale, mentre la storia racconta i particolari» (1451b, 6-8). Sul
rapporto fra evidenza (enargia) e verosimiglianza cfr. FeRRetti, Narratore notturno…, pp. 309-73.
7 taSSo, Discorsi dell’arte poetica e del poema eroico… i, p. 5.
8 aRiStoteLe, Poetica, 1451b 26-32.
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10 ivi, 1460a, 27-33; 1461b, 9-15. Sul rapporto tra verità e finzione nella poetica tassiana, cfr.
tra l’altro cLaudio ScaRPati - eRaLdo beLLiNi, Il vero e il falso dei poeti. tasso, tesauro, Pallavi-
cino, muratori, milano, Vita e pensiero 1990, cap. 1 (Vero e falso nel pensiero poetico del tasso),
p. 3-34; FRaNçoiSe GRaziaNi, La vérité poétique selon le tasse, «Graphè» (Lectures de l’Écriture),
5 (1996), pp. 105-23; FeRRetti, Narratore notturno…, in particolare pp. 23-48.
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‘vero’: da una parte con una più stretta aderenza alle fonti storiche11, dal-
l’altro con un ampio ricorso all’allegoria, che è in grado di ricondurre anche
la finzione che dalla storia si discosta sotto le insegne del ‘vero’12.
oltre a tutto questo, altri elementi fondamentali alla mitopoiesi della sto-
ria secondo l’analisi tassiana sono innanzitutto una certa distanza tempora-
le, che collochi l’evento lontano dalla trivialità del contemporaneo, in un
passato sufficientemente remoto da poter essere mitizzato, ma al tempo
stesso anche un certo legame attualizzante con il presente, che cioè conferi-
sca al passato un carattere fondativo del presente, come nell’eneide virgilia-
na13. La convergenza di queste motivazioni di natura essenzialmente esteti-
ca portano ragionevolmente alla scelta della Prima crociata come materia
del poema (per quanto non sia l’unico soggetto rispondente ai criteri indivi-
duati dal poeta)14: si tratta infatti di un’impresa storica, ben documentata,
di carattere fortemente cristiano, lontana nel tempo ma non troppo da
scomparire dalla memoria collettiva, e soprattutto attuale nella contrapposi-
zione con il mondo musulmano più che mai viva al tempo di tasso15.
GiGaNte, Roma, Salerno editrice 2000, XVii, 19-20: «io, ne la riforma della mia favola, cercai di
farla più simile al vero che non era prima, conformandomi in molte cose con l’istorie».
12 cfr. taSSo, Giudicio… p. 33: «a me ancora dovrebbe esser conceduto che fra l’istorie di
Guglielmo arcivescovo di tiro, e di Roberto monaco, e di Paolo emilio, e degli altri scrittori, i
quali cedono a mosè d’autorità e di gran lunga son inferiori, abbia avuto ardire di mescolar alcu-
ne favole o allegorie; le quali, benchè paiano false o finte ne’ particolari, sono vere nondimeno,
avendosi riguardo a l’universale, ed a l’idea in cui rimira il poeta: e per questa cagione la poesia,
come afferma aristotile, ha molto più del filosofico che non ha l’istoria»; e ancora: «e noi abbiam
già detto, con l’autorità di sant’agostino nella città di dio, non esser falso né vano quel che si-
gnifica: laonde l’allegoria, co’ sensi occulti delle cose significate, può difendere il poeta da la va-
nità e da la falsità similmente».
13 Su tale carattere della narrazione epica, in opposizione a quella romanzesca, cfr. l’ormai
classico michaiL bachtiN, epos e romanzo, in id., estetica e romanzo, torino, einaudi 2001
(1975), pp. 445-82.
14 cfr. toRQuato taSSo, Lettere, a c. di ceSaRe GuaSti, vol. V, Firenze, Le monnier 1852-
Liberata (e tanto più della Conquistata) con questo suo importante prece-
dente, confondendo il giudizio di valore sull’opera – negativo non solo per
i moderni, ma già per tasso – con la sua influenza storico-letteraria: i due
aspetti, invece, non sono necessariamente sovrapponibili. alcuni validi stu-
di più recenti16 hanno riproposto all’attenzione della critica tale questione
fondamentale, che tuttavia, considerando l’ampiezza e la rilevanza dei con-
tatti, è ancora ben lontana dall’essere stata trattata in maniera esauriente. il
poema di trissino, infatti, influisce in modo determinante su quello tassia-
no non solo in qualità di anti-modello, dunque come un paradigma negati-
vo e proprio perciò tutt’altro che ininfluente: ben al di là questo, esso co-
stituisce anche, per tasso, il caso più sottile ed ambiguo di un precedente
letterario del quale si condividono in gran parte le scelte teoriche, di poeti-
ca, salvo poi prendere le distanze dalla loro effettiva realizzazione poetica,
che non è mai semplicemente una conseguenza diretta e tanto meno neces-
saria di quelle. egli valuta negativamente l’Italia quanto all’effettivo risulta-
to artistico, al giudizio di valore, ma quanto al progetto dell’opera e all’im-
postazione teorica che precede e guida la scrittura egli è per molti aspetti
vicinissimo a trissino e da lui influenzato in modo decisivo; anche quando
ne critica le scelte particolari, non si tratta quasi mai di un rifiuto netto, ma
semmai di un tentativo di miglioramento, di una correzione del tiro che
presuppone, al contrario, un’accettazione complessiva di una proposta giu-
dicata solo mal realizzata.
un esempio clamoroso è proprio quello del meraviglioso cristiano, una
delle soluzioni tassiane più note e meglio riuscite17: quando la critica – ra-
ramente – lo raffronta al meraviglioso in trissino, per lo più lo fa soltanto
in vista di una poco produttiva celebrazione delle scelte tassiane a fronte di
quelle aberranti e talvolta persino ridicole dell’Italia liberata; eppure si
manca quasi sempre di notare che quelle tanto apprezzate correzioni del
tasso presuppongono l’Italia come il modello senz’altro più prossimo e
16 cfr. amedeo QuoNdam, La poesia duplicata. Imitazione e scrittura nell’esperienza del tris-
sino, in atti del Convegno di studi su Giangiorgio trissino, a c. di NeRi Pozza, Vicenza 1980, pp.
67-109; SeRGio zatti, L’ombra del tasso. epica e romanzo nel Cinquecento, milano, bruno mon-
dadori 1996 (cap. 3, L’imperialismo epico del trissino, pp. 59-110); id., tasso lettore del trissino,
in torquato tasso e la cultura estense. atti del Convegno, Ferrara 10-13 dicembre 1995, a c. di
GiaNNi VeNtuRi, Firenze, olschki 1999, vol. i, pp. 597-613; cLaudio GiGaNte, «azioni formi-
dabili e misericordiose». L’esperimento epico del trissino, «Filologia e critica», XXiii (1998), pp.
44-71; id., epica e romanzo in trissino, in La tradizione epica e cavalleresca in Italia (XII-XVI
sec.), a c. di cLaudio GiGaNte e GioVaNNi PaLumbo, bruxelles, P.i.e. Peter Lang 2010, pp.
291-320: quest’ultimo è senz’altro lo studio più equilibrato e considera anche il rapporto del
poema trissiniano con la sua fonte storiografica.
17 Sulla questione del meraviglioso cristiano e diabolico si veda l’ottimo saggio di Guido
baLdaSSaRRi, «Inferno» e «Cielo». tipologia e funzione del «meraviglioso» nella Liberata, Roma,
bulzoni 1977.
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più influente: i debiti sono ben più cospicui delle modifiche. e un simile
discorso si può fare anche per la scelta della materia storica che qui ci inte-
ressa. Se tale scelta tassiana è senz’altro coerente e motivata, come abbia-
mo visto, sul piano della teoria letteraria, ancor più rilevante è l’influsso
dell’opera del trissino.
Sin dai Discorsi dell’arte poetica, la contrapposizione fra l’orlando furio-
so letto e ammirato da tutti e destinato all’eternità letteraria e invece l’Italia
liberata già obsoleta quindici anni dopo la sua pubblicazione adombra una
contrapposizione invece molto meno netta e più problematica fra romanzo
ed epica eroica: nella stesura della Liberata, queste due opere costituiranno
i due principali modelli moderni dell’una e dell’altra tendenza, notoria-
mente compresenti in quella grande formazione di compromesso che il ca-
polavoro tassiano è innanzitutto a livello di genere. Quanto alla scelta di
una grande impresa collettiva di guerra, dunque, tasso segue senz’altro il
modello trissiniano contro quello ariostesco della ventura cavalleresca, che
egli recupera nel suo poema solo secondariamente, caratterizzandolo come
errore, devianza, ritardo al compiersi dell’azione principale18. La grande
impresa storica, militare, collettiva, l’azione una di molti – come la defini-
sce tasso –, è senz’altro uno dei debiti più rilevanti verso l’ambiguo prece-
dente del poema trissiniano, le cui soluzioni sono accettate in pieno contro
la varietà di azioni e di trame del romanzo.
Naturalmente, anche qui il tiro è corretto. al carattere eminentemente
politico dell’impresa capitanata da belisario e del suo rapporto con l’attua-
lità italiana e con le idee filoimperiali dell’autore subentra la natura essen-
zialmente religiosa dell’impresa guidata da Goffredo, volta a liberare, più
ancora che la città di Gerusalemme, il sepolcro di cristo (come da proe-
mio). L’altra differenza principale, stavolta dovuta a un’esplicita critica ri-
volta al poeta vicentino, è che la narrazione non si estende come nell’Italia
alla totalità di una campagna militare pluriennale, con un effetto necessaria-
mente dispersivo, ma si concentra – come nell’Iliade – sulla sola fase con-
clusiva o comunque decisiva per la sorte dell’impresa, con effetto, per così
dire, di esserne sineddoche, pars pro toto19. ma al di là di queste divergenze
subordinate, quel che più conta è l’assoluta continuità nella scelta e nell’im-
postazione complessiva della materia del poema basata sull’azione ‘una di
18 cfr. SeRGio zatti, L’uniforme cristiano e il multiforme pagano. saggio sulla Gerusalemme
1459a, 30-35: «Perciò, come abbiamo detto, anche in questo omero appare prodigioso rispetto
agli altri, per non aver cercato di rappresentare interamente la guerra di troia, anche se essa ave-
va un inizio e una fine. La trama sarebbe risultata o eccessiva, da non potersi abbracciare con lo
sguardo, o, se contenuta nelle dimensioni, troppo intricata per varietà».
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romanzeschi dall’italia del trissino alla Gerusalemme tassiana, in corso di stampa in «italianistica»,
XLiV (2015).
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21 Nel cap. 5 di ViNceNzo ViVaLdi, Prolegomeni ad uno studio completo sulle fonti della Ge-
rusalemme liberata (Da quali cronisti della prima crociata il tasso attinse per il suo lavoro), trani,
Vecchi 1904, p. 81, lo studioso ne menziona cinque: «Nelle sue lettere il tasso ricorda cinque
cronisti della prima crociata, da lui letti; e do in parentesi le indicazioni delle lettere, nelle quali si
fa menzione di essi, perché queste indicazioni non sono molto esatte e compiute nel lavoro del
Ferrazzi. Questi cronisti sono: Guglielmo arcivescovo di tiro (25, 28, 29, 47, 60, 82, 532, 707,
1378); Paolo emilio (47, 82, 532, 707); Roberto monaco (52, 82); l’abate urspergense (57) e Pro-
coldo conte di Rochese (25, 60, 82). Nel Giudizio sovra la Gerusalemme riformata il poeta però
non ricorda che i tre primi soli cronisti; ma dà ad intendere di averne letti altri».
22 GuiLLaume de tyR, Chronique, édition critique par RobeRt buRchaRd coNStaNtijN
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huyGeNS, turnholti, brepols 1986 (CCCm 63; d’ora in poi GuGLieLmo di tiRo, Cronaca), già
edito in Recueil des historiens des Croisades. Historiens occidentaux, vol. i, Paris, imprimerie
Royale (d’ora in poi RHC occ.) 1844 (ed. princeps col titolo belli sacri historia, basilea 1549;
trad. it. di GiuSePPe hoRoLoGGi, col titolo Historia della guerra sacra di Gerusalemme, Venezia,
Valgrisi 1562; la cronaca di Guglielmo di tiro, invece, almeno durante la composizione della Li-
berata, non fu letta dal tasso nella versione volgare del De bello a Christianis contra barbaros ge-
sto pro Christi sepulchro et Iudaea recuperandis libri IIII di beNedetto accoLti iL Vecchio re-
datta da FRaNceSco baLdeLLi col titolo La guerra fatta da’ christiani contra barbari per la recupe-
razione del sepolcro di Christo e della Giudea, Venezia, Giolito 1543: v. infra, n. 25).
23 RobeRtuS RemeNSiS (moNachuS), Historia Hierosolymitana, RHC occ. vol. iii, pp. 717-
881 (ed. princeps Venetiis, bernardinus de Vitalibus 1532, trad. it. col titolo Historia di Roberto
monaco della guerra fatta da Principi Christiani contra saracini per l’acquisto di terra santa, tra-
dotta per FRaNceSco baLdeLLi, Fiorenza, torrentino 1552).
24 PauLi aemyLii VeRoNeNSiS hiStoRici cLaRiSSimi De rebus gestis Francorum, Parisiis, apud
Vascosanum 1555, pp. 170-71 (ed. princeps: Parigi, 1539; trad. it. col titolo Historia delle cose di
Francia […] recate ora a punto dalla Latina in questa nostra lingua, Venezia, tramezzino 1559).
25 cfr. ad esempio una lettera del 1587 (ed. GuaSti, n. 813), dunque di diversi anni successiva
alla pubblicazione della Liberata: «confesso il vero: ho lette molte istorie del passaggio d’oltramare;
ma non avea letto benedetto accolti; e non l’ho letto ancora, da poi che me l’ha mandato a dona-
re». L’opera a cui il tasso fa riferimento è beNedetto accoLti iL Vecchio, De bello a Christianis
contra barbaros…. il passo citato smentisce tra l’altro l’affermazione di caRdiNi, torquato tasso e la
crociata…, secondo cui «la fonte storica primaria, attraverso la quale il tasso recuperava Guglielmo
di tiro, era la versione volgare […] di benedetto accolti». d’altra parte la questione filologica di
ricostruire in quale versione tasso leggesse la Cronaca, se in latino o in una traduzione e quale, sem-
bra piuttosto oziosa: sarebbe una questione rilevante se si trattasse di un testo poetico, ma per una
semplice fonte di contenuti storici non si vede quale potrebbe essere la reale differenza.
26 jacQueS boNGaRS, Gesta Dei per Francos, hanoviae, typis Wechelianis apud heredes
82 FedeRico di SaNto
Croisades. Historiens occidentaux… voll. i-V (i volumi successivi contengono i testi degli storici
orientali e di quelli arabi). oltre a quelle già citate, le principali cronache sulla Prima crociata – a
prescindere dalla questione di quali tasso avesse letto – sono le seguenti: 1) aNoNimo, Gesta
Francorum et aliorum Hierosolymitanorum (o semplicemente Gesta Francorum, olim tudebodus
abbreviatus), RHC occ. vol. iii, pp. 1-116, poi ed. RoSaLiNd hiLL, London 1962 (trad. it. a c. di
LuiGi RuSSo, alessandria, dell’orso 2003); 2) PetRuS tudeboduS o tudeboViS (PieRRe tude-
bode), Historia de Hierosolymitano itinere, RHC occ. vol. iii, pp. 119-63, poi edd. johN h. hiLL
e LauRita L. hiLL, introd., note e trad. PhiLiPPe WoLFF, Paris 1977; 3) aNoNimo, Cronaca di
monte Cassino, o Historia peregrinorum euntium Jerusolymam ad liberandum sanctum sepulcrum
de potestate ethnicorum, noto anche come tudebodus imitatus et continuatus, RHC occ. vol. iii,
pp. 167-229, riedito recentemente col titolo Historia de via et recupeatione antiochiae atque Ieru-
solymarum, a c. di edoaRdo d’aNGeLo, Firenze, edizioni del Galluzzo 2009; 4) RaimuNduS de
aGuiLeRS (RaymoNd d’aGuiLeRS), Historia Francorum qui ceperun Iherusalem, RHC occ. vol.
iii, pp. 231- 309, poi riedito con il titolo Le ‘Liber’, edd. johN h. hiLL e LauRita L. hiLL, in-
trod., note e trad. PhiLiPPe WoLFF, Paris, Geuthner 1969; 5) FuLcheRiuS caRNoteNSiS (FuL-
cheRio di chaRtReS), Historia Hierosolymitana, RHC occ. vol. iii, pp. 311-485; 6) aLbeRtuS
aQueNSiS (aLbeRto di aQuiSGRaNa), Historia Hierosolymitana, RHC occ. vol. iV, pp. 269-713;
7) eKKehaRduS uRauGieNSiS (eKKehaRd di auRa), Hierosolymita: De oppressione, liberatione ac
restauratione Jerosolymitanae ecclesiae, RHC occ. vol. V, pp. 7-40, il quale riprende in gran parte,
almeno per la sezione che ci interessa, il materiale del suo predecessore buRchaRduS uRSPeRGeN-
SiS, Chronicon a Nino rege assyriorum magno usque ad Fridericum II Romanorum imperatorem; 8)
baLdRicuS doLeNSiS o buRGuLieNSiS (baLdRico di doL o di bouRGueiL), Historia Hierosolymi-
tana, RHC occ. vol. iV, pp. 10-110; 9) GuibeRtuS NoViGeNSiS (GuibeRto di NoGeNt), Dei gesta
per Francos, RHC occ. vol. iV, pp. 116-263, poi ed. RobeRt buRchaRd coNStaNtijN huyGeNS,
turnhout, brepols 1996 (CCCm, 127a); 10) l’abbreviazione di Fulcherio di chartres di autore
aNoNimo, Gesta Francorum Iherusalem expugnantium, RHC occ. vol. iii, pp. 491-543; 11) Ra-
duLFuS cadomeNSiS (RaouL de caeN), Gesta tancredi, RHC occ. vol. iii, pp. 587-710. Le prime
tre cronache menzionate (Gesta Francorum, tudebodus e tudebodus imitatus) sono la riscrittura e
spesso la trascrizione letterale, variamente ampliata, abbreviata o contaminata, di uno stesso testo
risalente a un testimone oculare della crociata. Quanto a beRNaRduS theSauRaRiuS (attr.), Liber
de acquisitione terrae sanctae, edito da LodoVico aNtoNio muRatoRi in Rerum Italicarum scrip-
tores, Vii, t. i, pp. 659 sgg. da un manoscritto estense, che muratori riteneva un testo autonomo,
si è capito che si tratta solo di una ritraduzione in latino ad opera del frate PiPiNuS boNoNieNSiS
di una traduzione medievale in francese della Cronaca di Guglielmo di tiro (stampata in calce al-
l’originale latino in RHC occ. vol. i). Sulle fonti storiche relative alle crociate cfr., oltre alle intro-
duzioni alle edizioni citate, anche the Crusades and their sources: essays Presented to bernard
Hamilton, ed. johN FRaNce e WiLLiam G. zajac, brookfield, ashgate 1998.
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tasso lo chiama una volta Rocoldo di Prochese, un’altra Procoldo di Rochese; la Conquistata
presenta invece la forma Procoldo conte di Prochese (ma in un’altra occorrenza la lezione, pro-
babilmente erronea, è Precoldo).
32 taSSo, Gerusalemme Conquistata, i, 52, vv. 5-8: «Né Procoldo avverrà che ’l desio cange /
d’andar co’ primi e più famosi a paro, / co’ settecento suoi che scelti a prova / fûro in Prochese;
e non fu gente nova»; come Procoldo egli è menzionato anche in Xiii, 25 e XiV, 45, come Pre-
coldo in XX, 9.
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84 FedeRico di SaNto
dirimere ogni dubbio: 1) Subito dopo la scena del monte oliveto segue la
narrazione di come sia tancredi, per ben due volte, a trovare il legname
con cui saranno costruite le macchine d’assedio; la prima volta lo trova in
delle «latebrae», la seconda volta «sub rupe cavata, quae erat circum clau-
sa arboribus umbrisque horrentibus»34, che ricordano da vicino l’«alta fo-
resta, / foltissima di piante antiche, orrende, / che spargon d’ogni intorno
ombra funesta» (G.L. Xiii, 2): l’iterazione della ricerca del materiale per le
macchine e soprattutto la sua connessione con tancredi, presenti unica-
mente in Raoul e nel manoscritto cassinese che anche in questo passo lo
rielabora, mi sembrano senz’altro il necessario trait d’union tra il collettivo
taglio del bosco menzionato in molte altre cronache e la ventura individua-
le di tancredi, iterata poi da Rinaldo, in cui tasso lo trasforma. Gli episodi
di disincanto della selva dei canti Xiii e XViii hanno dunque anch’essi il
loro spunto originario in una fonte storica, tudebodus imitatus o meno ve-
rosimilmente Raoul, cui sovrappongono il meraviglioso demoniaco di
ismeno. 2) L’inciampo della torre mobile nel finale del canto Xi, da cui
originano indirettamente la sortita notturna di clorinda e argante e poi la
morte di lei, viene anch’esso da tudebodus imitatus e manca invece in Gu-
glielmo di tiro e negli altri cronachisti. 3) La conferma definitiva mi pare
data dal fatto che ugone (hugo magnus) fratello del re di Francia in tasso
risulti già morto, mentre in realtà era solo assente da Gerusalemme, aven-
do abbandonato la crociata dopo la presa di antiochia: morirà a tarso solo
nel 1107. tutte le cronache lo testimoniano. Si è ipotezzato35 che tasso al-
teri questo dato per tacere un fatto disonorevole per i crociati. ma allora
avrebbe potuto semplicemente fingere che anche ugone fosse a Gerusa-
lemme, come fa per Solimano; né d’altronde egli è un disertore: sono gli
stessi capi crociati ad averlo inviato in missione a costantinopoli. in realtà,
a cercare con attenzione, si scopre che l’alterazione nasce da un’ambiguità
presente solo in un passo di tudebodus imitatus, dove si dice di come l’e-
sercito fosse ormai decimato all’arrivo a Gerusalemme:
Verum exercitus peregrinus partim bellis partim morbis attritus, praesertim
Gallorum comitum, videlicet Stephani, hugonis magni, necnon boamundi princi-
pis absentia in tantum minoratus erat, ut non dicam turres natura munitas tentaret
obsidione cingere […]36
86 FedeRico di SaNto
37 ivi, cXiV-cXVii.
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88 FedeRico di SaNto
38 taSSo, Lettere, 82, luglio 1576, ed. GuaSti, p. 212 (a orazio capponi).
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39 Viene in mente una dichiarazione di Gabriel García márquez riguardo al numero di morti
del massacro alla stazione di ciénaga, che nell’episodio ispirato a quei fatti in Cent’anni di solitu-
dine vengono moltiplicati iperbolicamente a tremila: «erano ventotto, soltanto ventotto. ma se io
nel mio romanzo avessi scritto ventotto, avrei mentito. Per raggiungere il livello di verità che mi
interessava produrre dovevo per forza mentire, cioè mettere nel testo una cifra che in qualche
modo rendesse davvero il significato terribile, reale, di quel che era successo tanti anni fa nella
storia della mia colombia» (da una conversazione con hernàn Loyola, a pranzo con Gabriel
García tra Roma e macondo, «La nuova Sardegna», Sassari, 22 ottobre 1982, cit. in GabRieL
GaRcía máRQuez, opere narrative, vol. i a c. di RoSaLba camPRa, milano, mondadori 1987, p.
1006). Senza volerne fare una regola generale, la radicale diversità fra l’esposizione storiografica
e il linguaggio letterario, si potrebbe dire, in casi simili sembra insomma implicare che, per man-
tenere uno stesso livello di veridicità nel passaggio dall’una all’altro, il dato storico debba essere
proporzionalmente alterato.
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40 che poi questo duello si trasformi in una vera e propria esecuzione, ossia in un duello
manfredi 1965, pp. 175-94. Quanto alla rielaborazione in senso letterario del materiale desunto
da Guglielmo di tiro nell’episodio analizzato, lo studioso sottolinea in particolare il rapporto
con l’amadigi di bernardo tasso e l’incompiuto amor di marfisa di danese cataneo, rintraccian-
do numerosi contatti testuali. Sul rapporto tra il frammento giovanile e la Cronaca cfr. anche, sul-
la scorta di Raimondi, GiuNta, torquato tasso e la guerra santa… e FeRRetti, Narratore nottur-
no…, pp. 50-55; quest’ultimo, nonostante alcune valide osservazioni, a mio avviso giunge tutta-
via a conclusioni in parte indebite sul rapporto vero-verosimile, che farebbe del Gierusalemme
un esperimento «di segno ancora trissiniano»: non si vede come si possa delineare per il primo
abbozzo del tassino una qualche poetica della verosimiglianza narrativa, che evidentemente pre-
suppone una visione d’insieme della struttura narrativa dell’opera, quando il frammento si inter-
rompe, in sostanza, prima ancora che l’azione vera e propria abbia inizio.
42 il diverso rapporto con la materia storica nella Conquistata è spesso affrontato nei princi-
pali studi recenti sull’argomento; si vedano almeno: maRia teReSa GiRaRdi, tasso e la nuova
Gerusalemme. studio sulla conquistata e sul Giudicio, Napoli, edizioni Scientifiche italiane
2002; cLaudio GiGaNte, «Vincer pariemi più sé stessa antica». La Gerusalemme conquistata nel
mondo poetico di torquato tasso, Napoli, bibliopolis 1996; matteo ReSidoRi, L’idea del poema.
studio sulla Gerusalemme conquistata di torquato tasso, Pisa, Scuola Normale Superiore 2004.
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43 Sull’ekphrasis nei poemi rinascimentali cfr. Guido baLdaSSaRRi, ut pöesis pictura. Cicli fi-
gurativi nei poemi epici e cavallereschi in La corte e lo spazio. Ferrara estense, a c. di GiuSePPe Pa-
PaGNo e amedeo QuoNdam, Roma, bulzoni 1982, pp. 605-35; RiccaRdo bRuScaGLi, L’ecfrasi
dinastica nel poema eroico del Rinascimento, in ecfrasi. modelli ed esempi fra medioevo e Rinasci-
mento, a c. di GiaNNi VeNtuRi e moNica FaRNetti, Roma, bulzoni 2005.
44 taSSo, Discorsi dell’arte poetica e del poema eroico… ii, p. 18.
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nei pochi studi precedenti sulle fonti storiche della Liberata45: lasciando da
parte l’ovvia selezione del materiale storico o le modifiche più superficiali
come quelle onomastiche, concentriamoci piuttosto su quei procedimenti
che, alterando le strutture narrative, incidono in modo più rilevante sul
margine di libertà nella riorganizzazione delle strategie significative in cui
sono individuati, sin dalla Poetica di aristotele, lo scarto e la superiorità in-
tellettuale del verosimile poetico rispetto al vero storico.
Riguardo all’anacronismo in senso stretto si è già detto a sufficienza: ba-
sti ricordare che la battaglia finale in campo aperto non è che il caso più
clamoroso in quanto riguarda la conclusione stessa dell’opera, ma se ne
trovano diversi altri, come l’elezione di Goffredo da parte dei principi cro-
ciati, storicamente seguita alla presa della città (da Guglielmo di tiro, iX,
1-2), l’ambasceria di alete e argante (da iV, 24 e Vii, 19, ma anche da Ro-
berto monaco, V, 1-2), la morte di Sveno, posticipata di due anni per coin-
cidere con l’assedio di Gerusalemme (da iV, 20), o lo stesso episodio di
olindo e Sofronia, che pur non essendo un vero e proprio fatto storico de-
riva comunque da uno spunto della Cronaca (i, 5, cronologicamente molto
anteriore alla crociata). ma sarà bene notare che la questione più impor-
tante non è tanto l’anacronismo in senso stretto, ossia l’alterazione della
collocazione cronologica di un evento, quanto più in generale tutte le pos-
sibili anacronie nell’ordine degli eventi narrati tra l’esposizione cronologica
delle cronache e l’intreccio del poema. un riferimento molto esplicito, in
sede teorica, all’importanza dell’anacronia si trova nei Discorsi del poema
eroico (libro iii), che, pur successivi alla Liberata, in questo caso rielabora-
no direttamente una passo dei Discorsi dell’arte poetica:
ma se Lucano non è poeta, ciò avviene perché s’obbliga a la verità de’ partico-
lari, e non ha tanto risguardo a l’universale e, come pare a Quintiliano, è più simi-
le a l’oratore ch’al poeta. oltre a ciò, l’ordine osservato da Lucano non è l’ordine
proprio de’ poeti, ma l’ordine dritto e naturale in cui si narran le cose prima avvenute:
tasso, oltre alle già ricordate osservazioni di Raimondi relative al Gierusalemme e a poco altro
nell’articolo di Giunta, si trovano in FeRRetti, Narratore notturno…, pp. 89-91. i procedimenti
che lo studioso meritoriamente individua sono tuttavia ancora piuttosto di superficie: 1) «La se-
lezione dei fatti e dei protagonisti (dirne alcuni, tacere altri)» così come all’opposto; 2) l’«ampli-
ficazione della storia», per cui ad esempio il breve caso di Sveno si dilata nel poema in un episo-
dio ricco di patetismo e significati simbolici, sono procedimenti piuttosto scontati per qualsiasi
rielaborazione letteraria di un testo documentaristico e in fondo, più in generale, costituiscono la
condizione stessa dell’appropriazione e risemantizzazione alla base di un qualsiasi rapporto in-
tertestuale; 3) «la manipolazione onomastica» è un fatto poco meno che insignificante; 4) «l’ana-
cronismo» è invece un procedimento fondamentale in quanto permette al poeta di elaborare una
nuova e autonoma strategia significativa rispetto alla materia storica; 5) «la duplicazione dei fat-
ti» narrati una singola volta nella fonte storica è anch’essa un’osservazione molto interessante.
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46 taSSo, Discorsi dell’arte poetica e del poema eroico… iii, p. 121 (corsivo mio).
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50 Per un’analisi più dettagliata delle contaminazioni nel canto Xi, v. infra sezione 8 (analisi
VaiLLe, Poesia e ideologia. Letture dalla Gerusalemme Liberata, Napoli, Liguori 1987, p. 182:
«tranne erminia che non deve nulla alle cronache, gli altri personaggi femminili tassiani prendo-
no lo spunto da un fatto o un personaggio o un insieme di personaggi evocato dai cronisti della
crociata sul quale […] s’innestano ed amalgamano tratti e vicende di uno o più personaggi di va-
ria provenienza culturale». Si noti tuttavia anche la diversità delle osservazioni: Larivaille sottoli-
nea come alla costruzione di alcuni personaggi concorrano spunti (non solo narrativi) di diversa
provenienza, mentre la mia osservazione si riferisce all’azione narrativa anonima che viene ricon-
dotta alla funzione narrativa del protagonismo. Non si tratta solo di un rovesciamento di pro-
spettiva: in un caso ci si riferisce solo al sistema dei personaggi, nell’altro alle metamorfosi nei
procedimenti narrativi del poema rispetto alle cronache.
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campo armato da fante, poi viene ferito da una freccia e infine, guarito mi-
racolosamente, torna in campo (tutto naturalmente sul modello di eneide
Xii, che a sua volta riprende l’Iliade); similmente, l’episodio della colomba
messaggera, narrato in questo caso da Paolo emilio, viene ad avere come
protagonista di nuovo Goffredo, e lo stesso accade per la visione delle mi-
lizie celesti e delle anime beate dei compagni caduti che combattono al
fianco dei crociati nel canto XViii: in Guglielmo di tiro si trattava di una
visione genericamente collettiva e non del solo capitano. emblematico un
caso che non mi sembra sia stato individuato dalla critica: la strage di cro-
ciati compiuta da una anonimo arciere dalle mura di Nicea assediata nel li-
bro iii della Cronaca è lo spunto della simile impresa attribuita anacroni-
sticamente, nel canto Xi della Liberata, non più a un guerriero anonimo
ma a clorinda (torneremo più avanti, alla fine della sez. 8, su questo e altri
rilevanti punti di contatto con l’assedio di Nicea). Saltando alla battaglia fi-
nale, la ritirata dei pagani nella torre di david, genericamente collettiva
nelle cronache, in tasso viene ad avere Solimano come protagonista53. Sarà
bene ricordare, comunque, che questo procedimento è talora suggerito già
da alcune cronache: non tuttavia da quelle principali, bensì da alcune, fra
quelle secondarie, nelle quali uno dei crociati viene ad assumere, in funzio-
ne celebrativa o propagandistica, un ruolo preminente: abbiamo già visto,
ad esempio, come l’innovazione di Raoul de caen, mediata da tudebodus
imitatus, per cui è il solo tancredi a trovare il legname per le macchine
d’assedio – laddove nelle altre cronache si tratta di un fatto collettivo – sia
lo spunto su suggerimento del quale tasso trasforma il taglio del bosco in
un’impresa individuale più volte iterata.
avviene anche, talvolta, che gli equilibri interni al sistema dei personag-
gi inducano l’autore ad attribuire una certa azione ad un personaggio diver-
so da quello a cui è attribuita nella fonte storiografica: così, ad esempio, il
primo a scalare le mura di Gerusalemme non è più l’anonimo Leotoldo di
Roberto monaco e neppure il Goffredo di Guglielmo di tiro bensì, signifi-
cativamente, Rinaldo: il cavaliere richiamato a causa della sua fatale neces-
sità per prendere Gerusalemme non potrebbe dimostrarla in maniera più
evidente54; lo stesso si può dire per l’attribuzione ancora al personaggio
d’invenzione Rinaldo di un’azione – l’assalto al tempio di Salomone dove
si è rifugiata una parte della popolazione di Gerusalemme (canto XiX) –
me liberata XVIII: fra storia e invenzione con postilla sul manzoni, «belfagor», 42 (1987), pp.
570-80.
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che nella Cronaca è attribuita invece, stavolta, a tancredi (Viii, 20). Se an-
che l’ascesa di tancredi al monte oliveto di cui si è detto sopra può consi-
derarsi effettivamente una fonte di tasso, di nuovo l’episodio è attribuito a
Rinaldo: d’altronde, per promuovere un crociato che nelle cronache è po-
co più che un nome a co-protagonista del poema è naturale che su di lui
convergano azioni in origine attribuite ad altri.
Funzione non dissimile hanno anche i duelli, che trasformano lo scontro
collettivo fra le due parti in uno scontro fra due personaggi, secondo una
prassi tipicamente epica: la monotonia e povertà icastica dell’azione collet-
tiva dello storico acquista così molto maggiore enargia (ἐνάργεια), diventa
passibile di approfondimento psicologico e di identificazione emotiva e so-
prattutto permette di instaurare un dialogo intertestuale con i grandi mo-
delli della tradizione epica classica, in primo luogo omero e Virgilio.
un ultimo caso celebre e più complesso: l’episodio di olindo e
Sofronia55. La fonte è in Guglielmo di tiro, i, 5, dove si narra di un giova-
ne cristiano che, per evitare la persecuzione di tutti i cristiani di Gerusa-
lemme a seguito di un atto sacrilego a loro ingiustamente imputato, pur es-
sendo innocente si offre come capro espiatorio dichiarandosi colpevole e
salvando tutti gli altri col proprio supplizio. La finalità puramente apologe-
tica che episodio rivela nella cronaca storica, dove esso intende dimostrare
la necessità improrogabile della crociata di fronte alla difficile condizione
dei fedeli e dei pellegrini a Gerusalemme, si arricchisce nello splendido
episodio tassiano, grazie alla duplicazione del personaggio protagonista, di
un fine gioco psicologico e di una tematizzata ambiguità di fondo tra fede
religiosa e passione amorosa. inoltre la diversità di esito, che sostituisce il
lieto fine matrimoniale della Liberata all’effettivo compiersi del supplizio
nella fonte storiografica, costituisce anche il vero, forte legame che l’episo-
dio intrattiene con la trama del poema: quello di introdurre il personaggio
di clorinda e darne subito un’esauriente caratterizzazione psicologica –
che va dalla nobiltà d’animo che la distingue da tanti altri personaggi paga-
ni alla latente simpatia per i cristiani che prefigura sin d’ora la sua stessa vi-
cenda di conversione – lasciandola emergere in filigrana dall’azione stessa
e non da un ritratto autonomo confezionato ad hoc dall’autore (alla manie-
ra manzoniana, insomma). a determinare la parziale alterazione del dato
storico in favore della coppia di protagonisti concorre, inoltre, l’influenza
di alcuni precedenti letterari di un certo rilievo56. Quanto all’anacronismo,
combina con la storia di didimo e teodora narrata da Sant’ambrogio nel De Virginibus e la no-
vella boccaccesca di Restituta e Gian da Procida (Decameron, V, 6) in cui i due giovani vengono
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per cui l’episodio narrato dalla Cronaca risale a quasi un secolo prima della
crociata, esso è assai poco rilevante: a differenza di quello relativo all’eser-
cito egiziano, infatti, esso riguarda uno di quegli episodi secondari che,
contrariamente ai principali, secondo i Discorsi dell’arte poetica possono
essere dal poeta alterati e ricollocati nel tempo con la più ampia libertà57.
tutte queste modifiche hanno naturalmente un unico movente di fondo:
quello di dare spessore letterario e poetico alla narrazione storica, di per sé
estranea a simili finalità58. ciò porta l’autore anche a privilegiare quegli ele-
menti della testimonianza storica che sembrano meglio passibili di un’elabora-
zione poetica, quand’anche si trattasse solo di brevi spunti. così ad esempio il
rapido cenno alla foresta dove i crociati si recano a prendere il legname ne-
cessario a costruire le macchine d’assedio dà origine a uno degli episodi
simbolici centrali del poema, quello della selva incantata di Saron, con tutte
le sue risonanze romanzesche ma al contempo anche virgiliane, lucanee,
dantesche. anche la sortita notturna di clorinda e argante per incendiare
la macchina d’assedio dei crociati sviluppa in un’azione effettivamente com-
piuta ciò che nella Cronaca restava solo a livello di ipotesi (Viii, 14: nella
notte dopo la battaglia i crociati «angebantur tamen plurimum, timentes ne
clam in eorum machinas hostes quocunque pacto procurarent incendia»).
Per converso, intere sezioni giudicate poco interessanti, ripetitive o pre-
giudicanti l’unità della narrazione possono essere liquidate nonostante l’im-
portanza che rivestono nelle fonti storiografiche59: così, ad esempio, gli
ugualmente legati sul rogo e salvati in extremis, nonché con la storia di Sofronia e Galindo nel-
l’amadigi di bernardo tasso».
57 L’anacronismo è opportunamente sottolineato da GiuNta, torquato tasso e la guerra san-
ta…, p. 97. Non si può tuttavia condividere del tutto la spiegazione addotta dallo studioso, se-
condo il quale il poeta «ricorre a questa forzatura per introdurre gli elementi della profanazione,
della contaminazione e del martirio eroico che nella cronaca di Guglielmo egli trova condensati
in un unico momento e che evidentemente lo avevano fortemente impressionato». Rispetto ad al-
tri passi citati nell’articolo che avrebbero potuto ugualmente illustrare la condizione difficile dei
cristiani a Gerusalemme, è chiaro che la scelta ricade su questo episodio di martirio non solo per
i suoi temi, ma prima e soprattutto perché esso ha una marcata dimensione narrativa e patetica
che manca agli altri passi, genericamente descrittivi delle condizioni dei cristiani.
58 estranea, s’intende, a finalità artistiche nel senso più pregnante del termine: ciò non vuol
dire che nelle cronache sia assente la ricerca di una ‘prosa d’arte’e di un’elaborazione stilistica, a
cui talvolta si accenna anche nel prologo.
59 un simile procedimento di semplificazione o abbreviazione della fonte storiografica – ma
lì ci si riferisce piuttosto a spunti circoscritti inseriti entro un episodio più ampio – è stato indivi-
duato da Raimondi per il frammento del Gierusalemme, e il suo senso è giustamente ravvisato, ri-
correndo alla successiva formulazione dei Discorsi dell’arte poetica, nel fatto che «il poema epico
ha bisogno di un’azione unitaria che escluda gli ‘accidenti meno magnifici’ per concentrarsi sui
fatti ‘più nobili e più grandi’» (RaimoNdi, un episodio del Gierusalemme…, pp. 183-84). il se-
condo procedimento di elaborazione della fonte storiografica individuato dallo studioso, per cui
gli spunti descrittivi sono sottoposti «a un processo di coloritura, a un’intensificazione pittore-
sca», è invece qualcosa di piuttosto ovvio.
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scontri svoltisi vicino al mare presso ioppe, cui nella Cronaca è dedicato
l’intero cap. 9 del libro Viii, sono del tutto trascurati nella Liberata perché
evidentemente giudicati ripetitivi rispetto alle altre grandi scene di batta-
glia; nella Conquistata, invece, saranno recuperati integralmente – andando
a formare il principale nucleo di ampliamento del nuovo poema rispetto al
vecchio – non solo per maggiore aderenza alla verità storica, ma soprattut-
to in quanto vengono ad essere strettamente funzionali al progetto di ome-
rizzazione del poema, per il quale era necessaria una ulteriore grande bat-
taglia in cui i cristiani fossero sul punto di essere sconfitti e annientati, così
da poter innescare la dinamica iliadica di compassione e intervento indiret-
to dell’eroe protagonista tramite il doppio del suo compagno fraterno (Ru-
perto/Patroclo, cfr. Iliade XV-XVi)60.
7. Il meraviglioso ‘storico’
60 Su questo nucleo centrale delle modifiche che la Conquistata apporta alle strutture della
dum essem una nocte in ecclesia Sanctae mariae matris domini nostri iesu
christi, apparuit mihi Salvator mundi simul cum sua genitrice et beato Petro, apo-
stolorum principe, stetique ante me, et dixit mihi: agnoscis me? cui respondi:
Non. his dictis, ecce apparuit integra crux in capite eius. iterum ergo interrogavit
me dominus dicens: agnoscis me? cui ego dixi: te alio modo non agnosco, nisi
quia crucem in capite cerno tuo, sicuti Salvatori meo. Qui dixit: ego sum64.
più incline al meraviglioso, ha nientemeno che quattro visioni una dopo l’altra.
62 daNte, Paradiso, iii, vv. 58-61; ciceRoNe, somnium scipionis, iii, 7.
63 taSSo, G.L. XiV, 5-6.
64 tudebodus imitatus, LXXii, RHC occ. vol. iii, p. 201 = Gesta Francorum et aliorum…
[…] apparuit quidam, cuius nomen atque figuram, locumque et diem obitus reco-
lo. ille mihi, inquam, taliter ait: anselle, cognoscis horum beatorum turbam? at
ego respondens: Vix, inquam, agnosco. tunc ille: hi sunt, inquit, jerusolymitae,
qui, viam dei, in qua adhuc et tu laboras, ab initio aggressi, a saeculo transmigra-
runt, merueruntque habere coronas perpetuas; ad quos tu quoque in proximo
absque dubio eris ascensurus. bonum certamen certasti, cursum consumasti. ad
haec me stupefactum sopor cum visione dimisit66.
66 tudebodus imitatus, ciV, RHC occ. vol. iii, p. 215 = RaouL de caeN, Gesta tancredi,
cVi, ivi, p. 681. il passo costituisce un’ulteriore conferma dell’ipotesi avanzata sopra che tasso
leggesse tudebodus imitatus.
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seme, che sparso poi ne’ campi de la poesia produce quelli alberi che ad alcuni
paiono mostruosi: perchè l’apparizion de l’anime beate, la tempesta mossa da’ de-
moni, e il fonte che sana le piaghe, sono cose intieramente trasportate da l’istoria;
sì come l’incanto de le machine si può dire che prenda la sua origine da la relazio-
ne di Procoldo conte di Rochese, ove si legge c’alcune maghe incantarono le ma-
chine de’ fedeli: e si legge in Guglielmo tirio, istorico nobilissimo, che queste me-
desime maghe l’ultimo giorno de l’espugnazione furono uccise da’ cristiani67.
69 Per un’analisi del canto e della sua funzione nell’economia strutturale del poema cfr. Ric-
caRdo bRuScaGLi, L’errore di Goffredo (G.L. XI), «Studi tassiani», 40-41 (1992-1993), pp. 207-
32 (ristampato in id., studi cavallereschi, Firenze, Società editrice fiorentina 2003, pp. 167-98 e
rielaborato per la lettura del canto Xi in Lettura della Gerusalemme liberata…).
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finale70. in realtà questa alterazione del dato storico non ha luogo e tasso è
in effetti molto più fedele alle fonti di quanto non sia stato affermato: la
vera alterazione, di cui si è già detto, è solo l’anacronismo relativo alla bat-
taglia con l’esercito egiziano. La prima battaglia, quella del canto Xi, corri-
sponde infatti non al cap. 13 ma al cap. 6 di Guglielmo di tiro: un primo
assalto alle mura, che si conclude in un nulla di fatto solo dopo una lunga
giornata di combattimenti, ha luogo infatti cinque giorni dopo l’arrivo dei
crociati a Gerusalemme (13 giugno 1099) e precede di un intero mese il se-
condo attacco, quello decisivo (14-15 luglio 1099): le due diverse battaglie
sono testimoniate da quasi tutte le cronache. il fraintendimento si è creato
per il fatto che tasso poi, nel descrivere lo svolgersi della battaglia, conta-
mina la narrazione del cap. 6 con una massiccia quantità di materiale de-
sunto dal cap. 13. ciò non toglie che la battaglia del canto Xi corrisponda
a quella del cap. 6, mentre le due giornate di battaglia dei canti finali corri-
spondono esattamente alle due giornate consecutive dei capp. 13-14 e 15-
20 di Guglielmo di tiro. Non ha luogo dunque nessuna duplicazione del
materiale della fonte storica, ma solo una massiccia contaminazione.
dal cap. 13 sono infatti desunti numerosi elementi. da lì deriva innanzi-
tutto l’impiego della torre mobile d’assedio, che in realtà i crociati, nelle
fonti, costruiscono soltanto dopo questo primo attacco, il fallimento del
quale è esplicitamente imputato, in quasi tutte le cronache, proprio alla ca-
renza di scale e strumenti d’assedio. molte altre riprese, segnalate accura-
tamente dai commenti più dettagliati, riguardano poi la descrizione dei
preparativi dell’una e l’altra parte e la sollecitudine all’attacco o alla difesa.
bastino due esempi: il tentativo dei pagani di attutire i colpi dell’ariete e
impedire lo sfondamento delle mura:
e ben cadeva [il muro] a le percosse orrende,
che doppia in lui l’espugnator montone,
ma sin da’ merli il popolo il difende
con usata di guerra arte e ragione,
ch’ovunque la gran trave in lui si stende
cala fasci di lana e li frapone;
prende in sé le percosse e fa piú lente
la materia arrendevole e cedente71.
[…] nam cives a propugnaculis, stramine plenos et palea saccos suspenderant, re-
stes quoque et tapetia, trabes ingentis magnitudinis, et culcitras refertas bombice, a
turribus et muro aliquantulum dimiserant, ut per eorum mollitiem et mobilitatem,
contortorum molarium ictus eluderent, et laborantium evacuarent conatum72.
70 cfr. ad es. bRuScaGLi, Lettura del canto XI…, p. 273; FeRRetti, Narratore notturno…, p. 91.
71 taSSo, G.L., Xi, 40.
72 GuGLieLmo di tiRo, Cronaca, Viii, 13.
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ma il debito con l’assedio di Nicea nel libro iii della Cronaca non si limi-
ta a questo dato, tutt’altro che secondario: non mi pare sia stato notato che
il poeta contamina liberamente queste due scene d’assedio per dare maggior
varietà e ricchezza alla sua narrazione: contaminazione certo meno massiccia
che con Viii, 13, ma comunque estensiva. Quando poco oltre tasso, sul
narratore si concentri intorno a un singolo guerriero, i cui successi vengono messi in evidenza in
una particolare zona del testo» (ViNceNzo di beNedetto, Nel laboratorio di omero, torino, ei-
naudi 1994, p. 211-12). Sulla topica delle scene di battaglia omeriche cfr. beRNaRd FeNiK, typi-
cal battle scenes in the Iliad. studies in the Narrative techniques of Homeric battle Description,
Wiesbaden, 1968.
76 taSSo, G.L., Xi, 41 e sgg.
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modello di Iliade Xi, fa ritirare feriti la maggior parte dei principali guerrieri
crociati – calcando molto la mano rispetto alla Cronaca –, le tracotanti accu-
se di vigliaccheria che l’anonimo arciere rivolge ai cristiani sono nel poema
attribuite, di nuovo attraverso la mediazione letteraria dell’Iliade, non più a
clorinda ma ad argante, al cui carattere maggiormente si addicono:
e in tal prosperità via piú feroce
divenendo il circasso, alza la voce:
«[…] dunque favilla in voi nulla piú resta
de l’amor de la preda e de le lodi,
che sí tosto cessate e sète stanche
per breve assalto, o Franchi no, ma Franche?»77
ὦ πέπονες, κάκ᾽ ἐλέγχε᾽, Ἀχαιΐδες, οὐκέτ᾽ Ἀχαιοί78
insuper etiam et de successu, quo diu nimis usus fuerat, intumescens, nostros
probris afficiebat et contumeliis, desides eos vocans et timiditatis objiciens titulum.
fridi memoriale: che non a caso ricorda la prova di valore guerriero che Goffredo intende assal-
tando le mura armato da semplice fante.
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80 GuGLieLmo di tiRo, Cronaca, Viii, 13: «[…] et in ipsas machinas, torres incensos, tela
ignita sulphure, pice, pasta et oleo, et iis quae incendio solent fomitem ministrare, ut eas exure-
rent, certatim jaculabantur. Praeterea et ingentium quae intus paraverant tormentorum ictus in
castella nostra tanta dirigebant arte, ut machinarum pene crura confringerent, perforarent latera,
et eos qui in coenaculis, ut inde urbem impugnarent, ascenderant, pene ad terram dejicerent at-
tonitos. Nostri vero, injectis ignibus occurrentes, aquas desuper fundebant copiosius, ut incen-
diorum comprimerent importunitatem».
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Nam molimen illud ex parte maxima lignis recentibus operatum atque con-
nexum, sub onere fatiscens jam vergere incipit, quod pede uno laeso immobile
stabat, ut nec ultra progredi nec retrocedere quiret.
Nel capitolo 9, poi, ad un’altra simile torre lignea viene appiccato il fuo-
co durante la battaglia:
alii […] picem quoque, oleum, et arvinam, et caetera quae incendiis solent fo-
mitem ministrare, et accensas faces in nostras machinas dirigentes, eas ex parte
plurima, ubi non observabantur diligentius, consumebant.
Per di più, nel capitolo successivo (iii, 10), dato il danneggiamento del-
le macchine e la loro inadeguatezza, un uomo del mestiere presente fra i
crociati si fa avanti e si offre di costruire una nuova macchina più resisten-
te e adatta ad aprire una breccia nelle mura:
[…] ecce quidam Longobardus natione, accedens ad principes, videns quod om-
nium artificum eluderentur argumenta, et labor sine fructu deperiret, hujus artis
professus est se habere peritiam, asserens, quod si ei sumptus de publico ad operis
consummationem sufficientes, et necessarii ministrarentur, ipse, auctore domino,
infra paucos dies turrim praedictam, sine damno nostrorum ad terram dejiceret; et
late patentem introitum omnibus ingredi volentibus, ministraret.
È vero che la costruzione delle macchine ha una sua fonte anche nel ca-
pitolo 10 del libro Viii concernente l’assedio di Gerusalemme, ma in quel
libro le macchine sono costruite un’unica volta prima della battaglia (che
inizia infatti solo al capitolo 13); la ricostruzione di una nuova macchina in
seguito al danneggiamento o alla distruzione in battaglia delle precedenti è
suggerita invece solo dal libro iii, e costituisce dunque lo spunto per la
duplicazione di questo fondamentale elemento narrativo, che si ripete nel
canto XViii dopo che Rinaldo, richiamato e pentito, ha disincantato la sel-
va. Guglielmo ligure, il nuovo artefice, mostra chiaramente di riunire insie-
me caratteristiche degli artefici del libro Viii (l’appartenenza ai rinforzi
venuti per mare) e del libro iii (la perizia tecnica maggiore rispetto ai co-
struttori della macchina precedente):
Vassi a l’antica selva, e quindi è tolta
materia tal qual buon giudicio elesse;
e bench’oscuro fabro arte non molta
por ne le prime machine sapesse,
pur artefice illustre a questa volta
è colui ch’a le travi i vinchi intesse:
Guglielmo, il duce ligure, che pria
signor del mare corseggiar solia,
poi sforzato a ritrarsi ei cesse i regni
al gran navilio saracin de’ mari,
ed ora al campo conducea da i legni
e le maritime arme e i marinari82.
l’incanto della selva. ma non è ancora tutto. il libro iii, infatti, non manca
di fornire suggerimenti fondamentali anche per la battaglia dei canti finali
(XViii-XX). Se infatti il prodigio dell’intercettazione della colomba mes-
saggera è desunto dal De rebus gestis Francorum di Paolo emilio Veronese,
non è stato notato, mi pare, che però ad esso si sovrappone certamente an-
che l’intercettazione, durante l’assedio di Nicea, di un messaggero recante
una lettera di Solimano, da cui si viene a sapere che egli si trova non lonta-
no dalla città e in capo a qualche giorno attaccherà alle spalle l’accampa-
mento degli assedianti, cosa che effettivamente avviene di lì a poco. e non
è forse questa esattamente la situazione narrativa dei canti finali della Libe-
rata? ecco allora che, dopo aver spiegato l’anacronismo dell’arrivo dell’e-
sercito egiziano su basi narrative (garantire un gran finale con una battaglia
in campo aperto), ci accorgiamo ora che l’effettiva dinamica degli eventi è
a sua volta desunta per contaminazione dall’assedio di Nicea del iii libro
della Cronaca di Guglielmo di tiro83.
in breve, tanto la battaglia del canto Xi quanto la battaglia dei canti fina-
li, già contaminate fra loro rispetto alle fonti (capp. 6 e 13-20), mostrano
ampi elementi di contatto anche con l’assedio di Nicea, inseriti al fine di ar-
ricchire e variare la narrazione e soprattutto di creare la nuova e del tutto
indipendente impalcatura strutturale del poema rispetto alla sua fonte prin-
cipale. Seguendo il filo dei contatti con la Cronaca di Guglielmo di tiro sia-
mo stati dunque introdotti, per così dire, nel laboratorio dell’autore e siamo
arrivati a sbrogliare la matassa della complessa rielaborazione e contamina-
zione di spunti storiografici volta a creare una strategia di senso del tutto
autonoma dagli eventi storici: in virtù di questa rielaborazione – parafrasan-
do aristotele – tasso è il poietes degli eventi che narra, verosimili nonostan-
te siano veri (storici), e ne è poietes (creatore) proprio in virtù di questa ve-
rosimiglianza e della manipolazione del vero che di necessità comporta.
83 una contaminazione simile, ma assai più semplice, fra momenti diversi delle cronache è
individuata da muRRiN, History and Warfare…, pp. 109-11 per gli scontri con gli arabi capeggiati
da Solimano del canto iX, episodio che desume elementi da RobeRto moNaco, iX, 2 (nonché
dal luogo corrispondente di PRocoLdo coNte di PRocheSe), da GuGLieLmo di tiRo, Cronaca,
Viii, 9 e V, 4-6 (assedio di antiochia).
84 Sull’episodio di Sveno, cfr. fra l’altro LiNa boLzoNi, La memoria dell’eroe (Gerusalemme
Liberata, canto VIII), in torquato tasso e la cultura estense. atti del convegno, Ferrara 10-13 di-
cembre 1995, a c. di GiaNNi VeNtuRi, Firenze, olschki 1999, vol. i, pp. 67-97; FRaNco PiGNatti,
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in tal modo, l’intero episodio è letto alla luce di questo rapporto narrati-
vo con il peso dell’assenza di Rinaldo dal campo crociato (desunta dal pro-
tagonismo in absentia di achille per gran parte dell’Iliade). il racconto di
carlo inizia con una ripresa quasi letterale: «Sveno, del re de’ dani unico
figlio», cfr. «danorum regis filius, Sueno nomine», e nella prima ottava
sembra seguire il testo storiografico nella breve descrizione delle virtù del
principe, ma poi subito se ne distacca introducendo il duplice tema del suo
Questa lieve variazione toglie alla strage subita dai cristiani tutto il suo
carattere di imprevisto e di agguato proditorio che aveva nella fonte storio-
grafica per subire una complessiva risemantizzazione: la strage è la conse-
guenza di una scelta quasi volontaria da parte di Sveno, una scelta consa-
pevole di morte e di martirio per la causa cristiana. Nello scontro che se-
gue, Sveno pur nell’oscurità della notte si distingue combattendo, un dato
che di nuovo, nello storico, era genericamente riferito semmai alle schiere
danesi nel loro complesso:
[…] sed tamen diu et viriliter resistentes, ne gratis animas viderentur impendisse,
cruentam post se hostibus reliquerunt victoriam.
Pur sí fra gli altri Sveno alza la fronte
ch’agevol cosa è che veder si possa,
e nel buio le prove anco son conte
a chi vi mira, e l’incredibil possa.
di sangue un rio, d’uomini uccisi un monte
d’ogni intorno gli fanno argine e fossa;
e dovunque ne va, sembra che porte
lo spavento ne gli occhi, e in man la morte90.
10. Conclusioni
92 L’accusa risale a QuiNtiLiaNo, Institutio oratoria, X, 1, 90: «Lucanus […] magis oratori-
bus quam poetis imitandus», da cui passa alla cultura rinascimentale: è ricordata ad es. in Gio-
VaN battiSta GiRaLdi, Lettere, 47 (a Giovambattista Pigna, agosto 1548), nella fondamentale
Poetica d’aristotele vulgarizzata et sposta di LodoVico caSteLVetRo, Vienna, Steinhofer 1570 o
in camiLLo PeLLeGRiNo, Il carrafa, o vero della poesia epica, Firenze, Sermartelli 1584. bisogna
distinguere nettamente, però, fra l’accusa di essere storico più che poeta, legata alla fedeltà alla
materia storica, e quella stilistica di essere oratore più che poeta. in tasso la questione raggiunge
un altro livello di profondità, toccando un aspetto che ci interessa molto per questo studio: ab-
biamo già citato (sez. 6) il passo dai Discorsi del poema eroico, iii, in cui egli afferma che se Luca-
no non è poeta, ciò avviene non perché sceglie la materia storica ma perché manca di modificare
e rielaborare l’ordine della narrazione rispetto alla mera esposizione cronachistica, in modo da ri-
creare attraverso quei fatti una autonoma strategia di significato che alla narrazione storica man-
ca. Sulle memorie lucanee nella Liberata, cfr. ettoRe PaRatoRe, De Lucano et torquato tasso,
«Latinitas» 19 (1971), pp. 6-23.
93 un mio articolo sull’argomento (L’italia del trissino e la Guerra gotica di Procopio di Cesa-
rea), inteso anche come completamento del presente studio, è di prossima pubblicazione.
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11. appendice
Sulla colonna di sinistra, canto per canto, sono evidenziati con il segno • gli
episodi della Liberata più direttamente influenzati dalla Cronaca (tra parentesi è
indicato il numero delle ottave corrispondenti nel poema); quelli non direttamente
influenzati presentano invece il semplice trattino –. Sulla colonna di destra si ri-
manda, quando non è specificato il titolo dell’opera, ai luoghi corrispondenti della
Cronaca di Guglielmo di tiro, con citazione del titolo riassuntivo o di un estratto
del testo; per i riferimenti a cronache diverse sono invece esplicitati autore e titolo.
il segno = fra i titoli citati indica che il passo è trascritto quasi letteralmente da
una cronaca all’altra. S’intende che quando si segnala il riferimento al solo Gu-
glielmo di tiro, in quanto fonte sicura della Liberata, ciò non significa che esso sia
l’unica fonte dell’episodio in questione, e neppure necessariamente la più rilevante
(dove l’interferenza di altre fonti è evidente, si è cercato di segnalarlo).
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dalla scorreria per fare razzie di quidam nobilis et strenuus, Gastus bi-
un drappello di Franchi guidati terrensis, assumpto sibi triginta expedi-
torum equitum comitatu, ab exercitu se-
da Gardo (Gastus nella Crona- paratus versus hierosolymam, aurora
ca, 21-30) jam illucescente, coepit contendere, ut si
quas extra urbem gregum aut armento-
rum reperiret copias, eas secum in expe-
ditionem deduceret. […] cum ecce ad
pastorum vocem exciti hierosolymitae,
correptis armis, praedam abactam vio-
lenter revocare cupientes, certatim inse-
cuti sunt abeuntem. […] dominus tan-
credus, cum praedictis centum equiti-
bus, a bethlehem rediens ad exercitum
maturabat, quibus praedictus vir nobilis
occurrens, casum qui ei acciderat, ex or-
dine pandit. conjunctis itaque agmini-
bus, eos qui praedam reducebant verso
secuti sunt itinere; et antequam in ur-
bem se reciperent, subito in eos irruen-
tes, interfectis pluribus, reliquisque in
fugam versis, praedam iterum receptam
violenter abducentes, ad exercitum cum
multa laetitia sunt reversi.
- morte di dudone - a differenza di quanto scrivo-
no i commenti, un ‘dodo de
cons’ è nominato in GuGLieL-
mo di tiRo, Cronaca, ii, 1 (co-
me tasso ricorda in una lettera).
• descrizione di Gerusalemme - Viii, 3-4:
(55-57): Sita est autem in montibus duobus…
55: Gierusalem sovra duo colli è posta… …est autem locus, in quo civitas sita
…ma fuor la terra intorno è nuda d’erba, est, aridus et inaquosus, rivos, fontes ac
e di fontane sterile e di rivi. flumina non habens penitus.
• accampamento cristiano (64- - Viii, 5:
66) titulus: …et quo ordine castra sunt locata.
- esequie di dudone
• legname per le macchine da - Viii, 6:
guerra (74-76) titulus:…in silvas descendunt, traves de-
ferunt, erigunt machinas.
caNto 4 - concilio infernale
- idraote e armida
- arrivo di armida al campo cri-
stiano
caNto 9 • scontri con gli arabi guidati - cfr. RobeRto moNaco, Histo-
da Solimano (1-54); poi anche ria Hierosolymitana, iX, 2 e so-
con clorinda e argante prattutto P RocoLdo [R ocoL -
do?] coNte di PRocheSe, fonte
principale dell’episodio secondo
la testimonianza di taSSo, Let-
tere, 25, ed. GuaSti.
- cfr. per contaminazione gli
scontri dei crociati con Solima-
no in GuGLieLmo di tiRo, Cro-
naca, iii, 13 (dall’assedio di Ni-
cea) e Vi, 20-21 (dall’assedio di
antiochia). Solimano non com-
pare nell’assedio di Gesusalem-
me, ma solo nei libri iii, iV, Vi
della Cronaca.
- cfr. RaymoNd d’aGuiLeRS, Hi-
storia Francorum qui ceperunt
Iherusalem, XX (RHC occ vol.
iii, p. 294-95)
- cfr. baLdRico di doL, Historia
Jerosolimitana, ii, 3-4 (dall’asse-
dio di Nicea):
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