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di Maricla Pannocchia
ESTRATTO.
Fino a qualche anno fa, davo per scontato che se un bambino o un ragazzo si ammala
di cancro in Italia, in Francia, in Gran Bretagna, negli Stati Uniti, riceva le migliori
cure disponibili. Davo per scontato che i nostri Paesi mettessero la sopravvivenza e la
tutela del diritto alla salute dei bambini e dei ragazzi come punto primario.
Le informazioni sulla carenza di fondi dedicati alla ricerca sul cancro infantile sono
in qualche modo nascoste; per fortuna oggi se ne sente parlare di più rispetto al 2014,
ma di solito da parte di Associazioni che operano nel campo dell’oncologia
pediatrica, o dalle famiglie direttamente coinvolte, e generalmente in occasioni
specifiche, come la Giornata Mondiale sul Cancro Infantile, che cade ogni anno il 15
febbraio.
Penso che sarebbe necessario, invece, dare spazio a queste tematiche su larga scala e
in maniera regolare. I telegiornali, i maggiori quotidiani, i siti e le pagine Facebook
che ogni giorno hanno migliaia di visitatori dovrebbero dar voce a questa realtà
altrimenti è facile, per la massa, (giustamente) supporre che, se un giorno i loro figli
dovessero ammalarsi di cancro, saranno curati nel migliore dei modi, con terapie
recenti, pensate appositamente per i piccoli pazienti. Penso che ancora oggi la
maggior parte della gente abbia un’immagine del cancro infantile che non rispecchia
la realtà. Penso che ci sia poca conoscenza delle difficoltà che i bambini e i ragazzi, e
di conseguenza le loro famiglie e le loro comunità, devono affrontare durante e dopo
le terapie, o quando il bambino o ragazzo diventa un angelo.
“Ascoltami
ora “ -
estratto1
GAIA, 15 ANNI. DIAGNOSI: OSTEOSARCOMA
Giugno 2016. Mia figlia aveva appena fatto dei raggi per un dolore alla gamba che
aveva da un po' di tempo. L'ortopedico mi chiama nel suo studio, mi fa accomodare,
prende un foglio e comincia a disegnare un femore e a parlare. Io nel frattempo penso
a quanto la stesse facendo lunga. "Mi ha preso per un ignorante? Perché non mi dice
cosa dobbiamo fare e non ci manda a casa?".
Poi a un tratto disegna un ago che va a infilarsi nella gamba e pronuncia la parola
biopsia. In quell'istante la vita mia e della mia famiglia è cambiata per sempre.
"Lunedì vi aspettano a Bologna, all'istituto ortopedico Rizzoli". Fu lì, durante la
prima settimana - dopo che il chirurgo ci aveva dato la diagnosi definitiva,
osteosarcoma di quarto grado, un tumore altamente maligno e aggressivo - che Gaia
una sera, nel letto dell'ospedale, a 12 anni, mi disse queste parole: sono contenta che
sia capitato a me, perché io so come affrontarlo, non riuscirei a vedere qualcun altro
stare male al posto mio. Io pensavo che era vero, che non ce l'avrei mai fatta a vederla
soffrire e mi addormentai piangendo senza farmi vedere da lei.
Ma Gaia aveva ragione, sapeva benissimo come affrontarlo; ha portato il suo sorriso
e la sua luce ovunque, ci ha mostrato il vero significato della forza e del coraggio e
attraverso lei abbiamo conosciuto il vero valore della vita e dell'amore. Gaia ha
affrontato 18 cicli di chemioterapia ad alte dosi, un intervento per la rimozione del
tumore con impianto di una mega-protesi, un’infezione alla protesi per cui ha dovuto
fare un altro anno di antibiotici endovena continui e altri quattro interventi. Ma non
ricordo un solo giorno in cui non mi abbia guardato con un sorriso. Oggi Gaia è in
follow-up, vive la vita intensamente, assaporando ogni attimo, porta nel cuore tutti i
suoi amici di percorso che non ci sono più e cerca di sensibilizzare per loro a donare,
donare per la ricerca, donare sangue, o semplicemente donare un sorriso.
Gaia oggi frequenta il liceo scientifico e sogna di diventare una ricercatrice.
Il papà
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“Ascoltami
ora “ -
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