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I.
1 Pierre Hadot, La filosofia come modo di vivere. Conversazioni con Jeannie Carlier
e Arnold I. Davidson, Einaudi, Torino 2008, pp. 122-123.
2 P. Hadot, Esercizi spirituali e filosofia antica, a cura di A. I. Davidson, Einaudi,
Torino 2005, p. 46.
14 Arnold I. Davidson, Frédéric Worms
3P. Hadot, La filosofia come modo di vivere, op. cit., pp. 101-102.
4
Stanely Cavell, Musi We Mean What We Say?, Charles Scribner's Sons, New
York 1969, p. 111.
Imparare a leggere, imparare a vivere 15
5 P. Hadot, La filosofia come modo di vivere, op. cit., p. 131. In questo contesto
I ladot cita lo storico Carlo Ginzburg.
6 Aung San Suu Kyi, La mia Birmania, TEA, Milano 2010, p. 45.
7 Ivi, p. 46.
16 Arnold I. Davidson, Frédéric Worms
dalla propria soggettività»8 . Allo stesso modo, Aung San Suu Kyi
dichiara che la sua ricerca della verità «in un certo senso è la lotta
per superare la soggettività»9.
Non è un caso che Hadot abbia trascorso quasi tutta la vita
come traduttore di testi antichi. Come }orge Luis Borges, che af-
fermava: «il traduttore è un lettore particolarmente minuzioso» 10 ,
possiamo dire che Hadot è un traduttore/lettore sempre pronto a
imparare da un testo, a mettersi alla prova; non vuole imporre la
sua soggettività al testo.
L'esercizio spirituale di leggere un testo di Plotino o di Marco
Aurelio, ma anche di Nietzsche o di Wittgenstein, può essere in-
fatti un movimento con il quale si è portati, secondo le parole di
Maurice Merleau-Ponty, citate da Hadot, a «reimparare a vedere il
mondo» 11 . Questo movimento che trasforma la nostra visione del
mondo è lento e difficile; fino ad un certo punto è anche un movi-
mento contro se stessi, che diffida «delle metodologie che trapassa-
no i testi come un coltello taglia il burro» 12 .
Il senso di questa pratica di imparare, disimparare e di reim-
parare è ben riassunto da Carlo Ginzburg: «Imparare il mestiere
- sia quello dell'interprete, sia il mestiere di vivere in generale
- vuol dire allora imparare a imparare» 13 . Questo tipo di forma-
zione, di capacità spirituale esige un atteggiamento filologico,
nel senso ampio del termine "filologia": «un abito mentale che
consente di ascoltare e interpretare la voce degli altri, del passato
ma anche dei contemporanei, senza prevaricare» 14 . È un atteg-
giamento allo stesso tempo epistemologico ed etico, un modo
di leggere e di vivere, ed è esattamente l'atteggiamento cui mira
Hadot. Ascoltare, imparare, esercitarsi, sono le attività filosofiche
di Hadot. Per concludere, vorrei citare le parole di Confucio: «un
8
P. Hadot, La filosofia come modo di vivere, op. cit., p. 92.
9 Aung San Suu Kyi, La mia Birmania, op. cit., p. 64.
IO }orge Luis Borges, Borges su Borges, in Aa. Vv., In quante lingue si può sognare?
Leonardo, Milano 1991, p. 87.
11 P. Hadot, La filosofia come modo di vivere, op. cit., p. 131 e Esercizi spirituali e
«Aut Aut», n. 338, aprile-giugno 2008, p. 188. Sono parole di Carlo Ginzburg.
Il Jvi, p. 191.
1
~ Dino Messina, Gim:.burg, mio padre. Filologo della libertà, in «Corriere della Se-
ra», 1 maggio 2009, p. 38. Sono parole di Carlo Ginzburg.
Imparare a leggere, imparare a vivere 17
Arnold I. Davidson
II.
16 P. Hadot, Esercizi spirituali e filosofia antica, op. cit., p. 68, seguito, per conclu-
18 Ibid.
20 Arnold I. Davzdson, Frédéric Worms
prende posto (o che prende posto nella) la relazione tra gli uomini,
mirando a liberarla da tutto quello che la maschera e la chiude a se
stessa, al sé e al mondo. Così, l'insegnamento di Hadot sull'inse-
gnamento (negli "antichi e nei moderni", secondo il titolo dell'in-
tervista inedita qui trascritta) è proprio, e in primo luogo per il suo
lettore, in modo indissociabile, un incontro con qualcuno, con la
filosofia e con se stesso.
Frédéric Worms
Intervista
L'insegnamento degli antichi~
l'insegnamento dei moderni
ARNOLD I. DAVIDSON
La maggior parte delle persone crede che la filosofia consista nel discu-
tere dall'alto di una cattedra e nel tenere corsi su dei testi. Socrate, però,
non sedeva su una cattedra professorale. Non aveva orari fissi, ma era
vivendo la vita quotidiana che ha fatto filosofia 3 .
L'unica critica di una filosofia che sia possibile e che dimostri qualche
cosa, vale a dire il tentare se si possa vivere secondo essa, non è mai stata
insegnata nelle università: ma sempre la critica delle parole alle parole'.
PIERRE HADOT
10
Diogene Laerzio, IV, 18.
11 Plutarco, An seni res publica gerenda sit, 26, 796d.
12 Seneca, Epis tale, 108, 23.
13 Porfirio, Vita di Plotino, 24, 20.
L'insegnamento degli antichi, l'insegnamento dei moderni 29
15
Denis Diderot, Interpretazione della natura, a cura di P. Omodeo, Editori Riuni-
ti, Roma 1967, p. 64.
16 Immanuel Kant, Critica della ragion pura, a cura di G. Gentile, G. Lombardo-
18
Cfr. Friedrich Hegel, Lineamenti di filosofia del diritto, a cura di G. Marini, La-
1rria, Roma-Bari 1999.
19
Arthur Schopenhauer, Su!!a filosofia de!!e università, in Parerga e paralipomena,
voi. I, a cura di G. Colli, Adelphi, Milano 2003, pp. 197-276.
211 F. Nietzsche, Lettera a Erwin Rohde (15 dicembre 1870), in Opere complete. Epi-
1/ulario 1869-1874, voi. II, a cura di G. Colli e M. Montinari, Adelphi, Milano 1976, pp.
1,11.161.
21
Horst Hutter, Shaping the future. Nietzsche's New Regime of the Saul and Its
1hl'1°/lc Practices, Lexington Books, Lanham 2006.
32 Pierre Hadot, Arnold I. Davidson
ARNOLD I. DAVIDSON
Il senso generale del libro, la sua finalità, alcune sue affermazioni, so-
no per noi assai difficili da cogliere. D'altra parte, questa non è una carat-
teristica peculiare di Marco Aurelio. Per tutta una serie di ragioni, delle
quali la lontananza temporale non è la più importante, la nostra capacità
di comprendere le opere antiche è andata oscurandosi sempre di più. Per
ritrovarla, occorrerà praticare una sorta di esercizio spirituale, di ascesi
intellettuale, per liberarci dai numerosi pregiudizi e per riscoprire ciò che
per noi è quasi un altro modo di pensare2 4 •
Gli studiosi che hanno il raro coraggio di riconoscere che si sono sba-
gliati in un caso particolare, o che cercano di non lasciarsi influenzare dai
propri pregiudizi personali, compiono un esercizio spirituale di distacco
da se stessi. Diciamo che l'obiettività è una virtù, peraltro molto ardua da
PIERRE HADOT
29 Eric D. Hirsch, Validity in Interpretation, Yale University Press, New Haven 1967.
L'insegnamento degli antichi, l'insegnamento dei moderni 37
ARNOLD I. DAVIDSON
sua visione della filosofia non è una visione campata in aria, è vera-
mente legata all'esigenza di comprendere i testi antichi. Qual è sta-
to, quindi, il rapporto tra la sua attività scientifica come storico e
filologo della filosofia e la visione della filosofia che ha sviluppato?
PIERRE HADOT
31
Else Buddeberg, Denken und Dichten des Seins. Heidegger, Rilke,]. B. Metzler,
Stuttgart 1956.
L'insegnamento degli antichi; l'insegnamento dei moderni 39
32 Paul Rabbow, Seelen/uhrung. Metodik der Exer:àtien in der Antike, Kéisel, Mu-
nich 1954.
13 F. Nietzsche, "Frammento 13 (57], Autunno 1881 ", in Opere complete. Fram-
Atopia e inattualità
Retroazione
7
Ivi, voi. 1, Il, 6, p. 487.
8 Ivi, voi. 2, III, 8, p. 1255.
9 Blaise Pascal, Pensieri, a cura di C. Carena, Einaudi, Torino 2004, § 646, p. 477.
58 Barbara Carnevali
esistenziale opposto alla società e alla cultura del suo tempo. Non
è un caso che qualche mese dopo il suo trionfo al premio dell'Ac-
cademia di Digione, Rousseau prenda la decisione di cambiare
radicalmente stile di vita: il filosofo che ha biasimato così violente-
mente la decadenza dei costumi contemporanei non può sottrarsi
alla prova della coerenza e tenta di dimostrare la validità dei suoi
princìpi astratti con l'evidenza della sua esemplarità personale.
Questo episodio giustamente celebre, chiamato da Rousseau «la
mia riforma», inaugura la nascita del rousseausimo come modo
di vivere filosofico, nel senso esatto che Hadot dà a questa espres-
sione. Evocherò la riforma secondo la descrizione dettagliata che
Rousseau ne dà nella terza delle sue Reveries:
O uomo! Rinchiudi la tua esistenza dentro di te, e non sarai più mi-
sero. Rimani al posto che la natura ti assegna nella catena degli esseri,
niente potrà fartene uscire; non recalcitrare affatto contro la dura legge
della necessità, e non esaurire, volendo resisterle, delle forze che il cielo
non ti ha dato già per estendere o prolungare la tua esistenza, ma soltanto
per conservarla come gli piace e fino a che gli piace. La tua libertà, il tuo
potere giungono solo fin dove giungono le tue forze naturali, e non più in
là; tutto il resto non è che schiavitù, illusione, prestigio".
12
J.-J. Rousseau, Discours sur la vértu du héros, in <Euvres complètes, a cura di B.
Gagnebin e M. Raymond, Gallimard, Paris 1959-1995, voi. II, p. 1274.
13
J.-J. Rousseau, Le confessioni, in Scritti autobiografici, up. cit., p. 356.
62 Barbara Carnevali
14 Voltaire, Sentiment des citoyens, in Mélanges, a cura di J. Van den Heuvel, Galli-
Ero quel giorno nello stesso abbigliamento trascurato che mi era con-
sueto: barba lunga e parrucca semispettinata. Confondendo la mancanza
di decenza con un atto di coraggio, entrai così conciato nella sala dove
sarebbero giunti da lì a poco il re, la regina, la famiglia reale e tutta la
Corte. Andai a prender posto nel palco dove mi condusse il signor de Cu-
ry, e che era il suo. Era un grande palco sulla sala, proprio di fronte a un
palchetto più alto, dove si accomodò il re con la signora de Pompadour.
Circondato da dame, e unico uomo sul davanti del palco, non potevo
dubitare che mi si fosse messo là proprio per mettermi in mostra. Quando
ebbero accese le luci, trovandomi così vestito in mezzo a persone tutte
abbigliate con ricercatezza, cominciai a provare un senso di disagio. Mi
chiesi se ero al mio posto, se ci stavo con convenienza 16 .
Ii Peter Sloterdijk, Critica delta ragion cinica, Garzanti, Milano 1992 e Miche! Fou-
cault, Le courage de la vérité. Cours au Coltège de France, 1983-1984, a cura di F. Gros,
F. Ewald e A. Fontana, Gallimard-Seuil, Paris 2009.
18 J.-J. Rousseau, Le Confessioni, in Scritti autobiografici, op. cii., pp. 4-5.
Linguaggio ordinario ed esercizio spirituale
Sandra Laugier
Pierre Hadot non è solo uno dei più grandi specialisti di filosofia
antica, è anche uno dei primi ad aver introdotto l'opera di Wittgen-
stein in Francia, in due articoli apparsi su «Critique» nel 1959 1. Non è
un caso. Il pensiero di Hadot possiede un'intima parentela con quello
di Wittgenstein. Le interpretazioni di Wittgenstein proposte da Ha-
dot nel 1959 sono passate relativamente inosservate ai wittgensteinia-
ni e, inversamente, non potevano essere colte in tutta la loro origina-
lità da tutti quelli che ignoravano l'opera di Wittgenstein. In seguito,
Hadot non ha più parlato di Wittgenstein, se non per allusioni spora-
diche. Tuttavia, elaborando un modello generale della filosofia antica
come etica, pratica del discorso e perfezionamento di sé, Hadot ha le-
gittimato un'apertura ulteriore delle interpretazioni di Wittgenstein a
delle letture originali: quella di Stanley Cavell in The Claim o/ Reason2
e quelle diJames Conant e Cora Diamond. Quarant'anni dopo lasco-
perta di Wittgenstein da parte di Hadot, è giunto il momento di met-
tere in evidenza l'attualità radicale della sua prima opera, mostrando
come la sua definizione dell'esercizio spirituale ci offre un accesso rin-
novato a Wittgenstein e alla dimensione perfezionista della sua opera.
Per iniziare, possiamo partire dal punto in cui alla fine del Ti-
meo si definisce una forma di perfezionismo che ritroviamo, come
ha mostrato Hadot, in tutta la filosofia antica:
Platone, Timeo, 90c, trad. it. a cura di F. Sartori e C. Giarratano, in Opere com-
plete 6, Laterza, Roma-Bari 2003, pp. 443-444.
4
Ralph W. Emerson, Esperienza, in Natura e altri saggi, a cura di T. Pisanti, Riz-
zali 1990, p. 214.
l Ibid.
6 Cfr. P. Hadot, Esercizi spirituali e filosofia antica, op. cii.
7 P. Hadot, La cittadella interiore, op. cit. Va notato che il passaggio citato vede ne
La cittadella interiore l'apparizione di uno dei grandi manifesti trascendentalisti degli
anni Novanta, il film L'attimo fuggente, in cui un professore allievo di Thoreau e Emer-
son insegna ai suoi allievi il Carpe diem, mostrando loro una foto di studenti pieni di
vita, ma morti ormai da tempo.
Linguaggio ordinario ed esercizio spirituale 69
Può aver senso nella prospettiva di una lettera a L. von Ficker del
1919. Wittgenstein vi scrive che ci sono due cose nel Tractatus: quello
che ha detto e quello che non ha detto, e aggiunge che quello che non ha
detto è la cosa più importante, cioè: "la mia opera è soprattutto quello che
non ho scritto". Ora, appunto, egli dice che quella che non ha scritto è la
parte etica 12 .
11
P. Hadot, La filosofia come modo di vivere, op. cii., p. 250.
12
Ibid.
Linguaggio ordinario ed esercizio spirituale 71
IJ Jvi, p. 252.
14
P. Hadot, Wittgenstein filosofo del linguaggio I, in Wittgenstein e i limiti del lin-
guaggio, op. cit., pp. 51-73.
72 Sandra Laugier
Per quelle creature, per cui il linguaggio è la nostra forma di vita, quel-
le che Esperienza chiama "vittime dell'espressione" - mortali - il linguag-
gio è ovunque ci troviamo, che significa ovunque nella filosofia[ ... ]' 7 .
17 S. Cavell, This New Yet Unapprochable America. Lectures a/ter Emerson a/ter
«Un libro davvero nuovo e davvero originale sarebbe quello che faces-
se amare vecchie verità». [ ... ] Vecchie verità ... poiché ci sono verità di
cui le generazioni umane non giungeranno mai a esaurire il senso; non che
siano difficili da capirsi, al contrario sono estremamente semplici, spesso
hanno persino l'apparenza della banalità; ma, precisamente per compren-
derne il senso occorre viverle, occorre rifarne incessantemente l'esperien-
za: ogni epoca deve riprendere questo compito, imparare a leggere e a
rileggere queste "vecchie verità" 19 .
19
P. Hadot, Esercizi spirituali e filosofia antù:a, op. cii., p. 68.
Linguaggio ordinario ed esercizio spirituale 75
°
2 Cfr. Jacques Bouveresse, Wittgenstein. Scienza etica estetica, a cura di S. Benve-
nuto, Laterza, Roma-Bari 1982.
21 H.D. Thoreau, Walden, op. cit., p. 59, brani citati in P. Hadot, "Il y a de nos
jours des pro/esseurs de philosophies, mais pas de philosophes... ", art. cit., p. 334.
22 P. Hadot, Conversion, in Exercices spirituels et philsophie antique, op. cit., p. 224
già dette, sono qui di fronte a noi, ai nostri piedi. Basta imparare a
guardare: la conversione è un rovesciamento dello sguardo.
La distinzione, piuttosto feconda, tra quel che è detto e quel che
si mostra nel linguaggio ha suscitato un'interpretazione inganne-
vole di Wittgenstein in termini di ineffabilità (si mostrerebbe quel
che non può essere detto). Ora, non c'è ineffabile: quel che è non-
senso è puramente non-senso e non può essere pensato, mentre il
resto può essere pensato e detto. L'etica non si trova nell'ineffabi-
le, ma nella vita stessa. In Thoreau c'è una bella formulazione di
questo punto:
Bisogna essere inventori per leggere bene[ ... ]. C'è poi una lettura cre-
atrice, così come c'è una scrittura creatrice. Quando lo spirito è rinvigori-
to dal lavoro e dall'invenzione, la pagina di qualsiasi libro che leggiamo si
illumina di allusioni multiple. Ogni frase è doppiamente significativa, e il
senso del nostro autore è ampio come il mondo29 .
So bene che il mondo col quale sono in contatto, sia in città che in
campagna, non è il mondo che io penso. Vedo bene la differenza, e la ter-
rò ben presente. Un giorno conoscerò valore e legge di questa discrepan-
za. Ma non ho trovato che si sia guadagnato molto dai vari pratici tentativi
di realizzare il pensiero 34 .
Non c'è altro mondo che il mondo reale, con il quale parlo, il
mondo fisico descritto da Marco Aurelio. Il supposto pessimismo di
Marco Aurelio e di Thoreau sarebbe quindi l'espressione non di una
nostalgia, ma del fatto che possiamo aspirare a uno stato nuovo di
noi stessi, uno stato in cui il nostro io sarà espresso in modo più per-
fetto. Questa è la concezione che Cavell chiama perfezionismo mo-
rale. Ma è una concezione oggi poco nota, che si trovi in Emerson e
Thoreau o nella morale antica da cui questo perfezionismo è tratto:
34
R.W. Emerson, Esperienza, in Natura e altri saggi, op. cit., pp. 224-225.
82 Sandra Laugier
3' S. Cavell, An Emerson Mood, in The Senses o/ Walden, North Point, San Franci-
Per quanto tempo ancora staremo seduti sotto le nostre verande, prati-
cando virtù oziose e ammuffite, che qualunque lavoro dimostrerebbe futi-
li? Come se si dovesse cominciare la giornata con molta sopportazione, e
poi si chiamasse un uomo che venga a vangarci le patate; e nel pomeriggio
si uscisse di casa a praticar umiltà e carità cristiana39 .
Già il Socrate dei dialoghi platonici era detto atopos, ossia "inclassifica-
bile". Ciò che lo rende atopos è precisamente il fatto di essere "filo-sofo"
nel senso etimologico della parola, ossia di amare la sophia, la sapienza.
Poiché la sapienza, dice Diotima nel Convito di Platone, non è uno stato
umano, è uno stato di perfezione nell'essere e nella conoscenza che può
essere solo divino. È l'amore di questa sapienza estranea al mondo a ren-
dere il filosofo estraneo al mondo40 .
18
P. Hadot, La filosofia come modo di vivere, op. cit., p. 244.
9
i H.D. Thoreau, Walden, op. cit., p. 371.
40
P. Hadot, Esercizi spirituali e filosofia antica, op. cit., p. 13.
41 Cfr. ivi, p. 14.
84 Sandra Laugier
46
S. Cavell, The Senses o/ Walden, op. cii., p. 79.
4
' H.D. Thoreau, Walden, op. cii., p. 365.
48 Ivi, p. 150.
La filosofia come modo di vivere e l' antzfilosofia
Gwenaelle Aubry
1
P. Hadot, Che cos'è la filosofia antica?, op. cit.
88 Gwenaelle Aubry
J;"antifiloso.fia"
condividono, lo designeremo con una parola introdotta dal terzo grande detrattore af-
fascinato, in questo secolo, della filosofia: Jacques Lacan. L' antifilosofia». Alain Badiou,
Silence, solipsisme, sainteté. L'antiphilosophie de Wittgenstein, in «Barca», 3, 1994, p.
14. Questo testo è stato recentemente ripreso e riveduto in A. Badiou, L'Antiphiloso-
phie de Wittgenstein, Nous, Caen 2009.
8 A. Badiou, Casser en deux l'histoire du monde?, ne «Les Conférences du Perro-
dienne de Parts, 19 aprile 1970, in Aa. Vv., Sci/ice/. Rivista della Scuola freudiana di Pari-
gi (1-4), Feltrinelli, Milano 1977, p. 148.
12 F. Nietzsche, Il crepuscolo degli idoli, in Opere complete, voi. VI, t. III, a cura di
filosofo sia costantemente esibito, come singolarità esistenziale [ ... ]. Perché? Perché a
differenza del!' anonimato regolato della scienza, e in opposizione a quel che nella filo-
sofia pretende di parlare in nome dell'Universale, l'atto antifilosofico, senza precedente
e senza garanzia, ha solo se stesso ed i suoi effetti come attestazione del suo valore». A.
Badiou, Silence, solipsùme, sainteté, art. cii., p. 20.
14
lvi, p. 33.
La filosofia come modo di vivere e l'antz/iloso/ia 91
15 Jvi,p.15.
16 Non presenti nell'edizione italiana dell'opera (N.d.T.). Cfr. P. Hadot, Qu'est ce
que la philosophie antique?, Gallimard, Paris 1995, pp. 11-13.
17 Epitteto, Diatribe, III, XXI, 23, trad. it. a cura di R. Laurenti, Laterza, Roma-
19 Plotino, Enneadi, 24 (V, 6), 5-9 e 33 (II, 9), 15-39, trad. it. a cura di G. Reale, R.
Non avete vissuto? È non solo la vostra occupazione fondamentale, ma la più insigne"».
M. de Montaigne, Saggi, op. cit., voi. 1, III, 13, p. 1485.
22 P. Hadot, Che cos'è la filosofia antica?, op. cii., p. 3.
23 lvi, p. 5.
24 lbid.
La filosofia come modo di vivere e l'antifilosofia 93
25 Ibid.
26 «Si può dire che, con una sorta di causalità reciproca, la scelta di vita determina
il discorso e il discorso determina la vita giustificandola teoricamente». Ivi, p. 169. Si ve-
da anche: «Vi è tuttavia una sorta di interazione o di causalità reciproca tra volontà e in-
telligenza, tra ciò che il filosofo vuole profondamente, ciò che lo interessa nell'accezione
più forte del termine, vale a dire la risposta alla domanda "Come vivere?", e ciò che
tenta di delucidare e chiarire con la riflessione». Ivi, pp. 260-261. Infine «Si potrebbe
dire che esiste comunque una causalità reciproca tra riflessione teorica e scelta di vita.
La riflessione teorica va in una certa direzione grazie a un orientamento fondamentale
della vita interiore e questa tendenza della vita interiore si precisa e prende forma grazie
alla riflessione teorica. [ ... ] In altri termini, la riflessione teorica presuppone già una
certa scelta di vita, ma questa scelta di vita può progredire e precisarsi solo grazie alla
riflessione teorica». P. Hadot, La filosofia come modo di vivere, op. cit., p. 141.
27
Cosa che Hadot chiama anche, secondo La grammatica del!' assenso del cardinal
Newman, il «real assent», in opposizione all'assenso solo nozionale o astratto. Cfr. P.
Hadot, La filosofi"a come modo di vivere, op. cit., pp. 80-81.
94 Gwenaelle Aubry
Quel che appare nello stesso tempo è che, come per il discorso
e la scelta di vita, non si possono opporre teoria e pratica. Il modo
di vita, come testimonia la filosofia aristotelica, può essere teoreti-
co e il discorso può avere un effetto pratico: ha sempre «diretta-
mente o indirettamente, una funzione formativa, educativa, psica-
gogica, terapeutica. Esso è sempre destinato a produrre un effetto,
a creare nell'anima un habitus, a provocare una trasformazione
dell'io» 30 . Hadot illustra questa tesi con una citazione di Plutarco
molto bella:
28 Cfr. P. Hadot, Che cos'è la filosofia antica?, op. cii., pp. 119-120 e p. 135. Su
questo punto si veda anche: P. Hadot, La cittadella interiore, op. cii., pp. 90-98.
29 P. Hadot, Che cos'è la filosofia antica?, op. cit., p. 171.
30 lvi, p. 170.
31 Plutarco, I filosofi devono dialogare soprattutto con i potenti, 776c-d, citato in P.
Ciò che ho detto in generale nei miei libri sugli esercizi spirituali
potrebbe dare l'impressione, benché abbia cercato di evitarlo, che gli
esercizi spirituali siano qualcosa che si aggiunge alla teoria filosofica, al
discorso filosofico, una sorta di pratica che semplicemente completereb-
be la teoria e il discorso astratto. In realtà è tutta la filosofia a essere un
esercizio, sia il discorso di insegnamento sia quello interiore che orienta
la nostra azione 33 .
41
lvi, p. 8.
42 Cfr. P. Hadot, La filosofia come modo di vivere, op. àt., pp. 180-181.
41 P. Hadot, Wittgenstein o i limiti del linguaggio, op. cit., p.12.
44 Sulla differenza tra l'ineffabile teologico dei Neoplatonici, quello dell'esperienza
mistica tradizionale e quello di Wittgenstein, cfr. ivi, pp. 15-16. Il primo è il compi-
mento di un metodo razionale; il secondo non si rapporta alla nozione del Principio,
ma all'esperienza estatica stessa; in Wittgenstein, infine, il "mistico" non si riferisce
né alla teologia negativa, né all'esperienza dell'estasi, ma a un sentimento e a un'espe-
rienza fondamentale di cui lui stesso testimonia in questi termini: «Mi meraviglio per
l'esistenza del mondo». Si veda anche: P. Hadot, Apophantisme et théologie négative,
in Exercices spirituels et philosophie antique, op. cit., pp. 239-252 [testo non presente
nell'edizione italiana dell'opera (N.d. T. )].
98 Gwenaelle Aubry
Sul piano personale - scrive Hadot - non accetto tanto questo atteg-
giamento silenzioso, perché penso che la filosofia non debba fermarsi co-
sì dopo un libro. Non c'è fine della filosofia e quest'ultima oscilla sempre
tra due poli: il discorso e la decisione riguardante il modo di vita45 .
Antifilosofia o arcifilosofia?
5
P. Hadot, Note sur l'esthétique de Plotin, op. cit., p. 165.
6
Si veda in particolare Plotino, Enneadi, l (I, 6), 9.
P. Hadot si riferisce in particolar modo a Plotino, Enneadi, 35 (Il, 8) e 41 (IV, 6).
8 P. Hadot, Note sur l'esthétique de Plotin, op. cit., p. 166.
9 Georges Duthuit, Le Feu des signes, Skira, Genève 1962.
10
lvi, p. 177, citato da P. Hadot in Note sur l'esthétique de Plotin, op. cit., p. 168.
114 Anne-Lise Darras-Worms
il lbid.
1
~ Pierre Hadot, Il velo di lsis, op. cit., p. IX.
15 lvi, p. 231.
16
Plotino, Enneadl, 31 (V, 8), 1 34-40, trad. it. cit., pp. 905-907.
Pierre Hadot e la questione dell'arte 115
17
Cfr. P. Hadot, Il velo di Isis, op. cit., pp. IX-XI.
18
Ivi, pp. 61-62.
19
lvi, p. 93.
20 lvi, p. 151.
116 Anne-Lise Darras-Worms
Ritroviamo qui l'idea di Plotino, per cui l'arte imita, nel senso
di «fa come», la Natura, idea che ritroviamo in Goethe, che di-
ceva: «presumo che gli artisti greci procedessero secondo le leggi
della natura stessa, leggi sulle cui tracce mi sono messo anch'io»,
ma anche in Picasso («Non si tratta di imitare la Natura, ma di
lavorare come fa lei») o Paul Klee per cui «la natura naturante
importa più della natura naturata» 23 . All'inverso, la funzione euri-
stica dell'arte e il ruolo di vero interprete della Natura che si trova
così attribuito al poeta (in senso ampio), perché ne conosce i se-
greti, hanno origine nell'idea che «la natura stessa agisse come un
poeta e che il suo prodotto fosse una sorta di poema»24 : la natura
è arte. Di nuovo, come Hadot mostra, c'è una chiara derivazione
da una concezione presente sia negli uomini dell'antichità (Filo-
ne, gli Stoici, Plotino) sia, tra altri possibili esempi, nei romantici
tedeschi (Novalis, Schelling, Holderlin). Allo stesso modo, vi è
una grande vicinanza tra l'idea per cui il «poema della natura», il
mondo in cui siamo, di cui facciamo parte e che siamo costituisce
21 lbid.
22 lvi, p. 152.
23 Citati da P. Hadot, ivi, p. 213.
24
lvi, p. 195.
Pierre Hadot e la questione dell'arte 117
Autori 7
Ringraziamenti 9
Introduzione
Imparare a leggere, imparare a vivere
Arnold I. Davidson, Frédéric Worms 13
Intervista
L'insegnamento degli antichi, l'insegnamento dei moderni
Pierre Hadot, Arnold I. Davidson 25
Studi
Retroazione filosofica: Pierre Hadot, gli antichi
e i contemporanei
]ean-François Balaudé 43
L'io ineffabile: esercizi spirituali e filosofia moderna
Barbara Carnevali 53
Linguaggio ordinario ed esercizio spirituale
Sandra Laugier 67
La filosofia come modo di vivere e l' antifilosofia
Gwenaelle Aubry 87
Interventi
Lo studio degli antichi: imparare a vivere, imparare a leggere
Philippe Ho/fmann 103
124