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CAPITOLO I: LA VALENZA STRATEGICA DELLE RISORSE

UMANE:
I due aspetti determinanti delle organizzazioni sono la gestione e il
cambiamento, elementi che per il management di un impresa non sono
pianificabili perché si sovrappongono in maniera frenetica in un costante
stato di incertezza.
Unica certezza per affrontare il futuro sono invece le competenze
all’interno dell’impresa, innanzitutto quelle possedute dalle risorse umane.
Occorre dunque non solo disegnare in modo chiaro e inequivocabile
procedure e strutture ma soprattutto riconoscere professionalità alle
persone uniche risorse distintive capaci di trovare soluzioni attraverso
l’attivazione di processi cognitivi rivolti alle aspettative del cliente.
È necessario sviluppare dunque una capacità organizzativa distintiva per
gestire nel tempo e nello spazio e raggiungere vantaggi competitivi in
termini di valore e unicità, insomma, costruire un vantaggio competitivo
interno che si riversi all’esterno sul cliente.
Nel tempo per la gestione delle risorse umane è sempre venuta crescendo
la necessità di interdipendenza con l’ambiente esterno e la strategia
(approccio interdipendente) e integrazione al punto di poter considerare
la dinamica aziendale nella sua complessità di relazioni interne ed esterne
(approccio evolutivo: l’impresa apprende e si trasforma).
All’interno delle organizzazioni può essere individuata una catena del
valore delle risorse umane che mette in contatto le politiche di gestione
del personale enfatizzando quel contenuto relazionale di competenze e
correlandolo strettamente ai processi di formazione del valore per il
cliente.
Nucleo della catena sono le core compentences e il tessuto delle relazioni
tra attori organizzativi, in sintesi bisogna però:
- avere una precisa filosofia di impresa
- disegnare sistemi delle risorse umane coerenti con tale filosofia
- considerare sempre la prospettiva del management
- identificare il portafoglio delle attività di gestione delle risorse
umane
- disegnare un sistema informativo adeguato a obiettivi strategici e
responsabilità assegnate
- progettare e sviluppare sistemi delle risorse umane flessibili e
modificabili

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L’elemento base di un modello organizzativo viene a identificarsi con il
concetto di compito; in seguito occorre sviluppare però approcci
organizzativi in grado di definire i processi chiave ristrutturandoli
attraverso le competenze e valorizzando il contributo relazionale delle
risorse umane.
Insomma si è passati sempre più dal vecchio modello della razionalità
generale del sistema aziendale verso nuovi approcci organizzativi in cui
persone, competenze e apprendimento rappresentano vettori di successo
prioritario nella prospettiva di un modello evolutivo.
CAPITOLO II: L'ORIENTAMENTO ALLE COMPENTENZE:
l'equilibrio dinamico delle nuove formule organizzative trova fondamento
nelle persone e nelle loro competenze che agiscono da “regolatori” del
sistema.
Le competenze possono essere definite come “un insieme di capacità,
abilità e qualità che influiscono positivamente sulla performance
aziendale: in generale rappresentano un comportamento organizzativo
osservabile come casualmente collegato a prestazioni superiori”; gli
approcci alle competenze nascono e quindi si giustificano per il crescente
legame fra performance aziendale e skill del personale: la performance
dura solo se migliora continuamente la capacità di gestione delle persone
detentrici di competenze (sono inoltre il risultato di processi di
apprendimento individuali e collettivi e costituiscono un patrimonio per
l'impresa, un vero e proprio fondo di abilità sul quale l'impresa si assicura
un diritto di opzione attraverso l'acquisizione esterna o l'investimento in
formazione).
I filoni concettuali di approccio alle competenze sono sostanzialmente
riconducibili a due gruppi:
[A] Competenze individuali di matrice comportamentale: prende in
considerazione le caratteristiche intrinseche di una persona in riferimento
alla motivazione, ai tratti, alle abilità che derivano dall'immagine di sé o
dal ruolo sociale o da un corpo di conoscenze insomma le competenze
sono dimensioni del comportamento associate a una performance superiore
della mansione [modello di flusso causale di Spencer: caratterisitche
personali → comportamenti → risultato].
Importante è qui sottolineare la differenza tra i termini inglesi
“competence” (ovvero il risultato da ottenere) e competency (i
comportamenti della persona che consentono di raggiungere una

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prestazione efficace), con riferimento a questo le competenze individuali si
articolano in 3 ordini di fattori:
1) le conoscenze [sapere]: deriva sia dai sistemi istituzionali che
dall'apprendimento in contesto organizzativo
2) le capacità [saper fare]: in virtù dell'esperienza maturata e
dell'applicazione pratica delle conoscenze
3) i comportamenti [saper essere]: come le persone agiscono nel
contesto organizzativo, nella rete di relazioni e nel sistema di attese
reciproche
Arriviamo così all'accezione di competenza individuale come sistema
costruito e contestualizzato di conoscenza in grado di realizzare azioni
specifiche e di successo: abbiamo 4 tipi di competenze individuali:
1) specialistico-operative (compiti e mansioni specifiche)
2) tecnico-settoriali (mansioni nei processi di lavoro)
3) gestionali-interfunzionali (problemi organizzativi)
4) sociali-relazionali (rapporti interpersonali)
Ogni ruolo presenta sempre tutti e 4 i modelli con prevalenze diverse, di
conseguenza ogni ruolo professionale presenterà diversi elementi critici di
successo.
[B] Competenze distintive (core competences) di matrice
strategica/razionale [il processo di apprendimento è il punto focale per il
successo futuro dell'impresa]: esse sono il risultato dinamico dell'insieme
dei processi organizzativi di comunicazione, di informazione, di
apprendimento che pervadono l'intera azienda e consentono di accumulare
know-how distintivo; sono quelle caratteristiche identificano agli occhi del
cliente l'impresa; orientano le competenza individuali.
Esse nascono in sintesi dai seguenti elementi:
− conoscenze e capacità delle persone dell'azienda
− sistemi di gestione che guidano e controllano i processi di creazione
della conoscenza aziendale
− valori, norme e sistemi tecnologici che si associano ai diversi tipi di
conoscenze
Si articolano anch'esse in 3 ordini di fattori (aree):
1) il Know-how [sapere aziendale]: l'insieme delle conoscenze proprie
dell'organizzazione (di processo, di prodotto, di mercato, etc etc)

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2)le capacità organizzative [interpretazione del business]: ovvero
l'insieme dei processi di business strategicamente interpretati
(business oriented).
3) i comportamenti organizzativi: la capacità pratica
dell'organizzazione
In questa matrice [B] le strutture portanti dell'architettura strategica
vengono ridisegnate attraverso l'individuazione di tre sistemi (da essi
otteniamo le competenze distintive):
− il sistema visione-competenze (analisi delle competenze che servono
e che si hanno)
− il sistema del contesto interno-esterno (struttura, persone e ambiente)
− il sistema dei caratteri distintivi di fondo (su cui si basano le regole di
funzionamento dell'impresa: stile di leadership, gestione del
consenso e creatività).
[C] L'approccio organizzativo-processivo (assimila A e B): identifica le
competenze chiave in relazione ai singoli profili professionali che
scaturiscono da una visione orizzontale dell'organizzazione: identificando i
processi da un lato e i ruoli organizzativi dall'altro, si va a combinare
competenze chiave con comportamenti facendo di questi gli elementi di
base dei profili professionali interni alle organizzazioni.
Il management delle competenze: è importante considerare l'ottica
evolutiva delle competenze al fine di mantenere il vantaggio competitivo;
la loro evoluzione deve essere correlata all'evoluzione complessiva
dell'impresa ed esplicitata attraverso la visione imprenditoriale, la strategia
e le combinazioni tecnologiche inserite in un ambiente dinamico
[evoluzione delle competenze nel processo di sviluppo dell'impresa].
Le competenze sono un vero e proprio patrimonio per l'impresa e in quanto
tale deve essere gestito al meglio da sistemi direzionali adeguati che
innanzitutto si occupino di:
− una mappatura delle competenze (evidenziare punti forza e
debolezza)
− favorire la diffusione, il trasferimento e la condivisione delle
competenze individuate
− valorizzazione delle stesse (utilizzando indicatori di valore)
− favorire il processo di sviluppo delle medesime
CAPITOLO III: LA GESTIONE E DIREZIONE DELLE RISORSE
UMANE: essa è definita come “l'insieme delle decisioni e delle azioni

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concernenti il coerente impiego delle persone nell'ambito del sistema
organizzativo il cui scopo è quello di realizzare con efficacia gli obiettivi
aziendali rendendoli compatibili con quelli degli individui e minimizzando
il dislivello quantitativo tra le risorse umane disponibili e quelle
necessarie” [allineamento aspettative individuali e aspettative
dell'organizzazione].
Obiettivo specifico delle risorse umane si identifica pertanto nella capacità
di armonizzare la componente sociale con la strategia globale dell'impresa;
non governa dunque le persona ma assume caratteri di progettazione e
orientamento strategico.
Non conta tanto l'autorità ma l'autorevolezza del capo costantemente alla
ricerca del coinvolgimento e commitment (impegno, sforzo verso
l'obiettivo aziendale) del personale.
Si è inoltre passata da una gestione di massa degli individui basata sul
rispetto delle regole a una gestione attenta e personalizzata dei singoli
individui.
Riassumiamone i punti/obiettivi che dovrebbe avere la gestione delle
risorse umane:
− coerenza (interna con le singole attività aziendali e esterna con
riferimento all'output)
− sinergia (connessione di tutti gli attori aziendali verso l'obiettivo
comune)
− efficacia (aiutare l'individuo a fare meglio in certe situazioni)
− motivazione
La gestione delle risorse umane deve trasformare i comportamenti
organizzativi per generare competenze a valori coerenti con i nuovi fattori
competitivi; essa fa da cerniera tra ambiente e organizzazione assumendo
in tal senso un ruolo di attivatore e promotore di innovazione proprio
perché le risorse umane rappresentano un bacino in continua evoluzione.
Le sue 3 competenze fondamentali sono dunque:
1) indirizzo e supporto al management
2) gestione dell'innovazione
3) controllo economico sugli investimenti nelle risorse umane.
È infine oltretutto un agente di cambiamento organizzativo fungendo da
collante non solo rispetto ai tradizionali legami gerarchici e funzionali
(variabili hard: strategia e struttura) ma anche rispetto ai processi presenti

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nell'organizzazione (variabili soft: cultura e valori) esaltando le
componenti individuali.
La direzione delle risorse umane: è una funzione organizzativa che viene
svolta attraverso:
− sistemi e strumenti operativi
− professionalità degli specialisti
Essa deve dotarsi di una struttura interna che riesca a rendere operativi i
diversi obiettivi specifici che le sono stati assegnati.
Inoltre è molto importante che si occupi della trasformazione delle persone
da risorse passive ad attive facilitandone lo sviluppo, esaltando e
armonizzando le diversità individuali in relazione agli obiettivi aziendali.
Linee evolutive della funzione delle risorse umane analizzando le relazioni
esistenti tra i suoi compiti e l'ambiente economico-politico nella quale
l'organizzazione è inserita. Unnia e Belli delineano 4 momenti (nelle
parentesi i titoli e descrizioni di Maggi):
− fase amministrativa (comportamento amministrativo-repressivo):
funzione burocratica-amministrativa-contabile; visione statica,
risorsa umana è passiva.
− fase delle relazioni umane (comportamento manipolatorio
paternalistico): nuovi aspetti come la valutazione delle prestazioni, la
modalità di interazione e ricerca del consenso; messi in luce gli
aspetti motivazionali dell'individuo
− la fase di sviluppo (comportamento innovativo velleitario): anni 60:
incremento strumenti operativi non solo per la valutazione ma anche
per selezione e formazione; visione evolutiva, importanza valori e
comportamenti espressi dalle risorse umane.
− fase relazioni industriali (comportamento consapevole
professionale): sindacati, capacità di gestire i conflitti;
organizzazione come sistema, obiettivi tra loro coerenti..
CAPITOLO IV: IL SISTEMA INTEGRATO DI GESTIONE E
SVILUPPO DELLE RISORSE UMANE:
i sistemi operativi sono gli strumenti necessari per mettere
l'organizzazione in grado di funzionare.
Mentre la struttura organizzativa definisce il sistema formale di divisione
del lavoro e di coordinamento dei compiti, i sistemi operativi definiscono
le condizioni base che consentono alla struttura di operare.

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Andiamo a vedere nel dettaglio l'importanza dell'integrazione nei
confronti dei principali altri sistemi operativi aziendali del sistema di
gestione delle risorse umane:
• Pianificazione strategica: definito come processo attraverso cui il
management aziendale identifica e seleziona le opportunità di
evoluzione di medio-lungo termine dell'impresa nonché obiettivi e
azioni necessarie per il raggiungimento o consolidamento della
mission dell'organizzazione al luce del posizionamento relativo
all'aerea di tempo considerata (3-5 anni).
• Sistema di programmazione e controllo: esso correla obiettivi,
risorse e unità organizzative per l'attuazione dell'attività aziendale
secondo condizioni di efficienza ed efficacia attraverso
• Sistema informativo: è l'insieme di variabili che determinano la
struttura e i contenuti dei flussi informativi, il suo scopo è
memorizzare i risultati raggiunti, richiamando l'attenzione sui
problemi e consentendo di analizzare la struttura e dinamica del
sistema in oggetto nonché di valutare la situazione per pianificare il
futuro (supporto al sistema decisionale).
• Pianificazione organizzativa: non può limitarsi a un disegno
organizzativo generale ma deve poter considerare simultaneamente
strutture e persone verificando che l'attuale divisione del lavoro siano
effettivamente congruenti e in quale misura con gli obiettivi
aziendali; definendo processi fondamentali e ruoli chiave;
confrontando i risultati delle diverse analisi con la situazione attuale;
si tratta quindi di verificare, definire, controllare.
• Sviluppo organizzativo: è l'insieme delle attività volte a sviluppare
le capacità degli attori organizzativi non solo a livello di strategia
“educativa” per un miglioramento del clima interno e per la
risoluzione di eventuali conflitti, bensì con una prospettiva aperta
verso una molteplicità di soluzioni operative variegate, mirate a dare
senso all'azione sinergica dell'organizzazione.
L'integrazione dei sistemi operativi di gestione delle risorse umane sia
al loro interno che con le altre funzioni gestionali persegue gli obiettivi di:
− creare la base per un'equa retribuzione
− individuare le potenzialità dell'individuo per far fronte ai bisogni di
sviluppo individuale e di crescita dell'organizzazione

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− migliorare le prestazioni (coinvolge tutte le componenti della
gestione delle risorse umana)
− aumentare l'integrazione del personale (non riduzione della
differenziazione ma predisposizione di apposite modalità di
valorizzazione delle differenze stesse)
L'implemento dell'integrazione: spesso i sistemi integrati sono tali solo
negli intenti, i loro principali punti di debolezza consistono:
− scarsa capacità del processo di valutazione di fornire informazioni
utili per le attività di formazione sviluppo e programmazione delle
carriere
− scarsa incisività della formazione-sviluppo nell'assicurare il
conseguimento delle performances
Se il sistema di gestione delle risorse umane è realmente integrato può
essere utile porsi i seguenti interrogativi:
1) Le modalità di rilevazione e valutazione sono coerenti con business e
processi aziendali?
2) Le persone dopo selezione e reclutamento sono nelle
posizioni/ruoli/professioni più adatti?
3) La valutazione permette di evidenziare al meglio il potenziale futuro?
4) Formazione sviluppo e programmazione delle carriere permettono il
conseguimento delle performances e di determinare livelli di
retribuzione – e quindi di motivazione - adatti?
5) Tutte le componenti indicate sono tra loto strettamente legate e
costituiscono un insieme omogeneo?
CAPITOLO V: LE POLITICHE E LA PIANIFICAZIONE DELLE
RISORSE UMANE: “le politiche del personale costituiscono l'insieme
delle linee guida, degli indirizzi di azione e dei quadri di riferimento
operativi, definito dalla direzione di impresa in un determinato momento
storico in materia di gestione delle risorse umane allo scopo di orientarne
i comportamenti verso fattori critici di successo verso l'organizzazione”.
Esse sono oltretutto la fonte principale del contratto psicologico (ovvero
una serie di aspettative reciproche non scritte) fra l'azienda e l'individuo
unitamente a quello economico-giuridico; sono infatti peculiari e
connotative di ciascuna organizzazione e impattano in modo significativo
sui principi di base e sui valori che informano le azioni delle persone allo
scopo di mantenere attivo il loro senso di appartenenza e di identità
professionale incidendo su impegno, coinvolgimento, motivazione,

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coesione degli individui specie nei momenti di incertezza e di
cambiamento.
La pianificazione delle risorse umane: in passato aveva una valenza solo
nell'ambito quantitativo, in seguito si è resa indispensabile la formulazione
di un vero e proprio piano dello risorse umane (in quanto risorse che si
evolvono nel tempo) finalizzato a supportare le attività dell'organizzazione
assumendo quindi una valenza più che mai strategica.
Può essere dunque definita come “un'insieme integrato di attività volte a
realizzare un efficace e continuo adeguamento quantitativo e qualitativo
delle stesse alle esigenze dell'organizzazione nonché a favorire la loro
assegnazione ed utilizzazione ottimale nelle diverse aree e funzioni
aziendali in coerenza con gli obiettivi strategici dell'impresa”.
Particolarmente stretto deve essere il legame tra pianificazione delle
risorse umane e pianificazione organizzativa al punto che è opportuno che
siano interdipendenti.
Possiamo dunque considerare la pianificazione delle risorse umane
come:
1) pianificazione delle competenze (partendo dall'individuazione delle
strategie aziendali da parte dell'alta direzione si identifica il
fabbisogno e rilevano le risorse disponibili – mappatura delle
competenze, valutazione delle prestazioni e valutazione delle
potenzialità- determinando infine politiche di sviluppo come
inserimento, ricerca, formazione e carriera)
2) progettazione organizzativa (determinazione ruoli, profili e
mansioni)
3) pianificazione delle politiche delle risorse umane (politiche
retributive, di formazione e di sviluppo e carriera).
Dimensionamento degli organici: qualsiasi organizzazione è
caratterizzato da un fisiologico tasso di rotazione del personale (es: per
pensionamento) è però indispensabile impostare un monitoraggio continuo
delle dinamiche dei flussi per evitare di perdere il controllo di questo
fenomeno.
Utilissimo in tal senso un adeguato sistema informativo che raccolga ed
elabori informazioni su:
− la composizione dell'organico (distribuzione nei settori,
caratteristiche anagrafiche, sociali e professionali)

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−l'assenteismo (se troppo elevato segnala problemi all'interno
dell'ambiente di lavoro)
− turnover (se troppo elevato sintomi di invivibilità dell'ambiente)
− costo del personale
− indicatori di risultato e produttività.
È bene ricordare come pianificazione organizzative e pianificazione delle
risorse umane rappresentano due aspetti dello stesso fenomeno.

CAPITOLO VI: IL RECLUTAMENTO, LA SELEZIONE E


L'INSERIMENTO: “il sottoinsieme di reclutamento e selezione è
costituito dall'insieme di politiche e dei criteri che regolano i processi
volti a gestire i flussi in entrata di risorse umane e le variabili che li
condizionano: si colloca tra le funzioni operative del sistema più ampio di
gestione delle risorse umane in una posizione di responsabilità iniziale”.
Processi di reclutamento, selezione e inserimento: si suddividono in
sottofasi, prima di andare a descriverle analiticamente soffermiamoci sul
concetto di reclutamento: in azienda significa la ricerca di persone
potenzialmente in grado di soddisfare – sia quantitativamente che per
caratteristiche culturali, tecnico-professionali, attitudinali e personali –
talune definite esigenze dell'organizzazione
[1] Definizione dei fabbisogni quantitativi e qualitativi: si identificano
le figure professionali occorrenti
[2] Identificazione del profilo professionale di riferimento: si elencano i
requisiti psicologici e le attitudini ricorrenti per svolgere efficacemente
una certa attività stabilendone maggiore o minore rilevanza di ciascuno
specificando quelli essenziali e il relativo livello minimo richiesto
(identificazione del ritratto “ideale”).
[3] Ricerca e attivazione delle fonti del reclutamento: sono interne (es:
mobilità orizzontale e verticale, riconversione professionale, domande di
trasferimento, bandi di concorso interni; importante in tal senso utilizzare
per la selezione i seniores con la loro esperienza maturata in azienda) se
costituite dalla persone presenti in azienda o esterne (mercato libero del
lavoro, uffici di collocamento, aziende concorrenti e non, università e
istituti di formazione, domande spontaneee, società di consulenza e di head

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hunting, società di lavoro interinale) se riferite al più ampio mercato del
lavoro.
[4] Selezione (del personale): è un'area di attività della gestione delle
risorse umane con la specifica finalità di consentire un miglior impiego
delle stesse cercando per ogni attività la persona più adatta; si sviluppa
dunque un confronto tra la domanda e offerta che è stata attivata attraverso
il reclutamento. Si articola in 3 fasi:
• Pre-selezione: sfoglio dei curricula (attività di screening) in base a
requisiti oggettivi come età, titolo di studio, pregressa esperienza;
insomma una prima scrematura iniziale per evidenziare quelli
almeno idonei sulla carta.
• Selezione approfondita: scopo è la ricerca di congruenza effettiva
tra soggetto e profilo professionale richiesto attraverso la
predisposizione e somministrazione di appositi strumenti di
selezione. Importante, oltre alla conoscenza della professione, la
figura dello psicologo a causa dell'importanza sia di una profonda
conoscenza delle persone (atteggiamenti sociali e interpersonali,
requisiti motivazionali)
• Definizione di una graduatoria di merito dei candidati: divisione
tra idonei e non idonei, i primi a loro volta suddivisi tra
immediatamente “assumibili” e non.
Strumenti della selezione: dipendono dal contesto e dalle situazioni, in
primis dipendono dalla numerosità.
L'unico assolutamente indispensabile è però il colloquio individuale. I più
usati sono:
− Il test: consente una valutazione oggettiva e standardizzata di un
fenomeno grazie alle condizioni di uniformità di procedura nella
somministrazione del test e nella determinazione dei punteggi. Le
principali tipologie sono i test di livello (misurano intelligenza e
attitudini) e test di personalità (studio delle componenti affettive
della personalità).
− Intervista di gruppo: sono prove o simulazioni di natura collettiva o
individuale per analizzare il comportamento sociale dei candidati,
ovvero il loro comportamento in pubblico, sotto l'osservazione di
personale opportunamente addestrato; l'oggettività di tale strumento è
data dalla somma delle singole soggettività degli osservatori.

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− Colloquio individuale: strumento principe e definibile come una
comunicazione qualificata tra due persone con lo scopo di scambiarsi
informazioni per facilitare le reciproche decisioni in vista
dell'instaurazione di un rapporto collaborativo tra individuo ed
organizzazione.

CAPITOLO VII: IL SISTEMA DI VALUTAZIONE DELLE


RISORSE UMANE: è un processo finalizzato ad esprimere un giudizio
sul valore dei contributi dei membri dell'organizzazione in rapporto ai
fattori critici di successo dell'azienda al fine di migliorare i risultati
gestionali.
Nasce con lo scopo specifico di supportare valori di equità interna al fine
di cogliere i differenziali apporti dei lavoratori.
In passato sono stati preponderanti sistemi di classificazione del lavoro
basati sull'oggetto (legati alla teoria job evaluation), ora si sta
rivalutando il lavoratore non solo in “relazione al posto che occupa” ma
anche per quello che sa e può fare nonché per quello che ha fatto e può
fare (skill evaluation)--> motivandolo e rendendolo pro-attivo nei processi
d'innovazione e cambiamento.
Ovviamente il processo di valutazione delle risorse umane deve essere
coerente e integrato con gli altri sistemi o sottoinsiemi di cui l'azienda è
composta. Normalmente una valutazione prevede:
1) rapportare l'oggetto della valutazione a un parametro fisso
determinandone lo scostamento;
2) si attribuisce un valore a questo scostamento (che è ovviamente
positivo o negativo).
Da un giudizio di fatto si giunge a un giudizio di valore.
Oggetto della valutazione sono più componenti classificate rispetto al
tempo [le 3 P]:
− contributo fornito (valutazione delle prestazioni) → ottica riferita
al passato, si analizza il contributo fornito dall'individuo per il
raggiungimento degli obiettivi dall'azienda;
− contributo richiesto (valutazione delle posizioni) → ottica riferita
al presente;
− contributo fornibile (valutazione del potenziale) → ottica riferita
al futuro;
• in aggiunta alle 3 P → (la valutazione delle competenze).

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CAPITOLO VIII: L'ANALISI E LA DESCRIZIONE DELLE
POSIZIONI: è il processo mediante cui ogni posizione organizzativa
viene analizzata e descritta per essere poi confrontata con le altre onde
determinare il livello di importanza relativa; attività di riferimento è la job
analysis che indica l'analisi e la descrizione del lavoro concepito come
fatto esterno all'uomo, essa si esprime nella rilevazione sistematica di tutti
gli elementi oggettivi caratterizzanti il lavoro prescindendo assolutamente
dalla persona che lo svolge. Consente infatti di:
− individuare le competenze funzionali all'interno dell'organizzazione;
− individuare le aree di responsabilità all'interno dell'organizzazione;
− di identificare le conoscenze professionali ed i profili di
comportamento di ogni posizione indirizzando così la selezione e la
valutazione del potenziale;
− di costituire la base di parametri di riferimento per la valutazione
delle posizioni e la conseguente attivazione di politiche e assetti
retributivi.
Ovviamente prima di valutare occorre analizzare: la descrizione delle
posizione è il risultato dell'analisi delle posizioni stesse.
La posizione organizzativa (PO) trae origine dall'attività di progettazione
o di revisione dell'organizzazione, è un punto di accumulazione di
responsabilità e compiti che richiedono conoscenze e capacità specifiche: è
il punto di maggior dettaglio della struttura organizzativa stessa e il punto
di contatto tra quest'ultima e le persone e dunque un elemento di centralità.
Pertanto le azioni e i comportamenti efficaci si verificano quando le
richieste della posizione, le capacità individuali e l'ambiente organizzativo
sono quanto più corrispondenti.
La prestazione lavorativa è dunque influenzata da quattro elementi:
1) tipologia di contenuto, quantità e qualità di responsabilità affidata a
ogni singolo lavoratore;
2) le competenze necessarie per il ruolo;
3) il modo individuale di affrontare i contenuti affidati;
4) lo specifico contesto di riferimento.
L'attività di analisi parte da un campionamento mirato che definisca tutte
le posizioni identificate come rappresentative in base a criteri indicati per
procedere alla rilevazione degli elementi utili presso i destinatari
individuati; gli output di tali analisi sono le job description, dei documenti

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in cui viene descritta la posizione sottoposta ad analisi; necessitano
dell'approvazione del titolare della posizione e del suo diretto superiore;
non deve contenere incoerenze tra scopo, finalità, contesto e attività senza
dimenticare che una corretta job description permette di minimizzare lo
scarto tra ruolo atteso e ruolo accettato.

CAPITOLO IX: VALUTAZIONE DELLE POSIZIONI [Job


Evaluation]: è un processo per determinare il contenuto e il valore
relativo delle diverse posizioni (mansioni-job) presenti in azienda con lo
scopo di fornire le basi per la definizione e il mantenimento di una
struttura retributiva che garantisca [1] equità all'interno dell'azienda e
[2] competitività verso il mercato; obiettivo ideale è l'aspirazione a
definire scientificamente ed oggettivamente il valore del “posto di
lavoro”.
Ben lontano dall'essere una scienza esatta gli approcci metodologici alla
job evaluation sono 4:
1) metodo del tempo di autonomia (Jaques): misurare il lavoro
significa misurarne la responsabilità a seguito della discrezionalità
contrapposta invece all'esecuzione prescrittiva di compiti
2) metodo del contenuto decisionale (Paterson): prevede una
graduazione dei contenuti decisionali dei compiti in 11 livelli di
intensità definendo una relazione esponenziale tra contenuto
decisionale e retribuzione;
3) metodo del contenuto informativo del compito: il processo
produttivo come fonte si segnali, la misurazione avviene in base alla
qualità e quantità di segnali cui è esposto il lavoratore;
4) metodi plurifattoriali (il più famoso e di cui parliamo è quello
Hay): è adatto soprattutto alla posizione dei quadri e dei dirigenti.
Si avvale di una matrice convenzionale che consente di esprimere
quantitativamente il valore delle posizioni considerando i seguenti fattori.
• Competenza CO: corrisponde alla somma di ogni capacità e
conoscenza necessarie per svolgere adeguatamente i compiti
connessi alla posizione (sottoinsiemi: tecnica in cui abbiamo un
primo livello per l'apprendimento di procedure pratiche e un secondo
di specializzazione tecnica e scientifica riferendosi sia alla profondità
che alla varietà; manageriale: ovvero capacità di organizzare e
coordinare e la sua richiesta dipende da dimensione, complessità,

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diversificazione aziendale e il quadro temporale di riferimento, si va
da un livello zero di esecuzione di un compito senza supervisione di
altri a un livello 4 di intregrazione o coordinazione delle funzioni più
diversificate; e infine le relazioni umane: intese come il livello di
abilità nel campo delle relazioni umane richieste per selezionare,
sviluppare e motivare le persone).
• Problem solving PS (difficoltà di pensiero nella identificazione,
definizione e risoluzione dei problemi di una specifica posizione: è
funzione del contesto nel quale il pensiero si applica e del grado di
difficoltà del processo mentale; si va dai livelli operativi, a quelli
gestionali, tattici e infine strategici dove ovviamente c'è totale libertà
di pensiero e non si è aiutati in alcun modo da situazione o routine
già affrontate, in altre parole da situazione ripetitive a creative.)
• Finalità FI (esprime la responsabilità delle azioni e delle loro
conseguenze e misura l'effetto della posizione sui risultati finali
dell'azienda definendone il potere decisionale; sottoinsiemi: libertà di
azione (o discrezionalità rispetto alle scelte evidenziate dal problem
solving), dimensione degli effetti (o ampiezza del campo di azione),
responsabilità sull'area di risultato)
Il profilo della posizione (Job profile): definisce le quote di competenza,
problem solving e finalità rispetto all'unità rappresentata dalla posizione
nel suo complesso.
Tale determinazione avviene mediante la Hay GuideCharts, ognuno dei 3
fattori ha infatti una sua tabella di valori.
La posizione di lavoro (PDL): deriva da un approfondimento dell'analisi
dell'organigramma, ovvero una realtà più puntuale a livello di struttura
organizzativa.
Identificazione delle aeree di risultato: rappresentano gli obiettivi
fondamentali di ogni posizione e la loro determinazione è funzionale ad
una migliore considerazione della qualità dell'apporto di ogni individuo.
Esistono specifiche aree di risultato per ogni posizione ma è necessario
prima individuare alcune macro-aree di risultato da cui si fa poi discendere
una specifica area di risultato:
− entità e caratteristiche (risultati);
− livello di integrazione con la realtà circostante;
− funzionamento dell'unità organizzativa e gestione del lavoro in
termini di efficienza ed efficacia;

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− gestione e sviluppo del personale.

CAPITOLO X: LA VALORIZZAZIONE DELLE COMPETENZE:


in un quadro che tende a essere destrutturato dal dinamismo ambientale,
ciò che rimane tendenzialmente stabile è l'insieme delle competenze,
intese come conoscenze, capacità, comportamenti, sia individuali che di
sistema.
Valorizzare le competenze non significa sapere solo “dove” e “ cosa” fare
ma anche e soprattutto “come” enfatizzando così l'importanza di capacità
relazionali e comportamentali delle persone.
Analisi dei processi: i profili di competenza: l'analisi organizzativa deve
esprimersi non soltanto attraverso l'analisi delle funzioni ma anche
attraverso quella dei processi e dei contributi che i ruoli professionali
danno ai processi stessi.
L'analisi si manifesta in due momenti logicamente integrati:
1) articolazione in fasi del processo che segnala cosa ci si attende dal
ruolo in termini di risultati;
2) un modello ideale di processo che ci fornisce idealmente come il
ruolo debba operare.
Per costruire il profilo di riferimento del ruolo occorre un giusto
bilanciamento tra competenze standardizzate (sapere connesso a un saper
fare potenziale) e contestualizzate (effettivamente applicate al processo).
Tale equilibrio dipende per sottinteso da:
− l'individuazione di un responsabile di processo;
− l'articolazione del lavoro in team guidato da un team leader;
− riduzione al minimo dei livello gerarchici (flat organization);
− allargamento della componente discrezionale del ruolo.
Profili di ruolo e profili professionali: il profilo di ruolo si esprime
attraverso tre macroviariabili inerenti conoscenze (sapere), capacità (saper
fare) e comportamenti (saper essere) che altro non sono che il set di
competenze che in combinazione e interazione tra loro, originano
l'effettiva prestazione riconducibile al ruolo.
Dai profili di ruolo derivano i profili professionali ovvero le
caratteristiche che le persone debbono possedere per meglio assicurare il
presidio delle singole fasi di processo: esso rappresenta il nodo di raccordo
fra l'area organizzativa del ruolo (posizione/professione), dalla quale
deriva il profilo di ruolo e quella soggettiva (la persona) implicando

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dunque la fusione del medesimo con l'effettiva realtà di lavoro di un certo
momento (collegata all'analisi delle posizioni tradizionale) che con
l'evoluzione dinamica della realtà stessa: l'approccio alle competenze
s'inserisce proprio in tale contesto secondo una logica evolutiva (dinamica)
dell'analisi delle Pdl che di suo risulterebbe invece appartenere a una
concezione statica.
Il metodo delle competenze di successo: collega contenuti di ruolo con le
competenze di una persona, si fa riferimento al metodo delle competenze
di successo: esso individua le capacità, intese come comportamenti
osservabili, sistematica correlate con prestazioni di successo, in altre
parole sono le capacità collegate ai comportamenti osservabili che i
performers migliori attuano più spesso con i migliori risultati. Definisce
due profili:
− il profilo delle competenze essenziali ovvero le capacità minime
richieste al titolare
− il profilo delle competenze di eccellenza ovvero che lasciano
presagire prestazioni di livello superiore (sono raggruppabili in 6
gruppi: di realizzazione, di assistenza, di influenza, manageriali,
cognitive e di efficacia personale).
Tale metodo è dunque punto di riferimento per la valutazione qualitativa
delle prestazioni e permette inoltre di dare un'indicazione e di ogni
posizione in termini di capacità richieste.
CAPITOLO XI: LA VALUTAZIONE DELLE PRESTAZIONI: è un
processo attraverso cui per ciascun membro dell'organizzazione si
confronta il contributo fornito con il contributo atteso in un certo periodo
di tempo (normalmente un anno).
È un processo continuo in virtù del fatto che ogni persona ha diritto a un
giudizio di merito sul proprio operato, che gli organismi modificano le
proprie azioni in base alle informazioni di ritorno e che infine
responsabilizzare, coinvolgere e indirizzare le persone è altresì un fattore
di successo.
Possiamo dunque definirla come un insieme di tecniche analitiche e di
procedure basate sull'osservazione dei comportamenti e delle azioni dei
singoli lavoratori volte a fornire sistematicità e coerenza alle
differenziazioni retributive e ad individuare le aree di miglioramento
tecnico-professionali e comportamentali. Per la sua efficacia devono essere
rispettati i seguenti principi:

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−sistematicità (principi omogenei nel tempo nei diversi contesti
operativi);
− chiarezza (criteri oggettività e osservabilità);
− concretezza (riferimento al contributo realizzato).
Esistono 3 modelli, la cui scelta o meno di uno deve dipendere da almeno
4 elementi:
− caratteristiche della struttura organizzativa;
− le caratteristiche del lavoratore;
− le caratteristiche del ruolo in termini di prescrittività/razionalità;
− la maggiore o minore cultura nell'utilizzo di sistemi valutativi
formalizzati.
[1] Modelli di valutazione per comportamenti: si esamina il contributo
fornito dalla persona attraverso la valutazione dei comportamenti che, se
correttamente espressi, portano a risultati validi. I metodi più usati sono:
− scale di valutazione (scala numerica o di valutazione, esigono
valutatori esperti);
− confronto fra dipendenti (giudizio in relazione al gruppo cui si
appartiene, più oggettivo: graduatoria, confronto a coppie, la
distribuzione forzata);
− lista di controllo (descrizioni di comportamento lavorativo e vedere a
quali lavoratori è possibili associarle e in che termini; strumenti più
perfetti dal punto di vista psicometrico ma presenta costi e laboriosità
molti alti);
− l'incidente critico (annotazione semplice dei fatti più importanti del
comportamenti dei clienti).
[2] I modelli di valutazione per risultati: si esamina il contributo fornito
dalla persona attraverso la valutazione dei risultati gestionali conseguiti.
Porta dunque capo e collaboratore a:
− individuare obiettivi;
− definire relative responsabilità;
− specificare gli standard;
Tale definizione congiunta porta oltretutto un miglioramento del rapporto
capo-collaboratore diventando così ottimale non solo per il sistema
premiante ma anche per individuare le esigenze di cambiamento a fronte di
una maggiore oggettività della valutazione (grazie a risultati spesso
quantitativamente definibili).

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Come limiti presenta una maggiore rigidità rispetto al lungo periodo
poiché si orienta sostanzialmente sui risultati nel breve periodo.
[3] Modelli misti di valutazione per comportamenti organizzativi e
risultati: si valutano contemporaneamente i risultati attesi in un ruolo e
comportamenti necessari per presidiarlo.
L'evoluzione dei modelli misti: l'attenzione alle conoscenze tecniche
professionali (competence): in un'ottica evolutiva questi modelli devono
essere progettati per tenere conto oltre che dei risultati e comportamenti,
anche delle competenze (terzo fattore dunque le conoscenze professionali,
l'insieme di “sapere” e “saper fare” il cui possesso è necessario per
raggiungere gli obiettivi).
Il mix di questi elementi definisce le “dimensioni” della performance
individuale attesa dal vertice individuale con una ponderazione che varia
evidentemente in relazione al tipo di posizione occupata dal soggetto
valutato.

CAPITOLO XII: IL PERFORMANCE MANAGEMENT: trova


esplicazione nel Management by objectives (M.B.O), uno degli stili
manageriali più diffusi e consolidati, fondato sul principio della
responsabilizzazione degli individui verso il raggiungimento di definiti
obiettivi: è un processo gestionale che assicura che ogni singolo
dipendente sappia qual'è il ruolo che deve svolgere e quali risultati deve
raggiungere per massimizzare il proprio contributo di successo
all'azienda.
Il ciclo integrato di gestione delle performance: ovvero un insieme di
processi per determinare concordemente l'obiettivo che si deve
raggiungere e un processo di gestione e sviluppo del personale in modo da
consentire l'aumento delle probabilità di raggiungimento del fine nel breve
e nel lungo periodo. Consiste in un ciclo integrato di:
− pianificazione (determinazione delle responsabilità di ruolo e delle
aspettative di performance);
− gestione (attenzione alla performance e al suo sviluppo);
− revisione della performance.
L'elemento cruciale è individuare una cultura con la quale sia i singoli che
i gruppi si assumono le responsabilità di un costante miglioramento del
processo aziendale, sviluppando le proprie capacità attraverso processi
integrativi che armonizzino le attività di gestione che possono essere:

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− integrazione basata sulla retribuzione (sistemi retributivi basati sui
comportamenti organizzativi);
− integrazione basata sullo sviluppo (coordinamento tra bisogni
aziendali e sviluppo delle persone).
Competenze alla base del Performance Management: il concetto di
performance è sempre più incentrato dal “cosa “ adottare al “come”
adottarlo, ovvero valorizzando il comportamento delle persone competenti,
elemento che costituisce il cuore della performance stessa.
Tanto più il risultato quantitativo è incontrollabile e tanto più la
performance deve essere valutata in base al comportamento e dunque
all'esplicazione delle competenze.
Il management by learning: nuova filosofia in cui le persone non
vengono responsabilizzate solo con obiettivi economico-finanziari bensì
anche attraverso misure capaci di esprimere il valore aggiunto o distrutto
al cliente tramite il comportamento messo in atto dai singoli.
I sistemi di controllo organizzativo: esso è definito come un processo
mediante cui influenzare comportamenti dei membri dell'organizzazione
affinché essi si adoperino per il raggiungimento degli obiettivi aziendali:
l'organizzazione deve dunque poter attivare tutti quei meccanismi che
incidono più o meno direttamente sul processo comportamentale degli
individui [i 4 meccansimi che vanno a costituire il sistema centrale di
controllo organizzativo]:
1. sistema degli obiettivi (controllo ex-ante, fornisce informazioni per
guidare azioni individuali o di gruppo);
2. sistema dei risultati (di performance e atteggiamento);
3. sistema di misurazione (elabora fati preventivi (obiettivi) e
consuntivi (risultati).
4. sistema delle ricompense (ex-ante tramite processo motivazionale ed
ex-post modificando o rafforzando determinati comportamenti)
All'interno di tale sistema centrale di controllo su cui convergono i 4
meccanismi troviamo il processo comportamentale sul quale incidono in
maniera rilevante altri due processi:
− quello valutativo;
− quello motivazionale (ruolo chiave insieme alla funzione di
comuncazione).
Il sistema deve essere tarato e considerare una serie di fattori in grado di
esercitare influssi significativi sul comportamento che in primis sono:

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1.struttura organizzativa (funzioni, livello di decentramento,
formalizzazione, trasversalità)
2. cultura organizzativa (adesione all'organizzazione, motivazione,
autocontrollo, autonomia)
3. ambiente esterno (valori prevalenti, livello di professionalità, stimoli,
stakeholders).
Sarebbe inoltre importante realizzare un equilibrio tra il controllo formale
e i processi di autocontrollo.

CAPITOLO XIII: LA VALUTAZIONE DEL POTENZIALE: è


un'attività di diagnosi con finalità di orientamento e si estrinseca
essenzialmente in due fasi:
− intervento diagnostico sugli individui per valutare il potenziale
disponibile;
− identificare in quale ruolo questo potenziale può essere utilizzato
(ancora più complessa).
Definizione di potenziale: ogni individuo nello svolgimento del proprio
ruolo, utilizza normalmente soltanto in parte le proprie capacità e
attitudini. Di conseguenza una parte maggiore o minore di queste non
viene impiegata, restando, quindi allo stato potenziale.
In senso stretto potenziale significa una possibilità non ancora attuata e
quindi un insieme di energie, attitudini, capacità che la persona ha latenti
dentro di sé o che, pur presenti, non sono richieste dall'attuale posizione.
In senso lato, con il potenziale si individua l'insieme delle caratteristiche
psico-professionali di un individuo (distinguibili in attuali o potenziali
rispetto ai bisogni dell'azienda).
Dal punto di vista organizzativo infine si configura come il confronto tra
le caratteristiche di una posizione che il soggetto esprime in quel momento
e le caratteristiche richieste da una posizione diversa che il soggetto può
andare a ricoprire in una prospettiva anche di breve termine.
La valutazione del potenziale: ovvero l'analisi sistematica di classi di
dipendenti allo scopo di individuare e valorizzare la presenza delle
capacità necessarie per ricoprire nel medio e lungo termine incarichi
diversi da quelli attuali (insomma attività diagnostica tesa a individuare le
caratteristiche attitudinali e professionali dei componenti di un
organizzazione appetibili in altre attività).

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Confronto tra valutazione della prestazione e la valutazione del
potenziale: nella prima si effettua un confronto tra risultati attesi e risultati
conseguiti dalla posizione, mentre nella seconda il confronto è tra
caratteristiche possedute dall'individuo, ma non adottate, e i requisiti di
una o più posizioni.
La correlazione tra prestazione e potenziale (ovvero tramutare il
potenziale in più prestazioni) è in funzione della competenza specifica,
dell'esperienza. delle caratteristiche richieste dal ruolo, dell'adattamento
socio culturale e delle circostanze di contesto.
Confronto tra le informazioni ricavate dalla valutazione delle
prestazioni e del potenziale:
1- in ordine alla prestazione ci si riferisce a una singola posizione
rapportata alle condizioni presenti in quella posizione (giudizio che non va
al di là del contingente)
2- colui che valuta la prestazione non ha le medesima professionalità del
valutatore del potenziale
3- la prestazione riguarda il passato dell'individuo
Il processo di valutazione del potenziale: bisogna innanzitutto operare
una completa integrazione con l'Analisi delle Posizioni e dei Ruoli proprio
perché la proiezione futura possa avvenire verificando le capacità
attualmente inespresse rispetto a quelle di altre posizioni o figure
professionali. Esplichiamo il tutto in fasi:
[1] Censimento delle risorse: determinazione dei ruoli chiave nel
progetto di sviluppo organizzativo attraverso un censimento attraverso cui
segmentare le risorse aziendali da valutare.
Metodi di valutazione del potenziale: si può fare riferimento a due
modelli: diretto e indiretto.
Metodo indiretto: consiste in una raccolta di testimonianze concernenti i
fatti più significativi della vita lavorativa della persona in esame (vantaggi:
coinvolgimento, responsabilizzazione, concreto numero di comportamenti;
svantaggi: non trasparenza, distorsione e inadeguatezza testimoniale).
Metodo diretto: raccolta di dati tramite l'osservazione diretta
coinvolgendo direttamente il valutato (vantaggi: maggiore oggettività
risultati; svantaggi: costi elevati). → l'ideale un metodo misto!
[2] La griglia di riferimento: per entrambi i metodi è necessaria una
griglia quale elenco sistematico delle categorie predittive di potenziale –

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competenze- alle quali vengono riferite le informazioni raccolte,
rappresentando in sostanza la chiave di lettura di tutti i fenomeni indagati.
[3] Gli strumenti della valutazione del potenziale [scelta condizionata
dal tipo di caratteristiche personali oggetto di analisi]:
• la scheda: elencazione di alcune caratteristiche da individuare e a cui
attribuire un valore, i cui limiti principali sono scarsa omogeneità di
giudizio, ridotta competenza specifica degli stessi e tendenza a
rilevare caratteristiche connesse alla prestazione
• l'intervista: ovvero una situazione relazionale specifica con
l'obiettivo primario di raccogliere, tramite i contenuti verbali
dell'intervistato, informazioni circa se stesso o una terza persona non
coinvolta direttamente nella relazione. Si possono soprattutto
direttamente verificare aree di dubbio e avere una maggiore
omogeneità dei criteri di valutazione.
• L'assestment center: prevede il coinvolgimento diretto dei valutandi
e si fonda sul principio della simulazione, ovvero acquisisce
informazioni attraverso l'osservazione dei comportamenti posti in
essere in piccoli gruppi durante attività specifiche (esercizi
situazionali che devono corrispondere alla realtà dell'impresa e che
sono quindi creati ad hoc).
[4] Costituzione di un comitato di valutazione e sviluppo: sui dati
raccolti deve infine esprimersi un comitato di valutazione del potenziale
composto da superiori del valutato e da esperti del personale.

CAPITOLO XIV: LA FORMAZIONE: ovvero quella leva delle


gestione delle risorse umane definibile come l'insieme dei criteri che
regolano i processi per lo sviluppo e l'adeguamento delle competenze
professionali e manageriali degli operatori aziendali e dei loro
comportamenti garantendo a accrescendo la necessaria coerenza tra il
modello di management e le esigenze impresse dall'ambiente/mercato di
riferimento.
Importantissimo, al solito, l'integrazione con il sistema generale di
gestione e sviluppo delle risorse umane.
Per la giusta calibrazione degli interventi è necessaria una forte
connessione tra sistema formativo e informativo aziendale indispensabile
per identificare bisogni formativi, analizzare risultati, in un processo di
feedback continuo.

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Non ha una finalizzazione in sé ma rappresenta una leva che l'azienda
utilizzerà in chiave sistemica per mantenere il proprio vantaggio
competitivo, dunque un investimento imprescindibile.
Dall'analisi dei bisogni agli obiettivi di un intervento formativo: la
formazione si concretizza in un processo dedicato, articolato in fasi
strettamente connesse, non sequenziale (sebbene sequenzialmente a livello
teorico possiamo descriverlo con: analisi dei bisogni → progettazione
dell'intervento → attuazione dell'intervento → valutazione dei risultati),
ma circolari e oltretutto tra fase e fase caratterizzate da una logica di
“retroazione” tra input (analisi dei bisogni) e output (valutazione dei
risultati).
Il successo dell'intervento dipende dal rispetto di 3 principi fondamentali
che l'intervento deve rispettare: contingenza, coerenza e interdipendenza
delle 3 parti suddette il tutto naturalmente integrato con l'operatività degli
altri sistemi e meccanismi operativi nonché del sistema organizzativo nel
suo complesso.
Gli strumenti di indagine: sono i soliti e seguenti: osservazione diretta, il
questionario e l'intervista.
Progettazione di un intervento formativo: ovvero decidere cosa trattare
in aula, come, quando e dove, come valutare l'iniziativa in termini di costi
e soprattutto di ricavi.
Innanzitutto bisogna decidere i contenuti che devono dipendere dalle
esigenze emerse in sede di analisi dei bisogni; i metodi didattici possono
essere vari: lezioni, testimonianze, conferenze, lavori di gruppo, incidents,
autocasi, role-playing, business-game, action-learnig, ricerche, piani di
lavoro, co-counseling, formazione a distanza.
Si deve poi avere cura degli aspetti logicisti e organizzativi, dall'intervento
in casa alla residenzialità alberghiera.
CAPITOLO XV: FORMAZIONE E APPRENDIMENTO: la learning
organization a livello manageriale è il modello migliore per affrontare le
instabilità ambientali: bisogna attivare processi per lo sviluppo di forme di
crescita individuali e di gruppo.
Il ciclo della formazione per l'apprendimento: tale ciclo è riferito alla
circolazione delle conoscenze e si determina intorno ai due assi della
codificazione e della diffusione delle conoscenze generando 4 quadranti
che rappresentano aree di intervento che vanno dalle forme tradizionali di
maggiori codificazione a forme particolarmente mirate.

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Nelle aree superiori vengono rappresentati gli interventi formativi più
tradizionali a maggiore codificazione (in altro a sinistra, l'addestramento,
in cui è massimo la codificazione).
Nel caso in cui le conoscenze non siano codificate si praticano forme più
sofisticate di assistenza all'apprendimento di individui e gruppi attraverso
forme di tutoring, coaching e mentoring.
In alto a destra vi sono infatti interventi meno costruiti su “misura”
(meno conoscenza codificata) come il ricorso a soggetti esterni
specializzati.
In basso a destra abbiamo l'interazione degli interventi con conoscenze
diffuse ma che devono essere continuamente reinterpretate nella specifica
cultura organizzativa rispetto ad esigenze contingenti.
La formazione-intervento: è un processo di apprendimento attraverso cui
un gruppo di persone mette in gioco le proprie competenze, valori e
pregiudizi per affrontare un problema complesso al fine di giungere alla
soluzione del problema stesso e a soluzioni progettuali di cambiamento
nell'organizzazione.

CAPITOLO XVI: IL SISTEMA PREMIANTE: ovvero l'insieme di


variabili e delle loro connessioni volte a produrre riconoscimenti equi e
motivanti nei riguardi delle persone attive all'interno dell'organizzazione.
Abbiamo una componente soft che è il “sottosistema carriera” (possibili
sentieri e percorsi di carriera all'interno della struttura organizzativa → in
passato figura dello scalatore, adesso sempre più surfista) e il
“sottosistema retributivo” (componente hard: variabili per la
determinazione delle ricompense).
Retribuzione e politiche retributive: il sistema retributivo risulta efficace
quando armonizza la remunerazione con le esigenze di equità interne (e
quindi motivazionali!! Essa non è dunque un semplice fattore igienico) e
di competitività con il mercato esterno di riferimento.
Composizione del pacchetto retributivo: la retribuzione risulta da molti
fattori tra loro interagenti che insieme costituiscono la totalità di quanto
corrisposto da un'organizzazione a fronte del contributo prestato dal
lavoratore.

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