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Fernando Orlandi
Il 1989 a Pechino:
l’anno delle illusioni spezzate
2
Questo “Discussion Paper” del CSSEO raccoglie il testo presentato da
Fernando Orlandi al convegno “1989-1999. Il Muro Visibile e il Muro
Invisibile”, tenutosi al Museo di Storia Contemporanea di Milano il 28
ottobre 1999, in occasione del decimo anniversario della caduta del
Muro di Berlino.
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4
A Pechino nel 1989 si infrangono molte illusioni. Sotto i cingoli dei
carri armati nella piazza Tian’anmen vanno in frantumi le illusioni degli
studenti e della popolazione che è scesa al loro fianco. Si frantuma la
speranza di riforma del sistema politico comunista e cadono, come
foglie secche al vento d’autunno, le illusioni coltivate dagli intellettuali e
dai consiglieri politici “riformatori” raccolti attorno a Hu Yaobang e
Zhao Ziyang, i due uomini maggiormente innovatori nella dirigenza del
Partito comunista cinese (PCC) – e che pagheranno i loro tentativi di
apertura. E poi il 1989 in Europa centro-orientale e poi ancora il 1991
in Unione Sovietica fanno cadere altre illusioni – stavolta nella stessa
dirigenza del partito – riguardo la tenuta stessa del sistema socio-
politico del paese, mentre serpeggia la paura del “contagio”.
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commemorare, proprio come il 1919 e il 1949.
32, tr. in Inside China Mainland, vol. 11, n. 3, marzo 1989, pp. 16-18.
3 Shijie jingji daobao (Shanghai), 3 ottobre 1998.
4 Sui precedenti della riforma del sistema politico vedi B. Stavis, a cura di,
Reform of China’s Political System”, Chinese Law and Government, vol. 20, n. 1,
primavera 1987; e B. Stavis, China’s Political Reforms: An Interim Report (New York:
Praeger, 1988).
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nel partito per ottenere dei benefici personali.5 Secondo un altro
sondaggio condotto fra gli studenti dell’Università di Pechino all’inizio
del 1989, il 45,4% degli intervistati semplicemente non nutriva alcuna
speranza per il futuro; mentre per il 34% la questione più urgente da
affrontare nel paese riguardava il sistema politico.6
Fra gli intellettuali, ben pochi in quel periodo sottoscrivono
l’ufficiale ortodossia marxista-leninista. Lo stesso termine “marxismo”
assume significati negativi, diventa quasi una ‘brutta parola’, che
connota una mentalità sterile, l’iperconservatorismo e delle politiche
inquisitorie e autoritarie.
Ma se, a partire dalla fine della cosiddetta “Rivoluzione culturale” e
ancora più dopo la morte di Mao Zedong, aveva subito delle drastiche
trasformazioni la cultura politica di massa – in particolare le credenze
dei giovani e dei ceti intellettuali –, questi cambiamenti non avevano
minimamente toccato gli ideologi ed i gerontocrati del partito. Questi,
come se nulla fosse mutato nel decennio precedente, continuavano a
rifarsi ad un modello di ordine sociale in cui avrebbero continuato a
regnare indisturbati su una popolazione docile e passiva. Continuavano
imperterriti a rifarsi all’ortodossia ideologica e ritenevano che la
mancanza di fiducia verso il partito e il marxismo-leninismo che
serpeggiava fra la popolazione fosse dovuta alle perniciose influenze
della “liberalizzazione borghese”. Di conseguenza, ritenevano che se si
5 S. Rosen, “Political Education and Student Response”, Issues & Studies, vol. 25,
7
fosse rafforzato adeguatamente l’indottrinamento politico non ci
sarebbe stata alcuna crisi di fiducia. Per loro, i principali colpevoli erano
gli intellettuali che la pensavano diversamente e cercavano di sfuggire al
controllo del partito. Sembrava vivessero davvero in un altro paese.
Sembrava fossero totalmente inconsapevoli di quanto era cambiato il
popolo cinese.
All’interno del partito, l’ala sinistra, gli “ortodossi”, per usare un
termine semplificatorio, che erano già riusciti a liberarsi di Hu Yaobang
come segretario generale del partito, ora si stavano rivolgendo contro il
suo successore, Zhao Ziyang, accusato di essere un debole, incapace di
porre il necessario freno alla “liberalizzazione borghese”.
Insomma, gli “ortodossi” cercavano di impedire in ogni modo il
proseguimento delle necessarie riforme economiche, e soprattutto si
opponevano a quelle politiche, aumentando la frustrazione di studenti e
intellettuali e più in generale di tutti i ceti urbani.
Questo crescente malessere della società è testimoniato dalla lettera
che il 6 gennaio 1989 il noto astrofisico Fang Lizhi indirizza, proprio
come facevano i dissidenti sovietici alcuni decenni prima scrivendo a
Leonid Brezhnev, al padre-padrone della Cina. Fang scrive7 a Deng
Xiaoping chiedendogli la scarcerazione dei prigionieri politici e in
particolare quella di Wei Jingsheng, il più noto rappresentante del
8
movimento democratico cinese, il leader della Primavera di Pechino del
1978, incarcerato dieci anni prima e condannato ad una lunga pena
detentiva per aver chiesto la “quinta modernizzazione”: la democrazia
politica.8
La lettera di Fang è ben presto conosciuta da tutta la Cina grazie
alle trasmissioni della Voice of America. È una molla. Così 33 noti
scrittori il 13 febbraio firmano una petizione indirizzata al Comitato
centrale del partito e al Comitato permanente dell’Assemblea nazionale
del popolo, il “parlamento” cinese, che deve riunirsi il mese successivo
per l’annuale sessione plenaria.9 Il 26 febbraio segue una petizione
simile, stavolta firmata da 42 scienziati10, cui se ne aggiunge il 14 marzo
una terza firmata da 43 fra scrittori e scienziati sociali.11
Queste petizioni iniziano a circolare rapidamente fra gli studenti
delle università. Durante tutto il mese di marzo le università sono
scosse da una ondata di attivismo, mentre i muri si riempiono di dazibao
(manifesti murali) nei quali si criticano e denunciano i dirigenti del
Widor, a cura di, Zhongguo minbian kanwu huibian, vol. 1 (Parigi-Hong Kong: Éditions
de l’École des Hautes Études en Sciences Sociales/The Observer Publisher, 1983) e
tradotti in Un bol de nids d’hirondelles ne fait pas le printemps de Pékin (Parigi: Christian
Bourgois Éditeur, 1980). Sul suo processo, si veda V. Sidane, W. Zafanolli, Procès
politiques a Pékin (Parigi: François Maspero, 1981).
9 Il testo in Ming bao (Hong Kong), 17 febbraio 1989, Beijing zhi chun, n. 4, aprile
1989, e in Zhang Jingyu, Ziyou zhi xue, minzhu zhi hua, cit., p. 53. La traduzione in News
from Asia Watch, 15 marzo 1989, Inside China Mainland, vol. 11, n. 4, aprile 1989, pp.
14-15, e in Chen Lichuan, C. Thimonier, L’impossibler printemps, cit., p. 25.
10 Il testo in Ming bao, 7 marzo 1989, e in Zhang Jingyu, Ziyou zhi xue, minzhu zhi
9
partito e il potere arbitrario, autoritario e corrotto del PCC. Insomma, la
12
società cinese chiede cambiamenti , ma la dirigenza politica si mostra
insensibile. Proprio come all’epoca del Movimento del 4 maggio 1919,
ad essere in prima fila sono gli intellettuali e gli studenti.13 E proprio
come all’epoca del Movimento del 4 maggio i valori occidentali di
scienza e democrazia sembrano essere gli unici in grado di salvare la
Cina dalla sua maledizione “feudale”.14
Dal 20 marzo al 4 aprile si tiene la Seconda sessione della Settima
Assemblea nazionale del popolo. Il primo ministro Li Peng, forte
dell’appoggio di Deng Xiaoping, impone un rallentamento nella riforma
e nel decentramento economico, ora da realizzarsi con maggiore
gradualità e sotto uno stretto controllo centrale. Dietro il ripristino della
stabilità economica si cela la modifica delle linee guida dello sviluppo
economico del paese. Quello che a prima vista appare essere una
sensazionale autocritica formale per gli errori commessi nel recente
passato, è ben altro; non rappresenta solo un arretramento rispetto alle
politiche propugnate da Zhao Ziyang. In realtà, nel suo “Rapporto sul
in T. Saich, a cura di, The Chinese People’s Movement (Armonk: M. E. Sharpe, 1990), pp.
3-24; e J. N. Wasserstrom, Student Protests in Twentieth-Century China (Stanford: Stanford
University Press, 1991), pp. 308-327.
14 Ancora oggi Chow Tse-tung, The May Fourth Movement (Cambridge, Mass.:
Harvard University Press, 1963) resta un testo fondamentale. Ma sul Movimento del 4
maggio si vedano anche A. Dirlik, “Ideology and Organization in the May Fourth
Movement”, Republican China, vol. 12, n. 1, 1986, pp. 3-19; e V. Schwartz, The Chinese
Enlightenment (Berkeley: University of California Press, 1986).
10
lavoro del governo”15 Li Peng consacra formalmente e ufficialmente lo
scontro fra le posizioni della sua fazione e quelle di Zhao Ziyang,
mettendo sotto accusa il segretario generale del partito.16
Il giorno successivo la chiusura della sessione dell’Assemblea
nazionale del popolo, il 5 aprile, all’Università di Pechino vede la luce il
primo numero di una rivista indipendente, pubblicata senza il controllo
della censura. Significativamente, porta il titolo “Il nuovo 4 maggio”
(Xin wusi). Wang Dan, che di lì a poco sarà uno dei leader studenteschi
della piazza Tian’anmen17, firma un articolo premonitore, consacrato
alle speranze di cambiamento nei paesi dell’Europa centro-orientale e
alle possibili ripercussioni sul futuro della Cina.18
Scrive Wang Dan, che è necessario trarre due lezioni dagli
avvenimenti in corso nell’Europa centro-orientale:
and Deepeneed Reform – Report on the Work of the Government”, Beijing Review,
vol. 32, n. 10, 17-23 aprile 1989, supplemento, pp. i-xxix.
16 Yü Yü-lin, “Chao Tzu-yang – The Target of Li P’ eng’s Government Report”,
Issues & Studies, vol. 25, n. 4, aprile 1989, pp. 1-4.
17 Ricercato, dopo il massacro del 4 giugno, come il nemico numero uno del
11
certi interessi acquisiti significa andare contro la corrente della
nostra epoca.
Secondo, se la situazione conosce degli sviluppi così favorevoli
in Ungheria, Polonia e Cecoslovacchia, questo lo si deve agli
sforzi incessanti e prolungati delle personalità di opposizione
nella società civile e in seno al partito. È grazie ai loro sforzi
ininterrotti a favore della libertà di espressione e della difesa dei
diritti dell’uomo che una atmosfera politica sana ha potuto
emergere nella società. Al contempo, questi avvenimenti
mostrano risolutamente ancora una volta che la democrazia non
può essere concessa, ma che per conseguirla è necessario
appoggiarsi su un movimento proveniente dalla base. In questo
processo, l’élite intellettuale deve esercitare un ruolo di
precursore e di dirigente.
[E conclude] Noi riteniamo che la strada seguita da questi tre
paesi dell’Europa dell’est è la sola via di uscita dalla grave crisi
che scuote i paesi socialisti. La Cina deve trovarvi materia di
riflessione e ispirarvisi per la sua evoluzione politica. Diciamolo
chiaramente: solo se, passo a passo, nel prossimo futuro, la Cina
si incamminerà lungo la strada attualmente intrapresa dai paesi
dell’Europa dell’est, essa potrà diventare un paese democratico
sviluppato.19
12
muore Hu Yaobang.20 Hu Yaobang, che nel 1982 era stato scelto da
Deng Xiaoping quale successore di Hua Guofeng alla testa del partito,
era poi divenuto il principale propugnatore della riforma del sistema
politico, e proprio per questo e per non essere intervenuto alla fine del
1986 contro una ondata di proteste studentesche21, accusato di
“liberalismo borghese”, il 16 gennaio 1987 viene rimosso dal posto di
segretario generale del partito.22 Ma non cade in disgrazia e conserverà
tutti gli altri suoi incarichi.
Il tacito sostegno e protezione accordati da Hu Yaobang agli
studenti, la sua reputazione di essere un difensore delle libertà politiche
e intellettuali e la sua posizione critica verso la corruzione e il
nepotismo – a differenza dei figli degli altri dirigenti, Hu Deping non
era né un affarista né aveva fatto particolare carriera: era un ricercatore,
specialista del romanzo classico Il sogno della camera rossa e responsabile
di Qingnian luntan [Tribuna della gioventù], un periodico aperto ed
audace. La sua destituzione ha contribuito a far sì che Hu Yaobang
divenisse il dirigente più popolare fra gli studenti e gli intellettuali.
La sua morte funge da catalizzatore delle proteste studentesche. Le
università, a cominciare da quelle di Pechino e di Shanghai, si
riempiono di dazibao dove la commemorazione di Hu Yaobang si unisce
China in the Throes of Reform (New York: Pantheon, 1988), pp. 211-244.
22 J. Tong, a cura di, “Party Documents on Anti-Bourgeois Liberalization and
Hu Yaobang’s Resignation, 1987”, Chinese Law and Government, vol. 21, n. 1, primavera
13
alle richieste di maggiore democrazia.23 Già nel pomeriggio del 15
studenti di varie università si recano spontaneamente a depositare
corone funerarie ai piedi del Monumento agli eroi del popolo, in piazza
Tian’anmen. Quanto sta accadendo evoca i fatti del 5 aprile 197624,
quando nello stesso luogo, in occasione della festa dei morti ci furono
delle manifestazioni non autorizzate per commemorare Zhou Enlai e
soprattutto protestare contro il regime maoista, poi represse dalla
polizia.25
Il 18 aprile una delegazione di oltre 1.000 studenti si reca
all’Assemblea nazionale per presentare al Comitato permanente una
petizione, ma non vengono ricevuti. A partire da quel momento il
1988.
Una scelta rappresentativa di volantini e manifesti murali di Pechino è in
23
Zhongguo minyun yuan ziliao jingxuan, cit., vol. 1 (Hong Kong: Shiyue pinglun she, 1989);
una ampia raccolta di pressoché tutti i volantini dell’Università di Pechino si trova
invece nella biblioteca della Fondazione Feltrinelli di Milano. Vedi L. Tomba, “Per
una bibliografia del movimento democratico cinese 1989: i materiali della Fondazione
Feltrinelli”, in L. Tomba, a cura di, «Se io fossi il governo». Documenti del movimento
democratico cinese 1989 (Milano: Franco Angeli, 1993), pp. 107-111. Collezioni ancora
più complete di documenti sono quelle del China Documentation Project della
University of Toronto, della Columbia University, del Tiananmen Archive
dell’Internationaal Instituut voor Sociale Geschiedenis di Amsterdam, e del Material
Center on China’s Democratic Movement di Hong Kong.
24 Uno studente dell’ Università di Pechino renderà esplicito il raffronto. Vedi
Zhongguo minyun yuan ziliao jingxuan, cit., vol. 1, pp. 65-66.
25 Sulle manifestazioni, vedi Cheng Ying-hsiang, C. Cadart, Les deux morts de Mao
Tse-toung (Parigi: Éditions du Seuil, 1977); Hung Yu-ch’iao, “The Tien An Men
Incident: An Analysis”, Issues & Studies, vol. 12, n. 6, giugno 1976, pp. 1-15; Tseng
Yung-hsien, “The Tienanmen Incident and the Chinese Communist Mass
Movement”, Issues & Studies, vol. 12, n. 8, agosto 1976, pp. 31-40; e S. Heilmann,
“The Suppression of the April Fifth Movement and the Persecution of
«Counterrevolutionaires» in 1976”, Issues & Studies, vol. 30, n. 1, gennaio 1994, pp. 37-
64.
14
movimento degli studenti cresce in modo impetuoso. Il giorno dopo
oltre 10.000 studenti manifestano alla porta Xinhua, davanti all’ingresso
principale di Zhongnanhai, il sancta sanctorum del potere cinese. Il 21,
ancora più numerosi si riuniscono in piazza Tian’anmen, dove il giorno
dopo si svolgeranno i funerali ufficiali di Hu Yaobang. Quando le
autorità ordinano di sgomberare la piazza, si rifiutano. Il giorno dopo
sono oltre 100.000.
Terminata la cerimonia funebre, gli studenti cercano il dialogo con
le autorità governative, ma nessuno si presenta e coloro i quali tentano
di entrare nella grande Sala del popolo vengono fermati e respinti dalla
polizia e dall’esercito. “Dialogo” e “non violenza”, “democrazia” e
“abbasso la corruzione” sono fra gli slogan dei dimostranti.
Il 23 aprile i rappresentanti delle università e degli istituti della
capitale concordano il testo di una petizione da presentare alle
autorità.26 Sempre il 23 Zhao Ziyang parte per una visita a P’yongyang.
Il 24 scioperano le università, mentre è costituito formalmente il
Comitato preparatorio della Federazione autonoma degli studenti di
Pechino (Beijing gaoxiao xuesheng zizhi lianhehui), che ha in Wu’erkaixi e
Wang Dan i suoi leader. Il movimento si organizza attorno a una
rivendicazione – la democrazia –, e un anniversario – quello del 4
maggio, di cui si sente il legittimo erede. Reclama la libertà di stampa e
15
una indagine sulle violenze poliziesche dei giorni precedenti. Nella
capitale ci sono movimenti i primi movimenti di truppe, mentre a Xi’an
è già stata proclamata la legge marziale e a Changsha si hanno violenti
scontri con la polizia.27
Il 24, approfittando dell’assenza di Zhao Ziyang, il primo ministro
Li Peng, che lo sostituisce nelle funzioni, convoca una riunione allargata
del Comitato permanente dell’Ufficio politico; i manifestanti vengono
etichettati come elementi “antipartito” e “antisocialismo”.28 Il 25 Li
Peng e il presidente della repubblica Yang Shangkun si recano a
Beidahe da Deng Xiaoping per ottenere il suo placet alla decisone presa
il giorno prima.29 Deng Xiaoping è molto duro30 ed è l’ispiratore di un
editoriale del Renmin ribao in cui la costituzione delle organizzazioni
studentesche autonome è condannata come un’azione fuorilegge e dove
si denunciano gli attivisti democratici come fomentatori di disordini e
cospiratori che vogliono scatenare una rivolta per “negare il ruolo
dirigente del PCC e del sistema socialista” e gettare il paese nel caos. Si
27 Sugli “incidenti di Xi’an” vedi Tian’anmen 1989 (Taipei: Lianjing chuban shiye
gongsi, 1989), pp. 243-245.
28 Jing bao (Hong Kong), 10 maggio 1989; Tian’ anmen 1989, cit., p. 188; e “Beijing
Major’s Report on Quelling Counterrevolutionary Rebellion”, Xinhua News Agency, 6
luglio 1989, ripresa in FBIS-CHI, 6 luglio 1989, pp. 20-36.
29 Sulle modalità con cui vengono adottate le decisioni politiche, oltre che sul
ruolo chiave svolto da Deng Xiaoping, vedi J. Domes, “The Rulers: China’s Last
Communist Leadership?”, in G. Hicks, a cura di, The Broken Mirror (Harlow: Longman
1990), pp. 115-131.
30 Per il testo del discorso di Deng Xiaoping, vedi Zhongguo minyun yuan ziliao
16
tratta di una “rivolta controrivoluzionaria” (fangeming dongluan).31
Insomma, chiusura su tutti i fronti e nessuna possibilità né di dialogo,
né di compromesso.
A dispetto del tono minaccioso, l’editoriale del Renmin ribao non
produce i risultati aspettati dalla dirigenza. Tutt’altro; il giorno seguente,
nonostante le proibizioni ufficiali, una imponente manifestazione
rompe pacificamente gli sbarramenti della polizia riversandosi in piazza
Tian’anmen. Per quasi 15 ore i dimostranti prendono possesso del
centro della capitale. Almeno un milione di pechinesi si assiepano lungo
le strade per vedere i dimostranti e testimoniare il loro sostegno. Dopo
questa manifestazione si fa più visibile il sostegno delle categorie sociali
agli studenti. Lo spirito di questa giornata di grande eccitazione lo si
ritrova nel “Testamento” degli studenti della Scuola normale
superiore32, che si rifanno alla memoria di Liu Hezhen, una studentessa
allieva di Lu Xun, che nel 1926 diede la vita per la rivoluzione.33
Il giorno dopo, il 28, il governo accetta di dialogare con i
dimostranti, ma rifiuta di parlare con i leader della Federazione
autonoma degli studenti di Pechino. Così prosegue la situazione di
ristampato in Zhongguo minyun yuan ziliao jingxuan, cit., vol. 1, pp. 52-54; e le traduzioni
in FBIS-CHI, 25 aprile 1989, pp. 23-24, e in Chen Lichuan, C. Thimonier, L’impossible
printemps, cit., pp. 75-77.
32 Il “Testamento” è ristampato in Zhongguo minyun yuan ziliao jingxuan, cit., vol. 1,
p. 15. Per la tr. vedi Chen Lichuan, C. Thimonier, L’impossible printemps, cit., p. 95.
33 Liu Hezhen, studentessa ventiduenne della Suola normale superiore femminile
17
stallo a Pechino, mentre le proteste e le manifestazioni studentesche
dilagano in numerose altre città, fra cui Shanghai, Tianjin, Wuhan e
Nanjing.
Il 4 maggio in oltre 150.000 manifestano in piazza Tian’anmen. Ma
lo stesso giorno Zhao Ziyang, da poco rientrato dalla Corea del nord,
tiene un discorso dal tono conciliante davanti ai rappresentanti della
Asian Development Bank. Zhao afferma che “dovremo risolvere il
problema facendo affidamento sui canali democratici e legali”, e che “le
giuste richieste degli studenti saranno accettate”.34
Ma il permanere inalterato della situazione di stallo politico fra
governo e studenti35, il discorso conciliante di Zhao e il caldo del
maggio pechinese fanno diminuire sensibilmente il numero dei
manifestanti. A rivitalizzare il movimento che si trova in una fase di
“stanca” è la visita in Cina di Mikhail Gorbachev. Gli studenti si
rendono conto che al seguito del dirigente sovietico, per questa “visita
storica”36, ci saranno le telecamere delle principali reti televisive
straniere. È una opportunità unica, quella di essere sotto i riflettori del
mondo intero, che deve essere afferrata. Così, il 13 maggio, dopo averlo
Leggermente più improntato alla cautela il giudizio dell’editoriale del Renmin ribao, 19
18
annunciato il giorno prima37, un gruppo di studenti manifestanti inizia
uno sciopero della fame in piazza Tian’anmen. L’intraprendere uno
sciopero della fame, un gesto così estraneo alla cultura cinese, con la
drammatizzazione che porta, rappresenta una felice scelta tattica degli
studenti. Lo sciopero della fame va poi ad evocare qualcosa di
profondo nella psicologia dei cinesi. È particolarmente significativo che
la frase di cortesia che si scambiano due persone quando di incontrano
non è: “come stai?” o “come va?”, bensì: “Hai mangiato?”.
Perché uno sciopero della fame, così estraneo alla cultura cinese?
Alcuni anni fa Wu’erkaixi mi ha detto38 che la decisione di fare lo
sciopero della fame venne presa da sei persone. Era il 10 maggio, e due
di questi sei, Ma Shaofeng e Chen Zhen, erano rimasti fortemente
impressionati da un film su Gandhi.
maggio 1989.
37 Xinwen daobao (Pechino), 12 maggio 1989, ripubblicato in Beijing zhi chun
(Flushing, N.Y.), n. 75, agosto 1989, pp. 11-12. Vedi anche “Hunger Strike Petition”,
Inside China Mainland, vol. 11, n. 8, agosto 1989, pp. 4-5.
38 Conversazione con Wu’ erkaixi, Parigi, marzo 1990.
19
combattuti aspramente.39 L’invito formale viene fatto ai primi di
dicembre 1998, quando Gorbachev si incontra con il ministro degli
esteri cinese Qian Qichen.40
I regimi dell’Europa centro-orientale stanno pericolosamente
scricchiolando, quando, il 14 maggio l’imponente delegazione sovietica
parte da Mosca. Ma nessuno si aspetta la tensione che troverà a
Pechino. Quando l’aereo sta per atterrare nella capitale cinese giunge
una comunicazione urgente: la tanto attesa (soprattutto dai mezzi di
informazione) cerimonia di benvenuto non si terrà in pompa magna
nell’edificio sulla piazza Tian’anmen, come previsto dal protocollo,
bensì all’aeroporto.41 Una cerimonia organizzata frettolosamente,
all’ultimo momento. Il simbolico centro del potere comunista cinese, il
luogo in cui Mao nel 1949 proclamò la costituzione della Repubblica
popolare è occupato dagli studenti che rovinano lo storico incontro e
che saranno una costante fonte di imbarazzo per gli ospiti cinesi nei
giorni seguenti. Per i dirigenti di un paese maniacalmente attento ai
simboli ed ai rituali è un vero e proprio schiaffo. Per Deng Xiaoping il
dovere rinunciare alla cerimonia che simbolicamente rappresentava una
20
rivincita storica su Mosca e doveva consacrare la Cina a fianco delle
superpotenze, ora quella sovietica dopo l’americana, è quasi una offesa
personale.
41 Ibidem, p. 434.
42 Ibidem, p. 435.
43 Ibidem, p. 436; e SWB, FE/0459.
44 M. Gorbachev. Zhizn’i reformy, vol. 2, cit., p. 444. Vedi anche “Zhao Ziyang
21
studenti, in particolare di fare marcia indietro sull’editoriale del Renmin
ribao – al riguardo è disposto ad accollarsene pubblicamente la
responsabilità, sebbene, come abbiamo visto l’ispiratore sia stato Deng
Xiaoping. Votata, la proposta viene nuovamente respinta: quattro (Li
Peng, Hu Qili [che in seguito si schiererà con Zhao Ziyang, pagandone
le conseguenze], Qiao Shi e Yao Yilin) contro uno. Da questo
momento è completamente isolato al vertice del partito.46
Il 17 maggio Zhao Ziyang visita i giovani ricoverati in ospedale e si
rivolge, con una dichiarazione scritta, agli studenti in sciopero della
fame – ormai 3.000 persone –, riconoscendo “lo spirito patriottico” del
loro movimento e promettendo che non verranno effettuate
rappresaglie.47 Alle 20, su insistenza di Zhao Ziyang, che cerca di
rovesciare la grave decisione presa il giorno prima da pochissime
persone, si tiene una riunione allargata dell’Ufficio politico. Ma gli sforzi
di Zhao Ziyang sono vani, e così comunica la sua intenzione di lasciare
l’incarico di segretario generale del partito. Le sue dimissioni vengono
respinte e si approva, invece, l’introduzione della legge marziale, da
applicare quando Gorbachev avrà lasciato il paese. Per Deng Xiaoping,
che presiede la riunione, soddisfare le domande degli studenti equivale
ad una ritirata, e se ci si ritira una volta, poi lo si può fare ancora. Zhao
esprime tutto il suo disaccordo, ma da questo momento inizia la sua
22
fine politica.48 Intanto, lo sciopero della fame, da Pechino si è esteso ad
altre città della Cina.49
23
pechinesi è in strada a manifestare. Ma soprattutto, la Federazione dei
sindacati di tutta la Cina, donando 100.000 yuan agli studenti, annuncia
il suo appoggio ai dimostranti.51 Li Peng è così costretto, dopo 6 giorni
di sciopero della fame, a incontrarsi con Wu’erkaixi e altri studenti. Ma
l’incontro non corrisponde alle aspettative dei giovani. Non c’è dialogo
con il potere; c’è Li Peng che parla della cessazione dello sciopero della
fame, espone il suo punto di vista e non risponde alle domande che gli
vengono rivolte dagli interlocutori. L’incontro, tuttavia, trasmesso dalla
televisione cinese, ha un grande impatto sulla popolazione, che scopre
un giovane studente in pigiama, Wu’erkaixi, scappato dall’ospedale in
cui era stato ricoverato dopo avere perso i sensi, interrompere il primo
ministro, dando così, davanti alla gente, l’esempio di un tipo di rapporto
con il potere completamente sconosciuto in Cina. Dopo un’ora il
colloquio si interrompe, perché Li Peng rifiuta di discutere le richieste
degli studenti.52
Alle 4:45 del mattino Zhao Ziyang e Li Peng si recano dai giovani
che fanno lo sciopero della fame.53 Le lacrime di Zhao testimoniano
una sincera commozione – è la prima volta nella storia che si vede un
of Truth (Hong Kong: Hong Kong Trade Union Education Centre, 1990)
51 “All-China Federation of Trade Unions Issues Statement”, Televisione cinese,
tr. in FBIS-CHI, 19 maggio 1989, pp. 14-21;vedi anche “Li Peng and Other Comrades
Meet Representatives of the Students Who Have Been Fasting to Support Their
Petition”, Renmin ribao, 19 maggio 1989, tr. in FBIS-CHI, 24 maggio 1989, pp. 19-23.
53 “Zhao Ziyang and Li Peng Visit Fasting Students at Tiananmen Square”,
Televisione cinese, 18 maggio 1989, tr. in FBIS-CHI, 19 maggio 1989, pp. 13-14; e
“More on Visits”, Televisione cinese, tr. in FBIS-CHI, 19 maggio 1989, p. 13.
24
dirigente del PCC mostrare del calore umano in sua dichiarazione. La
Federazione autonoma degli studenti (52 voti contro 14) decide
l’interruzione dello sciopero della fame.
La sera del 19 viene convocata una riunione straordinaria dei
dirigenti della capitale e del paese, nel corso della quale Li Peng
annuncia che a partire dalle dieci del giorno dopo entrerà in vigore la
legge marziale in alcuni distretti di Pechino. Verso mezzanotte la notizia
viene trasmessa dalla televisione.54 Zhao Ziyang non partecipa alla
riunione, sia per dissociarsi dalla decisione, sia per indicare con la sua
assenza fisica l’esistenza di profonde divisioni nella dirigenza del partito.
Il 20 maggio i soldati iniziano a entrare nella capitale. Fuori
Pechino c’è un enorme concentramento di truppe, che hanno difficoltà
a muoversi perché i contadini ed i pechinesi dei sobborghi bloccano le
vie di accesso alla capitale. Per la prima volta nella storia della Rpc la
popolazione – non alcuni singoli individui o un piccolo gruppo di
persone –, la popolazione cerca di organizzarsi per resistere all’esercito
e al potere del partito.
Gli studenti, incuranti delle minacce, decidono di proseguire la
protesta non violenta. Il 21 un milione di pechinesi protesta contro la
legge marziale. Alcune unità militari fraternizzano con i manifestanti. Il
22 emergono le prime significative divisioni fra i manifestanti: una parte
vorrebbe abbandonare piazza Tian’anmen, mentre la maggioranza
and State Council”, Televisione cinese, 19-20 maggio 1989, tr. in FBIS-CHI, 22
maggio 1989, pp. 9-13.
25
decide di restare.
Ad una riunione allargata dell’Ufficio politico che inizia il 23 e
termina il 24, Zhao Ziyang e Hu Qili, che lo ha sostenuto, dopo essersi
schierato all’inizio con Li Peng, vengono “sospesi temporaneamente”
da tutti i loro incarichi e confinati nelle loro residenze di Zhongnanhai –
una sorta di arresti domiciliari. È la fine di Zhao Ziyang.55 Il 24
vengono interrotti i collegamenti satellitari utilizzati dalle televisioni
straniere per ritrasmettere i loro servizi; Pechino è sconnessa dal resto
del mondo. Si tiene una riunione allargata della Commissione militare
centrale, dove Yang Shangkun, consacra l’appoggio delle forze armate
alla repressione.56 Un appoggio, peraltro, ricevuto con molte difficoltà.57
Quando Li Peng ricompare negli schermi televisivi il 25, e la stretta
militare sulla città è divenuta sempre opprimente, la sua immagine
sembra già essere quella del vincitore. Il 27 Chai Ling, Wang Dang e
Wu’erkaixi, i leader degli studenti, tengono una conferenza stampa
congiunta. È visibile la fase di riflusso in cui si trovano i manifestanti,
anche perché viene annunciato che il 30 maggio, dopo una parata di
55 Zhongguo shibao, a cura di, Beijing xueyun wushi ri [I 50 giorni del movimento
degli studenti di Pechino] (Taipei: Zhongguo shibao she, 1989), p. 111-113; e Zhang
Jingyu, a cura di, Ziyou zhi xue, minzhu zhi hua, cit., p. 376.
56 “Main Points of Yang Shangkin’ s Speech at Emergency Enlarged Meeting of
the Central Military Commission”, Ming bao, 29 maggio 1989, tr. in FBIS-CHI, 30
maggio 1989, pp. 17-20. Per l’appoggio dei militari, vedi Renmin ribao, 22, 24 e 25
maggio 1989.
57 Per una prima analisi del rapporto fra partito e forze armate nella crisi della
primavera 1989, vedi J. Teufel Dreyer, “The People’s Liberation Army and the Power
Struggle of 1989”, Problems of Communism, vol. 38, n. 5, settembre-ottobre 1989, pp. 41-
48. Vedi anche M. T. Byrnes, “The Death of a People’s Army”, in G. Hicks, a cura di,
The Broken Mirror, cit., pp. 132-151.
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vittoria i manifestanti lasceranno la piazza. Tuttavia, il 29 maggio gli
studenti hanno una nuova idea per catalizzare nuovamente tutta
l’attenzione sulla piazza Tian’anmen: innalzano la statua della Dea della
libertà, realizzata dall’Accademia centrale delle Arti. Ma oramai c’è ben
poco da fare: a manifestare in piazza Tian’anmen non sono più di
10.000 studenti, la maggior parte dei quali provenienti dalle provincie.
Sembra che siano stati questi ultimi, arrivati a Pechino da pochi giorni e
desiderosi di intraprendere qualche azione a fare cancellare l’annunciata
decisione di sgomberare la piazza: senza la Tian’anmen non avrebbero
avuto alcun posto dove stare e avrebbero dovuto fare ritorno alle
proprie case.58 Sembra declinare anche il sostegno popolare.
La sera del 3 giugno le truppe ricevono l’ordine di ripulire la piazza
Tian’anmen. Ed è il massacro, una nuova sanguinante pagina della
storia cinese recente.59
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di stallo, di blocco, in cui l’antica nozione cinese del “perdere la faccia”
coniugata con il rigido autoritarismo praticato dalla dirigenza del partito,
impediva ogni vero negoziato. La decisione finale di fare ricorso
all’impiego della forza militare in piazza Tian’anmen viene presa nel
corso di una riunione informale tenuta il pomeriggio del 2 giugno nella
residenza di Deng Xiaoping. Oltre a Deng, partecipano tre membri del
Comitato permanente dell’Ufficio politico (Li Peng, Qiao Shi e Yao
Yilin) e altre tre persone: Yang Shangkun, Wang Zhen e Bo Yibo. I
sette decidono all’unanimità, in violazione anche di tutte le regole del
partito oltre che delle leggi, l’intervento militare e la costituzione di un
“Gruppo dirigente per la legge marziale”60, che per un tempo
indeterminato sostituirà e prenderà tutte le decisioni al posto
dell’Ufficio politico, del Comitato permanente dell’Ufficio politico e
della Segreteria del partito. Dopo aver preso queste decisioni, i sette
decidono che il loro incontro è stata una formale riunione allargata del
Comitato permanente dell’Ufficio politico.61
Così, per 17 giorni, dal 3 giugno fino alla riunione allargata
dell’Ufficio politico del 19 giugno, la Cina è governata da un gruppo
informale composto da quattro membri dell’Ufficio politico e sette
“veterani” del partito, tre dei quali, per giunta, non ricoprivano alcun
incarico negli organi centrali dello stesso partito. La loro età media era
di 78 anni.
Deng Xiaoping, gli altri sono: Chen Yun, Li Xiannian, Peng Zhen e Song Renqiong.
61 Zhengming, n. 141, luglio 1989, p. 8.
28
Quando finalmente si tiene la riunione allargata dell’Ufficio
politico, ad essa partecipano tutti i 16 membri formalmente titolari
dell’Ufficio politico (compresi Zhao Ziyang e Hu Qili, fino a quel
momento confinati nelle loro residenza) e i sette “veterani” del
“Gruppo dirigente per la legge marziale”, tutti con diritto di voto. Nella
lunga riunione riunione (durerà tre giorni, dal 19 al 21 giugno), nel
corso della quale vengono decisi numerosi avvicendamenti nei posti di
potere, si decide anche la destituzione di Zhao Ziyang e Hu Qili.
Proposto Deng Xiaopiang, Li Xiannian e Li Peng, alla testa del partito
viene nominato Jiang Zemin, un sessantaduenne, fino a quel momento
capo del partito di Shanghai.62
Poi, il 23 e il 24 viene convocata la Quarta sessione plenaria del
Tredicesimo Comitato centrale del partito, incaricata di ratificare le
decisione prese.63
Cosa possiamo osservare? Che nel 1989 un partito profondamente
screditato agli occhi della popolazione urbana e soprattutto degli
intellettuali e dei giovani (la crisi di fiducia) si trova per la prima volta ad
avere contro il suo sistema di potere la popolazione (i milioni di
pechinesi che si uniscono ai manifestanti della piazza Tian’anmen e
cercano di impedire l’afflusso della truppe nel centro della capitale). Che
il partito è profondamente lacerato, sia nel ristretto gruppo dirigente,
davvero un pugno di persone, che al suo interno, con la base, e
addiritura intere organizzazioni del partito stesso, che sostiene il
62 Ibidem, p. 7.
29
movimento degli studenti. E soprattutto che la decisione di rispondere
con la violenza ai manifestanti viene presa da un piccolissimo gruppo di
persone che non dispone neppure della legittimità del partito64 per
adottare le decisioni che prende.
È davvero una crisi profonda quella che lacera la Cina nella
primavera del 1989. Deng Xiaoping ed i suoi sodali, nel violare in modo
così gratuto le loro stesse leggi, minano mortalmente quel tentativo –
ironicamente da loro stessi propugnato – di costruire un sistema legale
nella società socialista.65
Doveva proprio terminare in quel modo? Quello che si è dato nella
primavera del 1989 non è stato altro che una massiccia, spontanea
esplosione di indignazione popolare per la crisi economica e sociale,
contro il nepotismo, l’autoritarismo, la corruzione e il dominio amorale
del partito. Insomma un grande scontro fra la società e il partito.
Doveva proprio terminare a quel modo? Molto realisticamente,
avrebbe potuto andare altrimenti. Alla fine di maggio gli studenti nella
piazza erano davvero pochi, la maggior parte provenienti dalle
provincie, e, soprattutto, stanchi. Oltre tutto, dopo quasi due mesi,
ritirata dopo ritirata nelle loro rivendicazioni, oramai chiedevano
davvero ben poco: niente altro che il riconoscimento ufficiale che le
loro manifestazioni erano state legittime e l’applicazione concreta del
30
diritto di libertà e del diritto di associazione.
Ma la loro controparte era costituita da un piccolissimo gruppo di
ottuagenari – basta essere in sette per fare una strage – un piccolissimo
gruppo di uomini animati da una sola preoccupazione: preservare il
monopolio del potere. Deng Xiaoping era stato fin troppo chiaro nella
riunione allargata dell’Ufficio politico del 17 maggio: soddisfare le
domande degli studenti sarebbe equivalso ad una ritirata, e se ci si ritira
una volta, poi lo si può fare ancora.66
Le rivendicazioni dei manifestanti, a dire il vero, non erano poi
gran cosa. Essi riprendevano molte affermazioni della pubblica
propaganda politica del partito, di denuncia del nepotismo, della
corruzione, e via di seguito. Per il PCC, fare proprie una parte delle
rivendicazioni degli studenti sarebbe stato facilissimo, perché molte di
queste richieste altro non erano che proprie parole d’ordine. Ma c’era
uno iato, uno scarto profondo fra la propaganda del partito e la realtà
concreta delle cose, della vita quotidiana. Perciò quel piccolissimo
gruppo di persone che prendeva le decisioni fondamentali, non poteva
cedere: se l’avessero fatto, questo “precedente” avrebbe potuto
rappresentare l’inizio della fine del controllo della vita sociale. Inoltre ha
svolto un ruolo fondamentale un elemento caratterizzante della cultura
cinese (e fortunatamente qualcosa di estraneo alla nostra
Weltanschauung): la “perdita della faccia”. Cedere alle richieste dei
dimostranti, seppure identiche alle parole d’ordine del PCC avrebbe
31
significato “perdere la faccia”. Una terribile onta, nella cultura cinese,
tale da portare anche al suicidio, fra le persone comuni. E per questo c’è
stato il piccolo massacro della Tian’anmen.67
Forse, un episodio tratto da un bel libro di Vladimir Voinovich (e
da cui Jirí Menzel ha tratto un altrettanto godibile film68), meglio di
molte altre parole descrive quanto è accaduto in quella primavera del
1989. Ad un certo punto, in Vita e straordinarie avventure del soldato Ivan
Chonkin69, c’è l’attacco tedesco all’Unione Sovietica e i contadini del
villaggio si radunano spontaneamente per essere informati di quanto è
davvero accaduto e su cosa c’è da fare. Ebbene, il capo locale del
partito e del kolkhoz e quello della polizia segreta disperdono
l’assembramento spontaneo. Per poi, subito dopo, convocare
ufficialmente, con l’altoparlante, le stesse persone, per informarle
dell’attacco tedesco e dare istruzioni su cosa fare. Bene, Deng Xiaoping
e gli altri dirigenti del PCC – su altra scala, ovviamente, e con ben altre
tragedie – in fondo, non sono poi molto diversi, nella loro forma
mentis, da quel mediocre Golubëv. Perché acconsentire
all’assembramento spontaneo dei contadini, come pure acconsentire ad
alcune delle rivendicazione degli studenti, seppure uguali alle parole
d’ordine del partito, avrebbe incrinato in modo irrimediabile il potere
assoluto del partito. Per questo l’inutile violenta prova di forza, per
32
questo il massacro della Tian’anmen.
Il “demaoizzatore” Deng Xiaoping riesce a fare quello che neppure
l’ultimo Mao Zedong e la cosiddetta “banda dei quattro”70 osarono fare
tredici anni prima. Nell’aprile del 1976, in occasione della festa dei
morti, prendendo a prestesto la commemorazione di Zhou Enlai, ci
furono delle manifestazioni contro il regime e dei disordini in piazza
Tian’anmen. Nonostante le messe in guardia del partito, i lavoratori di
Pechino partecipano alle manifestazioni. Shockata per l’affronto, la
dirigenza del partito – non bisogna dimenticare che siamo nell’ultimo
anno dell’era di Mao –decide all’unanimità l’intervento contro
dimostrazioni etichettate come “controrivoluzionarie”.
Diversamente da quanto accade nel 1989 non c’è alcun contrasto
all’interno al vertice del PCC. Ma i manifestanti – cosa ancora più
inaspettata – reagiscono. Allora i maoisti della “banda dei quattro”, i
“più cattivi” della storia cinese recente, scatenano la repressione ma, a
differenza di Deng Xiaoping e dei suoi sodali, vietano l’uso delle armi.71
70 Oltre a Jiang Qing, la moglie di Mao, gli altri tre erano Wang Hongwen, Yao
Wenyuan e Zhang Chunqiao.
71 F. Orlandi, Nuove fonti e opportunità di ricerca sulla storia della Cina contemporanea, del
movimento comunista internazionale e della guerra fredda (Roma: Centro Gino Germani di
studi comparati sulla modernizzazione e lo sviluppo, 1994), p. 29.
33
di Solidarnosc.72
Kusin, “Voting Communism Out of Office Polish Style”, RFE Research, RAD
Background Report/108, 19 giugno 1989, pp. 1-5.
34
Giovedì 28 Ottobre 1999 Museo di Storia Contemporanea
Via Sant'Andrea, 6 - Milano
35
Finito di stampare nell’agosto 2000
dal Centro Studi sulla Storia dell’Europa Orientale
Levico Terme
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