Fluidi
LUBROREFRIGER ANTI
Visita il nostro website: www.syneco.it
2
Note sui fluidi da taglio e rettifica
INDICE
01 IntroduzIone Pag. 4
22 ProPorzIonatore Pag. 29
24 bIblIograFIa Pag. 31
3
01 - INTRODUZIONE AI FLUIDI LUBROREFRIGERANTI
dal tempo in cui fecero la loro apparizione, nella seconda metà del secolo scorso, i fluidi lubrorefrigeranti per le
lavorazioni metalmeccaniche hanno subito una notevole evoluzione, per soddisfare le esigenze sempre più spinte
di resa di lavorazione su metalli e leghe sempre più duri o tenaci, nel pieno rispetto delle norme di igiene e di sicu-
rezza dell’ambiente di lavoro, che finalmente stanno ottenendo la giusta considerazione da parte dei formulatori
ed interesse da parte dell’utilizzatore.
durante il taglio dei metalli si sviluppa una certa quantità di calore, imputabile alla deformazione plastica del
metallo ed ai fenomeni di attrito esterno, in particolare allo sfregamento del truciolo sull’utensile.
Il calore così prodotto viene ad essere asportato in massima parte dal truciolo (circa l’80%), mentre il rimanente
si distribuisce tra pezzo ed utensile in rapporti variabili con la velocità di taglio.
la temperatura istantanea del tagliente dell’utensile può superare anche i 1000 °c sulle lavorazioni di acciai for-
temente legati, se non si provvede ad un adeguato raffreddamento, e comunque può stabilizzarsi sui 600÷800 °c.
se non si provvede a limitare la generazione di calore e ad asportare il calore generato, si possono avere i seguen-
ti fenomeni:
- cambiamento nella struttura molecolare sia del pezzo sia dell’utensile (fenomeni di rinvenimento).
- deformazione e criccature per sollecitazioni termiche sia nel pezzo che nell’utensile.
- dilatazioni termiche del pezzo lavorato, con conseguente non corrispondenza delle dimensioni finite a quelle pre-
scritte.
- saldatura del metallo in lavorazione sull’utensile, con conseguente variazione di profilo dell’utensile stesso, sua
usura anormale ed aumento della potenza assorbita nell’azione di taglio.
la saldatura di particelle del materiale in lavorazione sulle superfici dell’utensile si ha per effetto delle altissime
temperature che si raggiungono localmente in alcuni punti dell’utensile, del pezzo e del truciolo, e delle forti pres-
sioni di taglio, dell’ordine anche di 200 - 250 kg/mm2.
Volendo definire sinteticamente la funzione dei lubrorefrigeranti si può dire che essi devono “raffreddare e lubri-
ficare”.
“raffreddare”, asportando il calore che si genera durante la lavorazione e “lubrificare” diminuendo l’attrito che si
ha nello scorrimento tra utensile e pezzo lavorato e tra utensile e truciolo.
condizione necessaria affinchè il lubrorefrigerante compia il suo effetto, è che esso si inserisca tra le superfici da
lubrificare (fianco principale - superficie lavorata - lato dell’utensile - truciolo) e bagni le superfici da raffreddare.
Perchè ciò avvenga si devono verificare le seguenti condizioni:
- il posizionamento del getto o dei getti deve essere orientato in modo da dirigere il fluido nella zona di taglio;
- la pressione del getto deve essere tale da superare il cuscino d’aria che si forma nella zona di taglio per effetto del
trascinamento dell’aria per attrito;
- la quantità deve essere sufficiente ad asportare il calore che si genera.
alcuni lubrorefrigeranti presentano delle speciali caratteristiche “antisaldanti” o “E.P.” (estrema Pressione), per
la loro capacità di combinarsi chimicamente, nei punti di incipiente saldatura, con il metallo del pezzo e del tru-
ciolo, dando origine a composti di durezza non elevata ed a basso coefficiente d’attrito.
Questi composti riducono l’attrito e conseguentemente lo sviluppo di calore e svolgono un’azione antisaldante
verso le superfici metalliche.
4
03 - CLASSIFICAZIONE DEI LUBROREFRIGERANTI
I lubrorefrigeranti possono essere suddivisi nelle due seguenti categorie:
la formulazione prevede l’impiego di 80%-90% di oli e resto additivi antiusura, protezione da corrosione, anti-
schiuma, la base è generalmente paraffinica o di natura atossica o sintetica, con bassa tendenza all’evaporazione.
e’ sconsigliato l’impiego di oli rigenerati utilizzando la distillazione sottovuoto o trattati all’acido o raffinati debol-
mente al solvente a causa della presenza di idrocarburi policiclici aromatici (IPa).
gli elevati costi di smaltimento dei Flr miscibili con acqua ed i problemi di isolamento delle apparecchiature elet-
triche ed elettroniche stanno rivalutando l’impiego di Flr interi in particolari lavorazioni, come la rettifica e tor-
nitura, con prodotti formulati per lunga durata, per i quali è opportuno un preciso controllo della temperatura di
esercizio per contenerne l’ossidazione.
Vengono impiegati tali e quali e sono costituiti principalmente da oli minerali alcuni particolarmente raffinati ed
atossici, dotati di bassa volatilità noack, in cui possono essere disciolti diversi additivi: oli, grassi naturali o sinte-
tici, additivi e.P. contenenti cloro, zolfo, Fosforo, ecc.
appartengono a questa categoria i syneco (dd, auro, new auro, hs).
la produzione di olio da taglio interi è assai diversificata per le singole operazioni, metalli in lavorazione, macchi-
ne di nuova generazione caratterizzate da elevata produttività.
da qualche anno ormai la produzione dei fluidi interi da taglio è controllata da norme di legge e dai reparti di con-
trollo e sicurezza dei clienti preposti alla sicurezza.
Particolare attenzione viene posta all’impiego di oli minerali rigenerati per la capacità di formare Pcb (bifenili poli-
clorurati), con alogenazione dei composti aromatici, per il comportamento ad elevate temperature di esercizio.
- oli clorurati che con additivazione di tipo eP a base di cloro, formano ad una certa temperatura con i metalli, pel-
licole solide di cloruri metallici, caratterizzati da basso coefficiente di attrito; generalmente possono operare sotto
i 350°c, ma additivi particolarmente stabilizzati possono superare tale valore.
- oli solforati: sono anche questi di tipo eP divisi in prodotti adatti al rame (non attivi) e prodotti macchianti o atti-
vi che, in esercizio, formano pellicole di solfuri metallici a basso coefficiente di attrito.
- oli solfoclorurati con prestazioni eP: uniscono le proprietà dei due additivi per operazioni su metalli di scarsa
lavorabilità. mentre lo zolfo più reattivo forma pellicole di solfuri metallici ad alta temperatura e con basso coeffi-
ciente di attrito, tali da contenere il calore prodotto e la temperatura nella zona di taglio, il cloro, con la formazio-
ne di pellicole di cloruri metallici, a basso coefficiente di attrito contribuisce a rendere più stabile la temperatura
e ne provoca l’abbassamento.
-olio con solfonati di calcio o sodio: esaltano le proprietà eP, evitando, allorché esausti, onerosi problemi di smal-
timento.
durante il processo di taglio o di deformazione del pezzo, questi additivi, non reattivi, formano un film di adsorbi- 5
mento di particelle carbonate sulle superfici del metallo.
Questa pellicola ha un basso sforzo di taglio ed un alto punto di fusione per permettere maggior velocità di taglio e
più veloci avanzamenti. con la riduzione dell’attrito si migliora la finitura superficiale, riducendo rigature ed ero-
sioni.
Privi di cloro e Fosforo, hanno un’azione sinergica con i componenti di zolfo, potendo anzi incrementare le presta-
zioni di taglio allorché sono combinati.
manutenzione e controllo sull’olio in servizio, sono consigliati e necessari con una certa cadenza: le caratteristiche
dell’olio ed il livello di additivazione e contaminazione vanno fatte, almeno una volta all’anno, in modo da effettua-
re le opportune correzioni.
durante le lavorazioni, il calore sottratto nella zona del taglio fa aumentare la temperatura dell’olio, se non oppor-
tunamente controllata, secondo le varie applicazioni, e questo produce l’ossidazione dell’olio ed una possibile
degradazione. Importante è l’eliminazione degli sfridi di lavorazione che possono catalizzare anche in questo caso
l’ossidazione dell’olio ed una anticipata riduzione delle sue proprietà e caratteristiche.
03.02.01- Emulsionabili a base oleosa: costituiti da olio minerale (dal 40 a 80%), emulgatori e additivi solubili in
olio. appaiono come un’emulsione lattiginosa (le dimensioni delle gocce d’olio variano da 1 a 5 micron), nella scel-
ta degli oli base vengono preferiti oli minerali a contenuto di idrocarburi naftenici o paraffinici con bassa tenden-
za all’evaporazione.
a questa serie possono appartenere i: Syneco Emulsionabile N, Emal, Argo, Argo T925, Super Argo.
03.02.02- Emulsionabili parzialmente sintetici: costituiti da olio prevalentemente minerale (da 5 a 30%), emul-
gatori (ossidi polietilenici), additivi solubili in acqua e additivi solubili in olio. appaiono come un’emulsione traslu-
cida opalescente (le dimensioni delle gocce d’olio sono inferiori a 1 micron.
I prodotti Syneco Emulsint, Emulsint K645 sono parzialmente sintetici.
03.02.02- Soluzioni: sono dei Flr che non contengono olio, ma sono composti fondamentalmente da sostanze chi-
miche sciolte in acqua (esteri, sali, additivi solubili in acqua).
Vengono impiegati principalmente nelle lavorazioni di rettifica, ma possono essere utilizzati anche per l’asporta-
zione di trucioli. appaiono come soluzioni trasparenti.
appartengono a questa serie: Syneco Biosint 40, 80, K185.
tra gli additivi più importanti dei FLR miscibili in acqua rientrano:
•emulgatori ionici (saponi alcalini, sulfonati, sali degli acidi carbossilici, fenoli, etc.);
•emulgatori non ionici (es. ossidi polietilenici);
•Inibitori della corrosione (sali alcalini, alcanolammine, composti del boro, nitriti, etc.);
•additivi polari (oli di origine animale o vegetale, esteri di acidi organici);
•additivi e.P. (cloro, zolfo, Fosforo)
•biocidi, disinfettanti (formaldeide, derivati della triazina, derivati fenolici, composti del boro, ammoni quaterna-
ri liberatori di formolo, derivati di metalli pesanti come hg e Pb, etc.);
•anti-usura: (fosfato di tricresile, tiofosfati e fosfati);
•anti-nebbia: (sono generalmente polimeri che facilitano la coalescenza);
•stabilizzatori: (alcoli, glicoli, etc);
•anti-schiuma: (siliconi);
•miglioratori della viscosità: (polimeri e copolimeri);
•altri: (coloranti, profumanti, etc.).
6
04 - PROPRIETA’ DEI LUBROREFRIGERANTI
una lavorazione metalmeccanica deve produrre da un dato materiale di partenza, un pezzo finito che rispetti le
tolleranze di dimensioni e di finitura superficiale.
04.01- Raffreddamento
Il calore che si sviluppa sul punto di taglio, nel caso di lavorazioni per asportazione di truciolo, deve essere ridot-
to dal Flr al fine di assicurare il mantenimento delle dimensioni del pezzo e prolungare la durata dell’utensile.
Influiscono sulla capacità refrigerante del fluido i seguenti parametri:
- tipo e composizione del Flr
- Volume del Flr addotto al punto di taglio per unità di tempo
- Forma del flusso del Flr e direzione dell’adduzione dello stesso
- temperatura del Flr in particolare nel caso di olio intero.
04.02- Lubrificazione
la lubrificazione è necessaria per ridurre l’attrito tra utensile e pezzo ed il consumo di energia tra pezzo e trucio-
lo.
essa influenza la finitura superficiale del pezzo e la durata dell’utensile.
Il potere lubrificante di un Flr dipende dai seguenti parametri:
- tipo e composizione del Flr (additivazione eP, contenuto di olio minerale, miscibilità in acqua).
- Pressione e temperatura sul punto di taglio e parametri operativi come velocità di taglio.
- caratteristiche del materiale che compongono il pezzo e l’utensile.
si intende per “effetto detergente” la capacità di un Flr di asportare i trucioli dal punto di taglio.
Questo è un compito particolarmente importante nel caso di operazioni di rettifica poiché, per un funzionamento
della mola con il minimo attrito, si deve assicurare che quest’ultima rimanga libera da trucioli da rettifica e polve-
re da abrasione che possono causare inconvenienti durante la lavorazione.
l’effetto detergente di un Flr dipende, oltre che dal tipo e composizione dello stesso, dalla quantità e dalla pres-
sione con la quale il fluido viene addotto al punto di taglio.
7
04.04- Altre secondarie
Fanno parte delle cosiddette esigenze secondarie i punti qui di seguito elencati, che non hanno alcuna pretesa di
completezza:
Il fatto che alcune delle sopra elencate esigenze siano in contraddizione tra loro (si veda il potere umettante e l’ef-
fetto detergente in un caso e il comportamento antischiuma), fa comprendere chiaramente che le definizione di un
profilo delle esigenze, quale base per la raccomandazione di un prodotto, assume notevole importanza.
8
05 - CONCENTRAZIONI OPERATIVE DEI LUBROREFRIGERANTI
Il produttore di lubrorefrigeranti, presa conoscenza del tipo di lavorazione e di macchina utensile e della qualità
dell’acqua impiegata, deve consigliare il prodotto che ritiene più idoneo e la concentrazione a cui questo deve veni-
re utilizzato.
Questa concentrazione consigliata deve essere attentamente mantenuta per poter ottimizzare tutte le variabili che
intervengono in una lavorazione metalmeccanica, e controllata con rifrattometro oleometro.
non vogliamo qui addentrarci nei particolari formulativi dei diversi prodotti, ma solamente dare semplici infor-
mazioni su alcuni componenti comuni dei lubrorefrigeranti che sono stati recentemente oggetto di discussione per
i loro effetti sulla salute degli operatori delle macchine utensili e sull’ambiente di lavoro.
06.01- NITRITI
I nitriti ed in particolare il nitrito di sodio, sono degli inibitori di corrosione molto efficaci e di basso costo per i
materiali ferrosi.
Inoltre la loro tossicità è relativamente bassa e infatti sono largamente usati come conservanti delle carni.
le amine secondarie e terziarie sono composti chimici diffusissimi in natura ed anche nell’organismo umano, per
cui non avrebbe senso cercare di eliminare questi prodotti dai lubrorefrigeranti, mentre è più facile la sostituzione
dai nitriti con altri inibitori di corrosione.
rimane tuttavia il problema del contenuto di nitriti nelle carni conservate. con una normale alimentazione, una
persona ingerisce quotidianamente una quantità di nitriti più che sufficiente, in teoria, a formare quantità perico-
lose di nitrosamine. e’ da tener presente inoltre che nella maggior parte dei casi non vi è accumulo di nitrosamine 9
nell’organismo, in quanto esse possono essere facilmente degradate.
In conclusione, sebbene non abbia ancora una visione chiara del problema delle nitrosamine, e quindi non si pos-
sano ancora trarre delle conclusioni definitive, il mercato dei refrigeranti industriali si sta orientando, precauzio-
nalmente, verso prodotti senza nitriti.
dal punto di vista igienico-ambientale è molto importante stabilire per un olio minerale, il contenuto di idrocarbu-
ri policiclici aromatici (Pah). Questi sono idrocarburi con quattro o cinque anelli aromatici condensati, il più noto
è il benzopirene e sono cancerogeni.
la concentrazione massima tollerabile di Pah è stata stabilita pari a 0,03%. Questo evidentemente riguarda più
immediatamente gli oli da taglio interi, che vengono impiegati senza diluizione e che sono costituiti, mediamente
per il 90% da olio minerale.
l’eliminazione dei Pah può avvenire con la raffinazione dell’olio minerale.
la raffinazione convenzionale all’acido, applicata ancora oggi a molti naftenici, non elimina apprezzabilmente i
Pah e perciò questi tipi di olio tendono ad essere progressivamente scartati dal mercato.
la raffinazione al solvente, da tempo applicata agli oli paraffinici, garantisce invece l’eliminazione quasi totale dei
Pah.
Per gli oli da taglio interi è quindi preferibile l’impiego di oli paraffinici raffinati al solvente.
Per i lubrorefrigeranti da miscelare con acqua, la sostituzione degli oli naftenici con oli paraffinici non è così sem-
plice, perché questi ultimi, proprio per la loro struttura sono più difficilmente emulsionabili. occorre quindi rifor-
mulare i prodotti, potenziando gli emulgatori, ottenendo lubrorefrigeranti accettabili dal punto di vista applicati-
vo, ma a costi più elevati.
un’altra possibilità è data dagli oli naftenici raffinati per idrogenazione, processo che riduce sensibilmente i Pah.
tenendo presente poi che, per l’impiego, i lubrorefrigeranti acquosi vengono diluiti circa 20 volte, il rischio deri-
vante dai Pah è sensibilmente ridotto e la loro concentrazione rientra senz’altro nei limiti sopra riportati.
06.04- BATTERICIDI
le miscele acquose dei lubrorefrigeranti, nelle condizioni di esercizio sono soggette ad essere contaminate da
microrganismi che, entrati nel fluido, trovano un ambiente adatto alla loro proliferazione.
la provenienza di questi microrganismi può essere molteplice: dall’aria dell’ambiente, dai pezzi lavorati, dalle
mani degli operatori, da rifiuti che incautamente vengono gettati nelle vasche delle macchie utensili.
Per la proliferazione di questi germi è necessaria la presenza di acqua e le concentrazioni normali di impiego dei
lubrorefrigeranti (1-10%) creano le condizioni ideali per il loro sviluppo. a concentrazioni superiori si ha general-
mente una azione inibitrice da parte delle sostanze componenti il lubrorefrigerante. Perciò i prodotti concentrati
possono essere considerati sterili.
non tutti i microrganismi che entrano in un fluido refrigerante sopravvivono, anzi è stato sperimentalmente accer-
tato che la maggior parte dei germi patogeni non riesce a svilupparsi ed in breve tempo scompare.
salvo eccezioni abbastanza rare, si può dire che l’eventuale nocività dei lubrorefrigeranti in esercizio sull’organi-
smo umano è di natura chimico-fisica (alcalinità, detergenza, ecc.) e non microbiologica.
I microrganismi vivono e si sviluppano alimentandosi con i costituenti del lubrorefrigerante e perciò la loro proli-
ferazione è sempre accompagnata dalla degradazione del fluido e dal decadimento delle sue proprietà caratteristi-
che (corrosione, separazioni, formazione di depositi, schiuma, cattivi odori).
Per poter limitare le contaminazioni microbiche nei lubrorefrigeranti occorre innanzitutto mettere in atto tutte le
comuni norme di igiene ambientale e personale, evitando che i fluidi in esercizio diventino ricettacolo dell’immon-
dizia di officina.
oltre a ciò, per effettivamente contrastare ed impedire le proliferazioni di microrganismi, vi sono due possibilità:
formulare prodotti con materie prime scarsamente biodegradabili in modo da non fornire alimento a questi micror-
10 ganismi, oppure ricorrere all’uso di biocidi sia introducendoli nella formulazione del concentrato, sia aggiungen-
doli al fluido in esercizio.
la prima via tende a prodotti “non biodegradabili”.
alcuni anni fa vennero di moda i cosiddetti prodotti “biodegradabili”, quando non era ben chiaro il significato di
questo termine e soprattutto delle leggi che regolano gli scarichi industriali.
con il termine “biodegradabile” si intendeva un prodotto che dopo l’uso poteva essere scaricato, senza alcun trat-
tamento di depurazione, in fogna o peggio in acque superficiali.
Quando si è capito che anche i prodotti “biodegradabili” dovevano essere trattati per poterli smaltire e che, d’al-
tro canto, proprio per definizione, erano prodotti senza nessuna resistenza alla contaminazione microbica, essi
sono stati completamente abbandonati.
la seconda possibilità prevede l’aggiunta di biocidi per uccidere i microrganismi ed impedire lo sviluppo.
l’impiego di queste sostanze comporta alcuni rischi e perciò i biocidi devono essere accuratamente dosati ed occor-
re evitare ogni abuso.
dosaggi troppo bassi hanno scarse efficacia ed anzi, per il fenomeno di assuefazione, possono creare ceppi resi-
stenti a quel tipo di trattamento.
d’altra parte una dose eccessiva di biocida sterilizza sì il fluido, ma può provocare danni all’organismo degli ope-
ratori che ne sono a contatto.
Per l’impiego di biocidi occorre perciò seguire attentamente i consigli dei fornitori di lubrorefrigeranti, sia per la
scelta del tipo, sia per il dosaggio.
se il biocida viene immesso del lubrorefrigerante concentrato, anche in questo caso l’utilizzatore non viene solle-
vato dalla responsabilità del dosaggio: infatti la concentrazione di biocida sarà direttamente proporzionale alla
concentrazione di prodotto miscelato con acqua.
l’accuratezza del dosaggio si risolve in questo caso con l’accuratezza nel mantenere una corretta concentrazione
di lubrorefrigerante.
I biocidi più comunemente usati appartengono a classi chimiche molto diverse. tra i più noti possiamo elencare:
derivati fenolici, donatori di formaldeide, derivati dell’isotiazolo, derivati della piridina.
le proprietà che si richiedono ad un biocida sono: efficacia ad ampio spettro (batteri, lieviti, funghi), bassa tossi-
cità per l’organismo umano, almeno alle concentrazioni d’impiego, e facilità di eliminazione, ossia compatibilità con
i diversi sistemi di depurazione dei fluidi esausti.
In particolare, in tempi recenti, è stato contestato l’uso dei derivati fenolici perché troppo tossici e perché incom-
patibili con alcuni sistemi di depurazione.
Questo è vero fino ad un certo punto: esistono composti, come l’o-fenilfenolo, che hanno bassa tossicità e sono facil-
mente degradati per via biologica in soluzioni diluite.
tuttavia altri composti come i clorofenoli (in particolare il pentaclorofenolo), hanno tossicità elevata e sono giu-
stamente banditi dalle moderne formulazioni.
11
07 - QUALITA’ DELL’ACQUA
la qualità dell’acqua è di estrema importanza per un corretto impiego dei lubrorefrigeranti.
la durata di un’emulsione, efficienza dei filtri, la formazione di schiuma ed anche la durata dell’utensile sono diret-
tamente influenzati dalla qualità dell’acqua.
e’ essenziale perciò che l’acqua utilizzata per diluire un lubrorefrigerante sia attentamente analizzata in modo da
poter stabilire il tipo di lubrorefrigerante e le condizioni operative che meglio si adattano alle sue caratteristiche.
l’acqua piovana è dolce e priva di minerali.
l’acqua dei fiumi e dei laghi può avere un contenuto di sali molto diverso, secondo la quantità di minerali che ha
disciolto nel suo corso naturale. l’acqua di pozzo, generalmente è molto ricca di sali disciolti.
I sali disciolti nell’acqua possono provocare corrosione delle macchine utensili e dei pezzi lavorati, possono favori-
re la formazione di depositi sulle macchine e sui filtri e possono influire anche sulla velocità di proliferazione dei
micro-organismi.
con un’acqua dura vi è una maggior instabilità delle emulsioni, una maggior probabilità di formazione di depositi
ed un più difficile controllo della corrosione.
In questo caso perciò, a parità di lubrorefrigerante, per ottenere delle prestazioni corrette, è consigliabile operare
a concentrazioni più elevate del normale (qualche unità percentuale).
con acque dolci il grosso problema può essere la formazione di schiuma. In questo caso si può operare con concen-
trazioni più basse di lubrorefrigerante.
oltre al calcio ed al magnesio, altri elementi possono avere gli stessi effetti negativi sui fluidi da taglio: Ferro,
alluminio e zinco, anche se meno frequenti, possono occasionalmente causare seri problemi.
altri sali sono direttamente responsabili di corrosioni sui materiali ferrosi. In particolare con acque ricche di clo-
ruri e solfati è molto più difficile avere un buon controllo della corrosione.
anche in questo caso è bene operare a concentrazioni più elevate di lubrorefrigerante.
08.01- conservare i prodotti concentrati nei loro imballi originali, in magazzini coperti, evitando tempe-
rature estreme (<0 - >35°c). usare i prodotti entro un anno dal ricevimento.
08.02- mantenere la massima pulizia delle macchine utensili e dell’area di lavoro, evitando di contamina
re i fluidi con qualsiasi tipo di rifiuto.
08.03- mantenere la massima igiene personale.
08.04- mantenere la corretta concentrazione. e’ consigliabile l’uso di miscelatori automatici. se la dilui-
zione del lubrorefrigerante è manuale, versare il prodotto in acqua e mai viceversa.
secondo il tipo di operazione e di materiale lavorato, la concentrazione del prodotto in macchina p u ò
arricchirsi od impoverirsi e perciò, per mantenere costante la concentrazione operativa, occor- rerà variare la
concentrazione dei rabbocchi. Verificare periodicamente la concentrazione effettiva in vasca a mezzo
rifrattometro.
08.05- mantenere al massimo il livello del fluido nella vasca della macchina utensile. Il suo volume è stato
calcolato in base alle esigenze di lavorazione, portata delle pompe, ecc.
un livello troppo basso può provocare scarsa sedimentazione dello sfrido e schiuma per aspirazio- ne di
aria da parte delle pompe.
08.06- evitare, nel fluido in esercizio, un eccessivo accumulo di oli di lubrificazione, eventualmente aspor-
tandoli per sfioramento, dopo una fermata della macchina.
e’ suggerito il disoleatore a nastro proposto da syneco.
08.07- evitare l’uso incontrollato di additivi e battericidi.
08.08- assicurare una costante areazione del fluido ad una temperatura intorno ai 20°c.
la vasca di raccolta dell’emulsione deve essere tenuta coperta ed è opportuno mantenere in circo- lazio-
12 ne la carica. nel caso di fermo per fine settimana o per periodi prolungati si può procedere a regolare insuf-
flazione di aria compressa.
09 - PREPARAZIONE, MANTENIMENTIO E PULIZIA DELLA VASCA DEL FLR
al fine di mantenere a lungo l’emulsione ed evitare la proliferazione di batteri anaerobici, è bene procedere con sca-
denze regolari, alla pulizia delle vasche.
a questo scopo, dopo aver controllato i principali indicatori dello stato dell’emulsione con Syneco CHECK-UP, (ph,
conta batterica) si procede con l’impiego di Syneco Deter Wash, da utilizzare direttamente in vasca, ad una con-
centrazione del 15/20% in volume, per 6/8 ore e quindi procedere allo smaltimento dell’emulsione esausta.
si dovrà poi procedere ad un lavaggio con acqua, per asportare i residui del trattamento. al termine si potrà pro-
cedere al riempimento della vasca con emulsione fresca.
Il trattamento della carica di Flr per il necessario controllo dei microorganismi è rivolto a contenere batteri (di
svariata provenienza), funghi e lieviti, questi ultimi presenti in ambiente particolarmente umido.
Il livello di concentrazione batterica limite, che suggeriamo di non superare, è di 106 di batteri per ml di soluzione.
un livello tollerabile di contaminazione è di 102÷103 di batteri per ml. Per mantenere questo livello di contamina-
zione, suggeriamo l’impiego di dPg25, dPg 50 e dPg 75, biocidi diversi tra loro, che consigliamo di utilizzare in
modo alternato, per abbassare il rischio di formazione di ceppi batterici resistenti ad un determinato biocida.
nel caso in cui si verifichi la presenza di funghi e lieviti, sarà necessario impiegare dPg 25, fungicida ad alta effi-
cienza, in grado di prevenire la formazione di colonie di funghi e le conseguenti difficoltà di filtrazione, otturazio-
ne degli ugelli e delle tubazioni.
Per mantenere un buon livello di prevenzione dei fenomeni fermentativi, consigliamo un controllo completo, alme-
no trimestrale, dell’emulsione (ph, conta batterica, olio separato).
Il controllo verrà effettuato secondo i criteri del service Syneco CHECK-UP:
utilizzando gli appositi contenitori, il concessionario syneco invierà al nostro laboratorio analisi un campione di
emulsione in uso, avendo cura di riportare sull’etichetta tutti i dati necessari all’identificazione del cliente e della
macchina in esame.
di seguito vengono riportate alcune regole che occorre seguire in fase di preparazione dell’emulsione:
10.01- aggiungere sempre l’olio all’acqua e mai viceversa. se si aggiunge acqua all’olio o se la quantità d ’ a c -
qua è troppo scarsa, si verificherà una dispersione di acqua in olio con conseguente formazio- ne di una sostan-
za cremosa. Questa sostanza, denominata emulsione invertita, non può essere modificata. Pertanto la
quantità d’acqua deve essere almeno tre volte (preferibilmente sei o sette) superiore a quella dell’olio.
10.02- agitare vigorosamente mentre si aggiunge l’olio e continuare ad agitare bene dopo aver terminato l ’ a g -
giunta. un’agitazione troppo scarsa o un’aggiunta troppo rapida dell’olio può causare la for- mazione di un’e-
mulsione invertita, poiché la concentrazione locale dell’olio, mentre viene versato, può diventare troppo eleva-
ta. un’agitazione scarsa o breve non fornisce la forza meccanica neces- saria a dare un’emulsione di alta quali-
tà.
10.03- l’olio dovrebbe essere a temperatura ambiente. Più bassa sarà la viscosità dell’olio emulsionabile, p i ù
agevole sarà la sua suddivisione in minuscoli globuli. se l’olio sarà troppo freddo o troppo visco- so si otterrà
un’emulsione di qualità scadente.
dopo aver preparato l’emulsione si potrà aggiungere acqua per aggiustare la concentrazione.
a seguito dei controlli periodici si può aggiungere emulsione nuova al sistema per elevare la concentrazione del-
l’olio. e’ cattiva pratica aggiungere olio emulsionabile puro nel serbatoio della macchina dell’impianto centralizza- 13
to. e’ infatti probabile che la sola circolazione del fluido nel circuito non assicuri una sufficiente miscelazione.
Piccole quantità di emulsioni, fino a 100 litri, possono essere preparate agitando manualmente.
Per quantità maggiori è necessario l’impiego di agitatori azionati da un motore, sebbene sarebbe preferibile l’im-
piego di eiettori, che rappresentano un efficiente sistema di emulsionamento.
l’attrezzatura impiegata per la preparazione delle emulsioni deve essere sempre pulita; le sostanze contaminanti
possono reagire con l’emulgatore e comprometterne le sue proprietà. e’ inoltre preferibile far uso di acqua di rubi-
netto, dato che acque prelevate da altre fonti possono contenere sostanza dannose per l’emulgatore.
Precauzioni: è suggerito l’uso del Proporzionatore (indicato successivamente a pag.29 )
14
12 - COMPORTAMENTO IN SERVIZIO DEL FLUIDO REFRIGERANTE
In servizio è necessario controllare la concentrazione dell’olio.
nel corso delle operazioni di taglio poco severe, il fluido a base acquosa subisce, di solito, un impoverimento poiché
l’olio aderisce al pezzo in lavorazione.
nelle operazioni gravose, al contrario, assume notevole importanza la perdita d’acqua per evaporazione, causata
dallo sviluppo di calore, con conseguente aumento della concentrazione dell’olio.
e’ considerata eccezione alla regola che le perdite di acqua ed olio si bilancino.
ne consegue che le concentrazioni dei fluidi a base acquosa subiscono sempre dei cambiamenti nel corso delle lavo-
razioni, rendendo necessari controlli periodici e aggiustamenti delle concentrazioni.
Il sistema più semplice, per effettuare dei controlli, è rappresentato dall’utilizzo di un rifrattometro oleometro,
strumento che consente una lettura immediata su una sola goccia di fluido.
esistono rifrattometri di tipo tascabile destinati proprio a questo scopo (Fig.1).
Fig.1
0,5 - 0 -
1 0 0,4 0,25
2 0,5 1 0,80
3 1 1,5 1,25
4 1,5 2 2
5 2 3 2,5
6 2,5 4 2,8
7 3 5 3
8 3,5 5,5 3,75
9 4 6 4,5
10 4,5 6,5 5,5
Il Rifrattometro è un apparecchio ottico, di facile uso, che analizza un campione (goccia) di Flr e rivela la con-
centrazione.
se vengono analizzate emulsioni, la lettura in percentuale è fatta direttamente sull’apparecchio (argo, superargo,
superargo t925, emulsint, emulsint k645, emal); per prodotti in soluzione, la tabella di sopra to riportata, indi-
ca il fattore di correzione della lettura effettuata sull’apparecchio.
In relazione al valore di ph ed alla concentrazione del Flr, le misure da adottare (pulizia del sistema di circola-
zione, verifica della filtrazione del Flr, eliminazione dell’olio in superficie, rinnovo della carica, pulizia dell’intero
sistema, etc.), vanno esaminate caso per caso con una certa frequenza secondo quanto riportato nella tabella D.
La pelle umana è sensibile all’aggressione chimica di agenti alcalini; occorre quindi verificare che il ph dell’e-
mulsione utilizzata sia sempre con valori tra 8,5-9.
e’ comunque buona norma che gli operatori utilizzino mezzi protettivi durante le lavorazioni (guanti, occhiali,
etc.).
durante l’impiego il battericida originariamente presente nell’emulsione subisce un degrado dovuto all’azione bat-
terica.
Qualora il valore del ph dell’emulsione scenda al di sotto di 7.5-8, è consigliabile riportarlo al valore iniziale
mediante l’aggiunta di un battericida; quest’ultimo andrebbe aggiunto solo previa consultazione con il fornitore
dell’olio emulsionabile.
Per misurare nelle officine il valore del ph si può utilizzare un apposito indicatore (cartina tornasole) che, immer-
so nell’emulsione, assume colorazioni differenti a seconda del ph.
la maggior parte delle cartine tornasole assumono le seguenti colorazioni:
arancione = acido = ph inferiore a 7
Verde = neutro = ph uguale a 7
blu = basico = ph superiore a 7
esistono sul mercato svariati tipi di cartine tornasole ed è quindi consigliabile leggere sempre le indica-
zioni ed i riferimenti indicati dal produttore dell’indicatore.
sono riportate di seguito le tabelle riassuntive relative all’esercizio dei Flr a base acqua.
riassumendo:
16 tabella a: inconvenienti causati dalle contaminazione di oli estranei o di colaggio provenienti da mu (macchine
utensili).
tabella b: suggerimenti per prolungare la durata dei Flr e ridurre gli inconvenienti in servizio.
tabella c: inconvenienti all’emulsione dovuti ai microrganismi.
tabella d: frequenza di controlli durante l’impiego.
tabella e: suggerimenti in seguito al controllo del Flr impiegato.
12.02 - Tabella B - Indicazioni per aumentare la durata del FLR in servizio e contenere gli incon-
venienti.
-Verificare la concentrazione di olio nel Flr per raggiungere prodotto e/o acqua secondo le necessità.
le variabili presenti nel problema gestione degli Flr sono numerose ed incidono ponderalmente sull’esercizio in
modo differente ma opportune verifiche frequenti quotidiane e settimanali consentono di mantenere l’efficienza
dell’Flr adottato.
la tabella D seguente riassume e suggerisce la frequenza delle verifiche per ogni problema.
17
Tabella D:
PROBLEMA FREQUENZA DI INTERVENTO
a seguito dei controlli effettuati è possibile un intervento immediato e opportuno è necessario sottoporre il pro-
blema al service syneco check-uP
Tabella E - Indicazioni per aumentare la durata del FLR in servizio e contenere gli inconvenienti.
PROBLEMA TIPO DI INTERVENTO
gruPPo 1: materiali che richiedono lavorazioni ad asportazione di truciolo non gravose, quali allumi-
nio e leghe di alluminio facilmente truciolabili, magnesio e leghe di magnesio (che non devo- no essere trucio-
lati con lubrorefrigeranti miscelati con acqua in quanto esiste pericolo d’in- cendio!) rame e leghe di
rame facilmente truciolabili.
gruPPo 2: materiali che richiedono lavorazioni ad asportazione di truciolo di media gravosità, quali ghisa
grigia e ghisa malleabile (ad es. gg-25), acciai da cementazione e da bonifica non legati e poco legati (ad es.
c15 risp. ck60), acciai per lavorazioni su macchine automati- che e acciai da costruzione (10sPb risp. st60-2).
gruPPo 3: materiali che richiedono lavorazioni ad asportazione di truciolo gravose, quali acciai ad alta
lega e acciai da bonifica (ad es. 20mncr5 risp. 25 crmo4), acciai per cuscinetti a sfere (ad es. 100cr6),
acciai resistenti alla ruggine e agli acidi (ad es. X40cr13), acciai al nichel- cromo (ad es. 18crni8),
acciaio fuso e leghe di cu truciolabili con difficoltà (bronzo).
18
gruPPo 4: materiali truciolabili che richiedono lavorazioni ad asportazione di truciolo molto gravose,
quali acciai per utensili o acciai al cromo-molibdeno (ad es. 18crmo4), nichel e leghe di nichel (ad es.
16nicr11), acciai al manganese e al manganese-silicio (ad es. 50mnsi4), acciai per molle o acciai al
silicio (ad es. 55si8), titanio e leghe di titanio.
Purtroppo i confini fra un gruppo e l’altro sono incerti e pertanto ribadiamo lo scopo pura-
mente orientativo della tabella suddetta.
esistono pertanto moltissimi materiali nei quali predomina a seconda dei casi una o più di tali caratteristiche; tali
materiali possono essere così raggruppati:
- acciai al carbonio
- acciai al tungsteno (acciai rapidi)
- acciai al cromo-tungsteno hss (acciai super rapidi)
- stelliti
- metalli duri (sinterizzati)
- rivestimenti sottili antiusura
- materiali ceramici
- materiali superduri
13.02.04 - stellItI
sono leghe composte prevalentemente da tungsteno (~20%) cromo (~23%) e cobalto (50%).
esse sono tanto dure che possono essere soltanto foggiate in barrette di fusione e lavorate alla mola.
la caratteristica di queste leghe nei confronti degli acciai super rapidi è quella di conservare pressoché immutate
le loro caratteristiche di durezza e di tenacità anche se portate al colore rosso (>800°c) il che consente agli uten-
sili di stellite di sopportare velocità di lavoro superiori; esse inoltre posseggono un minor coefficiente di attrito, ciò
che diminuisce lo sviluppo di calore per lo strisciamento dei trucioli e più alta resistenza all’abrasione a caldo.
tali utensili consentono infatti parametri di lavoro intermedi tra quelli degli acciai super rapidi e quelli dei cosid-
detti metalli duri che esamineremo appresso.
un tipo particolare di stellite è costituita dalle leghe tantung sulle quali viene aggiunta una certa percentuale di
carburo di columbio e/o di carburo di tantalio.
tali carburi hanno la proprietà di abbassare ulteriormente il coefficiente di attrito e di aumentare la tenacità.
In particolar modo, la necessità di lavorare materiali a velocità molto elevata, la volontà di ridurre l’impiego dei
lubro-refrigeranti (problemi di inquinamento o necessità di ridurre i costi) o l’impossibilità di avere una lubro-refri-
gerazione corretta (foratura profonda), il dovere operare su materiali difficili da lavorare (superleghe, leghe di
titanio, ghise, acciai inossidabili) ha portato allo sviluppo di un rivestimento con alte prestazioni proprio in que-
ste condizioni difficili ove si ha un alto sviluppo di calore:
il nitruro di titanio ed alluminio (tialn), soluzione solida di nitruri di titanio e di nitruri di alluminio, deposita-
to con il processo PVd.
- acciaio al carbonio: perdono la loro durezza, ottenuta mediante tempra, a temperature comprese tra i
200°c ed i 300°c, mentre per temperature inferiori posseggono una durezza elevata, inferiore solo a quella dei car-
buri duri.
Il fluido da taglio da inpiegare deve avere quindi un elevato potere refrigerante, cioè deve essere a base acquosa
come le emulsioni o le soluzioni sintetiche.
- acciaio rapido e super-rapido: possono essere impiegati fluidi da taglio di ogni tipo, e la scelta dipende
da altri fattori: tipo di lavorazione, materiale del pezzo, caratteristiche del taglio, ecc.
comunque, per evitare il raggiungimento di temperature critiche per la buona conservazione del tagliente dell’u-
tensile, il fluido deve possedere anche buone capacità refrigeranti.
Inoltre, il fluido deve sempre avere capacità lubrificanti ed antisaldanti, queste ultime per limitare la tendenza del
truciolo a saldarsi su questo tipo di materiale.
20 - carburi duri o di leghe dure non ferrose: si deve curare soprattutto di mantenere le placchette ad un
regime termico costante, evitando sbalzi di temperatura che provocherebbero inevitabilmente la rottura degli
utensili.
talvolta la costanza della temperatura può essere garantita meglio da un olio puro, anche leggero, piuttosto che da
un fluido a base acquosa ad azione raffreddante troppo energica.
si possono comunque impiegare emulsioni acquose erogate con continuità ed in misura sovrabbondante, in modo
da sommergere completamente la zona di lavoro; è consigliabile la erogazione del liquido sotto pressione o l’uso di
efficaci rompitruciolo, onde evitare le interruzioni del flusso di liquido causate dal truciolo prodotto.
e’ necessario considerare l’esigenza di mantenere l’utensile ad una temperatura non eccessiva non per conserva-
re la durezza, che si mantiene elevata anche a caldo, ma per evitare il rammollimento del materiale di fissaggio
della placchetta allo stelo dell’utensile; a tal proposito, le ultime soluzioni propongono placche di materiale duro
fissate mediante viti all’estremità degli steli-utensile.
- materiali ceramici: grazie alle loro proprietà di durezza, stabilità chimica e resistenza all’usura mante-
nibili anche alle alte temperature, ai fluidi da taglio vengono richieste proprietà di lubrificazione e refrigerazione
del pezzo in lavorazione al fine del raggiungimento della migliore finitura superficiale.
nelle operazioni di rettifica l’utensile si compone di un insieme di utensili elementari o di grani abrasivi inseriti in
un supporto solido di durezza inferiore.
utensili elementari e supporto costituiscono le mole, che possono avere caratteristiche e dimensioni diverse.
la grandezza dei grani abrasivi, cioè la grana, è uno dei parametri che caratterizzano le mole: esistono infatti mole
a grana grossa, media e fina.
anche i materiali attivi costituenti le mole possono essere di vario tipo; esistono, infatti, materiali che
sono oramai definibili”convenzionali” come il carburo di silicio o l’ossido di alluminio, ed altri “innovativi” come il
diamante ed il cbn denominati superabrasivi, e capaci di lavorare pezzi di durezza elevatissima come le cerami-
che, i carburi e alcuni oggetti metallici ottenuti per sinterizzazione.
la lubrificazione, per quest’ultimo tipo di mole, generalmente necessita di oli interi, poiché le velocità relative tra
il pezzo e l’utensile sono alquanto superiori a quelle che vengono adottate con gli abrasivi tradizionali.
nei processi di rettificatura, la velocità di taglio influisce notevolmente su diversi elementi quali la penetrazione
degli spigoli di taglio della mola, la quantità di materiale asportato nell’unità di tempo, il meccanismo stesso di
asportazione del materiale, la rugosità superficiale ottenibile sul pezzo e la distribuzione del calore nella zona di
contatto con il particolare in lavoro.
aumentando la velocità, diminuisce la sezione del truciolo che viene deformato ogni volta che un grano abrasivo
penetra il pezzo ma per contro aumenta la frequenza della penetrazione stessa.
di conseguenza la forza totale che agisce su ogni grano diminuisce e quindi la “forza totale” viene ridotta durante
il processo di rettificatura.
Inoltre con l’aumento della velocità di taglio il pezzo si riscalda sempre meno.
Questo avviene perché il tempo di contatto di ogni grano abrasivo con il pezzo viene ridotto, diminuendo la condu-
zione termica, mentre la maggior parte del calore verrà di conseguenza asportata tramite il truciolo.
anche la scelta del lubro-refrigerante e pressione è importante per minimizzare la generazione di calore, tutto que-
sto anche per allungare la durata della mola stessa.
l’impiego quindi di mole al cbn (cubic crystalline boron nitride), con la loro estrema durezza e resistenza all’u-
sura in confronto di quelle convenzionali, permette di aumentare l’asportazione e produttività, mantenendo
costante la rugosità ed il consumo mola; oppure di aumentare la qualità, ovvero ottenere una bassa rugosità e
ridurre notevolmente il consumo mola.
le mole a grana grossa sono destinate alla sgrossatura, cioè all’asportazione dai pezzi di quantità di materiale rela-
tivamente alte, con notevole produzione di calore; invece quelle a grana fine sono destinate ad operazioni di super-
finitura o di lucidatura con asportazione di piccole quantità di materiale e conseguente ridotta produzione di calo-
re.
I fluidi da taglio impiegati nelle operazioni di rettifica, sgrossatura o media finitura sono a base acquosa al fine sia
di asportare la notevole quantità di calore prodotto, che di allontanare completamente e rapidamente il minutissi-
mo ed abbondante materiale asportato che tende ad attaccarsi alla mola e ad impastarla.
si usano emulsioni a bassa concentrazione di olio (max 2-2,5%) o soluzioni acquose di prodotti sintetici in quanto
sono i più detergenti nei confronti delle mole.
nella rettifica con mola a grana fina o nelle operazioni di superfinitura come la lappatura e lapidellatura, si impie-
gano generalmente oli interi molto fluidi eventualmente contenenti additivi eP, allo scopo di preservare la super-
ficie dei pezzi lavorati da alterazioni connesse a surriscaldamento dei locali.
21
oli interi si impiegano anche quando si eseguono operazioni di taglio con forti profondità di passata utilizzando
mole.
la scelta del fluido da taglio da impiegare può essere inoltre influenzata anche dalle caratteristiche geometriche
degli utensili. Infatti è evidente che al variare della geometria dell’utensile e della sua impostazione rispetto al
pezzo di lavoro, può variare il modo in cui si forma e si sviluppa il truciolo e conseguentemente la scelta del fluido
da taglio.
attualmente viene fornito in tempo reale un controllo col Service Test e Syneco Check Up, che utilizzano:
- oleometro e/o rifrattometro;
- cartina tornasole e/o phmetro (misuratore del ph);
- conta batterica
ed effettua una verifica su:
- colore, odore, presenza di olio estraneo all’emulsione, temperatura, efficenza filtrazione, finitura superficiale,
protezione da ossidazione-ruggine.
ze in esse contenute, perché dette sostanze risulterebbero tossiche all’ambiente che le riceve o comunque ne alte-
rerebbero l’equilibrio biologico.
la depurazione di un’emulsione consiste essenzialmente nella rottura dell’emulsione stessa e nell’eliminazione
della fase oleosa separata per ottenere una fase acquosa limpida.
Questo primo processo viene comunemente detto “disoleazione”.
generalmente anche con i prodotti totalmente sintetici occorre procedere ad una disoleazione perché, dopo l’uso
sulle macchine utensili, essi contengono sempre sostanze estranee, quali ad esempio oli lubrificanti, in quantità
nettamente superiore ai limiti consentiti dalle leggi sugli scarichi. spesso la disoleazione per questi prodotti è
molto facile e si riduce ad una semplice decantazione.
la disoleazione di una emulsione può essere eseguita con metodi diversi e ne citiamo i più importanti:
1) separazione acida
2) adsorbimento su terre fissative
3) flocculazione con sali metallici
4) ultrafiltrazione.
con tutti questi metodi si può ottenere una fase acquosa finale che rientra nei limiti imposti dalla legge per quan-
to riguarda il contenuto di sostanze oleose in genere.
In questa fase acquosa sono però sempre contenute delle sostanze idrosolubili che, se anche non tossiche, concor-
rono a formare il C.O.D. (domanda chimica di ossigeno) della soluzione a cui la legge impone limiti molto stretti.
22 Il cod finale può variare secondo il metodo applicato per la disoleazione e per ogni metodo sono possibili accorgi-
menti per ridurre il valore, però con le depurazioni oggi ottenibili in pratica si ottengono dei valori cod superiori
ai limiti legali.
l’abbattimento di questo cod residuo può essere ottenuto per vie diverse, ad esempio per adsorbimento su carbo-
ne attivo o per trattamento biologico.
senza addentrarci nei problemi particolari relativi a questi processi è intuitivo che la depurazione dei lubrorefri-
geranti con l’ottenimento di un’acqua, che rientri nei limiti fissati dalla legge, comporta procedimenti e controlli
delicati per cui tutti gli utilizzatori, che non sono in grado di costruirsi degli impianti specifici condotti da perso-
nale specializzato, ricorrono a ditte esperte in depurazioni che provvedono al prelievo delle emulsioni esauste dai
singoli stabilimenti rilasciando ricevuta di totale scarico di ogni responsabilità.
negli ultimi anni è cresciuto l’interesse per il comportamento dei lubrorefrigeranti nell’ambiente, intendendo per
comportamento l’evoluzione ed anche gli effetti che questi prodotti hanno nell’ambiente.
sono stati formulati quindi prodotti altamente degradabili da offrire in alternativa a prodotti microbiologicamen-
te più resistenti.
coloro che desiderano impiegare un prodotto “biodegradabile” possono a volte non comprendere interamente il
significato di questa definizione.
Per molti un prodotto “biodegradabile” è un qualcosa che può essere scaricato, senza alcun trattamento di depu-
razione, dopo l’uso, direttamente in fogna o peggio in acque superficiali, senza violare le leggi antinquinamento.
Questo non è assolutamente vero.
Per capire il problema occorre innanzitutto dire che non esiste un metodo standard per determinare il grado di bio-
degradabilità di un lubrorefrigerante e quindi il concetto di biodegradabilità di un lubrorefrigerante può essere
applicato ai fluidi refrigeranti solo in modo qualitativo.
attualmente “biodegradabile” significa che un materiale può essere degradato da processi biologici o prodotti fina-
li accettabili dall’ambiente che li riceve.
In altre parole questo prodotto deve consistere di sostanze non tossiche e che siano considerate non inquinanti.
Inoltre, un refrigerante, per poter essere facilmente trattato nei sistemi convenzionali di depurazione, non deve
dare origine a residui intermedi persistenti, non deve avere effetti sull’acqua che lo riceve e sulla sua eventuale
riutilizzazione e non deve produrre proliferazioni anormali nell’ambiente marino.
bisogna anche introdurre il concetto di tempo in cui avviene la degradazione biologica.
molte sostanze sono biodegradabili se permangono per lungo tempo in un sistema di trattamento.
e’ evidente però che con il termine biodegradabile si intende una sostanza degradabile nel normale tempo di per-
manenza nell’impianto di depurazione.
Poiché la degradazione biologica è un processo di ossidazione, che avviene cioè con un assorbimento di ossigeno,
per avere un’idea della quantità di sostanze biodegradabili contenute in un’acqua da depurare si ricorre al B.O.D.
(domanda biologica di ossigeno) e al C.O.D. (domanda chimica di ossigeno).
Il cod è la quantità di ossigeno richiesta per ossidare chimicamente e completamente (e quindi degradare) le
sostanze contenute nell’acqua in esame, mentre il bod è la quantità di ossigeno effettivamente consumata per il 23
processo biologico.
Per una sostanza facilmente biodegradabile il bod tenderà perciò ad essere uguale al cod, mentre per una sostan-
za non biodegradabile ad un determinato cod corrisponderà un bod molto basso ed al limite nullo.
la legge italiana (legge merlI n.319 del 10 maggio 1976) di regolamentazione degli scarichi delle acque impone
limiti molto stretti anche per quanto riguarda il bod (e il cod) delle acque reflue, quindi anche chi impiega lubro-
refrigeranti “veramente biodegradabili” prima di scaricare, deve ricorrere ad un processo di depurazione per
abbassare il bod (e quindi il cod) al disotto dei limiti consentiti.
occorre inoltre tenere presente che, durante l’impiego, si possono accumulare nel fluido sostanze estranee, come
ioni di metalli pesanti, oli minerali di lubrificazione, ecc., il cui limite di scaricabilità è estremamente basso per cui
anche per questi occorre procedere un processo di depurazione.
In conclusione lo scarico di un prodotto biodegradabile può dare altrettanti inconvenienti di quello dei prodotti con-
venzionali.
tenendo presente poi che il biodegradabile generalmente costa molto più a parità di resa, è più facilmente aggre-
dibile microbiologicamente proprio per la sua struttura, finora il suo impiego non si è dimostrato vantaggioso se
non nei casi in cui, dopo una depurazione preliminare, sia possibile inviare l’acqua di scarico ad un impianto di trat-
tamento biologico.
sYneco EMULSIONABILE N:
-olio emulsionabile per lavorazioni meccaniche medio leggere con emulsione lattiginosa.
sYneco ARGO:
- olio emulsionabile per taglio, emulsione lattiginoso, impiegato in operazione mediamente gravose.
sYneco EMULSINT:
- fluido semisintetico idrosolubile per taglio metalli di media difficoltà. 2÷3%.
sYneco EMAL:
24 - olio emulsionabile per la lavorazione specifica dell’alluminio. 2÷10%.
sYneco DPG -Serie (25, 50,75):
• Prodotti biocidi di differente formulazione da impiegare in modo alternato per abbassare il rischio di formazione
di ceppi battericidi resistenti ad un dato biocida.
sYneco DETERWASH:
• liquido detergente e disinfettante al 10% in acqua per pulizia lrF impianti di lubrorefrigerazioni.
I Flr prodotti dalla syneco sono tutti formulati considerando di primaria importanza il rispetto della salute degli
utilizzatori e dell’ambiente.
Per le suddette ragioni le basi lubrificanti utilizzate dalla nostra società sono esclusivamente di origine paraffini-
ca ed altamente raffinate, in modo da ridurre al minimo il contenuto di carbonio aromatico.
l’additivazione dei nostri Flr è totalmente assente da nitriti, Fenoli e metalli Pesanti (Piombo, cadmio ecc.).
la eliminazione di olio lubrificante, proveniente dalla stessa macchina utensile, chiamato anche olio di colaggio,
viene effettuato con estrema semplicità a basso costo dal Disoleatore a nastro (pag28).
la misurazione del grado di acidità, basicità o neutralità della emulsione o soluzione , cioé il valore di ph viene
fatta col pH Metro.
Per eseguire le verifiche periodiche è consigliabile disporre in modo continuativo del rifrattometro/oleometro e del
Piaccametro, questi due strumenti di controllo possono essere forniti su richiesta dalla syneco.
Per le analisi più approfondite è preferibile invece avvalersi del Service Syneco CHECK-UP.
ha recentemente preparato nell’edizione 2000, e sentita l’esigenza dei produttori ed utilizzatori, ha proposto una
classificazione sui fluidi per lavorazioni meccaniche di taglio e deformazione dei metalli, tale cioé da poter per-
mettere di individuare il prodotto a seconda del tipo di applicazione.
In questa serie di prodotti non è facile garantire prestazioni con prove di laboratorio, ma una classsificazione, unita
a successive specifiche prove di laboratorio, consente di fornire all’utente la scelta più appropriata di prodotti.
la classifica proposta è la Iso 6743/7 e contempla le lavorazioni di: taglio, abrasione, elettroerosione, deformazio-
ne di metalli con punzonatura, imbutitura, spianatura, trafilatura, forgiatura a caldo e a freddo, estrusione, stam-
paggio, laminazione, con una ulteriore specifica indicazione:
Pertanto, in questo caso, il criterio che si adatta per la catalogazione dei fluidi indica all’inizio un tipo di lubrifi-
cante con sole proprietà protettive per considerare successive caratteristiche come la riduzione di attrito, l’eP, l’a-
spetto lattescente o trasparente/ traslucido oppure combinato.
25
CLASSIFICAZIONE ISO 6743/7 (Famiglia MH)
lubrIFIcantI InterI Per laVorazIonI metallIche con PrePonderantI esIgenze dI lubrIFIcazIone
mhe Fluidi di tipo mhb con proprietà e.P., chimicamente non attivo
mhg grassi, paste, cere applicate pure o diluite con un fluido di tipo mha
maa concentrati che miscelati con acqua forniscono emulsioni lattescenti con proprietà anti
corrosive
maF concentrati tipo mae con proprietà di riduzione d’attrito e/o estrema pressione
26
20-DISTRIBUZIONE DELLE CATEGORIE DEI PRODOTTI DELLA
FAMIGLIA “M” IN ACCORDO COL CAMPO DI APPLICAZIONE
oPerazIonI
stampaggio, formatura
spianatura, rifilatura
operazioni di taglio
elettroerosione
laminazione
tranciatura
stampaggio
abrasione
Prodotto
trafila
categorIe
sYneco Iso
L-MHH
EMAL
EMULSIONABILE N
ARGO
L-MAA
• •
L-MAB
SUPER ARGO • • • •
ARGO
SUPER ARGO
L-MAC
• •
L-MAD
SUPER ARGO T925
• • •
EMULSINT L-MAE
EMULSINT K645 •
L-MAF
•
BIOSINT 40 - L-MAG
BIOSINT 80 - FILOIL • •
L-MAH
BIOSINT K185
•
L-MAI
prodotto indicato
27
21-DISOLEATORE A NASTRO SYNECO
Sistema pratico e compatto per la rimozione degli oli estranei dalle emulsioni
CARATTERISTICHE TECNICHE:
®
Caratteristiche:
• Tensione:
220 V monofase, 50/60 hz
• Potenza assorbita:
50 watt
28
22-PROPORZIONATORE mod. PISTON
La tranquillità della corretta preparazione delle emulsioni.
emulsioni troppo magre conducono ad una usura precoce del tagliente dell’utensile, peggiorano la finitura super-
ficiale dei pezzi in lavorazione, provocano problemi di corrosione alla macchina favorendo la fermentazione batte-
rica e la formazione di odori sgradevoli.
INGOMBRO:
• diametro: 10,5 cm
• altezza totale: 47 cm
• larghezza fuori tutto: 16 cm
• Peso: 1,7 kg
29
CARATTERISTICHE TECNICHE:
• Portata di funzionamento:
minima: 10 l/h
massima: 2500 l/h
• Intervallo di dosaggio:
minima: 10 l/h
massima: 2500 l/h
• Pressione di funzionamento:
mod. PIston 16 da 0,3 bar a 6 bar
mod. PIston 150 da 0,3 bar a 6 bar
mod. PIston 210 da 0,5 bar a 4 bar
• connessioni:
3/4” gas maschio
• Funzionamento:
esente da alimentazione elettrica;
il motore idraulico funziona da miscelatore.
30
23-Altri prodotti Syneco dopo operazioni di taglio:
sYneco DEWATERING:
- protettivo antiruggine atto ad asportare l’acqua dai pezzi lavorati.
24-BIBLIOGRAFIA:
-”syneco Fluidi lubrorefrigerante” - ed. syneco (01/99)
-”acciai speciali da costruzione” - ed. Ims-monza
-”note sui fluidi da taglio e da rettifica” - ed. lubrizol
-”tecnologia meccanica” - ed. secciani-Villani
-rivista “tecno utensili” - maggio 95
-schülke 8 mayr Italia (mI)
-stanimuc “Proposta classifica per oli da taglio - Iso 6743/7” (to)
31
CIBS COMMUNICATION - cibs@snet.it
SYNECO:
Reprint-07.12
LUBRIFICANTI & SERVIZI