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Finché morte non ci separi di Matt Bettinelli-Olpin e Tyler Gillett (2019) Voto: 3 stelle e

mezzo

Una dark comedy dal ritmo incalzante che ha saputo trovare un equilibrio non comune tra
commedia e horror.

Una o due volta l’anno, quasi per scusarsi con il pubblico della paccottiglia proposta abitualmente,
il cinema mainstream, invece del solito clone per riempire il bouquet di offerte delle multisala,
propone delle opere che, pur appartenendo al genere (horror, in questo caso), hanno un taglio
obliquo o innovativo. In alcuni casi ci sono state delle vere e proprie rivelazioni di talenti, penso a
Jordan Peele di “Scappa!” o al virtuoso Ari Aster di “Hereditary”.

Finché morte non ci separi della coppia Matt Bettinelli-Olpin e Tyler Gillett fa parte di questi
miracoli minori, un film piccolo, costato solo (sic) 6 milioni di dollari e che ne ha già incassati 36.

Grace, una bella ragazza di povere origini sta per sposare Alex, il giovane erede dei Le Domas,
un’eccentrica famiglia che si è arricchita enormemente quando il bisnonno, con l’aiuto di un
misterioso mecenate di nome Mr. Le Bail, è entrata nell’industria dei giochi di società. La cerimonia
si svolge nel grande parco di fronte alla villa dei magnati. Al termine, quando tutti gli invitati se ne
sono andati, la sposa scopre che, per essere accettata in seno alla famiglia, dovrà sottoporsi a un
piccolo rituale: scegliere una carta da un’antica scatola di legno e giocare al gioco che la carta avrà
indicato. Il titolo originale del film (Ready or not) dice già di che si tratta: nascondino. Lei si dovrà
nascondere nella villa e tutti i Le Domas (due suoceri, cinque cognati e una terribile zia) le daranno
la caccia. Scoprirà presto che la caccia è mortale e che dovrà fare di tutto per sopravvivere fino
all’alba.

Se la trama non vi sembra particolarmente originale, avete ragione. Di cacce all’uomo all’ultimo
sangue è piena la cinematografia, anche non specificamente horror (I tre giorni del Condor, tanto
per citarne uno). Ciò che questo quartetto (i due registi e i due sceneggiatori: Guy Busick e R.
Christopher Murphy, tutti specialisti del genere) hanno messo in piedi è una ben calibrata
macchina d’intrattenimento che ha, di innovativo, una miscela di dark comedy e horror che strappa
a più riprese la risata mantenendo comunque altissima la tensione narrativa. La bizzarra ma
micidiale famiglia, con l’arcigna zia (Ricky Guadagni) e la maldestra figlia cocainomane in testa
(Hanneke Talbot), è buffissima nel tentativo di assolvere la propria eredità assassina (scopriremo
che la caccia è un rituale imposto dal patto tra il bisnonno e Mr. Le Bail, pena la ma morte di tutti),
non di meno i cadaveri si moltiplicano e la caccia è senza quartiere. Bravissima e bella la
protagonista, Samara Weaving, nel conferire al suo personaggio la giusta dose di spaesamento
prima e adrenalinica aggressività nel seguito. Bravi ancora i due registi che in coppia,
evidentemente, hanno compiuto quello che tante volte si rimprovera alle menti solitarie di non fare:
un ottimo lavoro di lima sul girato, eliminando ogni tempo morto e imprimendo un ritmo alla storia
che non lascia il tempo di pensare alle rughe e alla mediocre performance di Andie MacDowell o
gli immancabili comportamenti poco credibili che di solito infestano questo genere di film (qui
pochi, in verità).

Una curiosità: sembra che dobbiamo a Donald Trump, il piacere di aver visto l’uscita di questo
film. La Universal ne aveva già pronto un altro (The Hunt), che parlava di una partita di caccia
organizzata da un gruppo di potenti appartenenti al famoso 1% della popolazione mondiale (quello
che detiene più ricchezza del restante 99%) ai danni di un gruppo di poveracci. La trama non è
piaciuta tanto al presidente twittatore e la casa di produzione ha fatto marcia indietro, preferendo
un altro soggetto dove comunque i ricchi ne escono malconci e sbeffeggiati ma, evidentemente,
meno politicamente disprezzabili rispetto all’altro.

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