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Le Tredici Sorelle PDF
Le Tredici Sorelle PDF
L’INIZIO
- Scusi?
- Le ho solo chiesto se è solo anche lei.
- Oh sì mi scusi. Sì sono solo. Sono a Roma per un
impegno di lavoro. E lei?
- Beh diciamo che anche io ho una specie di impegno di
lavoro. Ma adesso non ci voglio pensare, è una serata così
bella e Roma è una città così meravigliosa che fino a
domani voglio pensare solo a godermela. E’ la prima
volta che vengo a Roma.
- Allora se permette le farò da guida. E la porterò a cena
in uno dei locali più tipici di Roma, dalla Sora Lella a
Trastevere. E non accetto rifiuti.
- Beh è una proposta davvero interessante e inaspettata.
Mi ero già rassegnata a una triste cena solitaria in albergo
e adesso mi ritrovo un cicerone e un invito a cena. E’ una
proposta davvero allettante, non posso certo rifiutarla, ma
a una condizione; la cena si paga alla romana, del resto
non potrebbe essere altrimenti visto che siamo a Roma.
Il tono della voce era bello tranquillo, come di una persona che
ha portato a termine un compito importante e difficile più
facilmente del previsto.
Uno squillo all’improvviso la fece sobbalzare. Rosa iniziò a
frugare nella borsetta alla ricerca del cellulare. Una bustina sul
display avvisava dell’arrivo di un messaggio. Dopo la lettura
del messaggio l’atteggiamento della ragazza cambiò di colpo.
Sul suo viso si disegnò una strana espressione; la tensione
ritornò nella stanza. Il professore che si era tranquillizzato negli
ultimi minuti ritornò ad avere paura. Il viso della ragazza non
prometteva nulla di buono. La vide infilare il cellulare e il
dischetto nel piccolo zainetto che usava come borsa e poi la
vide avvicinarsi la letto.
CAPITOLO SECONDO
Alle cinque del mattino fu il suono del cellulare a svegliare il
Commissario Alberti. A fatica, dopo numerosi squilli, il
commissario iniziò a realizzare nel sonno che quello che
sentiva non era il suono di un orchestra ma la suoneria del suo
cellulare di servizio.
Il commissario Alberto Alberti era una specie di leggenda
vivente per i poliziotti romani. Era considerato il migliore
investigatore della polizia. A soli trentacinque anni era il
rispettato, amato e ammirato capo della Squadra Omicidi della
capitale.
Era entrato in polizia circa dieci anni prima dopo aver
abbandonato una promettente carriera di avvocato in uno dei
più importanti studi legali di Milano. Per questo motivo era
stato lasciato dalla sua bellissima e ambiziosa fidanzata, figlia
del titolare dello studio, che non aveva gradito la sua scelta di
mettersi a fare lo sbirro per uno stipendio da fame e rischiando
ogni giorno la pelle. Lei aveva altre idee su come vivere la
propria vita. E l’aveva scaricato. A chi gli chiedeva i motivi
della sua scelta il commissario rispondeva, semplicemente, che
l’aveva fatto perché fare l’avvocato era noioso, mortalmente
noioso.
Aveva vinto il concorso classificandosi primo, primo al corso e
primo commissario di nuova nomina a ritrovarsi per caso
coinvolto in una sparatoria al primo giorno di servizio.
Un caso fortunato, due rapinatori che uscivano da una banca
con due ostaggi proprio mentre lui stava andando a piedi a
prendere servizio al suo primo commissariato. I due rapinatori
feriti e arrestati e gli ostaggi liberati senza un graffio.
L’episodio aveva aiutato molto la sua carriera ma poi erano
state le sue capacità a portarlo a essere il capo della omicidi.
Era intelligente, dotato di intuizioni brillanti ma anche di una
capacità di lavoro incredibile, quando era impegnato in un caso
era capace di lavorare per giorni interi per seguire un idea,
leggere montagne di documenti e scrivere brevi appunti su
post- it colorati che poi appiccicava dappertutto nel suo ufficio.
Idee e intuizioni in libertà che poi improvvisamente trovavano
un filo conduttore che lo portava al bandolo della matassa.
Metodo e intuizione, i due capisaldi del lavoro del poliziotto,
così diceva ai suoi collaboratori.
Faticosamente il commissario riuscì ad afferrare il telefonino
sul comodino e a dare un occhiata al display lampeggiante,
LEONARDI, il suo vice. Doveva essere qualcosa di importante
se Leonardi lo svegliava a quell’ora sapendo che era andato a
letto dopo tre giorni passati a inseguire le tracce di un bastardo
che aveva ucciso una donna dopo averla violentata. Sperava per
lui che fosse importante, altrimenti l’avrebbe strapazzato per
bene. Ma se anche gli avesse letto nel pensiero Leonardi non si
sarebbe preoccupato più di tanto. Un’altra delle doti che
rendevano il commissario così amato era che era sempre di
buon’umore, sempre pronto al sorriso e a proteggere i suoi
uomini, anche nei momenti più pericolosi. Sembrava che le
brutte storie che era costretto ad affrontare non fossero in grado
di scalfire il suo ottimismo e la sua allegria. Ritrovava subito la
sua serenità e la sua gioia nel vivere tutti i momenti della vita.
E anche lui sapeva bene che poteva essere solo qualcosa di
veramente importante a spingere il fidatissimo Leonardi a
svegliarlo.
Il solito Leonardi.
- Sappiamo chi è ?
- No commissario, non era cliente dell’albergo, questo lo
sappiamo, ma non sappiamo niente altro Nella sua
borsetta non abbiamo trovato documenti ma solo un
cellulare, uno di quegli aggeggi che si infilano nei
computer, un rosario e questo.
Così dicendo aveva preso dalla tasca una busta di quelle usate
per raccogliere le prove e l’aveva mostrata al commissario.
La busta conteneva un oggetto lungo e sottile, poteva sembrare
uno strano stiletto ma, osservandolo meglio, si capiva
dall’occhiello superiore e dalla sua forma che era in realtà un
grosso ago.
- Quale portatile?
- Quello che era sicuramente collegato a quei due fili. Il
professore aveva evidentemente un portatile con sé e,
probabilmente, la pennetta che avete trovato nella borsa
della ragazza contiene qualche file preso da quel portatile.
Ma il portatile dov’è?
- Ha ragione commissario, adesso lo cerchiamo.
- Il portiere è là dentro.
- Bravi ragazzi.
- Hai ragione Leonardi, proprio bravi ragazzi. E davvero
in gamba, se non ci fossero stati loro presenti sul posto
forse avremmo avuto ancora meno tracce da seguire.
Adesso andiamo in ufficio.
CAPITOLO TERZO
Un attimo di riflessione.
- Sì, sì, capito tutto. Cento metri più avanti sulla destra. E
come si chiama questa pizzeria?
- Prego accomodatevi.
Fu il commissario a parlare.
- Sì.
CAPITOLO QUARTO
- Pronto.
- Commissario Alberti?
- Sì sono io, lei chi è?
- Commissario buongiorno, sono Marini del Viminale.
Alberti era sorpreso. Una telefonata dal ministero non era cosa
di tutti i giorni.
- Commissario ...
- Lascia perdere, vieni con me. Accompagnami.
- Dove andiamo?
- Al Ministero, al Viminale.
- E a fare cosa?
- Tu vieni solo a tenermi compagnia in macchina, io vado
a parlare con il sottosegretario Carli. Il vice del ministro.
- Marini?
- Sì sono io, commissario. Prego mi segua, passiamo da
un ingresso secondario così evitiamo i fastidi burocratici.
Marini dopo un leggero bussare alla porta la aprì per poi farsi
da parte per far entrare il commissario, chiudendo subito la
porta alle spalle dell’ospite.
La stanza era molto spaziosa, arredata con bellissimi mobili
d’epoca e illuminata dalla luce del giorno che entrava da due
altissime finestre poste alle spalle dell’uomo, seduto su una
modernissima poltrona di pelle, oggetto certamente in contrasto
con lo stile degli altri mobili presenti nella stanza ma,
sicuramente, comodissima.
Un attimo di imbarazzo.
- Diciamo che ci interessa per due motivi, collegati l’uno
all’altro. Il primo è che possiamo fornirle informazioni
molto utili per capire e, sopratutto, per evitare altre morti.
- Altri omicidi? E il secondo?
- Il secondo motivo è che la chiesa si sente in qualche
modo responsabile di quello che è successo.
- Responsabile? In che senso?
- Ecco posso dire che forse non siamo stati buoni custodi
del nostro gregge, alcune pecorelle ci sono sfuggite di
mano.
- Beh persone che vanno in giro ad ammazzare la gente
non le chiamerei proprio pecorelle. Perché non mi
racconta quello che sa?
- Volentieri commissario, però è una storia piuttosto
lunga e direi che è meglio raccontarla in un posto più
tranquillo e con più tempo a disposizione.
- Forse ha ragione e, se come dice, la sua storia ha a che
fare con la morte di Funari è meglio che la racconti alla
presenza anche del mio vice. Se a lei va bene possiamo
andare nel mio ufficio e metterci comodi e tranquilli?
- Come vuole lei commissario; da questo momento io
sono pronto a seguirla dovunque.
- Bene allora andiamo, Leonardi ha già aspettato troppo.
- E questo chi è?
- Leonardi ti presento Padre Joseph, ha notizie importanti
da darci e seguirà le indagini con noi. Padre Joseph le
presento il mio vice, l’ispettore Leonardi; magari, ha
sentito parlare anche di lui?
- E lei chi è?
Mai Alberti aveva sentito il suo vice parlare a voce così bassa e
insicura. La ragazza era un osso duro.
- Lei padre?
- Sì commissario, posso io chiarirle molti dubbi. Però vi
avverto, è una storia lunga e per farvi capire bene devo
risalire a un fatto molto lontano nel tempo. Cosa sapete di
Fatima e dei suoi segreti?
CAPITOLO QUINTO
IL SEGRETO DI FATIMA
PRIMA PARTE:
"La Madonna ci mostrò un grande mare di fuoco, che sembrava
stare sotto terra. Immersi in quel fuoco, i demoni e le anime,
come fossero braci trasparenti e nere o bronzee, con forma
umana che fluttuavano nell'incendio, portate dalle fiamme che
uscivano da loro stesse insieme a nuvole di fumo, cadendo da
tutte le parti simili al cadere delle scintille nei grandi incendi,
senza peso nè equilibrio, tra grida e gemiti di dolore e
disperazione che mettevano orrore e facevano tremare dalla
paura. I demoni si riconoscevano dalle forme orribili e riluttanti
di animali spaventosi e sconosciuti, ma trasparenti e neri.
Questa visione durò un momento. E grazie alla nostra buona
Madre del Cielo, che prima ci aveva prevenuti con la promessa
di portarci in Cielo (nella prima apparizione), altrimenti credo
che saremmo morti di spavento e di terrore".
SECONDA PARTE:
"Avete visto l'inferno dove cadono le anime dei poveri
peccatori. Per salvarle, Dio vuole stabilire nel mondo la
devozione del Mio Cuore Immacolato. Se faranno quel che vi
dirò, molte anime si salveranno e avranno pace. La guerra sta
per finire (si tratta della Prima Guerra Mondiale 1914-1918);
ma se non smetteranno di offendere Dio, durante il Pontificato
di Pio XI ne comincerà un'altra ancora peggiore. Quando
vedrete una notte illuminata da una luce sconosciuta (Lucia
ritenne che la "straordinaria" aurora boreale nella notte del 25
gennaio 1938 era il segno di Dio per l'inizio della guerra),
sappiate che è il grande segno che Dio vi dà che sta per
castigare il mondo per i suoi crimini, per mezzo della guerra,
della fame e delle persecuzioni alla Chiesa e al Santo Padre. Per
impedirla, verrà a chiedere la consacrazione della Russia al mio
Cuore Immacolato e la Comunione riparatrice nei primi sabati
(questa promessa di tornare si è avverata il 10 dicembre 1925,
quando la Madonna apparve a Lucia a Pontevedra, in Spagna).
Se accetteranno le Mie chieste, la Russia si convertirà e
avranno pace; se no, spargerà i suoi errori per il mondo,
promuovendo guerre e persecuzioni alla Chiesa. I buoni
saranno martirizzati, il Santo Padre avrà molto da soffrire, varie
nazioni saranno distrutte. Finalmente, il Mio Cuore Immacolato
trionferà. Il Santo Padre Mi consacrerà la Russia, che si
convertirà, e sarà concesso al Mondo un periodo di pace (questa
promessa è incondizionata. Di certo si compirà. Siamo noi che
non conosciamo il giorno in cui questo avverrà)".
TERZA PARTE:
Ecco il testo integrale del terzo segreto di Fatima, così come
riportato nelle lettera in cui suor Lucia rivela il messaggio
della Madonna di Fatima del 13 luglio 1917.
"Scrivo in atto di obbedienza a voi mio Dio, che me lo
comandate per mezzo di sua Eccellenza Reverendissima il
signor Vescovo di Leiria e della Vostra e Mia Santissima
Madre. Dopo le due parti che ho già esposto, abbiamo visto a
lato sinistro di nostra Signora un poco più in alto un Angelo con
una spada di fuoco nella mano sinistra; scintillando emetteva
fiamme che sembra dovessero incendiare il mondo; ma si
spegnevano al contatto dello splendore che Nostra Signora
emanava dalla sua mano destra verso di lui: l'Angelo indicando
la terra con la mano destra, con voce forte disse: Penitenza,
Penitenza, Penitenza. E vedemmo in una luce immensa che è
Dio: 'Qualcosa di simile a come si vedono le persone in uno
specchio quando vi passano davanti' un Vescovo vestito di
Bianco 'abbiamo avuto il presentimento che fosse il Santo
Padre'. Vari altri vescovi, sacerdoti, religiosi e religiose salire su
una montagna ripida, in cima alla quale c'era una grande Croce
di tronchi grezzi come se fosse di sughero con la corteccia; il
Santo Padre, prima di arrivarvi, attraversò una grande città
mezza in rovina e mezzo tremulo con passo vacillante, afflitto
di dolore e di pena, pregare per le anime dei cadaveri che
incontrava nel suo cammino; giunto alla cima del monte,
prostrato in ginocchio ai piedi della grande Croce venne ucciso
da un gruppo di soldati che gli spararono vari colpi d'arma da
fuoco e frecce, e allo stesso modo morirono gli uni dopo gli
altri i Vescovi Sacerdoti, religiosi e religiose e varie persone
secolari, uomini e donne di varie classi e posizioni. Sotto i due
bracci della Croce c'erano due Angeli ognuno con un
innaffiatoio di cristallo nella mano, nei quali raccoglievano il
sangue dei Martiri e con esso irrigavano le anime che si
avvicinavano a Dio".
- Mio caro Padre non è che ci capiamo molto.
- Lei ha perfettamente ragione commissario; del resto il
Segreto di Fatima è stato uno degli enigmi più
chiacchierati dell’intero secolo scorso. Per molti anni si è
chiacchierato di un annuncio catastrofico contenuto nella
sua terza parte e anche dopo la sua divulgazione e la sua
interpretazione ufficiale, che fu curata anche dall’allora
Cardinal Ratzinger, le illazioni più fantasiose non sono
mancate. Gruppi di mistici esaltati e pazzoidi di ogni tipo
ne hanno dato le versioni più diverse e inverosimili,
mettendo in dubbio l’autenticità dello stesso documento o
della sua spiegazione.
- E qual’é invece la versione ufficiale della chiesa?
CAPITOLO SESTO
- Sì, chi è?
- Servizio camere, signore. Dobbiamo riordinare la stanza
se non le dispiace.
- Lo spogliamo?
La ragazza più giovane aveva posto la domanda alla sua
compagna con voce tranquilla.
La sorella più giovane aveva già visto pronto sul tavolino della
stanza l’oggetto che stavano cercando, il portatile del dottore.
Le due sorelle si avvicinarono allo strumento insieme.
- Allora sorella?
- Pronta sorella?
- Pronta.
- Al mio tre, uno, due e...tre.
Poi l’agitazione e la fretta dei tre gli fece capire che c’era
qualche novità importante.
- In macchina commissario?
- No a piedi, dobbiamo arrivare solo al Cicerone, mi
servite lì.
- Leonardi mi senti?
- Cos’è successo?
- Un cadavere ispettore. Nella stanza, sul letto, nudo e
legato c’è il cadavere di un uomo.
- Va bene, non toccate nulla, mi raccomando. Adesso
arriviamo.
- Pronto commissario.
- Leonardi che succede? Dov’è che hanno sparato?
- Al primo piano signore.
- Cos’è successo?
CAPITOLO SETTIMO
CAPITOLO OTTAVO
Uno dei tre uomini che la polizia di tutta Roma stava cercando,
il serio e stimato professore dell’Università di Lione, Lucien
Bernaud, era tranquillamente e beatamente sdraiato su un
comodo letto di un piccolo appartamento situato nel più
popolare dei quartieri di Roma.
L’idea dell’appartamento era stata di Brigitte. Aveva fatto tutto
lei, proprio tutto. Quando aveva deciso di venire anche lei a
Roma con lui, al congresso, si era occupata di tutto.
Aveva cercato l’appartamento in Internet, l’aveva prenotato e
pagato con la sua carta di credito. Poi gli aveva fatto la
sorpresa.
Lei odiava gli alberghi, aveva detto, meglio, molto meglio e
molto più romantico un piccolo appartamentino tutto per loro in
uno dei posti più belli e più caratteristici di Roma. E così eccolo
lì.
Brigitte, il pensiero della ragazza procurava all’uomo, ogni
volta una scarica di desiderio, e un minimo senso di colpa.
Brigitte era la figlia ventenne di una coppia di suoi amici, più
amici di sua moglie per la verità. La ragazza gli era stata
mandata in cura proprio dai suoi genitori che l’avevano pregato
e scongiurato di fare qualcosa per guarire la loro giovane figlia
da una grave forma di depressione. E lui, illustre psichiatra, alla
non più giovane età di sessanta anni, si era invaghito di quella
ragazzina.
Certo non era facile resistere a Brigitte. Alta, snella e con un
viso e un corpo da far perdere la testa a chiunque. E lui non era
riuscito a resistere alle avance e alle proposte sempre più
evidenti della ragazza.
Aveva cercato di rifugiarsi nelle professionalità, lui sapeva
benissimo che la ragazza cercava in lui solo un sostituto della
figura paterna, che il desiderio che lei provava per lui era
dovuto al transfert e a un complesso di Edipo irrisolto, sì certo,
tutto vero e tutto risaputo. Ma, quando lei si era apertamente
offerta con il suo corpo nudo e con tutta la sua energia e la sua
passione giovanile lui non ce l’aveva fatta a resistere. La sua
professionalità, la sua razionalità e tutta la sua esperienza
medica erano stati cancellati dal desiderio che quel corpo gli
scatenava. Desiderio che ormai da molti anni non provava e che
mai avrebbe pensato di poter riprovare, non con quella intensità
e quella foga. Si era ritrovato a fare l’amore con Brigitte con la
stessa energia e la stessa forza di tanti anni prima, quando era
molto più giovane. Il corpo di quella ragazzina era in grado di
fargli ritrovare lo slancio della sua giovinezza, quasi intatto.
E così quando lei gli aveva proposto, quasi imposto, di andare a
Roma con lui per avere qualche giorno tutto per loro, si era
fatto convincere, con ben poca resistenza doveva ammettere.
E adesso era lì a Roma da tre giorni, tre giorni passati a girare
per le strade della città e a fare sesso.
Brigitte era scatenata, una vera macchina del sesso. Ancora si
meravigliava delle fantasie e delle improvvisazioni di cui era
capace quella ragazza dal viso angelico e dallo sguardo triste. A
letto Brigitte si trasformava. Tutta la sua compostezza e la sua
riservatezza venivano spazzate via da una frenesia sessuale
incredibile. E ora che avevano tempo a disposizione lui iniziava
a risentirne. La sua età si faceva sentire ma lei era sempre
capace di riaccendere il suo desiderio. Bene si disse il
professore, meglio morire per un attacco di cuore durante una
bella scopata che in qualsiasi altro modo. Ma non sarebbe
morto di un attacco di cuore.
Il rumore della porta che si apriva non lo scosse dal suo torpore.
Brigitte è tornata, pensò. Avevano fatto l’amore appena svegli e
lei l’aveva convinto, con un sistema molto piacevole, a non
andare alla presentazione del convegno.
Poi dopo averlo fatto ed essersi riposata qualche minuto
Brigitte gli aveva sussurrato all’orecchio di rimanere a letto e di
non muoversi, che lei sarebbe scesa a prendere qualcuno di quei
favolosi cornetti caldi che si trovavano nel bar sotto casa per
fare colazione. E poi dopo voleva fare di nuovo l’amore. Il
professor Bernaud non era sicuro che sarebbe bastato fare
colazione per riuscire di nuovo a soddisfare la voglia della
ragazza ma intanto si godeva il meritato riposo e si pregustava
il possibile seguito.
Magari Brigitte gli avrebbe concesso un piccolo antipasto
prima della colazione. Le piaceva molto baciarlo e leccarlo
mentre lui era a letto con gli occhi chiusi, perciò pensò bene di
rimanere immobile e di non aprire gli occhi quando sentì i passi
avvicinarsi. Solo un piccolo sorriso sul suo volto rivelava che
non stava affatto dormendo.
Quando il grosso ago si infilò nel suo cuore, spezzandolo
definitivamente, il sorriso si tramutò per un attimo in una
smorfia di dolore. La mano posata sulla sua bocca gli impedì
anche di lanciare un ultimo urlo.
Il professore non l’avrebbe mai saputo ma a condannarlo era
stata la signora Giovanna, certo involontariamente e
innocentemente, ma era stata proprio la grassa signora addetta
alle pulizie dell’appartamento a rivelare il suo nascondiglio
d’amore.
La signora Giovanna faceva le pulizie nell’appartamento per
arrotondare la bassa paga che prendeva come dipendente
dell’impresa di pulizia Fulgor.
Tra i tanti stabili che la Fulgor curava c’era anche la Clinica
Sacro Cuore di Gesù, una piccola clinica privata situata al
centro di Roma.
Ed era stato proprio durante il turno nella clinica che la signora
Giovanna aveva raccontato, con un certo disgusto, di quel
vecchio e distinto signore che si era portato a Roma una
ragazzina che poteva benissimo essere sua figlia se non sua
nipote. La capo sala della clinica, Suor Angelica, si era subito
mostrata molto interessata al racconto della donna delle pulizie
e quando la signora Giovanna le aveva riferito il nome
dell’uomo, sbirciato dal passaporto appoggiato sul comodino,
la suora si era subito precipitata al telefono. E aveva passato
l’informazione. Poverina certo non poteva immaginare per
quale motivo era stato chiesto a tutte loro di rintracciare
quell’uomo, e se l’avesse saputo, forse, neanche la sua
abitudine alla fedeltà e all’obbedienza sarebbe bastata a farle
compiere quel gesto. La vita è sacra.
Fu Brigitte a trovare il corpo senza vita e furono le sue urla a
far accorrere nell’appartamento la portinaia dello stabile che,
vista la scena, si era subito portata via la ragazza dopo aver
chiuso la porta dell’appartamento.
La signora Rosa, la portinaia, non ebbe neanche bisogno di
telefonare alla polizia, visto che appena scesa dalle scale e
uscita in strada per chiamare aiuto si era ritrovata davanti al
portone una volante della polizia.
I due agenti dell’equipaggio, l’agente Fiore e il vice brigadiere
Altamura ci misero qualche secondo a capire quello che la
signora Rosa stava dicendo, anche perché molta della loro
attenzione era rivolta alla bella ragazza che piangeva tra le
braccia della portinaia. Ma alla fine le parole morto ammazzato
fecero effetto. I due poliziotti salirono in fretta le scale,
l’appartamento era all’ultimo piano e senza ascensore, così alla
fine della loro salita i due poliziotti avevano entrambi il fiatone
e ci misero qualche secondo a riprendere fiato. La porta
dell’appartamento era rimasta aperta e già dall’uscio aperto si
riusciva a scorgere il letto disfatto sul quale giaceva senza vita
il corpo dell’uomo. I due agenti entrarono nel minuscolo
appartamento, una sola camera che fungeva da soggiorno-letto,
un piccolo bagno e un minuscolo angolo cottura. Tutto era
pulito, l’angolo cottura immacolato e il piccolo bagno, anche se
ingombro di tutto il necessario per un lungo soggiorno, era
ordinato e lindo. Uno dei due agenti dedicò la sua attenzione a
ispezionare velocemente il posto mentre l’altro, il più anziano e
alto in grado, si fermava davanti al letto a constatare la morte
dell’anziano uomo sdraiato nudo sulle lenzuola. Poi dopo
essersi scambiati uno sguardo i due agenti si misero al lavoro.
L’agente Fiore richiedendo telefonicamente l’intervento di
un’ambulanza mentre il vice brigadiere Altamura si prese il
compito di guardare i documenti poggiati sul comodino davanti
al letto. Prima gli capitò tra le mani il passaporto della ragazza,
Brigitte Anzieu, venti anni, francese, bella ragazza. Il pensiero
gli venne spontaneo guardando la bella foto che riempiva il
documento e ricordando con un pensiero veloce la bella figliola
che aveva intravisto piangere tra le braccia della signora Rosa.
Il vicebrigadiere dedicò qualche attimo in più a rimirare la foto
della ragazza prima di rivolgere il suo impegno e la sua
attenzione all’altro documento.
Lucien Bernaud, era il nome dell’uomo morto sul letto.
Nonostante la foto fosse di qualche anno prima non c’erano
dubbi. Aveva il volto dell’uomo proprio davanti e non poteva
sbagliarsi. Sessant’anni, francese, medico diceva il documento
e vecchio porco aggiunse lui. Farsela con una ragazzina di
vent’anni, pensò il poliziotto non gli aveva portato fortuna.
Magari un fidanzato geloso l’aveva beccato e fatto fuori. Diede
un’altra occhiata veloce al documento e rilesse il nome del
morto. Lucien Bernaud, questa volta il nome gli disse qualcosa.
L’aveva già sentito quel nome, cavolo, l’aveva già sentito.
- Novità brigadiere?
- E grosse pure. Il morto è uno degli uomini che stanno
cercando. Appena l’ho comunicato è scoppiato un
putiferio. Il commissario Alberti in persona mi ha
contattato dopo neanche un minuto per darmi istruzioni
precise. Perciò diamoci da fare. Hai visto per caso un
computer nella stanza?
- Computer? No, no mi pare. E’ importante?
- Il commissario pensa di sì. Adesso guardiamo meglio e
se lo troviamo bisogna sorvegliarlo a vista. Così mi ha
detto e così faremo.
- Va bene brigadiere, non si preoccupi. Se c’è non è certo
andato via in questi minuti. Adesso controlliamo meglio.
CAPITOLO DIECI
- Scusate, mi è scappato.
- Non si preoccupi ispettore. La capisco.
- E l’altro morto chi è?
CAPITOLO UNDICI
Era stata Caterina questa volta a parlare con una certa dose
d’ironia.
- Mi dispiace deluderla signorina ma non c’è niente di
strano. Sono manutenzioni periodiche che effettuiamo per
controllare e mettere a punto il sistema di sorveglianza.
Sono programmate con molto anticipo.
- Allora il cardinale e forse anche chi lo ha ucciso
avrebbe potuto approfittare dell’occasione per fare la sua
escursione notturna senza lasciare tracce.
- Su questo Alberto posso essere d’accordo con te. Non è
naturalmente una notizia che viene divulgata ma per una
persona importante come il cardinale non sarebbe stato
difficile sapere le date delle manutenzioni.
- Le telecamere sono state spente tutta la notte?
- No. Solo dalle due alle sei.
- Perciò tutto è successo in quelle quattro ore. Saperlo
non ci aiuta molto ma è sempre meglio che niente.
- Hai ragione Alberto. Non ci aiuta. Adesso però dovete
concedermi qualche minuto. Devo far portare via i corpi,
chiudere la stanza e far riaprire i Musei. La notizia ha già
fatto troppo scalpore e voglio evitare che la chiusura si
protragga per tutta la giornata. Poi sarete voi a
raccontarmi la vostra storia.
- Simpatica persona.
- Leonardi.
- Scusi commissario. Ha ragione. Anche per lui è stata
una giornataccia.
- Cos’è il GIR?
- Il Gir è il Gruppo di Intervento Rapido della
gendarmeria. Una specie di corpo speciale alle dirette
dipendenze del nostro comandante. Che evidentemente
non lo ritiene, in questa occasione almeno, abbastanza
rapido.
- Te lo ricordi Giuliani?
- Certo che mi ricordo del tenente Giuliani. Un giovane in
gamba. Molto in gamba. Vedo che te lo sei portato dietro.
- Sì. Avevo bisogno di un uomo in gamba e
assolutamente fidato per svecchiare la mentalità della
gendarmeria. Erano ancora abituati a una mentalità di tipo
militare poco adatta a combattere i pericoli di oggi.
Adesso sono molto più moderni ed efficienti. La nostra
Sala Operativa non ha nulla da invidiare a quelle delle più
moderne polizie. Abbiamo un sistema di
videosorveglianza attivo 24 ore su 24 e siamo forniti delle
più sofisticate attrezzature tecnologiche. Inoltre oltre al
Gruppo di Intervento Rapido ho potenziato anche un’altra
struttura di pronto intervento, l’Unità Antisabotaggio.
Quello che mi rode è che nonostante tutto questo un
gruppo di fanatiche esaltate è riuscito a uccidere due
persone sotto i nostri occhi. Non me la perdonerò mai. E
ti assicuro che non mi darò pace fino a quando non le
avrò prese.
- Non prendertela troppo Paolo. Ti assicuro che quelle
maledette hanno fatto fare brutte figure a tutti noi. Sono
pazze ma non sceme. Si muovono veloci, discrete e sono
letali. E da quello che mi ha detto un certo Padre Joseph
hanno parecchi amici e parecchie persone che le
proteggono.
- Sai Alberto sono proprio curioso di sentire quello che
hai da dirmi.
- Stai tranquillo che non rimarrai deluso. Sono accaduti
fatti davvero incredibili. Appena avrete finito di sistemare
questo posto andremo dal cardinal Valente e vi
racconteremo tutto. Sarebbe inutile iniziare a raccontarlo
a te per poi doverlo ripetere.
- Hai ragione. Avrò pazienza.
- Scusi comandante.
- E di che? Te lo ricordi il commissario Alberti?
- Certamente. Salve commissario. A quanto pare
lavoreremo di nuovo insieme. Mi fa piacere.
- Anche a me tenente. Anzi vicecomandante.
- Vi vedo pensierosi?
- Stavamo solo recuperando un po’ le forze. Sono state
giornate pesanti.
- Vi capisco. Giuliani è andato?
- Sì come avevi ordinato.
- Va bene. Allora possiamo andare. Ci raggiungerà dopo.
Sono sicuro che farà in un lampo. Lui è ancora più
curioso di me. Andiamo, fuori ci sono due delle nostre
auto che ci aspettano. Puoi anche mandare indietro la tua.
- OK allora avviso l’agente di tornare in sede.
CAPITOLO DODICI
- Allora commissario inizi pure a raccontare la sua storia.
Il comandante Benelli mi ha già fornito qualche cenno ma
ora è necessario che lei mi racconti tutto nei dettagli. Le
chiedo di non tralasciare nessun particolare. Si prenda
tutto il tempo necessario e mi perdoni se la interromperò
con qualche domanda.
- Non si preoccupi Eminenza, la capisco. Cercherò di
raccontarle tutto in modo esauriente ma non esiti a
interrompermi tutte le volte che lo ritenesse opportuno.
CAPITOLO TREDICI
I due uomini erano seduti sulle comode poltrone in pelle dello
studio. Il buio della stanza circondava il piccolo cono di luce
proiettato dalla lampada, appoggiata sul basso tavolino che
divideva le due poltrone, lasciando in penombra il loro viso.
Solo la voce tradì l’insoddisfazione dell’uomo che parlava.
CAPITOLO QUATTORDICI
Nell’ufficio del commissario l’atmosfera era pesante. Alberti
sedeva teso e nervoso alla scrivania continuando a leggere con
evidente insoddisfazione tutta la serie di rapporti negativi che
continuavano ad arrivare. Niente, nessun traccia, nessuna
notizia, né di Heffner né delle Sorelle. Dopo aver evitato
l’attacco delle Sorelle il commissario e i suoi amici si erano
messi con ancora più impegno in caccia, ma senza risultato.
Benelli capì che non era il caso di insistere, era sicuro che
Valente avrebbe riportato al Papa la sua idea ma era altrettanto
sicuro che senza il pieno appoggio del cardinale non avrebbe
avuto nessuna possibilità di essere accettata. Salutò il cardinale
e ritornò nella Sala Operativa della Gendarmeria per riprendere
il suo lavoro di ricerca. Speriamo in Dio, pensò, o almeno in un
grosso colpo di fortuna.
Intanto il povero professor Heffner, ancora mezzo
addormentato si trovava seduto su una scomoda sedia di legno,
legato mani e piedi, in quella che sembrava una cucina, di
fronte a una suora con il volto dolce e sereno che lo guardava
sorridendo. A parte il fatto di essere legato non si sentiva in
pericolo, quella donna aveva uno sguardo così dolce da non
fargli nessuna paura. Anche le altre donne sedute intorno a lui,
tutte suore, non sembravano pericolose. Solo non riusciva a
capire perché l’avessero legato.
Per l’agente Russo che amava andare forte l’ordine del suo
superiore era un vero regalo. Partì sgommando e facendo
schizzare via di fretta un agente un po’ troppo vicino all’auto.
- Senza ammazzare nessuno, Russo, ci sono già troppi
morti in questa storia.
- Tranquillo commissario, si fidi di me.
Un attimo di silenzio.
- No, non le abbiamo ancora trovate ma stai
tranquilla, le troveremo. Presto, te lo prometto. E devi
perdonarmi ma fino a quando non le avrò messe in
condizione di non fare più del male a nessuno non ci
vedremo. Mi sento in davvero in colpa per averti messa in
pericolo, non riesco neanche a pensare alla possibilità che
ti succeda qualcosa per causa mia. Non me lo perdonerei
mai.
- Novità commissario?
- Purtroppo no Maestri. Niente di niente. Tu come stai
piuttosto?
- Non si preoccupi commissario, roba da poco. Ci
vuole ben altro per fermare una vecchia pellaccia come
me.
- Bene , mi fa piacere. Comunque appena chiudiamo
la questione con quelle maledette ti prendi qualche bel
giorno di vacanza e ti vai a riposare. Anzi forse ce lo
prendiamo tutti. Ne abbiamo sicuramente bisogno. De
Cicco che mi dici?
- Nulla commissario. Ho contattato l’agenzia di
noleggio che mi ha confermato che il camper non ha
nessun sistema di segnalazione satellitare. Dicono che è
un modello così vecchio che non ne vale la pena.
- Questo me l’avevano già detto altre persone.
Nessuna traccia dai rapporti.
- Niente commissario. Ho contattato tutte le pattuglie
della stradale e dei vigili urbani in servizio da stamattina
in quella zona per chiedere se avessero notato il camper o
qualcos’altro di particolare. Niente, nessuno ha visto o
notato qualcosa. Mi sono fatto mandare il filmato di un
elicottero che stava sorvolando la zona ma anche lì
nessuna traccia. Sembra di stare dando la caccia a dei
fantasmi.
- Forse hai ragione ma, fantasmi o no, le beccheremo
prima o poi. Adesso direi che è il caso di mangiare
qualcosa, la giornata è ancora lunga. Chiamo il bar
all’angolo e ordino panini per tutti. Avete preferenze
particolari?
- Vada avanti.
CAPITOLO SEDICI
- Vicovaro?
- Esatto, ci sai arrivare.
- Sì commissario, un mio zio abita lì vicino e dato che
produce vino ogni tanto vado a prenderne qualche
bottiglia.
- Russo, abbiamo fretta, molta fretta.
- Tranquillo commissario, la porto in paese prima
possibile. Posso usare la sirena?
- Solo fino a un certo punto. Poi silenzio, voglio fare
una bella sorpresa a delle amiche mie.
- Va bene commissario.
Il commento fu di Caterina.
- Il commissario Alberti?
- Sì, sono io.
- Piacere commissario, io sono l’ispettore capo
Gerardi, mi è stato ordinato di aspettare il suo arrivo per
poi cederle il comando delle operazioni.
- Grazie ispettore, mi sembra che abbiate già fatto un
ottimo lavoro. Mi dia qualche dettaglio.
- Presto fatto commissario. Il convento ha solo questi
due ingressi davanti, sul retro è circondato da un muro
alto più di tre metri con in cima pezzi di vetro per
renderlo difficilmente scalabile. Una misura di sicurezza
che si usava in passato per difendere il convento. Quindi
diciamo che le uniche vie di uscita e di fuga sono qui
davanti. Comunque ho posizionato auto e agenti attorno a
tutto il perimetro del convento per bloccare qualsiasi
tentativo di fuga anche da quella parte.
- Quanti agenti abbiamo sul posto?
- Per ora una trentina più voi. Vuole che ne faccio
arrivare altri?
- No ispettore, dovrebbero bastare. Queste donne sono
pericolose ma non penso possano darci problemi, a questo
punto. Non sono combattenti e come armi hanno solo, da
quello che ne sappiamo, aghi che usano come pugnali.
- Aghi?
CAPITOLO DICIASETTE
- Buonasera a tutti.
Al suo saluto fatto ad alta voce Anna e l’uomo che era con lei si
voltarono. Solo la ragazza rispose al saluto.