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ISBN: 978-88-97522-99-7
Indice
79 Cinema e socialismo
1 13 Bibliografia
Avvertenza del curatore
Introduzione
5 Cfr.: “Abitualmente, agli attori che lavorano tanto per il teatro quanto per
il cinema, la domanda che viene posta con una monotonia non del tutto
trascurabile – alla quale ne segue un’altra altrettanto monotona e insignifi-
cante del tipo, ‘Quale preferisci?’ – è ‘Non ti manca il pubblico?’ Abitual-
mente la mia risposta è: ‘No: perché dovrebbe? Non mi manca il pubblico
durante le prove quando il personaggio viene creato, e quando alcuni dei
momenti più eccitanti della recitazione creativa si realizzano proprio lì’.
Confesso che si tratta di una risposta evasiva perché la replica, semplice e
logica, sarebbe,‘Sicuramente non desideri continuare a provare per sem-
pre?’ Al che la mia risposta dovrebbe essere un enfatico, ‘Certamente no’.
Ma è sbagliato credere... che il pubblico sia ipso facto di aiuto per l’attore.
Può tradirlo nella ricerca di vie facili per piacergli, ripetendogli lusinghe
che hanno già avuto successo. Lo può costringere a dominare il suo umore,
come frequentemente ha fatto, con forza o trucchi estranei alla parte che
sta recitando. Può, in breve, fare di lui un adulatore o un pazzo lottatore. Il
‘piacere alle orecchie della platea’ è diventato ‘recitare per la galleria’.
“Non voglio dire che un attore debba essere un Coriolano che, attraverso
l’orgoglio della propria integrità, non pronuncia mai le parole leggere che
gli soffia il cuore. Ma io dico che, sebbene il pubblico possa esercitare
sull’attore una forte pressione rispetto sia al suo autore, al suo produtto-
re e alla sua coscienza artistica, non dovrebbe mai forzarlo ad essere più
incredulo di questi tre” (Michael Redgrave, The Actor’s Ways and Means;
Heinemann, 1953, pp. 33-34).
6 [La passion de Jeanne d’Arc, 1928, di Carl Theodor Dreyer.]
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8 [In originale: the mixture as before, nel senso della prescrizione medica
relativa all’assunzione periodica di farmaci.]
9 Ho discusso in modo più completo questa e le relative questioni nel mio
saggio The Idea of Culture, in “Essays in Criticism”, vol. iii, 3, luglio 1953,
pp. 239-266.
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Oppure Strindberg:
Il naturalista ha abolito la colpa abolendo Dio... Lady Julie è
un personaggio moderno... Il tipo è tragico dal momento che
11 Prefazione a Lady Julie, in Lucky Peter’s Travels and other plays, Jonatha
Cape, London 1930, p. 174.
12 [In originale, kicking against the pricks.]
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Di conseguenza, allora:
18 Ivi, p. 170.
19 Ivi, p. 172.
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Quello che il pubblico vide sul palcoscenico era ciò che i let-
terati, tra i frequentatori di teatro, avevano così a lungo sog-
nato della vita “reale” e non di quella teatrale, una vita espres-
sa in semplici scontri umani che erano, tuttavia, anche scenici
nella loro concezione (Nemirovič-Dančenko)22.
22 Ivi, p. 119.
23 Il naturalismo, come qui è definito, è una teoria completa e particolare, in
se stessa adeguata a contenere e costruire elementi che sono stati pensati
per essere separati da essa: elementi, per esempio, come il “simbolismo”
di Ibsen e Čechov, che può sembrare solamente il ritrovamento, in un og-
getto naturale (anatra selvaggia, gabbiano, il suono del taglio di un’ascia),
della manifestazione esterna di un’emozione “interna, nascosta”. Produrre
con questi metodi creava una particolare totalità dell’effetto, propriamente
chiamata naturalistica, e una convenzione come quella del “simbolismo”
era solamente una parte di tale effetto totale, non era una convenzione di
per sé.
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29 Per una trattazione più completa di questo caso rinvio al mio Drama from
Ibsen to Eliot (Chatto and Windus, 1952), in particolare ai saggi su Ib-
sen, Čechov e Shaw. Rinvio anche alla mia analisi della produzione che
Stanislavskij ha fatto de Il gabbiano contenuta in Drama in Performance
(Muller, 1954).
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fino al limite dei poteri a lui concessi. Saprà che nel suo
tempo esiste una forma, nel romanzo, che gli permettereb-
be, attraverso tali parole, di comunicare ciò che in questo
momento è incomunicabile. Saprà, finalmente, che le os-
servazioni conclusive “inutile dirlo, non sempre riescono...
capire per intero le esperienze emotive dei personaggi...
facilmente e subito”, sono allo stesso tempo una sardonica
verità. Anche Čechov, dopo la grande produzione de Il
gabbiano, conosceva questo sentimento. “La tua rappre-
sentazione è eccellente, disse a Stanislavskij, solo tu non
fai recitare i miei personaggi. Io non l’ho mai scritto”. O
ancora: “Era molto eccitato, e ci disse che il iv atto non
proveniva dal suo dramma”31.
Un risultato del genere non è un incidente isolato,
piuttosto, sembra inevitabile vista la natura del caso. A di-
spetto di tutte le iniziative prese, e nonostante la sincerità
e l’inventiva del tipo di performance naturalista promossa
da Stanislavskij, da allora divenuta dominante nell’intero
teatro europeo, diversi drammaturghi si sentirono costret-
ti a concludere che le convenzioni attraverso cui la nuova
struttura del sentire avrebbe potuto essere espressa, non
erano state ancora fissate in modo soddisfacente.
31 Ivi, p. 81.
70 IL DOTTOR CALIGARI A CAMBRIDGE
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Cartografie