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Ernesto

Il rumore della ferraglia che corre sui binari martella oramai da tre giorni il
cervello dell’alpino.

I suoi occhi, tra sbuffi di fumo, vedono solo pianura e lontane cime con
l’ultima neve di primavera.

Quando il frastuono si fa sordo significa che il treno sta passando sul


ponte di uno dei grandi corsi che solcano la piana dell’antico fiume
Erìdano.

Adda, Oglio, Ticino e poi Adige, Brenta , Piave ,Tagliamento ed il


convoglio punta verso i monti.

Dapprima le alture sono dipinte di un timido verde, poi il bianco della neve
si confonde con l’azzurro del cielo e si entra nelle Alpi Giulie.

Lino

I freni stridono ed i macchinisti fermano il treno ad una piccola stazione


alla confluenza di due valli; gli alpini scendono dai vagoni e la
momentanea confusione viene ben presto interrotta da ordini “secchi” e
precisi degli ufficiali.

Il reparto viene inquadrato e sistemato in ordine di marcia; per plotoni le


compagnie iniziano il trasferimento, naturalmente a piedi.

L’alpino ora sente il profumo dell’aria pulita e dimentica l’odore del


carbone bruciato nella caldaia della locomotiva mentre nelle sue orecchie
entra il ritmo cadenzato delle scarpe chiodate di dieci, cento suoi simili.

La lunga colonna sale la mulattiera in mezzo a pinete e dopo un’ora


transita davanti ad una postazione di artiglieria. Li, sono sistemati i quattro
cannoni da 75 mm della batteria del monte Staulizze ed è il primo segnale
che ricorda all’alpino il motivo della sua presenza in questo angolo delle
alpi.
Ernesto

I boschi sono curati dalla mano dell’uomo e ogni metro di terreno viene
sfruttato a pascolo o a coltivazione.

Agli stàvoli pochi anziani e qualche donna iniziano i primi lavori di


primavera.

Alcuni ragazzini, presi da naturale curiosità, corrono verso la colonna in


marcia.

Parlano una lingua tanto incomprensibile quanto basta a far pensare


all’alpino di esser entrato in una terra straniera prima ancora di iniziare una
guerra.

Lino

Ora la mulattiera si snoda lungo la catena tra il Canal del Ferro e la Val
Resia.

La marcia prosegue fino a Sella Sagata; dopo solo qualche rampa il


profumo del bosco lascia il posto ad una folata di vento gelido che, come
uno schiaffo improvviso, percuote le narici in vista del pianoro di
Ćänytaua…..una piccola radura disseminata di croci.

Ernesto

Avanti non c’è tempo da perdere bisogna raggiungere le postazioni sul


fronte e dare il cambio a chi per troppo tempo è lassù.

Ma in un rio, approfittando della sosta per abbeverare i muli qualcuno


decide di lasciare un segno indelebile incidendo su una pietra il nome del
reggimento alpini in transito verso Pust Gost.
Lino

L’altopiano, molto ampio, è immerso nel primo verde delle faggete.

Il Canin ora è proprio davanti agli occhi dell’alpino, ed è là, ch’egli sta
andando a vivere, combattere e morire.

Adesso la fatica si fa sentire anche nelle gambe di chi ha vent’anni.


L’ultimo sforzo e la Compagnia arriva a Sella Labuia.

Ernesto

Sopra una cresta affilata, in posizione alquanto ardita, c’è un’altra


batteria di cannoni ed alla sella invece domina una costruzione fuori
misura .

Il nome “Regina Margherita”suona dolce come il riposo che si è meritato


l’alpino.

Il sole affresca di effimero color rosa la Canina Alpe ed i soldati si


apprestano a passare la notte nel grande rifugio.

Ernesto / Lino (ad eco)

Ia mattina seguente….

il sonno del soldato….

viene malamente interrotto…..

dalla voce del sergente…..


Lino

Sveglia, zaino e “91” in spalla si riparte.

Ernesto

Il sentiero ora si snoda…

I canaloni sono ancora carichi di neve e dopo una breve salita si fa vedere
il maestoso versante meridionale del Sart.

Lino

La marcia prosegue verso Sella Prevala. Reticolati e muri a secco, caverne


e baraccamenti sono segnale che al valico si vive, e la guerra è molto più
vicina. Gli alpini continuano il movimento in marcia.

Ernesto

Un paio di ore, attraversata sopra il Pian delle Lope, la Cima Confine e la


fila in grigioverde arriva a destinazione: Sella Robon.
Lino

Zaino a terra e dopo la fatica arriva la fame e la sete.

Il calcare del Canin si beve tutta l’acqua e la restituisce mille metri più in
basso ed allora si scioglie un po’di neve nella gavetta.

Le salmerie con i rifornimenti, viveri, non sono ancora arrivate e lo


sguardo dell’alpino si perde verso la montagna circostante, mentre un paio
di grammi di tabacco avvolto in una cartina lo aiutano a pensare ad altro.

Ernesto

L’impero degli Asburgo è dall’altra parte.

Un centinaio di metri dall’alpino c’è un uomo come lui che indossa una
divisa dal colore diverso e parla un’altra lingua.

Anch’egli è sceso da un treno, probabilmente a Tarvisio; anche lui, come


l’alpino, è arrivato fin lassù per lo stesso motivo.

Lino

E lì, si sta inchiodati uno di fronte all’altro per un tempo indefinito che
non trascorre mai.

Ernesto

Solo allora, forse per farsi coraggio, per ricordare la vita agiata e il ricordo
della giovinezza spensierata, qualcuno sommessamente intona una timida
canzone:

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