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Produzione biologica di idrogeno
L’idrogeno ha una grande potenzialità come carburante alternativo ed ecologicamente
sostenibile in quanto brucia fornendo acqua ed energia.

H2 + ½ O2H2O

L’energia dell’idrogeno è la più alta fra tutta i carburanti (143 kJ/g), esso può essere
prodotto attraverso una varietà di metodi fisici, chimici e biologici.
Oggi il 95% dell’idrogeno è prodotto da risorse fossili, in primo la trasformazione
termocatalitica del gas naturale, la produzione biologica di idrogeno è solo una piccola
parte ma è sicuramente destinata a crescere sia come metodo sia come tecnica.
Due sono i meccanismi biologici di produzione di idrogeno:
 Produzione fotobiologica
 Fermentazione

La produzione fotobiologica ha il vantaggio che utilizza l’energia solare per il processo


ma sono richiesti reattori avanzati per convertire in maniera efficace l’energia solare e
velocizzare la produzione di H2.
Il processo fermentativo può utilizzare fonti di carbonio alternative come gli scarti
dell’agricoltura ed i rifiuti ma non tutti i microrganismi sono in grado di idrolizzare le
complesse miscele dei rifiuti lignocellulosici e trasformarle in idrogeno.
Grandi prospettive quindi ma molti problemi tecnici da superare.
Entrambi i metodi richiedono enzimi come idrogenasi e nitrogenasi che catalizzino la
riduzione dei protoni.

2 H++ 2 e-  H2

In generale le idrogenasi catalizzano la reazione in entrambe le direzioni in vitro ma in vivo


prima catalizzano o la produzione o l’ossidazione dell’idrogeno a seconda delle necessità
dell’organismo. Nei batteri in grado di fare fermentazione le idrogenasi catalizzano la
riduzione dei protoni ad H2 accettando l’eccesso di elettroni prodotti dall’ossidazione dei
substrati organici, mentre i batteri fotosintetici usano l’H2 come donatore di elettroni.
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Ad oggi sono state identificate parecchie classi di enzimi:


 Nitrogenasi
 Fe-idrogenasi oNiFe-idrogenasi oIdrogenasi non
metalliche
Le Fe-idrogenasi (tipiche dei batteri e degli eucarioti) catalizzano l’evoluzione di H2ad alte
velocità. La velocità di turnover per la produzione di H2 è 0.6/s per le nitrogenasi, 100/s per
le FeNi-idrogenasi e 6000/s per le Fe-idrogenasi.
Parecchi geni strutturali che codificano per Fe-idrogenasi sono stati identificati in batterio
fermentante Thermotoga neapolitana.

 Produzione fotobiologica
L’obiettivo della produzione fotosintetica di H2 è convertire in maniera efficiente l’energia
solare (che per ora è solo il 3%) da parte delle microalghe. I processi foto dipendenti che
producono idrogeno sono:
 la biofotolisi diretta
 la biofotolisi indiretta
 la fotofermentazione

La biofotolisi diretta è una fotosintesi in presenza di ossigeno in cui sono utilizzati due
sistemi fotosintetici. L’energia luminosa che colpisce il Fotosistema II (PSII) è usata per
splittare le molecole di acqua in ossigeno, protoni ed elettroni.

luce

2 H2OO2 + 4 H+ + 4 e-

Gli elettroni sono accettati dal PSII (il cui potenziale viene ridotto a 0.8 V) e passano
attraverso un sistema di molecole carrier al Fotosistema I (PSI).
L’accettazione degli elettroni da PSI riduce il suo potenziale che diventa sufficiente a
ridurre la ferrodoxina, che a sua volta riduce NADP+ a NADPH.
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Nel processo tipico di crescita autotrofica NADPH è utilizzato per ridurre carbonio
inorganico per la sintesi di nuova massa cellulare. Questa reazione è ubiquitaria in alghe e
ciano batteri.
Nella biofotolisi diretta, si utilizza una strada alternativa per gli elettroni che
vengono trasferiti alla ferrodoxina in PSI invece che al NAPD +, riducendo i protoni a
H2 attraverso l’attività dell’enzima Fe-idrogenasi.
Questo enzima si trova nei cloroplasti delle alghe verdi e in molti ciano batteri. Il problema
chiave della biofotolisi diretta è che la Fe-idrogenasi è molto sensibile alla presenza di O2
e quindi con questo metodo i fotobioreattori devono essere disegnati in modo da separare
e catturare l’ossigeno. A dispetto degli innovativi fotobioreattori proposti che massimizzano
la produzione di H2 e che utilizzano idrogenasi in grado di tollerare l’ossigeno, ci sono
ancora molti ostacoli alla produzione di H2 per biofotolisi diretta.

La biofotolisi indiretta procede tenendo separati H2 e O2 sia nel tempo sia nello spazio.
Nel primo stadio la luce solare è utilizzata per produrre ossigeno e carboidrati, in genere
amido nelle alghe verdi e glicogeno nei ciano batteri.

luce

6 CO2 + 12 H2O  C6H12O6 + 6 O2


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Con limitazione di azoto si accumulano grandi quantità di carboidrati e si ha una perdita di


capacità di produrre ossigeno.
Nel secondo stadio i carboidrati accumulati vengono trasformati in H 2 e CO2 in presenza di
luce e di scarse quantità di ossigeno.
luce

C6H12O6 + 6 H2O  12 H2 + 6 CO2

Cianobatteri come Aphanocapsa montana, Anabaena variabilis e Spirulina producono


idrogeno in questo modo.
Come alternativa i carboidrati accumulati possono essere trasformati in 4 moli di H2/mole
di glucosio in un processo fermentativo al buio. Il processo può essere ipotizzato in quattro
fasi:
1. produzione fotosintetica di biomasse algali con alte quantità di carboidrati in un
sistema a circolazione aperto
2. concentrazione delle biomasse algali
3. fermentazione anaerobica al buio dei carboidrati nella biomassa concentrata a 4
moli di H2e 2 moli di acetato per mole di glucosio
4. fotobioreattore chiuso per una biofotolisi indiretta che converte i restanti carboidrati
e l’acetato ad H2.

La fotofermentazione è utilizzata da alcuni batteri fotosintetici come Rhodopseudomonas


capsulate o R. sphaeroides che sono in grado di produrre idrogeno attraverso l’azione di
nitrogenasi.
In questo processo i substrati organici sono ossidati in condizioni anaerobiche usando la
luce quando c’è una limitazione di azoto. L’eccesso di elettroni è trasferito alla ferrodoxina
e quindi ai protoni, producendo H2 per catalisi della nitrogenasi, che è stimolata dalla luce,
inibita dall’ossigeno, dall’ammonio, dall’azoto gassoso e richiede sempre aggiunte di
energia.

luce

2 H++ 2 e- + 4 ATP  H2 + 4 ADP + 4 Pi

Le condizioni per avere il massimo di produzione di idrogeno sono la massima attività della
nitrogenasi, la più bassa attività possibile della idrogenasi, alto rapporto C/N e
distribuzione della luce molto efficiente nella coltura.
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A causa della bassa conversione dell’energia solare di tutte le produzioni fotobiologiche di


idrogeno si può concludere che è necessaria ancora una ricerca di base prima che questa
tecnologia possa essere utilizzata e che quindi la conversione ad idrogeno dei substrati
organici è più efficiente ed ha una maggiore probabilità di essere utilizzata per la
produzione di idrogeno (fermentazione).

 Fermentazione
L’idrogeno è prodotto in condizioni anaerobiche da alcuni organismi chemoorganotrofi che
usano i composti organici come fonte di carbonio ed energia e lo ione idrogeno (H+) come
accettore di elettroni.
La produzione di idrogeno è generalmente associata ad una proteina ferro-zolfo chiamata
ferrodoxina, un trasportatore di elettroni a basso potenziale redox. L’idrogeno può essere
prodotto da organismi mesofilici (25-40°C), termofili (40-65°C), termofili estremi (65-80°C)
e ipertermofili (> 80°C) del regno dei batteri e degli archeobatteri.
Negli ipertermofili, la maggior parte archeobatteri, c’è un genere di batteri,
Thermotogales, che produce idrogeno insieme ad una varietà di acidi organici come
acetato, butirrato, lattato e propionato, insieme a più basse quantità di etanolo. Le rese
relative dei vari prodotti dipendono dalle condizioni della coltura, dalla quantità di H 2
disciolto, dal pH e dalla temperatura. La fermentazione di glucosio ad idrogeno avviene
teoricamente secondo la seguente reazione:

C6H12O6 + 6 H2O  12 H2 + 6 CO2


DG = -25 kJ
Il 99% dell’energia contenuta nel glucosio viene trasferita nelle 12 molecole di idrogeno.
L’energia che viene emessa è troppo bassa per permettere alle cellule di crescere, quindi
questa reazione non può avvenire a livello microbico.
Considerando solo i percorsi microbici che sono termodinamicamente favorevoli da Thauer
è stato predetto che solo 4 moli di H2 si possono produrre da 1 mole di glucosio secondo
la seguente equazione:

C6H12O6 + 2 H2O  2 CH3COO- + 2 H+ + 2 CO2 + 4 H2


DG = -216 kJ
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Questo valore di DG è sufficiente per la produzione di ATP e la crescita microbica.


I batteri che vengono utilizzati per la produzione di idrogeno per via fermentativa sono
dell’ordine Thermotogales. L’ordine Thermotogales è formato da una famiglia, le
Thermotogaceae, e da sei generi che includono Thermotoga. A questo genere
appartengono 9 specie (T. marittima, T. neapolitana, T. thermarum, T. elfii, T. subterranea,
T. hypogea, T. petrophila, T. naphthophila, e T. lettingae) tutti batteri anaerobi obbligati
che fermentano glucosio ad acetato, CO2 ed H2. Tutti questi hanno come temperatura
ottimale 65°C ed alcune si avvicinano agli 80°C.
La fermentazione di glucosio a piruvato prodotta da T. marittima segue il percorso classico
EMP, con il trasferimento di elettroni dalla ferrodoxina ad H + catalizzata dall’enzima
idrogenasi.
In questo processo si formano 4 moli di ATP per mole di glucosio, due di più di qualsiasi
altro processo fermentativo. Gli elettroni rimossi dai composti organici che si ossidano
sono trasferiti ad H+ che diventa l’accettore inorganico di elettroni. Questo significa che
non sono usati composti organici come accettori e quindi non si formano composti organici
ridotti.
Lo stato di ossidazione del carbonio nel glucosio è 0, nell’acetato 0 e nella CO 2 +4. Un
terzo del carbonio presente nel glucosio si ossida a 2 CO2, con la rimozione di 8 elettroni
trasferiti a 8 H+ per formare 4 moli di H2. Le altre 4 moli di C presenti nel glucosio sono
trasformate in acetato senza perdita o guadagno di elettroni.
La trasformazione di glucosio in H2 via acetato è una fermentazione atipica chiamata dark
fermentation.
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Altri microrganismi sono in grado di produrre idrogeno per via fermentativa e i risultati sono
riportati nella tabella seguente:

 Fonti alternative per la produzione di H2


Le Thermotoga ssp. possono utilizzare varie fonti di carbono come glucosio, ribosio,
xilosio, galattosio, saccarosio, maltosio, amido, glicogeno, estratto di lievito, estratti
cellulari di batteri (Lactobacillus) o di archeobatteri (Methanobacterium) per crescere.
Nelle tabelle seguenti vediamo la velocità di produzione di idrogeno da parte di T.
neapolitana utilizzando varie fonti di carbonio e di azoto.
Le più alte produzioni di H2 si ottengono con glucosio, saccarosio e xilani. Il cellobiosio e la
cellulosa vengono metabolizzati con risultati inferiori e quindi necessitano di
pretrattamento.
Varie fonti di azoto alternative sono state provate combinando la fonte primaria di azoto (2
g/L) con tripticase (2 g/L) come fonte secondaria: la produzione di idrogeno migliore si ha
utilizzando estratto di lievito anche se anche soia e colza possono essere utilizzate con
buoni risultati.
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Quando sia l’estratto di lievito che tripticasevengono sostituiti con fonti alternative, si
ottengono buoni risultati con soia e colza.
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In questo processo ci sono esperienze di utilizzo di scarti di pesche e di scarti di materiali


lignocellulosici.

 Parametri di processo
Gli organismi che producono H2 sono anaerobi stretti e quindi il processo deve essere
anaerobico e le condizioni devono essere mantenute nel reattore durante tutto il processo.
Sebbene sia riportato che basse concentrazioni di ossigeno sono tollerate da T.
neapolitana, la maggior parte dei produttori di idrogeno tollerano basse quantità di
ossigeno durante il mantenimento, ma l’ossigeno inibisce fortemente la crescita e la
produzione di idrogeno alle temperature di lavoro (70-90°C). Le condizioni anaerobiche
possono essere prodotte, mantenute e monitorate nel reattore nei seguenti modi:
1. facendo entrare il mezzo mediante flusso di azoto
2. scaldando o facendo bollire il mezzo per rimuovere l’ossigeno disciolto
3. aggiungendo prodotti chimici come sodio solfito o idrocloruro di cisteina che
consumano l’ossigeno residuo nel liquido
4. aggiungendo resazurin (7-hydroxy-3H-phenoxazin-3-one 10-oxide) che agisce
come un indicatore redox

5. mantenendo sotto pressione di azoto in modo che l’aria non possa entrare.
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L’idrogeno che è poco solubile in acqua una volta formatosi si separa in testa al reattore e
quindi la rimozione risulta facile e non si hanno fenomeni di inibizione da substrato.
Le condizioni operative devono essere controllate e il reattore deve lavorare all’optimum di
vari fattori quali la temperatura.
Nella tabella seguente sono riportati alcuni dati.

Le fermentazioni termofile hanno alcuni vantaggi:


1. Molti rifiuti industriali sono scaricati ad elevate temperature
2. Elevate temperature prevengono la contaminazione da altri batteri e quindi non
sono richieste procedure accurate di sterilizzazione dei mezzi
3. I processi fermentativi ad alte temperature hanno basse concentrazioni di
prodotti finali ed alte concentrazioni di idrogeno
4. Fermentazioni su larga scala di solito generano calore che deve essere
eliminato per i batteri mesofili.

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